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sezione IV; decisione 8 febbraio 1996, n. 139; Pres. ed est. Iannotta; Soc. Cecchi Gori Group...

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sezione IV; decisione 8 febbraio 1996, n. 139; Pres. ed est. Iannotta; Soc. Cecchi Gori Group Finmavi (Avv. Lorenzoni, Vichi, Giallongo) c. Pres. cons. ministri ed altra (Avv. dello Stato Corsini). Annulla Tar Lazio, sez. I, 21 aprile 1995, n. 709 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 193/194-197/198 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190348 . Accessed: 25/06/2014 00:13 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.106 on Wed, 25 Jun 2014 00:13:53 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione IV; decisione 8 febbraio 1996, n. 139; Pres. ed est. Iannotta; Soc. Cecchi Gori GroupFinmavi (Avv. Lorenzoni, Vichi, Giallongo) c. Pres. cons. ministri ed altra (Avv. dello StatoCorsini). Annulla Tar Lazio, sez. I, 21 aprile 1995, n. 709Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 193/194-197/198Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190348 .

Accessed: 25/06/2014 00:13

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193 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 194

I

CONSIGLIO DI STATO; CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 8 febbraio 1996, n. 139; Pres. ed est. Iannotta; Soc. Cecchi Gori Group Fin

mavi (Aw. Lorenzoni, Vichi, Giaixongo) c. Pres. cons, mi

nistri ed altra (Aw. dello Stato Corsini). Annulla Tar Lazio, sez. I, 21 aprile 1995, n. 709.

Spettacoli e trattenimenti pubblici — Film — Divieto di visione ai minori — Introduzione di ipotesi tassative di divieto con norma regolamentare — Esclusione (L. 21 aprile 1962 n. 161, revisione dei film e dei lavori teatrali, art. 5, 6; d.p.r. 11 novembre 1963 n. 2029, regolamento di esecuzione della 1. 21 aprile 1962 n. 161, art. 9).

Spettacoli e trattenimenti pubblici — Film — Divieto di visione

ai minori di diciotto anni — Illegittimità — Limitazione del divieto ai minori di quattordici anni — Fattispecie (L. 21 aprile 1962 n. 161, art. 1, 5; d.p.r. 11 novembre 1963 n. 2029, art. 9).

L'art. 9 d.p.r. 11 novembre 1963 n. 2029 non introduce ulterio ri tassative ipotesi di divieto di visione dei film ai minori ma, attesa la sua natura di fonte normativa secondaria, va inter

pretato in rapporto agli art. 5 e 6 l. 21 aprile 1962 n. 161

che postulano un apprezzamento sulla sensibilità dell'età evo

lutiva e sull'esigenza di tutela della morale dei minori. (1) Il divieto di visione del film «Pulp fiction» può essere limitato

ai minori di quattordici anni, atteso che la sua estetica com

plessiva è tale da rappresentare i personaggi della vicenda co

me soggetti grotteschi, alieni da qualunque eroicità e quindi irriducibili a modelli da seguire (in motivazione, il collegio ha precisato che per esprimere valutazioni in merito non è

necessario ricorrere a perizia). (2)

II

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 21 aprile 1995, n. 709; Pres. Scm

naia, Est. Romano; Soc. Cecchi Gori Group Finmavi (Aw.

Lorenzoni, Vichi, Giallongo) c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Corsini).

Spettacoli e trattenimenti pubblici — Film — Divieto di visione ai minori di diciotto anni — Fattispecie (L. 21 aprile 1962 n. 161, art. 1, 5; d.p.r. 11 novembre 1963 n. 2029, art. 9).

La visione del film «Pulp fiction» deve essere vietata ai minori di diciotto anni in quanto — da un lato — la assunta natura

ironica e paradossale dell'opera è talmente sottile ed evane

scente da non poter essere colta dallo spettatore non matura

to mentre — dall'altro lato — vengono proposti personaggi che ben possono assurgere a modelli negativi di comporta mento agli occhi del minore. (3)

(1) In termini, Cons. Stato, sez. IV, 23 aprile 1965, n. 349, Foro

it., 1965, III, 520, con nota di richiami, nonché le decisioni citate nella nota che segue.

