sezione IV; decisione 8 febbraio 1996, n. 139; Pres. ed est. Iannotta; Soc. Cecchi Gori GroupFinmavi (Avv. Lorenzoni, Vichi, Giallongo) c. Pres. cons. ministri ed altra (Avv. dello StatoCorsini). Annulla Tar Lazio, sez. I, 21 aprile 1995, n. 709Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 193/194-197/198Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190348 .
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193 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 194
I
CONSIGLIO DI STATO; CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 8 febbraio 1996, n. 139; Pres. ed est. Iannotta; Soc. Cecchi Gori Group Fin
mavi (Aw. Lorenzoni, Vichi, Giaixongo) c. Pres. cons, mi
nistri ed altra (Aw. dello Stato Corsini). Annulla Tar Lazio, sez. I, 21 aprile 1995, n. 709.
Spettacoli e trattenimenti pubblici — Film — Divieto di visione ai minori — Introduzione di ipotesi tassative di divieto con norma regolamentare — Esclusione (L. 21 aprile 1962 n. 161, revisione dei film e dei lavori teatrali, art. 5, 6; d.p.r. 11 novembre 1963 n. 2029, regolamento di esecuzione della 1. 21 aprile 1962 n. 161, art. 9).
Spettacoli e trattenimenti pubblici — Film — Divieto di visione
ai minori di diciotto anni — Illegittimità — Limitazione del divieto ai minori di quattordici anni — Fattispecie (L. 21 aprile 1962 n. 161, art. 1, 5; d.p.r. 11 novembre 1963 n. 2029, art. 9).
L'art. 9 d.p.r. 11 novembre 1963 n. 2029 non introduce ulterio ri tassative ipotesi di divieto di visione dei film ai minori ma, attesa la sua natura di fonte normativa secondaria, va inter
pretato in rapporto agli art. 5 e 6 l. 21 aprile 1962 n. 161
che postulano un apprezzamento sulla sensibilità dell'età evo
lutiva e sull'esigenza di tutela della morale dei minori. (1) Il divieto di visione del film «Pulp fiction» può essere limitato
ai minori di quattordici anni, atteso che la sua estetica com
plessiva è tale da rappresentare i personaggi della vicenda co
me soggetti grotteschi, alieni da qualunque eroicità e quindi irriducibili a modelli da seguire (in motivazione, il collegio ha precisato che per esprimere valutazioni in merito non è
necessario ricorrere a perizia). (2)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 21 aprile 1995, n. 709; Pres. Scm
naia, Est. Romano; Soc. Cecchi Gori Group Finmavi (Aw.
Lorenzoni, Vichi, Giallongo) c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Corsini).
Spettacoli e trattenimenti pubblici — Film — Divieto di visione ai minori di diciotto anni — Fattispecie (L. 21 aprile 1962 n. 161, art. 1, 5; d.p.r. 11 novembre 1963 n. 2029, art. 9).
La visione del film «Pulp fiction» deve essere vietata ai minori di diciotto anni in quanto — da un lato — la assunta natura
ironica e paradossale dell'opera è talmente sottile ed evane
scente da non poter essere colta dallo spettatore non matura
to mentre — dall'altro lato — vengono proposti personaggi che ben possono assurgere a modelli negativi di comporta mento agli occhi del minore. (3)
(1) In termini, Cons. Stato, sez. IV, 23 aprile 1965, n. 349, Foro
it., 1965, III, 520, con nota di richiami, nonché le decisioni citate nella nota che segue.
