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Sezione IV; sentenza 23 marzo 1983 (causa 77/82); Pres. O'Keeffe, Avv. gen. Slynn (concl. conf.);...

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Sezione IV; sentenza 23 marzo 1983 (causa 77/82); Pres. O'Keeffe, Avv. gen. Slynn (concl. conf.); Peskeloglou c. Bundesanstalt für Arbeit di Norimberga Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 9 (SETTEMBRE 1984), pp. 283/284-285/286 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177364 . Accessed: 24/06/2014 21:12 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.146 on Tue, 24 Jun 2014 21:12:04 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione IV; sentenza 23 marzo 1983 (causa 77/82); Pres. O'Keeffe, Avv. gen. Slynn (concl. conf.);Peskeloglou c. Bundesanstalt für Arbeit di NorimbergaSource: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 9 (SETTEMBRE 1984), pp. 283/284-285/286Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177364 .

Accessed: 24/06/2014 21:12

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PARTE QUARTA

campo da esso disciplinato implica che gli Stati membri adottino i

provvedimenti necessari affinché: « b) siano nulle, possano essere

dichiarate nulle o possano essere modificate le disposizioni contra

rie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti

collettivi o nei contratti individuali di lavoro, nei regolamenti interni delle imprese nonché degli statuti delle professioni indi

pendenti ».

11. - La direttiva si riferisce quindi a tutti i contratti collettivi, senza distinguere a seconda della natura degli effetti giuridici che

essi producono o non producono. Il motivo di questa norma

generale risiede nella circostanza che, anche quando non sono, tra

le parti che li stipulano o per i rapporti di lavoro o di impiego che disciplinano, giuridicamente vincolanti, i contratti collettivi

producono pur tuttavia .importatiti conseguenze di fatto per i

rapporti di lavoro e d'impiego che disciplinano, in particolare laddove stabiliscono le spettanze dei lavoratori e forniscono alle

aziende nell'interesse della pace sociale delle indicazioni a proposi to delle caratteristiche che i rapporti di lavoro o di impiego devono avere. La necessità di garantire ila completa attuazione della

direttiva esige pertanto che le clausole di questi contratti collettivi

incompatibili con gli obblighi imposti dalla 'direttiva agli Stati

membri possano essere rese inefficaci, eliminate o modificate in

modo conveniente.

Sulla seconda censura. — 12. - Secondo il governo del Regno

Unito, le deroghe al divieto di discriminazione di cui all'art. 6 (3) della legge del 1975 in caso di occupazione in una casa privata

(privale household) o di imprese che abbiano un numero di

dipendenti non superiore a cinque, è giustificata dall'eccezione

contemplata dalla direttiva stessa all'art. 2, n. 2, secondo cui:

« La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati

membri di escluderne dal campo di applicazione le attività

professionali ed eventualmente le relative formazioni, per le quali, in considerazione della loro natura o delle condizioni per il loro

esercizio, il sesso rappresenti una condizione determinante ». -

13. - Bisogna ammettere che detta disposizione della legge del

1975, nella parte in cui riguarda l'occupazione in una casa

privata, mira a conciliare il principio della parità di trattamento

con quello, altrettanto fondamentale, del rispetto della vita privata. Tale contemperamento fa parte dei fattori che devono essere presi in considerazione per determinare il campo di aipplicaziione dell'ec

cezione di cui all'art. 2, n. 2, della direttiva.

14. - Benché sia incontestabile che per determinate occupazioni in case private la deroga appare giustificata, ciò non vale tuttavia in ogni caso.

15. Per quanto riguarda le piccole aziende che impiegano non

più di cinque dipendenti, il governo del Regno Unito non ha

addotto alcun argomento tendente a dimostrare che, per tutte le

aziende di tali dimensioni, il sesso del lavoratore costituisce una

condizione determinante, a causa della natura delle loro attività e

delle modalità del loro esercizio.

16. - Ne consegue che per la sua genericità, l'esclusione

contemplata dalla disposizione della legge del 1975 va oltre lo

scopo che può essere legittimamente perseguito nell'ambito dell'art.

