sezione IV; decisione 9 novembre 1985, n. 504; Pres. Paleologo, Est. Catricalà; RegioneLombardia (Avv. Giussani, Di Stefano) c. Commissione statale di controllo (Avv. dello StatoBruno). Conferma T.A.R. Lombardia 13 febbraio 1979, n. 40Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 3 (MARZO 1986), pp. 115/116-117/118Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180269 .
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PARTE TERZA
Per l'accertamento del grado di « insufficiente » coltivazione,
innanzi tutto, sono richiesti « elementi di comparazione » che
vanno previamente definiti da « commissioni provinciali » compo ste da esperti e da rappresentanti delle categorie professionali
interessate; dove questi elementi manchino (e tale è il caso della
regione Lazio, per concorde ammissione delle parti nel presente
giudizio) sembra evidente che un accertamento siffatto non è
possibile sicché un provvedimento di assegnazione che pretendes se assumere a suo fondamento un giudizio negativo circa l'inten
sità o il grado di utilizzazione del terreno da parte del proprieta rio (o di altro « avente diritto ») sarebbe per definizione illegitti mo. Si comprende quindi come sia irrilevante il fatto che il
tribunale abbia, in base alla risposta negativa data dal c.t.u. al
secondo quesito (concernente, appunto, l'accertamento della con
dizione di « sufficiente coltivazione » del fondo controverso),
ravvisato illegittimo, per carenza di istruttoria e di motivazione, il
provvedimento di concessione del terreno de quo alla cooperativa « Frangipane », in base ai rilievo che esso non appariva sorretto
da autonomi accertamenti atti ad evidenziare, nella situazione
concreta, elementi negativi identici o almeno equivalenti a quelli
presi in considerazione della norma.
In realtà, la legge non consente accertamenti discrezionali di
questo tipo (richiedendo, invece, la previa definizione — come
sopra si è visto — di elementi oggettivi di comparazione), sicché
gli accertamenti effettuati dalla commissione provinciale, quan
d'anche approfonditi ed esaurienti (del che, peraltro, non vi è
sicura prova agli atti), non sarebbero comunque idonei a sorreg
gere il provvedimento impugnato. Da tanto, si evince altresì che
una nuova consulenza sarebbe, sotto tale profilo, inutile, onde va
disattesa anche la richiesta istruttoria in via subordinata avanzata
dall'appellante cooperativa.
La controversia si incentra, perciò sul punto se il fondo
denominato « Prato Rotatore » possa o meno considerarsi « ab
bandonato », ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2 1. n. 440/78.
Ora, però, emerge dalle risultanze probatorie che il Bargiacchi,
pur omettendo di praticare colture intensive sul terreno de quo,
10 ha tuttavia utilizzato secondo la sua naturale « vocazione », e
cioè lo ha adibito a pascolo di bestiame bovino « tolfatano », che
appartiene a una specie particolare, perché riesce a vivere in
condizioni difficili nutrendosi di « risorse foraggere » disdegnate
da altre specie di animali.
Sia o meno il Bargiacchi corresponsabile del degrado colturale
del fondo (degrado che tuttavia risale a molti anni addietro e
dipende anche da particolari condizioni ambientali, come ha
accertato il c.t.u. nominato dal T.A.R. in base a considerazioni
che non sono convincentemente contestate dagli attuali appellan
ti); è certo comunque che, per un verso, tale scarsa attitudine del
fondo a una coltura più intensiva risponde alle prevalenti caratte
ristiche di altri limitrofi terreni, e che, per altro verso, anche il
pascolo rientra tra le forme di utilizzazione produttiva dei terreni
agricoli (art. 2135 c.c.), sicché l'aver adibito il fondo « Rotatore »
a pascolo (o « parcheggio », secondo l'appellante cooperativa)
degli animali, ancorché nell'esercizio di attività strumentale per la
macellazione e la vendita delle carni da parte del Bargiacchi, è
circostanza di per sé idonea ad escludere lo stato di abbandono
previsto dalla norma ove manchino, come nella specie mancano,
diverse indicazioni nei piani o programmi di utilizzazione agraria
o forestale del territorio circostante.