(2-3) I. - Il principio della necessità di valutare la gravità delle scene
volgari o di violenza o di sesso, ai fini delia delibazione sulla imposizio ne del divieto di visione ai minori dei film, in riferimento allo specifico contesto in cui le scene sono inserite, su cui si basa la decisione del
Consiglio di Stato in epigrafe, era stato affermato dallo stesso collegio in occasione della decisione sul null-osta per un altro film famoso, «Full metal jacket»: Cons. Stato, sez. IV, 30 settembre 1988, n. 773, Foro
it., 1989, III, 393 (che ha confermato Tar Lazio, sez. Ili, 15 febbraio
1988, n. 262, ibid., 394); oltre che da Tar Lazio, sez. Ili, 19 giugno 1989, n. 1184, id., Rep. 1990, voce Spettacoli, n. 52, e 15 febbraio
1988, n. 263, inedita (che hanno annullato il divieto di visione ai minori
di diciotto anni, rispettivamente, del film «Voglia d'amore» e del film
«Stammhein»). Per riferimenti in materia di applicazione della legge sulla censura cinematografica 0- 161/62 e d.p.r. 2029/63) e di poteri della relativa commissione, v. la nota di richiami a Cons. Stato 773/88 e Tar Lazio 262/88, cit., nonché — entrambe sul film «Salò e le 120
giornate di Sodoma» di P. P. Pasolini — Cons. Stato, sez. IV, 10 di
cembre 1991, n. 1086, id., Rep. 1992, voce cit., n. 8 (secondo cui il
giudice amministrativo non può esprimere giudizi sui pregi artistici del
l'opera, ma, avendo giurisdizione estesa al merito, può valutare diver samente i fatti esaminati e pervenire a conclusioni diverse da quelle a cui è giunta l'autorità amministrativa) e Tar Lazio, sez. Ili, 19 giugno 1991, n. 931, id., Rep. 1991, voce cit., n. 15 (secondo cui il giudice amministrativo non è tenuto a disporre perizie tecniche, essendo chia mato a pronunziarsi «con la sensibilità media del bonus pater fiami
li. Foro Italiano — 1996 — Parte III-l.
I
Diritto. — 1. - La società appellante censura la sentenza del
Tar per il fatto che non fu accolta la richiesta di disporre una
perizia sulla portata dei messaggi espressi dalla pellicola. Al ri guardo si deve precisare che la stessa censura si traduce in una
domanda, rivolta alla sezione, affinché sia disposta una perizia; del resto, a conclusione della stessa censura l'appellante ribadi
sce «la richiesta di ammissione del mezzo istruttorio». Tale cen
sura non potrebbe risolversi in una prospettazione di annulla
mento della sentenza di primo grado e di conseguente rinvio
al tribunale amministrativo regionale. L'eventuale fondatezza della censura non costituisce una causa di rinvio, tenuto conto
della vigenza del principio devolutivo e della estraneità del ri
fiuto ingiustificato di perizia all'ambito delle cause di rinvio al tribunale (art. 35 1. 6 dicembre 1971 n. 1034).
La richiesta di perizia non contraddice, come tale, la natura
del giudizio di merito, qual è quello in attuale; anzi proprio la giurisdizione di merito permette il ricorso alla perizia, giusta l'art. 27 r.d. 17 agosto 1907 n. 642. Tuttavia, non qualunque richiesta di perizia deve essere accolta, posto che l'ausilio peri tale non è necessario ove il giudice ravvisi la possibilità di deci
to», laddove Cass. 20 dicembre 1973, Grimaldi ed altri, id., 1974, II, 364, con nota di richiami, aveva ritenuto — in occasione del giudi zio sulla presunta oscenità del film «Ultimo tango a Parigi» — che il giudice può disporre perizia «qualora sia necessaria un'indagine che richieda particolari cognizioni ... di determinate scienze o arti»). Sul
regime previgente alla 1. 161/62, v. Corte cost. 16 febbraio 1963, n.
11, id., 1963, I, 614, con nota di richiami. In dottrina, sulla libertà di espressione artistica e sulla censura cinematografica, v. P. Barile, Diritti dell'uomo e libertà fondamentali, Bologna, 1984, 257 ss.; M. Grisolia, Arte, a) Profili costituzionali e organizzazione amministrati
va, voce dell 'Enciclopedia del diritto, Milano, 1958, III, 100 ss.; A.
