sezione lavoro; sentenza 1° agosto 1984, n. 4574; Pres. Brancaccio, Est. Beneforti, P. M. Grossi(concl. conf.); Cardoni (Avv. Gutterez) c. Soc. Cementri - Cementerie del Tirreno (Avv.Marazza, Picone). Cassa Trib. Spoleto 23 novembre 1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 9 (SETTEMBRE 1985), pp. 2369/2370-2373/2374Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178012 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
una carriera superiore comunque denominata », è subordinata al
possesso dell'attestato di conoscenza delle due lingua corrispon denti alla suddetta carriera.
Innegabile dunque la esigenza di selezione (bilinguismo) indotta
dalla inerenza delle mansioni da espletare ad un pubblico servi
zio; ma, versandosi fuori delle ipotesi di impiego statale e negli uffici giudiziari, per il cui personale specifiche norme preserie vono il bilinguismo, la previsione sul requisito della conoscenza
della lingua tedesca per accedere alla carriera (o livelli) superiori, non può non essere coordinata all'apprezzamento in concreto
della necessità di usare la lingua tedesca per l'espletamento di
quello specifico servizio.
E trattandosi di rapporti di lavoro regolati su base privatistica, è corretto ritenere che resta riservato all'autonomia della disciplina collettiva stabilire se e quando per la progressione alla carriera
superiore sia necessario il requisito del bilinguismo, al fine di
consentire agli utenti di lingua tedesca di esprimersi nella loro
lingua accedendo a questo o a quell'ufficio aperto agli utenti.
Invero, pur non appalesandosi pertinente il richiamo alla succes
siva normativa (d.p.r. n. 327 del 29 aprile 1982) per la provincia di Bolzano — la quale, in luogo del criterio sugli attestati di
bilinguismo di vari gradi o livelli in rapporto alle carriere
dell'impiego statale, ha tenuto fermo il requisito del bilinguismo
ricollegando però i vari gradi di attestato non più alla desueta
formula della carriera, bensì ai titoli di studio prescritti per l'accesso al pubblico impiego nelle varie qualifiche funzionali —
purtuttavia resta di conforto all'interprete la sopravvenienza del
nuovo accordo collettivo provinciale del 22 luglio 1982, con il
quale i sindacati dei lavoratori ed i rappresentanti delle aziende
nel settore elettrico della provincia di Bolzano (ivi compresa l'azienda elettrica consorziale), nell'adottare i criteri di interpre
tazione della nuova disciplina sul bilinguismo nel pubblico im
piego, hanno affermato la regola secondo cui ai fini dei concorsi
interni non sia posto il requisito dell'attestato di bilinguismo, salva la possibilità di eccezione da concordare caso per caso
in sede sindacale.
Ciò posto, dall'esame delle cennate norme statutarie e di
attuazione non è dato evincere una norma imperativa o comun
que derogativa del principio costantemente affermato da questa corte sulla irrilevanza, di regala, di titoli di investitura di titoli di
studio (o similari, ora si aggiunge, come l'attestato sul requisito del bilinguismo) al fine del riconoscimento del diritto all'automa tica promozione a livello superiore sulla base del solo esercizio di
fatto delle correlative mansioni; a prescindere quindi da ogni
requisito formale.
Adunque sul piano ermeneutico non risulta che la denunciata
sentenza abbia fatto corretto governo delle norme di legge come
richiamate; sicché essa sentenza va cassata con rinvio per un
nuovo esame al Tribunale di Treviso, sezione lavoro, che dovrà
attenersi ai suesposti principi, regolando altresì le spese di questo
grado del giudizio.
Resta da aggiungere, per quanto ne occupa, che si appalesa manifestamente infondata — donde va disattesa la prospettata necessità di rimettere la questione alla Corte costituzionale, e
quindi di sospendere il presente giudizio — la profilata questione di incostituzionalità.
