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Sezione IV penale; sentenza 10 aprile 1963; Pres. Duni P., Est. Zema, P. M. De Gennaro (concl....

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Sezione IV penale; sentenza 10 aprile 1963; Pres. Duni P., Est. Zema, P. M. De Gennaro (concl. diff.); ric. P. m. c. Pratali Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 7 (1963), pp. 265/266-267/268 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152369 . Accessed: 25/06/2014 07:38 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.111 on Wed, 25 Jun 2014 07:38:57 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione IV penale; sentenza 10 aprile 1963; Pres. Duni P., Est. Zema, P. M. De Gennaro (concl.diff.); ric. P. m. c. PrataliSource: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 7 (1963), pp. 265/266-267/268Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152369 .

Accessed: 25/06/2014 07:38

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265 GIURISPRUDENZA PENALE 266

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione IV penale ; sentenza 10 aprile 1963 ; Pres. L)um

P., Est. Zema, P. M. De Gennaro (conci, diff.) ; ric.

P. ni. c. Pratali.

(Conferma App. Genova 5 ottobre 1961)

Causalità materiale (rapporto «li) — Lesioni Fat

tispecie (Cod. pen., art. 40, 41).

Risponde del solo delitto di lesioni chi abbia investito altri che a seguito del trauma riportato si uccide. (1)

La Corte, ecc. — Fatto. — L'8 novembre 1955, sulla via

Aurelia, al Km. 391, l'autovettura guidata da Pratali An

selmo, mentre si accingeva a sorpassare il ciclomotorista

Daudacci Fernando, lo investì, producendogli lesioni gra vissime.

Il ferito, che, tra l'altro, aveva riportato lesioni craniche, fu dimesso dall'ospedale, per notevole miglioramento, il

22 dicembre 1955, ma, cinque giorni dopo, fu nuovamente

ricoverato a seguito di una crisi vertiginosa, con attacco

convulsivo, caduta a terra e perdita della conoscenza per circa quattr'ore. Il 21 gennaio 1956 fu di nuovo dimesso,

per notevole miglioramento, ma il 31 successivo si uccise,

esplodendosi un colpo di fucile alla testa.

Il Tribunale, pur riconoscendo, in base agli accertamenti

generici e specifici, uno stato di psicosi a sfondo depressivo, in conseguenza del nesso di causalità tra codesta anomala

condizione psichica e il suicidio, che avrebbe avuto soprat tutto la sua genesi, secondo quei Giudici, nella libera capa cità d'intendere e di volere del soggetto, addebitò al condu

cente Pratali, autore dell'investimento, il minor reato di

lesioni colpose gravissime, che dichiarò estinto per interve

nuta amnistia.

La Corte di appello confermò.

Ricorre per cassazione il Procuratore generale della

Repubblica, presso quella Corte di Genova, con unico

mezzo di annullamento.

Diritto. — Con l'unico motivo di ricorso, che si arti

cola in due distinte doglianze, il P. m. ricorrente lamenta :

a) la violazione degli art. 40 e 41 cod. pen., per aver

la Corte di merito affermato il principio che il suicidio, di

colui che ha subito precedenti fatti di lesioni, escluderebbe

il nesso di causalità tra l'azione precedente, lesiva, e l'evento

morte, quando il suicidio stesso si inserisse nell'iter produt tivo con carattere di assoluta anormalità ;

b) il difetto di motivazione, per aver la Corte di merito

omesso, comunque, l'accertamento della personalità della

vittima, prima e dopo l'incidente stradale : accertamento

che, se compiuto, avrebbe convinto che, senza l'investi

mento e le conseguenti gravi sofferenze fisiche e psichiche, la vittima non sarebbe giammai pervenuta alla decisione

di togliersi la vita.

