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sezione IV; ordinanza 23 novembre 1985, n. 547; Pres. Paleologo, Rel. Catricalà; Comune di Roma...

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sezione IV; ordinanza 23 novembre 1985, n. 547; Pres. Paleologo, Rel. Catricalà; Comune di Roma (Avv. Carnovale) c. Falchetti (Avv. Lavitola) Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 203/204-217/218 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187310 . Accessed: 28/06/2014 13:00 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.158 on Sat, 28 Jun 2014 13:00:19 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione IV; ordinanza 23 novembre 1985, n. 547; Pres. Paleologo, Rel. Catricalà; Comune di Roma (Avv. Carnovale) c. Falchetti (Avv. Lavitola)

sezione IV; ordinanza 23 novembre 1985, n. 547; Pres. Paleologo, Rel. Catricalà; Comune diRoma (Avv. Carnovale) c. Falchetti (Avv. Lavitola)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 203/204-217/218Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187310 .

Accessed: 28/06/2014 13:00

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PARTE TERZA

laurea di nuova istituzione » non avrebbe spiegazione l'ultimo suo comma ove espressamente si ha cura di precisare che, solo per essi, i concorsi per posti di docente ordinario ed associato

possono esser banditi anche in deroga alla periodicità biennale

prevista dall'art. 2, sentito il consiglio universitario nazionale. Il ricorso in appello va, per l'effetto, accolto.

Considera, peraltro, la sezione, quanto alla tesi subordinata

prospettata dall'avvocatura dello Stato, che, in effetti, nella specie l'atto non sembra essere adottato dal preside, in quanto tale e nell'esercizio delle competenze proprie dell'ufficio, bensì come unico componente del consiglio di facoltà e quindi, anche per tale ragione ove, in thesi, si dovesse ancora ritenere applicabile la giurisprudenza della sezione formatasi anteriormente al d.p.r. n. 382/80, la delibera sarebbe, comunque, illegittima. (Omissis)

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; ordinanza 23 novembre

1985, n. 547; Pres. Paleologo, Rei. Catricalà; Comune di

Roma (Avv. Carnovale) c. Falchetti (Avv. Lavitola).

Espropriazione per pubblico interesse — Opera pubblica —

Progetto — Dichiarazione implicita di pubblica utilità — O

messa pubblicazione — Legittimità — Rimessione della que stione all'adunanza plenaria (L. 22 ottobre 1971 n. 865, pro

grammi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche e

integrazioni alle leggi 17 agosto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962 n. 167, 29 settembre 1964 n. 847; ed autorizzazione di

spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residen

ziale, agevolata e convenzionata, art. 10, 11; 1. 3 gennaio 1978 n.

1, accelerazione delle procedure per la esecuzione di opere

pubbliche e di impianti e costruzioni industriali, art. 1).

È opportuno rimettere all'adunanza plenaria la questione della

legittimità dell'approvazione del progetto di un'opera pubblica, che valga dichiarazione della pubblica utilità di essa, malgrado non sia stata preceduta dalla pubblicazione del progetto stesso, dalla presentazione delle osservazioni al riguardo da

parte degli interessati, e dalla pronuncia su di queste. (1)

II

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; ordinanza 23 novembre

1985, n. 554; Pres. Rosini, Rei. Martorelli; Comune di

Albese con Cassano (Avv. Mantegazza, Daniele) c. Brunati

(Avv. Dalla Bona, Romanelli).

Espropriazione per pubblico interesse — Opera pubblica —

Progetto — Dichiarazione implicita di pubblica utilità —

Omessa pubblicazione — Legittimità — Rimessione della que stione all'adunanza plenaria (L. 25 giugno 1865 n. 2359, e

spropriazione per causa di pubblica utilità, art. 4, 5, 19, 20, 21; 1. 22 ottobre 1971 n. 865, art. 9, 10; d.p.r. 24 luglio 1977 n.

616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n.

382, art. 106; 1. 3 gennaio 1978, n. 1, art. 1).

È opportuno rimettere all'adunanza plenaria la questione della

legittimità dell'approvazione del progetto di un'opera pubblica, che valga dichiarazione della pubblica utilità di essa, malgrado non sia stata preceduta dalla pubblicazione del progetto stesso, dalla presentazione delle osservazioni al riguardo da

parte degli interessati, e dalla pronuncia su di queste. (2)

(1-2,7) La questione della legittimità o meno dell'approvazione del progetto di un'opera pubblica che, ai sensi dell'art. 1 1. 3 gennaio 1978 n. 1, valga dichiarazione implicita della sua pubblica utilità, senza la previa pubblicazione del progetto stesso, e gli altri momenti garantistici previsti dagli art. 10 e 11 la 1. 22 ottobre 1971 n. 865, trova una giurisprudenza divisa, ma orientata maggioritariamente nel senso della necessità della applicazione di tali articoli, secondo un indirizzo del qua le è rappresentativa la sentenza del T.A.R. Piemonte: Cons. Stato, sez. IV, 26 ottobre 1985, n. 462, Cons. Stato, 1985, I, 1090, nonché 6 ottobre 1983, n. 704, Foro it., Rep. 1984, voce Espropriazione per p.i., n. 56; T.A.R. 'Piemonte, sez. I, 31 gennaio 1984, n. 16, ibid., n. 57; T.A.R. Molise 14 dicembre 1983, n. 222, ibid., n. 61; T.A.R. Emilia Romagna 29 aprile 1982, n. 212, id., Rep. 1983, voce cit., n. 66; Cons. Stato, sez. IV, 27 ottobre 1981, n. 822, id., Rep. 1982, voce cit., n. 29; T.A.R. Piemonte 10 febbraio 1982, n. 87, ibid., voce Opere

Il Foro Italiano — 1986.

Ill

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 9 maggio 1985, n. 181; Pres. De Roberto, Est. Trotta; Grani e altri (Aw. Colarizi, Di Lauro) c. Regione Lazio (Aw. Goggiamani,

Adilardi), Comune di Viterbo (Avv. Predieri), Min. lavori

pubblici e altri <Avv. dello Stato Cosentino). Annulla T.A.R.

Lazio, sez. I, 27 ottobre 1982, n. 932.

Espropriazione per pubblico interesse — Opera pubblica —

Progetto — Approvazione statale — Localizzazione — Delibere comunali e regionali — Legittimità (L. 22 ottobre 1971 n. 865, art. 9; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, art. 81; 1. 3 gennaio 1978 n.

1, art. 1; d.l. 8 gennaio 1981 n. 4, differimento di taluni termini previsti in materia urbanistica e della realizzazione di

opere pubbliche e di edilizia residenziale, art. 2; 1. 12 marzo 1981 n. 58, conversione in legge del d.l. 8 gennaio 1981 n. 4, art. 1; d.l. 29 dicembre 1983 n. 747, disciplina della proroga dei termini di vigenza delle leggi e proroga di taluni termini in scadenza al 31 dicembre 1983, art. 6; 1. 27 febbraio 1984 n. 18, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 29 dicembre 1983 n. 747, art. unico).

Sono legittimi i provvedimenti con i quali il comune e la regione interessati approvano la localizzazione di una superstrada e la

conseguente variante urbanistica, anche se al relativo progetto l'approvazione avente valore di dichiarazione di pubblica utilità sia stata data dall'A.n.a.s. (3)

pubbliche, n. 49; T.A.R. Lazio, sede Latina, 13 giugno 1980, n. 108, id., Rep. 1981, voce Espropriazione per p.i., n. 35.

Contra: T.AjR. Sicilia 5 agosto 1985, n. 1058, Trib. amm. reg., 1985, I, 3528; T.A.R. Abruzzo 19 luglio 1985, n. 332, ibid., 3405; T.A.R. Liguria 10 novembre 1984, n. 574, ibid., 153; T.A.R. Toscana 4 maggio 1983, n. 116, Foro it., Rep. 1983, voce Opere pubbliche, n. 71, e n. 117, ibid., voce Espropriazione per p.i., n. 67; T.A.R. Puglia, sede Lecce, 13 marzo 1980, n. 59, id., Rep. 1980, voce cit., n. 65; T.A.R. Campania 11 luglio 1979, n. 299, ibid., n. 246. Cfr. anche Cons, giust. amm. sic. 1° settembre 1983, n. 93, id., Rep. 1983, voce cit., n. 60.

Pur non apparendo la giurisprudenza del Consiglio di Stato contra stata come quella dei tribunali amministrativi regionali, si comprende la rimessione della questione all'adunanza plenaria, che le due ordi nanze che ora si riportano dispongono. Malgrado siano state emesse dalla medesima sezione IV, esse, non a caso pronunciate sotto due diversi presidenti, e formulate da due diversi estensori, appaiono orientate in direzione opposta: ciascuna sembra suggerire all'adunanza plenaria stessa una propria soluzione, che riassume, con approfondi menti e distinzioni talvolta rilevanti, gli argomenti finora addotti in uno e nell'altro senso.

