sezione IV; ordinanza 13 dicembre 2005, causa C-177/05; Pres. Schiemann, Avv. gen. Tizzano;Guerrero Pecino c. Fondo de Garantía SalarialSource: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2006), pp. 379/380-385/386Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23202156 .
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PARTE QUARTA
contratto collettivo. Di conseguenza, i diritti e gli obblighi deri
vanti da un contratto collettivo continuano a vincolare il nuovo
proprietario dopo il trasferimento dell'azienda.
28. - Per l'interpretazione dell'art. 3, n. 1, della direttiva, una
clausola di rinvio ad un contratto collettivo non può avere una
portata più ampia del contratto al quale rinvia. Di conseguenza, occorre tener conto dell'art. 3, n. 2, della direttiva, che limita il
principio dell'applicabilità del contratto collettivo al quale fa ri
ferimento il contratto di lavoro.
29. - Da un lato, le condizioni di lavoro previste da tale con
tratto collettivo sono salvaguardate solo fino alla data della sua
risoluzione o della sua scadenza, ovvero fino all'entrata in vigo re o all'applicazione di un altro contratto collettivo. Pertanto, dal tenore letterale della direttiva non risulta affatto che il legis latore comunitario abbia inteso vincolare il cessionario a con
tratti collettivi diversi da quello in vigore al momento del trasfe
rimento e, di conseguenza, imporre di modificare ulteriormente
le condizioni di lavoro con l'applicazione di un nuovo contratto
collettivo stipulato dopo il trasferimento. Una valutazione del
genere è poi conforme alla finalità della detta direttiva, che si
limita a salvaguardare i diritti e gli obblighi dei lavoratori vi
genti al momento del trasferimento. La direttiva non ha invece
inteso proteggere mere aspettative e quindi gli ipotetici benefici
derivanti dalle evoluzioni future dei contratti collettivi.
30. - Dall'altro, gli Stati membri possono limitare il periodo di salvaguardia delle condizioni di lavoro derivanti dal contratto
collettivo, a condizione che tale periodo non sia inferiore a un
anno. Quest'ultima limitazione, in un certo senso, è sussidiaria
in quanto applicabile nel caso in cui non si verifichi entro il
termine di un anno a partire dal trasferimento nessuna delle si
tuazioni sopra menzionate, vale a dire la risoluzione o la sca
denza del contratto collettivo esistente, l'entrata in vigore ovve
ro l'applicazione di un nuovo contratto collettivo.
31. - Inoltre, se, conformemente alla finalità della direttiva,
occorre tutelare i diritti dei lavoratori interessati dal trasferi
mento, non possono essere ignorati quelli del cessionario, che
dev'essere in grado di procedere agli adeguamenti ed ai cam
biamenti necessari alla continuazione della sua attività.
32. - A tal riguardo si deve rammentare che, secondo una giu
risprudenza costante della corte, per interpretare le disposizioni della direttiva, occorre prendere in considerazione il principio dell'unità dell'ordinamento giuridico comunitario, il quale esige che il diritto derivato della Comunità venga interpretato con
formemente ai principi generali del diritto comunitario (v., in tal
senso, sentenza 1° aprile 2004, causa C-l/02, Borgmann, Racc.
pag. 1-3219, punto 30). 33. - Si deve ricordare che la libertà di associazione, che
comprende altresì il diritto di non far parte di un sindacato (v., in tal senso. Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenze Si
gurjónsson c. Islanda del 30 giugno 1993, serie A, n. 264, par. 35, e Gustafsson c. Svezia del 25 aprile 1996, Recueil des arrets
et decisions 1996-11, pag. 637, par. 45), è sancita dall'art. 11
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti del
l'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 no
vembre 1950, e fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la
costante giurisprudenza della corte, sono oggetto di tutela nel
l'ordinamento giuridico comunitario (sentenza 15 dicembre
1995, causa C-415/93, Bosman, Racc. pag. 1-4921, punto 79; Foro it., 1996, IV, 1), come ricorda l'art. 6, n. 2, Ue (v. senten
za 6 marzo 2001, causa C-274/99 P, Connolly/Commissione, Racc. pag. 1-161 ] ; Foro it., Rep. 2002, voce cit., n. 802).
