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sezione lavoro; sentenza 1° luglio 2004, n. 12089; Pres. Ciciretti, Est. Foglia, P.M. De Augustinis...

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sezione lavoro; sentenza 1° luglio 2004, n. 12089; Pres. Ciciretti, Est. Foglia, P.M. De Augustinis (concl. conf.); Bruno (Avv. Garofalo, Vigilante) c. Soc. Rai-Radiotelevisione italiana (Avv. R. e C. Scognamiglio). Conferma Trib. Bari 15 marzo 2001 Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 9 (SETTEMBRE 2005), pp. 2471/2472-2477/2478 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23200867 . Accessed: 25/06/2014 04:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.79.90 on Wed, 25 Jun 2014 04:41:22 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 1° luglio 2004, n. 12089; Pres. Ciciretti, Est. Foglia, P.M. De Augustinis(concl. conf.); Bruno (Avv. Garofalo, Vigilante) c. Soc. Rai-Radiotelevisione italiana (Avv. R. e C.Scognamiglio). Conferma Trib. Bari 15 marzo 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 9 (SETTEMBRE 2005), pp. 2471/2472-2477/2478Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200867 .

Accessed: 25/06/2014 04:41

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2471 PARTE PRIMA

versie individuali di lavoro, deve applicarsi anche la sopra ri

cordata disciplina di cui alla 1. n. 742 del 1969, compreso il suo

art. 3 che — come già detto — esclude il regime della sospen sione dei termini processuali, tra questi compresi quindi anche i

termini di impugnazione, durante il periodo feriale per le con

troversie di cui allo stesso art. 409 (429 c.p.c. originario). Le deduzioni e le censure svolte in ricorso non sono idonee

ad inficiare l'esattezza della decisione impugnata; e non appare corretto né conferente il rilievo secondo cui la previsione della

inapplicabilità della sospensione dei termini processuali durante

il periodo feriale importerebbe un «peggioramento dei diritti processuali dei pubblici dipendenti» e priverebbe costoro di una

«garanzia processuale».

All'opposto è da ritenere che l'esclusione dell'anzidetta so

spensione costituisce, nell'intento del legislatore, una tutela ed

un beneficio in favore delle parti che controvertono in relazione

ad un rapporto di lavoro tra esse intercorso, in quanto è preordi nata al fine — cui tutte le parti sostanziali del rapporto stesso

sono sicuramente interessate — di pervenire ad un sollecito e

rapido accertamento dei diritti in contestazione: così come del

resto l'intero sistema processuale riguardante le controversie di

lavoro e previdenziali, particolarmente dopo la riforma di cui

alla 1. n. 533 del 1973, è volto a realizzare, in ragione della par ticolare rilevanza sociale dei diritti coinvolti, una maggiore spe ditezza della procedura e quindi una più celere definizione giu diziale delle questioni controverse.

3. - Considerazioni, queste, che valgono pure a far ritenere

manifestamente infondata l'eccezione di illegittimità costituzio

nale della norma in esame (art. 3 1. 742/69 con riguardo alle

controversie individuali di lavoro) sollevata verbalmente, all'u

dienza di discussione, dal difensore del ricorrente con riferi

mento agli art. 3, 24 e 25 Cost.

In proposito deve anzitutto ribadirsi, richiamando argomenti

già ripetutamente enunciati da questa corte, che l'art. 3 1. 742/69

esclude la sospensione dei termini nel periodo feriale per le

controversie relative ai rapporti individuali di lavoro ed alla

materia previdenziale e assistenziale, in quanto il legislatore, avuto riguardo alle primarie ed essenziali esigenze che di regola sono coinvolte in tali controversie, ha ritenuto il sollecito svol

gimento di queste meritevole di particolare tutela e specifica mente di considerazione prioritaria rispetto alla esigenza di ga rantire agli operatori del diritto nel settore forense un periodo di

ferie estive (dal 1° agosto al 15 settembre) senza l'obbligo di

osservanza dei termini processuali. Stante tale ratio della norma

e considerato che il presupposto logico di un'eccezione di ille

gittimità costituzionale per violazione del principio di egua

glianza (ex art. 3 Cost.) è che la diversa disciplina di cui si pre tende l'applicazione in osservanza di quel principio sia più fa

vorevole rispetto a quella posta dalla norma denunziata, va ri

marcato che la deroga alla sospensione dei termini feriali non

determina — come già cennato — in via generale ed astratta per i titolari dei rapporti di lavoro e previdenziali, ai quali la deroga è rivolta, una situazione di svantaggio o comunque deteriore ri

spetto a quella dei titolari di diritti azionabili giudizialmente con

applicazione della sospensione anzidetta, dovendo al contrario

ribadirsi che l'esclusione della sospensione —

indipendente mente da singole contingenze processuali e quindi da eventuali

omissioni ed inosservanze di termini non sospesi e conseguenti decadenze — costituisce una regolamentazione di maggior fa

vore e di più efficace tutela delle posizioni giuridiche dei sog

getti titolari dei rapporti considerati.