(3) La decisione afferma che il procedimento di localizzazione di

un'opera pubblica previsto dai commi 4° e seguenti dell'art. 1 I. 3 gennaio 1978 n. 1, ovviamente di competenza comunale, con l'intervento solo eventuale della regione, è applicabile anche per opere pubbliche l'approvazione del cui progetto, che vale dichiarazione implicita di pubblica utilità, secondo le previsioni dei primi tre commi dello stesso articolo, sia di competenza di altre amministrazioni. Sulla base di una accurata distinzione dell'oggetto dei due gruppi di commi di questo articolo (rispettivamente, attinenti alla materia dell'espropria zione, e attinenti alle conseguenze urbanistiche di questa), la pronuncia si discosta esplicitamente e motivatamente dal precedente contrario della medesima sez. IV 11 luglio 1984, n. 543, Foro it., Rep. 1984, voce Opere pubbliche, n. 38. La soluzione ora preferita era già stata accolta da T.A.R. Abruzzo, sede Pescara, 25 novembre 1983, n. 421, ibid., n. 57, che ha affermato l'applicabilità della procedura abbreviata di localizzazione ad un'opera pubblica anch'essa statale; e anche, sembra, da T.A.R. Veneto 12 marzo 1981, n. 200, id., Rep. 1981, voce

cit., n. 391, che ha dichiarato la illegittimità dell'approvazione comuna le della localizzazione di un'opera pubblica di competenza della

provincia, ma per il diverso motivo del contrasto di essa con le norme dello strumento urbanistico. Cfr. anche T.A.R. Toscana 19 dicembre

1983, n. 950, id., Rep. 1984, voce cit., n. 39, che afferma che l'art. 1 1. n. 1/78 non distingue tra opere di competenza comunale, e

opere la cui esecuzione è delegata ai comuni. Sul problema del raccordo tra localizzazione della singola opera

pubblica e previsioni dello strumento urbanistico, la motivazione richiama la decisione dell'adunanza plenaria 4 giugno 1982, n. 10, id., 1982, III, 395, che ha affermato la legittimità della dichiarazione di

pubblica utilità delle opere necessarie per la realizzazione di un parco, anche in difetto del piano regolatore particolareggiato. Questa conclu sione era stata raggiunta dalia decisione nel quadro normativo anterio re alla 1. n. 1/78, e, in particolare, sulla base dell'art. 9 1. n. 865/71. Successivamente, la giurisprudenza si è consolidata nel senso che la procedura prevista dall'art. 1 1. n. 1/78 è applicabile anche in difetto del piano particolareggiato: Cons. Stato, sez. IV, 3 aprile 1985, n. 113, Cons. Stato, 1985, I, 389; T.A.R. Toscana 28 giugno 1984, n. 511, Trib. amm. reg., 1984, I, 2712; nonché 4 maggio 1983, nn. 116 e 117, Foro it., Rep. 1983, voce Opere pubbliche, nn. 78, 80; T.A.R.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

IV

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL MO

LISE; sentenza 20 febbraio 1985, n. 26; Pres. Cuonzo, Est.

Cimmino; Lopriore e altri (Aw. Campagnola, Nucciarone) c.

Prefetto di Campobasso e altri.

Espropriazione per pubblico interesse — Opera pubblica statale — Approvazione del progetto e occupazione d'urgenza —

Competenza statale (L. 24 aprile 1941 n. 392, trasferimento ai

comuni del servizio dei locali e dei mobili degli uffici giudizia ri, art. 2, 3; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, art. 81, 106; 1. 21

dicembre 1978 n. 843, disposizioni per la formazione del

bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria), art. 34).

Espropriazione per pubblico interesse — Opera pubblica statale — Localizzazione in area già destinata a servizi pubblici —

Approvazione comunale — Legittimità — Questione manife

stamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 97, 117, 118;

d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, art. 81; 1. 3 gennaio 1978 n. 1, art. 1).

È legittima l'approvazione del progetto per la costruzione di un

ufficio giudiziario, nonché il susseguente decreto di occupazione di urgenza dell'area occorrente, che siano stati pronunciati dai

competenti organi statali, anziché dalla regione. (4) È legittima l'approvazione da parte del comune della localizza

zione di un'opera pubblica statale in area già destinata a

servizi pubblici. (5) È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 1, 4" comma, l. 3 gennaio 1978 n. 1, nella parte in cui consente che sia il solo comune, senza intervento della regione, ad approvare la localizzazione di opere pubbliche in aree già destinate a pubblici servizi, anche se di diversa

natura, in riferimento agli art. 97, 117 e 118 Cost. (6)

Lazio, sez. I, 26 agosto 1981, n. 626, id., Rep. 1982, voce Espropria zione per p.i., n. 32.

Per altri riferimenti, T.A.R. Lazio, sez. I, 29 ottobre 1984, n. 977, id., 1985, III, 362, che ha risolto altre questioni sorte in occasione della realizzazione della medesima superstrada Civitavecchia-Rieti.

(4) È piuttosto ricca la giurisprudenza sul riparto di competenze tra Stato e regione nell'esercizio del potere di esproprio: per i precedenti, soprattutto in relazione al trasferimento di competenze disposto dal

d.p.r. 15 gennaio 1972 n. 8, v. i richiami in nota a T.A.R. Abruzzo, sede Pescara, 27 luglio 1978, n. 168, Foro it., 1980, III, 150, che ha affermato la illegittimità del decreto di esproprio di un'area destinata ad edilizia scolastica, emanato dal prefetto anziché dalla

regione, malgrado che l'opera fosse a totale carico dello Stato.

Successivamente, nel senso che la regione, in base a tale normativa, avrebbe competenza espropriativa solo per iniziative pubbliche regiona li, Cons. Stato, sez. IV, 30 novembre 1985, n. 586, Cons. Stato, 1985, I, 1387 (di nuovo relativa ad un'opera pubblica scolastica), e sez. VI 5 marzo 1986, n. 236, Settimana giur., 1986, I, 94.

Comunque, la giurisprudenza di gran lunga prevalente di questi anni afironta il problema sulla base del più ampio trasferimento di

competenze dallo Stato alle regioni (ed entro limiti che qui non

rilevano, agli stessi comuni), operato dall'art. 106 d.p.r. 24 luglio 1977

n. 616, che riserva allo Stato i soli procedimenti ablativi «...per le

opere pubbliche la cui esecuzione è di sua spettanza ». E lo risolve

soprattutto distinguendo il carattere ultraregionale, o addirittura nazio nale dell'interesse connesso con l'opera (con riserva di competenza allo Stato), dal carattere al massimo regionale di esso (con conseguente tra sferimento di competenza alla regione): Cons, giust. amm. sic. l'I feb braio 1986, n. 14, Settimana giur., 1986, I, 66; T.AjR. Sicilia 5 agosto 1985, n. 1058, Trib. amm. reg., 1985, I, 3528; Cons. Stato, sez. IV, ,14

luglio 1981, n. 582, Foro it., Rep. 1981, voce Espropriazione per p.i. n.

38; sez. I 16 novembre 1979, n. 901/79, id., Rep. 1982, voce cit., n. 23

(che, conseguentemente, ibid., n. 24, riserva allo Stato le procedure ablative per opere di interesse pubblico promosse da privati); sez. IV

15 dicembre 1981, n. 1076, ibid., voce Regione, n. 256; T.A.R. Lazio, sede Latina, 27 febbraio 1981, n. 63, id., Rep. 1981, Espropriazione per p.i., n. 51. T.A.R. Abruzzo 21 settembre 1982, n. 443, id., Rep. 1983,

voce cit., n. 49, valorizza, viceversa, la provenienza del finanziamento.

Significativo per l'applicazione di tali criteri di riparto è il campo dell'edilizia scolastica, tendenzialmente di competenza regionale: Cons.

Stato, sez. IV, 24 gennaio e 3 luglio 1985, nn. 15 e 261, Cons. Stato,

1985, I, 11 e 668; nonché 22 marzo 1983, n. 150, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 47. Mentre, anche dopo l'entrata in vigore del d.p.r. n.

616/77, rimangono riservati allo Stato i procedimenti ablativi per l'edilizia universitaria: Cons. Stato, sez. IV, 17 novembre 1984, n. 865, Cons. Stato, 1984, I, 1377.

(5-6) La sentenza ripropone la questione della applicabilità della

procedura prevista dall'art. 1 1. n. 1/78, per la localizzazione di opere

pubbliche di competenza non comunale, nel caso statale.

Per quel che riguarda la costruzione di uffici giudiziari, per riferi

menti, Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 1982, n. 3, Foro it., Rep. 1982,

Il Foro Italiano — 1986 — Parte III-15.

V

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE

MONTE; sezione I; sentenza 25 gennaio 1985, n. 42; Pres. ed

est. Montini; Aimar e altri (Aw. Videtta) c. Min. grazia e

giustizia (Avv. dello Stato Ferrerò), Comune di Saluzzo (Avv. Dal Piaz), Consorzio subalpino di edilizia industrializzata

(Aw. Barosio), Regione Piemonte (Avv. Scollo).

Espropriazione per pubblico interesse — Opera pubblica —

Progetto — Dichiarazione implicita di pubblica utilità — O

messa pubblicazione — Illegittimità (Cost., art. 42; 1. 22

ottobre 1971 n. 865, art. 9, 10; 1. 3 gennaio 1978 n. 1, art. 1).

Espropriazione per pubblico interesse — Termini — Decorrenza

da un evento di data incerta — Illegittimità — Fattispecie.

È illegittima l'approvazione del progetto di un'opera pubblica, che valga dichiarazione della pubblica utilità di essa, che non

sia stata preceduta dalla pubblicazione del progetto stesso, dalla

presentazione delle osservazioni al riguardo da parte degli

interessati, e dalla pronuncia su di esse. (7) È illegittima la fissazione della decorrenza dei termini per l'inizio

e il compimento dei lavori e della espropriazione, da un evento

di data incerta, come la registrazione da parte della Corte dei

conti del decreto di approvazione del progetto dell'opera pub blica. (8)

I

Diritto. — Per i motivi che saranno qui di seguito indicati la

sezione ritiene di dover rimettere la controversia all'esame dell'a

dunanza plenaria. E pregiudiziale l'esame dell'eccezione di inammissibilità del

ricorso di primo grado, sollevata dal comune di Roma e ripropo

voce Regione, n. 258, che ha ammesso la legittimità, già sulla base del

d.p.r. 15 gennaio 1972 n. 8, dell'espropriazione pronunciata dalla

regione, di aree necessarie per la costruzione di un palazzo di giustizia di proprietà del comune.

Sui problemi di applicazione dell'art. 81 d.p.r. 24 luglio 1977 n.

616, per la localizzazione di opere pubbliche di interesse statale in difformità delle prescrizioni dello strumento urbanistico, cfr., sotto vari

profili, Cons. Stato, sez. VI, '13 maggio 1985, n. 197, T.A.R. Lazio, sez. I, 22 e 29 ottobre 1984, nn. 936 e 977, T.A.R. Piemonte, sez. II, 25 settembre 1984, n. 258, Foro it., 1985, III, 359, con nota di richiami. Per la giurisprudenza successiva, T.A.R. Puglia, sede Lecce, 23 febbraio 1985, n. 155, Trib. amm. reg., 1985, I, 3042, nel senso della illegittimità della approvazione del progetto di un'opera pubblica statale in difformità degli strumenti urbanistici vigenti, in difetto dell'attivazione delia procedura prevista da tale art. 81; e, in più diretto riferimento al problema affrontato dalla sentenza, Cons. Stato, sez. IV, 30 novembre 1985, n. 581, Cons. Stato, 1985, I, 1384, ha affermato che, in tale caso, in difetto di tale procedura, l'illegittimità dell'approvazione del progetto dell'opera pubblica statale non è evitata

dall'approvazione della localizzazione di questa da parte del comune, con la conseguente adozione della variante al piano regolatore, sotto

posta ad approvazione regionale, peraltro non ancora pronunciata. D'altra parte, Trib. sup. acque 21 gennaio 1986, n. 2, id., 1986, II, 115, ha sostenuto l'effetto sanante l'illegittimità dell'approvazione del

progetto esecutivo di un'opera pubblica statale, da parte del giudizio

positivo, ancorché tardivo, della regione, sulla compatibilità dell'opera stessa con gli strumenti urbanistici vigenti.

