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Sezione IV; decisione 8 aprile 1960, n. 363; Pres. C. Bozzi P., Est. Piga; Leto (Avv. Conte) c....

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Sezione IV; decisione 8 aprile 1960, n. 363; Pres. C. Bozzi P., Est. Piga; Leto (Avv. Conte) c. Commissione unica albo giornalisti (Avv. Ranieri) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 6 (1960), pp. 113/114-117/118 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175113 . Accessed: 28/06/2014 09:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.29 on Sat, 28 Jun 2014 09:42:47 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sezione IV; decisione 8 aprile 1960, n. 363; Pres. C. Bozzi P., Est. Piga; Leto (Avv. Conte) c. Commissione unica albo giornalisti (Avv. Ranieri)

Sezione IV; decisione 8 aprile 1960, n. 363; Pres. C. Bozzi P., Est. Piga; Leto (Avv. Conte) c.Commissione unica albo giornalisti (Avv. Ranieri)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 6 (1960), pp. 113/114-117/118Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175113 .

Accessed: 28/06/2014 09:42

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V ; decisione 22 aprile 1960, n. 281 ; Pres. Macchia

P., Est. Trotta ; Brandetti (Avv. Ventura) c. Pre fetto di Koma (Avv. dello Stato Sciarrelli).

Atto amministrativo — Portierato — Autorizzazione di polizia — Riliuto — Condizioni.

E illegittimo l'atto con il quale la pubblica Amministra

zione rifiuta l'iscrizione nel registro dei portieri senza incli

narne i concreti motivi e nel presupposto erroneo che la

residenza costituisca una delle condizioni per tale auto

rizzazione. (1)

La Sezione, ecc. — Il ricorso è fondato. Si desume, invero, dal provvedimento impugnato clie

alla ricorrente è stata negata la iscrizione nel registro dei

portieri per « mancanza nella stessa di quegli elementi di

carattere obiettivo e subiettivo che possono consentire

la richiesta iscrizione ». Si soggiunge « che nè la ricorrente

nè il marito hanno la residenza in Roma, per cui il diniego della iscrizione, anche sotto tale profilo, appare giustificato, attesoché la Città di Roma ha una aliquota di disoccupati, la cui legittima aspettativa non può essere frustrata da

immigranti forestieri, come nella specie si rileva ».

La motivazione che, in via principale, sorregge il provve dimento è palesemente insufficiente, non consentendo

di stabilire quali siano gli elementi di carattere obiettivo

e subiettivo di cui la ricorrente difetta per giustificare il

diniego della autorizzazione richiesta.

Non vi è dubbio che nel campo delle autorizzazioni di

polizia alla pubblica Amministrazione compete un ampio

potere discrezionale, spettando ad essa valutare se, in rela

zione al pubblico interesse, sussistano quelle condizioni

dalla legge previste per assicurare l'ordinato svolgersi di

determinate attività, ritenute potenzialmente pericolose. Ma se di tale potere non si consente in sede giurisdizionale un riesame nel merito, ciò non significa che il controllo di

legittimità sia precluso, essendo sempre possibile, per il

giudice amministrativo, stabilire in relazione alla moti

vazione data se il provvedimento risulti adottato attra

verso un processo che ne riveli il fondamento logico. Il generico ed indeterminato riferimento alla mancanza

delle condizioni subiettive ed obiettive dalla legge previste, non può soddisfare le esigenze di un provvedimento nega

tivo, occorrendo, invece, indicare i concreti motivi, che, attraverso la valutazione discrezionale, non hanno consen

tito il rilascio dell'autorizzazione richiesta.

Nella fattispecie tale genericità e indeterminatezza

non solo sussiste, ma è aggravata dal fatto, che il provve dimento è giustificato, in via sussidiaria, da una motiva

zione che è priva di giuridico fondamento.

