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sezione lavoro; ordinanza 21 ottobre 1994, n. 822; Pres. Alvaro, Rel. Prestipino, P.M. Martone...

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sezione lavoro; ordinanza 21 ottobre 1994, n. 822; Pres. Alvaro, Rel. Prestipino, P.M. Martone (concl. conf.); Soc. Coin (Avv. E. Romanelli, Marinoni, Longo, Berti) c. Scopelliti (Avv. Angelini, Degiovanni). Regolamento di competenza avverso Pret. Trieste, ord. 12 agosto 1993 Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 1 (GENNAIO 1995), pp. 157/158-161/162 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23189209 . Accessed: 25/06/2014 07:56 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.36 on Wed, 25 Jun 2014 07:56:20 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; ordinanza 21 ottobre 1994, n. 822; Pres. Alvaro, Rel. Prestipino, P.M. Martone(concl. conf.); Soc. Coin (Avv. E. Romanelli, Marinoni, Longo, Berti) c. Scopelliti (Avv.Angelini, Degiovanni). Regolamento di competenza avverso Pret. Trieste, ord. 12 agosto 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 1 (GENNAIO 1995), pp. 157/158-161/162Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23189209 .

Accessed: 25/06/2014 07:56

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

posizione ai sensi della 1. n. 689 del 1981, ritenuto che l'Aima,

per giustificare l'emissione del provvedimento di che trattasi,

«avrebbe ben potuto avvalersi del potere di ingiunzione, assai

più incisivo, ad essa attribuito dalla nuova disciplina in materia

di aiuti comunitari nel settore agricolo, di cui alla 1. n. 898

del 1986, per la determinazione e la riscossione delle somme

dovute per entrambi i titoli, risarcitorio e sanzionatorio (restitu

zione dell'indebito e applicazione della sanzione pecuniaria cor

rispondente) espressamente menzionati dalla legge stessa». La

1. 23 dicembre 1986 n. 898, in materia di controllo degli aiuti comunitari alla produzione dell'olio d'oliva, prevede (art. 2) una

fattispecie di illecito penale per l'indebita percezione di contri

buti ottenuta, mediante l'esposizione di dati e notizie false»,

ed attribuisce al giudice penale che pronunzia sentenza di con

danna il potere-dovere di determinare anche l'importo indebita

mente percepito e di condannare il percettore alla restituzione.

Indipendentemente dalla sanzione penale (che si realizza quan

do l'importo indebitamente percepito supera un certo valore)

il percettore è tenuto al pagamento di una sazione pecuniaria

(pari all'importo indebitamente percepito); e l'amministrazione

competente ha il potere di determinare, in via di autotutela,

e con provvedimento immediatamente esecutivo, le somme do

vute dal trasgressore, sia a titolo dell'indebito che di quello di

sanzione amministrativa pecuniaria. In tal caso, con la medesi

ma ordinanza-ingiunzione l'amministrazione determina sia la

somma dovuta in restituzione che la somma amministrativa, e

ne ordina il pagamento. Non viene invece espressamente previ

sta l'ipotesi in cui l'amministrazione determini di richiedere il

solo pagamento dell'indebito. In relazione all'ipotesi prevista,

si stabilisce (art. 4) che all'accertamento delle violazioni ammi

nistrative, con riguardo agli aiuti fraudolentemente ottenuti e

all'irrogazione delle relative sanzioni si applica (con alcune mo

dificazioni) il «capo primo della 1. 24 novembre 1981 n. 689». Dovendosi peraltro considerare che, nel corpo legislativo richia

mato, l'ordinanza-ingiunzione si applica esclusivamente per ir

rogare la sanzione amministrativa, eccezione fatta per l'ipotesi

(art. 35) di violazione in materia di previdenza e assistenza ob

bligatorie, in cui in caso di omissione totale o parziale del ver

samento, con l'ordinanza che ingiunge il pagamento della san

zione amministrativa pecuniaria, l'ente gestore ingiunge «ai de

bitori anche il pagamento dei contributi e dei premi non versati

e delle somme aggiuntive ... a titolo di sanzione civile». In

tale fattispecie normativa la garanzia giurisdizionale si attua an

cora con l'opposizione al pretore; ma è previsto — con l'inte

grale rinvio al rito del lavoro — il doppio grado di giudizio

di merito.