(8) In base al principio della illegittimità della fissazione da una data incerta della decorrenza dei termini determinati nella dichiarazio ne di pubblica utilità (o in atto separato, quando questa sia implicita), Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio .1977, n. 117, Foro it., Rep. 1977, voce Espropriazione per p.i., n. 59, ha affermato che illegittimamente l'amministrazione ha stabilito l'inizio delle espropriazioni entro un termine decorrente dalla comunicazione al ricorrente dell'avvenuta

registrazione da parte della Corte dei conti del decreto di approvazio ne del progetto delle opere (e l'inizio dei lavori entro un certo tempo dalla consegna). Contra'. Cons, giust. amm. sic. 22 febbraio 1978, n.

18, id., Rep. 1978, voce cit., n. 56, che ha considerato legittima la decorrenza del termine per l'inizio delle espropriazioni dalla data di

registrazione da parte della Corte dei conti del decreto di dichiarazio ne di pubblica utilità.

In base al medesimo principio, lo stesso Cons, giust. amm. sic. 14

maggio 1970, n. 353, id., Rep. 1970, voce cit., n. 44, ha considerato

illegittima, viceversa, la fissazione all'inizio dei lavori in relazione ad un evento dalla data incerta (entro e non oltre trenta giorni dalla emanazione di un successivo provvedimento); e T.A.R. Lazio, sez. I, 28 agosto 1981, n. 626, id. Rep. 1982, voce cit., n. 158, ha considerato

illegittima la fissazione dei termini per l'inizio e il compimento dei

lavori, dal momento della immissione del possesso. Per contro, Cons.

Stato, sez. IV, 17 novembre 1981, n. 885, ibid., n. 38, ha considerato

legittima la fissazione del termine per l'ultimazione dei lavori, con riferimento al termine finale previsto nel capitolato d'appalto e nel

relativo contratto, perché già stipulato.

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PARTE TERZA

sta come motivo d'appello, sotto il profilo che il Falchetti,

proprietario di piccola quota indivisa del compendio occupato, e

non esclusivo dominus, difetterebbe di legittimazione all'azione

anche in favore degli altri comproprietari. La sezione ritiene che l'eccezione potrebbe essere disattesa

dall'adunanza plenaria qualora si consideri che il titolare del

diritto di proprietà, sia pure pro quota, ha piena legittimazione ad impugnare l'atto ablativo del diritto reale esercitato in comu

nione con altri soggetti, che assumono la veste di cointeressati, e

quindi, di parti non necessarie del processo. Il che deriva dalla

particolare natura della comunione pro indiviso, che consente

l'esperimento di azioni indivisibili a tutela del diritto, senza

necessità dell'assenso degli altri comproprietari, o di delibere

collegiali, allorché non vi sia possibilità di tutelare la quota

indipendentemente dalla difesa della comproprietà, posto che

quest'ultima non dà luogo ad una figura giuridica fornita di propria

personalità, distinta ed autonoma rispetto a quella dei singoli comunisti.

Nel merito, la tesi del comune è che si possa procedere legittimamente all'approvazione di progetti di opere pubbliche con gli effetti di cui all'art. 1 1. n. 1 del 1978, senza necessità di

porre in essere le misure garantistiche previste dagli art. 10 e 11 1. n. 865 del 1971 (deposito degli atti relativi all'opera, notifica ai

proprietari, esame delle osservazioni, ecc.) Dato che l'occupazio ne d'urgenza, sostiene il comune, è istituto del tutto autonomo e distinto da quello dell'espropriazione definitiva, sarebbe sufficien

te, ai fini dell'occupazione, la previa redazione dello stato di consistenza. La mancanza degli adempimenti ex art. 10 e 11 eviterebbe la dichiarazione di p.u. ma non la dichiarazione di indifferibilità dell'opera. Le opere pubbliche, infine, sono localiz zate in conformità alle previsioni di P.R.G., nei confronti delle

quali ai privati è consentito far valere le proprie ragioni in sede di formazione dello strumento urbanistico. Qualora si affermasse, ritiene l'appellante, la necessità di ripetere gli adempimenti in sede di occupazione, si abrogherebbe, nella sostanza, l'art. 1 1. n. I del 1978, e si darebbe vita ad un procedimento macchinoso, che il legislatore aveva voluto semplificare.

A parere della sezione occorre preliminarmente chiarire che la distinzione operata dalla difesa del comune in merito ai presup posti (dichiarazione di pubblica utilità-dichiarazione di indiffe

ribilità) che legittimano i due atti esecutivi (espropriazione-occu pazione), nel caso di specie, non ha come necessaria conseguenza l'autonomia dei vizi rilevabili in ciascuna procedura. L'approva zione del progetto ex art. 1 1. n. 1 del 1978, infatti, equivale sia a dichiarazione di p.u., sia a dichiarazione di indifferibilità ed

urgenza dell'opera. Di tal che, i vizi della prima ben possono travolgere la seconda, allorché comportino l'annullamento dell'u nico atto dal quale derivano.

Il vero è che non v'è perfetta autonomia tra l'istituto dell'e

spropriazione e quello dell'occupazione, essendo quest'ultima strumentale ed accessoria rispetto alla prima. Orbene, se l'appro vazione del progetto è presupposto unico dei due atti esecutivi, sembra al collegio che, in mancanza di espressa deroga legislativa (e la 1. n. 1 del 1978 non esprime siffatta deroga agli art. 10 e 11 1. n. 865 del 1971), l'atto approvativo possa essere legittimo solo

se sono state adempiute le formalità garantistiche previste per entrambi gli istituti, e, quindi, la redazione dello stato di consi stenza (per l'occupazione interinale) e gli incombenti ex art. 10 e II 1. 865 del 1971 (per l'esproprio definitivo). Questi ultimi costituiscono inderogabili misure garantistiche per i proprietari interessati all'esproprio, consentendo loro la possibilità di far valere le proprie ragioni, sia pure nell'interesse pubblico generale. Nel caso di specie, ad esempio, ritiene il collegio che l'ammini strazione comunale avrebbe riesaminato il progetto ove si fosse

consentito ai privati di rilevare (quanto è poi risultato, a seguito della decisione interlocutoria della sezione) che l'espropriando casale era dotato di pregevoli caratteristiche architettoniche ed era inserito tra gli immobili antichi da tutelare nella carta

dell'Agro romano, approvata dallo stesso comune il 18 marzo

1981, con delibera n. 959. L'osservazione proposta nella sede

opportuna avrebbe consentito di evitare la demolizione del casale,

probabilmente con la decisione di completare viale Primavera munito di uno spartitraffico di minore larghezza, rispetto a quella approvata, e della quale il comune non ha dato in questo giudizio adeguata giustificazione.

Poiché l'approvazione del progetto spesso costituisce effettiva localizzazione dell'opera e, quindi, scelta definitiva dell'area, sembra alla sezione che gli adempimenti garantistici devono essere posti in essere prima dell'atto approvativo, altrimenti i

privati non potrebbero produrre osservazioni utili, dovendosi ritenere inutile ogni osservazione proposta dopo che la scelta è

Il Foro Italiano — 1986.

divenuta irrevocabile, per l'avvenuta mutazione dello stato dei

luoghi, ad occupazione effettuata.

A parere del collegio non sembra fondata la difesa del comune

secondo il quale l'interpretazione suesposta vanificherebbe la ratio

acceleratoria che ha ispirato la 1. n. 1 del 1978, rispetto alla legge generale sulle espropriazioni.

Come ha rilevato il primo giudice, la concentrazione di compe tenza nell'amministrazione comunale (approvazione del progetto comportante dichiarazione di p.u. e di urgenza dell'opera) rende

certamente la procedura espropriativa più agile rispetto a quella prevista dalla 1. n. 865 del 1971, restando esclusa la necessità

dell'intervento regionale, ove il progetto non comporti variante al

vigente strumento urbanistico.

Da quanto si è osservato consegue l'affermazione del carattere

di generalità della procedura dettata della 1. 865 del 1971, che non potrebbe ritenersi implicitamente abrogata per effetto della

sopravvenuta normativa particolare in tema di occupazione d'ur

genza che in nulla ha innovato i piani regolatori della materia

espropriativa. Del resto è lo stesso art. 11, 1° comma, 1. n. 865 del 1971 a rendere necessarie le formalità procedimentali, anche

quando, come nel caso in esame, non sia necessaria la dichiara zione espressa di pubblica utilità.

Alla luce di siffatti principi, resterebbe inifluente ogni ulteriore

argomentazione proposta dal comune al fine di sostenere, una diversa interpretazione. In particolare non avrebbe pregio il rilievo che ai privati sia stato consentito di esprimere le proprie osservazioni in sede di formazione del P.R.G., posto che l'appro vazione dello strumento urbanistico generale con comporta di chiarazione di p.u., e che questa può intervenire allorché sia decorso tempo sufficiente a far mutare, nel territorio, l'assetto

degli interessi presenti al momento di redazione del piano genera le. Di tal che le formalità garantistiche di cui agli art. 10 e 11 1. n. 865 del 1971 appaiono necessarie anche quando il progetto corrisponda alle indicazioni di piano già approvato.

Spesso, del resto, accade che il P.R.G. non preveda, se non

genericamente la localizzazione di una opera in un'area determi

nata, e che l'effettiva delimitazione dei confini dell'espropriando territorio sia determinata in sede di approvazione del progetto, senza che ciò comporti variante alla indicazione del piano, che

viene, se mai precisata, ma non variata. In questi casi, l'interpretazione su enunciata sembra l'unica

idonea a contemperare le esigenze di celerità che hanno ispirato il legislatore del '78, con i principi consolidati in giurisprudenza e

recepiti nel sistema in tema di procedimenti ablatori. La sezione, d'altra parte, non ritiene di poter affermare il

principio in virtù del quale l'approvazione del progetto deve essere sempre preceduta dall'approvazione del piano particolareg giato, posto che siffatta conclusione frusterebbe realmente ogni intento accelerativo della 1. n. 1 del 1978. Ed infatti, mentre il

preventivo deposito per dieci giorni dell'approvando progetto, e

l'espletamento delle formalità connesse all'eventuale proposizione delle osservazioni non richiede tempi lunghi, è ben noto che con la stessa celerità non può approvarsi un piano particolareggiato, nei confronti del quale, tra l'altro, le osservazioni sono sicura mente ammesse.