Tanto vale pure ad escludere che la regolamentazione denun

ziata (ovviamente in quanto applicata) pregiudichi il diritto alla

tutela giudiziaria o comporti violazione dei diritti di difesa con infrazione dei principi garantiti dalle norme costituzionali ri

chiamate dalla parte istante (cfr. Cass. 21 luglio 1992, n. 8786,

Foro it., Rep. 1993, voce Termini processuali civili, n. 14; 15

marzo 1995, n. 2995, id., 1995, I, 1819; 11 novembre 1998, n. 11389, id., Rep. 1998, voce cit., n. 14).

4. - In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Il Foro Italiano — 2005.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 1° luglio

2004, n. 12089; Pres. Ciciretti, Est. Foglia, P.M. De Augu

stine (conci, conf.); Bruno (Avv. Garofalo, Vigilante) c.

Soc. Rai-Radiotelevisione italiana (Avv. R. e C. Scognami

Glio). Conferma Trib. Bari 15 marzo 2001.

Diritti d'autore — Lavoratore dipendente — Progetto edi

toriale — Diritti patrimoniali — Titolarità (L. 22 aprile 1941 n. 633, protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, art. 7, 12 bis, 38, 45, 46, 88).

I diritti di utilizzazione economica dell'opera dell'ingegno, realizzata dal lavoratore dipendente nell'esecuzione delle sue

mansioni, o su istruzioni impartite dal datore di lavoro, spet tano al datore, in forza del contratto di lavoro e pur in man

canza di stipulazione del contratto di edizione, salvo che le

parti non abbiano pattuito diversamente, anche in sede col

lettiva, con onere della prova a carico del lavoratore (nella

specie, la Suprema corte ha riconosciuto alla Rai i diritti pa trimoniali d'autore su un progetto editoriale, consistente in

una testata giornalistica trasmessa via Internet, costituente

un nuovo metodo di diffusione delle informazioni, elaborato

da un dipendente dell'ente radiotelevisivo nel corso dello

svolgimento del rapporto di lavoro). (1)

(1) I. - La vicenda definita dalla sentenza in rassegna muove dalla

pretesa di un giornalista Rai di conseguire un compenso per un progetto editoriale da lui elaborato, consistente nella diffusione su Internet di

una testata contenente i servizi televisivi e radiofonici realizzati dalle

sedi regionali della Rai. La Cassazione reputa non applicabile — neanche per analogia — la

disciplina brevettuale delle invenzioni d'azienda, in quanto presuppo nente la brevettazione e non la mera brevettabilità. Da qui. in particola re, la non applicabilità dell'art. 23, 2° comma, r.d. 29 giugno 1939 n.

1127, sul diritto del lavoratore ad ottenere dal datore di lavoro un equo

premio per le invenzioni in parola (così anche Cass. 5 giugno 2000, n.

7484, Foro it., 2001, I, 554, con nota di Menasci; in termini, Cass. 6

dicembre 2002. n. 17398, id., Rep. 2003, voce Brevetti, n. 110, espres samente richiamate. Più in generale, sull'invenzione d'azienda, in am

bito brevettuale, v. Cass. 19 luglio 2003, n. 11305, id., 2004, I, 2478; 20 aprile 2004, n. 7488, ibid., 2070, sulla non brevettabilità delle c.d.

idee d'impresa). II. - La Cassazione riconosce però la tutelabilità, secondo le norme

del diritto d'autore, delle opere dell'ingegno costituenti il risultato del

l'attività giornalistica, e quindi — come già ritenuto dai giudici di me

rito — del progetto editoriale surrichiamato: la sentenza al riguardo ha

sottolineato il carattere creativo dell'opera giornalistica, in qualunque sede espletata, e consistente «nella raccolta, elaborazione o commento della notizia destinata a formare oggetto di comunicazione di massa». In tal senso è d'altronde la consolidata giurisprudenza di legittimità; v.

Cass. 21 febbraio 1992, n. 2166, id., 1992, I, 3322; 12 dicembre 1981, n. 6574, id., 1982,1. 1016, secondo cui: «il lavoro giornalistico consiste

nel provvedere, con attività tipicamente, anche se non esclusivamente, intellettuale, alla raccolta, elaborazione o commento delle notizie desti nate a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione, con apporto soggettivo genuinamente creati vo».

La questione è allora quella della titolarità dei diritti patrimoniali sulle opere dell'ingegno elaborate dal lavoratore dipendente (non è in discussione la titolarità di quest'ultimo dei diritti morali).

Da qui la distinzione tra opere realizzate al di fuori del rapporto di

lavoro, e senza l'utilizzazione di strumenti, documentazione e strutture del datore di lavoro (di particolare peso proprio per l'attività giornali stica), e opere realizzate invece all'interno e nel corso del rapporto (in altro punto la sentenza — forse più restrittivamente — richiama le sole

prestazioni costituenti «la ragione stessa del rapporto»). Solo queste ultime competono al datore di lavoro, nel senso che sono

a questi trasferite in forza dello stesso contratto di lavoro, senza che al lavoratore spetti alcunché (e salva la prova, incombente sul lavoratore, di un accordo diverso, anche in sede di contrattazione collettiva).