Quel che, peraltro, qui interessa considerare è che l'ammini

stratore competente, nel caso di specie, non ha inteso utilizzare

10 schema previsto dalla normativa speciale — che passa attra

verso l'unitario accertamento e contestuale pretesa della somma

indebitamente percepita e della sanzione amministrativa pecu

niaria — ma, per autonoma determinazione (che può astratta

mente corrispondere ad una valutazione circa la certa sussisten

za dell'indebita percezione, ma non della ricorrenza del mezzo

fraudolento) ha richiesto la sola restituzione dell'indebito. Al

l'uopo ha evitato di utilizzare lo strumento di riscossione costi

tuito dall'ordinanza-ingiunzione (istituito dalla normativa vigente

nel particolare settore degli aiuti comunitari) previsto esclusiva

mente per l'ipotesi di emissione congiunta dell'ordine di paga

mento relativo alla pretesa restitutoria ed a quella sanzionato

ria, sul presupposto della ricorrenza della fattispecie caratteriz

zata dall'utilizzazione dei mezzi fraudolenti.

Si è perciò avvalsa del più generale strumento di riscossione

dei crediti erariali e della riscossione delle entrate patrimoniali

dello Stato, preveduta dal r.d. n. 639 del 1910, e cioè dalla

speciale procedura dell'ingiunzione vidimata e resa esecutiva dal

pretore, come espressione del potere di autotutela della pubbli

ca amministrazione a prescindere da un previo accertamento giu

diziale della pretesa stessa. Avendo la pubblica amministrazione

espressamente dichiarato di agire in forza della normativa pre

vista dal r.d. n. 639 del 1910, alla stregua della quale, giudice

competente sull'opposizione, ratione valoris, era il tribunale, non

poteva il pretore affermare la propria competenza sostenendo

che l'amministrazione avrebbe dovuto procedere secondo la 1.

n. 898 del 1986, radicandosi la competenza con riguardo alla

disciplina procedimentale concretamente attuata dalla pubblica

amministrazione. E, in effetti, quando l'ordinamento configuri,

11 Foro Italiano — 1995.

rispetto ad atti amministrativi emessi dalla medesima autorità,

un diverso giudice competente per l'opposizione, a seconda del

tipo di provvedimento adottato, l'individuazione del giudice com

petente deve partire dal dato certo ed inequivocabile della qua

lificazione data dallo stesso provvedimento impugnato. E se è

vero che la disciplina adottata è solo potenzialmente idonea a

divenire definitiva e irretrattabile, perché il contollo sostanziale

sulla conformità all'ordinamento della forma procedimentale pre

scelta, e in ultima analisi sulla qualificazione del provvedimento

adottato, appartiene all'organo giurisdizionale davanti al quale

il provvedimento è impugnato, è pur vero, però, che questo

potere appartiene all'organo della giurisdizione ordinaria indi

viduato come competente. La questione intorno alla qualifica

zione giuridica del tipo di provvedimento adottabile dalla pub

blica amministrazione costituisce un posterius rispetto all'indi

viduazione del giudice competente per l'impugnazione dello

stesso. Diversamente opinando, il giudizio sulla competenza —

per sua natura pregiudiziale alle questioni di merito — verrebbe

a dipendere dall'esito dell'indagine circa la qualificazione giuri dica, e cioè in una delle possibili res in iudicium dedictae e, dunque, si determinerebbe secundum eventum litis.