La sezione rileva peraltro che si tratta di questione di massima

per la soluzione della quale potrebbero essere emesse contrastanti

pronunce; appare pertanto opportuna la rimessione dell'intera

controversia, anche per i motivi non esaminati, all'adunanza

plenaria ai sensi del 2° comma dell'art. 45 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054.

II

Diritto. — La violazione degli art. 10 e 11 della 1. 22 ottobre 1971 n. 865, che dettano nuove disposizioni per lo svolgimento della procedura preordinata alla dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità, rappresenta l'unico motivo esaminato e ritenuto fondato dal T.A.R. Lombardia con la sentenza 24 ottobre

1983, n. 72, qui appellata dal comune di Albese con Cassano

(Como). Secondo le prospettazioni delle signore Lidia e Valeria Brunati,

ricorrenti in primo grado, il comune aveva approvato i progetti di una scuola, di una palestra e di parcheggi stradali, ai sensi dell'art. 1 1. 13 gennaio 1978 n. 1 (con la dichiarazione implicita di p.u. urgenza ed indifferibilità delle opere da realizzare) senza dare ad essi la pubblicità « garantistica » prevista nell'art. 10 della legge n. 865.

L'analisi della questione, con riferimento alle censure mosse dal comune alla sentenza dei primi giudici, va preceduta dall'esame dell'eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo, proposta

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

dal comune sull'assunto che l'atto di approvazione dei progetti non è immediatamente lesivo della sfera giuridica delle ricorrenti.

L'eccezione va respinta per l'evidente interesse, personale e

diretto, delle proprietarie dell'area destinata alla costruzione del

l'opera pubblica, ad impugnare, in sede giurisdizionale, le delibe

re che concretano la volontà dell'amministrazione in ordine a

quel puntuale determinato intervento sul territorio e che costi

tuiscono i presupposti dei provvedimenti di espropriazione e di

occupazione d'urgenza. Quanto alla necessità degli adempimenti procedurali, richiesti

dall'art. 10 1. 865 ai fini del procedimento di espropriazione di

pubblica utilità — e che consistono nel deposito, nella segreteria del comune, di una relazione esplicativa dell'opera da realizzare, corredata dalle mappe catastali, dall'elenco dei proprietari delle

aree e dalle planimetrie dei piani urbanistici vigenti — pur in

presenza di una delibera approvativa del progetto ex art. 1 1. n.

1, adottata naturalmente a seguito di verifiche che investono non

soltanto la validità tecnica del progetto medesimo ma anche la

sua rispondenza alle esigenze urbanistiche e normative, il collegio condivide quella giurisprudenza (Cons. amm. giust. sic. 29 aprile 1977, n. 75, Foro it., Rep. 1977, voce Espropriazione per p.i., n.

48; sez. IV 29 luglio 1980, n. 795, id., Rep. 1980, voce Regione, n. 319) secondo cui gli adempimenti dell'art. 10 1. 22 ottobre 1971 n. 865 sono previsti per l'ipotesi che si debba promuovere una dichiarazione espressa di pubblica utilità, e non anche per i

casi in cui gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità si

producano, per disposizione di legge, con l'approvazione, da parte delle autorità a ciò competenti, di progetti o programmi di opere pubbliche.

Il coordinamento tra tali disposizioni di legge, in particolare, l'art. 1 1. 3 gennaio 1978 n. 1 e gli art. 9 ss. 1. 22 ottobre 1971 n.

865, delinea il seguente modulo procedimentale. L'approvazione del progetto produce gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità, vale a dire che abilita, da sola, le amministrazioni e gli enti, cui compete l'esecuzione dell'opera, a promuovere l'occupazione e l'espropriazione L'occupazione d'urgenza è autorizzata dal comune (art. 106 d.p.r. 29 luglio 1977 n. 616) senza che occorrano altri previ adempimenti. Per l'e

spropriazione resta in vigore per quanto non attiene alla dichia razione di pubblica utilità ed urgenza, implicite, la procedura degli art. 10 ss. 1. 22 ottobre 1971 n. 865, col deposito del

progetto approvato in luogo della relazione esplicativa, e la successiva pronuncia sulle osservazioni, e contestuale determina

zione della indennità provvisoria, da parte del presidente della

giunta regionale. Questo modulo procedimentale realizza l'accelerazione delle

procedure per l'esecuzione delle opere pubbliche, cui è finalizzata

la 1. 3 gennaio 1978 n. 1, perché consente che l'esecuzione delle

opere stesse inizi in base al progetto approvato sulle aree

provvisoriamente occupate, senza che si debba attendere la sca

denza del termine per la presentazione delle osservazioni.

La massima su cui il T.A.R. per la Lombardia ha fondato

l'accoglimento del ricorso delle signore Biunati — secondo cui il

progetto di opera pubblica, la cui approvazione equivale a

dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza dell'ope ra stessa, deve, per poter conseguire tale effetto, essere depositato a norma dell'art. 10 1. 865 del 1971, e non può essere legittima mente approvato prima che sia trascorso il termine per la

presentazione delle osservazioni — vanifica, invece, l'art. 1 1. 3 gennaio 1978 n. 1, e non può essere condivisa.

Nella sentenza appellata questa massima non è motivata se non con la menzione della decisione di questa sezione del 27 ottobre

1981, n. 822 (id., Rep. 1982, voce Espropriazione per p.i., n. 29), nella quale ha un ruolo decisivo il rilievo che le osservazioni, per essere utili, devono precedere l'approvazione del progetto, perché 10 scopo di chi le propone è proprio quello di contestarlo per indurre l'autorità competente a respingerlo o a modificarlo.

L'argomentazione non resiste ad una critica che distingua —

come è agevole fare se si considera la evoluzione della legislazio ne in materia di espropriazioni — tra le osservazioni che possono essere proposte da chiunque c quelle riservate agli interessati. Le

prime sono una forma di collaborazione dei cittadini a tutela del

pubblico interesse alla migliore localizzazione e progettazione

dell'opera pubblica; le seconde sono previste a garanzia degli interessi dei privati espropriando

La distinzione è chiarissima nella 1. 25 giugno 1865 n. 2359. La

dichiarazione di pubblica utilità ha riguardo ad un piano di

massima, sul quale « chiunque » può presentare osservazioni (art. 4, 5). Alla dichiarazione di pubblica utilità segue la designazione, mediante il piano particolareggiato dei beni da espropriarsi; e sul

piano particolareggiato « le parti interessate » (i proprietari dei

11 Foko Italiano — 1986.

beni da espropriarsi) possono presentare osservazioni. Soltanto

queste ultime è previsto che siano decise (art. 19, 20, 21). Assai presto, peraltro, emerse la tendenza della legislazione alla

riduzione di taluni adempimenti, con particolare riguardo alle

osservazioni «collaborative». Già la 1. 18 dicembre 1879 n. 5188

disponeva che l'approvazione di progetti da parte del ministro dei

lavori pubblici, sentito il consiglio superiore dei lavori pub blici e il Consiglio di Stato, per i lavori accessori ad opere da

eseguirsi dallo Stato e dai suoi concessionari, avesse valore di dichiarazione di pubblica utilità. Ma una innovazione di ben più ampia portata si ebbe col r.d. 8 febbraio 1923 n. 422 (« norme

per l'esecuzione di opere pubbliche »), il cui art. 30 prevede che

l'approvazione dei progetti ha valore di dichiarazione di pubblica utilità.

Venne così a riflettersi sul piano istituzionale la convinzione

(derivata anche dall'esperienza dello scarso rilievo pratico delle osservazioni al piano di massima) che la valutazione dell'ammi nistrazione sulle caratteristiche dell'opera e sull'opportunità di

eseguirla in un dato momento e su una determinata area garan tisse pienamente il pubblico interesse e sostituisse quindi con

gniamente la partecipazione collaborativa dei privati. Successivamente, l'istituto della dichiarazione implicita di pub

blica utilità ebbe ampi sviluppi. Basterà citare l'art. 1 r.d.l. 14 ottobre 1926 n. 2021 per le opere

di competenza dell'ex alto commissario per la provincia di

Napoli; l'art. 7 r.d.l. 6 novembre 1926 n. 1870 per le borgate rurali intorno all'Adige; l'art. 109 t.u. 5 febbraio 1928 n. 577 per gli edifici scolastici; l'art. 33 t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775 per le

grandi derivazioni d'acque pubbliche, e, più in generale, per la costruzione di acquedotti comunali ed impianti elettrici, con il concorso dello Stato; la 1. 2 febbraio 1939 n. 302 per la costruzione di campi sportivi; il t.u. 28 aprile 1938 n. 1165 per l'approvazione di progetti di case popolari; la 1. 10 novembre 1948 n. 1363 che ha dichiarato applicabile alle opere a carico delle ferrovie dello Stato la regola dell'art. 30 r.d. 422 del 1923; la 1. 9 agosto 1954 n. 640 per la eliminazione di case malsane; il

d.p.r. 30 giugno 1955 n. 1534 sulla competenza dei provveditori alle OO.PP.; la 1. 30 luglio 1959 n. 595 per i progetti di opere igieniche; la 1. 24 luglio 1961 n. 729 per l'attuazione del piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali, ed inoltre, per la costruzione di ferrovie metropolitane, per gli interventi a favore del Mezzogiorno, per i programmi pubblici di edilizia residenziale (art. 52 1. 22 ottobre 1971 n. 865), ecc.

Ma anche nei procedimenti espropriativi che continuavano a fondarsi su un atto di dichiarazione di pubblica utilità in forma

espressa e autonoma, fini col venir meno, a seguito della 1. 22 ottobre 1971 n. 865, la previsione delle osservazioni «collaborati ve ».