Cerri, Opera d'arte e buon costume, in Giur. costit., 1976, II, 2317; Id., Arte e scienza (libertà di), voce dell' Enciclopedia giuridica Trecca
ni, Roma, 1988, III. II. - Il contrasto emergente dalle opposte determinazioni riassunte
nelle massime dei giudici di primo e secondo grado è emblematico della estrema difficoltà di applicazione, nella materia del rilascio del nulla osta per la visione dei film ai minori, dei criteri astratti dettati dal legis latore, in relazione al contenuto delle opere ed all'evoluzione dei tempi e dei costumi, con un apprezzamento finale che inevitabilmente risente della formazione e delle convinzioni personali del magistrato giudican te; lo stesso contrasto di valutazioni continua a proporsi anche al fuori delle aule giudiziarie, ove il film di Quentin Tarantino «Pulp fiction» (letteralmente, polpettone, romanzetto scadente), insignito di numerosi
premi, fra i quali la Palma d'oro come miglior film alla 47" edizione del Festival di Cannes, è stato osannato dalla critica e vituperato da alcuni psicologi: «Pulp fiction è . . . una vertigine paradossale di truci di avvenimenti divertenti» (Lietta Tornabuoni, su L'Espresso del 11 no vembre 1994), «è ... un grottesco sopra le righe ultrachiacchierato con umorismo» (Tullio Kezich, in Corriere della sera del 12 novembre 1994), «La storia è imbevuta di violenza e di sangue ... ma è una violenza talmente eccessiva, talmente finta (il titolo non parla di 'fiction'?) da trasformarsi in folle balletto da cartone animato . . . pellicola travol
gente, ironica e grottesca» (Valerio Guslandi, in Sorrisi e canzoni TV de) 29 gennaio 1995); al contrario, secondo la psicologa Vera Slepoj, il film è «da non vedere. Mai» perché «alla base dell'apprendimento c'è la comunicazione attraverso l'immagine. E quindi il cinema, grazie anche alla possibilità di comunicare per oltre un'ora senza interruzioni, è il mezzo ideale per imprimere nella memoria di chi assiste comporta menti violenti», e secondo Dario Varin, docente universitario di psico logia, «c'è uno specifico legame tra la visione di pellicole violente e
lo sviluppo di un carattere aggressivo» (da un servizio di Riccardo Boc
ca, Attenti a quei film? per la rivista Anna, 1995). Le stesse reazioni perplesse nei commenti della stampa non specializ
zata all'indomani della pubblicazione della decisione del Consiglio di
Stato, con il richiamo ai casi di trasposizione nella realtà da parte di
alcuni giovani degli esempi di violenza appresi da certi film (dopo la
visione di «Assassini nati» di Oliver Stone — vietato solo ai minori
di quattordici anni ma ritenuto ben più violento di «Pulp fiction» —
una decina di vittime sarebbero cadute sotto i colpi di giovani che vole
vano emulare le gesta dei protagonisti) ed all'inversione di tendenza in atto negli Stati uniti d'America con l'apertura di una campagna con
tro la violenza, a tutti i livelli (secondo Beppe Severgnini, Vedi «Pulp
fiction» e poi passa al pronto soccorso, nel Corriere della Sera del 19
febbraio 1996, «la banalizzazione della violenza è pericolosa quanto la celebrazione della violenza») dimostrano il disagio di chi deve formu
lare giudizi in questa materia e l'impossibilità di individuare a priori una soluzione che soddisfi appieno tutti i diritti in gioco, dalla libertà di pensiero e di espressione artistica (art. 21 Cost.) alla tutela dei mino
ri e della famiglia (art. 31 Cost.). [G. Albenzio]
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PARTE TERZA
dere la controversia con le metodologiche, delle quali è a cono
scenza. Nel caso di specie la sezione conclude nel senso della
sua idoneità a verificare se la pellicola «Pulp Fiction» sia priva o meno di messaggi suscettibili di incidere negativamente sulla
morale dei minori e sulla loro sensibilità. Tale conclusione non
potrebbe essere superata sul presupposto della riduzione del ruolo
del giudice alla sola conoscenza della normatività giuridica. Al
riguardo, si deve sottolineare che l'ampliamento della giurisdi zione al merito importa il dovere per il giudice amministrativo
di procedere alla conoscenza e valutazione dei fatti, nonché alla
formulazione di una soluzione, anche in sostituzione dell'ammi
nistrazione. Pertanto, non è possibile prospettare una relazione
costante tra necessità di ricorrere all'ausilio peritale e possibilità
di decisione secondo criteri estranei alla giuridicità. Solo la com
provata necessità di utilizzare metodologie sconosciute al giudi
ce permette il ricorso all'ausilio peritale. Tale necessità nel caso
di specie non è identificabile. 2. - L'ammissione o meno dei minori alla proiezione dei film
è decisa sul presupposto dell'apprezzamento delle pellicole pre
