Sezione IV; decisione 8 aprile 1960, n. 363; Pres. C. Bozzi P., Est. Piga; Leto (Avv. Conte) c.Commissione unica albo giornalisti (Avv. Ranieri)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 6 (1960), pp. 113/114-117/118Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175113 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione V ; decisione 22 aprile 1960, n. 281 ; Pres. Macchia
P., Est. Trotta ; Brandetti (Avv. Ventura) c. Pre fetto di Koma (Avv. dello Stato Sciarrelli).
Atto amministrativo — Portierato — Autorizzazione di polizia — Riliuto — Condizioni.
E illegittimo l'atto con il quale la pubblica Amministra
zione rifiuta l'iscrizione nel registro dei portieri senza incli
narne i concreti motivi e nel presupposto erroneo che la
residenza costituisca una delle condizioni per tale auto
rizzazione. (1)
La Sezione, ecc. — Il ricorso è fondato. Si desume, invero, dal provvedimento impugnato clie
alla ricorrente è stata negata la iscrizione nel registro dei
portieri per « mancanza nella stessa di quegli elementi di
carattere obiettivo e subiettivo che possono consentire
la richiesta iscrizione ». Si soggiunge « che nè la ricorrente
nè il marito hanno la residenza in Roma, per cui il diniego della iscrizione, anche sotto tale profilo, appare giustificato, attesoché la Città di Roma ha una aliquota di disoccupati, la cui legittima aspettativa non può essere frustrata da
immigranti forestieri, come nella specie si rileva ».
La motivazione che, in via principale, sorregge il provve dimento è palesemente insufficiente, non consentendo
di stabilire quali siano gli elementi di carattere obiettivo
e subiettivo di cui la ricorrente difetta per giustificare il
diniego della autorizzazione richiesta.
Non vi è dubbio che nel campo delle autorizzazioni di
polizia alla pubblica Amministrazione compete un ampio
potere discrezionale, spettando ad essa valutare se, in rela
zione al pubblico interesse, sussistano quelle condizioni
dalla legge previste per assicurare l'ordinato svolgersi di
determinate attività, ritenute potenzialmente pericolose. Ma se di tale potere non si consente in sede giurisdizionale un riesame nel merito, ciò non significa che il controllo di
legittimità sia precluso, essendo sempre possibile, per il
giudice amministrativo, stabilire in relazione alla moti
vazione data se il provvedimento risulti adottato attra
verso un processo che ne riveli il fondamento logico. Il generico ed indeterminato riferimento alla mancanza
delle condizioni subiettive ed obiettive dalla legge previste, non può soddisfare le esigenze di un provvedimento nega
tivo, occorrendo, invece, indicare i concreti motivi, che, attraverso la valutazione discrezionale, non hanno consen
tito il rilascio dell'autorizzazione richiesta.
Nella fattispecie tale genericità e indeterminatezza
non solo sussiste, ma è aggravata dal fatto, che il provve dimento è giustificato, in via sussidiaria, da una motiva
zione che è priva di giuridico fondamento.
Giova al riguardo ricordare che l'art. 62 del t. u. delle
leggi di P. s. del 18 giugno 1931 n. 773, nel disporre che i
portieri e i custodi, quando non rivestano la qualifica di
guardia particolare giurata, devono ai fini dell'esercizio
della loro attività, ottenere la iscrizione in apposito regi tro presso l'autorità locale di P. s., precisa che l'autoriz
zazione deve essere rifiutata o revocata a chi non risulti
« di buona condotta » o sia sfornito « di carta d'identità ».
(1) Non risultano precedenti specifici. Di regola è obbligato ria la motivazione anche negli atti amministrativi di carattere discrezionale (v., da ultimo, Sez. IV 17 dicembre 1057, n. 1201, Foro it., Rep. 1957, voce Atto amministrativo, n. 23 ; Sez. V 2
marzo 1957, n. 87, id., 1957, III, 129). Ma è sufficiente che
risultino elementi dai quali dedurre anche implicitamente quali criteri abbiano ispirato la pubblica Amministrazione nell'adot
tare la sua determinazione, nonché la congruità logica e giu ridica degli stessi (Sez. Y 17 ottobre 1958, n. 785, id., Rep. 1958, voce cit., n. 37).
Per qualche riferimento, in dottrina, v. Fokchielli Casoni, Contratto di portierato, in Dir. economia, 1955, 767 ; Amobe, Alcune delle norme costituzionali interessanti il diritto del lavoro, id., 1958, 531.