(2-3) I. - Il principio della necessità di valutare la gravità delle scene

volgari o di violenza o di sesso, ai fini delia delibazione sulla imposizio ne del divieto di visione ai minori dei film, in riferimento allo specifico contesto in cui le scene sono inserite, su cui si basa la decisione del

Consiglio di Stato in epigrafe, era stato affermato dallo stesso collegio in occasione della decisione sul null-osta per un altro film famoso, «Full metal jacket»: Cons. Stato, sez. IV, 30 settembre 1988, n. 773, Foro

it., 1989, III, 393 (che ha confermato Tar Lazio, sez. Ili, 15 febbraio

1988, n. 262, ibid., 394); oltre che da Tar Lazio, sez. Ili, 19 giugno 1989, n. 1184, id., Rep. 1990, voce Spettacoli, n. 52, e 15 febbraio

1988, n. 263, inedita (che hanno annullato il divieto di visione ai minori

di diciotto anni, rispettivamente, del film «Voglia d'amore» e del film

«Stammhein»). Per riferimenti in materia di applicazione della legge sulla censura cinematografica 0- 161/62 e d.p.r. 2029/63) e di poteri della relativa commissione, v. la nota di richiami a Cons. Stato 773/88 e Tar Lazio 262/88, cit., nonché — entrambe sul film «Salò e le 120

giornate di Sodoma» di P. P. Pasolini — Cons. Stato, sez. IV, 10 di

cembre 1991, n. 1086, id., Rep. 1992, voce cit., n. 8 (secondo cui il

giudice amministrativo non può esprimere giudizi sui pregi artistici del

l'opera, ma, avendo giurisdizione estesa al merito, può valutare diver samente i fatti esaminati e pervenire a conclusioni diverse da quelle a cui è giunta l'autorità amministrativa) e Tar Lazio, sez. Ili, 19 giugno 1991, n. 931, id., Rep. 1991, voce cit., n. 15 (secondo cui il giudice amministrativo non è tenuto a disporre perizie tecniche, essendo chia mato a pronunziarsi «con la sensibilità media del bonus pater fiami

li. Foro Italiano — 1996 — Parte III-l.

I

Diritto. — 1. - La società appellante censura la sentenza del

Tar per il fatto che non fu accolta la richiesta di disporre una

perizia sulla portata dei messaggi espressi dalla pellicola. Al ri guardo si deve precisare che la stessa censura si traduce in una

domanda, rivolta alla sezione, affinché sia disposta una perizia; del resto, a conclusione della stessa censura l'appellante ribadi

sce «la richiesta di ammissione del mezzo istruttorio». Tale cen

sura non potrebbe risolversi in una prospettazione di annulla

mento della sentenza di primo grado e di conseguente rinvio

al tribunale amministrativo regionale. L'eventuale fondatezza della censura non costituisce una causa di rinvio, tenuto conto

della vigenza del principio devolutivo e della estraneità del ri

fiuto ingiustificato di perizia all'ambito delle cause di rinvio al tribunale (art. 35 1. 6 dicembre 1971 n. 1034).

La richiesta di perizia non contraddice, come tale, la natura

del giudizio di merito, qual è quello in attuale; anzi proprio la giurisdizione di merito permette il ricorso alla perizia, giusta l'art. 27 r.d. 17 agosto 1907 n. 642. Tuttavia, non qualunque richiesta di perizia deve essere accolta, posto che l'ausilio peri tale non è necessario ove il giudice ravvisi la possibilità di deci

to», laddove Cass. 20 dicembre 1973, Grimaldi ed altri, id., 1974, II, 364, con nota di richiami, aveva ritenuto — in occasione del giudi zio sulla presunta oscenità del film «Ultimo tango a Parigi» — che il giudice può disporre perizia «qualora sia necessaria un'indagine che richieda particolari cognizioni ... di determinate scienze o arti»). Sul

regime previgente alla 1. 161/62, v. Corte cost. 16 febbraio 1963, n.