34. - Se si procedesse ad un'interpretazione «dinamica», so
stenuta dal ricorrente, della clausola contrattuale di riferimento
menzionata al punto 18 della presente sentenza, ciò comporte rebbe che i contratti collettivi futuri sarebbero applicabili al ces
sionario che non è parte del contratto collettivo, rimettendo così
in discussione il suo diritto fondamentale di non associarsi.
35. - Al contrario, l'interpretazione «statica» della detta clau
sola, sostenuta dalla convenuta nella causa principale e dal go verno tedesco, consente di evitare che il cessionario dell'azien
da, che non è parte del contratto collettivo, sia vincolato alle
future evoluzioni di quest'ultimo. Il suo diritto di non associarsi
è così pienamente garantito.
Il Foro Italiano — 2006.
36. - Pertanto, il ricorrente non può sostenere che una clau
sola contenuta in un contratto di lavoro individuale che rinvia ai
contratti collettivi stipulati in un settore determinato ha necessa
riamente un carattere «dinamico» e rinvia, in applicazione del
l'art. 3, n. 1, della direttiva, ai contratti collettivi conclusi dopo la data di trasferimento d'impresa.
37. - Risulta da quanto precede che la prima questione de
v'essere risolta dichiarando che l'art. 3, n. 1, della direttiva de
v'essere interpretato nel senso che esso non osta a che, qualora il contratto di lavoro rinvìi ad un contratto collettivo che vincola
il cedente, il cessionario che non è parte del contratto collettivo
non sia vincolato da contratti collettivi successivi a quello in vi
gore al momento del trasferimento dell'azienda.
Sulla seconda questione
38. - Alla luce della soluzione data alla prima questione, non
è necessario risolvere la seconda.
Per questi motivi, la corte (terza sezione) dichiara:
L'art. 3, n. 1, della direttiva del consiglio 14 febbraio 1977 n.
77/187/Cee, concernente il ravvicinamento delle legislazioni
degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavo
ratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di
parti di stabilimenti, dev'essere interpretato nel senso che esso
non osta a che, qualora il contratto di lavoro rinvìi ad un con
tratto collettivo che vincola il cedente, il cessionario che non è
parte del contratto collettivo non sia vincolato da contratti col
lettivi successivi a quello in vigore al momento del trasferi
mento dell'azienda.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sezione IV; ordinanza 13 dicembre 2005, causa C-177/05;
Pres. Schiemann, Avv. gen. Tizzano; Guerrero Pecino c.
Fondo de Garantfa Salariai.
Unione europea — Direttiva comunitaria sulla salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di
lavoro — Indennità per licenziamento irregolare nascenti
da procedura di conciliazione — Nozione di indennità se
condo la direttiva — Riconducibilità — Normativa nazio
nale — Disapplicazione (Trattato Ce, art. 234; direttiva 20
ottobre 1980 n. 80/987/Cee del consiglio, concernente il rav
vicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla
tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del da
tore di lavoro, art. 3).
Qualora, secondo la normativa nazionale in causa, determinate
indennità per licenziamento irregolare, riconosciute da una
sentenza o da una decisione amministrativa, debbano essere
considerate, in forza del diritto nazionale, come indennità per lo scioglimento del rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 3, n.
1, della direttiva del consiglio 20 ottobre 1980 n. 80/987/Cee,
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso
d'insolvenza del datore di lavoro, come modificata dalla di
rettiva del parlamento europeo e del consiglio 23 settembre
2002 n. 2002/74/Ce, le indennità della stessa natura, fissate in occasione di un procedimento di conciliazione giudiziale, devono essere anch 'esse considerate indennità ai sensi della
detta disposizione; il giudice nazionale deve disapplicare una
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
normativa che viola il principio di uguaglianza, escludendo
queste ultime indennità dalla nozione di «indennità» ai sensi
della detta normativa. (1)
1. - La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame concer
ne l'interpretazione della direttiva del consiglio 20 ottobre 1980
n. 80/987/Cee, concernente il ravvicinamento delle legislazioni
degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati
in caso di insolvenza del datore di lavoro (G.U. L 283, pag. 23), come modificata dalla direttiva del parlamento europeo e del
consiglio 23 settembre 2002 n. 2002/74/Ce (G.U. L 270, pag. 10; in prosieguo: la «direttiva»),
2. - Tale domanda è stata presentata nel contesto di una con
troversia che vede contrapposti la sig. Guerrero Pecino e il Fon
do de Garantia Salariai (fondo di garanzia salariale; in prosie
guo: il «Fogasa») in merito al rifiuto di quest'ultimo di versare
all'interessata, a titolo di responsabilità subordinata, un'inden
nità per il licenziamento irregolare di cui è stata oggetto, in base
ad un accordo di conciliazione giudiziale, che prevede il paga mento di tale indennità, concluso tra la sig. Guerrero Pecino e il
suo datore di lavoro.