Non sotto l'ipotizzato contrasto tra l'art. 100 t.u. delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige, approvato con d.p.r. n. 670/72, e l'art. 15 1. n. 300/70
(statuto dei lavoratori), che per effetto dell'art. 13 1. n. 903 del 9
dicembre 1977 vieta anche le differenziazioni tra lavoratori de
terminate da motivi inerenti alla lingua, perché la facoltà rico
nosciuta ai cittadini di lingua tedesca della provincia di Bolzano
di usare la loro lingua nei rapporti con gli organi e gli uffici
della p.a. situati nella provincia, non preclude — pur in applica zione delle norme di attuazione, contenute nel d.p.r. n. 752/76 —
ai dipendenti dei concessionari di pubblici servizi pur sprovvisti
del c.d. patentino della normativa di ordine generale afferente
l'automatismo dette promozioni ex art. 2103 c.c. (nuovo testo),
restando semmai riservata all'autonomia contrattuale collettiva la
determinazione caso per caso, anche per livelli superiori, della
necessità del bilinguismo onde soddisfare il buon andamento dei
servizi.
Non sotto il profilo della illegittimità costituzionale del d.p.r. n.
752/76, per carenza di potere legislativo nel governo in quanto il
decreto risulterebbe emanato oltre il prescritto termine, perché la
stessa Corte costituzionale (sent. n. 20/56, Foro it., 1956, I, 1256),
Il Foro Italiano — 19S5 — Parte I-152.
nell'esaminare la natura giuridica delie norme d!i attuazione degli statuti speciali, ha ritenuto che esse norme, pur emesse nella
forma del decreto legislativo e pur avendo come itali forza di'
legge, non sono del tutto assimilabili alle leggi governative
delegatele quindi essi decreti non sono condizionati nel contenu
to e nel tempo siccome prescritti all'art. 76 Cost.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 1° agosto
1984, n. 4574; Pres. Brancaccio, Est. Beneforti, P. M. Grossi
(conci, conf.); Cardoni (Avv. Gutterez) c. Soc. Cementir -
Cementerie del Tirreno (Avv. Marazza, Picone). Cassa Trib.
Spoleto 23 novembre 1979.
Lavoro (rapporto) — Lavoratore chiamato alle armi — Indennità
di anzianità — Anzianità complessiva — Servizio militare di
leva e servizio militare di ferma e trattenimento alle armi —
Computabilità (Cost., art. 52; cod. civ., art. 2111, 2120; d.l.lgt. 14 febbraio 1946 n. 27, norme integrative sulla riassunzione e
assunzione obbligatoria dei reduci nelle aziende private, art. 1).
Nell'ordinamento previgente, ai fini della liquidazione dell'inden
nità di anzianità, dovevano computarsi nella complessiva anziani tà di servizio, alle dipendenze dello stesso datore di lavoro, il
periodo lavorativo cessato per effetto della chiamata a servizio
militare di leva nonché il successivo periodo di ferma e di
trattenimento alle armi. (1)
(1) In senso sostanzialmente conforme, v. Cass. 5 luglio 1978, n. 3321, Foro it., Rep. 1978, voce Lavoro (rapporto), n. 1415, secondo cui la riassunzione del lavoratore a norma dell'art. 1, n. 2, d.l.lgt. 14 febbraio 1946 n. 27 presso l'azienda dove prestava la propria attività prima della chiamata alle armi per adempiere agli obblighi di leva, e del suo trattenimento al termine della ferma, comporta la prosecuzione dello stesso ed unico rapporto ai fini della liquidazione dell'indennità di anzianità, con equiparazione tra trattenimento al termine della ferma di leva e richiamo alle armi; nello stesso senso, in riferimento al solo richiamo alle armi, v. Cass. 12 maggio 1980, n. 3106, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1464.
La Cassazione ribadisce in motivazione che il diritto alla indennità di anzianità è regolato interamente dalla disciplina giuridica vigente al momento della cessazione del rapporto, respingendo la tesi difensiva avanzata dalla convenuta, secondo cui per di periodo anteriore al
d.l.lgt. 27/46 avrebbe dovuto trovare applicazione il solo art. 2111, 1°
comma, c.c. Così Cass. 20 marzo 1975, n. 1067, id., Rep. 1975, voce cit., n. 470 e 11 marzo 1975, n. 909, ibid., n. 472.
