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sezione IV; ordinanza 13 dicembre 2005, causa C-177/05; Pres. Schiemann, Avv. gen. Tizzano; Guerrero...

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sezione IV; ordinanza 13 dicembre 2005, causa C-177/05; Pres. Schiemann, Avv. gen. Tizzano; Guerrero Pecino c. Fondo de Garantía Salarial Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2006), pp. 379/380-385/386 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23202156 . Accessed: 25/06/2014 00:34 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.109 on Wed, 25 Jun 2014 00:34:14 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione IV; ordinanza 13 dicembre 2005, causa C-177/05; Pres. Schiemann, Avv. gen. Tizzano;Guerrero Pecino c. Fondo de Garantía SalarialSource: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2006), pp. 379/380-385/386Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23202156 .

Accessed: 25/06/2014 00:34

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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PARTE QUARTA

contratto collettivo. Di conseguenza, i diritti e gli obblighi deri

vanti da un contratto collettivo continuano a vincolare il nuovo

proprietario dopo il trasferimento dell'azienda.

28. - Per l'interpretazione dell'art. 3, n. 1, della direttiva, una

clausola di rinvio ad un contratto collettivo non può avere una

portata più ampia del contratto al quale rinvia. Di conseguenza, occorre tener conto dell'art. 3, n. 2, della direttiva, che limita il

principio dell'applicabilità del contratto collettivo al quale fa ri

ferimento il contratto di lavoro.

29. - Da un lato, le condizioni di lavoro previste da tale con

tratto collettivo sono salvaguardate solo fino alla data della sua

risoluzione o della sua scadenza, ovvero fino all'entrata in vigo re o all'applicazione di un altro contratto collettivo. Pertanto, dal tenore letterale della direttiva non risulta affatto che il legis latore comunitario abbia inteso vincolare il cessionario a con

tratti collettivi diversi da quello in vigore al momento del trasfe

rimento e, di conseguenza, imporre di modificare ulteriormente

le condizioni di lavoro con l'applicazione di un nuovo contratto

collettivo stipulato dopo il trasferimento. Una valutazione del

genere è poi conforme alla finalità della detta direttiva, che si

limita a salvaguardare i diritti e gli obblighi dei lavoratori vi

genti al momento del trasferimento. La direttiva non ha invece

inteso proteggere mere aspettative e quindi gli ipotetici benefici

derivanti dalle evoluzioni future dei contratti collettivi.

30. - Dall'altro, gli Stati membri possono limitare il periodo di salvaguardia delle condizioni di lavoro derivanti dal contratto

collettivo, a condizione che tale periodo non sia inferiore a un

anno. Quest'ultima limitazione, in un certo senso, è sussidiaria

in quanto applicabile nel caso in cui non si verifichi entro il

termine di un anno a partire dal trasferimento nessuna delle si

tuazioni sopra menzionate, vale a dire la risoluzione o la sca

denza del contratto collettivo esistente, l'entrata in vigore ovve

ro l'applicazione di un nuovo contratto collettivo.

31. - Inoltre, se, conformemente alla finalità della direttiva,

occorre tutelare i diritti dei lavoratori interessati dal trasferi

mento, non possono essere ignorati quelli del cessionario, che

dev'essere in grado di procedere agli adeguamenti ed ai cam

biamenti necessari alla continuazione della sua attività.

32. - A tal riguardo si deve rammentare che, secondo una giu

risprudenza costante della corte, per interpretare le disposizioni della direttiva, occorre prendere in considerazione il principio dell'unità dell'ordinamento giuridico comunitario, il quale esige che il diritto derivato della Comunità venga interpretato con

formemente ai principi generali del diritto comunitario (v., in tal

senso, sentenza 1° aprile 2004, causa C-l/02, Borgmann, Racc.

pag. 1-3219, punto 30). 33. - Si deve ricordare che la libertà di associazione, che

comprende altresì il diritto di non far parte di un sindacato (v., in tal senso. Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenze Si

gurjónsson c. Islanda del 30 giugno 1993, serie A, n. 264, par. 35, e Gustafsson c. Svezia del 25 aprile 1996, Recueil des arrets

et decisions 1996-11, pag. 637, par. 45), è sancita dall'art. 11

della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti del

l'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 no

vembre 1950, e fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la

costante giurisprudenza della corte, sono oggetto di tutela nel

l'ordinamento giuridico comunitario (sentenza 15 dicembre

1995, causa C-415/93, Bosman, Racc. pag. 1-4921, punto 79; Foro it., 1996, IV, 1), come ricorda l'art. 6, n. 2, Ue (v. senten

za 6 marzo 2001, causa C-274/99 P, Connolly/Commissione, Racc. pag. 1-161 ] ; Foro it., Rep. 2002, voce cit., n. 802).