Contesto normativo
La disciplina comunitaria
3. - L'art. 1, n. 1, della direttiva dispone che «[l]a presente di
rettiva si applica ai diritti dei lavoratori subordinati derivanti da
contratti di lavoro o da rapporti di lavoro ed esistenti nei con
fronti dei datori di lavoro che si trovano in stato d'insolvenza ai
sensi dell'art. 2, par. 1».
4. - L'art. 2. n. 2, della suddetta direttiva precisa che que st'ultima non pregiudica il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione dei termini «lavoratore subordinato», «datore di
lavoro», «retribuzione», «diritto maturato» e «diritto in corso di
maturazione».
5. - L'art. 3, n. 1, della medesima direttiva prevede quanto
segue: «Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli
organismi di garanzia assicurino, fatto salvo l'art. 4, il paga mento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti
da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro, comprese le inden
nità dovute ai lavoratori a seguito dello scioglimento del rap
porto di lavoro, se previste dal diritto nazionale».
6. - Secondo l'art. 4 della direttiva, gli Stati membri hanno la
facoltà di limitare l'obbligo di pagamento degli organismi di ga ranzia di cui all'art. 3 della stessa direttiva fissando la durata del
periodo che dà luogo al pagamento da parte dell'organismo di
garanzia dei diritti non pagati o stabilendo massimali ai paga menti effettuati da questa istituzione.
7. - Conformemente all'art. 10, lett. a), della stessa direttiva,
quest'ultima «non pregiudica la facoltà degli Stati membri (...) di adottare le misure necessarie per evitare abusi».
La normativa spagnola
8. - L'art. 33, nn. 1 e 2, r.d.leg. 24 marzo 1995 n. 1/1995, re
cante approvazione del testo consolidato della legge relativa allo
statuto dei lavoratori (Estatuto de los Trabajadores, BOE n. 75
del 29 marzo 1995, pag. 9654), nella versione risultante dalla 1.
(1) L'applicazione dell'art. 104, n. 3, 1° comma, del regolamento di
procedura della Corte di giustizia consente ai giudici comunitari di ri
badire, mediante ordinanza, la riconducibilità deil'«indennità per licen
ziamento irregolare nascente da procedure di conciliazione» nell'am
bito di applicazione della direttiva comunitaria in materia d'insolvenza
datoriale e tutela dei crediti del lavoratore: il principio di diritto risulta
infatti pienamente conforme a quanto statuito, sempre in riferimento a
profili d'interpretazione della normativa spagnola, da Corte giust. 16
dicembre 2004, causa C-520/03, Olaso Valero c. Fondo de garantia salariai, in Foro it., 2005. IV, 194, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 2006.