Va sottolineato, infatti, che le osservazioni previste dall'art. 10 1. 865 del 1971 sono quelle degli interessati, le quali, nello schema tradizionale derivato dalla 1. n. 2359 del 1865, dove

vano, anziché precedere (come le osservazioni di « chiunque ») la

dichiarazione di pubblica utilità, collocarsi tra questa e l'espro priazione. Poiché l'art. 10 ss. 1. 865 del 1971 condensa in un unico atto la dichiarazione di pubblica utilità, la decisione sulle

osservazioni (che, provenendo dagli interessati e non da chiunque, sono rimedi giuridici e dunque vanno decise esplicitamente) e la

liquidazione dell'indennità provvisoria, colloca le osservazioni ivi

previste prima della dichiarazione di pubblica utilità. Ma, una

volta che gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità si

producono — con l'approvazione del progetto dell'opera pubblica — non c'è ragione perché le osservazioni degli interessati non

riprendano il posto assegnatogli dal sistema: dopo la dichiarazio

ne di p.u. (cioè dopo l'approvazione del progetto) e prima dell'e

propriazione. Il rilievo — che in qualche precedente ha suggerito un'inter

pretazione sostanzialmente soppressiva della rilevanza pratica del la dichiarazione implicita di p.u. — che la collocazione delle

osservazioni, di cui l'art. 10 1. 865 del 1971, in un momento

successivo all'approvazione del progetto, contrasterebbe sia con

l'esigenza di garantire la proprietà privata sia con quella di

assicurare all'amministrazione la collaborazione dei privati per il

più corretto perseguimento dell'interesse pubblico (v. sez. IV, 27

ottobre 1981, n. 822, cit.), trascura anzitutto di considerare che

l'anticipazione degli effetti della dichiarazione di pubblica utilità

e di urgenza non riduce il valore garantistico delle osservazioni

degli interessi (quelle previste, appunto, a tutela dei proprietari

espropriandi), le quali nella nostra tradizione normativa hanno

sempre seguito, non preceduto, la dichiarazione di pubblica utilità

(tranne che con la 1. 865 del 1971, per la ragione esposta, che

non la pone in contrasto con quella tradizione) senza perciò

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PARTE TERZA

essere considerate inutili. Disponeva, infatti, l'art. 19, ult. comma, 1. 2359 del 1865 che « qualora le osservazioni (degli interessati) siano dirette contro il tracciato od il modo di esecuzione dell'o

pera, il prefetto,... se le ravvisa meritevoli di considerazione, decreta le modificazioni necessarie al progetto nel caso che questo sia da lui approvato; negli altri casi ne decreta il rinvio per la

decisione all'autorità da cui fu impartita l'approvazione ». Non c'è ragione per ritenere che l'autorità (il presidente della regione) che ha ereditato dal prefetto il potere di espropriazione non

possa provvedere ugualmente. Trascura, poi, quel rilievo, di considerare che la possibilità di

presentare osservazioni « collaborative » è venuta meno proprio con l'art. 10 1. 865 del 1971, che prevede solo le osservazioni

degli interessati. E non senza una ragione sistematica. Il momento delle osservazioni « collaborative » si è, infatti, dislocato nel

procedimento di formazione dei piani regolatori generali e degli altri strumenti urbanistici. Benché l'art. 9 della legge urbanistica abiliti alla presentazione delle osservazioni soltanto le associazioni sindacali e gli altri enti pubblici e istituzioni interessate, si è

affermata, come è noto, la prassi, esplicitamente approvata dal ministero dei lavori pubblici con la circolare del 7 luglio 1954 n.

2495, di ammettere le osservazioni di privati (di chiunque), al fine di consentire un apporto collaborativo di tutti i cittadini alla

migliore formulazione della disciplina urbanistica. Va sottolineato che, a norma dell'art. 1 1. 3 gennaio 1978 n. 1,

l'approvazione dei progetti di opere pubbliche equivale a dichia razione di pubblica utilità e di urgenza e indifferibilità delle

opere stesse soltanto se queste sono allocate in aree che nello strumento urbanistico vigente risultino destinate alla realizzazione di servizi pubblici. Nel caso, invece, in cui le opere ricadano su aree che non sono destinate a pubblici servizi, la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del progetto costituisce adozione di variante allo strumento urbanistico e viene approvata con le modalità previste dagli art. 6 ss. 1. 18 aprile 1962 n. 167, e successive modificazioni e integrazioni. In questo caso, dunque, almeno agli interessati è assicurata la facoltà di presentare osservazioni prima dell'approvazione del progetto.

Vale a dire che la dichiarazione di pubblica utilità è implicita nell'approvazione (soltanto) di opere pubbliche che costituiscono la realizzazione di previsioni urbanistiche certe, alla cui forma zione gli interessati (e, di regola, chiunque) hanno potuto colla borare.

L'interpretazione, dunque, che il collegio dà all'art. 10 1. 865 del 1971 — secondo cui l'approvazione dei progetti, nei casi in cui essa implica la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera non è subordinata agli adempimenti previsti dallo stesso art. 10, benché vi sia subordinata la espropriazione — non è riduttiva delle garanzie degli espropriando Resta soltanto, nei casi in cui la

dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità è impli cita per disposizione di legge nell'approvazione del progetto, che

possono aver corso, in pendenza del termine per il deposito delle

osservazioni e per la decisione su di esse, l'occupazione provviso ria dei fondi e l'esecuzione dell'opera pubblica; che è il riflesso della portata pervasiva assunta ormai dall'istituto dell'occupazione d'urgenza; ed è proprio il mezzo più ragionevole per accelerare l'esecuzione delle opere pubbliche.

Le considerazioni che precedono condurrebbero alla riforma della sentenza appellata — dato che tra i provvedimenti impu gnati non ve ne è alcuno che debba essere preceduto dagli adempimenti prescritti dall'art. 10 cit. — e imporrebbero al

collegio di considerare le censure prospettate dalle ricorrenti al

primo giudice e da questo non esaminate perché ritenute assorbi

te, se l'opportunità di evitare, in una materia di tanta importanza, contrasti giurisprudenziali, non suggerisse la rimessione del ricor so all'adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali a norma dell'art. 45, 2° comma, r.d. 26 giugno 1924 n. 1054.

Ili

Diritto. — (Omissis). La censura principale ed assorbente di entrambi i ricorsi concerne la pretesa inapplicabilità dell'art. 1 1. 3 gennaio 1978 n. 1, ai progetti di opere non rientranti nella

competenza comunale; in particolare, si assume che il comune di Viterbo prima e la regione Lazio poi avrebbero snaturato la

portata ed i limiti della predetta normativa applicandola alla

approvazione del progetto di un'opera di indiscussa e indiscutibi le competenza dello Stato in ordine alla quale nessun potere è attribuito agli enti territoriali minori: di qui, la conseguenza che nessun effetto di carattere urbanistico potrebbe seguire all'appro vazione del progetto dell'opera da parte di autorità incompetente. Oltre alla violazione della predetta normativa, viene correlativa

II Foro Italiano — 1986.

mente denunciato il vizio di sviamento di potere, consistente

nell'arbitrario ricorso ad una procedura abbreviata, utilizzata per sottrarre l'attività amministrativa a quelle incombenze di carattere

urbanistico prescritte tassativamente in tema di varianti ai piani urbanistici, e, segnatamente, alle prescrizioni dell'art. 81 d.p.r. n.

616 del 1977, che disciplina la localizzazione delle opere pubbli che statali in contrasto con i piani urbanistici.

Questa impostazione, che pure ha avuto qualche riscontro nella

giurisprudenza amministrativa (cfr. sez. IV 11 luglio 1984, n. 543, Foro it., Rep. 1984, voce Opere pubbliche, n. 38), ad avviso di

questo collegio non può essere condivisa in quanto muove da una

interpretazione riduttiva sia della 1. n. 1 del 1978, sia del

contenuto precettivo delle norme di cui al citato art. 1.

Con riferimento a quest'ultimo profilo, dal quale conviene

prendere le mosse, può preliminarmente osservarsi che la norma in

esame contiene due gruppi ben individuati di prescrizioni con

oggetto profondamente diverso, il primo afferente alla disciplina delle espropriazioni, e il secondo relativo ai profili urbanistici delle suddette espropriazioni.

Il primo gruppo, disciplinato nei primi tre commi dell'art. 1, vale a rendere generale, nell'approvazione del progetto, tanto la dichiarazione « implicita » di pubblica utilità quanto la dichiara zione « implicita » di urgenza e di indifferibiltà delle opere, estendendo, anche alle opere pubbliche degli enti territoriali, un

procedimento (già largamente sperimentato per le opere pubbliche statali) derogatorio a quel sub-procedimento formale, dichiarativo della pubblica utilità e dell'urgenza ed indifferibilità dell'opera di

cui il nostro ordinamento conosce due versioni: quella ordinaria

disciplinata dalla legge sulle epropriazioni (1. n. 2359 del 1865) e

quella speciale regolamentata dalla 1. n. 865 del 1971. La disciplina espropriativa è integrata da due significative

precisazioni: la prima, che il precetto di cui al 1° comma non è

sostitutivo ma aggiuntivo rispetto alle disposizioni contenute in

leggi speciali regolanti la stessa materia (2° comma) e la seconda

che stabilisce ex lege il termine di efficacia delle dichiarazioni

implicite di p.u. e di urgenza e di indifferibilità nel caso in cui le

opere non abbiano avuto inizio nel triennio successivo all'appro vazione del progetto.

Quale che sia la interferenza di questa normativa con le 1. n.

2359 del 1865 e n. 865 del 1971, è doveroso rilevare che il

meccanismo della approvazione dei progetti di opere pubbliche,

pur essendo formalmente riferito ai « competenti organi statali,

regionali, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli altri enti territoriali », non presuppone affatto la identità tra

autorità approvante ed autorità che predispone il contenuto

tecnico-amministrativo del progetto e, tanto meno, che facciano

capo al medesimo ente gli organi competenti all'approvazione e

quelli « competenti » alla definizione del contenuto tecnico del

progetto. Basta pensare alla figura dei concessionari di opere pubbliche (largamente impegnata in questi ultimi anni da tutte le

amministrazioni pubbliche) per rendersi conto che l'approvazione, da parte degli organi statali, regionali, provinciali e comunali, del

progetto materialmente e tecnicamente predisposto dal concessio

nario (che è un soggetto privato), in nulla differisce dalla

approvazione da parte degli stessi organi, di un progetto predi sposto da un diverso organo dello stesso ente ovvero di un

organo tecnico della p.a. appartenente ad un altro ente.

