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sezione lavoro; ordinanza 23 ottobre 1985, n. 571; Pres. Menichino, Rel. Frisina, P. M. Nicita...

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sezione lavoro; ordinanza 23 ottobre 1985, n. 571; Pres. Menichino, Rel. Frisina, P. M. Nicita (concl. diff.); U.s.l. n. 3 Pesaro (Avv. Fabiani, Brusciotti) c. Riccioli e altri (Avv. Scognamiglio) e Tomasini e Mari; U.s.l. n. 3 Pesaro (Avv. Fabiani, Belfatto) c. Sinibaldi (Avv. Scognamiglio). Regolamento di competenza avverso Pret. Pesaro 22 maggio 1984 Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 1379/1380-1381/1382 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187279 . Accessed: 28/06/2014 18:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.237 on Sat, 28 Jun 2014 18:54:32 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; ordinanza 23 ottobre 1985, n. 571; Pres. Menichino, Rel. Frisina, P. M. Nicita(concl. diff.); U.s.l. n. 3 Pesaro (Avv. Fabiani, Brusciotti) c. Riccioli e altri (Avv. Scognamiglio)e Tomasini e Mari; U.s.l. n. 3 Pesaro (Avv. Fabiani, Belfatto) c. Sinibaldi (Avv. Scognamiglio).Regolamento di competenza avverso Pret. Pesaro 22 maggio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 1379/1380-1381/1382Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187279 .

Accessed: 28/06/2014 18:54

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1379 PARTE PRIMA 1380

a) di rendere l'incolpato edotto dei fatti a lui ascritti cosi da

consentirgli di esercitare compiutamente il proprio diritto di

difesa; b) di mettere il datore di lavoro nella condizione di

adottare la sanzione proporzionata, a norma dell'art. 2106 c.c., alla gravità dell'infrazione, dopo aver conosciuto le ragioni del

l'incolpato, e pertanto di esercitare il potere disciplinare secondo

i principi di correttezza e buona fede; c) di consentire, in base

ad un'esatta correlazione tra i fatti contestati e la sanzione

applicata, il controllo giurisdizionale circa la legittimità anche

sostanziale del provvedimento disciplinare impugnato. La contestazione dell'addebito non può pertanto essere generi

ca, ma deve essere precisa e puntuale., cioè eseguita mediante

l'indicazione chiara e specifica dei fatti attribuiti all'incolpato e, ove non soddisfi tali requisiti (alla stregua di un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e insindacabile, se con

gniamente motivato, in sede di legittimità), è da ritenersi nulla

per violazione di una norma imperativa, con la conseguenza che

codesta nullità rende illegittimo l'esercizio da parte del datore di

lavoro del potere disciplinare, determinando l'invalidità del prov vedimento adottato.

Non vale peraltro a sanare la nullità di una contestazione di

contenuto generico la circostanza che il lavoratore abbia presenta to delle discolpe, giacché un tale comportamento non è idoneo a

dimostrare, neppure a seguito di un controllo ex post, che la

contestazione stessa abbia raggiunto tuttavia le sue finalità, man cando appunto un preciso termine di confronto, rispetto al quale possa commisurarsi la congruità ed adeguatezza delle difese

dell'incolpato. Nel caso in esame, riguardo all'affermazione del tribunale circa

l'intrinseca genericità della contestazione dell'addebito non è stata formulata dalla società ricorrente alcuna specifica censura, mentre deve ritenersi infondato, alla stregua degli enunciati principi, l'assunto della stessa società circa la sanatoria della nullità della detta contestazione per il raggiungimento dello scopo, in relazione alle discolpe presentate dal lavoratore, anch'esse, peraltro, generi camente richiamate nel motivo del ricorso.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; ordinanza 23 ottobre

1985, n. 571; Pres. Menichino, Rei. Frisina, P. M. Nicita

(conci, diff.); U.s.l. n. 3 Pesaro (Aw. Fabiani, Brusciotti) c.

Riccioli e altri (Avv. Scognamiglio) e Tomasini e Mari; U.s.l. n. 3 Pesaro (Avv. Fabiani, Belfatto) c. Sinibaldi (Avv. Sco

gnamiglio). Regolamento di competenza avverso Pret. Pe saro 22 maggio 1984.