19 dicembre 1997 n. 60/1997 (BOE n. 304 del 20 dicembre
1997, pag. 37453; in prosieguo: lo «statuto dei lavoratori»), così
dispone: «1. Il fondo di garanzia salariale, organismo autonomo nel
l'ambito del ministero del lavoro e della previdenza sociale,
dotato di personalità giuridica e della capacità di agire per
adempiere i propri obiettivi, versa ai lavoratori l'importo delle
retribuzioni loro dovute in caso d'insolvenza, di sospensione dei
pagamenti, di fallimento o di risanamento giudiziario degli im
prenditori. Ai fini del precedente comma, s'intende per retribuzione
l'importo riconosciuto come tale nell'atto di conciliazione o
nella decisione giudiziaria per tutti gli aspetti previsti nel
l'art. 26, n. 1, nonché l'indennità complementare versata a titolo
dei 'salarios de tramitación' [retribuzione nel corso del proce
dimento], decretata, se del caso, dall'autorità giudiziaria com
petente, fermo restando che il fondo non verserà, ad alcun titolo,
né congiuntamente né separatamente, un importo superiore alla
somma risultante dalla moltiplicazione del doppio della retribu
zione minima interprofessionale giornaliera per il numero di
giorni di retribuzione non pagati, fino a un massimo di cento
venti giorni. 2. Il fondo di garanzia salariale, nei casi di cui al comma pre
cedente, versa le indennità decise con sentenza o con decisione
amministrativa a favore dei lavoratori a causa del licenziamento
o dello scioglimento del contratto, conformemente agli art. 50, 51 e 52, lett. c), della presente legge, entro il limite massimo di
un'annualità, senza che la retribuzione giornaliera utilizzata
come base del calcolo possa eccedere il doppio della retribuzio
ne minima interprofessionale.
L'importo dell'indennità, ai soli fini del pagamento da parte del fondo di garanzia salariale in caso di licenziamento o di
scioglimento del contratto conformemente all'art. 50 della pre sente legge, viene calcolato sulla base di venticinque giorni per anno di servizio, e non può superare il massimale indicato al
comma precedente». 9. - L'art. 56, n. 1, dello statuto dei lavoratori recita come se
gue: «1. Qualora il licenziamento venga dichiarato irregolare, il
datore dì lavoro, entro cinque giorni dalla notifica della senten
za, potrà optare tra la reintegrazione del lavoratore, combinata
al pagamento dei 'salarios de tramitación' come previsti dalla
lett. b) del presente paragrafo, e il pagamento delle seguenti
somme, che dovranno essere stabilite nella sentenza:
a) un'indennità equivalente a quarantacinque giorni di retri
buzione per anno di servizio, essendo contabilizzati pro rata i
periodi inferiori ad un anno su base mensile fino ad un massimo
di quarantadue mensilità;
b) un importo pari alla somma delle retribuzioni dovute dalla
data in cui prende effetto il licenziamento sino alla notifica della
sentenza che dichiara il licenziamento irregolare o finché il la
voratore non abbia trovato un nuovo impiego, se detta assunzio
ne è precedente alla pronuncia della sentenza e se il datore di
lavoro fornisce la prova delle somme corrisposte in vista della
loro deduzione dai 'salarios de tramitación'.
Il datore di lavoro dovrà mantenere l'iscrizione del lavoratore
alla previdenza sociale durante il periodo corrispondente alle
retribuzioni di cui alla suddetta lett. è)». 10. - L'art. 84 r.d.leg. 7 aprile 1995 n. 2/1995, recante appro
vazione del testo consolidato della legge relativa al processo del
lavoro (Ley de Procedimiento laboral, BOE n. 86 dell'I 1 aprile
1995, pag. 10695; in prosieguo: la «LPL»), prevede che, dopo il
fallimento della conciliazione dinanzi al servizio amministrativo
da adire preventivamente in applicazione dell'art. 63 medesimo
decreto, deve imperativamente avere luogo un nuovo procedi mento di conciliazione dinanzi al competente organo giuris dizionale.
La controversia principale e la questione pregiudiziale
11. - La sig. Guerrero Pecino, ricorrente nel procedimento
principale, ha fatto parte del personale della società Camisas
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PARTE QUARTA
Leica SL (in prosieguo: la «Camisas Leica»), nel periodo com
preso tra il 9 luglio 1990 e il 27 dicembre 2001, data in cui que sta società l'ha licenziata.
12. - Nell'ambito di una sentenza di accertamento emessa dal
giudice del rinvio, il 13 maggio 2002 la sig. Guerrero Pecino e
la Camisas Leica hanno sottoscritto un accordo di conciliazione
in forza del quale quest'ultima società ha ammesso l'irregolarità del licenziamento della ricorrente ed ha scelto espressamente di
indennizzarla secondo le disposizioni legali applicabili, cioè
versandole un'indennità pari a quarantacinque giorni di retribu
zione per anno di lavoro, nonché i «salarios de tramitación».