11, id., 1963, I, 614, con nota di richiami. In dottrina, sulla libertà di espressione artistica e sulla censura cinematografica, v. P. Barile, Diritti dell'uomo e libertà fondamentali, Bologna, 1984, 257 ss.; M. Grisolia, Arte, a) Profili costituzionali e organizzazione amministrati

va, voce dell 'Enciclopedia del diritto, Milano, 1958, III, 100 ss.; A.

Cerri, Opera d'arte e buon costume, in Giur. costit., 1976, II, 2317; Id., Arte e scienza (libertà di), voce dell' Enciclopedia giuridica Trecca

ni, Roma, 1988, III. II. - Il contrasto emergente dalle opposte determinazioni riassunte

nelle massime dei giudici di primo e secondo grado è emblematico della estrema difficoltà di applicazione, nella materia del rilascio del nulla osta per la visione dei film ai minori, dei criteri astratti dettati dal legis latore, in relazione al contenuto delle opere ed all'evoluzione dei tempi e dei costumi, con un apprezzamento finale che inevitabilmente risente della formazione e delle convinzioni personali del magistrato giudican te; lo stesso contrasto di valutazioni continua a proporsi anche al fuori delle aule giudiziarie, ove il film di Quentin Tarantino «Pulp fiction» (letteralmente, polpettone, romanzetto scadente), insignito di numerosi

premi, fra i quali la Palma d'oro come miglior film alla 47" edizione del Festival di Cannes, è stato osannato dalla critica e vituperato da alcuni psicologi: «Pulp fiction è . . . una vertigine paradossale di truci di avvenimenti divertenti» (Lietta Tornabuoni, su L'Espresso del 11 no vembre 1994), «è ... un grottesco sopra le righe ultrachiacchierato con umorismo» (Tullio Kezich, in Corriere della sera del 12 novembre 1994), «La storia è imbevuta di violenza e di sangue ... ma è una violenza talmente eccessiva, talmente finta (il titolo non parla di 'fiction'?) da trasformarsi in folle balletto da cartone animato . . . pellicola travol

gente, ironica e grottesca» (Valerio Guslandi, in Sorrisi e canzoni TV de) 29 gennaio 1995); al contrario, secondo la psicologa Vera Slepoj, il film è «da non vedere. Mai» perché «alla base dell'apprendimento c'è la comunicazione attraverso l'immagine. E quindi il cinema, grazie anche alla possibilità di comunicare per oltre un'ora senza interruzioni, è il mezzo ideale per imprimere nella memoria di chi assiste comporta menti violenti», e secondo Dario Varin, docente universitario di psico logia, «c'è uno specifico legame tra la visione di pellicole violente e

lo sviluppo di un carattere aggressivo» (da un servizio di Riccardo Boc

ca, Attenti a quei film? per la rivista Anna, 1995). Le stesse reazioni perplesse nei commenti della stampa non specializ

zata all'indomani della pubblicazione della decisione del Consiglio di

Stato, con il richiamo ai casi di trasposizione nella realtà da parte di

alcuni giovani degli esempi di violenza appresi da certi film (dopo la

visione di «Assassini nati» di Oliver Stone — vietato solo ai minori

di quattordici anni ma ritenuto ben più violento di «Pulp fiction» —

una decina di vittime sarebbero cadute sotto i colpi di giovani che vole

vano emulare le gesta dei protagonisti) ed all'inversione di tendenza in atto negli Stati uniti d'America con l'apertura di una campagna con

tro la violenza, a tutti i livelli (secondo Beppe Severgnini, Vedi «Pulp

fiction» e poi passa al pronto soccorso, nel Corriere della Sera del 19

febbraio 1996, «la banalizzazione della violenza è pericolosa quanto la celebrazione della violenza») dimostrano il disagio di chi deve formu

lare giudizi in questa materia e l'impossibilità di individuare a priori una soluzione che soddisfi appieno tutti i diritti in gioco, dalla libertà di pensiero e di espressione artistica (art. 21 Cost.) alla tutela dei mino

ri e della famiglia (art. 31 Cost.). [G. Albenzio]