34. - Se si procedesse ad un'interpretazione «dinamica», so

stenuta dal ricorrente, della clausola contrattuale di riferimento

menzionata al punto 18 della presente sentenza, ciò comporte rebbe che i contratti collettivi futuri sarebbero applicabili al ces

sionario che non è parte del contratto collettivo, rimettendo così

in discussione il suo diritto fondamentale di non associarsi.

35. - Al contrario, l'interpretazione «statica» della detta clau

sola, sostenuta dalla convenuta nella causa principale e dal go verno tedesco, consente di evitare che il cessionario dell'azien

da, che non è parte del contratto collettivo, sia vincolato alle

future evoluzioni di quest'ultimo. Il suo diritto di non associarsi

è così pienamente garantito.

Il Foro Italiano — 2006.

36. - Pertanto, il ricorrente non può sostenere che una clau

sola contenuta in un contratto di lavoro individuale che rinvia ai

contratti collettivi stipulati in un settore determinato ha necessa

riamente un carattere «dinamico» e rinvia, in applicazione del

l'art. 3, n. 1, della direttiva, ai contratti collettivi conclusi dopo la data di trasferimento d'impresa.

37. - Risulta da quanto precede che la prima questione de

v'essere risolta dichiarando che l'art. 3, n. 1, della direttiva de

v'essere interpretato nel senso che esso non osta a che, qualora il contratto di lavoro rinvìi ad un contratto collettivo che vincola

il cedente, il cessionario che non è parte del contratto collettivo

non sia vincolato da contratti collettivi successivi a quello in vi

gore al momento del trasferimento dell'azienda.

Sulla seconda questione

38. - Alla luce della soluzione data alla prima questione, non

è necessario risolvere la seconda.

Per questi motivi, la corte (terza sezione) dichiara:

L'art. 3, n. 1, della direttiva del consiglio 14 febbraio 1977 n.

77/187/Cee, concernente il ravvicinamento delle legislazioni

degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavo

ratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di

parti di stabilimenti, dev'essere interpretato nel senso che esso

non osta a che, qualora il contratto di lavoro rinvìi ad un con

tratto collettivo che vincola il cedente, il cessionario che non è

parte del contratto collettivo non sia vincolato da contratti col

lettivi successivi a quello in vigore al momento del trasferi

mento dell'azienda.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sezione IV; ordinanza 13 dicembre 2005, causa C-177/05;

Pres. Schiemann, Avv. gen. Tizzano; Guerrero Pecino c.

Fondo de Garantfa Salariai.

Unione europea — Direttiva comunitaria sulla salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di

lavoro — Indennità per licenziamento irregolare nascenti

da procedura di conciliazione — Nozione di indennità se

condo la direttiva — Riconducibilità — Normativa nazio

nale — Disapplicazione (Trattato Ce, art. 234; direttiva 20

ottobre 1980 n. 80/987/Cee del consiglio, concernente il rav

vicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla

tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del da

tore di lavoro, art. 3).

Qualora, secondo la normativa nazionale in causa, determinate

indennità per licenziamento irregolare, riconosciute da una

sentenza o da una decisione amministrativa, debbano essere

considerate, in forza del diritto nazionale, come indennità per lo scioglimento del rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 3, n.

