Sezione IV penale; sentenza 23 gennaio 1962; Pres. Duni P., Est. Lapiccirella, P. M. De Gennaro(concl. diff.); ric. Risoldi (Avv. Coppini, Mariani)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 7 (1962), pp. 199/200-201/202Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150551 .
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199 PARTE SECONDA 200
preavviso ; quanto alle seconds, invece, yigendo il limite
di velocita di cui all'art. 103, 1° comma, del codice, il preav viso non e sembrato necessario. In ogni caso, e obbliga toria, oltre all'apposizione del segnale verticale (art. 63, 3° comma, del regolamento), la demarcazione della striscia
di arresto sulla pavimentazione (art. 63, 2° comma, 108 e
117, ult. comma), la cui mancanza determinerebbe la ini
doneitä del segnale e, quindi, la inefficacia, della prescri zione.
Puõ, dunque, concludersi clie la prescrizione di «ar
resto all'incrocio » espressa dalla regolamentare segnale tica verticale ed orizzontale, implica, di per se sola, non
soltanto l'obbligo di arrestarsi prima di impegnare l'area
del crocevia, ma anche quello di dare la precedenza ai vei
coli che percorrono la strada favorita, indipendentemente dalla provenienza di questi dalla destra o dalla sinistra.
Tale fu la soluzione esattamente data dai Giudici di appello alia questione, onde il ricorso della Corbo va rigettato.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SÜPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione IV penale; sentenza 23 gennaio 1962 ; Pres. Dtjni
P., Est. Lapiccirella, P. M. De Gennako (concl.
diff.); ric. Risoldi (Aw. Coppim, Mariani).
(Cassa App. Milano 25 gennaio 1961)
ltinvio penale — Divieto di «reformatio in peius » — Kussistenza (Cod. proc. pen., art. 544).
Il giudice cli rinvio, investito della cognizione a seguito del
V annullamento di una sentenza di secondo grado impu
gnata soltanto dalVimputato, deve osservare il divieto
di reformatio in peius. (1)
(1) In senso conforme la sentenza eitata nel testo : Cass. 27 ottobre 1961, Mastroieni, Giust. pen., 1962, III, 174, la quale, sotto il profilo della violazione del divi to della reformatio in
peius, aveva cassato la decisione del giudice di rinvio, ehe, inve stito della cognizione a seguito dell'annullamento di una sen tenza del pretore di assoluzione per insufficienza di prova impu gnata dal solo imputato, aveva affermato la responsabilitä di
questi. Hanno, invece, ritenuto ehe il giudice di rinvio non sie, vincolato dal divieto di reformatio in peius : Cass. 11 gennaio 1952, Liguori, Foro it., Rep. 1952, voce Rinvio pen., nn. 5-8 e Assise app. Roma 16 dicembre 1954, Dorio, id., Rep. 1956, voce cit., n. 19.
La Relazione sul progetto definitivo, pag. 78, e la Rela zione al Re, n. 178, seguono la tesi contraria a quella sostenuta dalla sentenza che si annota.
Sacondo la dottrina prevalente, se b stata annullata una sentenza di primo grado inappellabile, il giudice di rinvio non e vincolato dal divieto di reformatio in peius, mancando ogni termine di confronto ; se, invece, la sentenza annullata era di secondo grado, il giudice di rinvio dovrä osservare il detto divieto, se sussisteva per il giudice d'appello, assumendo come termine di confronto la sentenza di primo grado (Manzini, Trait, dir.
proc. pen. it., Torino, 1956, IV, pag. 658, 659 ; Vannini, Man. dir. proc. pen. it., Milano, 1960, pag. 448 ; Aloisi-Fini, Cassa zione penale, voce del Novissimo digesto it., Torino, 1958, II, pag. 1148).
Sui limiti dei poteri del giudice di rinvio, cons. : Cass. 18 febbraio 1960, Gallina, Foro it., Rep. 1960, voce cit., nn. 2, 3 ; 9 dicembre 1959, Pesenti, ibid., nn. 7, 8 ; 10 aprile 1959, Marchese, id., Rep. 1959, voce cit., nn. 3,4; 19 ottobre 1953, Paolini, id., Rep. 1954, voce cit., nn. 6, 7 ; 9 maggio 1953, Signorini, ibid., nn. 10, 11. Secondo tali decisioni, il giudice di rinvio puö cono scere del reato solo nei limiti in cui la cognizione gli e stata dele gata dalla Suprema corte e in relazione ai motivi di ricorso
accolti; mentre tutti gli altri punti della sentenza annullata, rispetto ai quali coloro che avevano interesse a contestarli non sollevarono questioni di fronte alia Corte di cassazione o che, i'.npugnati, furono dalla stessa tenuti fermi, devono ritenersi d 3finitivam3iite stabiliti nel procedimento con effetto preclu sivo derivante dal giudicato, quante volte nessun vincolo di connessione essenziale sussista tra essi e le parti che, specifi camente impugnate, siano state annullate.