Giova al riguardo ricordare che l'art. 62 del t. u. delle

leggi di P. s. del 18 giugno 1931 n. 773, nel disporre che i

portieri e i custodi, quando non rivestano la qualifica di

guardia particolare giurata, devono ai fini dell'esercizio

della loro attività, ottenere la iscrizione in apposito regi tro presso l'autorità locale di P. s., precisa che l'autoriz

zazione deve essere rifiutata o revocata a chi non risulti

« di buona condotta » o sia sfornito « di carta d'identità ».

(1) Non risultano precedenti specifici. Di regola è obbligato ria la motivazione anche negli atti amministrativi di carattere discrezionale (v., da ultimo, Sez. IV 17 dicembre 1057, n. 1201, Foro it., Rep. 1957, voce Atto amministrativo, n. 23 ; Sez. V 2

marzo 1957, n. 87, id., 1957, III, 129). Ma è sufficiente che

risultino elementi dai quali dedurre anche implicitamente quali criteri abbiano ispirato la pubblica Amministrazione nell'adot

tare la sua determinazione, nonché la congruità logica e giu ridica degli stessi (Sez. Y 17 ottobre 1958, n. 785, id., Rep. 1958, voce cit., n. 37).

Per qualche riferimento, in dottrina, v. Fokchielli Casoni, Contratto di portierato, in Dir. economia, 1955, 767 ; Amobe, Alcune delle norme costituzionali interessanti il diritto del lavoro, id., 1958, 531.

L'art. 113 del regolamento, approvato con r. decreto

6 maggio 1940 n. 635, più dettagliatamente indica a quali condizioni è subordinata l'autorizzazione al riguardo, disponendo che l'autorità di P. s. deve valutare « con criterio discrezionale, la idoneità morale e politica dell'aspi rante ed in particolare accertare se per età, condizioni di

salute ed intelligenza, egli sia in grado di spiegare la neces saria vigilanza e di opporsi efficacemente alla consuma

zione di azioni delittuose ».

Ora, salvo a dover tenere conto di quanto disposto dall'art. 11 dello stesso t. u. per tutte le autorizzazioni di

polizia in genere, è da escludere che le condizioni, espressa mente stabilite per le singole autorizzazioni, possano essere

ulteriormente aggravate per interpretazione estensiva, incidendo l'autorizzazione sull'esercizio di una attività

astrattamente libera, che non tollera altre limitazioni se

non quelle poste dall'ordinamento giuridico. La motivazione che, in via sussidiaria, sorregge il

provvedimento impugnato è palesemente errata, non

essendo la residenza una delle condizioni, cui sia espressa mente subordinata l'autorizzazione di bui trattasi, nè

potendo ovviamente ritenersi che rientri nei fini dell'auto rizzazione stessa contribuire ad eliminare fenomeni di disoc

cupazione locale.

Ya, comunque, rilevato che la condizione richiesta è

finanche in contrasto con le norme contenute nella legge 29 aprile 1949 n. 264, in materia di avviamento al lavoro, il quale all'art. 11, n. 5, proprio per i portieri, come del

resto per tutto il personale con rapporti di fiducia, prevede la possibilità dell'assunzione diretta da parte dei datori

di lavoro senza il tramite degli uffici di collocamento, ai

quali è sufficiente dare comunicazione dell'avvenuta assun

zione.

Per questi motivi, accoglie, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione IV ; decisione 8 aprile 1960, n. 363 ; Pres. C. Bozzi

P., Est. Pig-a ; Leto (Avv. Conte) c. Commissione

unica albo giornalisti (Avv. Ranieri).

Giornale e (fioriialista — Albo dei giornalisti — Di

niego d'iscrizione da parte della Commissione

unica — Dichiarazione di illegittimità della rela

tiva delibera — Esecuzione del giudicato — Ricorso

al Consiglio di Stato — Ammissibilità — Fatti

specie (E. d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato, art. 27, n. 4).