sentate rispetto alla particolare sensibilità dell'età evolutiva e
alla esigenza della tutela morale dei minori (art. 1 1. 21 aprile
1962 n. 161). L'ambito della decisione adottabile appare sostan
zialmente eliminato, quanto alla possibilità di scegliere tra l'am
missione o il diniego del nulla-osta di ammissione, quando sia
no riscontrabili nelle pellicole alcune specifiche caratteristiche,
stabilite dall'art. 9 d.p.r. 11 novembre 1963 n. 2029. Tale nor
ma regolarmente dispone nel senso del divieto di ammissione
di minori alla proiezione di opere cinematografiche che conten
gano battute o gesti volgari, indulgano a comportamenti amo
rali, contengano scene erotiche o di violenza verso uomini o
animali, o relative ad operazioni chirurgiche, a fenomeni ipno
tici o medianici se rappresentate in forma particolarmente im
pressionante, o riguardanti l'uso di sostanze stupefacenti; fo
mentino l'odio o la vendetta; presentino crimini in forma tale
da indurre all'imitazione od al suicidio in forma suggestiva. La commissione di revisione del film «Pulp Fiction», giusta
quanto si desume dalla lettera 5 dicembre 1994 del dipartimento
dello spettacolo, espresse il parere dell'impossibilità dell'ammis
sione dei minori di anni 18 «in considerazione del contenuto
della pellicola ed in particolare delle numerose scene di violen
za, delle battute e della descrizione particolareggiata dell'uso
di sostanze stupefacenti da parte dei protagonisti della stessa, il tutto costituendo pregiudizio per la corretta evoluzione di mi
nori della predetta età (18 anni)». Tale parere fu confermato
dalla commissione del riesame. Il giudizio suindicato si ricollega
alla tipologia stabilita dalla norma regolamentare, che, se inter
pretata a sé stante, appare preordinata a fissare in modo tassa
tivo delle cause ostative, in modo insuperabile, all'ammissione
dei minori. In effetti la norma regolamentare, pur formulata in maniera
tale da delineare delle fattispecie tassative, deve essere interpre tata in rapporto agli art. 5 e 6 1. 21 aprile 1962 n. 161. Tale
interpretazione è giustificata dalla posizione secondaria della fonte
regolamentare rispetto a quella legislativa e dal fatto che la pri ma è esecutiva rispetto alla seconda. La norma primaria è preor dinata alla determinazione preventiva di limiti alla proiezione in pubblico di film o all'ammissione di minori. I limiti alla proie zione possono essere disposti solo per la salvaguardia del buon
costume; i limiti all'ammissione dei minori possono essere giu stificati anche dalla presenza di entità ulteriori, rispetto a quelle idonee a pregiudicare il buon costume, in vista della tutela mo
rale del minore, tenuto conto della sensibilità dell'età evolutiva.
Se la norma regolamentare dovesse essere interpretata alla lette
ra, si dovrebbe condividere la conclusione dell'impossibilità di ammettere alle proiezioni i minori, indipendentemente da qua
lunque apprezzamento sulla sensibilità dell'età evolutiva o sul
l'esigenza di tutela della morale rispetto ai messaggi provenienti dal film, oggetto del procedimento di revisione. In effetti, la
norma regolamentare dispone nel senso della necessaria rilevan
za, in sede di revisione, di specifiche circostanze, testualmente
indicate nella stessa norma, da valutare in vista della decisione
da assumere circa l'ammissione o meno dei minori alla proie zione delle pellicole; valutazione da compiere in rapporto agli obiettivi fissati dalla norma primaria.
Non si potrebbe concludere nel senso di un'eccedenza della
disciplina regolamentare, interpretata in coerenza con la fonte
primaria, rispetto ai principi costituzionali, in tema di libertà di manifestazione del pensiero attraverso il mezzo cinematogra fico. Infatti, in aggiunta all'esigenza di salvaguardare il buon
Il Foro Italiano — 1996.
costume si pone anche quella di tutela morale dei minori, in
quanto possibili fruitori dei messaggi cinematografici. Tale esi
genza di tutela è costituzionalmente rilevante. Giusta il disposto
dell'art. 31, 2° comma, Cost.
3. - Per altro verso la suesposta problematica non può essere
superata postulando la identificabilità della pellicola «Pulp Fic tion» come un'espressione artistica. Questa impostazione, illu
strata nell'atto di appello e sottolineata in sede di discussione,
è inaccettabile, in quanto, a parte qualunque considerazione sulla
fondatezza o meno della proposta identificazione, l'art. 21, ul
timo comma, Cost, è applicabile anche alle espressioni artisti
che cinematografiche, senza contraddire il principio di libertà
dell'arte (art. 33 Cost.), tenuto conto della complementarità de
gli art. 21 e 33 Cost. (Corte cost. n. 59 del 1960, Foro it.,
1960, I, 1065; n. 57 del 1976, id., 1976, I, 1794; Cass. 19 otto bre 1979).