Il primo motivo di ricorso deve pertanto essere accolto (re

stando assorbito il secondo). In conseguenza, la sentenza impu

gnata deve essere cassata; dichiarata la competenza del Tribu

nale di Roma, davanti il quale la causa dovrà essere riassunta.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; ordinanza 21 otto

bre 1994, n. 822; Pres. Alvaro, Rei. Prestipino, P.M. Mar

tone (conci, conf.); Soc. Coin (Aw. E. Romanelli, Marino

ni, Longo, Berti) c. Scopelliti (Aw. Angelini, Degiovan

ni). Regolamento di competenza avverso Pret. Trieste, ord.

12 agosto 1993.

Competenza civile — Regolamento necessario o facoltativo —

Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 42, 43, 669 septies).

È inammissibile il regolamento, necessario o facoltativo, di com

petenza avverso l'ordinanza cautelare emessa sulla base della

nuova disciplina sul procedimento cautelare generale (nella

specie, si trattava di regolamento facoltativo proposto contro

l'ordinanza con cui il pretore, dichiaratosi competente, aveva

accolto l'istanza di provvedimento di urgenza). (1)

(1) Per la prima volta dall'entrata in vigore della nuova disciplina

sul procedimento cautelare generale di cui agli art. 669 bis ss. c.p.c., la Suprema corte affronta il problema dell'ammissibilità o meno del

regolamento di competenza avverso l'ordinanza con cui il giudice della

cautela risolve in senso esplicito o implicito una questione di competen

za. La Suprema corte era stata adita in via di regolamento facoltativo

proposto — ex art. 43 c.p.c. — avverso l'ordinanza con cui il giudice

della cautela, affermata la propria competenza, aveva accolto l'istanza

cautelare; tuttavia, la pronuncia in epigrafe per l'ampia motivazione

che la sorregge sembra avere una portata più generale che investe anche

il regolamento necessario di cui all'art. 42 c.p.c. La dichiarazione di inammissibilità del regolamento (sia esso necessa

rio o facoltativo) costituisce una vera e propria inversione di rotta ri

spetto al passato; infatti, a partire dal fondamentale intervento di Cass.

11 luglio 1977, n. 3091 (Foro it., 1977, I, 2653, con nota di Pietrosan

n), la giurisprudenza, quantomeno in riferimento ai provvedimenti cau

telari non soggetti al giudizio di convalida (fra i quali appunto i provve

dimenti d'urgenza di cui all'art. 700 c.p.c.), aveva sempre ritenuto pro

ponibile il regolamento operando solo una distinzione fra a) le ipotesi

di provvedimento emesso ante causarti contro cui il regolamento era

ammesso a prescindere dal se il giudice avesse risolto in sen

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Con ricorso dell'11 maggio 1993

Rossella Scopelliti conveniva davanti al Pretore del lavoro di

Trieste la s.p.a. Coin, della quale era dipendente, e chiedeva

che, previa dichiarazione dell'illegittimità del trasferimento dal

la filiale di Trieste alla filiale di Udine che era stato disposto nei suoi confronti, la società convenuta fosse condannata a rein

tegrarla nell'originario posto di lavoro; con il medesimo atto

la ricorrente chiedeva che fosse emesso, ai sensi dell'art. 700

c.p.c., il provvedimento di urgenza. Il pretore, con due distinti decreti apposti in calce al ricorso

ed emessi il 13 maggio 1993, fissava l'udienza del 31 maggio

1993 per la discussione della richiesta del provvedimento caute

lare e l'udienza del 12 aprile 1994 per la trattazione del giudizio di merito.

so esplicito o implicito una questione di competenza, b) e le ipotesi di provvedimento concesso in corso di causa, contro il quale il regola mento era in via tendenziale ammesso purché il giudice si fosse espres samente pronunciato sulla competenza; per un quadro preciso di tali

orientamenti, v., da ultimo, Cass. 29 gennaio 1993, n. 1164, id., 1993,

I, 2206, con nota di A. Fortini. Le motivazioni addotte dalla corte a fondamento della esclusione del

la proponibilità del regolamento sono essenzialmente due: a) in primo

luogo l'impossibilità di configurare l'ordinanza cautelare di rigetto o di accoglimento come «sentenza sulla competenza» stante l'assoluto di

fetto di efficacia preclusiva risultante dal 1° comma dell'art. 669 septies

c.p.c., nella parte in cui prevede che il rigetto della domanda per motivi

anche di competenza non ne preclude la riproposizione, e dall'art.