Dichiaratijj illegittima, con decisione passata in giudicato, la deliberazione con la quale la Commissione unica albo

giornalisti aveva respinto la domanda di iscrizione nel

Valbo dei pubblicisti, e limitatasi in sede di esecuzione del

giudicato VAmministrazione a partecipare all'interessato

che la domanda di iscrizione nel detto albo, essendo stata

riesaminata, non è stata accolta, è esperibile il ricorso

ex art. 27, n. 4, t. u. 26 giugno 1924 n. 1054 e, in

tale sede, il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso, an

nulla la deliberazione di diniego della iscrizione e, qualora il giudicato non eseguito non abbia accertato il possesso nel ricorrente di tutti i requisiti richiesti per l'iscrizione

nell'albo, fissa un termine entro il quale la Commissione

anzidetta riesaminerà la domanda per l'accertamento dei

requisiti di legge, fermo quanto statuito dal giudicato

predetto. (1)

(1) Sull'art. 27, n. 4, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato,

v., da ultimo, Cons. Stato, Sez. Y, 2 aprile 1960, n. 257, retro,

61, con nota del prof. A. Piota ; Sez. V 23 gennaio 1959, n. 28, Foro ii., 1959, III, 33

Sulla natura e sugli effetti in genere dei provvedimenti d'iscrizione di un professionista in un albo, v. Cass. 31 ottobre

1958, n. 3599, id., Rep. 1958, voce Professioni intellettuali, nn. 9,

Il Foro Italiano — Volume LXXX1II — Parte III-10.

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115 PARTE TERZA 116

La Sezione, ecc. — È preliminare l'esame dell'eccezione di inammissibilità, sollevata dalla difesa della Commissione

unica, sul rilievo che l'Amministrazione non sarebbe rima sta inerte a seguito della intimazione di conformarsi al giu dicato, ma avrebbe emanato un provvedimento formale nell'esercizio dei suoi poteri e in sostituzione dell'atto dichia rato illegittimo.

Questa eccezione, imperniata su considerazioni per buona parte non pertinenti alla specie, deve essere respinta.

In tema di ricorso per violazione dell'obbligo della auto rità amministrativa di conformarsi al giudicato dei tribunali, la giurisprudenza di questo Consiglio, sia pure dopo qualche iniziale incertezza, è ormai nettamente orientata nel senso che lo speciale rimedio previsto all'art. 27, n. 4, t. u. 26

giugno 1924 n. 1054 ha come presupposto un atteggiamento meramente passivo mantenuto dall'Amministrazione anche

dopo la formale interpellanza dell'interessato, oppure un rifiuto esplicito dell'Amministrazione di adempiere agli obblighi derivanti dal giudicato. Il ricorso ex art. 27, n. 4, non è invece ammissibile, allorché l'Amministrazione abbia

emanato, in sostituzione del provvedimento dichiarato ille

gittimo, un provvedimento giuridicamente nuovo.

Queste affermazioni giurisprudenziali implicano a loro volta l'accoglimento di alcuni basilari principi teorici in ordine alla natura e al contenuto dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi al giudicato dei tribunali,

obbligo sanzionato col ricorso ex art. 27, n. 4, e, conseguente mente, con l'attribuzione al Consiglio di Stato di funzioni schiettamente amministrative, da esercitarsi, in via di giu risdizione di merito, nel rispetto di forme procedurali parti colari.