La prima doglianza ripropone, in questa sede, la que

stione, certamente complessa, volta a stabilire quando il

(1) Per l'applicazione del rapporto di causalità, cfr. : Cass. 30 maggio 1961, Cirilli, Foro it., Rep. 1961, voce Causalità, n. 8 ; 10 maggio 1960, Serrato, ibid., voce Beato colposo, n. 46 ; 24 marzo 1959, Interdonato, id., Rep. 1959, voce Causalità, n. 13 ; Pret. Barra 14 gennaio 1958, ibid., n. 18 ; Pret. Vigevano 8

luglio 1958, ibid., n. 19 ; Cass. 29 novembre 1958, Tanfoglio, ibid., voce Beato colposo, n. 27 ; 13 maggio 1957, Santoro, id.,

Rep. 1957, voce Causalità, n. 7 ; per un caso di esclusione del nesso di causalità per cause sopravvenute, App. Napoli 31 gen naio 1957, id., 1957, II, 176, con nota di richiami.

In dottrina, Siniscalco, Causalità (rapporto di), voce della

Enciclopedia del diritto, 1960, VI, pag. 639 ; Malinverni, Cau

salità (rapporto di), voce del Novissimo digesto it., 1957, III,

pag. 40 ; Gerì, Il rapporto di causalità negli incidenti stradali, in Besp. civ., 1960, 225 ; Sabatini, Appunti sulla causalità utile, in Giust. pen., 1960, fase. 12 bis, 112 ; Colace, Biflessioni in

tema di causalità penale, ibid., II, 80 ; ObeNgo, L'interruzione

del nesso causale nel pensiero di G. Battaglini, in Corti Brescia, Venezia e Trieste, 1960, 485 ; Mele, Il concetto di occasione in

■ medicina-legale penale, in Foro nap., 1958, III, 137 ; Antoliset, Man. dir. pen. it., parte generale, 1952, pag. 158 e segg.

fatto sopravvenuto, inseritosi in un processo produttivo di eventi, cessi di essere concausa, per assumere il ruolo

di causa esclusiva del risultato finale.

Il problema del concorso di cause, comune al campo civile e a quello penale, trova la sua normale disciplina nell'art. 41, 1° comma, cod. pen., il quale, come esatta

mente ha ricordato il P. m. ricorrente, è stato costante

mente interpretato da questa Corte suprema nel senso che,

quando si sia in presenza di una pluralità di fatti, succedu

tisi nel tempo, a tutti deve riconoscersi un'efficacia cau

sativa, ove essi abbiano determinato una situazione tale

che, senza di essi, l'evento non si sarebbe verificato (Cass.

pen., Sez. IV, 17 marzo 1959, ric. Canforo, Foro it., Rep.

1959, voce Beato colposo, nn. 140, 141 ; 26 ottobre 1959, ric. Tomassini; Cass, civ., Sez. Ili, 26 ottobre 1961, n. 2399,

id., Rep. 1961, voce Responsabilità civ., nn. 62-65 ; 16 maggio 1962, n. 1085, id., Rep. 1962, voce cit., nn. 87, 88).

Nel nostro ordinamento è stata, così, accolta, in linea

di massima, la teoria della condicio sine qua non o della

« equivalenza delle cause », per cui anche ad un fatto re

moto può e deve riconoscersi efficacia causativa, nono

stante la causa prossima ed immediata, sol che si possa dire

che, se quello non si fosse avuto, il fattore successivo non

sarebbe intervenuto affatto o l'evento non sarebbe stato

prodotto. Senonchè, è qui la indagine essenziale per la controversia

in esame, ove il suddetto principio si applicasse senza limiti, si avrebbero risultati sorprendenti e a volte anche assurdi, contrastanti con ogni esigenza di giustizia, poiché, da un

lato, di fronte ad un unico evento potrebbero aversi inde

finite cause, pur remotissime nel tempo, dall'altro anche

fattori remoti di minima rilevanza causale dovrebbero

ritenersi legati al risultato finale.