Nell'uno come nell'altro caso, all'approvazione del « competen te » organo consegue l'effetto previsto dal 1° comma della norma

in esame, vale a dire la dichiarazione implicita di p.u. e quella di indifferibilità ed urgenza nei limiti temporali stabiliti dal successivo 3° comma.

Passando al secondo gruppo di proposizioni (4°, 5° e 6° comma del citato art. 1), aventi una specifica rilevanza urbanisti

ca, è agevole osservare come le norme in esame costituiscano una assoluta novità nel nostro ordinamento in quanto esse sono rivolte a creare un raccordo diretto ed immediato tra i procedi menti espropriativi per opere pubbliche e la pianificazione urba

nistica, stabilendo una doppia procedura abbreviata, l'una deroga toria delle leggi (n. 2359 del 1865 e n. 865 del 1971) in tema di

espropriazione e l'altra delle leggi in materia urbanistica. Con i commi in esame, il legislatore è dunque intervenuto per

colmare una grave lacuna della precedente disciplina, che la

giurisprudenza non aveva mancato di rilevare (cfr. ad. plen. 4

giugno 1982, n. 10, id., 1982, III, 395), concernente il raccordo tra espropriazioni, non collegate alla sequenza dei piani urbanisti ci (cfr. art. 9 1. ri. 865 del 1971), e disciplina urbanistica tutte le volte in cui la realizzazione dell'opera pubblica incontrasse un ostacolo di carattere urbanistico o nella destinazione specifica dell'area a un servizio pubblico diverso da quello soddisfatto dal

progetto dell'opera (es. complesso scolastico al posto di un

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

complesso ospedaliero) oppure in una destinazione dell'area di

versa da quella volta a soddisfare servizi pubblici. Entrambe

queste ipotesi sono oggi contemplate nell'art. 1, rispettivamente nei commi 4° e 5°, e sono state risolte nel senso che

mentre per la difformità interna ad una destinazione di piano a

servizi pubblici l'approvazione del progetto di opera pubblica non

comporta necessità di varianti allo strumento urbanistico, invece

per la difformità che investe la stessa destinazione dell'area, la

deliberazione comunale di approvazione del progetto costituisce adozione di variante agli strumenti stessi.

Queste disposizioni dell'art. 1 sono integrate da due ulteriori

prescrizioni: la prima (6° comma) stabilisce che la variante

approvata a norma del comma precedente deve essere approvata anche dalla regione entro un termine brevissimo; e la seconda, di estremo rilievo, riguarda la temporaneità (e, quindi, la trasparente eccezionalità) della normativa di cui ai commi 4° e 5°, stabilita prima in un triennio dalla data di entrata in vigore della

legge, poi prorogata al 31 dicembre 1981 (d.l. 8 gennaio 1981 n. 4

conv. in 1. 12 marzo 1981 n. 58); e infine al 31 dicembre 1984 con d.l. 29 dicembre 1983 n. 747 conv. in 1. 27 febbraio 1984 n. 18).

Tale essendo il contenuto precettivo del citato art. 1, il

collegio ritiene di non poter condividere la tesi che il 4° e il 5° comma riguardino solo i progetti di competenza comunale. Que sta conclusione, infatti, è frutto di un equivoco in quanto, dal confronto tra le espressioni letterali del 1° comma da un lato e

quelle del 4° e del 5° comma dall'altro, non può dedursi la

presunta volontà del legislatore di attribuire rilevanza urbanistica alle delibere relative soltanto all'approvazione dei progetti del l'amministrazione comunale. Il fatto che nel 4° e nel 5° comma

siano menzionate esclusivamente le deliberazioni del consiglio comunale (cui devono seguire, nelle ipotesi del 5° comma, i

decreti di approvazione regionale) si spiega molto più semplice mente con il rilievo che le uniche autorità competenti a dare una

valenza urbanistica a progetti di opere pubbliche già approvate dai competenti organi statali, regionali, provinciali, comunali, sono appunto il comune prima e la regione poi, vale a dire le

autorità istituzionalmente preposte al governo del territorio.

Il 4° e il 5° comma dell'art. 1, perciò, contengono, relativamen

te a tutti i progetti di opere pubbliche contemplati nel 1° comma, una disciplina sostanziale e procedimentale omogenea a seconda

che si verifichino le due fattispecie rispettivamente previste nei

due commi sopra menzionati: e cioè quello dell'approvazione di

un'opera pubblica che ricada su un'area già destinata a servizi

pubblici ma con una destinazione specifica nello strumento

urbanistico diversa da quella implicata dal progetto in questione; e quella dell'approvazione di un'opera che ricada su aree che,

negli strumenti urbanistici vigenti, non siano destinate a pubblici servizi.

In entrambe le fattispecie, è però richiesta una approvazione, non tanto del progetto, quanto della localizzazione da parte del

consiglio comunale: nel primo caso, per prendere atto della non

conformità della localizzazione dell'opera pubblica rispetto alla

specifica e diversa destinazione dell'area a servizi pubblici; nel

secondo, per apportare allo strumento urbanistico, insieme alla

regione, le variazioni conseguenti alla localizzazione dell'opera

pubblica su aree per le quali il piano aveva previsto una diversa

destinazione.

Poiché in ogni caso è necessario il concorso degli organi deliberanti titolari delle ordinarie competenze urbanistiche, non si

vede per quale motivo la approvazione comunale di cui al 4°

comma e le approvazioni comunale e regionale di cui al 5°

comma debbano riguardare solo progetti di opere pubbliche di

competenza comunale.

Le approvazioni dei progetti di opere pubbliche agli effetti

espropriativi e le approvazioni dei medesimi progetti a fini

urbanistici hanno, nonostante la identica denominazione, un di

verso contenuto e una diversa funzione: è ovvio che quando si

tratta di opere di competenza comunale, la approvazione del

progetto da parte del consiglio comunale ha un duplice contenu

to, tecnico-progettuale e urbanistico, mentre quando si tratta di

progetti di altri organi competenti l'unico contenuto della delibe

razione comunale e del decreto regionale è, ovviamente, solo

quello urbanistico.

Cosi ricostruita la portata della norma in esame, la censura

prospettata dai ricorrenti deve essere disattesa sotto tutti i profili dedotti dagli interessati. Perciò i provvedimenti del comune di

Viterbo e della regione Lazio, volti ad approvare le varianti al

P.R.G. di Viterbo indispensabili alla realizzazione del progetto di

opera pubblica già redatto ed « approvato » dall'A.n.a.s., sono

solo puntuali applicazioni delle prescrizioni contenute nell'art. 1 1.

3 gennaio 1978 n. 1, che appunto consente, in via eccezionale e

Il Foro Italiano — 1986.

transitoria, di far ricorso al procedimento abbreviato ivi previsto per localizzare opere pubbliche in contrasto con i piani urbanisti ci vigenti. Né può ritenersi che comune e regione abbiano arbitrariamente applicato la suddetta procedura per sottrarsi alle incombenze previste in via ordinaria per le varianti al piano regolatore e in particolare al complesso iter stabilito dall'art. 81

d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, perché, ove sussistano le condizioni stabilite dalla legge per l'applicazione della procedura abbreviata ed accelerata, il vizio di sviamento non appare configurabile atteso che la congruità dei mezzi impiegati e dei fini perseguiti con quella procedura è stata già effettuata in astratto dal legisla tore senza che occorra una specifica ed autonoma determinazione delle amministrazioni interessate tutte le volte che ad essa riten

gano di dover ricorrere.

Neppure il fatto che nel caso in esame la 1. n 1 del 1978 sia stata utilizzata in via di mera sanatoria, quando l'opera era stata

già in parte realizzata, è suscettibile di assurgere a motivo di

illegittimità dei provvedimenti impugnati, sia perché la legge espressamente consente l'applicazione di tutte le sue norme « an che alle procedure in corso » (art. 34), sia perché scopo delle

disposizioni in esame è non solo quello della sollecita realizzazio ne delle opere pubbliche, ma anche quello dell'accelerazione, semplificazione e definizione delle procedure concernenti l'esecu zione di opere pubbliche.

Anche l'ulteriore questione, concernente la pretesa violazione della normativa di vincolo relativa agli aspetti storico-artistici, paesaggistici, ambientali e militari sui quali avrebbe inciso il tracciato delle superstrada Civitavecchia-Viterbo-Rieti deve essere disattesa perché la censura, a prescindere dalla sua genericità (tanto che gli stessi appellanti riconoscono la necessità di un ulteriore approfondimento istruttorio), non è pertinente posto che, nell'iter della procedura abbreviata di cui all'art. 1 1. n. 1 del

1978, non è previsto l'intervento degli organi rispettivamente attributari dei relativi poteri in ordine ai menzionati interessi

pubblici. In conclusione, i ricorsi proposti in primo grado dagli appellan

ti avverso i provvedimenti comunali e regionali di variante al P.R.G. di Viterbo, pur ricevibili, debbono essere respinti nel merito siccome infondati. (Omissis)

IV

Diritto. — 1. - Col ricorso in esame, i signori Vito Lopriore, Lui

gi Primiani e Guglielmina Losito hanno impugnato il decreto del

prefetto di Campobasso 13 settembre 1982 n. 5767 di occupazione di urgenza del terreno di loro proprietà, necessario alla costru zione del nuovo tribunale e procura per i minorenni di detta

città, nonché il sottostante provvedimento del provveditore alle

opere pubbliche per il Molise 28 luglio 1982 n. 3262, recante

l'approvazione del progetto dell'opera. 2. - Con la memoria del 13 settembre 1984, gli istanti hanno

prospettato il sopraggiunto difetto di interesse alla prosecuzione del giudizio per effetto della scadenza del termine di occupazione e dell'irreversibile trasformazione del fondo per lo stato di

avanzata realizzazione dell'opera, le quali avrebbero determinato

il trasferimento a titolo originario — secondo l'insegnamento della Corte di cassazione — della proprietà dell'area alla p.a. col

conseguente diritto dei ricorrenti al risarcimento del danno pari al valore del bene perduto.