Competenza civile — Opposizione all'esecuzione — Applicazione del rito del lavoro — Ordinanza del giudice dell'esecuzione —

Regolamento di competenza — Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 409, 413, 420, 615, 616, 618 bis).

Il provvedimento, con il quale il giudice dell'esecuzione, adito in opposizione, ritenuta la competenza per materia dello stesso

ufficio giudiziario al quale egli appartiene, fissa l'udienza di discussione della causa secondo il rito del lavoro, ha forma e sostanza di ordinanza e, non potendo in alcun modo assumere valore di sentenza, non è soggetto all'istanza di regolamento di

competenza. (1)

(1) Con l'ordinanza in epigrafe, la Cassazione, adducendone la natura ordinatoria e la estraneità a questioni di competenza in senso

proprio, ha negato l'esperibilità del regolamento di competenza contro il provvedinlento, emesso ai sensi dell'art. 616, la parte, c.p.c., in applicazione dell'art. 426 c.p.c., provvedimento affermativo della com petenza dello stesso ufficio giudiziario cui appartiene il giudice dell'e secuzione, secondo gli art. 413 e 618 bis c.p.c.

In senso conforme per l'inammissibilità del regolamento di compe tenza, ritenuto che i provvedimenti che decidono sulla ripartizione delle cause all'interno dello stesso ufficio giudiziario (c.d. competenza interna) hanno contenuto meramente ordinatorio e non risolvono que stioni di competenza, bensì implicano solo mutamento del rito ex art. 426 o 427, 1° comma, 1" parte, c.p.c., v. Cass. 2 dicembre 1983, n. 7209, Foro it., Rep. 1983, voce Competenza civile, n. 172; 12 agosto 1982, n. 4597, id., Rep. 1982, voce cit., n. 155; 17 febbraio 1982, n. 1002, ibid., n. 156; 1° dicembre 1981, n. 6379, id., Rep. 1981, voce cit., n. 210; 3 marzo 1981, n. 1234, ibid., n. 239; 25 febbraio 1981, n.

1139, ibid., n. 236; 22 aprile 1980, n. 2605, id., Rep. 1980, voce cit., n. 183; 19 febbraio 1979, n. 1084, id., Rep. 1979, voce cit., n. 174; 28 aprile 1979, n. 2483, ibid., n. 176; 20 febbraio 1979, n. 1101, ibid., n. 204; 8 giugno 1979, n. 3272, id., 1979, I, 1688, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1986.

Svolgimento del processo. — Giorgio Sinibaldi e altri titolari di

farmacia, i cui nominativi sono trascritti in epigrafe, ottenevano

separatamente, in data 2 marzo 1984, decreti ingiuntivi provviso riamente esecutivi dal Pretore di Pesaro, in funzione di giudice del lavoro, nei confronti della U.s.l. n. 3 di Pesaro, con la condanna

della stessa al pagamento di somme per somministrazione di

medicinali effettuate dalle rispettive farmacie a favore degli assistiti e, in pendenza dei relativi giudizi di opposizione promos

In senso contrario all'ordinanza che si riporta, per l'ammissibilità dell'istanza di regolamento contro l'ordinanza con la quale il pretore dispone ex art. 426 c.p.c., il passaggio dal rito ordinario al rito

speciale del lavoro v. Cass. 28 gennaio 1978, n. 404, id., 1978, I, 1224, con nota di richiami, che sostiene, peraltro senza fondamento positi vo, che il provvedimento emesso ex art. 426 non risolve meramente una questione di rito, bensì risolve in via definitiva una questione di

competenza. In senso conforme all'argomentazione contenuta nella motivazione

della decisione in epigrafe, per l'inammissibilità del regolamento dì

competenza anche avverso l'ordinanza declinataria della competenza (cfr. art. 616, 2* parte, e 427, 1° comma, la parte, c.p.c.), v. Cass. 25 marzo 1980, n. 2000, id., Rep. 1980, voce cit., n. 195; 12 gennaio 1980, n. 277, ibid., n. 254.