13. - Sulla base di una sentenza d'insolvenza provvisoria ri
guardante la Camisas Leica, emessa il 5 marzo 2003 dal mede
simo giudice su sua istanza, la sig. Guerrero Pecino ha chiesto
al Fogasa di pagarle la prestazione corrispondente a quest'in dennità ed ai «salarios de tramitación» che il suo ex datore di
lavoro non le aveva pagato. 14. - Il Fogasa ha accettato di versare alla ricorrente del pro
cedimento principale la somma di EUR 3.338,88 a titolo di
«salarios de tramitación», ma ha ritenuto che la sig. Guerrero
Pecino non avesse diritto all'importo di EUR 8.622,42 di cui es
sa sollecitava il pagamento a titolo d'indennità di licenziamen
to, in quanto quest'ultima non era stata riconosciuta da una
sentenza o da un'altra decisione giudiziale. 15. - La sig. Guerrero Pecino ha impugnato dinanzi allo
Juzgado de lo Social Unico de Algeciras il rifiuto del Fogasa di
versarle la detta indennità di licenziamento.
16. - Il giudice del rinvio osserva che la direttiva 2002/74, che ha modificato la direttiva 80/987, era già in vigore quando esso ha constatato l'insolvenza della Camisas Leica.
17. - Tale giudice sostiene che è incontestabile che il diritto
interno spagnolo, all'art. 33, n. 2, dello statuto dei lavoratori,
preveda il versamento da parte del Fogasa delle indennità do
vute a titolo dello scioglimento del rapporto di lavoro ma, uni
camente, di quelle «decise con sentenza o con decisione ammi
nistrativa a favore dei lavoratori a causa del licenziamento». Il
Tribunal Supremo avrebbe interpretato questa disposizione del
detto articolo nel senso che non vi rientrano le indennità di li
cenziamento dovute in base ad una conciliazione giudiziale rag
giunta nell'ambito dello statuto dei lavoratori.
18. - Il giudice del rinvio desidera sapere se, malgrado la
formulazione letterale di tale disposizione, esistano validi argo menti che consentano, secondo un'interpretazione conforme al
diritto comunitario, di far ricadere nell'ambito di applicazione della detta disposizione anche le indennità di licenziamento do
vute ad un lavoratore dipendente a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro in applicazione di un accordo di concilia
zione.
19. - È in questo contesto che lo Juzgado de lo Social Ùnico de Algeciras ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se, dal punto di vista dei principi generali di uguaglianza e
divieto di discriminazione, la disparità di trattamento risultante
dall'art. 33.2 [dello statuto dei lavoratori] e dall'interpretazione dello stesso articolo da parte del Tribunal Supremo sia oggetti vamente giustificata e, di conseguenza, se occorra escludere le
indennità per licenziamento a favore del lavoratore riconosciute
in una conciliazione giudiziale dall'ambito di applicazione della
direttiva (...); o se, al contrario, dal punto di vista dei principi generali di
uguaglianza e divieto di discriminazione, la disparità di tratta
mento risultante dall'art. 33.2 [dello statuto dei lavoratori] e
dall'interpretazione dello stesso articolo da parte del Tribunal
Supremo non sia oggettivamente giustificata e, di conseguenza, se occorra includere le indennità per licenziamento a favore del
lavoratore riconosciute in una conciliazione giudiziale nell'am bito di applicazione della direttiva (...)».
Sulla questione pregiudiziale
20. - Considerato che la soluzione della questione presentata
Il Foro Italiano — 2006.
può essere chiaramente dedotta dalla sua giurisprudenza, e in
particolare dalla sentenza 16 dicembre 2004, causa C-520/03,
Olaso Valero (Racc. pag. 1-12065; Foro it., 2005, IV, 194), la
corte può statuire con ordinanza motivata, in conformità al
l'art. 104, n. 3, 1° comma, del regolamento di procedura. 21. - Il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se il diritto
comunitario osti a che alle indennità di licenziamento che ven
gono versate al lavoratore dipendente in base ad una concilia
zione giudiziale sia applicato un trattamento diverso da quello riservato alle indennità versate al lavoratore dipendente in ap
plicazione di una sentenza o di una decisione amministrativa.