In mancanza di tali piani o programmi — vale la pena di
sottolineare — soccorrono i generici criteri indicati dalla 1. 9
maggio 1975 n. 153, che non escludono, ma — al contrrario —
espressamente consentono forme di utilizzazione (dei terreni co
munque « non coltivati ») alternative alla « coltivazione » in senso
stretto, purché dirette al miglioramento delle strutture produttive
o addirittura, in direzione opposta, a realizzare il « rimboschimen
to e la difesa del suolo e dell'ambiente » (art. 1, lett. b, 1. n.
153/75: si vedano anche le disposizioni del titolo III della legge).
È chiaro che i criteri sottesi alla nuova disciplina legale della
materia incidono in notevole misura sulle discrezionali valutazioni
delle autorità preposte al governo del settore, ancorandole a
parametri obiettivi se non addirittura a preventive scelte di
carattere politico-programmatico. In mancanza degli uni e delle
altre, pertanto, deve escludersi il potere, in capo all'autorità
amministrativa, di sottrarre al proprietario (o, in sua vece, al
conduttore) l'uso del suolo che sia comunque preordinato ad una
attività produttiva nel settore agricolo, tanto più quando — come
nella specie risulta per il Bargiacchi — l'azienda agricola abbia
addirittura ottenuto positivi riconoscimenti in ambito comunitario.
La circostanza, poi, che il fondo de quo sia stato medio tempore
messo a coltura dalla cooperativa « Frangipane » con lusinghieri
risultati appare irrilevante ai fini della presente controversia,
11 Foro Italiano — 1986.
atteso che, da un lato, i finanziamenti pubblici erogati a tal fine
dalla regione impediscono di valutare l'effettivo grado di efficien
za produttiva che la impresa organizzata dalla stessa cooperativa sul terreno de quo avrebbe raggiunto in condizioni normali, e
che, per altro verso, la possibilità di utilizzazione del fondo per
colture più o meno intensive non potrebbe far presumere, quan d'anche fosse provata ex post, lo stato originario di abbandono,
costituente — come si è detto — l'unica condizione legale nella
specie configurabile per legittimare la sottrazione del terreno
all'« avente diritto ».
Discende da tutte le osservazioni che precedono che la gravata
sentenza, pur con le correzioni e le integrazioni della parte motiva ai sensi sopra esposti, merita di essere confermata, sicché
i due appelli principali devono essere respinti. (Omissis)
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 9 novembre
1985, n. 504; Pres. Paleologo, Est. Catricalà; Regione Lom
bardia (Avv. Giussani, Di Stefano) c. Commissione statale di
controllo (Avv. dello Stato Bruno). Conferma T.A.R. Lombar
dia 13 febbraio 1979, n. 40.
Giustizia amministrativa — Deliberazione regionale — Annulla
mento in sede di controllo — Invasione della competenza
statale — Ricorso — Difetto di giurisdizione amministrativa.
Sfugge alla giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso col
quale una regione impugna l'annullamento di una sua delibera
zione, da parte della competente commissione statale, con
l'affermazione che essa riguardava materia riservata alla compe
tenza dello Stato, anche se nel ricorso stesso viene contestata la
fondatezza della ricostruzione dei fatti operata in sede di
controllo. (1)
(1) La sentenza appellata è riassunta in Foro it., Rep. 1979, voci
Corte costituzionale, n. 32, e Regione, n. 230.
La decisione basa la declaratoria di difetto di giurisdizione del
giudice amministrativo sul ricorso della regione contro l'annullamento
di una propria deliberazione da parte della commissione statale di
controllo, sulla distinzione dalla contestazione sul corretto esercizio dei
poteri statali di controllo (sulla quale la giurisdizione, al contrario,
sussisterebbe), della « riappropriazione » regionale della denegata com
petenza, che la regione stessa potrebbe prospettare solo mediante
elevazione del conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale.
In questi termini, la decisione trova un precedente nella sentenza del
T.A.R. Veneto 24 luglio 1980, n. 686, id., Rep. 1981, voce Corte
costituzionale, n. 28, e Giustizia amministrativa, n. 77; e anche nella
decisione della sez. V del Consiglio di Stato 2 ottobre 1982, n. 699,
id., Rep. 1983, voce Giustiza amministrativa, n. 81.