Si pensi al caso di scuola, che figura nella Relazione mi

nisteriale, della persona ferita che muore in seguito all'in

cendio dell'ospedale, in cui è stata ricoverata ; si aggiungano le ipotesi di uno sfregio alla gamba di una ballerina, che si

tolga la vita perchè non può esibirsi con successo sulle

scene, e di una banale ingiuria che determini l'offeso,

particolarmente sensibile ed emotivo, al suicidio, ritenen

dosi menomato nel prestigio che costituiva, nel paese, la

sua ragion di vita. Indubbiamente, in tutti questi casi, la

morte, nell'ospedale bruciato, il suicidio della ballerina e del

l'emotivo non si sarebbero verificati, se i precedenti iniziali

episodi non si fossero prodotti ; ma ripugna alla coscienza

giuridica e sociale addebitare codesti gravi risultati finali

all'autore dei suddetti remoti avvenimenti.

Il legislatore, certamente compreso degli inconvenienti

derivanti dalla eccessiva estensione del concetto di « causa »,

applicabile ad ogni condizione dell'evento, ha dettato la

norma del comma 2°, nello stesso art. 41, disponendo che

«la causa immediata, sopravvenuta, esclude il nesso ezio

logico, con le cause precedenti, quando sia stata da sola

sufficiente a determinare l'evento ».

Si è sostenuto, e si sostiene ora nel ricorso, che la dispo sizione riguarderebbe il fattore immediato del tutto avulso da quelli precedenti : cioè la causa prossima, per assurgere a causa unica, dovrebbe non soltanto essere stata suffi

ciente all'evento ma anche manifestarsi in maniera del

tutto indipendente, cioè non condizionata in nessun modo

alla precedente azione od omissione del colpevole. Codesta interpretazione, oltre che urtare contro la

sistematica e la lettera della norma, posta sotto l'articolo

del « concorso di cause » e contenente la inequivoca frase

di « cause sopravvenute (ad altre cause) », la svuoterebbe

di ogni logico contenuto, poiché resterebbe fuori della sua

previsione la stessa ipotesi, innanzi ricordata, dell'incendio

dell'ospecale che uccide il ferito, poiché anche qui non

potrebbbe seriamente negarsi che, se l'agente non avesse

ferito, la vittima non si sarebbe trovata in ospedale ; allo stesso modo come, se un automobilista non avesse,

per es., provocato la caduta del ciclista, l'automobile so

pravvenuta non l'avrebbe arrotato, uccidendolo.

Occorre quindi, per dare un senso al 2° comma suddetto, trovare un criterio di discriminazione tra cause sopravve

nute, che riescono ad assorbire e ad escludere la rilevanza

Il Foro Italiano — Volume LXXXV1 — ljarte II-19.

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267 PARTE SECONDA 268

giuridica delle precedenti, e cause sopravvenute cui non

può riconoscersi siffatta efficacia. La più recente autorevole dottrina e questa Corte

suprema di cassazione, nelle sue più recenti sentenze, sia

in sede civile sia penale, hanno dato alla norma una inter

pretazione che questa Sezione ritiene l'unica logica possibile e che si manifesta come necessario correttivo della più ge nerale disposizione delia prima parte dell'art. 41. La gene rale disposizione, cioè, sarebbe che il nesso di causalità

può ben essere non soltanto diretto e immediato, ma anche

mediato o indiretto, purché l'azione o omissione abbiano

creato imo stato di cose senza del quale il fattore succes

sivo o il danno non si sarebbero verificati : il correttivo

di codesta regola, contenuto nel 2° comma dello stesso art.

41, sarebbe nel senso che l'azione od omissione remota o

mediata, pur condizionante, cessa, per eccezione, di essere

« causa », per degradare in semplice « occasione », quando l'evento è prodotto dal sopravvenire di un avvenimento, condizionato o non dal precedente, da solo sufficiente per l'evento e assolutamente eccezionale e atipico. In altri

termini, il nesso di causalità tra la causa remota e l'evento,

permane, pur col sopravvenire della causa prossima, suf

ficiente da sola a determinare il risultato finale, solo quando da essa, con criterio di adeguatezza oggettiva, non è af

fatto rarissimo che derivi la causa prossima (o l'evento)