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PARTE TERZA

dere la controversia con le metodologiche, delle quali è a cono

scenza. Nel caso di specie la sezione conclude nel senso della

sua idoneità a verificare se la pellicola «Pulp Fiction» sia priva o meno di messaggi suscettibili di incidere negativamente sulla

morale dei minori e sulla loro sensibilità. Tale conclusione non

potrebbe essere superata sul presupposto della riduzione del ruolo

del giudice alla sola conoscenza della normatività giuridica. Al

riguardo, si deve sottolineare che l'ampliamento della giurisdi zione al merito importa il dovere per il giudice amministrativo

di procedere alla conoscenza e valutazione dei fatti, nonché alla

formulazione di una soluzione, anche in sostituzione dell'ammi

nistrazione. Pertanto, non è possibile prospettare una relazione

costante tra necessità di ricorrere all'ausilio peritale e possibilità

di decisione secondo criteri estranei alla giuridicità. Solo la com

provata necessità di utilizzare metodologie sconosciute al giudi

ce permette il ricorso all'ausilio peritale. Tale necessità nel caso

di specie non è identificabile. 2. - L'ammissione o meno dei minori alla proiezione dei film

è decisa sul presupposto dell'apprezzamento delle pellicole pre

sentate rispetto alla particolare sensibilità dell'età evolutiva e

alla esigenza della tutela morale dei minori (art. 1 1. 21 aprile

1962 n. 161). L'ambito della decisione adottabile appare sostan

zialmente eliminato, quanto alla possibilità di scegliere tra l'am

missione o il diniego del nulla-osta di ammissione, quando sia

no riscontrabili nelle pellicole alcune specifiche caratteristiche,

stabilite dall'art. 9 d.p.r. 11 novembre 1963 n. 2029. Tale nor

ma regolarmente dispone nel senso del divieto di ammissione

di minori alla proiezione di opere cinematografiche che conten

gano battute o gesti volgari, indulgano a comportamenti amo

rali, contengano scene erotiche o di violenza verso uomini o

animali, o relative ad operazioni chirurgiche, a fenomeni ipno

tici o medianici se rappresentate in forma particolarmente im

pressionante, o riguardanti l'uso di sostanze stupefacenti; fo

mentino l'odio o la vendetta; presentino crimini in forma tale

da indurre all'imitazione od al suicidio in forma suggestiva. La commissione di revisione del film «Pulp Fiction», giusta

quanto si desume dalla lettera 5 dicembre 1994 del dipartimento

dello spettacolo, espresse il parere dell'impossibilità dell'ammis

sione dei minori di anni 18 «in considerazione del contenuto

della pellicola ed in particolare delle numerose scene di violen

za, delle battute e della descrizione particolareggiata dell'uso

di sostanze stupefacenti da parte dei protagonisti della stessa, il tutto costituendo pregiudizio per la corretta evoluzione di mi

nori della predetta età (18 anni)». Tale parere fu confermato

dalla commissione del riesame. Il giudizio suindicato si ricollega

alla tipologia stabilita dalla norma regolamentare, che, se inter

pretata a sé stante, appare preordinata a fissare in modo tassa

tivo delle cause ostative, in modo insuperabile, all'ammissione

dei minori. In effetti la norma regolamentare, pur formulata in maniera

tale da delineare delle fattispecie tassative, deve essere interpre tata in rapporto agli art. 5 e 6 1. 21 aprile 1962 n. 161. Tale

interpretazione è giustificata dalla posizione secondaria della fonte

regolamentare rispetto a quella legislativa e dal fatto che la pri ma è esecutiva rispetto alla seconda. La norma primaria è preor dinata alla determinazione preventiva di limiti alla proiezione in pubblico di film o all'ammissione di minori. I limiti alla proie zione possono essere disposti solo per la salvaguardia del buon

costume; i limiti all'ammissione dei minori possono essere giu stificati anche dalla presenza di entità ulteriori, rispetto a quelle idonee a pregiudicare il buon costume, in vista della tutela mo

rale del minore, tenuto conto della sensibilità dell'età evolutiva.