669 decies c.p.c., nella parte in cui prevede che l'ordinanza di accogli mento è sempre soggetta a revoca e modifica da parte dello stesso giu dice che l'ha emessa; b) in secondo luogo la possibilità in entrambi i casi di denunciare il vizio di incompetenza avvalendosi del reclamo

di cui all'art. 669 terdecies c.p.c. Il principio sostenuto dall'odierna pronuncia riproduce — sia pure

con motivazioni più ampie — il pensiero della dottrina maggioritaria, la quale ha infatti escluso la proponibilità sia del regolamento necessa

rio di competenza, per l'assoluta mancanza di efficacia preclusiva del

l'ordinanza di incompetenza (anche nei confronti del giudice che l'ha

emessa), sia del regolamento facoltativo, per ciò che l'ordinanza con

cessiva della misura cautelare è suscettibile di reclamo ex art. 669 terdecies

c.p.c. anche per eventuali vizi di incompetenza (si consideri comunque che gli interventi dei diversi autori sono tutti precedenti l'intervento

di Corte cost. 23 giugno 1994, n. 253, id., 1994, I, 2005, con nota

di B. Capponi, che ha affermato il principio della reclamabilità anche

dell'ordinanza di rigetto di cui all'art. 669 septies c.p.c.); cosi A. Pro to Pisani, La nuova disciplina sul processo civile, Napoli, 1991, 343; F. Tommaseo, Commento agli art. 73-77 l. 26 novembre 1990 n. 353, in Corriere giur., 1991, 98; G. Verde (L.F. Di Nanni), Codice di pro cedura civile. Legge 26 novembre 1990 n. 353, Torino, 1991, 254; F. Car

pi - V. Colesanti - M. Taruffo, Commentario breve al codice di proce dura civile. Appendice di aggiornamento, Padova, 1991, 218 ss.; G. Frus, in Le riforme del processo civile a cura di S. Chiarloni, Bologna, 1992, 678 ss.; L. Salvaneschi, in Provvedimenti urgenti per il processo civile.

Commentario a cura di G. Tarzia e F. Cipriani, Padova, 1992, 327 ss.; C. Rapisarda Sassoon, in Le riforme della giustizia civile. Commento al

la l. 353 de11990 e alla 1. 374 del 1991 a cura di M. Taruffo, Torino,

1993, 504 ss.; C. Consolo (F.P. Luiso - B. Sassani), La riforma del pro cesso civile, Milano, 1991, 480 (per il quale «un discorso sul regolamento di competenza, ex art. 42 c.p.c., in una materia che si alimenta della cele rità nel provvedere appare all'atto pratico ozioso»). In senso analogo, v.

anche G. Oberto, Il nuovo processo cautelare, Milano, 1992, 42 ss.; G.

Mammone (E. Dini), Iprovvedimenti d'urgenza, Milano, 1993, 478 ss.; C. Cecchella (R. Vaccarella - B. Capponi), Il processo civile dopo le

riforme, Torino, 1992, 365 ss., i quali esplicitamente escludono l'ammis

sibilità di qualsivoglia regolamento sia esso necessario o facoltativo, su

istanza di parte o d'ufficio. In senso analogo anche G. Arieta (L. Montesano), Il nuovo proces

so civile, Napoli, 1991, 135 ss. e 154 ss., che esclude l'esperibilità del

regolamento pur riconoscendo all'ordinanza di incompetenza quel mi nimo effetto preclusivo consistente nell'impossibilità di riproporre la

domanda allo stesso giudice. In senso parzialmente difforme, v. invece G. Olivieri, I provvedi