III. - La sentenza in epigrafe afferma espressamente di aver enu cleato tali principi dalla stessa disciplina brevettuale, pur non diretta mente applicabile, ma anche da norme proprie del diritto d'autore: gli art. 12 bis, 7, 38 (per le opere collettive), 45, 46 (per le opere cinema

tografiche) e 88 (in materia di opere fotografiche). In realtà però la Cassazione fa applicazione dell'art. 12 bis, pur rico

noscendo che tale norma (introdotta dal d.leg. 29 dicembre 1992 n. 518,

poi modificata dal d.leg. 6 maggio 1999 n. 169) attiene «alla tutela di un tipo particolare di opera dell'ingegno», vale a dire ai programmi per elaboratori (software).

Così l'art. 12 bis cit.: «salvo patto contrario, il datore di lavoro è ti tolare del diritto esclusivo di utilizzazione economica del programma

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 29 gennaio

1997 il dott. Giuseppe Bruno, giornalista caposervizio presso la

sede regionale per la Puglia, esponeva al Pretore di Bari:

che agli inizi del 1995 aveva presentato al direttore un pro

getto editoriale di sua esclusiva ideazione denominato «Mondo

Italia on line», consistente in una testata giornalistica trasmessa

via Internet, dei servizi televisivi e radiofonici realizzati dalle

redazioni regionali Rai; che il progetto, avendo riscosso molti consensi presso i vertici

per elaboratore o della banca dati creati dal lavoratore dipendente nel l'esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro»; negli stessi termini, con riferimento al disegno indu striale creato dal dipendente, l'art. 12 ter (pure introdotto dal d.leg. 95/01).

La Cassazione, generalizzando la portata precettiva dell'art. 12 bis, sostanzialmente estesa anche alle altre opere dell'ingegno creative, fa

(consapevolmente) applicazione di un preciso orientamento dottrinale; il riferimento è ad Ubertazzi, I diritti d'autore e connessi. Scritti, Mi

lano, 2003, 38 ss.; Id., Le invenzioni dei ricercatori universitari, in

AA.VV., Scritti di diritto industriale in onore di Adriano Vanzetti, Mi

lano, 2004, II, 1726. L'autore reputa che gli art. 12 bis e 12 ter cit. bi lanciano gli interessi contrapposti di imprenditore e lavoratore; il primo mira ad appropriarsi nella misura più ampia possibile dei risultati, in ventivi o creativi ottenuti dai propri dipendenti, e questo perché di so lito ne ha sopportato i costi; il secondo ha interesse ad una remunera zione proporzionata all'attività svolta, ma non di sfruttare personal mente l'opera.

Cfr. anche Ubertazzi (a cura di), Commentario breve al diritto della

concorrenza, Padova, 2004, sub art. 12 bis e ter l.d.a., 1283 ss. IV. - In giurisprudenza, con specifico riferimento al software, v.

Cass. 8 marzo 2002, Tavano, Foro it., Rep. 2002, voce Diritti d'autore, n. 135: «Salvo patto contrario il datore di lavoro è titolare del diritto esclusivo di utilizzazione del programma per elaboratore creato dal la voratore dipendente nell'esecuzione delle sue mansioni; l'ex dipen dente risponde di duplicazione abusiva del programma, che pure sia stato frutto in tutto o in parte dell'opera del suo ingegno, quando operi al di fuori delle forme consentite dagli art. 64 bis, ter e quater 1. 633/4]

(integrata dal d.leg. n. 518 del 29 dicembre 1992)». Sull'attribuzione della titolarità dei diritti di sfruttamento economico

nel caso di realizzazione di opera dell'ingegno in esecuzione di un contratto di lavoro autonomo, v. Trib. Bologna 2 maggio 2002, id., Rep. 2003, voce cit. n. 82.

Con riferimento all'elaborazione dell'edizione critica di un'opera letteraria, v. App. Roma 13 marzo 1995, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 61; sul diritto degli organizzatori del «festival della canzone italiana di

Sanremo», sia in relazione alla redazione del progetto artistico produt tivo sia ai dialoghi ed ai copioni elaborati per la trasmissione televisiva dello spettacolo, v. Cass., sez. un., 28 ottobre 1994, n. 8880, id., Rep. 1995, voce cit., n. 106.

Quanto al diritto morale su un programma televisivo (diritto del l'autore all'inserimento del proprio nome), v. Pret. Roma 22 aprile 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 40.

La competenza sulla domanda con la quale un lavoratore subordinato chieda la tutela dell'opera frutto della propria attività lavorativa ai sensi della disciplina sulle opere dell'ingegno di carattere creativo spetta al

giudice del lavoro: v. Pret. Roma 20 luglio 1993, id., Rep. 1994, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 83.