(cfr. Cass, pen., Sez. IV, 24 giugno 1959, ric. Bazzano ; 7 aprile 1961, ric. Zanotti, Foro it., Rep. 1962, voce Beato

colposo, n. 40 ; 25 ottobre 1961, ric. P. m. c. Faticoni, ibid., n. 61 ; Sez. II 15 dicembre 1961, ric. Carnevale, ibid., voce

Concorso di persone, n. 22 ; 13 maggio 1957, Santoro, id.,

Rep. 1957, voce Causalità, n. 7 ; Cass, civ., Sez. Ili, 18

marzo 1958, n. 882, id., Rep. 1958, Besponsabilità civile, n. 102 ; 19 settembre 1958, n. 3012, ibid., nn. 104, 105 ; 10 febbraio 1961, n. 291, id., Rep. 1961, voce cit., nn.

215-217 ; 4 luglio 1962, n. 1687, id., Rep. 1962, voce cit., nn. 104-107).

La limitazione, quindi, alla teoria della equivalenza causale, spiega la sua efficacia non soltanto in presenza di

ogni fatto sopravvenuto straordinario, indipendente (come

quello dell'incendio o fulmine sull'ospedale), ma anche per avvenimenti sopravvenuti, in certo modo collegati con

quelli remoti, purché, beninteso, in questi casi, il fattore

sopravvenuto si ponga come avvenimento anormale (ra

rissimo), rispetto all'evolversi ordinario del processo pro duttivo, al quale la causa remota ha dato inizio : nè il 2°

comma, in esame, distingue tra cause sopravvenute indi

pendenti o dipendenti (Cass, civ., Sez. Ili, 13 febbraio

1959, n. 436, Foro it., Rep. 1959, voce cit., n. 81). Nella fattispecie la Corte di merito, allorché ha formu

lato il concetto che il suicidio, quando si inserisce nel

l'ordinario processo produttivo di un precedente fatto di

lesioni con carattere di assoluta straordinarietà e impre vedibilità, esclude il nesso di causalità tra l'azione prece dente e l'evento morte, nonché non contraddire, si è pun tualmente ispirato al dettato dell'art. 41, 2° comma, cod.

pen., secondo la sua logica interpretazione, a nulla rilevando la considerazione che, se le lesioni non si fossero avute, la vittima non sarebbe stata presa dallo sconforto e non

avrebbe deliberato di sopprimersi. La pretesa violazione di legge, pertanto, non sussiste,

donde l'infondatezza della prima censura. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II penale ; ordinanza 1» aprile 1963 ; Pres. Lat

tanzi P., Est. Nobile Migliore, P. M. Biscotti (conci,

conf.) ; ric. Paolini.

(Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Brescia 9

ottobre 1959)

IVotifieazione di atti penali — Equipollenti — Con

segna effettuala dal console (Cod. proc. pen., art. 198).

È idonea a jar decorrere i termini per Vimpugnazione la

consegna di copia autentica del provvedimento da parte del console, che raccoglie la dichiarazione del ricevente

e ne autentica la firma. (1)

(1) In tema (li equipollenti della notificazione.

1. — Il provvedimento che si annota ci sembra non chia risca se la notificazione possa trovare un equipollente nella co noscenza da parte dell'interessato dell'atto che si doveva noti ficare prescindendosi dal modo con cui tale conoscenza è stata

raggiunta o se sia invece anche necessario che tale conoscenza si realizzi attraverso organi e forme che possano dare al proce dimento carattere di ufficialità : in altri termini non è chiaro se l'ufficialità e l'effettiva conoscenza siano da considerare due distinti equipollenti o due requisiti che debbono concorrere affinchè si abbia un equipollente della notificazione ; la parte finale del provvedimento sembra tuttavia accogliere la prima tesi.

A nostro avviso in nessun caso ci sembra possano ricono scersi equipollenti della notificazione.