La Corte, ecc. — £ fondato il primo motivo di gravame, nel quale il secondo e il terzo possono ritenersi assorbiti; la Corte di Milano ha condannato l'imputato affermando
clie il divieto della reformatio in peius non c applicabile nel giudizio di rinvio, e il ricorrente sostiene die con questa
pronuncia la Corte milanese abbia esorbitato dai suoi
poteri. Invero, questa Suprema corte ha giä avuto occasione
di affermare (Sez. IV 27 ottobre 1961, ric. Mastroieni) che il divieto della reformatio in peius deye considerarsi nn principio generale nella disciplina delle impugnazioni,
operante anche nel giudizio di rinvio ; pur non ignorando la contraria opinione sostenuta da una autorevole dottrina e da una antica giurisprudenza, il Collegio ritiene di dover
confermare l'esattezza di questa soluzione.
La contraria opinione e basata principalmente su due
argomenti. II primo, di interpretazione storica, si ricava dal pen
siero chiaramente espresso nei lavori preparatori del vi
gente codice di rito ; il secondo, di interpretazione stretta mente giuridica, utilizza la considerazione che, in seguito all'annullamento della sentenza di merito disposto dalla
Cassazione, verrebbe a mancare il termine di confronto
rispetto al quale il divieto dovrebbe agire. Nö l'uno ne l'altro di questi argomenti possono costituire
un valido sostegno di quella tesi, che in modo cosi manifesto
contrasta con un sentimento di umana giustizia. Quanto al primo argomento, e da rilevare che sulla
interpretazione storica deve sempre prevalere quella siste
matica : mediante 1'inteTpretazione storica si ricostruiece il pensiero del legislatore del tempo, in cui la norma fu
formulata, ma e l'interpretazione sistematica che ci con sente di comprendere la mens legis del tempo, in cui la
norma deve essere applicata, perehe per mezzo di essa si
eolgono i principi generali del vigente ordinamento giuri dico ; principi che, attraverso il tempo, possono aver subito
evoluzioni profonde. Orbene, la vigente Costituzione, energicamente affer
mando la presunzione di non colpevolezza dell'imputato sino alia condanna definitiva, pone un principio nuovo che illumina tutto il percorso del procedimento penale e asui cura all'imputato una posizione giuridica, di fronte alia
pretesa punitiva dello Stato, diversa da quella che il pre cedente ordinamento gli dava, accentuando l'esigenza del
favor libertatis, e da questo principio deriva tutto un si stema di piu efficaci garanzie, che le varie riforme succe dutesi nel tempo si sono preoccupate di apprestare a van
taggio della difesa.
Ma una delle fondamentali garanzie dell'imputato b il
potere di gravame, e questa facoltä di richiedere un nuovo
giudizio in tanto costituisce una sua garanzia, in quanto egli sia protetto dal rischio della reformatio in peius, natu
ralmente, quando l'impugnazione sia stata proposta sol tanto da lui e non anche dal P. m. ; b innegabile che il nuovo giudizio non servira agli interessi dell'imputato ee
poträ condurre a un peggioramento della sua situazione. Si desume da siffatta impostazione che il divieto della
In ordine ai mezzi di impugnazione della sentenza emessa dal giudice di rinvio : Cass. 3 marzo 1960, Russo, id., Rep. 1960, voce Impugnazioni pen., nn. 42, 43 ; 10 maggio 1960, Fabbri, ibid., voce Rinvio pen., nn. 5, 6.
In dottrina, sul giudizio di rinvio e sul principio del divieto di reformatio in peius, cons. Martucci, II giudizio di rinvio, Na poli, 1934 ; Augenti, Natura e limiti del giudizio penale di rinvio, Padova, 1934 ; E. Battaglini, Sui poteri del giudice di rinvio, in Giur. Cass, pen., XX, 78 ; Manzini, Sui limiti del giudizio di rinvio, in Riv. pen., 1952, II, 799 ; G-rieco, Appunti sul giudizio dirinvio, inGiust. pen., 1951, III, 256 ; Sabatini, Connessione di disposizioni nella sentenza annullata parzialmente e poteri del giudice di rinvio, id., 1954, III, 212 ; Delitala, II divieto della «reformatio in peius» nel processo penale, Milano, 1927; A. Mortara, II divieto della v. reformatio in peius», in Giur. it., 1909, II, 357 ; Piacenza, Giudizio di rinvio dopo annullamento pronunziato dalla Cassazione e divieto di « reformatio in peius», in Foro pen., 1953, 628 ; Del Pozzo, Restituzione al primo giudice c «reformatio in peius», in Riv. it. dir. proc. pen., 1958, 582.