1, della direttiva del consiglio 20 ottobre 1980 n. 80/987/Cee,

concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati

membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso

d'insolvenza del datore di lavoro, come modificata dalla di

rettiva del parlamento europeo e del consiglio 23 settembre

2002 n. 2002/74/Ce, le indennità della stessa natura, fissate in occasione di un procedimento di conciliazione giudiziale, devono essere anch 'esse considerate indennità ai sensi della

detta disposizione; il giudice nazionale deve disapplicare una

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

normativa che viola il principio di uguaglianza, escludendo

queste ultime indennità dalla nozione di «indennità» ai sensi

della detta normativa. (1)

1. - La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame concer

ne l'interpretazione della direttiva del consiglio 20 ottobre 1980

n. 80/987/Cee, concernente il ravvicinamento delle legislazioni

degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati

in caso di insolvenza del datore di lavoro (G.U. L 283, pag. 23), come modificata dalla direttiva del parlamento europeo e del

consiglio 23 settembre 2002 n. 2002/74/Ce (G.U. L 270, pag. 10; in prosieguo: la «direttiva»),

2. - Tale domanda è stata presentata nel contesto di una con

troversia che vede contrapposti la sig. Guerrero Pecino e il Fon

do de Garantia Salariai (fondo di garanzia salariale; in prosie

guo: il «Fogasa») in merito al rifiuto di quest'ultimo di versare

all'interessata, a titolo di responsabilità subordinata, un'inden

nità per il licenziamento irregolare di cui è stata oggetto, in base

ad un accordo di conciliazione giudiziale, che prevede il paga mento di tale indennità, concluso tra la sig. Guerrero Pecino e il

suo datore di lavoro.

Contesto normativo

La disciplina comunitaria

3. - L'art. 1, n. 1, della direttiva dispone che «[l]a presente di

rettiva si applica ai diritti dei lavoratori subordinati derivanti da

contratti di lavoro o da rapporti di lavoro ed esistenti nei con

fronti dei datori di lavoro che si trovano in stato d'insolvenza ai

sensi dell'art. 2, par. 1».

4. - L'art. 2. n. 2, della suddetta direttiva precisa che que st'ultima non pregiudica il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione dei termini «lavoratore subordinato», «datore di

lavoro», «retribuzione», «diritto maturato» e «diritto in corso di

maturazione».

5. - L'art. 3, n. 1, della medesima direttiva prevede quanto

segue: «Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli

organismi di garanzia assicurino, fatto salvo l'art. 4, il paga mento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti

da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro, comprese le inden

nità dovute ai lavoratori a seguito dello scioglimento del rap

porto di lavoro, se previste dal diritto nazionale».

6. - Secondo l'art. 4 della direttiva, gli Stati membri hanno la

facoltà di limitare l'obbligo di pagamento degli organismi di ga ranzia di cui all'art. 3 della stessa direttiva fissando la durata del

periodo che dà luogo al pagamento da parte dell'organismo di

garanzia dei diritti non pagati o stabilendo massimali ai paga menti effettuati da questa istituzione.

7. - Conformemente all'art. 10, lett. a), della stessa direttiva,

quest'ultima «non pregiudica la facoltà degli Stati membri (...) di adottare le misure necessarie per evitare abusi».

La normativa spagnola

8. - L'art. 33, nn. 1 e 2, r.d.leg. 24 marzo 1995 n. 1/1995, re

cante approvazione del testo consolidato della legge relativa allo

statuto dei lavoratori (Estatuto de los Trabajadores, BOE n. 75

del 29 marzo 1995, pag. 9654), nella versione risultante dalla 1.

(1) L'applicazione dell'art. 104, n. 3, 1° comma, del regolamento di

procedura della Corte di giustizia consente ai giudici comunitari di ri

badire, mediante ordinanza, la riconducibilità deil'«indennità per licen

ziamento irregolare nascente da procedure di conciliazione» nell'am

bito di applicazione della direttiva comunitaria in materia d'insolvenza

datoriale e tutela dei crediti del lavoratore: il principio di diritto risulta

infatti pienamente conforme a quanto statuito, sempre in riferimento a

profili d'interpretazione della normativa spagnola, da Corte giust. 16

dicembre 2004, causa C-520/03, Olaso Valero c. Fondo de garantia salariai, in Foro it., 2005. IV, 194, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 2006.