4. - Il film in esame, pur nella crudezza delle immagini e
del linguaggio, non costituisce, in massima parte, un attentato
alla tutela morale del minore e un motivo di superamento della
sensibilità dell'età evolutiva. Infatti, non difettano nel film stes so messaggi che rappresentano la possibilità di riscatto da parte
delle persone dedite al male; al riguardo è utile il riferimento all'ultima sequenza del secondo tempo, nella quale il personag
gio, sostanzialmente amorale, che stava per uccidere la vittima, è colpito dal ricordo di passi biblici e sceglie la desistenza dal delitto. Altra sequenza importante ai fini della valutazione del
film, quale messaggio idoneo ad incidere sulla sensibilità del
minore, è quella relativa all'orologio appartenuto al nonno, al
padre e al nipote, in corrispondenza ai grandi eventi che coin
volsero in questo secolo la confederazione degli Stati uniti d'A
merica (prima guerra mondiale, seconda guerra mondiale, con
flitto armato nel sud-est asiatico). L'episodio dell'orologio si
risolve in un messaggio positivo sull'attualità della tradizione
collettiva, sull'impegno comunitario rispetto ai grandi eventi sto
rici, sull'ottemperanza dei doveri civili da parte del cittadino
privo di mitologie; messaggio che non travalica nel nazionali
smo, razzismo, colonialismo, che pur potrebbero annidarsi nel
la sottolineatura della tradizione. Il film poi ha caratteristiche
estetiche tali da indurre lo spettatore, anche minorenne, ad av
vertire repulsione per l'assunzione della droga; al riguardo è
sufficiente il richiamo alla sequenza dell'iniezione di stupefa
cente nell'avambraccio, nel corso della quale il sangue purpureo entra nel cilindro dell'iniezione e si confonde con la parte resi
dua della droga in soluzione. Tale sequenza esprime l'invasività
dell'azione iniettiva e l'aggressività della droga sull'entità biops
ichica della persona. Ulteriore sequenza espressiva dell'estetica, alla quale si è fat
to riferimento, è quella relativa alle conseguenze sulla protago nista che aveva assunto la droga. Tale sequenza importa un
messaggio intensamente espressivo, tanto da rappresentare il de
grado del drogato, la sua perdita di libertà e la riduzione del
medesimo ad entità necessitata.
Il valore pedagogico delle sequenze suindicate, proprio in ra
gione della loro estetica realistica, importa che possa essere di
sattesa la proposta di taglio formulata dalla società appellante. Per altro verso l'estetica complessiva del film è tale da rap
presentare i personaggi della vicenda come soggetti grotteschi, alieni da qualunque eroicità e quindi irriducibili a modelli da
seguire. La sezione reputa opportuno che si proceda, in adesione del
resto alla proposta della società appellante, al taglio della se
quenza rappresentativa della sodomizzazione, che potrebbe es
sere interpretata dal pubblico dei minori in modo inappropriato. 5. - L'appello pertanto deve esere accolto con la conseguente
riforma della sentenza 21 aprile 1995, n. 709 (id., 1996, III,
193); rimangono assorbiti i restanti motivi di appello, tenuto conto della portata integralmente satisfattiva dell'accoglimento
per ragioni di merito.
II
Diritto. — 1. - Ritiene il collegio che, in ordine logico, debba essere esaminata per prima la censura con la quale la ricorrente
società afferma che la norma regolamentare recata dall'art. 9
d.p.r. 21 novembre 1963 n. 2029 — sulla quale si fonderebbero
tre delle motivazioni poste a sostegno dei provvedimenti impu
gnati — sarebbe illegittima in quanto prevederebbe l'applicazio ne di sostanziali ed atipiche sanzioni, in assenza, nella norma
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
fonte del potere regolamentare (art. 5 1. 21 aprile 1962 n. 161),
di una previsione legittimante in tal senso ed in contrasto, quin
di, con il principio di legalità affermato dall'art. 11. 24 novem
bre 1981 n. 689.