Contra, con riferimento al provvedimento declinatorio. adducendo la sua natura di sentenza, nonostante la forma di ordinanza, v. in materia di lavoro e di opposizione all'esecuzione: Cass. 2 marzo 1984, n. 1497, id., Rep. 1984, voce cit., n. 138; 16 maggio 1984, n. 3011, ibid., voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 129; 9 maggio 1983, n. 3197, id., Rep. 1983, voce cit., n. 178; 11 ottobre 1983, n. 5898, ibid., voce Competenza civile, n. 183; 14 giugno 1983, n. 4073, ibid., n. 184; 19 marzo 1983, n. 1963, ibid., n. 195; 27 maggio 1982, n. 3216, id., Rep. 1982, voce cit., n. 194; 17 giugno 1982, n. 3707, ibid., voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 155; 6 febbraio 1982, n.

702, ibid., n. 156; 5 febbraio 1982, n. 673, ibid., n. 157; 12 marzo

1982, n. 1613, ibid., n. 158; 7 marzo 1981, n. 1287, id., Rep. 1981, voce Esecuzione forzata in genere, n. 55; 14 ottobre 1981, n. 5395, ibid., voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 138; 19 marzo 1981, n. 1630, ibid., n. 140; 18 marzo 1981, n. 1611, ibid., n. 141; 10 maggio 1980, n. 3081, id., Rep. 1980, voce Competenza civile, n. 214; 21 maggio 1980, n. 3340. ibid., n. 203; 14 novembre 1980, n. 6102, ibid., n. 216; 21 giugno 1979, n. 3477, id., Rep. 1979, voce cit., n. 202; 14 settembre 1978, n. 4131, id., Rep. 1978, voce cit., n. 200; 22 settembre 1978, n. 4257, ibid., n. 201; 12 dicembre 1978, n. 5875, ibid., n. 202; 22 dicembre 1978, n. 6167, ibid., n. 203; in motivazione Cass. 28 gennaio 1978, n. 404, cit.; 3 febbraio 1977, n. 491, id., Rep. 1977, voce cit., n. 178; 18 febbraio 1977, n. 723, ibid., voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 154; 5 febbraio 1977, n. 510, ibid., n. 156; 14 gennaio 1977, n. 185, ibid., n. 157; 14 febbraio 1977, n. 673, id., 1977, I, 822, con nota di richiami.

Secondo una tesi intermedia, solo nel caso in cui sia sorta contro versia tra le parti circa il giudice competente per il merito, il

provvedimento che risolve la relativa questione ha natura di sentenza

(ex art. 420, 4° comma, c.p.c.) ed è impugnabile con regolamento di

competenza. In questo senso, per l'ipotesi in cui il giudice, disattenden do l'eccezione sollevata, afferma la propria competenza trattenendo davanti a sé la causa, v. Cass. 16 febbraio 1984, n. 1173, id., Rep.

1984, voce Competenza civile, n. 137 (in tema di causa agraria); 2

agosto 1984, n. 4609, ibid., n. 140; 23 gennaio 1984, n. 552, ibid., n. 151; 10 febbraio 1984, n. 1048, ibid., n. 156 (in tema di repressione di condotta antisindacale ex art. 28 statuto lavoratori); 19 aprile 1983, n. 2686, id., 1983, I, 1888; 28 settembre 1979, n. 4992, id., Rep. 1979, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 144; 18 ottobre 1977, n.

4455, id., 1978, I, 418, con nota di richiami (nella specie si trattava di

opposizione a decreto ingiuntivo emesso in materia previdenziale). Sempre nello stesso senso, ma per l'ipotesi di provvedimento

declinatorio, di rimessione ad altro giudice competente, cfr. Cass. 14

gennaio 1984, n. 309, id., Rep. 1984, voce Competenza civile, n. 152; in motivazione Cass. 30 maggio 1983, n. 3731, id., 1983, I, 2802; 12 marzo 1982, n. 1613, id., Rep. 1982, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 158; Pret. Potenza 1° dicembre 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 179.