menti cautelari nel nuovo processo civile, in Riv. dir. proc., 1991, 688

ss., spec. 709, che ammette il regolamento ove si configuri come attuale

un conflitto negativo di competenza. Concordano sulla mancanza di una qualsiasi efficacia vincolante del

l'ordinanza di incompetenza, ma ammettono l'esperibilità del regola mento come unico mezzo idoneo a garantire una pronuncia «definitiva

e irrevocabile» sul punto, G. Monteleone, Spigolature e dubbi sulla

legge 26 novembre 1990 n. 353, id., 1992, 40; A. Attardi, Le nuove

disposizioni sul processo civile, Padova, 1991, 240; R. Frasca (G. D'Aiet

ti - E. Manzi - C. Miele), I provvedimenti cautelari. La riforma del

proceso civile, Milano, 1991, 61 (il quale dalla regola di cui al 1° com

II Foro Italiano — 1995.

Costituitasi nel procedimento cautelare, la società Coin preli

minarmente eccepiva l'incompetenza per territorio del Pretore

di Trieste, essendo a suo dire competente il Pretore di Udine,

e nel merito contestava la fondatezza del ricorso, di cui chiede

va il rigetto. Con ordinanza del 12 agosto 1993 il pretore, dichiarata la

propria competenza, intimava alla società di riammettere la di

pendente nel posto di lavoro dalla medesima occupato presso la filiale di Trieste.

Contro questa ordinanza ha proposto ricorso per regolamen to di competenza la società Coin. Ha resistito con scrittura di

fensiva la Scopelliti, che in via preliminare ha eccepito l'inam

missibilità del ricorso. Il p.m. ha concluso come in epigrafe. Motivi della decisione. — Preliminare ed assorbente è l'esa

me dell'eccezione con la quale la Scopelliti, sul presupposto che

la causa di merito era stata introdotta con il medesimo atto

con il quale era stato pure chiesto il provvedimento cautelare,

chiede che sia dichiarata l'inammissibilità del ricorso, in base al rilievo — cui ha aderito il p.m. e che ricalca un indirizzo

giurisprudenziale già espresso da questa corte — che il provve

dimento di urgenza, essendo stato emesso dal pretore in pen

denza della causa di merito, non sarebbe passibile di impugna

zione con il regolamento di competenza (ancorché vi sia stata

sul punto una espressa pronuncia) per non essere lo stesso ido

neo ad assumere il contenuto sostanziale di sentenza.

Anche se per ragioni diverse da quelle indicate dalla ricorren

te, l'eccezione deve essere accolta.

In materia di procedimenti cautelari, prima delle modifiche

introdotte dalla 1. 26 novembre 1990 n. 353 (contenente provve dimenti urgenti per il processo civile) e nel vigore, quindi, della

previgente disciplina — la quale, come ora viene rilevato in dot

trina, era caratterizzata «da modelli procedimentali diversi» —

la giurisprudenza, riguardo al regolamento di competenza, ave

va cercato di delineare regole il più possibile conformi ai sud

detti singoli modelli procedimentali e ai relativi provvedimenti. In proposito, da parte delle sezioni unite di questa corte, nella

sentenza n. 3091 dell' 11 luglio 1977 (Foro it., 1977, I, 2653), erano state formulate le seguenti distinzioni: 1) procedimenti cautelari che dovevano essere seguiti da un apposito giudizio

di convalida (come il sequestro) e in relazione ai quali il regola mento di competenza era ritenuto ammissibile contro il provve dimento emanato a chiusura della fase interdittale soltanto se

il giudice avesse espressamente pronunciato sulla competenza, affermandola o declinandola; 2) procedimenti che non richiede

vano alcuna forma di convalida o conferma (come quello previ

sto dall'art. 700 c.p.c.), rispetto ai quali occorreva ulteriormen

te distinguere a seconda che il provvedimento fosse emesso pri ma della causa o durante la pendenza della causa, nel senso

che: la) nel primo caso si riteneva sempre ammissibile il regola

mento di competenza, sia che fosse stata emessa una pronuncia

espressa sulla competenza, sia che si fosse provveduto sul meri

to con una semplice pronuncia implicita sulla competenza stes

sa; 2b) nel secondo caso si affermava l'inammissibilità del rego

lamento, «salvo che il giudice si fosse espressamente pronunzia to su una questione di competenza tempestivamente sollevata»,

dato che il provvedimento, strettamente ed inscindibilmente con

nesso con la questione di merito, era destinato a rimanere inevi

tabilmente assorbito dalla sentenza conclusiva.