La norma regolamentare, in sintesi, imporrebbe il divieto di
visione ai minori di anni diciotto in una serie di ipotesi autono mamente individuate e non riconducibili, in ogni caso, alla tu
tela della psicologia del minore nell'età evolutiva, cui fa riferi
mento la norma di legge. La suddetta tesi non può essere condivisa. Pare ragionevole
ritenere che la norma regolamentare in esame non ecceda i limi
ti propri delle norme esecutive poiché essa, a ben vedere, è cor
rettamente volta alla esemplificazione — consentita dall'art. 16
1. 161/62 — del generale parametro espressamente individuato
dal legislatore con la norma dell'art. 5 della stessa 1. 161/62.
La concreta elencazione delle ipotesi in presenza delle quali
opera il divieto di visione ai minori delle opere cinematografi che e teatrali (art. 9 d.p.r. 2029/63) non si discosta, infatti, né razionalmente né contenutisticamente dal fine ultimo — in
dividuato dalla legge — della «... tutela morale ...» della
«. . . particolare sensibilità dell'età evolutiva» dei minori stessi. Ed invero, sotto il profilo razionale, ben si spiega, per un
verso, che in sede regolamentare si sia proceduto — attraverso
l'individuazione di specifiche ipotesi — a rendere intellegibili gli elementi attraverso i quali può concretizzarsi il pregiudizio
che la legge intende evitare e, per altro verso, che detti elementi
siano considerati non nella loro valenza assoluta, ma bensì in
quella relativa e cioè in rapporto alla loro specifica capacità
di incidere negativamente nel processo di formazione del minore.
Cosi pure è agevole comprendere perché la norma regolamen tare abbia voluto espressamente chiarire che si prescinde dal
parametro dell'offesa al buona costume, individuato dall'art.
6 della legge, e perché abbia fatto ricorso agli ulteriori concetti
di «. . . gravità ed insistenza ...» degli elementi individuati nel suo 1° comma, per determinare e graduare la possibilità di indi
viduazione dei diversi limiti di età, in relazione ai quali applica re il divieto.
Sotto il profilo contenutistico pare concretamente evidente co
me sulla psicologia del minore possano avere incidenza negati
va, ad esempio, le opere nelle quali si propongano «... le battu
te od i gesti volgari ...» come modalità espressive a tal punto
costanti da assurgere di fatto a modello ordinario di comporta mento ovvero «... si indulga in comportamenti amorali o si
fomenti l'odio o la vendetta ovvero si presentino crimini in for
ma tale da indurre all'imitazione».
La norma regolamentare — che alla sussistenza di tali ed al
tre ipotesi in essa indicate ricollega il potere di revisione delle
opere cinematografiche e teatrali — si è dunque mantenuta nel
l'alveo del parametro fissato dal legislatore dell'art. 5 1. 161/62,
perché è evidente che gli elementi di valutazione individuati so no tutti funzionalmente improntati dallo scopo di evitare ogni
possibile fonte di turbamento alla corretta evoluzione psichica
del minore.
Infine, giova precisare che la norma regolamentare non limi
ta il diritto di libera espressione del pensiero, cosi come garanti
to dall'art. 21 Cost., ma bensì correttamente individua i confini
del potere di valutazione rimesso dalla 1. 161/62 alle commis
sioni di revisione, in aderenza sostanziale a detto parametro co
stituzionale.
2. - Con le restanti censure la ricorrente società sostiene che
difetterebbero i presupposti per l'applicazione del divieto in quan
to sarebbe del tutto evidente — come avrebbe confermato la
critica cinematografica — il contenuto ironico e paradossale del
l'opera. In ogni caso, la stessa ricorrente si è dichiarata (come meglio
precisato nella parte in fatto della presente sentenza) disponibile a procedere al «taglio» delle scene ritenute preclusive all'acco
glimento della conclusiva richiesta di «. . . consentire la visione
anche ai minori di anni 18». Ciò premesso, rileva il collegio che la motivazione resa sia
con il parere della commissione di revisione di primo grado sia con il parere della commissione di secondo grado e recepita dai
provvedimenti impugnati è fondata su di una valutazione com
plessiva dell'opera della quale pone in risalto, ai fini che qui
rilevano, le «. . . numerose scene di violenza, le battute volgari
e la descrizione particolareggiata dell'uso di sostanze stupefa
II Foro Italiano — 1996.
centi» e l'incidenza delle stesse sulla «. . . corretta evoluzione
dei minori di anni 18». Orbene, giova innanzitutto precisare che l'identità di motiva
zione allegata da entrambe le commissioni — che è circostanza
affermata dalla ricorrente e non contestata dalla costituita am
ministrazione — non è di per sé sintomo di omessa valutazione
da parte della commissione di secondo grado delle osservazioni
e proposte formulate dalla società di distribuzione, a seguito
del parere espresso dalla commissione di primo grado.