Se la norma regolamentare dovesse essere interpretata alla lette

ra, si dovrebbe condividere la conclusione dell'impossibilità di ammettere alle proiezioni i minori, indipendentemente da qua

lunque apprezzamento sulla sensibilità dell'età evolutiva o sul

l'esigenza di tutela della morale rispetto ai messaggi provenienti dal film, oggetto del procedimento di revisione. In effetti, la

norma regolamentare dispone nel senso della necessaria rilevan

za, in sede di revisione, di specifiche circostanze, testualmente

indicate nella stessa norma, da valutare in vista della decisione

da assumere circa l'ammissione o meno dei minori alla proie zione delle pellicole; valutazione da compiere in rapporto agli obiettivi fissati dalla norma primaria.

Non si potrebbe concludere nel senso di un'eccedenza della

disciplina regolamentare, interpretata in coerenza con la fonte

primaria, rispetto ai principi costituzionali, in tema di libertà di manifestazione del pensiero attraverso il mezzo cinematogra fico. Infatti, in aggiunta all'esigenza di salvaguardare il buon

Il Foro Italiano — 1996.

costume si pone anche quella di tutela morale dei minori, in

quanto possibili fruitori dei messaggi cinematografici. Tale esi

genza di tutela è costituzionalmente rilevante. Giusta il disposto

dell'art. 31, 2° comma, Cost.

3. - Per altro verso la suesposta problematica non può essere

superata postulando la identificabilità della pellicola «Pulp Fic tion» come un'espressione artistica. Questa impostazione, illu

strata nell'atto di appello e sottolineata in sede di discussione,

è inaccettabile, in quanto, a parte qualunque considerazione sulla

fondatezza o meno della proposta identificazione, l'art. 21, ul

timo comma, Cost, è applicabile anche alle espressioni artisti

che cinematografiche, senza contraddire il principio di libertà

dell'arte (art. 33 Cost.), tenuto conto della complementarità de

gli art. 21 e 33 Cost. (Corte cost. n. 59 del 1960, Foro it.,

1960, I, 1065; n. 57 del 1976, id., 1976, I, 1794; Cass. 19 otto bre 1979).

4. - Il film in esame, pur nella crudezza delle immagini e

del linguaggio, non costituisce, in massima parte, un attentato

alla tutela morale del minore e un motivo di superamento della

sensibilità dell'età evolutiva. Infatti, non difettano nel film stes so messaggi che rappresentano la possibilità di riscatto da parte

delle persone dedite al male; al riguardo è utile il riferimento all'ultima sequenza del secondo tempo, nella quale il personag

gio, sostanzialmente amorale, che stava per uccidere la vittima, è colpito dal ricordo di passi biblici e sceglie la desistenza dal delitto. Altra sequenza importante ai fini della valutazione del

film, quale messaggio idoneo ad incidere sulla sensibilità del

minore, è quella relativa all'orologio appartenuto al nonno, al

padre e al nipote, in corrispondenza ai grandi eventi che coin

volsero in questo secolo la confederazione degli Stati uniti d'A

merica (prima guerra mondiale, seconda guerra mondiale, con

flitto armato nel sud-est asiatico). L'episodio dell'orologio si

risolve in un messaggio positivo sull'attualità della tradizione

collettiva, sull'impegno comunitario rispetto ai grandi eventi sto

rici, sull'ottemperanza dei doveri civili da parte del cittadino

privo di mitologie; messaggio che non travalica nel nazionali

smo, razzismo, colonialismo, che pur potrebbero annidarsi nel

la sottolineatura della tradizione. Il film poi ha caratteristiche

estetiche tali da indurre lo spettatore, anche minorenne, ad av

vertire repulsione per l'assunzione della droga; al riguardo è

sufficiente il richiamo alla sequenza dell'iniezione di stupefa

cente nell'avambraccio, nel corso della quale il sangue purpureo entra nel cilindro dell'iniezione e si confonde con la parte resi