A questi principi, per quanto concerne il provvedimento di

urgenza previsto dall'art. 700 c.p.c., si erano uniformate le suc

cessive pronunce emanate dalla Corte di cassazione, le quali,

grosso modo, avevano condiviso le linee argomentative svolte

nella suddetta sentenza delle sezioni unite.

Per un verso, si era consolidato l'indirizzo relativo al provve dimento reso dal pretore prima della causa, in relazione al qua

ma dell'art. 669 septies c.p.c. fa derivare la inammissibilità del solo

regolamento d'ufficio). Peculiare la posizione di A. Smetti, Appunti sulla nuova disciplina

delle misure cautelari, in Riv. dir. proc., 1991, 372 ss., il quale, facen

do leva sul principio di effettività del diritto d'azione di cui all'art.

24 Cost., ritiene dover estendere alle ordinanze declinatorie di compe tenza il principio di cui all'art. 44 c.p.c. (consistente nell'obbligo di

indicare il giudice competente) e quindi, anche in conseguenza dell'ope rare della c.d. translatio iudicii di cui all'art. 50 c.p.c., ammette, sia

pure in via dubitativa, il regolamento come unico rimedio contro il

provvedimento declinatorio.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

le era stata costantemente affermata l'ammissibilità dell'impu

gnazione per regolamento di competenza, sia nel caso di pro nuncia esplicita, declinatoria o confermativa della competenza, sia nell'ipotesi di pronuncia soltanto implicita, presupposta da

quella sul merito, dato che il provvedimento, cosi emesso, «de

finisce il procedimento sommario e incide sugli interessi sostan

ziali delle parti allo stesso modo di una sentenza» (v., per tutte,

Cass., sez. un., 3 aprile 1989, n. 1609, id., 1989, I, 2499). Per un altro verso, qualche deviazione (apparentemente mar

ginale, ma non di poco conto) si era verificata con riferimento

al provvedimento emesso in corso di causa, riguardo al quale si era andata affermando la tesi della inammissibilità del rego lamento anche in caso di espressa pronuncia sulla competenza, dato che, come si argomentava, il provvedimento «non era ido

neo ad assumere il contenuto sostanziale della sentenza» (v. le

ordinanze n. 47 del 26 gennaio 1984, id., Rep. 1984, voce Com

petenza civile, n. 149 e n. 711 del 24 novembre 1986, id., Rep.

1986, voce cit., n. 129, entrambe segnalate dalla resistente). Ciò posto, poiché il procedimento promosso dalla Scopelliti,

che è stato introdotto con il ricorso dell'11 maggio 1993 e che

si è concluso con l'ordinanza del 12 agosto 1993, è retto dalle

nuove disposizioni contenute nell'art. 74 della suddetta 1. 26

novembre 1990 n. 353 (il quale, come è noto, ai sensi dell'art.

50 1. 21 novembre 1991 n. 374, è entrato in vigore il 1° gennaio

1993, restando lo stesso fuori dalla previsione di cui all'art. 2, 5° comma, 1. 4 dicembre 1992 n. 477 e successive modifiche), non possono essere più richiamati i principi giurisprudenziali

sopra indicati, proprio perché tali principi si basavano su una

disciplina che è stata ormai modificata. La pluralità di modelli procedimentali distinti, relativi ai diversi provvedimenti cautela