Non è naturalmente questa la sede per ricordare le

gravi controversie sul concetto di obbligo di conformarsi al

giudicato dei tribunali e neppure per accennare ai termini teorici del vasto dibattito, cui la precisazione di quella no zione ha dato luogo, e che ha finito col coinvolgere il tema

stesso della giurisdizione e dei suoi limiti nei confronti della

funzione amministrativa. A giustificazione e chiarimento delle affermazioni giu

risprudenziali testé ribadite, basterà aver presente che, in un sistema improntato ad una rigida separazione tra giuris dizione e amministrazione, nel quale l'eliminazione del

l'atto dichiarato illegittimo dai tribunali ordinari funge appena da titolo per ottenere ulteriori pronunzie di perti nenza della funzione amministrativa, lo stesso obbligo di

10 ; 28 ottobre 1957, n. 4176, id., 1958, I, 44 e, per quanto concerne l'iscrizione nell'albo dei giornalisti, Cass. 5 novembre

1955, n. 3601, id., 1956, I, 1830 ; Trib. Modena 22 maggio 1956, id., Rep. 1956, voce Giornale e giornalista, nn. 6, 7 ; Trib. Milano 6 giugno 1958, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 8, 9 ; Trib. Bologna 10 luglio 1952, id., 1953, I, 264. ,

Sui poteri della Commissione unica cui è demandata l'iscri zione nell'albo professionale degli aspiranti giornalisti, v. App. Roma 14 giugno 1958, id., Rep. 1958, voce cit. n. 11 ; 9 maggio 1957, ibid., nn. 12, 13 ; Trib. Roma 12 gennaio 1957, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 13, 14 (sentenze pronunciate tra le stesse parti cui si riferisce la decisione in epigrafe) ; Trib. Roma 21 marzo 1958, id., Rep., 1958, voce cit., n. 15 ; Trib. Roma 21 gennaio 1950, id., 1951, X, 406.

Nel senso che spetta al giudice ordinario conoscere della legittimità dei provvedimenti emessi dalla predetta Commissione, relativamente alle domande d'iscrizione nell'albo, Oass. 11 luglio 1955, n. 2199, id., 1955, I, 969.

È stato precisato che l'attività di giornalista, professionista, sostanzialmente, si identifica con quello di pubblicista, ed identici sono i requisiti richiesti e gli interessi politico-sociali che il r. decreto 26 febbraio 1928 n. 384 intende tutelare, esigendo l'iscri zione nell'albo : App. Firenze 22 settembre 1955, id., Rep. 1956, voce cit., n. 11.

In dottrina, v. Brunetti, Sui poteri della Commissione unica per l'iscrizione nell'albo, in Mon. trib., 1958, 796 ; Lega, Sulla natura giuridica della Commissione unica per la custodia

degli albi e la disciplina dei giornalisti, in Dir. lav., 1955, II, 352 ; Barba, Lavoro giornalistico, giornalista non iscritto all'albo e

retribuzione, in Arch, ricerche giur., 1955, 338. Sull'art. 27, n. 4, vedi, oltre le relazioni di Sandulli, M. S.

Giannini e Benvenuti al Convegno, tenutosi nello scorso aprile in Napoli, l'intervento di Montesano, in questo volume, IV, 155.

conformarsi al giudicato dei tribunali non si concreta auto

maticamente nel dovere di annullare l'atto lesivo del diritto, ma piuttosto, almeno in un primo tempo, nell'obbligo di

provvedere sulla domanda intesa ad ottenere l'emanazione

dei provvedimenti ritenuti necessari per rimuovere la situa

zione antigiuridica.

Analogamente a quanto accade, nell'orbita della giuris dizione ordinaria, per le sentenze meramente dichiarative, Vactio iudicati, che nasce dalla pronuncia dei tribunali ordi

nari, non mira infatti senz'altro alla rimozione degli effetti

dell'atto amministrativo bensì all'emanazione da parte dell'autorità amministrativa dei provvedimenti idonei a

soddisfare l'interesse fatto valere in giudizio, offeso da un

atto illegittimo. Di qui la necessità di tener distinto l'obbligo di provvedere, in che si concreta Vactio indicati, dall'obbligo di adottare provvedimenti adeguati a reintegrare il danneg

giato nella situazione di diritto che si sarebbe avuta, se l'Am

ministrazione non avesse provveduto in modo illegittimo. All'inosservanza dei due obblighi corrispondono sanzioni

e meccanismi sanzionatori diversi.