2. — È opportuno esaminare i vari mezzi (1) che il diritto riconosce idonei a produrre la conoscenza. Fra essi una distin zione fondamentale si pone : vi sono procedimenti diretti a pro vocare la conoscenza da parte di destinatari non determinati affatto o determinati solo attraverso l'appartenenza a un dato

gruppo o la presenza di date qualità e procedimenti diretti a

produrre la presa di conoscenza da parte di uno o più destina tari individualmente determinati (2). Appartengono alla prima categoria la pubblicità e la pubblicazione, alla seconda la tras

missione, la comunicazione e la notificazione (3). La pubblica zione è un procedimento che tende a produrre la notorietà del

l'atto, ossia a rendere di pubblico dominio la conoscenza dello stesso. La pubblicità è invece il procedimento diretto a procu rare la possibilità di conoscenza di un atto ad ogni soggetto per il quale può sorgere interesse a conoscerlo e che perciò quando vorrà potrà informarsi presso un apposito ufficio (4). Con la trasmissione documenti originali o l'intero fascicolo sono tras feriti nella disponibilità dell'ufficio competente al compimento delle nuove attività che si rendono necessarie. Essa viene ese

guita tramite l'attività di organi ausiliari del giudice o del P. m. senza che di norma siano osservate speciali formalità. La co

municazione può essere scritta od orale ; con la comunicazione scritta si ha la trasmissione di un documento che è una copia di altro documento rappresentante l'atto di cui si tratta. Essa si differenzia dalla notificazione per una maggiore semplicità di forme e per i diversi soggetti che possono compierla.

Le comunicazioni orali si caratterizzano per una ancora mag

giore semplicità di forme ; tra esse sono da rilevare gli avvisi orali del giudice (art. 160, 4° comma, cod. proc. pen.), le citazioni orali del perito (art. 316 cod. proc. pen.), dei testimoni (art. 354 cod.

proc. pen.) e dell'interprete (art. 327 cod. proc. pen.). Vi è infine la notificazione ; essa si contraddistingue dagli altri atti diretti a procurare a una o più persone determinate la possibilità di

venire a conoscenza di un altro atto o fatto, per i caratteri della ufficialità e della formalità : la ufficialità deriva dal particolare soggetto che opera la trasmissione del documento (questo sog getto può essere l'ufficiale giudiziario, l'aiutante dell'ufficiale

giudiziario, il messo di conciliazione, la polizia giudiziaria, il messo giudiziario militare) ; la sua natura formale « assume due

aspetti relativo l'uno allo strumento impiegato, l'altro alla strut tura del movimento e inispecie al punto di arrivo di esso » (5). Il termine « notificazione » in questo suo significato si identifica col termine « notificazione formale » usato talvolta dalla giuris prudenza e riferentesi agli art. 166-169 cod. proc. pen. in con

trapposizione alle notificazioni semplici comprendenti tutti gli altri casi di atti diretti a procurare la conoscenza ad una o più persone determinate.

3. — Premessi questi brevi cenni sui vari mezzi diretti a produrre la conoscenza, si può affrontare il problema se sia consentito sostituire alla notificazione uno degli altri procedi menti previsti dalla legge, cioè se esistano procedimenti che

possano ritenersi equipollenti della notificazione. La risposta in generale non può essere che negativa (6) : la previsione delle

(1) Pugliatti, La trascrizione, 1957, pag. 360. (2) Carnelutti, Sistema dir. proc. civ.t 1936, I, pag. 514 ; Mi

noli, Le notificazioni nel "processo civile, 1938, pag. 2 e 175 ; Pavone La Rosa, Il registro delle imprese, 1954, pag. 68 ; Pugliatti, La tra scrizione, cit., pag. 362.

(3) Cavallari, Le notificazioni nel processo penale, 1959, pag. 28. (4) Pugliatti, La trascrizione, cit., pag. 380. (5) Minoli, Le notificazioni, cit., pag. 46. (6) Cfr. Fosohini, Oli equipollenti delle notificazioni, in Riv.

| proc. pen.t 1961, 1.

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