L'art. 113 del regolamento, approvato con r. decreto
6 maggio 1940 n. 635, più dettagliatamente indica a quali condizioni è subordinata l'autorizzazione al riguardo, disponendo che l'autorità di P. s. deve valutare « con criterio discrezionale, la idoneità morale e politica dell'aspi rante ed in particolare accertare se per età, condizioni di
salute ed intelligenza, egli sia in grado di spiegare la neces saria vigilanza e di opporsi efficacemente alla consuma
zione di azioni delittuose ».
Ora, salvo a dover tenere conto di quanto disposto dall'art. 11 dello stesso t. u. per tutte le autorizzazioni di
polizia in genere, è da escludere che le condizioni, espressa mente stabilite per le singole autorizzazioni, possano essere
ulteriormente aggravate per interpretazione estensiva, incidendo l'autorizzazione sull'esercizio di una attività
astrattamente libera, che non tollera altre limitazioni se
non quelle poste dall'ordinamento giuridico. La motivazione che, in via sussidiaria, sorregge il
provvedimento impugnato è palesemente errata, non
essendo la residenza una delle condizioni, cui sia espressa mente subordinata l'autorizzazione di bui trattasi, nè
potendo ovviamente ritenersi che rientri nei fini dell'auto rizzazione stessa contribuire ad eliminare fenomeni di disoc
cupazione locale.
Ya, comunque, rilevato che la condizione richiesta è
finanche in contrasto con le norme contenute nella legge 29 aprile 1949 n. 264, in materia di avviamento al lavoro, il quale all'art. 11, n. 5, proprio per i portieri, come del
resto per tutto il personale con rapporti di fiducia, prevede la possibilità dell'assunzione diretta da parte dei datori
di lavoro senza il tramite degli uffici di collocamento, ai
quali è sufficiente dare comunicazione dell'avvenuta assun
zione.
Per questi motivi, accoglie, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione IV ; decisione 8 aprile 1960, n. 363 ; Pres. C. Bozzi
P., Est. Pig-a ; Leto (Avv. Conte) c. Commissione
unica albo giornalisti (Avv. Ranieri).
Giornale e (fioriialista — Albo dei giornalisti — Di
niego d'iscrizione da parte della Commissione
unica — Dichiarazione di illegittimità della rela
tiva delibera — Esecuzione del giudicato — Ricorso
al Consiglio di Stato — Ammissibilità — Fatti
specie (E. d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato, art. 27, n. 4).
Dichiaratijj illegittima, con decisione passata in giudicato, la deliberazione con la quale la Commissione unica albo
giornalisti aveva respinto la domanda di iscrizione nel
Valbo dei pubblicisti, e limitatasi in sede di esecuzione del
giudicato VAmministrazione a partecipare all'interessato
che la domanda di iscrizione nel detto albo, essendo stata
riesaminata, non è stata accolta, è esperibile il ricorso
ex art. 27, n. 4, t. u. 26 giugno 1924 n. 1054 e, in
tale sede, il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso, an
nulla la deliberazione di diniego della iscrizione e, qualora il giudicato non eseguito non abbia accertato il possesso nel ricorrente di tutti i requisiti richiesti per l'iscrizione
nell'albo, fissa un termine entro il quale la Commissione
anzidetta riesaminerà la domanda per l'accertamento dei
requisiti di legge, fermo quanto statuito dal giudicato
predetto. (1)
(1) Sull'art. 27, n. 4, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato,
v., da ultimo, Cons. Stato, Sez. Y, 2 aprile 1960, n. 257, retro,
61, con nota del prof. A. Piota ; Sez. V 23 gennaio 1959, n. 28, Foro ii., 1959, III, 33
Sulla natura e sugli effetti in genere dei provvedimenti d'iscrizione di un professionista in un albo, v. Cass. 31 ottobre
1958, n. 3599, id., Rep. 1958, voce Professioni intellettuali, nn. 9,
Il Foro Italiano — Volume LXXX1II — Parte III-10.
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115 PARTE TERZA 116
La Sezione, ecc. — È preliminare l'esame dell'eccezione di inammissibilità, sollevata dalla difesa della Commissione
unica, sul rilievo che l'Amministrazione non sarebbe rima sta inerte a seguito della intimazione di conformarsi al giu dicato, ma avrebbe emanato un provvedimento formale nell'esercizio dei suoi poteri e in sostituzione dell'atto dichia rato illegittimo.