La emanazione di provvedimenti contrastanti con l'ac

certamento contenuto nella sentenza passata in cosa giu dicata e sanzionata, nelle forme ordinarie, con l'azione giu diziaria o col ricorso alla giurisdizione amministrativa di

legittimità per violazione del giudicato (art. 26 t. u. 26 giu

gno 1924 n. 1054) e non per violazione dell'obbligo di con

formarsi al giudicato (art. 27, n. 4). Quando invece non è

stato adempiuto neppure l'obbligo di riesaminare, alla

stregua del giudicato, l'atto dichiarato illegittimo, soccorre

l'art. 27, n. 4, che devolve al Consiglio di Stato il compito di intervenire direttamente nella funzione amministrativa, sostituendosi all'Amministrazione nell'emanazione dei prov vedimenti necessari per soddisfare l'interesse fatto valere

in giudizio in conformità al giudicato. Ma se così è, si spiega perchè non possa aver luogo alcun

intervento sostitutivo, là dove l'Amministrazione abbia

pronunziato, con atti autonomi giuridicamente rilevanti, sulla istanza di esecuzione del giudicato, in qualche modo

provvedendo, previo riesame della questione di illegittimità e ancorché abbia finito col mantenere la statuizione già contenuta nel provvedimento ritenuto lesivo di diritto.

In questa ipotesi, infatti, essendo già state esercitate

funzioni di amministrazione in relazione a un giudicato, non

vi è materia per l'emanazione di provvedimenti ex art. 27, n. 4. Il problema da risolvere è ancora una volta quello di

assicurare il controllo sulla corrispondenza degli atti alle

regole del diritto, il che è nell'essenza del sindacato giuris dizionale di competenza del tribunale ordinario o del giudice di legittimità.

Da tutto quanto precede risulta che il rimedio ex art. 27, n. 4, proposto dal Leto, non sarebbe stato proponibile ove

la Commissione unica si fosse posto il problema di come ese

guire il giudicato, anche se poi tale quesito avesse risolto

mantenendo nella sua sostanza il rifiuto di iscrivere il ri

corrente nell'albo dei pubblicisti, o in qualsiasi altro modo avesse provveduto, ma sempre previo il riesame della que stione del diritto del Leto ad essere iscritto nell'elenco,

questione sulla quale concretamente incideva la decisione

del giudice ordinario. Ma in nessuna di queste ipotesi rientra il caso di specie. Qui infatti l'Amministrazione si è limitata a partecipare

all'interessato che la domanda di iscrizione nell'albo dei

pubblicisti era stata esaminata e non era stata accolta.

Ma una dichiarazione siffatta, meramente confermativa

della deliberazione dichiarata illegittima, poiché è priva di qualsiasi significato positivo sul piano giuridico, non può che equivalere ad un esplicito rifiuto di quel riesame della

questione di illegittimità dell'atto, cui l'Amministrazione era obbligata dal giudicato, dando per ciò titolo al ricorso ex art. 27, n. 4, per la surrogazione di questo Consiglio all'Amministrazione.

La circostanza che la violazione dell'obbligo di dare ese cuzione al giudicato si sia manifestata attraverso un atto

non meramente passivo, quale è il rifiuto formale di rie

same, non contraddice, come è evidente, l'affermazione ac colta. Quel che conta, ai fini dell'esperibilità del rimedio ex

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 118

art. 27 ri. 4, non è infatti una omissione, in senso naturali

stico, ma una omissione in senso giuridico e cioè il non com

pimento dell'azione che si aveva il dovere giuridico di

compiere. E tanto basta per dichiarare ammissibile il ricorso pro

posto dal Leto.

Nel merito il ricorso è fondato.

Che l'autorità amministrativa sia giuridicamente ob

bligata a conformarsi al giudicato, eliminando la illegitti mità degli atti emessi in violazione dei diritti, e che sono

stati ritenuti causa della situazione antigiuridica accertata

con decisione passata in giudicato, è cosa sulla quale non

può cadere alcun dubbio.