Ma in giurisprudenza è individuabile anche un altro e meno
restrittivo orientamento, secondo il quale il giudice amministrativo non
difetta di giurisdizione neppure sul ricorso che la regione gli presenta,
contro un atto statale per gli stessi motivi per cui poteva sollevare
conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, e che ha
preferito non proporre: Cons. Stato, sez. IV, 27 settembre 1979, n.
732, id., 1981, III, 446, con nota di richiami di precedenti in ambedue
i sensi. E, più specificamente, T.A.R. Toscana 28 dicembre 1984, n.
1990, id., 1986, III, 24, con nota di richiami, ha ammesso la propria
giurisdizione sul ricorso presentato dalla regione, contro l'annulla
mento di una propria deliberazione da parte della commissione statale
di controllo, basato sulla incompetenza regionale in materia.
Va sottolineato che la decisione ora riportata ha negato la giurisdi zione del giudice amministrativo sul ricorso della regione, malgrado che questa non contestasse la riserva all'amministrazione statale « del
l'aggiornamento del personale statale della scuola », per la quale era
motivato l'annullamento della sua deliberazione da parte della commis sione di controllo; ma affermasse che questa deliberazione, in concre
to, non rientrasse in tale materia. In ogni caso, il giudice amministrativo non difetta di giurisdizione
sul ricorso che investe questioni di riparto di competenza tra ammi nistrazione statale e regionale, il quale sia proposto da un soggetto
privato, e comunque non legittimato a sollevare conflitto di attribuzio ni davanti alla Corte costituzionale: T.A.R. Piemonte 16 novembre
1982, n. 831, id., Rep. 1983, voce Regione, n. 197. E T.A.R. Toscana 6 novembre 1980, n. 993, id., Rep. 1981, voce Giustizia amministrati
va, n. 760, nel caso di contemporanea pendenza del giudizio ammini strativo iniziato da un soggetto del genere, e del conflitto di attribu zioni sollevato dalla regione, limita la sospendibilità del primo in attesa dell'esito del secondo, alla sola ipotesi di identità dell'atto
impugnato nella due sedi. Il problema dell'interferenza col giudizio costituzionale per conflitto di
attribuzioni si pone anche per i giudizi davanti ai giudici ordinari: App. Venezia 21 gennaio 1982, id., Rep. 1983, voce Regione, n. 341, ha affermato che la domanda della regione volta ad affermare
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Diritto. — I. - Al fine di stabilire se la presente controversia
appartenga alla giurisdizione di questo consiglio, ovvero integri gli estremi del conflitto di giurisdizione, occorre esaminare sia la
natura dei motivi d'impugnazione, sia il contenuto del provvedi mento impugnato. Quest'ultimo consiste nell'annullamento, opera to dalla commissione di controllo, della delibera regionale di riconoscimento del libero corso di formazione sull'educazione alla
sessualità per insegnanti della scuola dell'obbligo e i genitori nella gestione sociale della scuola. Motivazione dell'atto di con
trollo negativo è la seguente: « l'aggiornamento del personale statale della scuola è riservato allo Stato e iniziative del genere non rientrano nella competenza regionale ». Siffatta motivazione
integra di per sé un'ipotesi di conflitto, poiché esse nega l'esisten
za dell'attribuzione di potere ad un ente (la regione) e la
rivendica ad altro, lo Stato, del quale la commissione è organo. L'atto impugnato ha dunque valore di vindicatio potestatis, che,
per sua natura, è idonea a porre in essere ragioni di turbativa di
competenza costituzionali, se comporti l'invasione della sfera di
competenza di altro ente.