ri, infatti, è stata sostituita da un unico modello, dato che il

legislatore, con gli art. da 669 bis a 669 quaterdecies, immessi

nel codice di procedura civile dopo l'art. 669, ha dettato un'u

nica disciplina nella materia dei sequestri, della denuncia di nuova

opera o di danno temuto, dei provvedimenti di urgenza e, in

quanto compatibili, di tutti gli altri provvedimenti cautelari pre visti dal codice civile e dalle leggi speciali. Di tal che, essendo

ora la materia retta da tale unica disciplina, è giunto il momen

to per riesaminare, funditus, la questione relativa alla ammissi

bilità del regolamento di competenza avverso i suddetti provve dimenti cautelari, dipendendo la soluzione di tale questione —

oltre che, ovviamente, dalla funzione, dalla struttura e dalla

natura dei provvedimenti medesimi — anche dalla (nuova) nor

mativa in concreto dettata dal legislatore.

Orbene, per la soluzione della questione, va innanzi tutto con

siderato che, al contrario di quanto era in precedenza disposto, i suddetti art. 669 bis ss. c.p.c. non fanno alcuna distinzione

a seconda che il provvedimento sia emanato prima dell'inizio

della causa di merito o nella pendenza di questa: uniforme, in

quanto unica, infatti, è la normativa riguardo sia al giudice com

petente (che è sempre quello chiamato «a conoscere del meri

to»: art. 669 ter), sia al procedimento (art. 669 sexies), sia al

l'ordinanza di incompetenza o di rigetto (art. 669 septies), sia

alle modifiche o alla revoca del provvedimento di accoglimento

(art. 669 decies), sia al reclamo avverso il provvedimento di ac

coglimento (art. 669 terdecies). Ne consegue che la tesi — che

nella vigenza della precedente normativa, per trarre la conclu

sione della ammissibilità o della inammissibilità del ricorso per

regolamento di competenza, faceva leva sul presupposto sopra indicato e ormai non più esistente (emanazione del provvedi mento di urgenza prima o durante la causa di merito) — non

ha più ragion d'essere, essendo unica la struttura del procedi mento e sussistendo, riguardo al provvedimento, identità di fun

zione (oltre che di natura e di struttura). In secondo luogo, dovendosi esaminare le singole disposizio

ni di cui ai suddetti art. 669 bis ss. del codice di rito relative agli effetti derivanti dai provvedimenti emessi a conclusione del

procedimento (e dovendosi nella interpretazione delle medesime

condividere i risultati cui è pervenuta una autorevole dottrina),

non possono sorgere dubbi sul fatto, come deve essere imme

diatamente rilevato, che il regolamento di competenza non è

ammissibile per impugnare il provvedimento con il quale il giu dice adito declina la propria competenza: l'art. 669 septies, 1°

comma, infatti, espressamente stabilisce che «l'ordinanza di in

competenza non preclude la riproposizione della domanda» e,

in tal senso, in difetto di qualsiasi efficacia preclusiva, la norma

è univoca nell'indicare che l'ordinanza non può essere equipa rata a una sentenza di incompetenza e, quindi, nell'escludere

Il Foro Italiano — 1995.

la proponibilità del ricorso per regolamento necessario di com

petenza. Alla medesima conclusione, peraltro, deve pervenirsi in caso

di ordinanza di rigetto per motivi diversi dalla incompetenza, e cioè per motivi di rito o di merito. In tale ipotesi lo stesso

art. 669 septies dispone che il precedente rigetto «non preclude la riproposizione dell'istanza per il provvedimento cautelare quan do si verifichino mutamenti delle circostanze o vengano dedotte

nuove ragioni di fatto». Questa espressione è talmente ampia

(dato che nella stessa vanno compresi, come giustamente si os

serva in dottrina, il sopravvenire di un nuovo fatto costitutivo

del diritto o la prospettazione con una diversa argomentazione

giuridica del fatto costitutivo in precedenza dedotto o l'allega zione di nuovi mezzi di prova) da far ragionevolmente ritenere

la non operatività, anche in questo caso, del principio di preclu sione (o, quanto meno, l'esistenza di una attenuata preclusio