Questa eccezione, imperniata su considerazioni per buona parte non pertinenti alla specie, deve essere respinta.
In tema di ricorso per violazione dell'obbligo della auto rità amministrativa di conformarsi al giudicato dei tribunali, la giurisprudenza di questo Consiglio, sia pure dopo qualche iniziale incertezza, è ormai nettamente orientata nel senso che lo speciale rimedio previsto all'art. 27, n. 4, t. u. 26
giugno 1924 n. 1054 ha come presupposto un atteggiamento meramente passivo mantenuto dall'Amministrazione anche
dopo la formale interpellanza dell'interessato, oppure un rifiuto esplicito dell'Amministrazione di adempiere agli obblighi derivanti dal giudicato. Il ricorso ex art. 27, n. 4, non è invece ammissibile, allorché l'Amministrazione abbia
emanato, in sostituzione del provvedimento dichiarato ille
gittimo, un provvedimento giuridicamente nuovo.
Queste affermazioni giurisprudenziali implicano a loro volta l'accoglimento di alcuni basilari principi teorici in ordine alla natura e al contenuto dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi al giudicato dei tribunali,
obbligo sanzionato col ricorso ex art. 27, n. 4, e, conseguente mente, con l'attribuzione al Consiglio di Stato di funzioni schiettamente amministrative, da esercitarsi, in via di giu risdizione di merito, nel rispetto di forme procedurali parti colari.
Non è naturalmente questa la sede per ricordare le
gravi controversie sul concetto di obbligo di conformarsi al
giudicato dei tribunali e neppure per accennare ai termini teorici del vasto dibattito, cui la precisazione di quella no zione ha dato luogo, e che ha finito col coinvolgere il tema
stesso della giurisdizione e dei suoi limiti nei confronti della
funzione amministrativa. A giustificazione e chiarimento delle affermazioni giu
risprudenziali testé ribadite, basterà aver presente che, in un sistema improntato ad una rigida separazione tra giuris dizione e amministrazione, nel quale l'eliminazione del
l'atto dichiarato illegittimo dai tribunali ordinari funge appena da titolo per ottenere ulteriori pronunzie di perti nenza della funzione amministrativa, lo stesso obbligo di
10 ; 28 ottobre 1957, n. 4176, id., 1958, I, 44 e, per quanto concerne l'iscrizione nell'albo dei giornalisti, Cass. 5 novembre
1955, n. 3601, id., 1956, I, 1830 ; Trib. Modena 22 maggio 1956, id., Rep. 1956, voce Giornale e giornalista, nn. 6, 7 ; Trib. Milano 6 giugno 1958, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 8, 9 ; Trib. Bologna 10 luglio 1952, id., 1953, I, 264. ,
Sui poteri della Commissione unica cui è demandata l'iscri zione nell'albo professionale degli aspiranti giornalisti, v. App. Roma 14 giugno 1958, id., Rep. 1958, voce cit. n. 11 ; 9 maggio 1957, ibid., nn. 12, 13 ; Trib. Roma 12 gennaio 1957, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 13, 14 (sentenze pronunciate tra le stesse parti cui si riferisce la decisione in epigrafe) ; Trib. Roma 21 marzo 1958, id., Rep., 1958, voce cit., n. 15 ; Trib. Roma 21 gennaio 1950, id., 1951, X, 406.
Nel senso che spetta al giudice ordinario conoscere della legittimità dei provvedimenti emessi dalla predetta Commissione, relativamente alle domande d'iscrizione nell'albo, Oass. 11 luglio 1955, n. 2199, id., 1955, I, 969.
È stato precisato che l'attività di giornalista, professionista, sostanzialmente, si identifica con quello di pubblicista, ed identici sono i requisiti richiesti e gli interessi politico-sociali che il r. decreto 26 febbraio 1928 n. 384 intende tutelare, esigendo l'iscri zione nell'albo : App. Firenze 22 settembre 1955, id., Rep. 1956, voce cit., n. 11.
In dottrina, v. Brunetti, Sui poteri della Commissione unica per l'iscrizione nell'albo, in Mon. trib., 1958, 796 ; Lega, Sulla natura giuridica della Commissione unica per la custodia
degli albi e la disciplina dei giornalisti, in Dir. lav., 1955, II, 352 ; Barba, Lavoro giornalistico, giornalista non iscritto all'albo e
retribuzione, in Arch, ricerche giur., 1955, 338. Sull'art. 27, n. 4, vedi, oltre le relazioni di Sandulli, M. S.