II. - Di fronte alla presunta invasione, la regione ha reagito con ricorso al T.A.R. adducendo, tra gli altri motivi, il travisa mento dei fatti. La giurisprudenza è ormai consolidata nel senso che vi è giurisdizione del Consiglio di Stato a conoscere delle
controversie sugli atti di annullamento dei provvedimenti regiona li allorché la regione contesti il corretto esercizio del potere di
controllo; spetta invece alla Corte costituzionale di conoscere della domanda giurisdizionale tendente alla « riappropriazione »
della denegata competenza. La richiesta di annullamento di que sto ultimo tipo ben può essere profilata sotto forma di vizio dell'atto impugnato, ma la prospettazione che la parte dia al
motivo di ricorso non esime il giudice da un'approfondita analisi, nel concreto, della reale natura della domanda. Nel caso di specie i due profili del motivo intitolato « travisamento dei fatti » non
tendevano a denunziare un errore di fatto che avrebbe determi nato la commissione all'annullamento, ma, viceversa, ad accredi
tare un'interpretazione dei fatti, tale da far ricomprendere la
materia nella competenza regionale. La controversia, quindi, non si sottrae alla competenza della
Corte costituzionale, posto che il conflitto di attribuzione non
può essere risolto prescindendo dalla interpretazione dei fatti, oltre che dalle situazioni di diritto.
III. - In conclusione la fattispecie integra un caso paradigmati co di conflitto, in quanto l'atto impugnato si basa sulla motiva zione di un'asserita invasione di sfera di competenza statale e tutti i motivi di ricorso in primo grado sono rivolti a far valere la denegata attribuzione istituzionale del potere esercitato. La
sentenza impugnata deve essere confermata. (Omissis)
l'infondatezza della pretesa del ministro delle finanze di riservare a sé il potere di accertare quali siano i tributi regionali propri, concreta un conflitto di attribuzioni riservato alla Corte costituzionale.
In dottrina, Serges, Giudizio amministrativo e conflitto di attribu zioni fra Stato e regione, in Dir. e società, 1981, 635.
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 26 settembre
1985, n. 475; Pres. Quartulli, Est. Camera; Parmentola
(Avv. De Lucia) c. E.n.p.a.s. (Avv. dello Stato Polizzi).
Conferma T.A.R. Campania, sede Salerno, 5 agosto 1982, n. 170.
Impiegato dello Stato e pubblico — Buonuscita E.n.p.a.s. —
Indennità integrativa speciale — Computabilità — Esclusione
(L. 27 maggio 1959 n. 324, miglioramenti economici al persona
le statale in attività e in quiescenza, art. 1; 1. 3 marzo 1960 n.
185, modifica della 1. 27 maggio 1959 n. 324, art. 1; d.p.r. 29
dicembre 1973 n. 1032, t.u. delle norme sulle prestazioni
previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello
Stato, art. 38; 1. 20 marzo 1980 n. 75, proroga del termine
previsto dall'art. 1 1. 6 dicembre 1979 n. 610, in materia di
trattamento economico del personale civile e militare dello Stato
in servizio e in quiescenza; norme in materia di computo della
tredicesima mensilità e di riliquidazione della indennità di
buonuscita e norme di attuazione e interpretazione dell'art. 6 1.
29 aprile 1976 n. 177, sul trasferimento degli assegni vitalizi
al fondo sociale e riapertura dei termini per l'opzione, art. 2).
Il Foro Italiano — 1986.
L'indennità integrativa speciale non entra a far parte della base
retributiva alla quale commisurare l'indennità di buonuscita che
l'E.n.p.a.s. deve corrispondere al dipendente statale cessato dal
servizio. (1)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; sezione III; sentenza 6 novembre 1985, n. 1764; Pres. Fe
lici, Est. Moschini; Fabbietti (Avv. Moricca) c. I.n.p.s. (Aw.
Sacerdoti, Gorga).
Impiegato dello Stato e pubblico — Buonuscita I.n.p.s. — Inden nità integrativa speciale — Computabilità (L. 27 maggio 1959
n. 324, art. 1, 2; 1. 20 marzo 1975 n. 70, disposizioni sul
riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del
personale dipendente, art. 13, 26; 1. 3 giugno 1975 n. 160, norme per il miglioramento dei trattamenti pensionistici e per il collegamento alla dinamica salariale, art. 22; d.p.r. 26 maggio 1976 n. 411, disciplina del rapporto di lavoro del personale
degli enti pubblici di cui alla 1. 20 marzo 1975 n. 70, art. 25;
d.l. 1° febbraio 1977 n. 12, norme per l'applicazione della
indennità di contingenza, art. 2; 1. 31 marzo 1977 n. 91, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1° febbraio 1977
n. 12, art. 1; 1. 7 luglio 1980 n. 299, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 7 maggio 1980 n. 153, concernente norme
per l'attività gestionale e finanziaria degli enti locali per l'anno
1980, art. 3; 1. 29 maggio 1982 n. 297, disciplina del trattamen
to di fine rapporto e norme in materia pensionistica, art. 4; 1.