dua della droga in soluzione. Tale sequenza esprime l'invasività

dell'azione iniettiva e l'aggressività della droga sull'entità biops

ichica della persona. Ulteriore sequenza espressiva dell'estetica, alla quale si è fat

to riferimento, è quella relativa alle conseguenze sulla protago nista che aveva assunto la droga. Tale sequenza importa un

messaggio intensamente espressivo, tanto da rappresentare il de

grado del drogato, la sua perdita di libertà e la riduzione del

medesimo ad entità necessitata.

Il valore pedagogico delle sequenze suindicate, proprio in ra

gione della loro estetica realistica, importa che possa essere di

sattesa la proposta di taglio formulata dalla società appellante. Per altro verso l'estetica complessiva del film è tale da rap

presentare i personaggi della vicenda come soggetti grotteschi, alieni da qualunque eroicità e quindi irriducibili a modelli da

seguire. La sezione reputa opportuno che si proceda, in adesione del

resto alla proposta della società appellante, al taglio della se

quenza rappresentativa della sodomizzazione, che potrebbe es

sere interpretata dal pubblico dei minori in modo inappropriato. 5. - L'appello pertanto deve esere accolto con la conseguente

riforma della sentenza 21 aprile 1995, n. 709 (id., 1996, III,

193); rimangono assorbiti i restanti motivi di appello, tenuto conto della portata integralmente satisfattiva dell'accoglimento

per ragioni di merito.

II

Diritto. — 1. - Ritiene il collegio che, in ordine logico, debba essere esaminata per prima la censura con la quale la ricorrente

società afferma che la norma regolamentare recata dall'art. 9

d.p.r. 21 novembre 1963 n. 2029 — sulla quale si fonderebbero

tre delle motivazioni poste a sostegno dei provvedimenti impu

gnati — sarebbe illegittima in quanto prevederebbe l'applicazio ne di sostanziali ed atipiche sanzioni, in assenza, nella norma

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

fonte del potere regolamentare (art. 5 1. 21 aprile 1962 n. 161),

di una previsione legittimante in tal senso ed in contrasto, quin

di, con il principio di legalità affermato dall'art. 11. 24 novem

bre 1981 n. 689.

La norma regolamentare, in sintesi, imporrebbe il divieto di

visione ai minori di anni diciotto in una serie di ipotesi autono mamente individuate e non riconducibili, in ogni caso, alla tu

tela della psicologia del minore nell'età evolutiva, cui fa riferi

mento la norma di legge. La suddetta tesi non può essere condivisa. Pare ragionevole

ritenere che la norma regolamentare in esame non ecceda i limi

ti propri delle norme esecutive poiché essa, a ben vedere, è cor

rettamente volta alla esemplificazione — consentita dall'art. 16

1. 161/62 — del generale parametro espressamente individuato

dal legislatore con la norma dell'art. 5 della stessa 1. 161/62.

La concreta elencazione delle ipotesi in presenza delle quali

opera il divieto di visione ai minori delle opere cinematografi che e teatrali (art. 9 d.p.r. 2029/63) non si discosta, infatti, né razionalmente né contenutisticamente dal fine ultimo — in

dividuato dalla legge — della «... tutela morale ...» della

«. . . particolare sensibilità dell'età evolutiva» dei minori stessi. Ed invero, sotto il profilo razionale, ben si spiega, per un

verso, che in sede regolamentare si sia proceduto — attraverso

l'individuazione di specifiche ipotesi — a rendere intellegibili gli elementi attraverso i quali può concretizzarsi il pregiudizio

che la legge intende evitare e, per altro verso, che detti elementi

siano considerati non nella loro valenza assoluta, ma bensì in

quella relativa e cioè in rapporto alla loro specifica capacità

di incidere negativamente nel processo di formazione del minore.