V. - Il codice della proprietà industriale, d.leg. 30/05 (su cui v. Ca saburi-Di Paola, Guida al codice della proprietà industriale, id., 2005, V, 69) — nella versione definitiva (e diversamente da quanto disposto dalle bozze via via rese note) — non ha modificato l'assetto risultante

dagli art. 23-26 1. invenzioni in materia di invenzioni dei dipendenti. Tali norme sono state infatti sostanzialmente riprodotte dagli art. 64-65 del codice.

Ha destato perplessità, in particolare, la «riconferma» dell'art. 24 bis 1. invenzioni (nel testo introdotto dal d.l. 343/01, convertito in 1.

401/01), in materia di invenzioni c.d. universitarie. Cfr., ampiamente, Scuffi-Franzosi-Fittante, Il codice della proprietà industriale, Pado

va, 2005, 344. Il codice ha però profondamente innovato in punto di competenza,

stabilendo all'art. 134, 3° comma, che le controversie nelle materie di

sciplinate dagli art. 64 e 65 sono devolute alla competenza delle sezioni

specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale, istituite con d.leg. 168/03.

Tali materie, benché già ricomprese nella legge invenzioni, erano in fatti ritenute di competenza del giudice del lavoro: anche la sentenza in

rassegna è stata pronunciata dalla sezione lavoro della Cassazione. In

particolare non si dubitava della competenza del giudice del lavoro per le invenzioni di servizio e di azienda, mentre vi era qualche perplessità per le sole invenzioni occasionali, rientranti nell'art. 23 1. invenzioni; cfr. Scuffi-Franzosi-Fittante, op. cit., 642.

Viene così meno un possibile conflitto tra i due giudici specializzati,

Il Foro Italiano — 2005.

Rai, veniva registrato presso la Siae con l'indicazione del suo

nome quale autore dell'opera, dopo di che egli veniva chiamato

a fornire il suo contributo per l'attuazione: attività, questa, che, non rientrante tra i suoi compiti previsti nel contratto di lavoro, non gli valse alcun compenso aggiuntivo, né avanzamento di

qualifica. Ciò premesso il Bruno chiedeva che la Rai venisse condan

nata a corrispondergli l'equo compenso in base agli art. 2590

c.c. e 23 r.d. 1602/34, o, in subordine, il compenso previsto dal

l'art. 130 1. 633/41 (sul diritto di autore), e, in ulteriore subordi

ne, l'indennizzo previsto dall'art. 2041 c.c.

Il ricorrente chiedeva, infine, il riconoscimento della qualifi ca di caporedattore, per l'attività svolta, a partire dal gennaio 1995.

Si costituiva la Rai deducendo:

che al Bruno era stata riconosciuta la paternità del progetto —

registrato col marchio «Mondo Italia», cui seguiva anche il de

posito dell'opera inedita dal titolo «Tgr Mondo Italia» presso la

Siae — mentre ne risultava responsabile editoriale e tecnico il

dott. Guida; che il ricorrente, espletando le mansioni tipiche del capo

servizio, aveva curato una sorta di telegiornale alternativo su

Internet, nato da una sua idea, ma realizzato con l'aiuto di altri

giornalisti della Rai (tra cui tale Savonarola, con qualifica supe riore, il quale aveva realizzato materialmente la trasmissione in

rete);

che, dopo un periodo iniziale di decollo del progetto, durante

il quale il ricorrente era stato in trasferta a Roma per meno di

novanta giorni, il Bruno era tornato a Bari dove continuò a

svolgere le mansioni proprie di caposervizio e di conduttore del

telegiornale regionale; che, dopo il lancio, la trasmissione in rete di «Mondo Italia»

aveva acquisito nuovi contenuti, anche in relazione alle indica

zioni provenienti dal pubblico, offrendo sul sito i ventidue gior nali radio prodotti dalla Tgr, e altri servizi (meteo, oltre ad in

formazioni sui campionati di calcio);

che, in ogni caso, il Bruno era quotidianamente indicato sulla

«copertina» come «autore» del progetto. Ciò premesso, la Rai sosteneva:

quello del lavoro e quello della proprietà industriale, con riferimento alle domande riconvenzionali di nullità del brevetto oggetto di contro versia tra inventore-dipendente e titolare dell'impresa.

Infatti la rimozione del brevetto, ossia la declaratoria di nullità, è l'unica strada per escludere il diritto all'equo premio: pertanto la que stione di nullità ha carattere pregiudiziale; taluno aveva ritenuto che il

giudice del lavoro, a fronte di una siffatta domanda riconvenzionale, dovesse dichiarare la propria incompetenza, e rimettere le parti innanzi alla sezione specializzata competente, sospendendo il giudizio sul

l'equo premio per pregiudizialità, ai sensi dell'art. 295 c.p.c. Cfr. Barbuto, Le invenzioni dei dipendenti, questioni processuali, in