22. - Con la questione proposta, il giudice del rinvio sollecita
un'interpretazione della direttiva 2002/74. Al riguardo, va os
servato che, in conformità al suo art. 3, la detta direttiva è en
trata in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale delle Comunità europee, cioè l'8 ottobre 2002, e che, in conformità al suo art. 2, n. 1, 1° comma, è entro 1*8 ottobre
2005 che «gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni le
gislative, regolamentari e amministrative necessarie per con
formarsi alla presente direttiva (...)». Secondo l'art. 2, n. 1, 2°
comma, della detta direttiva, gli Stati membri «applicano le di
sposizioni di cui al 1° comma ad ogni stato d'insolvenza dei
datori di lavoro intervenuto successivamente alla data di entrata
in vigore di dette disposizioni». 23. - Le considerazioni che seguono riguardano soltanto l'i
potesi in cui la direttiva 2002/74 sia già stata recepita nel diritto
nazionale alla data rilevante, cosa che spetta al giudice del rin
vio verificare. Se ciò non è ancora avvenuto, la controversia
principale dovrà essere valutata in conformità ai precetti della
citata sentenza Olaso Valero.
24. - L'ambito di applicazione della direttiva è definito al
l'art. 1 della stessa. Dal combinato disposto degli art. 1, n. 1, e
3, n. 1, della direttiva risulta che quest'ultima ha ad oggetto i
crediti dei lavoratori dipendenti derivanti da contratti di lavoro o
da rapporti di lavoro ivi incluse, quando il diritto nazionale lo
prevede, le indennità per lo scioglimento del rapporto di lavoro.
25. - Spetta dunque al diritto nazionale precisare quali sono le
indennità che rientrano nell'ambito di applicazione della diretti
va. Orbene, secondo il diritto spagnolo, come interpretato dal
Tribunal Supremo, esclusivamente le indennità di licenziamento
riconosciute da una sentenza o da una decisione amministrativa
sono a carico del Fogasa in caso di insolvenza del datore di la
voro.
26. - Tuttavia, la corte ha dichiarato che la facoltà ricono
sciuta al diritto nazionale di precisare le prestazioni a carico
dell'istituto di garanzia è subordinata al rispetto dei diritti fon
damentali, nel cui novero figura in particolare il principio gene rale di uguaglianza e di non discriminazione. Detto principio
impone di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, sal vo che una differenza di trattamento non sia obiettivamente giu stificata (citata sentenza Olaso Valero, punto 34).
27. - La corte ha anche constatato che i lavoratori licenziati
irregolarmente si trovano in una situazione simile nei limiti in
cui abbiano diritto ad un'indennità in caso di non reintegrazione (citata sentenza Olaso Valero, punto 35).
28. - Esaminando se il diverso trattamento riservato dalla
normativa spagnola a tali lavoratori potesse essere obiettiva
mente giustificato, la corte ha giudicato che gli atti di causa
nelle controversie che hanno avuto esito nelle sentenze 12 di
cembre 2002, causa C-442/00, Rodriguez Caballero (Racc. pag. 1-11915; Foro it., 2003, IV, 1) e Olaso Valero, cit., non avevano
addotto alcun argomento atto a giustificare la disparità di trat
tamento tra i diritti corrispondenti ad indennità per licenzia
mento irregolare riconosciute con sentenza o con decisione
amministrativa e quelli relativi ad indennità per licenziamento
irregolare riconosciute in occasione del procedimento di conci
liazione (citata sentenza Olaso Valero, punti 36 e 37). 29. - Per quanto riguarda la presente controversia, il giudice
del rinvio ha, in sostanza, ricordato la giurisprudenza del Tribu nal Supremo, ma non ha addotto nessun argomento nuovo che la
corte non abbia già potuto esaminare.