In dottrina, in senso conforme all'ordinanza in epigrafe, nel ritenere che il provvedimento de quo, con cui il giudice trattiene la causa

presso di sé, non contenendo una decisione sulla competenza, ma risolvendo solo una questione di rito, ha natura di ordinanza ex art. 426 c.p.c. e pertanto non è soggetto ad istanza di regolamento cfr. Andrioli (A. Proto Pisani, G. Pezzano, C. M. Barone), Le controver sie in materia di lavoro, Bologna-Roma, 1975, 137 ss.; Ianniruberto, Il mutamento di rito e la dichiarazione di incompetenza nel processo del lavoro, in Riv. dir. proc., 1976, 534; Vocino-Verde, Appunti sul

processo del lavoro, Napoli, 1979, 33-4, 40; Tarzia, Manuale del

processo del lavoro, Milano, 1980, 149 e 152; Montesano-Vaccarella, Manuale di diritto processuale del lavoro, Napoli, 1984, 241 ss., che

argomentano dalla inesistenza di una questione di competenza quando trattasi di ripartizione delle cause tra organi dello stesso ufficio

giudiziario. Nello stesso senso, di riconoscere natura ordinatoria anche al provve

dimento, emesso ex art. 616, 2* parte, e 427, 1° comma. 2' parte, c.p.c., che declina la competenza ad altro giudice, oltre agli autori

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Page 3: sezione lavoro; ordinanza 23 ottobre 1985, n. 571; Pres. Menichino, Rel. Frisina, P. M. Nicita (concl. diff.); U.s.l. n. 3 Pesaro (Avv. Fabiani, Brusciotti) c. Riccioli e altri (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

si dall'intimata, ciascuno di essi procedeva a pignoramento dei

crediti di quest'ultima, sino all'ammontare di lire 1.800.000.000,

presso la locale cassa di risparmio che ne gestisce la tesoreria.

Si opponeva ai singoli pignoramenti l'esecutata con distinti atti, a norma dell'art. 615, 2° comma, c.p.c., deducendo l'impignorabi lità dei beni ed il Pretore di Pesaro, in funzione di giudice dell'esecuzione, riuniti i procedimenti e assunta la dichiarazione

di terzo ex art. 547 c.p.c., con ordinanza 21 maggio 1984 respinge va l'istanza di sospensione dell'esecuzione proposta dall'oppo nente e, nel richiamo degli art. 616 e 413 c.p.c., ritenuta la

competenza per materia dello stesso ufficio giudiziario, fissava

l'udienza per la discussione della causa col rito del lavoro

assegnando alle parti un termine perentorio perché procedessero, ove occorresse, all'integrazione degli atti introduttivi mediante

deposito di memorie e documenti in cancelleria.

Ricorre per regolamento di competenza la U.s.l. con atto

notificato al Sinibaldi e con separato atto notificato agli altri

creditori opposti. 11 Sinibaldi resiste con propria memoria e con

unica loro memoria resistono i suoi litisconsorti. Il procuratore

generale ha concluso con requisitoria scritta che, in accoglimento dei ricorsi, non trattandosi di controversia di lavoro e specifica mente tra quelle previste al n. 3 dell'art. 409 c.p.c., sia dichiarata la competenza del Tribunale di Pesaro.

Motivi della decisione. — Le impugnazioni proposte con atti

separati contro lo stesso provvedimento debbono essere riuniti in

un solo processo ai sensi dell'art. 335 c.p.c., e, pertanto, il ricorso

n. 4414/84 va riunito al ricorso n. 4413/84.

Deve, ora, innanzitutto, esaminarsi se il provvedimento con cui

il giudice dell'esecuzione — previa se del caso la pronuncia sull'istanza di sospensione del procedimento esecutivo (art. 623,

624, 625 c.p.c.) — dispone che il giudizio si svolga nello stesso

ufficio quale giudice competente a conoscere della causa anche

nel merito, oppure rimette la causa al giudice competente per il

giudizio ordinario di opposizione all'esecuzione, sia impugnabile con istanza di regolamento di competenza, come sostiene la

ricorrente, o invero non lo sia, come sostengono i resistenti che

della proposta istanza di regolamento di competenza hanno ecce

pito preliminarmente l'inammissibilità.