AA.VV., II codice della proprietà intellettuale, in Quaderni Annali it. dir. autore, n. 11, Milano, 2004 (atti del convegno AIPPI in Milano, 5 febbraio 2004, sul tema: «Progetto di codice della proprietà intellettua

le), 53. Il codice, devolvendo la materia delle invenzioni dei dipendenti alle

sezioni specializzate, fa radicalmente venir meno tale problematica. «Un rigo del legislatore che distrugge una intera biblioteca. Ci si chiede come reagirà la dottrina gius-laburistica nel veder trasformata una con troversia di lavoro, che si è sempre celebrata secondo il rito speciale considerato come una conquista dei lavoratori (il rito del 1973) in una controversia brevettuale da celebrarsi con il nuovo rito societario (il rito speciale del 2003) che conquista dei lavoratori certamente non è»: così Barbuto, op. cit., 65, con riferimento all'applicazione alle sezioni

specializzate del rito di cui al d.leg. 5/03, come disposto dallo stesso art. 134 cod. proprietà industriale.

Sempre in punto di competenza, va rilevato che l'art. 64 del codice stabilisce che se non si raggiunge un accordo circa l'ammontare del

l'equo premio, alla determinazione provvede un collegio di arbitratori

(anche in caso di lavoro pubblico). Barbuto, op. cit., 66, reputa che

l'arbitraggio in questione sia — a pena di incostituzionalità — facolta tivo e non obbligatorio; quanto poi alla scelta del terzo arbitro, reputa che avrebbe dovuto essere affidata al presidente della sezione specia lizzata nel cui circondario rientra il «luogo ove il prestatore d'opera esercita abitualmente le sue mansioni», ciò sul presupposto che gli ar bitratori ex art. 64 sono in realtà arbitri rituali.

Trattandosi di lavoro pubblico privatizzato, rientrano infine nell'at tribuzione delle sezioni specializzate anche le controversie relative alle invenzioni universitarie, di cui all'art. 65 cod. proprietà industriale. [G. Casaburi]

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2475 PARTE PRIMA 2476

che non era invocabile la disciplina in materia di invenzioni

industriali, in assenza dei caratteri di novità del «trovato», e in

difetto di alcuna domanda di brevettazione da parte del ricor

rente; che l'opera del Bruno si era limitata, in sostanza, a riversare

gli elaborati giornalistici prodotti dalle sedi regionali Rai sulla rete Internet, creando un apposito sito, in ciò esaurendosi l'ori

ginalità della sua idea; che il Bruno aveva, dunque, contribuito alla creazione di un

nuovo metodo di diffusione delle informazioni, ma i nuovi me

todi o sistemi di lavoro non possono essere considerati inven

zioni brevettabili fin tanto che non si materializzino in un dispo sitivo che possa essere riprodotto e venduto;

che, in ogni caso, era inammissibile la domanda, formulata in

termini assolutamente generici, di liquidazione di un premio, il

quale presuppone sempre l'effettiva brevettazione;

che, pur a volere qualificare come «opera dell'ingegno»

quella ideata dal Bruno, si trattava, se mai, di un'«opera collet

tiva», della quale, ai sensi dell'art. 7 l.d.a., è considerato autore

chi organizza e dirige la realizzazione dell'opera stessa; che l'art. 130 l.d.a. invocato dal ricorrente presuppone la sti

pula di un contratto di edizione che, nella specie, mancava;

che la domanda di superiore inquadramento non era ammissi

bile in assenza di una precisa allegazione dell'espletamento di

mansioni superiori di pertinenza, laddove era pacifico che il ri

corrente non era mai stato adibito a redazioni centrali o ad uffici

di corrispondenza dalla capitale; che era altresì infondata la domanda di indennizzo per preteso

arricchimento, non avendone il ricorrente provato il presupposto del proprio depauperamento.

Il giudice adito respingeva la domanda con sentenza del 5 lu

glio 1999, successivamente riformata parzialmente dal Tribu

nale di Bari il quale, con sentenza del 15 marzo 2001, dichiara

va che l'opera «Mondo Italia» è opera dell'ingegno di carattere

letterario, creata dal ricorrente, condannando la Rai al paga mento di un quarto delle spese del primo e del secondo grado,

compensando i restanti tre quarti. Osservava il giudice di appello: che per l'opera in questione non era invocabile la tutela bre

vettuale; che la paternità del progetto era stata espressamente ricono

sciuta dalla stessa Rai; che l'opera, anche in seguito agli ulteriori apporti realizzati

nel tempo, rimase riconoscibile come quella che l'autore aveva

progettato, né la Rai aveva provveduto a successivi depositi Siae;

che il Bruno doveva essere dunque considerato «l'autore» del

progetto anche in considerazione del ruolo marginale assolto

dalle direttive impartite dal Guida il quale lo riconobbe come

autore; che erroneamente il primo giudice aveva negato il requisito di

creatività dell'opera; non si può infatti ridurre il progetto del Bruno ad un mero schema di impaginazione del futuro giornale telematico: il concetto di creatività, nel caso concreto, deve te ner conto anche del contesto professionale giornalistico in cui si

inserisce; che un ulteriore riscontro dell'originalità era dato nel succes

so incontrato dal progetto allorché fu diffuso in rete; che ciononostante non potevano trovare accoglimento le pre