In generale si è affermato che il periodo di servizio militare
obbligatorio va computato nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti (scatti di anzianità, indennità di anzianità, ecc.): in questo senso dichiarandosi la nullità di una clausola contrattuale che ne escludeva la computabilità, v. Cass. 30 maggio 1983, n. 3732, id., Rep. 1983, voce cit., n. 1577; 21 dicembre 1982, n. 7090, id., Rep. 1982, voce cit., n. 1180; 28 novembre 1981, n. 6373, ibid., n. 1193; 28 giugno 1972, n. 2164, id., Rep. 1972, voce cit., n. 539.
Le sezioni unite hanno pertanto ritenuto che il vincitore di un concorso per un impiego in banca ha diritto ad essere chiamato in servizio contemporaneamente agli altri vincitori, secondo l'ordine della graduatoria, e non alla data del congedo dall'amministrazione militare, ribadendo la decorrenza dell'anzianità di servizio durante il periodo di leva; sent. 2 aprile 1980, n. 2128, id., 1980, I, 1320, con nota di richiami di C. M. Barone.
L'orientamento giurisprudenziale riportato è conforme alle indicazioni date da Corte cost. 16 febbraio 1963, n. 8, id., 1963, I, 616, che, nel dichiarare l'incostituzionalità dell'art. 1 d.l.c.p.s. 13 settembre 1946 n. 303, affermò che il concetto di « posizione di lavoro » espresso dall'art. 52 Cost, non deve essere considerato equivalente a quello di posto di lavoro, cosi da attribuire alla norma il solo significato di conservazione dell'occupazione, dovendo invece essere riferito alla complessiva anzia nità di servizio.
V. peraltro nel senso della impossibilità di un « recupero » dell'an zianità nel contesto di un rapporto di lavoro estinto — legittimamente ai sensi della normativa all'epoca vigente — per effetto del servizio di
leva prestato prima dell'entrata in vigore della Costituzione e, sempre prima di tale evento, ricostruito ex novo-. Corte cost. 16 maggio 1984, n. 144, id., 1984, I, 2425, con nota di richiami.
In dottrina, sulle generali problematiche relative all'anzianità, v.
Mazziotti, Profili generali dell'anzianità nel rapporto di lavoro, in Riv. it. dir. lav., 1982, I, 453.
Corte cost. 4 maggio 1984, n. 136, Foro it., 1984, I, 2089, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale, per violazione degli art. 3 e 52
Cost., dell'art. 1 1. 1° giugno 1940 n. 653, nella parte in cui non
estende anche agli operai il trattamento economico previsto per gli
impiegati richiamati alle armi.
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2371 PARTE PRIMA 2372
Svolgimento del processo. — Con ricorso in data 6 giugno 1977 Addio Cardoni conveniva davanti al Pretore di Spoleto in funzione di giudice del lavoro, la s.p.a. Cementir-Cementerie del
Tirreno, per ottenere la condanna di questa al pagamento della
indennità di anzianità con la decorrenza dal 2 maggio 1935
anziché con quella dal 9 luglio 1946 calcolata invece dalla datrice di lavoro all'atto della cessazione del rapporto avvenuta il 17 marzo 1977 per raggiunti limiti d'età. Esponeva il ricorrente che assunto il 2 maggio 1935 aveva cessato il lavoro il 22 maggio 1938 a
seguito di chiamata per il servizio militare di leva; che posto in
congedo illimitato in data 23 luglio 1946 aveva ripreso il lavoro
nella Cementir il 9 luglio successivo.
Sulla base di questi elementi di fatto il ricorrente sosteneva in
diritto che il primo periodo di lavoro e quello del servizio
militare dovevano essergli computati nell'anzianità complessiva, ai
fini del calcolo dell'indennità. La convenuta resisteva alla doman
da, opponendo che il rapporto di lavoro si era risolto il 22
maggio 1939, per effetto della chiamata del dipendente al servizio
militare di leva e che, una volta congedato, questi era stato
riassunto in ottemperanza a quanto disposto dall'art. 1 d.l.lgt.14 febbraio 1946 n. 27 che all'ult. comma espressamente escludeva
la computabilità del servizio prestato anteriormente alla chia
mata per il servizio militare di leva.