La prospettata questione pregiudiziale non si pone. A prescindere dalla circostanza che, alla luce del concreto

interesse che gli istanti sembrano voler ormai conseguire, la ritenuta improcedibilità del ricorso doveva dar luogo ad una rinuncia al ricorso medesimo, per trasferire davanti al giudice ordinario la pretesa al risarcimento, si deve tener presente che il

presente giudizio ha per oggetto l'accertamento della legittimità della eseguita occupazione dell'area per il periodo in cui il

decreto prefettizio ha prodotto i suoi effetti.

In altri termini, la sussistenza o meno dei presupposti per la

profilata pretesa risarcitoria dovrà formare oggetto di esame nella

sede propria del giudizio ordinario e non può essere qui utilizzata

per la distinta finalità del giudizio amministrativo, il cui esito —

pur intervenendo la perdita del bene — influenza la pretesa risarcitoria del privato, che può riguardare, oltre il diritto ad ottenere il valore del bene perduto alla data del trasferimento di esso alla p.a., anche i danni subiti per l'eventuale occupazione abusiva.

Il disinteresse verso questi ultimi non può trovare manifesta zione che in una espressa rinuncia al giudizio, in mancanza della

quale questo evidentemente non può arrestarsi.

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PARTE TERZA

3. - Nel primo motivo del ricorso, gli istanti deducono che

l'opera di che trattasi accede al patrimonio comunale e non a

quello dello Stato, sicché, ai sensi dell'art. 2, 1° comma, lett. e), n. 1, d.p.r. 15 gennaio 1972 n. 8 e del d.p.r. 24 luglio 1977 n.

616, che hanno trasferito alle regioni a statuto ordinario le

funzioni amministrative relative ai lavori pubblici di proprietà dei

comuni, delle province e degli altri enti locali, tanto il decreto di

approvazione del progetto, quanto quello di occupazione d'urgen za doveva essere adottato dalla regione Molise.

La censura non può trovare accoglimento. Vero è che la 1. 24 aprile 1941 n. 392 ha dichiarato che sono

obbligatorie per i comuni le spese necessarie per il primo stabilimento e per i locali degli uffici giudiziari; tuttavia, la legge medesima non esclude che lo Stato possa provvedere direttamente

ai predetti locali, dato il riferimento contenuto nell'art. 2, 3°

comma, alla costruzione di palazzi di giustizia ad opera dello Stato e data la previsione del successivo art. 3 della destinazione ad uffici giudiziari di locali demaniali, anche in epoca posteriore alla legge medesima, salvo l'obbligo dei comuni di corrispondere allo Stato il canone di locazione e di provvedere alla manuten zione ordinaria degli stessi stabili demaniali.

La conferma di ciò è data dalla circostanza che l'opera in

argomento è stata inserita nel programma triennale 1979-81 di edilizia demaniale, ai sensi dell'art. 34, 1° comma, n. 3, della

legge finanziaria 21 dicembre 1978 n. 843.

Trattasi, dunque, di opera realizzata direttamente dallo Stato, destinata a restare nel patrimonio edilizio dello Stato stesso; alla

espropriazione dell'area occorrente alla sua costruzione e all'ap provazione del progetto non potevano, quindi, provvedere che

organi dello Stato, ai sensi dell'art. 106, 2° comma, d.p.r. 24

luglio 1977 n. 616 e del r.d. 18 maggio 1931 n. 544 e del d.p.r. 30 giugno 1955 n. 1533.

Ne consegue che la censura in esame va respinta, perché,

appunto, fondata sull'erroneo presupposto della natura comunale

dell'opera. Una diversa conclusione dovrebbe condurre a ritenere

illegittimo l'inserimento del tribunale nel predetto programma di

edilizia demaniale, il quale inserimento — per la fonte normativa da cui trae origine e per la specificità del programma — esclude

che si possa far qui richiamo all'irrilevanza del finanziamento

nella individuazione dell'ente, cui compete un'opera pubblica.

4. - Col secondo mezzo di impugnazione viene dedotta la

violazione dell'art. 81 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, non avendo lo

Stato provveduto alla localizzazione del tribunale secondo la

procedura indicata dalla disposizione citata, specie per quanto

riguarda la mancata intesa con la regione Molise, la cui compe tenza sarebbe stata del tutto disattesa.

Anche questa censura non merita accoglimento. Anzitutto, va

tenuto presente che il contrasto con lo strumento urbanistico

dell'insediamento dell'opera nell'area in questione costituisce la

circostanza presupposta di tutta la presente vicenda amministrati

va, sicché non occorreva procedere ad alcuna intesa con la

regione, ai fini dell'accertamento della conformità dell'opera alle

prescrizioni del piano regolatore della città, ai sensi del 2° comma

dell'art. 81 citato.

V'è, poi, da considerare che l'area in argomento non è stata

prescelta dal provveditore alle opere pubbliche o dal presidente

della corte d'appello, ma ad essi è stata direttamente proposta dal

comune, sicché — non trattandosi di superare un contrasto tra

amministrazione statale e organi comunali — era fuori luogo far

ricorso alla procedura del 3° comma dello stesso art. 81 e

all'intesa con la regione da esso prevista.

La localizzazione dell'ufficio giudiziario, quindi, è avvenuta

sulla base di scelte urbanistiche operate dal comune, attuate da

questo con i poteri, di cui all'art. 1, 4° comma, 1. 3 gennaio 1978

n. 1, mediante l'approvazione del progetto dell'opera, ai fini

urbanistici, da parte del consiglio comunale.

Al riguardo, però, i ricorrenti sostengono che tale norma si

riferisce solo alle opere pubbliche di competenza comunale, di

modo che la localizzazione del tribunale non poteva avvenire che

con la procedura dell'art. 81 d.p.r. n. 616 del 1977.

La tesi non può essere condivisa. Anzitutto, la 1. n. 1 del 1978

è diretta ad accelerare le procedure per la esecuzione, in genera

le, delle opere pubbliche e contempla specificamente anche le

opere pubbliche dello Stato. La esclusione di queste dall'applica

zione del 4° comma dell'art. 1 non trova giustificazione nel testo

della disposizione, che parla di « progetti di opere pubbliche ».

Il riferimento della norma alle sole opere pubbliche comunali

vanificherebbe in gran parte i fini voluti del legislatore, che,

nell'introdurre norme di accelerazione delle procedure per la

Il Foro Italiano — 1986.

esecuzione di opere pubbliche, volle dare un impulso all'econo

mia del paese, allora in accentuata crisi.

Inoltre, la natura urbanistica delle norme di cui al 4°, 5° e 6°

comma dell'art. 1 in esame giustifica pienamente il ruolo attribui

to al consiglio comunale nei confronti di tutte le opere pubbliche.

Le norme in argomento, proprio in relazione alla competenza

della regione e del comune in materia urbanistica, hanno soppe

sato se sia necessario l'intervento della prima nel procedimento di

modifica di destinazioni urbanistiche finalizzata all'insediamento

di opere pubbliche, ritenendolo, appunto eliminabile — in vista

delle cennate finalità della legge — nella ipotesi di aree già

vocate alla utilizzazione per servizi pubblici.

Pertanto, le norme del 4° e 5° comma dell'art. 1 1. 3 gennaio

1978 n. 1 sono riferibili a tutte le opere pubbliche, nell'evidente

considerazione che l'approvazione dei progetti da parte del con

siglio comunale è richiesta solo sotto l'aspetto urbanistico.

V'è poi da considerare che l'art. 81 d.p.r. n. 616 si pone come

alternativo rispetto alla consueta normativa urbanistica, nel senso

che la localizzazione di un'opera pubblica statale può aver luogo — in caso di constrasto con le previsioni urbanistiche — o con il

peculiare procedimento previsto dallo stesso art. 81 ovvero nel

l'osservanza della normativa urbanistica, qualora il comune adotti

e la regione approvi la variante urbanistica in adesione all'inizia

tiva dello Stato.

In questa ultima ipotesi di concordanza di vedute tra Stato,

regione e comune, non vi sarebbe alcuna difficoltà ad applicare il

5° comma dell'art. 1 1. n. 1 del 1978, poiché la variante adottata

dal comune con l'approvazione del progetto dell'opera pubblica

statale sarebbe poi approvata dalla regione.

Orbene, se il riferimento all'opera statale del 5° comma non

appare lesivo della competenza urbanistica regionale, esso non lo è

nemmeno con riguardo al precedente 4° comma, dato che le due

norme rispondono ad un medesimo disegno, del quale apparireb

be irrazionale limitare l'applicabilità alle opere dello Stato del

solo 5° comma.

Concludendo, quindi, sul punto, deve escludersi che l'art. 1 1.

n. 1 del 1978 si riferisca alle sole opere di competenza comunale.

Ne consegue la correttezza dell'operato del comune di Cam

pobasso, che ha approvato il progetto del tribunale per minoren

ni, ai sensi del 4° comma dell'art. 1 più volte menzionato della 1.

n. 1 del 1978, destinando l'area prescelta all'ufficio giudiziario

anziché a servizi di quartiere.

In tale conclusione è insito anche l'avviso di manifesta infon

datezza della questione di legittimità dell'art. 1, 4° comma, della

legge appena citata per violazione degli art. 117, 118 e 97 Cost.

In ordine alle prime due norme costituzionali, l'attribuzione al

comune del potere di introdurre modifiche alla destinazione delle

aree già vincolate per la realizzazione di servizi pubblici all'unico

fine dell'insediamento di opere pubbliche, non si concretizza in

una violazione della competenza regionale in materia urbanistica,

per i limiti in cui opera la potestà comunale e per la sua lieve

influenza sul contenuto complessivo dello strumento urbanistico.

Tale potestà, inoltre, per i limiti e i contenuti in cui può essere

esercitata, è cosi strettamente connessa ad interessi locali, che può

ben essere ricompresa tra le funzioni amministrative di interesse,

appunto, esclusivamente locale, previste dall'art. 118 Cost, e

correttamente riconosciuta dal legislatore ai comuni.

È utile, infine, richiamare la potestà dello Stato di procedere

alla identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del terri

torio (art. 81 d.p.r. n. 616 del 1977), nella quale appare ricondu

cibile la valutazione operata dal legislatore di non qualificare

come variante urbanistica la destinazione ad opere pubbliche di

aree già vincolate a servizi pubblici, giusta il 4° comma dell'art. 1

1. n. 1 del 1978.