tese economiche del ricorrente basate sulla legge brevetti non

essendo stato stipulato tra le parti alcun contratto di edizione; che l'art. 12 bis l.d.a. sui programmi per elaboratori riconosce

al datore di lavoro i diritti esclusivi di utilizzazione economica

del programma creato dal lavoratore dipendente nell'esecuzione

delle sue mansioni ... senza occuparsi dei diritti eventualmente

spettanti al lavoratore-autore dei programmi la cui tutela è co

struita tutta nell'ambito del diritto di autore e non in quello bre

vettuale;

che, esclusa l'applicabilità dell'art. 130 l.d.a. non erano invo

cabili altre norme (né analogicamente l'art. 23 1. brevetti); che nemmeno poteva invocarsi l'art. 2041 c.c., mancando il

requisito della sussidiarietà dell'azione: ogni pretesa del lavo ratore trova comunque titolo nel contratto di lavoro — senza

contare che il richiamo dell'art. 2041 c.c. è in contraddizione con la domanda di inquadramento superiore formulata non come

subordinata; che era infondata — alla luce del contratto collettivo applica

bile — la pretesa alla qualifica superiore di caporedattore.

Il Foro Italiano — 2005.

Avverso detta sentenza il Bruno ha proposto ricorso per cas

sazione affidato a tre motivi. Resiste la soc. Rai con controri

corso e ricorso incidentale articolato in due motivi. Entrambe le

parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione. — Preliminarmente va disposta la ri

unione, ex art. 335 c.p.c. dei due ricorsi, principale ed inciden

tale, aventi ad oggetto la medesima sentenza.

Con il primo motivo — deducendo la violazione degli art. 23

r.d. 1127/39 e 130 1. 633/41, oltre ad insufficiente motivazione

su un punto decisivo della controversia — sostiene il ricorrente

che l'opera da lui creata si sostanzia in un'invenzione di perfe

zionamento, come tale tutelata dalla legge brevetti. Lamenta

inoltre il ricorrente un error in procedendo della sentenza nella

parte in cui, prescindendo da un approfondimento circa il carat

tere inventivo dell'opera e non fornendo alcuna motivazione in

ordine alla non ricorrenza nel caso de quo, ha qualificato l'ope ra come dell'ingegno di carattere letterario tutelabile solo in ba

se alla legge d'autore.

Con il secondo motivo — deducendo la violazione e falsa ap

plicazione degli art. 12, 20, 25 e 130 l.d.a., 2577 c.c., oltre alla

contraddittorietà della motivazione — lamenta il ricorrente che

la sentenza, pur avendo riconosciuto la paternità dell'opera, ha

negato la tutela patrimoniale, mentre l'art. 12 cit. attribuisce

espressamente all'autore il diritto esclusivo di utilizzare econo

micamente l'opera in ogni sua forma ..., nonché di trasmetterlo

a terzi. Ciò è avvenuto nel caso di specie, ma nessun compenso è stato riconosciuto, contrariamente a quanto previsto dall'art.

130 l.d.a., senza che fosse necessario a tal fine la stipula di un

contratto di edizione.

Con il terzo motivo si censura la violazione dell'art. 2041

c.c., oltre alla insufficiente motivazione della sentenza su un

punto decisivo. Osserva il ricorrente che in base all'art. 2042

c.c. non è richiesta la sussidiarietà in astratto, ma in concreto, tutte le volte in cui non opera altro strumento di tutela.

Il primo motivo del ricorso principale non può trovare ingres so.

A parte la novità della deduzione relativa alla qualificazione in termini di «invenzione di procedimento» attribuito dal ricor

rente al risultato creativo da lui realizzato, deve condividersi

l'assunto della sentenza impugnata secondo cui non può essere

invocata nella fattispecie la tutela brevettuale. Ed infatti, da una

parte il ricorso manca del tutto dei requisiti di autosufficienza, difettando ogni descrizione precisa dei caratteri del prodotto «Mondo Italia on line» a sostegno del carattere dell'industriali

tà, coessenziale al brevetto; dall'altra, difetta la condizione im

prescindibile (condicio iuris) di una tale tutela costituita dalla

brevettazione (non essendo sufficiente la mera brevettabilità del

trovato) (giurisprudenza costante di questa corte: cfr. sent. 5

giugno 2000, n. 7484, Foro it., 2001,1, 554, e 6 dicembre 2002, n. 17398, id., Rep. 2003, voce Brevetti, nn. 108, 110).

Priva di pregio appare inoltre l'attribuzione alla sentenza di un error in procedendo per aver essa omesso di approfondire la

questione del carattere inventivo dell'opera, qualificandola co

me opera letteraria tutelabile in base alla legge sul diritto di au

tore. In effetti, una volta esclusa, per le ragioni appena esposte,

ogni possibilità di riconoscere la tutela brevettuale, invocata dal

ricorrente espressamente richiamando l'art. 2590 c.c. nell'atto

introduttivo di primo grado, ogni altra questione restava assor

bita. Parimenti infondato è il secondo motivo con il quale il ricor

rente «sposta» la sua linea difensiva dall'area dei brevetti per invenzioni industriali, a quella, più appropriata, del diritto di autore, la cui base codicistica si rinviene negli art. 2575 ss. —

capo I del titolo IX del libro V, concernente, appunto, le opere

dell'ingegno letterarie ed artistiche, nonché nelle disposizioni della 1. 22 aprile 1941 n. 633 e successive modifiche e aggior namenti.