Cosi pure è agevole comprendere perché la norma regolamen tare abbia voluto espressamente chiarire che si prescinde dal

parametro dell'offesa al buona costume, individuato dall'art.

6 della legge, e perché abbia fatto ricorso agli ulteriori concetti

di «. . . gravità ed insistenza ...» degli elementi individuati nel suo 1° comma, per determinare e graduare la possibilità di indi

viduazione dei diversi limiti di età, in relazione ai quali applica re il divieto.

Sotto il profilo contenutistico pare concretamente evidente co

me sulla psicologia del minore possano avere incidenza negati

va, ad esempio, le opere nelle quali si propongano «... le battu

te od i gesti volgari ...» come modalità espressive a tal punto

costanti da assurgere di fatto a modello ordinario di comporta mento ovvero «... si indulga in comportamenti amorali o si

fomenti l'odio o la vendetta ovvero si presentino crimini in for

ma tale da indurre all'imitazione».

La norma regolamentare — che alla sussistenza di tali ed al

tre ipotesi in essa indicate ricollega il potere di revisione delle

opere cinematografiche e teatrali — si è dunque mantenuta nel

l'alveo del parametro fissato dal legislatore dell'art. 5 1. 161/62,

perché è evidente che gli elementi di valutazione individuati so no tutti funzionalmente improntati dallo scopo di evitare ogni

possibile fonte di turbamento alla corretta evoluzione psichica

del minore.

Infine, giova precisare che la norma regolamentare non limi

ta il diritto di libera espressione del pensiero, cosi come garanti

to dall'art. 21 Cost., ma bensì correttamente individua i confini

del potere di valutazione rimesso dalla 1. 161/62 alle commis

sioni di revisione, in aderenza sostanziale a detto parametro co

stituzionale.

2. - Con le restanti censure la ricorrente società sostiene che

difetterebbero i presupposti per l'applicazione del divieto in quan

to sarebbe del tutto evidente — come avrebbe confermato la

critica cinematografica — il contenuto ironico e paradossale del

l'opera. In ogni caso, la stessa ricorrente si è dichiarata (come meglio

precisato nella parte in fatto della presente sentenza) disponibile a procedere al «taglio» delle scene ritenute preclusive all'acco

glimento della conclusiva richiesta di «. . . consentire la visione

anche ai minori di anni 18». Ciò premesso, rileva il collegio che la motivazione resa sia

con il parere della commissione di revisione di primo grado sia con il parere della commissione di secondo grado e recepita dai

provvedimenti impugnati è fondata su di una valutazione com

plessiva dell'opera della quale pone in risalto, ai fini che qui

rilevano, le «. . . numerose scene di violenza, le battute volgari

e la descrizione particolareggiata dell'uso di sostanze stupefa

II Foro Italiano — 1996.

centi» e l'incidenza delle stesse sulla «. . . corretta evoluzione

dei minori di anni 18». Orbene, giova innanzitutto precisare che l'identità di motiva

zione allegata da entrambe le commissioni — che è circostanza

affermata dalla ricorrente e non contestata dalla costituita am

ministrazione — non è di per sé sintomo di omessa valutazione

da parte della commissione di secondo grado delle osservazioni

e proposte formulate dalla società di distribuzione, a seguito

del parere espresso dalla commissione di primo grado.

