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sezione lavoro; sentenza 10 ottobre 1984, n. 5082; Pres. Vela, Est. Baldassarre, P. M. Cantagalli...

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sezione lavoro; sentenza 10 ottobre 1984, n. 5082; Pres. Vela, Est. Baldassarre, P. M. Cantagalli (concl. diff.); Riva (Avv. U. Novelli) c. I.n.a.i.l. (Avv. Cataldi, Graziani). Conferma Trib. Lecco 1° luglio 1980 Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 3 (MARZO 1985), pp. 813/814-815/816 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177451 . Accessed: 28/06/2014 13:17 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.16 on Sat, 28 Jun 2014 13:17:58 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 10 ottobre 1984, n. 5082; Pres. Vela, Est. Baldassarre, P. M. Cantagalli(concl. diff.); Riva (Avv. U. Novelli) c. I.n.a.i.l. (Avv. Cataldi, Graziani). Conferma Trib. Lecco 1°luglio 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 3 (MARZO 1985), pp. 813/814-815/816Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177451 .

Accessed: 28/06/2014 13:17

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

cit., n. 392). Peraltro, in termini generali, si è precisato che,

secondo le norme dell'ordinamento statuale vigente, applicabili anche al rapporto di lavoro del religioso, non essendo il relativo

status limitativo della comune capacità del soggetto ed essendo

gli effetti dei voti, previsti dal diritto canonico, riconosciuti, in

base al diritto concordatario, solo a determinati fini, la fattispecie

tipica del rapporto di lavoro subordinato è caratterizzata non solo

dagli estremi della collaborazione e della subordinazione, ma

anche dell'onerosità, di tal che non ricorre nel solo caso in cui

una determinata attività, anche se oggettivamente configurabile

quale prestazione di lavoro subordinato, non sia eseguita con

spirito di subordinazione né in vista di adeguata retribuzione, ma

affectionis vel benevolentiae causa o in omaggio a principi di

ordine morale o religioso o in vista di vantaggi che si traggano o

si speri di trarre dall'esercizio dell'attività stessa (Cass. 13 maggio

1982, n. 2987, id., Rep. 1982, voce cit., n. 391).

A tali principi non si è certamente attenuto il tribunale il

quale, tra l'altro, ha negato la configurabilità di un rapporto di

lavoro subordinato sul rilievo che l'attività sacerdotale viene

svolta secondo la dottrina e gli insegnamenti della religione, onde, nel caso di specie, « non poteva davvero essere espletata secondo

le direttive della presunta datrice di lavoro, né tanto meno con

soggezione al potere gerarchico e disciplinare di questa »; non ha

considerato il tribunale che, vertendosi in un caso di prestazione

d'opera di particolare natura e di contenuto essenzialmente pro fessionale, l'elemento della subordinazione poteva concretarsi in

misura adeguata alla peculiarità della prestazione stessa e, cioè, in direttive riguardanti non il contenuto della prestazione, ma le modalità del suo disimpegno (Cass. 22 gennaio 1980, n. 532, id.,

Rep. 1980, voce cit., n. 252; 4 luglio 1979, n. 3802, id., Rep. 1979, voce cit., n. 237), il che avrebbe implicato una indagine al

riguardo, che il tribunale ha del tutto pretermesso. Il tribunale, inoltre, ha Considerato irrilevanti, ai fini della

configurazione di un rapporto di lavoro subordinato, gli elementi

di fatto, di cui ha pur dato atto, della corresponsione mensile di

una retribuzione al Turnaturi, talvolta anche con rilascio di busta

paga, nonché dell'apertura di una posizione assicurativa-contribu

tiva presso l'I.n.p.s., e ciò in considerazione del fatto che l'ogget to del rapporto era il servizio sacerdotale; mentre ha degradato