Naturalmente per stabilire in concreto il contenuto e la

portata pratica di tale obbligo occorre individuare e deli

mitare il giudicato. Nella specie, trattandosi di giudicato risultante da una sentenza dichiarativa, esso è agevol mente identificabile sulla base del rapporto giuridico de

dotto in causa nel profilo che ha formato oggetto effettivo

di giudizio. In particolare il giudicato si è fermato sull'illegittimità

del provvedimento 15 settembre 1955 con cui la Commis

sione unica deliberò di non accogliere la domanda prodotta dal Leto per l'iscrizione nell'albo professionale dei giorna listi, e il suo contenuto è costituito dalla seguente declara

toria : non esiste una disposizione legislativa che autorizzi l'Amministrazione a negare l'iscrizione del Leto all'albo dei

giornalisti in considerazione del fatto che questi fu a capo dell'ufficio politico denominato O.v.r.a. durante il regime fascista.

Tale declaratoria ha infatti costituito l'oggetto della deci sione giudiziaria in perfetta aderenza col tliema decidendum

proposto dal Leto. Essa pertanto fa stato nei rapporti tra le medesime parti obbligate dal giudicato a ritenere che la

Commissione unica ha violato un diritto soggettivo allorché

ha rifiutato di disporre, sulla base di una incompatibilità

politico-morale, che nella specie non sussisteva, l'iscri

zione del Leto nell'albo dei giornalisti. L'ambito oggettivo del giudicato è limitato all'accerta

mento predetto e, contrariamente a quanto la difesa del ricorrente ha sostenuto nel ricorso, non si estende al fatto

incidentalmente affermato nella decisione di appello, che

i titoli professionali esibiti dal Leto a corredo della sua do

manda erano validi per la sua iscrizione, e tali erano stati

ritenuti dalla competente Commissione.

Su tale punto non può dirsi essersi formato giudicato, sia perchè l'affermazione non costituisce un presupposto

logico dell'accertamento passato in cosa giudicata, sia perchè il punto non aveva formato oggetto di una domanda di

merito nel giudizio ordinario.

Individuato in tal modo il giudicato e precisati obiet

tivamente i suoi limiti, deve il Collegio stabilire quali siano

i provvedimenti necessari, sotto il profilo della legittimità

degli atti, a rimuovere gli effetti lesivi del diritto fatto va

lere in giudizio. Secondo una giurisprudenza fermissima, spetta inoltre

a questo Consiglio, adito a termini dell'art. 27, n. 4, di ema

nare quei provvedimenti che siano conseguenza imme.

diata e diretta del giudicato ordinario.

Nella specie ciò implica per questo Consiglio il potere dovere di annullare senz'altro il provvedimento a suo tempo emanato dalla Commissione unica per la tenuta degli albi

professionali dei giornalisti e di cui la Commissione stessa, con la deliberazione del 13 ottobre 1959, illegittimamente rifiutò il riesame.

Non può invece questo Consiglio disporre, con questa decisione, l'iscrizione del Leto nell'albo dei giornalisti come

certamente la Sezione avrebbe avuto il potere di fare se il

giudicato avesse concretamente accertato il possesso di

tutti i requisiti richiesti per l'iscrizione nell'albo.

La declaratoria di illegittimità del rifiuto è stata infatti

nella specie pronunziata in relazione ad un fatto che, in sè

considerato, non risolve nè assorbe altri aspetti dell'accerta

mento che la legge demanda all'ordine professionale ai fini

dell'iscrizione nell'albo, onde manca il presupposto perchè

questo Consiglio sostituisca totalmente la propria deter

minazione a quella della competente Commissione.