29 marzo 1983 n. 93, legge-quadro sul pubblico impiego, art.
4).
L'indennità integrativa speciale deve essere computata dall'I.n.p.s. al fine di determinare l'ammontare dell'indennità di buonuscita
che deve corrispondere ai propri dipendenti cessati dal servi
zio. (2)
(1-2) Si accentua il contrasto nella giurisprudenza che affronta il
problema della computabilità o meno della indennità integrativa specia le nella determinazione dell'ammontare delle indennità di buonuscita,
anzianità, fine servizio e simili, spettanti ai pubblici dipendenti all'atto della loro cessazione dal servizio.
Per la soluzione negativa, ora riaffermata dalla riportata decisione del Consiglio di Stato, si era già espresso T.A.R. Campania, sez. I, 18 ottobre 1983, n. 1019, ugualmente in riferimento alla indennità di buonuscita corrisposta dall'E.n.p.a.s., Foro it., 1985, III, 78, con nota di richiami; nello stesso senso, Cons. Stato, sez. VI, 18 novembre 1985, n. 602, Cons. Stato, 1985, I, 1481, sempre in riferimento a detta indennità, e 3 aprile 1985, n. 121, ibid., 441, in riferimento alla indennità di anzianità spettante ai dipendenti del l'I.n.a.d.e.l.; nonché T.A.R. Liguria 15 luglio 1985, n. 455, Trib. amm. reg., 1985, I, 2867, e T.A.R. Lazio, sez. III, 30 marzo 1985, ibid., 1201, entrambe in riferimento alla indennità di buonuscita E.n.p.a.s., che però hanno dichiarato non manifestamente infondata la questione di legittimità della relativa normativa.
iPer la soluzione positiva, ora ribadita, v. T.AjR. Lazio, sez. III, 24 luglio 1984, n. 382, Foro it., 1985, III, 267, con no ta di Verrienti, con ampi richiami giurisprudenziali, in riferi mento all'indennità di buonuscita spettante al dipendente dell'I.n.p.s.; a tali richiami, adde, successivamente, nello stesso senso, T.A.R. Lazio, sez. Ili, 14 novembre il984, n. 580, Trib. amm. reg., 1984, I, 3606, in riferimento al trattamento di quiescenza dei
dipendenti dell'I.n.a.i.l.; nonché T.A.R. Toscana 22 giugno 1985, n. 597, id. 1985, I, 2909, in riferimento alla indennità di buonuscita dell'E.n.p.a.s. Tutte queste pronunce, poi, meno l'ultima, esplicitamente richiamano l'applicabilità ai casi decisi della limitazione temporale prevista dagli art. 1 e 2 d.l. 1° febbraio 1977 n. 12, norme per l'applicazione della indennità di contingenza nel testo risultante dalle modifiche apportatevi dall'art. 1 della relativa legge di conversione 31 marzo 1977 n. 91; su questo penultimo punto, cfr. anche T.A.R. Valle d'Aosta 25 maggio 1985, n. 48, ibid., 2216, che ha affermato che tale limitazione temporale non è applicabile per la determinazione dell'in dennità di fine servizio spettante ai dipendenti di una regione a statuto speciale come la Valle d'Aosta, per la quale è presupposta comunque la computabilità dell'indennità integrativa speciale, ma in base a legge regionale.
Per altri riferimenti sulla natura della indennità integrativa speciale, Corte cost. 6 dicembre 1984, n. 227, Foro it., 1985, I, 1615, con nota di richiami, che ha negato l'incostituzionalità della normativa che consente che essa concorra a formare il reddito complessivo netto, ai fini della determinazione delle aliquote a questo applicabili, e che non la esenta dal prelievo d'imposta. Cfr. anche T.A.R. Lazio, sez. I, 31 maggio 1984, Trib. amm. reg., 1984, I, 1948, che ha dichiarato la illegittimità del pignoramento esattoriale anche di tale indennità spet
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