Ben può, infatti, l'organo di riesame ribadire anche letteral
mente l'avviso già espresso in sede di prima istanza, costituen
do elemento imprescindibile di validità — allorquando come nella
specie si tratti di rendere esclusivamente un giudizio di merito — l'effettiva considerazione dell'opera e delle osservazioni for
mulate dalla parte. Non rileva, infatti, l'omessa allegazione di motivazione ad
hoc quando essa si debba ridurre, come nella specie (secondo
quanto deducibile dalle stesse argomentazioni di parte ricorren
te), a mera esternazione di motivazione diversa dalla prima sol
tanto per le forme lessicali utilizzate, attesa la piena identità
del contenuto motivazionale.
Nel merito, rileva il collegio, alla luce degli elementi tratti
dalla visione del film in udienza, che la evidenziata natura «iro
nica e paradossale» dell'opera è in realtà talmente sottile e, per
larga parte, a tal punto evanescente che è reso praticamente
impossibile allo spettatore non maturo — quale il minore di
anni diciotto — percepirne non solo il valore pregnante ma an
che la stessa esistenza.
L'opera, in effetti, riguardata alla luce dello scopo tutelato
dall'art. 5 1. 161/62, propone allo spettatore minore di anni
18 personaggi che ben possono assurgere — nel modo in cui
sono presentati ed in carenza di una evidente ironia sugli stessi
— a modelli negativi di comportamento di talché la droga, la
violenza, il sesso perdono il dichiarato connotato di strumenti
del paradosso per assurgere agli occhi del minore a fatti ordina
ri di vita quotidiana. Né a diverso avviso può indurre la circostanza che la ricor
rente società si sia dichiarata disposta ad operare il taglio di
talune scene del film, quali, ad esempio, la descrizione partico
lareggiata della preparazione ed assunzione, mediante endove
na, di droga da parte di soggetto mentre è alla guida di autovet
tura; la prolungata e reiterata descrizione dell'uccisione a fred
do di tre giovani; la sodomizzazione di prigioniero da parte del
carceriere, a scopo punitivo; la particolareggiata e prolungata
ripresa degli effetti (vomito e sangue) di soggetto in stato di
c.d. overdose.
Infatti, tali sequenze rendono soltanto più crudo e per molti
versi più spietato, agli occhi di un minore, un quadro di insieme
comunque capace di insinuare nella sua psicologia di soggetto
in via di evoluzione, un'idea di normalità rispetto ad atti, com
portamenti e filosofie di vita oggettivamente del tutto anormali
perché prevalentemente delinquenziali.
Personaggi come i due killer o come il pugile fallito — peral
tro di prevalente rilievo nell'economia dell'opera — si pongono di fatto come modelli negativi per un minore, in carenza di
ogni evidente caratterizzazione ironica di tali personaggi.
In sintesi, poiché soltanto in alcune e limitate sequenze —
di per sé sole insufficienti a preservare l'opera per una sua frui
zione da parte dei minori di anni diciotto — emerge con la
necessaria evidenza il paradosso di cui si dice sia permeata l'in
tera opera, non può accedersi alla richiesta di riduzione del di
vieto da anni diciotto ad anni quattordici, previo taglio delle
sequenze più innanzi indicate.
Possono, dunque, ritenersi immuni dai vizi denunziati i prov vedimenti impugnati, previa precisazione, da un lato, che non
v'è alcuna necessità di disporre l'acquisizione del secondo dei
provvedimenti impugnati e del parere aid esso connesso, in quanto
l'esibizione di detti documenti produrrebbe soltanto l'effetto di
diluire nel tempo la pronunzia di questo giudice, tenuto conto
che del contenuto sostanziale degli stessi la parte ricorrente si
è mostrata ben a conoscenza, come mostrano le censure all'uo
po sollevate e più innanzi esaminate; dall'altro, che è da ritene
re superflua ogni ulteriore verifica (perizia tecnica) circa il pre
giudizio che la visione dell'opera è capace di arrecare ai minori
di anni 18, tenuto conto del fatto che questo giudice ha visiona
to l'opera stessa e che la legge gli conferisce in materia anche
un sindacato di merito.
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