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201 GIURISPRUDENZA PENALE 202
reformatio in peius non e, come taluni sostengono, un prin
cipio irrazionale, tollerato in via di eccezione soltanto nel
giudizio di appello, ma e un principio generate strettamente
connaturato all'istituto della impugnazione. II suo fonda
mento giuridico deve ravvisarsi, come acutamente e stato
rileVato da una autorevole dottrina, nel potere dispositivo delle parti, in virtu del quale esse determinano con la loro
volontä lo svolgimento del rapporto processuale, e questo
potere dispositivo delle parti ha nell'interesse la sua radice
e il suo limite; per lo stesso motivo per cui e inammissi
bile l'impugnazione senza interesse, e inammissibile clie il
gravame decida contro l'interesse dell'impugnante. Ne vale
sostenere, per confortare l'opinione dell'eccezionalita del
divieto, che esso sostanzialmente contrasti con la pura costruzione dogmatica della impugnazione come novum in
dicium, clie postulerebbe un'assoluta pienezza di poteri del
giudice del gravame ; nel nostro sistema questi poteri sono
limitati dall'effetto devolutivo, e a sua volta l'effetto devo
lutivo trova nell'anzidetto divieto una naturale e logica limitazione.
Dei due argomenti contrari, che dianzi sono stati accen
nati, non e convincente nemmeno il secondo. Lo scopo di
tutte le impugnazioni 6 quello di provYedere alia sostitu
zione del provvedimento impugnato. Ne consegue clie, in
ogni giudizio di gravame e anche nel giudizio di appello, la sentenza impugnata rimane praticamente come fatto
storico, privato ormai della sua particolare efficacia giu ridica come atto di imperio ; sicclie non sara azzardato
affermare ehe nel giudizio di rinvio la sentenza annullata
dalla Cassazione non abbia sostanzialmente minor valore
della sentenza di primo grado nel giudizio di appello, e
ben possa valere quindi come termine di confronto ai fini
del divieto della reformatio in peius. Un argomento decisivo invece, a favore della tesi che
nel preambolo e stata enunciata, puo trarsi dalla consi
derazione della particolare natura del giudizio di rinvio.
Esso infatti non e un giudizio di prima o di seconda istanza, ma piuttosto una fase del rapporto processuale che si ri
collega alia sentenza di annullamento integrandola, cioo
un giudizio di fatto delegato dalla Corte suprema e limi
tato alia materia che formava oggetto del giudizio di legit -
timitä. Non vi ha dubbio che il principio dell'effetto devo
lutivo della impugnazione, espressamente sancito dall'art.
515, 1° comma, cod. proc. pen. solo per l'appello, debba
valere anche per il giudizio di cassazione, ed & perfetta mente logico allora che esso valga, in questo giudizio e
nella fase integrativa del giudizio di rinvio, con le limita
zioni strutturali rigorosamente segnate dall'art. 515, tra
le quali la piu importante e costituita proprio dal divieto
della reformatio in peius. £ della massima importanza rilevare che, ai sensi del
l'art. 554, 3° comma, cod. proc. pen., nel giudizio di rinvio
non possono essere eccepite le nullita verificatesi nei prece dent giudizi e nell'istruzione, e se questa disposizione con
ferma il concetto della efficacia di giudicato parziale, che la
sentenza annullata in un certo qual modo conserva, non e
giusto che la preclusion© del giudicato operi soltanto a
danno dell'imputato. Questi sarebbe esposto al rischio della reformatio in
peius pur essendo stato privato della possibility di eccepire
quelle nullita ; ed e assurdo che egli possa essere condannato
in sede di rinvio (dopo essere stato assolto nel precedente
giudizio di merito) in base a prove eventualmente affette
da nullita assolute che egli non ha piii diritto di eccepire.
L'impugnata sentenza, che non si e ispirata a questi
principi, non puõ sfuggire alia censura di questa Corte
suprema ; essa dovrä essere annullata e, poiche l'indagine, che la. precedente decisione di questa Corte aveva affidato
al giudice di merito, appare viziata da questo errore di
diritto, essa dovrä essere espletata in un nuovo giudizio. Per questi motivi, cassa, ecc.
GORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II penale; sentenza 27 novembre 1961 ; Pres.
Fkisoli, Est. Leone, P. M. Dettoki (concl. conf.); ric. Mantegazza.
(Gonferma App. Milano 18 gennaio 1958)
Abuso di ufiicio e violazione dei doveri inerenti ad
uii pubblico ufficio — Interesse privato in atti
d'uificio — Estremi — Fattispeeie (Cod. pen., art. 324).
Perche sussista il reato d'interesse privato negli atti di ufficio, non occorre che Vattivitä del pubblico ufficiale abbia
raggiunto il risultato prefisso e die la pubblica Ammini
strazione abbia sofferto danno. (1)
La Corte, eoo. -— (Omissis). II terzo e il quarto motivo
possono essere esaminati contestualmente perche si inte
grano a vicenda. In merito ad essi si osserva anzitutto che la circostanza secondo la quale tre dei consiglieri ali
biano diohiarato di avere votato liberamente (probabil mente coloro che hanno votato contro), non ha rilevanza
giuridica, sia perche non esclude che pressioni l'imputato abbia potuto esercitare, come in fatto e risultato accertato
che le ha esercitato sugli altri, che hanno dato voto favo
revole alia proposta caldeggiata dall'imputato, sia perche il reato sussisterebbe egualmente, anche se risultasse pro vato che le sue pressioni non siano state accolte. Invero, trattandosi di reato di pericolo, la ragione dell'incrimina
zione non risiede nel risultato che conduca alia ingerenza
negli atti di ufficio, bensi nell'ingerenza stessa negli atti
di ufficio, da parte del pubblico ufficiale che sfrutta la
sua privilegiata posizione per prevalenti fini personali. Altrettanto irrilevante e anche la considerazione che la
scelta fatta sia stata piu vantaggiosa, e quindi faccia di
fetto il pregiudizio della pubblica Amministrazione, perche
questo evento non 6 richiesto per la configurazione giuri dica del reato in parola.
Invero, l'interesse privato non deve essere inteso come
interesse esclusivamente personale o proprio di carattere
patrimoniale, con corrispondente pregiudizio dell'ufficio, bensi in senso ampio di utilitä di qualsiasi natura, anche non patrimoniale, puramente affettiva, quale la semplice finalita di favorire un parente o un amico. La sussistenza
del reato, per costante giuiisprudenza di questa Corte, non richiede necessariamente che il fine privato sia in con
flitto con l'interesse pubblico, ne che la pubblica Ammini
strazione soffra un danno dall'attivita del pubblico uffi
ciale, il quale, perciõ, puõ esplicare sempre un'attivita
penalmente sanzionata, anche se questa, ispirata a motivi
privati, sia legittima in relazione all'atto che si compie, mirando la norma in parola a tutelare soltanto l'interesse
della collettivita al normale e corretto funzionamento della
pubblica Amministrazione. II ricorso, pertanto va rigettato. Per questi motivi, ecc.
(1) Conf. Cass. 28 ottobre I960, Cuozzo, Foro it., Rep. 1961, voce Abuso di ufficio, nn. 7, 8 ; 6 ottobre 1960, Pesiri, ibid., nn. 9, 10 ; 13 giugno 1961, Albani, ibid., n. 11 ; App. Oatanzaro 4 aprile 1966, Nueci, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 10, 11 ; Cass. 26 novembre 1955, Spatafora, id., Rep. 1956, voce cit., n. 8 ; 30 giugno 1953, Del Moro, id., Rep. 1954, voce cit. n. 4 ; 31 ot tobre 1953, Marchese, ibid., n. 7 ; 28 giugno 1954, Buzzaneo, ibid., n. 9 ; 10 ottobre 1953, Tassisto, ibid., n. 14 ; 18 luglio 1940, id., Rep. 1940, voce Abuso di autorita, n. 5 ; 12 febbraio 1932, id., Rep. 1932, voce cit., n. 5.
In dottrina : Guadaqno, Brevi note sul delitto di interesse
privato in atti di ufficio, in Giust. pen., 1954, II, 497 ; Pettoello, Suit'interesse privato in atto della pubblica Amministrazione, in Riv. it. dir. pen., 1950, 79 ; Vannini, Man. di dir. pen. it. 1
singoli delitti e le singole contravvenzioni, pag. 63, 64.
Il Foro Italiano — Volume LXXXV — Parte /7-15.
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