30. - Ne consegue che occorre risolvere la questione presen
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
tata nel senso che, qualora, secondo la normativa nazionale in
causa, determinate indennità per licenziamento irregolare, rico
nosciute da una sentenza o da una decisione amministrativa, debbano essere considerate, in forza del diritto nazionale, come
indennità dovute per lo scioglimento del rapporto di lavoro ai
sensi dell'art. 3, n. 1, della direttiva, le indennità della stessa
natura, fissate in occasione di un procedimento di conciliazione
giudiziale come quello di cui alla causa principale, devono esse
re anch'esse considerate come indennità ai sensi della detta di
sposizione. Il giudice nazionale deve disapplicare una normativa
che viola il principio di uguaglianza escludendo queste ultime
indennità dalla nozione di «indennità» ai sensi della detta nor
mativa.
Per questi motivi, la corte (quarta sezione) dichiara:
Qualora, secondo la normativa nazionale in causa, determi
nate indennità per licenziamento irregolare, riconosciute da una
sentenza o da una decisione amministrativa, debbano essere
considerate, in forza del diritto nazionale, come indennità per lo scioglimento del rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 3, n. 1, della direttiva del consiglio 20 ottobre 1980 n. 80/987/Cee,
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso
d'insolvenza del datore di lavoro, come modificata dalla diret
tiva del parlamento europeo e del consiglio 23 settembre 2002
n. 2002/74/Ce, le indennità della stessa natura, fissate in occa
sione di un procedimento di conciliazione giudiziale come
quello di cui alla causa principale, devono essere anch'esse
considerate indennità ai sensi della detta disposizione. Il giudi ce nazionale deve disapplicare una normativa che viola il prin
cipio di uguaglianza escludendo queste ultime indennità dalla
nozione di «indennità» ai sensi della detta normativa.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sezione III; sentenza 16 giugno 2005, causa C-456/03; Pres.
Rosas, Avv. gen. Ruiz-Jarabo Colomer (conci, conf.); Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana.
Unione europea — Italia — Direttiva comunitaria in mate
ria di invenzioni biotecnologiche — Mancata trasposizione — Inadempimento (Trattato Ce, art. 226; direttiva 6 luglio 1998 n. 98/44/Ce del parlamento europeo e del consiglio sulla
protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, art. 3,
5,6,8-12,15).
Non avendo adottato le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi agli art. 3, n. 1,
5, n. 2, 6, n. 2, e 8-12 della direttiva del parlamento europeo e del consiglio 6 luglio 1998 n. 98/44/Ce, sulla protezione
giuridica delle invenzioni biotecnologiche, la Repubblica ita
liana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti inforza dell'art. 15 di tale direttiva. (1)
(1) La sentenza si può leggere in Foro it., 2005, IV, 408, con nota di
G. Casaburi. Se ne riproduce la massima per pubblicare le note di G. Casaburi e
A. Palmieri.
Il Foro Italiano — 2006 — Parte IV-16.
Attuazione italiana della direttiva sulle biotecnologie.
I. - La Corte di giustizia, con la sentenza 16 giugno 2005, causa C
456/03, in epigrafe, ha accolto la procedura d'infrazione nei confronti del nostro paese per l'inattuazione della direttiva 98/44/Ce del parla mento europeo e del consiglio del 6 luglio 1998 sulla protezione giuri dica delle invenzioni biotecnologiche, pubblicata sulla G.U.C.E. del 30
luglio 1998, n. L 213 (d'ora in avanti: la direttiva). Da qui la precipitosa adozione del d.l. 10 gennaio 2006 n. 3, «attua
zione della direttiva 98/44/Ce in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche», convertito — con modifiche — nella 1. 22
febbraio 2006 n. 78 (Le leggi, 2006, I, 1132). Il nuovo testo — a parte l'anomalia del ricorso al decreto legge per l'attuazione di una direttiva comunitaria — sancisce l'avvio della «decodificazione» delle materie
industrialistiche, a circa un anno dall'introduzione del codice della pro prietà industriale, che quelle materie disciplina unitariamente; la scelta di non novellare il codice, oltre che dovuta alla fretta, e all'approssi marsi della fine della legislatura, esprime però anche la discutibilissima
pretesa di ritenere le invenzioni biotecnologiche estranee al sistema
brevettuale, ciò in totale violazione della lettera e dello spirito della di rettiva.