Giannini e Benvenuti al Convegno, tenutosi nello scorso aprile in Napoli, l'intervento di Montesano, in questo volume, IV, 155.
conformarsi al giudicato dei tribunali non si concreta auto
maticamente nel dovere di annullare l'atto lesivo del diritto, ma piuttosto, almeno in un primo tempo, nell'obbligo di
provvedere sulla domanda intesa ad ottenere l'emanazione
dei provvedimenti ritenuti necessari per rimuovere la situa
zione antigiuridica.
Analogamente a quanto accade, nell'orbita della giuris dizione ordinaria, per le sentenze meramente dichiarative, Vactio iudicati, che nasce dalla pronuncia dei tribunali ordi
nari, non mira infatti senz'altro alla rimozione degli effetti
dell'atto amministrativo bensì all'emanazione da parte dell'autorità amministrativa dei provvedimenti idonei a
soddisfare l'interesse fatto valere in giudizio, offeso da un
atto illegittimo. Di qui la necessità di tener distinto l'obbligo di provvedere, in che si concreta Vactio indicati, dall'obbligo di adottare provvedimenti adeguati a reintegrare il danneg
giato nella situazione di diritto che si sarebbe avuta, se l'Am
ministrazione non avesse provveduto in modo illegittimo. All'inosservanza dei due obblighi corrispondono sanzioni
e meccanismi sanzionatori diversi.
La emanazione di provvedimenti contrastanti con l'ac
certamento contenuto nella sentenza passata in cosa giu dicata e sanzionata, nelle forme ordinarie, con l'azione giu diziaria o col ricorso alla giurisdizione amministrativa di
legittimità per violazione del giudicato (art. 26 t. u. 26 giu
gno 1924 n. 1054) e non per violazione dell'obbligo di con
formarsi al giudicato (art. 27, n. 4). Quando invece non è
stato adempiuto neppure l'obbligo di riesaminare, alla
stregua del giudicato, l'atto dichiarato illegittimo, soccorre
l'art. 27, n. 4, che devolve al Consiglio di Stato il compito di intervenire direttamente nella funzione amministrativa, sostituendosi all'Amministrazione nell'emanazione dei prov vedimenti necessari per soddisfare l'interesse fatto valere
in giudizio in conformità al giudicato. Ma se così è, si spiega perchè non possa aver luogo alcun
intervento sostitutivo, là dove l'Amministrazione abbia
pronunziato, con atti autonomi giuridicamente rilevanti, sulla istanza di esecuzione del giudicato, in qualche modo
provvedendo, previo riesame della questione di illegittimità e ancorché abbia finito col mantenere la statuizione già contenuta nel provvedimento ritenuto lesivo di diritto.
In questa ipotesi, infatti, essendo già state esercitate
funzioni di amministrazione in relazione a un giudicato, non
vi è materia per l'emanazione di provvedimenti ex art. 27, n. 4. Il problema da risolvere è ancora una volta quello di
assicurare il controllo sulla corrispondenza degli atti alle
regole del diritto, il che è nell'essenza del sindacato giuris dizionale di competenza del tribunale ordinario o del giudice di legittimità.
Da tutto quanto precede risulta che il rimedio ex art. 27, n. 4, proposto dal Leto, non sarebbe stato proponibile ove
la Commissione unica si fosse posto il problema di come ese
guire il giudicato, anche se poi tale quesito avesse risolto
mantenendo nella sua sostanza il rifiuto di iscrivere il ri
corrente nell'albo dei pubblicisti, o in qualsiasi altro modo avesse provveduto, ma sempre previo il riesame della que stione del diritto del Leto ad essere iscritto nell'elenco,
questione sulla quale concretamente incideva la decisione
del giudice ordinario. Ma in nessuna di queste ipotesi rientra il caso di specie. Qui infatti l'Amministrazione si è limitata a partecipare
all'interessato che la domanda di iscrizione nell'albo dei
pubblicisti era stata esaminata e non era stata accolta.
Ma una dichiarazione siffatta, meramente confermativa
della deliberazione dichiarata illegittima, poiché è priva di qualsiasi significato positivo sul piano giuridico, non può che equivalere ad un esplicito rifiuto di quel riesame della
questione di illegittimità dell'atto, cui l'Amministrazione era obbligata dal giudicato, dando per ciò titolo al ricorso ex art. 27, n. 4, per la surrogazione di questo Consiglio all'Amministrazione.