19 dicembre 1997 n. 60/1997 (BOE n. 304 del 20 dicembre

1997, pag. 37453; in prosieguo: lo «statuto dei lavoratori»), così

dispone: «1. Il fondo di garanzia salariale, organismo autonomo nel

l'ambito del ministero del lavoro e della previdenza sociale,

dotato di personalità giuridica e della capacità di agire per

adempiere i propri obiettivi, versa ai lavoratori l'importo delle

retribuzioni loro dovute in caso d'insolvenza, di sospensione dei

pagamenti, di fallimento o di risanamento giudiziario degli im

prenditori. Ai fini del precedente comma, s'intende per retribuzione

l'importo riconosciuto come tale nell'atto di conciliazione o

nella decisione giudiziaria per tutti gli aspetti previsti nel

l'art. 26, n. 1, nonché l'indennità complementare versata a titolo

dei 'salarios de tramitación' [retribuzione nel corso del proce

dimento], decretata, se del caso, dall'autorità giudiziaria com

petente, fermo restando che il fondo non verserà, ad alcun titolo,

né congiuntamente né separatamente, un importo superiore alla

somma risultante dalla moltiplicazione del doppio della retribu

zione minima interprofessionale giornaliera per il numero di

giorni di retribuzione non pagati, fino a un massimo di cento

venti giorni. 2. Il fondo di garanzia salariale, nei casi di cui al comma pre

cedente, versa le indennità decise con sentenza o con decisione

amministrativa a favore dei lavoratori a causa del licenziamento

o dello scioglimento del contratto, conformemente agli art. 50, 51 e 52, lett. c), della presente legge, entro il limite massimo di

un'annualità, senza che la retribuzione giornaliera utilizzata

come base del calcolo possa eccedere il doppio della retribuzio

ne minima interprofessionale.

L'importo dell'indennità, ai soli fini del pagamento da parte del fondo di garanzia salariale in caso di licenziamento o di

scioglimento del contratto conformemente all'art. 50 della pre sente legge, viene calcolato sulla base di venticinque giorni per anno di servizio, e non può superare il massimale indicato al

comma precedente». 9. - L'art. 56, n. 1, dello statuto dei lavoratori recita come se

gue: «1. Qualora il licenziamento venga dichiarato irregolare, il

datore dì lavoro, entro cinque giorni dalla notifica della senten

za, potrà optare tra la reintegrazione del lavoratore, combinata

al pagamento dei 'salarios de tramitación' come previsti dalla

lett. b) del presente paragrafo, e il pagamento delle seguenti

somme, che dovranno essere stabilite nella sentenza:

a) un'indennità equivalente a quarantacinque giorni di retri

buzione per anno di servizio, essendo contabilizzati pro rata i

periodi inferiori ad un anno su base mensile fino ad un massimo

di quarantadue mensilità;

b) un importo pari alla somma delle retribuzioni dovute dalla

data in cui prende effetto il licenziamento sino alla notifica della

sentenza che dichiara il licenziamento irregolare o finché il la

voratore non abbia trovato un nuovo impiego, se detta assunzio

ne è precedente alla pronuncia della sentenza e se il datore di

lavoro fornisce la prova delle somme corrisposte in vista della

loro deduzione dai 'salarios de tramitación'.

Il datore di lavoro dovrà mantenere l'iscrizione del lavoratore

alla previdenza sociale durante il periodo corrispondente alle

retribuzioni di cui alla suddetta lett. è)». 10. - L'art. 84 r.d.leg. 7 aprile 1995 n. 2/1995, recante appro

vazione del testo consolidato della legge relativa al processo del

lavoro (Ley de Procedimiento laboral, BOE n. 86 dell'I 1 aprile

1995, pag. 10695; in prosieguo: la «LPL»), prevede che, dopo il

fallimento della conciliazione dinanzi al servizio amministrativo

da adire preventivamente in applicazione dell'art. 63 medesimo

decreto, deve imperativamente avere luogo un nuovo procedi mento di conciliazione dinanzi al competente organo giuris dizionale.

La controversia principale e la questione pregiudiziale

11. - La sig. Guerrero Pecino, ricorrente nel procedimento

principale, ha fatto parte del personale della società Camisas

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PARTE QUARTA

Leica SL (in prosieguo: la «Camisas Leica»), nel periodo com

preso tra il 9 luglio 1990 e il 27 dicembre 2001, data in cui que sta società l'ha licenziata.