II. - Sulla direttiva e sulla difficile attuazione italiana, v. Casaburi, Le biotecnologie tra diritto comunitario, Corte di giustizia ed inadem
pimento italiano, in Foro it., 2005, IV, 408, con ampi richiami biblio
grafici; Morelli Gradi, La direttiva sulla «protezione giuridica delle
invenzioni biotecnologiche e la normativa di recepimento nazionale», in Dir. ind., 2006. 21; Sirotti Gaudenzi, Fissati i limiti della privativa ammissibile sul corpo umano, in Guida al dir., 2006, fase. 24, 43.
Cfr., più in generale, anche Preto, Brevetti biotecnologici: il parla mento Ue vuole la tutela per finalità specifiche, in Dir. ind., 2006, 32; Ottolia, Riflessioni sulla brevettabilità delle sequenze parziali di geni, in Riv. dir. ind., 2005, I, 457; D'Addino Serravalle, Biotecnologie e
disposizione delle c.d. parti staccate del corpo, in AA.VV., Il diritto
civile oggi. Compiti scientifici e didattici del civilista, Napoli, 2006, 397.
III. - Nel complesso l'attuazione italiana è fedele, talora alla lettera, al testo della direttiva, con le eccezioni che saranno esaminate (ma v.
Cons. Stato, sez. atti normativi, 26 agosto 2002, n. 2636/02, Foro it.,
2004, III, 152); v. ad esempio l'art. 1 d.l. 3/06 (che richiama, alquanto confusamente, gli accordi internazionali cui la nuova disciplina si con
forma) e l'art. 2, «definizioni» (che riproduce alla lettera l'art. 2 della
direttiva, nonché — quanto alla definizione di procedimento tecnico —
il 'considerando' 45). Più complessa l'elaborazione dell'art. 3, «brevettabilità», che riaf
ferma il principio della brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche,
sempre che sussistano i tradizionali requisiti della novità, originalità, suscettibilità di applicazione industriale, di cui ora all'art. 45, 1° com
ma, cod. proprietà industriale, la cui portata originaria è stata però am
pliata. Cfr., ampiamente, Casaburi, Le biotecnologie, cit., 415. L'art. 3, 1° comma (nell'ambito di un'elencazione pressoché esau
stiva), afferma la brevettabilità del materiale biologico isolato dal suo
ambiente naturale, o prodotto tramite un procedimento tecnico, anche
se preesistente allo stato naturale, e del procedimento tecnico attraverso
cui viene prodotto, lavorato o impiegato materiale biologico, anche se
preesistente allo stato naturale (art. 3. 1° e 2° comma, della direttiva). È anche brevettabile l'invenzione relativa ad «un elemento isolato
del corpo umano o diversamente prodotto, mediante un procedimento tecnico, anche se la sua struttura è identica a quella di un elemento na turale a condizione che la sua funzione ed applicazione industriale sia
no concretamente indicate, descritte e specificamente rivendicate» (art. 5, 2° e 3° comma, della direttiva).
IV. - L'elencazione dell'art. 3 trova speculare riscontro nell'art. 4, 1°
comma, lett. d), che esclude dalla brevettabilità «una semplice sequenza di DNA, una sequenza parziale di un gene, utilizzata per produrre una
proteina o una proteina parziale, salvo che venga fornita l'indicazione
di una funzione utile alla valutazione del requisito dell'applicazione in
dustriale e che la funzione corrispondente sia specificamente rivendi
cata» (art. 5, 2° comma, della direttiva — riguardante però invenzioni
relative al corpo umano — e, soprattutto, 'considerando' 22-25 della
direttiva). È qui involta la delicatissima questione dei rapporti tra invenzioni,
brevettabili, e scoperte, non brevettabili (v. ora art. 45, 2° comma, lett.
a, cod. proprietà industriale), messa in crisi proprio dalle invenzioni
biotecnologiche; la soluzione della direttiva, fatta propria dalla legge italiana, pur tenendo ferma la ripartizione surrichiamata, si risolve (no
nostante il tenore apparentemente diverso del 'considerando' 34 della
direttiva) in un sostanziale allargamento dell'area delle invenzioni bre
vettabili, che ricomprendono anche le applicazioni tecniche di quelle
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