La circostanza che la violazione dell'obbligo di dare ese cuzione al giudicato si sia manifestata attraverso un atto
non meramente passivo, quale è il rifiuto formale di rie
same, non contraddice, come è evidente, l'affermazione ac colta. Quel che conta, ai fini dell'esperibilità del rimedio ex
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 118
art. 27 ri. 4, non è infatti una omissione, in senso naturali
stico, ma una omissione in senso giuridico e cioè il non com
pimento dell'azione che si aveva il dovere giuridico di
compiere. E tanto basta per dichiarare ammissibile il ricorso pro
posto dal Leto.
Nel merito il ricorso è fondato.
Che l'autorità amministrativa sia giuridicamente ob
bligata a conformarsi al giudicato, eliminando la illegitti mità degli atti emessi in violazione dei diritti, e che sono
stati ritenuti causa della situazione antigiuridica accertata
con decisione passata in giudicato, è cosa sulla quale non
può cadere alcun dubbio.
Naturalmente per stabilire in concreto il contenuto e la
portata pratica di tale obbligo occorre individuare e deli
mitare il giudicato. Nella specie, trattandosi di giudicato risultante da una sentenza dichiarativa, esso è agevol mente identificabile sulla base del rapporto giuridico de
dotto in causa nel profilo che ha formato oggetto effettivo
di giudizio. In particolare il giudicato si è fermato sull'illegittimità
del provvedimento 15 settembre 1955 con cui la Commis
sione unica deliberò di non accogliere la domanda prodotta dal Leto per l'iscrizione nell'albo professionale dei giorna listi, e il suo contenuto è costituito dalla seguente declara
toria : non esiste una disposizione legislativa che autorizzi l'Amministrazione a negare l'iscrizione del Leto all'albo dei
giornalisti in considerazione del fatto che questi fu a capo dell'ufficio politico denominato O.v.r.a. durante il regime fascista.
Tale declaratoria ha infatti costituito l'oggetto della deci sione giudiziaria in perfetta aderenza col tliema decidendum
proposto dal Leto. Essa pertanto fa stato nei rapporti tra le medesime parti obbligate dal giudicato a ritenere che la
Commissione unica ha violato un diritto soggettivo allorché
ha rifiutato di disporre, sulla base di una incompatibilità
politico-morale, che nella specie non sussisteva, l'iscri
zione del Leto nell'albo dei giornalisti. L'ambito oggettivo del giudicato è limitato all'accerta
mento predetto e, contrariamente a quanto la difesa del ricorrente ha sostenuto nel ricorso, non si estende al fatto
incidentalmente affermato nella decisione di appello, che
i titoli professionali esibiti dal Leto a corredo della sua do
manda erano validi per la sua iscrizione, e tali erano stati
ritenuti dalla competente Commissione.
Su tale punto non può dirsi essersi formato giudicato, sia perchè l'affermazione non costituisce un presupposto
logico dell'accertamento passato in cosa giudicata, sia perchè il punto non aveva formato oggetto di una domanda di
merito nel giudizio ordinario.
Individuato in tal modo il giudicato e precisati obiet
tivamente i suoi limiti, deve il Collegio stabilire quali siano
i provvedimenti necessari, sotto il profilo della legittimità
degli atti, a rimuovere gli effetti lesivi del diritto fatto va
lere in giudizio. Secondo una giurisprudenza fermissima, spetta inoltre
a questo Consiglio, adito a termini dell'art. 27, n. 4, di ema
nare quei provvedimenti che siano conseguenza imme.
diata e diretta del giudicato ordinario.
Nella specie ciò implica per questo Consiglio il potere dovere di annullare senz'altro il provvedimento a suo tempo emanato dalla Commissione unica per la tenuta degli albi
professionali dei giornalisti e di cui la Commissione stessa, con la deliberazione del 13 ottobre 1959, illegittimamente rifiutò il riesame.
Non può invece questo Consiglio disporre, con questa decisione, l'iscrizione del Leto nell'albo dei giornalisti come
certamente la Sezione avrebbe avuto il potere di fare se il
giudicato avesse concretamente accertato il possesso di
tutti i requisiti richiesti per l'iscrizione nell'albo.