12. - Nell'ambito di una sentenza di accertamento emessa dal

giudice del rinvio, il 13 maggio 2002 la sig. Guerrero Pecino e

la Camisas Leica hanno sottoscritto un accordo di conciliazione

in forza del quale quest'ultima società ha ammesso l'irregolarità del licenziamento della ricorrente ed ha scelto espressamente di

indennizzarla secondo le disposizioni legali applicabili, cioè

versandole un'indennità pari a quarantacinque giorni di retribu

zione per anno di lavoro, nonché i «salarios de tramitación».

13. - Sulla base di una sentenza d'insolvenza provvisoria ri

guardante la Camisas Leica, emessa il 5 marzo 2003 dal mede

simo giudice su sua istanza, la sig. Guerrero Pecino ha chiesto

al Fogasa di pagarle la prestazione corrispondente a quest'in dennità ed ai «salarios de tramitación» che il suo ex datore di

lavoro non le aveva pagato. 14. - Il Fogasa ha accettato di versare alla ricorrente del pro

cedimento principale la somma di EUR 3.338,88 a titolo di

«salarios de tramitación», ma ha ritenuto che la sig. Guerrero

Pecino non avesse diritto all'importo di EUR 8.622,42 di cui es

sa sollecitava il pagamento a titolo d'indennità di licenziamen

to, in quanto quest'ultima non era stata riconosciuta da una

sentenza o da un'altra decisione giudiziale. 15. - La sig. Guerrero Pecino ha impugnato dinanzi allo

Juzgado de lo Social Unico de Algeciras il rifiuto del Fogasa di

versarle la detta indennità di licenziamento.

16. - Il giudice del rinvio osserva che la direttiva 2002/74, che ha modificato la direttiva 80/987, era già in vigore quando esso ha constatato l'insolvenza della Camisas Leica.

17. - Tale giudice sostiene che è incontestabile che il diritto

interno spagnolo, all'art. 33, n. 2, dello statuto dei lavoratori,

preveda il versamento da parte del Fogasa delle indennità do

vute a titolo dello scioglimento del rapporto di lavoro ma, uni

camente, di quelle «decise con sentenza o con decisione ammi

nistrativa a favore dei lavoratori a causa del licenziamento». Il

Tribunal Supremo avrebbe interpretato questa disposizione del

detto articolo nel senso che non vi rientrano le indennità di li

cenziamento dovute in base ad una conciliazione giudiziale rag

giunta nell'ambito dello statuto dei lavoratori.

18. - Il giudice del rinvio desidera sapere se, malgrado la

formulazione letterale di tale disposizione, esistano validi argo menti che consentano, secondo un'interpretazione conforme al

diritto comunitario, di far ricadere nell'ambito di applicazione della detta disposizione anche le indennità di licenziamento do

vute ad un lavoratore dipendente a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro in applicazione di un accordo di concilia

zione.

19. - È in questo contesto che lo Juzgado de lo Social Ùnico de Algeciras ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, dal punto di vista dei principi generali di uguaglianza e

divieto di discriminazione, la disparità di trattamento risultante

dall'art. 33.2 [dello statuto dei lavoratori] e dall'interpretazione dello stesso articolo da parte del Tribunal Supremo sia oggetti vamente giustificata e, di conseguenza, se occorra escludere le

indennità per licenziamento a favore del lavoratore riconosciute

in una conciliazione giudiziale dall'ambito di applicazione della

direttiva (...); o se, al contrario, dal punto di vista dei principi generali di

uguaglianza e divieto di discriminazione, la disparità di tratta

mento risultante dall'art. 33.2 [dello statuto dei lavoratori] e

dall'interpretazione dello stesso articolo da parte del Tribunal

Supremo non sia oggettivamente giustificata e, di conseguenza, se occorra includere le indennità per licenziamento a favore del

lavoratore riconosciute in una conciliazione giudiziale nell'am bito di applicazione della direttiva (...)».

Sulla questione pregiudiziale

20. - Considerato che la soluzione della questione presentata

Il Foro Italiano — 2006.

può essere chiaramente dedotta dalla sua giurisprudenza, e in

particolare dalla sentenza 16 dicembre 2004, causa C-520/03,

Olaso Valero (Racc. pag. 1-12065; Foro it., 2005, IV, 194), la

corte può statuire con ordinanza motivata, in conformità al

l'art. 104, n. 3, 1° comma, del regolamento di procedura. 21. - Il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se il diritto

comunitario osti a che alle indennità di licenziamento che ven

gono versate al lavoratore dipendente in base ad una concilia

zione giudiziale sia applicato un trattamento diverso da quello riservato alle indennità versate al lavoratore dipendente in ap

plicazione di una sentenza o di una decisione amministrativa.