2, n. 2, della direttiva.

Sulla terza censura. — 17. - La terza censura della commissione verte sul fatto che la legge del 1975 garantisce l'accesso alla

professione di levatrice e alla relativa preparazione solo entro certi limiti. Ne deriverebbe una discriminazione fondata sul sesso.

18. - Il governo del .Regno Unito ammette i fatti. Dal n. 3

dell'allegato 4 della legge del 1975 si desumerebbe che, fino ad una data da fissare con decreto ministeriale, l'accesso degli uomini al lavoro in questione e la loro preparazione può avere luogo solo in determinate località. Tale situazione sarebbe dovuta al fatto che

tale professione nel Regno Unito non viene tradizionalmente esercitata dagli uomini. In un ambito in cui il rispetto della sensibilità della paziente è assolutamente necessario, attualmente tale limitazione sarebbe conforme all'art. 2, n. 2, della direttiva.

Tuttavia, il governo aggiunge che intende procedere per tappe e

seguire l'evoluzione della situazione, in relazione agli obblighi che

derivano dall'art. 9, n. 2, della direttiva.

19. - Questa disposizione prescrive che gli Stati membri proce dano periodicamente all'esame delle attività professionali di cui all'art. 2, n. 2, al fine di valutare, tenuto conto dell'evoluzione

sociale, se sia giustificato mantenere in vigore le deroghe ammesse. Essi comunicano alla commissione i risultati di tale esame.

20. - Non si può contestare che in questo campo, come il

governo del Regno Unito ammette, gli Stati membri hanno

l'obbligo di attuare il principio della parità di trattamento.

Bisogna tuttavia riconoscere che attualmente la suscettibilità per sonale può avere molto peso nelle relazioni tra la levatrice e la

paziente. Pertanto, è lecito constatare che, omettendo di dare

piena attuazione al principio stabilito dalla direttiva, il Regno Unito non ha oltrepassato i limiti della facoltà attribuita agli Stati membri dagli iart. 9, n. 2, e 2, in. 2, della direttiva. Queste censura della commissione non deve dunque essere accolta.

21. - Dal complesso delle considerazioni che precedono discende

che, omettendo di adottare, conformemente alla direttiva 9 feb

braio 1976 n. 207, d provvedimenti necessari affinché le disposizio ni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti collettivi o nei regolamenti interni delle imprese nonché

negli statuti delle professioni indipendenti siano nulle, possano essere annullate o possano essere modificate, ed escludendo dal

l'applicazione del principio tutte le attività svolte in seno ad una casa privata e tutti i casi in cui il numero delle persone impiegate non sia superiore a cinque, il Regno Unito è venuto meno agli obblighi impostigli dal trattato.

22. - Il ricorso è respinto per di resto. (Omissis) Per questi motivi, la corte dichiara e statuisce:

1) Il Regno Unito, omettendo di adottare, conformemente alla direttiva 9 febbraio 1976 n. 207, i provvedimenti necessari affinché le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti collettivi o nei regolamenti interni delle

aziende, nonché negli statuti delle professioni indipendenti siano

nulle, possano essere annullate o modificate, ed escludendo dal

campo di applicazione del principio tutte le attività svolte in seno ad una casa privata e tutti i casi in cui il numero delle persone impiegate non è superiore a cinque, è venuto meno agli obblighi impostigli dal trattato.

2) Il ricorso è respinto.

3) Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; Se zione IV; sentenza 23 marzo 1983 (causa 77/82); Pres.

O'Keeffe, Avv. gen. Slynn (conci, conf.); Peskeloglou c. Bundesanstalt ftir Arbeit di Norimberga.

Comunità europee — CEE — Libera circolazione dei lavoratori — Lavoratori di nazionalità greca — Permesso di lavoro —

Condizioni per il rilascio — Inasprimento successivo all'adesio

ne della Grecia alla Comunità — Divieto (Trattato CEE, art.

48, 177).