Ben può, infatti, l'organo di riesame ribadire anche letteral

mente l'avviso già espresso in sede di prima istanza, costituen

do elemento imprescindibile di validità — allorquando come nella

specie si tratti di rendere esclusivamente un giudizio di merito — l'effettiva considerazione dell'opera e delle osservazioni for

mulate dalla parte. Non rileva, infatti, l'omessa allegazione di motivazione ad

hoc quando essa si debba ridurre, come nella specie (secondo

quanto deducibile dalle stesse argomentazioni di parte ricorren

te), a mera esternazione di motivazione diversa dalla prima sol

tanto per le forme lessicali utilizzate, attesa la piena identità

del contenuto motivazionale.

Nel merito, rileva il collegio, alla luce degli elementi tratti

dalla visione del film in udienza, che la evidenziata natura «iro

nica e paradossale» dell'opera è in realtà talmente sottile e, per

larga parte, a tal punto evanescente che è reso praticamente

impossibile allo spettatore non maturo — quale il minore di

anni diciotto — percepirne non solo il valore pregnante ma an

che la stessa esistenza.

L'opera, in effetti, riguardata alla luce dello scopo tutelato

dall'art. 5 1. 161/62, propone allo spettatore minore di anni

18 personaggi che ben possono assurgere — nel modo in cui

sono presentati ed in carenza di una evidente ironia sugli stessi

— a modelli negativi di comportamento di talché la droga, la

violenza, il sesso perdono il dichiarato connotato di strumenti

del paradosso per assurgere agli occhi del minore a fatti ordina

ri di vita quotidiana. Né a diverso avviso può indurre la circostanza che la ricor

rente società si sia dichiarata disposta ad operare il taglio di

talune scene del film, quali, ad esempio, la descrizione partico

lareggiata della preparazione ed assunzione, mediante endove

na, di droga da parte di soggetto mentre è alla guida di autovet

tura; la prolungata e reiterata descrizione dell'uccisione a fred

do di tre giovani; la sodomizzazione di prigioniero da parte del

carceriere, a scopo punitivo; la particolareggiata e prolungata

ripresa degli effetti (vomito e sangue) di soggetto in stato di

c.d. overdose.

Infatti, tali sequenze rendono soltanto più crudo e per molti

versi più spietato, agli occhi di un minore, un quadro di insieme

comunque capace di insinuare nella sua psicologia di soggetto

in via di evoluzione, un'idea di normalità rispetto ad atti, com

portamenti e filosofie di vita oggettivamente del tutto anormali

perché prevalentemente delinquenziali.

Personaggi come i due killer o come il pugile fallito — peral

tro di prevalente rilievo nell'economia dell'opera — si pongono di fatto come modelli negativi per un minore, in carenza di

ogni evidente caratterizzazione ironica di tali personaggi.

In sintesi, poiché soltanto in alcune e limitate sequenze —

di per sé sole insufficienti a preservare l'opera per una sua frui

zione da parte dei minori di anni diciotto — emerge con la

necessaria evidenza il paradosso di cui si dice sia permeata l'in

tera opera, non può accedersi alla richiesta di riduzione del di

vieto da anni diciotto ad anni quattordici, previo taglio delle

sequenze più innanzi indicate.

Possono, dunque, ritenersi immuni dai vizi denunziati i prov vedimenti impugnati, previa precisazione, da un lato, che non

v'è alcuna necessità di disporre l'acquisizione del secondo dei

provvedimenti impugnati e del parere aid esso connesso, in quanto

l'esibizione di detti documenti produrrebbe soltanto l'effetto di

diluire nel tempo la pronunzia di questo giudice, tenuto conto

che del contenuto sostanziale degli stessi la parte ricorrente si

è mostrata ben a conoscenza, come mostrano le censure all'uo

po sollevate e più innanzi esaminate; dall'altro, che è da ritene

re superflua ogni ulteriore verifica (perizia tecnica) circa il pre

giudizio che la visione dell'opera è capace di arrecare ai minori

di anni 18, tenuto conto del fatto che questo giudice ha visiona

to l'opera stessa e che la legge gli conferisce in materia anche

un sindacato di merito.

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