apoditticamente ad « errore » delle parti, del tutto irrilevante al

fine di risolvere la questione circa la natura del rapporto, la

qualificazione data dalle parti del rapporto stesso, per buona

parte della sua durata (fino alla lettera 12 febbraio 1979 della

casa di cura), come di lavoro subordinato. In tal modo, per la

preconcetta ed errata opinione circa la non ipotizzabilità di un

rapporto di lavoro subordinato nell'attività spirituale svolta da un

sacerdote in favore di un soggetto privato quale una casa di cura,

il tribunale ha svalutato degli elementi di fatto certo che lo

avrebbero potuto orientare verso una diversa soluzione della

controversia, trascurando, nell'interpretazione del rapporto con

trattuale, il fondamentale canone della ricerca della comune

intenzione delle parti (art. 1362 c.c.). Per altro verso, non si può

neppure condividere l'affermata irrilevanza della qualificazione data dalle parti al rapporto, dato che vale, al riguardo, il

principio secondo cui il giudice del merito, seppure ha il potere dovere di stabilire l'effettiva volontà delle parti al fine di

qualificare giuridicamente il contratto di lavoro che le parti

hanno inteso stipulare, prescindendo dal nomen iuris che le

parti hanno attribuito al rapporto in determinati documenti, non

può tuttavia svalutare, senza appropriata motivazione, l'elemento

letterale del negozio, che mantiene nella ricostruzione della co

mune volontà pattizia il suo carattere fondamentale e prioritario,

travalicabile soltanto a mezzo del ricorso alle altre regole er

meneutiche integrative previste dalla legge, in ipotesi di non

chiarezza, univocità e precisione delle espressioni usate (Cass. 8

giugno 1979, n. 3282, id., Rep. 1979, voce cit., n. 501).

I denunciati vizi di motivazione sono, per buona parte, mera

mente conseguenziali ai rilevati errori di diritto per violazione o

falsa applicazione di norme giuridiche, laddove il ricorrente

lamenta che il tribunale abbia praticamente rifiutato qualsiasi

seria ed approfondita indagine in ordine agli elementi costituitivi

del rapporto come concretamente estrinsecatosi.

II vizio di motivazione, presenta, però, carattere di indubbia

autonomia laddove il ricorrente rileva una certa imprecisione

della sentenza impugnata in punto di modalità di cessazione del

rapporto, che la sentenza stessa ha fatto dipendere dall'iniziativa

assunta dal vicariato di Roma con lettera del 30 luglio 1979,

senza considerare che questo documento aveva fatto seguito alla

missiva 12 febbraio 1979 della casa di cura, con cui questa aveva

Il Foro Italiano — 1985.

manifestato al Turnaturi la volontà di porre termine al rapporto di lavoro subordinato svoltosi per più di dieci anni.

Il vizio di motivazione presenta, altresì', carattere di autonomia

sul punto del mancato approfondimento della posizione assicura

tiva I.n.p.s., che il tribunale si è limitato a valutare relativamente

all'iscrizione del Turnaturi al fondo speciale di previdenza ed

assistenza per il clero, disciplinato dalla 1. 5 luglio 1961 n. 579 e

dalla 1. 28 luglio 1967 n. 699, iscrizione che deriva dal semplice esercizio della funzione sacerdotale, comporta obblighi contributi

vi ad esclusivo carico del sacerdote e prescinde del tutto dall'esi

stenza di un rapporto di lavoro subordinato; non avendo tenuto

conto il tribunale dell'iscrizione del Turnaturi, come lavoratore

subordinato, ad iniziativa della casa di cura, nell'assicurazione

generale obbligatoria gestita dallo stesso I.n.p.s. Ne deriva che i ricorsi, nel motivo unico come sopra enuncia

to, vanno accolti e che, di conseguenza, la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa ad altro giudice d'appello, che si

designa nel Tribunale di Viterbo, sezione lavoro, il quale proce derà a nuovo esame alla luce dei principi di diritto sopra enunciati. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 10 ottobre

1984, n. 5082; Pres. Vela, Est. Baldassarre, P. M. Canta

galli (conci, diff.); Riva (Avv. U. Novelli) c. I.n.a.i!. (Avv.

Cataldi, Graziani). Conferma Trib. Lecco 1" luglio 1980.

Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Ipoacusia —

Utensili ad aria compressa — Nozione (D.p.r. 30 giugno 1965

n. 1124, t.u. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, art. 3;

djp.r. 9 giugno 1975 n. 482, modificazioni alle tabelle delle

malattie professionali nell'industria e nell'agricoltura, tab. all. n.