L'art. 45, n. 1, dell'atto relativo alle condizioni di adesione della

repubblica ellenica ed agli adattamenti dei trattati (G.U. del 19 novembre 1979, pag. 17) va interpretato nel senso ch'esso non consente che disposizioni nazionali concernenti il primo rilascio di un permesso di lavoro ad un cittadino ellenico siano

rese più restrittive dopo l'entrata in vigore dell'atto di adesio ne. (1)

(1) Non constano precedenti in termini. Peraltro, sulla necessità di interpretare restrittivamente le norme che prevedono deroghe al princi pio della libera circolazione delle persone, ed in particolare dei lavoratori, v. Corte giust. 27 ottobre 1977, causa 30/77, Foro it., 1978, IV, 368, con nota di richiami. Nello stesso senso v. anche, più di recente, Corte giust. 18 maggio 1982, cause riunite 115 e 116/81, id., 1984, IV, 182, con nota di richiami.

Il problema affrontato dalla sentenza in epigrafe è, per certi versi, analogo a quello che si è posto agli albori della giurisprudenza della corte riguardo alle cosiddette clausole di standstill, previste dallo stesso trattato CEE: v., a questo proposito, la « storica » sentenza 13 novembre 1964, cause riunite 90 e 91/63, id., 1965, IV, 25, con nota di richiami.

In generale sull'adesione della Grecia alle Comunità europee e sulle modifiche apportate in tale occasione ai trattati e alla legislazione comunitaria v. Daniele, Adesione greca e modifiche istituzionali delle Comunità, in Riv. dir. eur., 1980, 362; Terracciano, Le clausole di

salvaguardia nell'atto di adesione della Grecia alle Comunità, id., 1982, 211.

Sull'applicabilità alle imprese greche del diritto comunitario e, in particolare, del regime CECA, che prevede la fissazione di quote di produzione per l'acciaio, v. Corte giust. 9 dicembre 1982, causa 258/81, in Raccolta della giurisprudenza della Corte di giustizia, 1982, 4261.

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

Diritto. — 1. - Con ordinanza 15 febbraio 1982, pervenuta alla corte il 23 febbraio 1982, il Sozialgericht di Stoccarda ha propo sto, a norma dell'art. 177 del trattato CEE, una questione

(pregiudiziale relativa all'interpretazione dell'art. 45, n. 1, 2° com

ma, dell'atto relativo alle condizioni di adesione della repubblica ellenica ed agli adattamenti dei trattati (G.U. del 19 novembre

1979, pag. 17) — per il seguito: atto di adesione —.

2. - Tale questione è stata sollevata nell'ambito dì una contro

versia pendente dinanzi al Sozialgericht di Stoccarda tra la sig.ra Anastasia Peskeloglou, cittadina ellenica residente nella repubbli ca federale di Germania, ed il Bundesanstalt fiir Arbeit di

Norimberga, controversia vertente sul diritto della Peskeloglou di

ottenere un permesso di lavoro.

3. - La Peskeloglou si trasferiva il 29 novembre 1980 nella

repubblica federale di Germania per raggiungere il marito. Il 31

maggio 1981 ella chiedeva un permesso di lavoro per svolgere un'attività lavorativa presso un'impresa di Stoccarda; questa do

manda veniva respinta dall'ufficio del lavoro competente con la

motivazione che l'interessata « non aveva compiuto il periodo minimo di soggiorno di 4 o 3 anni stabilito per l'immigrato che

raggiunge il coniuge ».

4. - Secondo il Sozialgericht, le disposizioni nazionali in vigore fino al 13 agosto 1981 — art. 19 dell'Arbeitsforderungsgesetz, nella versione di cui alla legge 19 giugno 1969 (BGB I, pag. 582) — attribuivano al coniuge di un lavoratore straniero il diritto al

rilascio di un permesso di lavoro qualora, tenuto conto della

situazione e dell'andamento del mercato del lavoro, il posto da

lui indicato non avesse potuto essere occupato da lavoratori tede

schi o da lavoratori stranieri da assumere in via preferenziale. 5. - Per contro, a seguito di una modifica apportata a dette

disposizioni risulta che, in base al diritto in vigore dal 1° ottobre

1981, il permesso di lavoro può essere rilasciato per la prima occupazione ai coniugi dei lavoratori stranieri qualora essi abbia no legittimamente soggiornato per quattro anni nella repubblica federale di Germania; tuttavia, « per l'occupazione in settori economici nei quali il numero dei posti disponibili dichiarati all'ufficio del lavoro sia notevolmente superiore al numero dei

disoccupati dichiarati allo.stesso ufficio, il permesso di lavoro può essere rilasciato ai coniugi dopo un soggiorno legittimo di due anni ».