Anche a voler superare le perplessità —

pur manifestate dalla

società resistente — in ordine alla ritualità di una tale correzio

ne di rotta, resta da risolvere il problema concernente l'indivi

duazione del percorso normativo da seguire per giungere al ri

conoscimento dei diritti patrimoniali invocati dal ricorrente, in

contestata essendo la sua titolarità del diritto morale, nella qua lità — riconosciuta dalla stessa società datrice di lavoro — di

«autore» del programma. Sotto questo profilo del tutto incongruo

— così come corret

tamente affermato dal Tribunale di Bari — è il ricorso all'ana

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Page 5: sezione lavoro; sentenza 1° luglio 2004, n. 12089; Pres. Ciciretti, Est. Foglia, P.M. De Augustinis (concl. conf.); Bruno (Avv. Garofalo, Vigilante) c. Soc. Rai-Radiotelevisione italiana

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

logia dell'art. 23 r.d. 26 giugno 1939 n. 1127 (1. brevetti) che ri conosce, a certe condizioni, al lavoratore-inventore l'equo pre mio: vi osta, irrimediabilmente, l'affermata inapplicabilità della disciplina brevettuale al caso di specie.

Né una tale analogia può essere prospettata sulla base del l'art. 12 bis l.d.a. — introdotto a seguito di attuazione della di rettiva comunitaria 14 maggio 1991 n. 91/250 del consiglio sulla tutela dei programmi per elaboratore (software) — atte nendo questa disposizione alla tutela di un tipo particolare di

opera dell'ingegno di carattere letterario, espressamente ricon dotto nell'ambito del diritto di autore (cfr. l'art. 1 della direttiva cui va riconosciuto il valore di criterio di «interpretazione con forme» della normativa nazionale derivata).

Più coerente al sistema normativo di appartenenza sarebbe ri condurre la pretesa patrimoniale avanzata dal Bruno agli art. 12 19 1. n. 633 del 1941 secondo i quali l'autore è titolare del di ritto esclusivo di utilizzazione economica dell'opera, e quindi agli art. 118-130 stessa legge i quali indicano nel contratto di edizione lo strumento giuridico «tipico» per realizzare quel di

ritto.

Sennonché la sentenza impugnata — con accertamento di

fatto non sindacabile in questa sede di legittimità perché esente da vizi logico-giuridici

— ha rilevato che un tale contratto non risulta essere stato stipulato tra le parti, né che sia intervenuto alcun altro patto sia pure atipico, volto a regolare il profilo dello sfruttamento economico dell'opera, aggiungendo che «... l'u nico contratto che legava le parti è quello relativo al rapporto di lavoro subordinato».

Proseguendo lungo questa via argomentativa, il Tribunale di Bari è pervenuto alla conclusione che, stante da una parte l'im

permeabilità delle due aree di tutela, brevettuale e di diritto di

autore, e dall'altra l'impossibilità di un'applicazione generaliz zata della norma — affatto specifica

— dettata dall'art. 12 bis

per i programmi di elaboratore (e successivamente ripresa anche

per la tutela delle banche dati dalla direttiva comunitaria n. 96/9 dell'11 marzo 1996, trasfusa nel d.leg. 6 maggio 1999 n. 169),

ogni pretesa di contenuto economico del lavoratore che crei

opere dell'ingegno nell'esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dal suo datore di lavoro, è rimessa nell'am bito dell'autonomia negoziale, collettiva o individuale.

La motivazione appare condivisibile pur con qualche dovero sa precisazione.

Va premesso che, pur in assenza di un'espressa previsione in tal senso, dottrina e giurisprudenza sono pressoché concordi

dell'attribuire al datore di lavoro i diritti di utilizzazione eco nomica dei risultati creativi realizzati dal dipendente in esecu zione del rapporto di lavoro, quale effetto naturale (non necessa

rio, e quindi derogabile) dello stesso, mentre i diritti morali re stano in capo all'autore.

Le opinioni divergono in relazione al fondamento, ai limiti ed alle modalità di tale attribuzione.

Quanto al primo aspetto sembra corretta l'opinione secondo

cui, da un complesso di norme presenti nel nostro ordinamento è enucleabile un principio generale in base al quale l'imprenditore acquista direttamente i risultati del lavoro del dipendente, senza necessità di alcun atto di trasferimento, e come effetto naturale del contratto di lavoro subordinato.