22. - Con la questione proposta, il giudice del rinvio sollecita

un'interpretazione della direttiva 2002/74. Al riguardo, va os

servato che, in conformità al suo art. 3, la detta direttiva è en

trata in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta

ufficiale delle Comunità europee, cioè l'8 ottobre 2002, e che, in conformità al suo art. 2, n. 1, 1° comma, è entro 1*8 ottobre

2005 che «gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni le

gislative, regolamentari e amministrative necessarie per con

formarsi alla presente direttiva (...)». Secondo l'art. 2, n. 1, 2°

comma, della detta direttiva, gli Stati membri «applicano le di

sposizioni di cui al 1° comma ad ogni stato d'insolvenza dei

datori di lavoro intervenuto successivamente alla data di entrata

in vigore di dette disposizioni». 23. - Le considerazioni che seguono riguardano soltanto l'i

potesi in cui la direttiva 2002/74 sia già stata recepita nel diritto

nazionale alla data rilevante, cosa che spetta al giudice del rin

vio verificare. Se ciò non è ancora avvenuto, la controversia

principale dovrà essere valutata in conformità ai precetti della

citata sentenza Olaso Valero.

24. - L'ambito di applicazione della direttiva è definito al

l'art. 1 della stessa. Dal combinato disposto degli art. 1, n. 1, e

3, n. 1, della direttiva risulta che quest'ultima ha ad oggetto i

crediti dei lavoratori dipendenti derivanti da contratti di lavoro o

da rapporti di lavoro ivi incluse, quando il diritto nazionale lo

prevede, le indennità per lo scioglimento del rapporto di lavoro.

25. - Spetta dunque al diritto nazionale precisare quali sono le

indennità che rientrano nell'ambito di applicazione della diretti

va. Orbene, secondo il diritto spagnolo, come interpretato dal

Tribunal Supremo, esclusivamente le indennità di licenziamento

riconosciute da una sentenza o da una decisione amministrativa

sono a carico del Fogasa in caso di insolvenza del datore di la

voro.

26. - Tuttavia, la corte ha dichiarato che la facoltà ricono

sciuta al diritto nazionale di precisare le prestazioni a carico

dell'istituto di garanzia è subordinata al rispetto dei diritti fon

damentali, nel cui novero figura in particolare il principio gene rale di uguaglianza e di non discriminazione. Detto principio

impone di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, sal vo che una differenza di trattamento non sia obiettivamente giu stificata (citata sentenza Olaso Valero, punto 34).

27. - La corte ha anche constatato che i lavoratori licenziati

irregolarmente si trovano in una situazione simile nei limiti in

cui abbiano diritto ad un'indennità in caso di non reintegrazione (citata sentenza Olaso Valero, punto 35).

28. - Esaminando se il diverso trattamento riservato dalla

normativa spagnola a tali lavoratori potesse essere obiettiva

mente giustificato, la corte ha giudicato che gli atti di causa

nelle controversie che hanno avuto esito nelle sentenze 12 di

cembre 2002, causa C-442/00, Rodriguez Caballero (Racc. pag. 1-11915; Foro it., 2003, IV, 1) e Olaso Valero, cit., non avevano

addotto alcun argomento atto a giustificare la disparità di trat

tamento tra i diritti corrispondenti ad indennità per licenzia

mento irregolare riconosciute con sentenza o con decisione

amministrativa e quelli relativi ad indennità per licenziamento

irregolare riconosciute in occasione del procedimento di conci

liazione (citata sentenza Olaso Valero, punti 36 e 37). 29. - Per quanto riguarda la presente controversia, il giudice

del rinvio ha, in sostanza, ricordato la giurisprudenza del Tribu nal Supremo, ma non ha addotto nessun argomento nuovo che la

corte non abbia già potuto esaminare.