Il pretore adito accoglieva la domanda oon sentenza 23 ottobre
20 novembre 1978 contro cui proponeva appello la s.p.a. Cement
tir - Cementerie del Tirreno lamentando che il primo giudice aves se erroneamente interpretato la norma dell'art. 1 d.l.lgt. 14
febbraio 1946 n. 27 la cui finalità si esauriva con la collocazione
del lavoratore presso il precedente datore di lavoro, come con
fermato da vari elementi d'ordine testuale e sistematico, risultan
do estranea ad essa l'unificazione dei due rapporti di lavoro.
Il Tribunale di Spoleto oon sentenza in data 3 ottobre-23 novem
bre 1979, in accoglimento dell'appello, respingeva la domanda, sulla base delle seguenti considerazioni. In sede di interpretazione letterale della citata norma « il servizio prestato anteriormente
alla riassunzione non è computato agli effetti dell'anzianità » al
termine « riassunzione in servizio » nessun altro significato poteva ad esso attribuirsi che quello fatto palese dal riferimento alla
precorsa esistenza di altro rapporto fra le stesse parti. L'ipotesi della riassunzione sotto nessun profilo si diversificava da quella della nuova assunzione obbligatoria, anch'essa prevista dal d.l.
lgt. valendo per entrambe l'unica percentuale del 5 % (art. 4). La
disposizione dell'art. 1, ult. comma, con l'escludere espressamente che il periodo di lavoro prestato anteriormente alla riassunzione
obbligatoria potesse computarsi agli effetti dell'anzianità risultava
ispirata al solo scopo di non ingenerare dubbi in ordine alla
parità di posizione giuridica fra dipendenti « riassunti » e dipen denti « assunti » ex novo. Finalità precipua del provvedimento legislativo in esame era quella di assicurare agli ex-dipendenti chiamati al servizio militare di leva e poi trattenuti dopo il termine della ferma il beneficio della riassunzione da parte dello stesso datore di lavoro, beneficio cui essi non avrebbero avuto
diritto, in forza della previgente normativa (art. 2111 c.c.), stante
l'impossibilità di equiparare a questi effetti i militari in servizio di leva trattenuti dopo la ferma ai militari richiamati ai quali erano invece riconosciute la conservazione del posto e la compu tabilità del periodo di servizio militare nell'anzianità lavorativa. Se, da un lato, il diritto all'indennità d'anzianità era regolato dalle norme vigenti al momento della cessazione del rapporto, dall'altro Iato, nessuna disposizione successiva risultava avere
abrogato le specifiche disposizioni del d.l.lgt. n. 27/46 che conti nuavano perciò a regolare la materia. Infine, non appariva conforme a giustizia che coloro i quali, come l'appellato, avevano
già percepito l'indennità di anzianità maturata all'atto della risolu zione del primo rapporto, dovessero riceverla una seconda volta, attraverso il chiesto ricalcolo.
Contro tale decisione Adelio Cardoni ha proposto ricorso articolato in due motivi di annullamento, cui resiste con controri corso la s.p.a. Cementir-Cementerie del Tirreno, la quale ha fatto
seguire memoria illustrativa.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norma di legge (art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione all'art. 1 d.l. lgt. 14 febbraio 1946 n.
27) per avere il giudice d'appello, a suo dire, equiparato l'ipotesi di riassunzione in servizio degli ex-combattenti ed assimilati, a
quella di nuova assunzione, nonostante la diversa disciplina per essa stabilita rispettivamente agli art. 1, 2 e 3 ed all'art. 4 dello stesso d.l.lgt., dalla cui comparazione emergerebbe quale dato differenziatore che, ferme restando le disposizioni di legge a
Il Foro Italiano — 1985.
garanzia della conservazione del posto in caso di richiamo alle armi per esigenze di guerra, i prestatori d'opera delle aziende
private che si trovassero in una delle condizioni previste dall'art.