6. - Il Sozialgericht, considerando di dover tener conto, ai fini della decisione, della normativa modificata, ha ritenuto che il

ricorso dell'interessata non potesse essere accolto in base alla

normativa in vigore il 1° ottobre 1981. Tuttavia, nutrendo dubbi

sulla compatibilità delle suddette modifiche con l'art. 45, n. 1, dell'atto di adesione, ha deciso di sospendere il procedimento e

di sottoporre alla corte la seguente questione:

«Se l'art. 45, n. 1, 2° comma, dell'atto relativo alle condizioni

di adesione ed agli adattamenti dei trattati, facente parte inte

grante degli accordi relativi all'adesione della repubblica ellenica alla Comunità economica europea, alla Comunità europea dell'e

nergia atomica e alla Comunità europea del carbone e dell'acciaio

(BGB1 1980, parte II, pag. 230 ss.) possa essere interpretato nel

senso che la disciplina finora vigente nella repubblica federale di

Germania quanto al primo rilascio di un permesso di lavoro ad

un cittadino greco, contenuta nell'art. 19 della legge sull'incorag

giamento dell'occupazione — Arbeitsfòrderungsgesetz (AFG) —

a norma del quale il permesso di lavoro viene rilasciato, tenendo

conto delle circostanze di ogni singolo caso, a seconda dell'anda

mento del mercato del lavoro, possa essere resa più gravosa, nel

senso che, in forza del combinato disposto della 6* legge di

modifica .dell'AFG — legge sul periodo minimo di soggiorno

(Wartezeitgesetz) — 3 agosto 1981 (BGB1 I, pag. 802) e del 6°

decreto di modifica del decreto relativo al permesso di lavoro

(Arbeitserlaubnisverordnung) 24 settembre 1981 (BGB1 I, pag. 1042), il primo rilascio del permesso di lavoro, anche a favore di

cittadini greci, è inoltre subordinato al compimento di un

periodo di soggiorno di almeno due anni ».

7. - Con tale questione, il Sozialgericht di Stoccarda mira ad

accertare se l'art. 45, n. 1, 2° comma, dell'atto d'adesione consen

ta di modificare in senso piti rigido, per quanto riguarda i

cittadini ellenici, una normativa nazionale in vigore prima del 14

agosto 1981 aggiungendo alle condizioni per il rilascio del permes so di lavoro l'ulteriore - requisito di un determinato periodo di

soggiorno. 8. - L'art. 45, n. 1, dell'atto d'adesione stabilisce al 1° comma

che gli art. 1-6 e 13-23 del regolamento del consiglio 15 ottobre

1968 n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori nella

Comunità (G.U. L 257, pag. 2) si applicano negli Stati membri

attuali nei confronti dei cittadini ellenici solo dal 1° gennaio 1988. Il 2° comma dispone che, nel periodo transitorio, gli Stati membri attuali hanno la facoltà di mantenere in vigore, nei confronti dei cittadini ellenici, le norme nazionali che subordina

no ad una previa autorizzazione l'immigrazione allo scopo di

esercitare un lavoro subordinato e/o l'accesso ad un posto di lavoro subordinato.

9. - Questa disposizione si applica pertanto a tutti i lavoratori

ellenici, mentre la situazione dei coniugi e dei figli a carico è

espressamente disciplinata al n. 2 dell'art. 45 dell'atto d'adesione.