30. - Ne consegue che occorre risolvere la questione presen

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Page 5: sezione IV; ordinanza 13 dicembre 2005, causa C-177/05; Pres. Schiemann, Avv. gen. Tizzano; Guerrero Pecino c. Fondo de Garantía Salarial

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

tata nel senso che, qualora, secondo la normativa nazionale in

causa, determinate indennità per licenziamento irregolare, rico

nosciute da una sentenza o da una decisione amministrativa, debbano essere considerate, in forza del diritto nazionale, come

indennità dovute per lo scioglimento del rapporto di lavoro ai

sensi dell'art. 3, n. 1, della direttiva, le indennità della stessa

natura, fissate in occasione di un procedimento di conciliazione

giudiziale come quello di cui alla causa principale, devono esse

re anch'esse considerate come indennità ai sensi della detta di

sposizione. Il giudice nazionale deve disapplicare una normativa

che viola il principio di uguaglianza escludendo queste ultime

indennità dalla nozione di «indennità» ai sensi della detta nor

mativa.

Per questi motivi, la corte (quarta sezione) dichiara:

Qualora, secondo la normativa nazionale in causa, determi

nate indennità per licenziamento irregolare, riconosciute da una

sentenza o da una decisione amministrativa, debbano essere

considerate, in forza del diritto nazionale, come indennità per lo scioglimento del rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 3, n. 1, della direttiva del consiglio 20 ottobre 1980 n. 80/987/Cee,

concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati

membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso

d'insolvenza del datore di lavoro, come modificata dalla diret

tiva del parlamento europeo e del consiglio 23 settembre 2002

n. 2002/74/Ce, le indennità della stessa natura, fissate in occa

sione di un procedimento di conciliazione giudiziale come

quello di cui alla causa principale, devono essere anch'esse

considerate indennità ai sensi della detta disposizione. Il giudi ce nazionale deve disapplicare una normativa che viola il prin

cipio di uguaglianza escludendo queste ultime indennità dalla

nozione di «indennità» ai sensi della detta normativa.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sezione III; sentenza 16 giugno 2005, causa C-456/03; Pres.

Rosas, Avv. gen. Ruiz-Jarabo Colomer (conci, conf.); Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana.

Unione europea — Italia — Direttiva comunitaria in mate

ria di invenzioni biotecnologiche — Mancata trasposizione — Inadempimento (Trattato Ce, art. 226; direttiva 6 luglio 1998 n. 98/44/Ce del parlamento europeo e del consiglio sulla

protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, art. 3,

5,6,8-12,15).

Non avendo adottato le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi agli art. 3, n. 1,

5, n. 2, 6, n. 2, e 8-12 della direttiva del parlamento europeo e del consiglio 6 luglio 1998 n. 98/44/Ce, sulla protezione

giuridica delle invenzioni biotecnologiche, la Repubblica ita

liana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti inforza dell'art. 15 di tale direttiva. (1)

(1) La sentenza si può leggere in Foro it., 2005, IV, 408, con nota di

G. Casaburi. Se ne riproduce la massima per pubblicare le note di G. Casaburi e

A. Palmieri.

Il Foro Italiano — 2006 — Parte IV-16.

Attuazione italiana della direttiva sulle biotecnologie.

I. - La Corte di giustizia, con la sentenza 16 giugno 2005, causa C

456/03, in epigrafe, ha accolto la procedura d'infrazione nei confronti del nostro paese per l'inattuazione della direttiva 98/44/Ce del parla mento europeo e del consiglio del 6 luglio 1998 sulla protezione giuri dica delle invenzioni biotecnologiche, pubblicata sulla G.U.C.E. del 30

luglio 1998, n. L 213 (d'ora in avanti: la direttiva). Da qui la precipitosa adozione del d.l. 10 gennaio 2006 n. 3, «attua

zione della direttiva 98/44/Ce in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche», convertito — con modifiche — nella 1. 22

febbraio 2006 n. 78 (Le leggi, 2006, I, 1132). Il nuovo testo — a parte l'anomalia del ricorso al decreto legge per l'attuazione di una direttiva comunitaria — sancisce l'avvio della «decodificazione» delle materie

industrialistiche, a circa un anno dall'introduzione del codice della pro prietà industriale, che quelle materie disciplina unitariamente; la scelta di non novellare il codice, oltre che dovuta alla fretta, e all'approssi marsi della fine della legislatura, esprime però anche la discutibilissima

pretesa di ritenere le invenzioni biotecnologiche estranee al sistema

brevettuale, ciò in totale violazione della lettera e dello spirito della di rettiva.