Al riguardo, sia in dottrina che in giurisprudenza, si sono

avute soluzioni contrastanti. I precedenti giurisprudenziali, in

particolare, in riferimento a ordinanze di rimessione ad altro

giudice, tra quelli più recenti, sono orientati nel senso che la

declaratoria di competenza configuri un provvedimento a conte

nuto decisorio impugnabile soltanto con il regolamento di compe tenza (v., ad es., Cass. 7 marzo 1981, n. 1287, Foro it., Rep. 1981, voce Esecuzione forzata in genere, n. 55), mentre in passato l'indirizzo manifestatosi è ili linea di massima di segno contrario,

essendosi ritenuto che si ha una semplice indicazione del giudice ad quern allorché sulla questione della competenza non sia sorta

controversia fra le parti, avendo in questo caso il provvedimento

di rimessione forma e sostanza di ordinanza; sicché solo quando nasce la contestazione, il giudice dell'esecuzione deve esaminare

se la causa ordinaria esuli dai limiti della competenza del suo

ufficio ed in questo caso decidere con sentenza, denunciabile con

istanza di regolamento (v., ad es., Cass 12 giugno 1962, n. 1450,

id., Rep. 1962, voce cit., n. 65),

Va osservato, intanto, che la questione non si pone certo in

termini diversi per le ordinanze non declinatorie della competen

za, per i provvedimenti, cioè, che, come quello in esame, affer

mano la competenza dello stesso ufficio cui appartiene il giudice

della esecuzione.

Peraltro non sembra che l'esistenza della sentenza possa farsi

dipendere dalla contestazione, che non è neppure un elemento

determinante della pronuncia, potendo l'incompetenza per materia

o valore essere rilevata d'ufficio (art. 38 c.p.c), e tanto meno

farsi dipendere dall'interpretazione del provvedimento, perché un

simile criterio lascerebbe un largo margine di incertezza sulla

natura del medesimo provvedimento, cosi da rendere in concreto

sopra cit., cfr. Andrioli, Commento, Napoli, 1957, IIP, 347 ss.;

Santulli, Il sistema dei rimedi contro le pronunce sulla competenza, in

Riv. dir. proc., 1979, 284 ss., spec. 298-9; A. Proto Pisani, Rapporti tra competenza, rito e merito nella l. n. 392 del 1978 (e nel rito

speciale del lavoro), in Foro it., 1981, V, 191. Contra, Fabbrini,

Diritto processuale del lavoro, Milano, 1974, 45; Denti-Simoneschi, Il

nuovo processo del lavoro, Milano, 1974, 150 ss.

Per la tesi intermedia, che ammette l'assoggettabilità del provvedi mento declinatorio di competenza all'istanza di regolamento, in consi

derazione della sua natura sostanziale di sentenza, solo allorquando sia

sorta controversia tra le parti, cfr. Satta, Commentario, Milano, 1966,

III, 470-471; Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, Torino,

1983, III, 119. [S. Chiarantini]

Il Foro Italiano — 1986.

problematica la stessa proponibilità dell'istanza di regolamento, a

norma dell'art. 42 c.p.c. Ove non si fraintenda la relazione che esiste, nel loro necessario

rapporto di collegamento, tra il processo di esecuzione e il giudi zio di opposizione nel merito, e si verifichi l'esatto contenuto

decisorio dell'ordinanza prevista dall'art. 616 c.p.c. nel riscontro dei normali poteri ordinatori, rispetto ai poteri bene limitati

di carattere cognitivo, conferiti dalla legge al giudice della esecu

zione, si perviene agevolmente a concludere che il provvedimento

impugnato ha forma e sostanza di ordinanza e che, non potendo in alcun modo assumere valore di sentenza, non è soggetto all'istanza di regolamento di competenza.