Si impone, peraltro, in vista di una esigenza di giustizia, la necessità di fissare un termine affinchè la Commissione

unica riesamini la domanda di iscrizione nell'albo professio nale a suo tempo proposta, e disponga quindi l'iscrizione ove

ritenga che il Leto possieda gli altri requisiti per la iscri

zione nell'albo.

Per questi motivi, accoglie, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione Y ; decisione 2 aprile 1960, n. 248 ; Pres. Gallo P., Est. Mezzanotte ; Soc. an. produttori latte (Avv.

Putzolu) c. Ministero tesoro (Avv. dello Stato Vitucci).

Calmiere e disciplina della produzione —- Disciplina dei prezzi — Casse di conguaglio —- Atto isti

tutivo e finalità — Resa del conto di gestione.

Non può essere chiesta la resa del conto di gestione di una cassa

di conguaglio, che sia stata istituita con atto bilaterale per assicurare l'esecuzione dei rapporti di dare e di avere fra un comune ed una società produttori latte, e non con

atto amministrativo per assicurare, attraverso sovraprezzi, quote o contribuzioni imposte dalla legge, un determinato

prezzo di imperio per la vendita al pubblico. (1)

La Sezione, ecc. —- L'art. 1 decreto legisl. 15 settembre

1947 n. 896 stabilisce che il Comitato interministeriale dei

prezzi, nell'esercizio dei poteri ad esso conferiti e « ai fini

dell'unificazione o perequazione dei prezzi può istituire

casse di conguaglio e stabilire, le modalità delle relative

contribuzioni ».

L'art. 1 decreto legisl. 26 gennaio 1948 n. 98, sulla disci

plina delle casse conguaglio prezzi stabilisce che le cosiddette

casse conguaglio sono istituite « per la gestione dei sovra

prezzi, di quote di prezzo o di contribuzioni imposte dalle

competenti autorità per la disciplina dei prezzi ».

L'art. 2 dello stesso decreto del 1948 n. 98 dispone che

le casse sono istituite « d'intesa col Ministero del tesoro e

hanno gestione autonoma a mezzo di apposito comitato

di gestione », il quale « è nominato dall'autorità che ha im

posto il sovraprezzo, la quota di prezzo o la contribuzione

o dall'Amministrazione da esso delegata, d'intesa con l'In

tendenza di finanza, ovvero, per le casse a carattere inter

provinciale o nazionale, d'intesa con il Ministero del tesoro ».

Dalla disciplina giuridica richiamata si evince che le

cosiddette casse conguaglio sono organi dell'Amministra zione dello Stato, posti in essere da atti amministrativi dei

competenti organi dello Stato.

Occorre l'esistenza di una situazione giuridica posta in

essere dalle indicate autorità amministrative dello Stato :

questa consiste nella imposizione di sovraprezzi o di quote di prezzo o di contribuzioni. In tanto, però, tali sovra

prezzi, quote o contribuzioni sono istituiti, in quanto hanno

per fine un interesse pubblico e cioè la unificazione o pere

quazione del prezzo d'un determinato prodotto. Questa

disciplina è nella sua essenza, quindi, preordinata alla fis

sazione del prezzo di imperio, che il Comitato intermini

steriale dei prezzi o quello provinciale intende stabilire per un determinato prodotto. Sono questi elementi l'uno stret

tamente connesso all'altro : un prezzo di imperio di un

prodotto viene determinato e assicurato propriamente attraverso un sistema di unificazione o perequazione dei

prezzi del prodotto stesso, unificazione o perequazione

(1) Non risultano precedenti specifici. In giurisprudenza, v.,

per qualche riferimento, la decisione della IV Sez. 1 giugno 1956, i). 571 (Foro it., 1950, III, 235, con ampia nota di richiami), che ha confermato la competenza dei comitati provinciali dei prezzi nella fissazione dei prezzi massimi del latte anche in quei comuni dove esista una centrale del latte. In dottrina, sui comitati dei

prezzi, v. la nota di Ltjgo, in Giusi, civ., 1956, II, 3.

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