Questo paragrafo stabilisce, al 1° comma, che l'art. 11 del regola mento n. 1612/68, che attribuisce, in particolare, al coniuge il

diritto ad un posto di lavoro si applica negli Stati 'membri attuali, nei confronti dei cittadini ellenici, solo dal 1° gennaio 1986. Il 2°

comma dispone, in via transitoria, che i familiari di un lavoratore

cittadino di uno Stato membro hanno il diritto di accedere ad un

posto di lavoro nel territorio dello Stato membro in cui abitano

assieme al lavoratore, purché risiedano da almeno tre anni nel

suddetto territorio, periodo ridotto a 18 mesi dal 1° gennaio 1984. Tuttavia, il 3° comma stabilisce espressamente che le

disposizioni dello sìesso n. 2 « non pregiudicano le disposizioni nazionali più favorevoli ».

10. - Nella fattispecie la ricorrente nella causa principale è una

cittadina ellenica, coniugata con un lavoratore che ha la stessa

cittadinanza; ella rientra quind: nella disciplina sia dell'art. 45, n. 1, che dell'art. 45, n. 2. Poiché la questione sollevata dal

giudice nazionale riguarda espressamente l'art. 45, n. 1, è opportu no esaminare in primo luogo questa disposizione.

11. - La disposizione transitoria di cui al 2° comma del n. 1

dell'art. 45 dell'atto d'adesione lascia agli Stati membri di allora

la facoltà di mantenere in vigore, fino al 1° gennaio 1988, nei

confronti dei cittadini ellenici, le disposizioni nazionali che su

bordinano ad una previa autorizzazione l'immigrazione al fine di

esercitare un'attività lavorativa subordinata 'o l'accesso ad un

posto di lavoro subordinato. Bisogna notare che la stessa facoltà

è riservata alla Grecia nei suoi rapporti con gli altri Stati

membri. 12. - La suddetta disposizione, che ha lo scopo di evitare, a

seguito dell'adesione, perturbazioni del mercato del lavoro, sia

della Grecia che degli altri Stati membri, dovute ad improvvisi e

massicci spostamenti di lavoratori, costituisce una deroga al prin

cipio della libera circolazione dei lavoratori sancito dall'art. 48

del" trattato CEE. Come tale, essa va interpretata in senso stretto,

come risulta dall'art. 44 dell'atto d'adesione che stabilisce il

principio dell'efficacia immediata dell'art. 48 del trattato, fatte

salve le disposizioni transitorie contenute, tra l'altro, nell'art. 45.

13. - Ne consegue che la repubblica federale di Germania è

autorizzata a mantenere in vigore restrizioni preesistenti, ma non

può, in nessun caso, durante il periodo transitorio, rendere più

gravose per i cittadini ellenici le condizioni d'accesso ad un posto di lavoro con l'adozione di nuovi provvedimenti restrittivi.

14. - L'art. 45, n. 2, non osta a tale conclusione. Infatti,

sarebbe eccessivo interpretare l'art. 45, n. 2, nel senso che il

legislatore nazionale può rendere più gravosi i presupposti del

diritto ad un posto di lavoro dei soli coniugi e membri della

famiglia, poiché si perverrebbe alla conseguenza inammissibile

che questi ultitni si troverebbero in una situazione più sfavorevo

le di quella dei cittadini ellenici in generale. 15. - La questione del giudice a quo si deve pertanto risolvere

come segue: l'art. 45, n. 1, dell'atto d'adesione va interpretato nel

senso ch'esso non consente che disposizioni nazionali riguardanti il primo rilascio di un permesso di lavoro ad un cittadino

ellenico siano rese più restrittive dopo l'entrata in vigore dell'atto

d'adesione. (Omissis) Per questi motivi, la corte (quarta sezione), pronunziandosi sulle

questioni sottopostele dal Sozialgericht di Stoccarda con ordinan

za 15 febbraio 1982, dichiara:

L'art. 45, n. 1, dell'atto relativo alle condizioni di adesione della

repubblica ellenica ed agli adattamenti dei trattati (G.U. del 19

novembre 1979, pag. 17) va interpretato nel senso ch'esso non

consente che disposizioni nazionali concernenti il primo rilascio

di un permesso di lavoro ad un cittadino ellenico siano rese più restrittive dopo l'entrata in vigore dell'atto di adesione.

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