II. - Sulla direttiva e sulla difficile attuazione italiana, v. Casaburi, Le biotecnologie tra diritto comunitario, Corte di giustizia ed inadem

pimento italiano, in Foro it., 2005, IV, 408, con ampi richiami biblio

grafici; Morelli Gradi, La direttiva sulla «protezione giuridica delle

invenzioni biotecnologiche e la normativa di recepimento nazionale», in Dir. ind., 2006. 21; Sirotti Gaudenzi, Fissati i limiti della privativa ammissibile sul corpo umano, in Guida al dir., 2006, fase. 24, 43.

Cfr., più in generale, anche Preto, Brevetti biotecnologici: il parla mento Ue vuole la tutela per finalità specifiche, in Dir. ind., 2006, 32; Ottolia, Riflessioni sulla brevettabilità delle sequenze parziali di geni, in Riv. dir. ind., 2005, I, 457; D'Addino Serravalle, Biotecnologie e

disposizione delle c.d. parti staccate del corpo, in AA.VV., Il diritto

civile oggi. Compiti scientifici e didattici del civilista, Napoli, 2006, 397.

III. - Nel complesso l'attuazione italiana è fedele, talora alla lettera, al testo della direttiva, con le eccezioni che saranno esaminate (ma v.

Cons. Stato, sez. atti normativi, 26 agosto 2002, n. 2636/02, Foro it.,

2004, III, 152); v. ad esempio l'art. 1 d.l. 3/06 (che richiama, alquanto confusamente, gli accordi internazionali cui la nuova disciplina si con

forma) e l'art. 2, «definizioni» (che riproduce alla lettera l'art. 2 della

direttiva, nonché — quanto alla definizione di procedimento tecnico —

il 'considerando' 45). Più complessa l'elaborazione dell'art. 3, «brevettabilità», che riaf

ferma il principio della brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche,

sempre che sussistano i tradizionali requisiti della novità, originalità, suscettibilità di applicazione industriale, di cui ora all'art. 45, 1° com

ma, cod. proprietà industriale, la cui portata originaria è stata però am

pliata. Cfr., ampiamente, Casaburi, Le biotecnologie, cit., 415. L'art. 3, 1° comma (nell'ambito di un'elencazione pressoché esau

stiva), afferma la brevettabilità del materiale biologico isolato dal suo

ambiente naturale, o prodotto tramite un procedimento tecnico, anche

se preesistente allo stato naturale, e del procedimento tecnico attraverso

cui viene prodotto, lavorato o impiegato materiale biologico, anche se

preesistente allo stato naturale (art. 3. 1° e 2° comma, della direttiva). È anche brevettabile l'invenzione relativa ad «un elemento isolato

del corpo umano o diversamente prodotto, mediante un procedimento tecnico, anche se la sua struttura è identica a quella di un elemento na turale a condizione che la sua funzione ed applicazione industriale sia

no concretamente indicate, descritte e specificamente rivendicate» (art. 5, 2° e 3° comma, della direttiva).

IV. - L'elencazione dell'art. 3 trova speculare riscontro nell'art. 4, 1°

comma, lett. d), che esclude dalla brevettabilità «una semplice sequenza di DNA, una sequenza parziale di un gene, utilizzata per produrre una

proteina o una proteina parziale, salvo che venga fornita l'indicazione

di una funzione utile alla valutazione del requisito dell'applicazione in

dustriale e che la funzione corrispondente sia specificamente rivendi

cata» (art. 5, 2° comma, della direttiva — riguardante però invenzioni

relative al corpo umano — e, soprattutto, 'considerando' 22-25 della

direttiva). È qui involta la delicatissima questione dei rapporti tra invenzioni,

brevettabili, e scoperte, non brevettabili (v. ora art. 45, 2° comma, lett.

a, cod. proprietà industriale), messa in crisi proprio dalle invenzioni

biotecnologiche; la soluzione della direttiva, fatta propria dalla legge italiana, pur tenendo ferma la ripartizione surrichiamata, si risolve (no

nostante il tenore apparentemente diverso del 'considerando' 34 della

direttiva) in un sostanziale allargamento dell'area delle invenzioni bre

vettabili, che ricomprendono anche le applicazioni tecniche di quelle

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