Il principio fondamentale derivante dall'assetto dato alla mate

ria dal 4° e dal 5° comma di detto articolo per l'accelerazione

delle procedure per l'esecuzione delle opere pubbliche, vincolante

per la legislazione regionale, ai sensi dell'art. 35 della stessa 1. n.

1 del 1978, non appare lesivo della potestà normativa della

regione in materia urbanistica.

Quanto, poi, all'art. 97 Cost., le scelte operate dal legislatore

nel 4° e 5° comma dell'art. 1 in argomento, appaiono rispondenti,

alla stregua delle finalità perseguite dalle norme e della loro

efficacia temporanea, ai principi di buon andamento e di efficien

za della p.a., espressi dalla norma costituzionale. L'aver il legisla

tore disposto l'accelerazione delle procedure per l'esecuzione delle

opere pubbliche nel rispetto delle competenze urbanistiche comu

nale e regionale costituisce prova della rispondenza delle norme

in discussione ai principi sanciti dall'art. 97 Cost. {Omissis)

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

V

Diritto. — (Omissis). Sono invece fondate le specifiche censure dedotte avverso il decreto in data 23 marzo 1984, con cui il provve ditore alle opere pubbliche ha approvato i progetti esecutivi genera le e il primo stralcio relativi ai lavori di costruzione del carcere, non ché il piano particellare di occupazione d'urgenza dei terreni, fissan do nel contempo i termini ex art. 13 1. n. 2359 del 1865.

Anche se — contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti

avverso la delibera consiliare n. 143/81 — la procedura in

questione è da ritenersi disciplinata dalla legge n. 1 del 1978, sia

per la natura dell'opera, sia perché detta legge è espressamente richiamata tanto dalla citata delibera quanto dal decreto in esame, deve essere condivisa la tesi contenuta in ricorso, secondo cui la dichiarazione di pubblica utilità (che ha avuto luogo ex art. 1 1. n. I del 1978 e 4 1. n. 404 del 1977) avrebbe dovuto essere preceduta dagli adempimenti di cui agli art. 10 e 11 1. n. 865 del 1971, cioè dalla pubblicazione del progetto e dall'avviso agli espropriandi

Ciò in quanto le suddette prescrizioni, poste dalla 1. n. 865, non sono affatto state implicitamente abrogate dalla 1. n. 1 del

1978, trattandosi di adempimenti che costituiscono un'applicazio ne concreta della garanzia stabilita dall'art. 42 Cost., in base al

quale il sacrificio della proprietà privata deve essere contenuto nei limiti strettamente necessari a soddisfare l'interesse pubblico.

Invero, lo snellimento delle procedure concernenti la realizza

zione di opere pubbliche non può, senza travalicare i suddetti

limiti di ordine costituzionale, essere spinto sino al punto di non

consentire ai privati (ed a maggior ragione allorché, come nel caso di specie, la procedura adottata comporti variante allo

strumento urbanistico) la facoltà di presentare le proprie osserva

zioni a tutela del diritto di proprietà, e ciò nello stesso interesse

pubblico, dovendo l'amministrazione essere in grado di determi

narsi dopo aver adeguatamente valutato le ragioni prospettate dai

privati medesimi.

Va ancora precisato che non appare convincente la tesi dell'av

vocatura erariale e del consorzio controinteressato secondo cui, trattandosi di opere di competenza statale, la procedura in

questione troverebbe la propria disciplina unicamente nella 1. n.

2359 del 1865, mentre la 1. n. 865 del 1971 sarebbe richiamata

esclusivamente in funzione della determinazione dell'indennità di

esproprio. Pare infatti al collegio che per quanto riguarda l'edili

zia carceraria tale orientamento incontri un insuperabile ostacolo

nel rilievo che la disposizione (art. 6, 1° comma, 1. n. 1133 del

1971) secondo cui «per l'acquisizione degli immobili necessari

alla realizzazione degli interventi previsti dalla presente legge, si

applicano le norme previste dalla 1. 30 ottobre 1971 n. 865 », sia

necessariamente da intendere, stante l'ampiezza dell'espressione usata, con riferimento all'intero procedimento ablatorio.

La questione tuttavia si presenta di scarsa rilevanza agli effetti

invocati dalle parti resistenti, poiché l'applicabilità della procedu ra delle norme della 1. n. 2359 del 1865 anziché della 1. n. 865

del 1971 non varrebbe ad escludere l'esistenza del vizio in esame, dovendosi considerare che la legge n. 865 non ha fatto che ribadire sostanzialmente il medesimo principio fondamentale po sto dagli art. 3, 4 e 5 1. n. 2359 del 1865, volto a consentire

quella partecipazione degli interessati al procedimento, al fine di

contemperare l'interesse privato e quello pubblico, che invece è

completamente mancata nel caso di specie. È fondata anche la censura secondo la quale i termini per

l'inizio ed il compiménto di lavori e delle espropriazioni sono

stati fissati illegittimamente in quanto sono stati fatti decorrere da

un evento incerto tanto nel quando quanto nell'ara, quale la

registrazione del decreto di approvazione del progetto alla Corte

dei conti. Ritiene, al riguardo il collegio di non doversi discostare

dal principio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 117/77, Foro it., Rep.

1977, voce Espropriazione per p.i., n. 59), che, se anche la fissazio

ne dei termini può venire disposta non solo a mezzo di datazione

specifica ma anche con riferimento al verificarsi di dati eventi, è

tuttavia necessario che in tal caso risultino certi a priori i

suddetti limiti di tempo. Tale esigenza non è stata soddisfatta nel

decreto in esame, che ha stabilito che le espropriazioni degli immobili dovranno iniziarsi entro quarantacinque giorni dalla

data di registrazione alla Corte dei conti del decreto stesso e

compiersi entro cinque anni dalla data di inizio^ mentre i lavori

dovranno iniziarsi entro sessanta giorni dalla predetta registrazio ne e compiersi entro cinquecentoquaranta giorni dal loro inizio.

Come già precisato, in presenza di analoga fattispecie, dal

Consiglio di Stato, sez. IV, con la citata decisione, un evento

quale la registrazione del decreto alla Corte dei conti è insuscet

tibile per sua natura di venire in essere in un momento a priori esattamente determinabile.

II Foro Italiano — 1986.

Stante l'essenzialità dell'indicazione dei termini in questione, mediante datazione specifica od ancoraggio ad un evento sin

dall'inizio obiettivamente certo nell'ora e nel quando, ai fini della

legittimità della dichiarazione di pubblica utilità o dell'atto ad

essa equivalente, appare inconferente la circostanza che la regi strazione da parte della Corte dei conti sia successivamente

intervenuta entro un breve lasso di tempo, dovendo la legittimità o meno, sotto il suddetto profilo, della dichiarazione di pubblica utilità essere riferita al momento della stessa, in funzione —

come è stato ancora affermato dal Cons, di Stato, sez. IV

(decisione n. 69/80, id., Rep. 1980, voce cit., n. 78) — della

necessità inderogabile e costituzionalmente rilevante di porre un

limite preciso al potere espropriativo affinché i beni espropriabili non siano assoggettati all'eventualità di essere mantenuti ad

arbitrio dell'amministrazione, per un periodo non esattamente

precisabile a priori, in uno stato di incertezza.

I ricorrenti censurano anche il secondo atto aggiuntivo, conte

nuto nel decreto 23 marzo 1984, deducendo unicamente un

motivo di invalidità derivata dalla scelta del contraente. In

conseguenza dell'infondatezza, come in precedenza è stato dimo

strato, delle doglianze proposte avverso tale scelta, avvenuta con

il decreto del provveditore 4 gennaio 1984 approvativo della

convenzione, anche tale motivo di invalidità derivata viene natu

ralmente a perdere ogni consistenza.

È stato impugnato per ultimo il provvedimento in data 8

maggio 1984 con cui il prefetto di Cuneo ha decretato l'occupa zione d'urgenza dei terreni in questione, necessari per la costru

zione dello stabilimento carcerario. Come osservato dai ricorrenti, detto provvedimento viene travolto in via riflessa, essendo venuto

a cadere il suo presupposto, costituito dalla dichiarazione di

indifferibile urgenza, che è da ritenersi illegittima, mentre possono essere assorbiti gli altri profili di censura avverso di esso dedotti.

In considerazione di quanto precede, il ricorso deve essere

accolto limitatamente all'impugnazione del decreto del provvedito re 23 marzo 1984 e del decreto prefettizio 8 maggio 1984 di

occupazione d'urgenza. (Omissis)

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 30 ottobre 1985, n. 558; Pres. Gessa, Est. Pauciullo; Scuola media statale « V. Pellis » di Fiumicello e altri (Avv. dello Stato Imponente) c.

Dean, Pattarin. Annulla T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 21 otto bre 1982, n. 227.

Giustizia amministrativa — Ricorso — Difetto sopravvenuto di interesse — Esclusione — Fattispecie.

Istruzione pubblica — Scuola media — Alunno — Non ammissio ne alla classe successiva — Ricorso — Inammissibilità per difetto di notifica — Esclusione — Fattispecie (D.p.r. 31

maggio 1974 n. 416, istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria e artisti

ca, art. 4; d.p.r. 31 maggio 1974 n. 417, norme sullo stato

giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato, art. 3).

Istruzione pubblica — Scuola media — Didattica di integrazione e sostegno — Predisposizione — Genitori di alunno imprepa rato — Interesse di mero fatto.

Istruzione pubblica — Scuola media — Alunno — Non ammis

sione alla classe successiva — Sufficienza della motivazione —

Fattispecie (L. 4 agosto 1977 n. 517, norme sulla valutazione

degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché

altre norme di modifica dell'ordinamento scolastico, art. 9).

Il ricorso contro la deliberazione con la quale il consiglio di

classe di scuola media non ammette l'alunno alla classe

successiva, non diventa improcedibile per difetto soprav venuto di interesse a causa della successiva frequenza a

questa ultima, dopo la ripetizione della precedente. (1)

(1) La decisione è espressione del principio generale, sul quale esiste, ormai, una giurisprudenza abbastanza consolidata, secondo cui è sufficiente un mero interesse strumentale — e, persino, morale — alla decisione per impedire l'improcedibilità del ricorso giurisdizionale per sopravvenuta carenza di interesse.

In questo quadro, le pronunce sono molteplici, e si riferiscono, ovviamente, a fattispecie abbastanza differenziate, pur essendo comuni

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