ne), con conseguente inammissibilità, per le sopra esposte ra

gioni, del regolamento facoltativo di competenza. Infine, a parte che sarebbe veramente incongruente l'assunto

che negasse la proponibilità del regolamento nel caso di rigetto dell'istanza e che ammettesse tale impugnazione nel caso di ac

coglimento, anche in quest'ultima ipotesi si deve negare che il

provvedimento sia dotato di rigida efficacia preclusiva, dato che

l'art. 669 decies stabilisce che «nel corso dell'istruttoria il giudi ce istruttore della causa di merito può, su istanza di parte, mo

dificare o revocare con ordinanza il provvedimento cautelare

anche se emesso anteriormente alla causa se si verificano muta

menti nelle circostanze». Questa disposizione, comunque la si

intenda — vale a dire sia che si aderisca a quella corrente dot

trinaria che ritiene che la norma faccia riferimento non solo

alla sopravvenienza di nuovi fatti, ma anche all'allegazione di

fatti preesistenti in precedenza non dedotti e all'utilizzazione

di nuove risultanze istruttorie, sia che si segua quella tesi che

limita la portata della norma ai «mutamenti extraprocessuali delle circostanze di fatto» — indica in modo chiaro che anche

il provvedimento di accoglimento può essere sottoposto a riesa

me da parte del medesimo giudice che lo ha emanato e, per

conseguenza, non si può parlare di efficacia preclusiva nel sen

so attribuito alla sentenza.

Questi risultati interpretativi, derivanti dall'analisi della disci

plina inerente alla efficacia dei singoli provvedimenti (di rigetto o di accoglimento), risultano rafforzati dalla preminente ragio

ne, già a dire il vero sottolineata da qeusta corte nella indicata

sentenza delle sezioni unite n. 3091 del 1977, che gli art. 42

e 43 c.p.c., relativi al regolamento (necessario e facoltativo) di

competenza, non possono che essere oggetto di interpretazione

rigorosa. Al riguardo, pur dovendosi ammettere che il regolamento di

competenza possa essere esperito anche per impugnare provve dimenti che non abbiano la forma della sentenza, tuttavia di

quest'ultima deve sussistere il valore sostanziale, dovendo trat

tarsi di «statuizioni con effetti sostanziali di carattere definiti

vo, non revocabili, e che si avvicinino al concetto sostanziale

della cosa giudicata» (v. la suddetta sentenza in motivazione). E si deve, quindi, escludere la possibilità di impugnare con il

regolamento di competenza i provvedimenti cautelari (in parti

colare, per quanto qui interessa, il provvedimento di urgenza

previsto dall'art. 700 c.p.c.), sia perché tali provvedimenti, co

me è stato precisato in dottrina, hanno soltanto la funzione

di dare immediata attuazione alla tutela giurisdizionale median

te l'eliminazione del pregiudizio che può derivare dalla durata

del processo a cognizione piena; sia perché essi sono caratteriz

zati, oltre che dalla strumentalità, dalla provvisorietà, nel senso

che sono inidonei a regolare il rapporto in via definitiva e che

sono destinati a rimanere assorbiti o superati da altri provvedi menti che potranno essere emessi nel corso del giudizio (anche nel medesimo grado). Caratteristiche, codeste, che impediscono di equipararli alle sentenze.

Tenuto conto di tutte le considerazioni esposte, senza che possa avere rilievo il fatto che il provvedimento venga emesso prima o dopo l'inizio della causa di merito, si deve affermare che l'or

dinanza, con la quale il giudice, adito in un procedimento cau

telare, dichiara la propria incompetenza, o rigetta il ricorso per motivi di rito o di merito o accoglie in tutto o in parte il ricor

so, non è soggetta all'impugnazione per regolamento di compe

tenza, essendo la stessa solamente passibile di reclamo nei casi

previsti dalla legge (art. 669 ter decies). Il ricorso proposto dalla società Coin deve essere, quindi, di

chiarato inammissibile.

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