La declaratoria di illegittimità del rifiuto è stata infatti
nella specie pronunziata in relazione ad un fatto che, in sè
considerato, non risolve nè assorbe altri aspetti dell'accerta
mento che la legge demanda all'ordine professionale ai fini
dell'iscrizione nell'albo, onde manca il presupposto perchè
questo Consiglio sostituisca totalmente la propria deter
minazione a quella della competente Commissione.
Si impone, peraltro, in vista di una esigenza di giustizia, la necessità di fissare un termine affinchè la Commissione
unica riesamini la domanda di iscrizione nell'albo professio nale a suo tempo proposta, e disponga quindi l'iscrizione ove
ritenga che il Leto possieda gli altri requisiti per la iscri
zione nell'albo.
Per questi motivi, accoglie, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione Y ; decisione 2 aprile 1960, n. 248 ; Pres. Gallo P., Est. Mezzanotte ; Soc. an. produttori latte (Avv.
Putzolu) c. Ministero tesoro (Avv. dello Stato Vitucci).
Calmiere e disciplina della produzione —- Disciplina dei prezzi — Casse di conguaglio —- Atto isti
tutivo e finalità — Resa del conto di gestione.
Non può essere chiesta la resa del conto di gestione di una cassa
di conguaglio, che sia stata istituita con atto bilaterale per assicurare l'esecuzione dei rapporti di dare e di avere fra un comune ed una società produttori latte, e non con
atto amministrativo per assicurare, attraverso sovraprezzi, quote o contribuzioni imposte dalla legge, un determinato
prezzo di imperio per la vendita al pubblico. (1)
La Sezione, ecc. —- L'art. 1 decreto legisl. 15 settembre
1947 n. 896 stabilisce che il Comitato interministeriale dei
prezzi, nell'esercizio dei poteri ad esso conferiti e « ai fini
dell'unificazione o perequazione dei prezzi può istituire
casse di conguaglio e stabilire, le modalità delle relative
contribuzioni ».
L'art. 1 decreto legisl. 26 gennaio 1948 n. 98, sulla disci
plina delle casse conguaglio prezzi stabilisce che le cosiddette
casse conguaglio sono istituite « per la gestione dei sovra
prezzi, di quote di prezzo o di contribuzioni imposte dalle
competenti autorità per la disciplina dei prezzi ».
L'art. 2 dello stesso decreto del 1948 n. 98 dispone che
le casse sono istituite « d'intesa col Ministero del tesoro e
hanno gestione autonoma a mezzo di apposito comitato
di gestione », il quale « è nominato dall'autorità che ha im
posto il sovraprezzo, la quota di prezzo o la contribuzione
o dall'Amministrazione da esso delegata, d'intesa con l'In
tendenza di finanza, ovvero, per le casse a carattere inter
provinciale o nazionale, d'intesa con il Ministero del tesoro ».
Dalla disciplina giuridica richiamata si evince che le
cosiddette casse conguaglio sono organi dell'Amministra zione dello Stato, posti in essere da atti amministrativi dei
competenti organi dello Stato.
Occorre l'esistenza di una situazione giuridica posta in
essere dalle indicate autorità amministrative dello Stato :
questa consiste nella imposizione di sovraprezzi o di quote di prezzo o di contribuzioni. In tanto, però, tali sovra
prezzi, quote o contribuzioni sono istituiti, in quanto hanno
per fine un interesse pubblico e cioè la unificazione o pere
quazione del prezzo d'un determinato prodotto. Questa
disciplina è nella sua essenza, quindi, preordinata alla fis
sazione del prezzo di imperio, che il Comitato intermini
steriale dei prezzi o quello provinciale intende stabilire per un determinato prodotto. Sono questi elementi l'uno stret
tamente connesso all'altro : un prezzo di imperio di un
prodotto viene determinato e assicurato propriamente attraverso un sistema di unificazione o perequazione dei
prezzi del prodotto stesso, unificazione o perequazione
(1) Non risultano precedenti specifici. In giurisprudenza, v.,
per qualche riferimento, la decisione della IV Sez. 1 giugno 1956, i). 571 (Foro it., 1950, III, 235, con ampia nota di richiami), che ha confermato la competenza dei comitati provinciali dei prezzi nella fissazione dei prezzi massimi del latte anche in quei comuni dove esista una centrale del latte. In dottrina, sui comitati dei
prezzi, v. la nota di Ltjgo, in Giusi, civ., 1956, II, 3.
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