1, avevano diritto ad essere riassunti in servizio, qualunque fosse la dimensione -dlell 'azienda, mentre per le aziende con almeno dieci
dipendenti si poneva l'obbligo di assumere reduci di guerra nella misura del 5 % del personale occupato (art. 4, 1° e 2° comma). Innovandosi alla previgente normativa, con l'art. 1 si attribuiva al lavoratore chiamato in servizio militare di leva il diritto al
ripristino del rapporto, con sostanziale equiparazione del caso alla
ipotesi di richiamo alle armi per esigenze di guerra, mentre
l'assunzione del reduce ex art. 4 realizzava una semplice forma di
assistenza.
Richiama in proposito il ricorrente la precedente sentenza in da
ta 5 luglio 1978, n. 3321 (Foro it., Rep. 1978, voce Lavoro (rappor to), n. 1415) di questa Suprema corte che in base alla normativa
della riassunzione obbligatoria introdotta dal d.l.lgt. 14 febbraio
1946 n. 27 ha ritenuto l'ipotesi di trattenimento in servizio
continuativo dopo il servizio militare di leva del tutto equiparabi le al caso di richiamo alle armi fra l'altro sul rilievo che con la
previsione dell'art. 1, 2° comma, implicitamente si esclude l'effet
to risolutivo del rapporto di lavoro, causato nella previgente
disciplina dalla chiamata in servizio militare di leva, con ciò
precorrendosi la più completa normativa poi stabilita con il
di.lgt. n. 418/46 e con il d.l.c.p.s. 13 settembre 1946 n. 303.
Con il secondo motivo di annullamento si denunciano violazio
ne e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, 1" comma, n. 3, c.p.c. con riferimento all'art. 15 disp. sulla legge in generale) per avere il tribunale ritenuto tutt'ora vigente la disciplina del
d.l.lgt. 14 febbraio 1946 n. 27 benché questa risultasse quanto meno implicitamente abrogata dalle leggi successive regolanti la materia.
La resistente, nel controricorso, riproduce e sviluppa le argo mentazioni già accolte dalla impugnata sentenza.
I due motivi di ricorso, stante d'intima connessione logico-giuri dica delle questioni che in essi si propongono, devono essere esaminati congiuntamente.
II ricorso è fondato. Come questa Suprema corte ha già avuto occasione di affermare, la riassunzione obbligatoria del lavoratore reduce ed equiparato, prevista dall'art. 1, 1° comma, n. 2, d.l.lgt. 14 febbraio 1946 n. 27 ed a carico della impresa ove egli già prestava servizio al momento della chiamata al servizio militare di leva, seguito da servizio militare di trattenimento, comportava la prosecuzione dello stesso ed unico rapporto ai fini della liquidazione della indennità d'anzianità (cfr. sez. lav. 5 luglio 1978, n. 3321 e, incidenter in fattispecie di riassunzione obbligatoria di militare richiamato alle armi: sez. lav. 12 maggio 1980, n. 3106, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1464).
L'effetto unificante dei due periodi lavorativi di cui il primo era cessato con la chiamata al servizio militare di leva e quando la normativa vigente assicurava la conservazione del posto ed il computo del servizio militare nell'anzianità lavorativa soltanto nel caso di richiamo alle armi per esigenze eccezionali, invero costi tuiva la stessa ragione d'essere della norma e derivava in particola re dalla speciale rilevanza attribuita alla riassunzione obbligatoria del lavoratore già stato alle dipendenze dello stesso datore di lavoro, rispetto alla semplice assunzione obbligatoria di reduci ed equiparati che era prevista dallo stesso d.l.lgt. (art. 4) e che soltanto sotto determinati specifici aspetti (in particolare quello del computo della quota obbligatoria) poteva essere assimilata alla prima (art. 7).