Competente per l'opposizione all'esecuzione, in base all'art. 615

c.p.c., non è il giudice competente per l'esecuzione. E tale distinzione di competenza funzionale è stata mantenuta nel modo

più chiaro e marcato dal legislatore del 1973 che, con l'art. 618 bis c.p.c., ha disposto che «resta ferma la competenza del giudice dell'esecuzione nei casi previsti dal 2° comma dell'art. 615 e del 2° comma dell'art. 617 » e che « le opposizioni all'esecuzione e

agli atti esecutivi sono disciplinate dalle norme previste per le controversie individuali di lavoro in quanto applicabili », a co noscere delle quali è perciò esclusivamente il giudice del lavoro.

Dopo l'inizio dell'esecuzione, a norma degli art. 615, 2° comma,

c.p.c. e 184 disp. att., l'opposizione si propone con ricorso al

giudice dell'esecuzione che fissa con decreto l'udienza per la

comparizione delle parti e un termine perentorio per la notifica

zione del ricorso e del decreto. All'udienza, se l'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell'esecuzione non è competente

per valore (art. 17 c.p.c.) oppure per materia (art. 618 bis e 409, 413 c.p.c.), il giudice, dopo aver eventualmente provveduto alla

sospensione dell'esecuzione, rimette le parti al giudice competente, fissando un termine perentorio per la riassunzione della causa

davanti al medesimo (art. 616 c.p.c.); diversamente, inizia subito

la trattazione della causa a norma dell'art. 183 c.p.c. e, se la

controversia è di lavoro, fìssa l'udienza per la discussione di cui

all'art. 420 c.p.c.; ed anche in questa ipotesi il giudizio di

opposizione si risolve in un autonomo processo di cognizione.

Dunque, muovendosi dalla premessa che il giudice dell'esecu

zione adotta i provvedimenti di cui all'art. 616 c.p.c. in quanto

tale, e cioè come giudice cui compete la direzione del processo

esecutivo, si deduce che ad esso è estranea la cognizione del

merito dell'opposizione. Dal che consegue che detti adottati

provvedimenti si sostanziano nella indicazione del giudice compe

tente.

La declaratoria di competenza, infatti, è del tutto estranea al

processo esecutivo. Il provvedimento appartiene esclusivamente al

giudizio di opposizione, perchè soltanto su questo produce i suoi

effetti, con la conseguenza che il giudice che lo pronuncia non è

il giudice cui compete la direzione del processo esecutivo. L'op

posizione viene proposta al giudice dell'esecuzione, quando questa è iniziata, essenzialmente perchè tale giudice eserciti i poteri di

sospensione a lui assegnati dalla legge (art. 623, 624, 625 c.p.c.) ed incidentalmente quelli necessari anche ai fini della rimessione

ai sensi dell'art. 616 c.p.c. che non implicano una cognizione piena in ordine alle questioni sulla competenza, bensì a contenuto deciso

rio di tipo meramente delibatico, provvisorio e tutto al più interlocutorio. Il giudice dell'esecuzione, il quale rimette le parti al giudice competente esercita poteri indubbiamente cognitivi della opposizione ma entro i determinati limiti indispensabili agli immediati efletti traslativi del giudizio e senza che la rimessione

vincoli il giudice designato ai fini della determinazione della

competenza e neppure le parti ai fini dell'esercizio del loro diritto

ad eccepire l'incompetenza nei modi rituali propri del giudizio di

cognizione del giudice indicato ai sensi dell'art. 616 c.p.c.

Di tutto ciò del resto, a ben vedere, mostra di essersi resa

consapevole la stessa ricorrente nella informazione, nella sua

memoria, che il Pretore di Pesaro si è pronunciato sulla dibattuta

questione confermando, alla definizione del giudizio di opposizio

ne, la propria competenza quale giudice del lavoro con senten

za, avverso la quale avrebbe essa assunto l'ulteriore iniziativa di

promuovere apposito procedimento per regolamento di competen za (che peraltro non risulta, alla data odierna, ancora pendente).

Pertanto in questa fase le istanze di regolamento di competenza

proposte dalla U.s.l. 3 di Pesaro avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione di Pesaro del 21 maggio 1984 devono essere

dichiarate inammissibili. (Omissis)

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