Questo principio —

esplicito nell'ambito della disciplina bre vettuale la quale, come già avvertito non è invocabile diretta mente nel caso che ne occupa

— trova ripetuti riscontri nel l'ambito più proprio del diritto di autore per la presenza di una serie di norme puntuali quali l'art. 12 bis già citato, gli art. 7 e 38 in materia di opere collettive, riviste e giornali, gli art. 45 e 46 per le opere cinematografiche, e l'art. 88 riguardante le opere

fotografiche, norme tutte ispirate alla medesima rario connessa

all'esigenza di riconoscere i diritti di utilizzazione economica a

chi abbia organizzato il lavoro intellettuale, coordinato la pre stazione e sostenuto i costi.

La tesi — propugnata da una dottrina classica ed autorevole

— dell'acquisto da parte dell'impresa quale effetto, e nei limiti,

del contratto di lavoro e non già quale risultato di un presunto atto traslativo consente in particolare di escludere l'applicabilità dell'art. 110 della legge del 1941 che richiede la forma scritta ad probationern per il trasferimento dei diritti patrimoniali sulla

creazione.

Deve dunque avvertirsi che, affinché il principio lavoristico

possa prevalere sulla regola generale consacrata nell'art. 2576

Il Foro Italiano — 2005.

c.c. e nell'art. 6 l.d.a., l'interprete è tenuto a verificare in modo

rigoroso l'esistenza di uno stretto nesso di causalità fra l'attività dovuta e la creazione realizzata, accertando che questa costitui sca l'esito programmato della prima.

Peraltro, qualora risulti che la prestazione è stata intesa dalle

parti come funzionale ad uno specifico risultato (la realizzazio ne di un bene immateriale, appunto) considerato come la ragio ne stessa del rapporto, la conseguenza è quella della totale attri buzione dei diritti patrimoniali al datore di lavoro. Ne deriva che, ferma restando la piena libertà dispositiva delle parti, non sarà il datore di lavoro a dover provare quali diritti sono trasfe

riti, bensì il lavoratore a dover dimostrare ch& le parti, secondo

quanto risulta dall'accordo, dal comportamento delle stesse, o da un eventuale patto contrario, hanno inteso limitare l'attribu zione solo a talune facoltà patrimoniali.

Non può negarsi che un tale onere sia particolarmente impe gnativo specie con riferimento a quei rapporti di lavoro i cui contenuti professionali sono caratterizzati proprio da una note vole dose di creatività: ciò avviene proprio nell'ipotesi — in esame — del rapporto di lavóro giornalistico nel quale l'opera — svolta in favore di editori di quotidiani e periodici, di agenzie d'informazione o di emittenti televisive — ove esplicata Con

energie prevalentemente intellettuali e consistente nella raccol

ta, elaborazione o commento della notizia destinata a formare

oggetto di comunicazione di massa — si distingue da quelle collaterali o ausiliarie per la creatività, ossia per la presenza, nella manifestazione del pensiero finalizzata all'informazione, di un apporto soggettivo e inventivo, secondo i criteri desumi bili anche dall'art. 2575 c.c. e dall'art. 1 1. n. 633 del 1941 (in tal senso, cfr. Cass. 12 dicembre 1981, n. 6574, id., 1982, I, 1016; 21 febbraio 1992, n. 2166, id., 1992, I, 3322; 1° giugno 1998, n. 5370, id., Rep. 1998, voce Lavoro (rapporto), n. 782).

Alla stregua di quanto precede— pur nel particolare contesto del rapporto di lavoro giornalistico

— resta l'esigenza di distin

guere almeno due ipotesi: a) la prima, in cui sia stata un'opera attraverso uno sforzo

creativo del tutto al di fuori dello svolgimento del suo rapporto di lavoro, fuori dell'orario di lavoro o del luogo di lavoro, e senza l'utilizzazione di strumenti, documentazione o strutture di ricerca e/o comunicazione appartenenti al datore di lavoro: in

questo caso restano al lavoratore tutti diritti di utilizzazione

economica, atteso che competono al datore solo i risultati del l'attività dedotta nel contratto di lavoro e non anche i risultati di un'attività esterna ad esso;

b) la seconda ipotesi, in cui quella attività inventiva si sia svolta all'interno e nel corso dello svolgimento del rapporto, traendo non solo spunto occasionale, ma anche mezzi ed ele menti cognitivi dalla struttura editoriale nella quale l'attività

giornalistica si sia espletata, sicché essa possa essere apprezzata quale naturale e prevedibile sviluppo dell'attività dedotta nel contratto.

È evidente che la tesi — qui condivisa — secondo cui il con

tratto di lavoro di per sé determina il trasferimento al datore dei diritti di utilizzazione patrimoniale, senza bisogno di contratto di edizione, è fondata senz'altro per la seconda delle due ipotesi appena indicate e non anche per la prima.

Così ricostruito il sistema deve affermarsi che, non avendo il ricorrente fornito elementi per consentire quella distinzione di

ipotesi, non può trovare accoglimento la sua pretesa neanche sulla base della tutela del diritto di autore.

Alla stregua di quanto precede, il terzo motivo del ricorso

principale può ritenersi assorbito. (Omissis)

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