Con il provvedimento legislativo in esame si intese dunque introdurre una più favorevole normativa per i lavoratori già occupati prima della chiamata al servizio militare di leva e del successivo trattenimento alle armi, e non già ribadire soltanto la previgente regolamentazione restrittiva (art. 2111, 1° comma, c.c.: art. 6, 1° comma, r.d.l. 13 novembre 1924 n. 1825). Ciò secondo un indirizzo che, parzialmente delineatosi già in precedenza, subì, poi, ulteriori ed incisivi sviluppi fino alla completa equiparazione, quanto all'incidenza sul rapporto di lavoro, del servizio militare di leva e di trattenimento al servizio militare di richiamo.
Per i momenti più significativi di tale evoluzione legislativa si vedano: l'art. 2111, 1" comma, c.c. nella parte in cui si facevano salve, per il servizio militare di leva, le più favorevoli pattuizioni della contrattazione collettiva; gli art. 1 e 2 1. 10 giugno 1940 n. 693 che, in materia d'impiego privato, assimilava ai richiamati fruenti della conservazione del posto e del computo del servizio militare nell'anzianità lavorativa a norma dell'art. 2111, 2° com ma, c.c. i volontari e gli ascritti a ferma lunga per esigenze eccezionali; il d.l.lgt. 5 maggio 1946 n. 419 che garantiva la
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
conservazione del posto ai lavoratori delle classi 1924, 1925 e
1926 chiamati a servizio militare di leva; il d.l.c.p.s. 13 settembre
1946 n. 303, ratificato con 1. 5 gennaio 1953 n. 35, recante
disposizioni analoghe; l'art. 52, 2° comma, Cost, secondo cui
l'adempimento del servizio militare obbligatorio non pregiudica la
posizione di lavoro del cittadino; gli art. 1, 3 e 5 1. 3 maggio 1955 n. 370 che prevede la conservazione del posto ed il
computo del servizio militare nell'anzianità lavorativa in favore
dei militari richiamati alle armi e dei militari trattenuti dopo il
servizio di leva, principio questo perfezionato infine dall'art. 77
d.p.r. 14 febbraio 1964 n. 237 recante norme per la leva ed il
reclutamento obbligatorio nelle forze armate, laddove si stabilisce
espressamente che la chiamata alle armi per adempiere agli
obblighi di leva sospende il rapporto d'i lavoro per tutto il
periodo della ferma ed il lavoratore ha il diritto alla conservazio
ne del posto purché sia alle dipendenze dello stesso datore di
lavoro da oltre due mesi.
Come è stato già rilevato nella citata sent. n. 3321/78, alla
configurabilità di una unificazione ex lege del pentodo lavorativo
cessato con la chiamata al servizio militare di leva e del
successivo periodo lavorativo posteriore alla ricostituzione obbli
gatoria del rapporto presso lo stesso datore di lavoro non
rappresentava d'altra parte un ostacolo il disposto dell'ult. comma
dell'art. 1 d-l.lgt. 14 febbraio 1946 n. 27 secondo cui « il servizio
prestato anteriormente alla riassunzione (obbligatoria) non è
computato agli effetti dell'anzianità », trattandosi di disposizione che sarebbe risultata assolutamente superflua, perché semplice mente confermativa della disciplina vigente qualora il legisla tore avesse inteso considerare come nuovo il rapporto nascen
te dalla riassunzione obbligatoria, e che valeva, peraltro, come indiretta conferma del principio della unificazione. Sul
la base di tali considerazioni che debbono essere condivise
anche nel presente caso, risulta, pertanto, inaccettabile l'interpre tazione del giudice d'appello secondo cui la ricostituzione obbli
gatoria del rapporto di lavoro a norma dell'art. 1, 1° comma, n.
2, d.l.lgt. n. 27/46 non dava causa al ricongiungimento del
periodo lavorativo precedente alla chiamata a servizio militare di
leva.
Del pari inaccettabile risulta la conseguenziale negazione che la diversa e più favorevole disciplina vigente al momento della cessazione del rapporto per raggiunti limiti d'età fosse applicabile anche al periodo lavorativo cessato con la chiamata a servizio di
leva, per essere questo regolato dalla legge del tempo (art. 2111, 1° comma, c.c.). Come questa Suprema corte ha ripetutamente avvertito, il diritto all'indennità di anzianità si perfeziona soltanto al momento dell'estinzione del rapporto di lavoro, poiché la risoluzione di questo integra uno degli elementi costitutivi del diritto stesso che conseguentemente resta regolato dalla disciplina vigente al momento in cui esso si perfeziona (cfr., fra le altre, le sent. 5 luglio 1978, n. 3221, cit.; 1067/75 e 909/75, id., Rep. 1975, voce cit., un. 469, 475). Analogamente, si è affermato che il lavoratore chiamato alle armi, al pari del richiamo, ha diritto a percepire gli incrementi retributivi connessi all'anzianità
(in particolare, gli scatti d'anzianità maturati durante il servizio
militare) in forza del già richiamato principio dell'art. 52, 2°
comma, Cost., secondo cui l'adempimento del servizio militare
obbligatorio non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, intesa come posizione giuridica, o status di cui l'anzianità lavora tiva costituisce un elemento integrativo (Corte cost. 6 febbraio
1963, n. 8, id., 1963, I, 616; Cass. 28 giugno 1972, n. 2164, id., Rep. 1972, voce cit., n. 539; 28 novembre 1981, n. 6373, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1165; 7090/82, id., Rep. 1982, voce cit., n.
1180; 3732/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 1577). Nel caso di specie, al momento della cessazione del rapporto
avvenuta nell'anno 1977, l'ordinamento giuridico ormai garantiva al lavoratore chiamato a servizio militare di leva quello stesso trattamento che da tempo era stato riconosciuto al lavoratore richiamato alle armi, con la conservazione del posto di lavoro ed
il computo del servizio militare nella anzianità lavorativa. In
applicazione di tale principio, il giudice d'appello avrebbe dovuto
ritenere compresi nella complessiva anzianità di servizio alle
dipendenze dello stesso datore di lavoro il periodo lavorativo
cessato per effetto della chiamata a servizio militare di leva
nonché il successivo periodo di servizio militare di ferma e di
trattenimento, posto che per effetto della ricostituzione obbligato ria del rapporto ai sensi dell'art. 1, 1° comma, n. 2, d.Llgt. n.
27/46 si era verificato il ricongiungimento dei periodi lavorativi
ed il rapporto di lavoro a questi effetti era da considerarsi unico.
La sentenza deve essere, perciò, cassata con rinvio ad altro
giudice che riesaminerà la domanda alla luce del principio di
Il Foro Italiano — 1985.
diritto secondo cui l'anzianità di servizio acquisita dal lavoratore
all'atto della chiamata a servizio militare di leva nonché il
periodo di ferma militare e quello di trattenimento alle armi
concorrono a formare la complessiva anzianità lavorativa matura
tasi dopo la ricostituzione obbligatoria del rapporto presso lo
stesso datore di lavoro che sia avvenuta in forza del d.l.lgt. n.
27/46. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 15 maggio 1984, n. 2937; Pres. Mazzacane, Est. Rocchi, P. M. Valente
(conci, conf.); Monacelli (Avv. Sartoretti) c. Min. finanze
(Avv. dello Stato Salimei). Conferma App. Trieste 7 marzo 1981.
Tributi in genere — Notifica al contribuente irreperibile —
Notizia con raccomandata del deposito — Necessità — Esclu
sione (D.p.r. 29 gennaio 1958 m. 645, t.u. delle leggi sulle im
poste dirette, art. 38; cod. proc. ci v., art. 140).
L'atto di accertamento al contribuente che — pur abitando di
fatto altrove — abbia mantenuto la residenza anagrafica nel
comune di domicilio fiscale, deve essere notificato col deposito nella casa comunale e l'affissione dell'avviso di deposito nel
l'albo del comune, senza che corra l'obbligo di darne notizia con raccomandata al destinatario. (1)
(1) Il problema posto all'attenzione della Cassazione consisteva nello stabilire se la fattispecie in esame fosse regolata dalla lett. e) invece della lett. f) dell'art. 38 t.u. 29 gennaio 1958 n. 645. Si trattava, di stabilire se l'aver mantenuto nel comune di domicilio fiscale la residenza anagrafica — pur abitando di fatto altrove — importava (o no) l'obbligo di spedire lettera raccomandata dell'avviso di deposito, giusta l'art. 38, lett. e), dopo che la Corte cost. 26 giugno 1974, n. 189, Foro it., 1974, I, 2580, ha dichiarato illegittima la disposizione citata, ove dispensava il messo di dare avviso di deposito con raccomandata, quando non effettuava la notifica a mani proprie del destinatario; si tenga presente però che la corte stessa precisava che tale obbligo rimaneva escluso quando si provvedeva a notificare al contribuente con domicilio sconosciuto, ai sensi della lett. /) dell'art. 38 cit. La sentenza in epigrafe ha escluso che l'aver mantenuto la residenza anagrafica — pur abitando di fatto altrove — impedisse di applicare la disposizione dell'art. 38, lett. /), t.u. cit., che regola il caso di notifica agli irreperibili.
Conf., in termini, Cass. 12 marzo 1984, n. 1686, id., Rep. 1984, voce Tributi in genere, n. 490; 16 aprile 1983, n. 2631, id., Rep. 1983, voce cit., n. 510) v., prima di Corte cost. 189/74 cit., e conf. alla decisione in epigrafe, Cass. 10 febbraio 1971, n. 342, id., Rep. 1971, voce cit., n. 230, che è anticipatoria della sentenza della Corte costituzionale, nel senso che ebbe a precisare che l'art. 38 t.u. cit. 6i applica solo nell'ipotesi in cui il contribuente non abita nel comune ove ha il domicilio fiscale; ove si verifichi l'ipotesi inversa la notifica dell'atto di accertamento deve avvenire con le modalità indicate dall'art. 140 c.p.c.
La Cassazione anche di recente ha confermato che gli adempimenti indicati nell'art. 140 c.p.c. sono tutti essenziali per costituire la fattispecie notificatoria; diversamente si ha inesistenza della notifica stessa: cosi sent. 12 aprile 1984, n. 2358, id., Rep. 1984, voce oit., n. 504; l'ufficio notificante, prima di procedere, ai sensi dell'art. 38, lett. f), t.u. cit., deve compiere diligenti ricerche anche anagrafiche del destinatario e darne menzione nella relata di notifica: così Cass. 24 maggio 1984, n. 3189, ibid., n. 494; 10 febbraio 1984, n. 1022, ibid., voce Notificazione civile, n. 15.
Si tenga presente anche Cass. 5 novembre 1981, n. 5825, id., 1982, I, 418, con nota di richiami, che ha respinto l'eccezione di costituzio nalità dell'art. 140 c.p.c., nella parte in cui non fa dipendere il perfezionamento della notificazione dal recapito della raccomandata al destinatario.
Per la giurisprudenza anteriore su questi temi si rinvia alle citazioni contenute in motivazione, cui adde Comm. trib. centrale 27 giugno 1983, n. 1568, id., Rep. 1983, voce Tributi in genere, n. 511, in tema di notifica a persona giuridica irreperibile nella sede sociale, e Comm. trib. centrale 17 giugno 1983, n. 1399, ibid., n. 512.
Mette conto di osservare che la Commissione tributaria centrale in talune decisioni ha seguito un orientamento molto meno rigoroso di quello adottato dalla Cassazione circa il dovere di eseguire diligenti ricerche, anche anagrafiche, del contribuente prima di procedere ai sensi dell'art. 38, lett. /), t.u. cit.: v. dee. 11 maggio 1982, n. 4006, 12 luglio 1982, n. 6182, ibid., nn. 515, 528; tuttavia in senso conforme alla giurisprudenza della Cassazione v. Comm. trib. centrale 27 maggio 1983, n. 1056 e 7 maggio 1982, n. 3940, ibid, nn. 513, 516; 24 aprile 1981, n. 4710, id., Rep. 1982, voce cit., n. 523.
L'art. 60, lett. e), d.p.r. 600/73 non ha modificato in nulla la previsione di cui all'art. 38, lett. /), t.u. 645/58; invece non riproduce
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