4).

La nozione di utensile ad aria compressa, di cui alla tabella 4

allegata al d.p.r. 1124/65 in materia di infortuni sul lavoro e

malattie professionali, pur dovendosi intendere non restrittiva

mente, si da garantire la tutela del rischio da sordità anche

quando non si tratti di uno strumento in rapporto immediato

col lavoratore ma sia ricompreso nell'ambiente di lavoro ugual mente dando luogo al predetto rischio, non può indiscrimina tamente ricomprendere qualsiasi macchina azionata da aria

compressa, ai fini dell'assicurazione dovendosi verificare la

sussistenza del rischio nel concreto rapporto esistente fra la

macchina e l'uomo mediante indagine rimessa al giudice del

merito. (1)

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 29 marzo 1979 il Pretore di Lecco, in accoglimento della domanda proposta da

(1) In senso sostanzialmente conforme, nel ritenere che la nozione di « utensile ad aria compressa » debba avere un'accezione non restrittiva e coordinata al concetto di rischio ambientale, cfr. Cass. 18 gennaio 1984, n. 448, Foro it., Mass., 93; 22 dicembre 1983, n. 7577, id., Rep. 1983, voce Infortuni sul lavoro, n. 152; Trib. Casale Monferrato 26 maggio 1982, ibid., n. 157; Pret. Roma 11 marzo 1981, ibid., n. 95, e Trib. Pisa 13 maggio 1982, id., 1982, I, 2147, con nota di richiami.

Per l'individuazione di singole macchine rientranti nella nozione suddetta, v. Trib. Lucca 23 giugno 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 154; Trib. Reggio Emilia 18 maggio 1982, ibid., n. 158; Trib. Reggio Emilia 1° aprile 1982, ibid., n. 160; Pret. Milano 22 luglio 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 172; Trib. Bologna 26 giugno 1981, ibid., n. 173.

Nel senso che è infondata la questione di costituzionalità dell'art. 3 d.p.r. 1124/65 e della tabella n. 4 ad esso allegata, nella parte in cui, prevedendo un'elencazione tassativa di lavorazioni morbigene ai fini della tutela assicurativa delle malattie professionali, non copre tutte le ipotesi di rischio professionale, in riferimento agli art. 3, 24 e 38 Cost., v. Corte cost. 21 luglio 1981, n. 140, id., 1982, I, 2147, con nota di richiami, e in Mass. giur. lav., 1981, 697, con nota di Alibrandi.

Per l'affermazione della responsabilità civile del datore di lavoro nel caso di ipoacusia causata da lavorazioni morbigene che non raggiunga ia soglia indennizzabile, v. Pret. Milano 7 marzo 1983, Foro it., 1983, I, 2917, con nota di richiami.

Sul possibile configurarsi del reato di lesioni personali colpose ex art. 590 c.p., nell'ipotesi di lavorazioni rumorose non assistite dalle cautele imposte al datore di lavoro dall'art. 24 d.p.r. 303/56, v. Cass. 13 dicembre 1983, Cogito, id., 1984, II, 495, con osservazioni di R. Guariniei-lo, Rumore industriale e prevenzione tecnica nella giurispru denza della Cassazione.

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PARTE PRIMA

Giovanni Riva, dichiarava l'I.n.a.i.l. tenuto a corrispondere al

predetto le indennità assicurative previste dal d.p.r. n. 1124/65 in

dipendenza dell'accertata ipoacusia da rumore con perdita della

capacità lavorativa pari al 55 %, a decorrere dal 24 febbraio 1976.

Tale decisione, appellata dall'istituto soccombente, era riformata dal Tribunale di Lecco, che con la sentenza ora denunziata per cassazione disattendeva la domanda, osservando che la macchina « taglierina », alla quale era addetto il Riva, così come motiva vatamente affermato dal consulente tecnico di ufficio nominato nel grado, non poteva essere qualificata utensile ad aria compressa ai sensi della lettera /) della voce n. 44 della tabella allegata al

d.p.r. 9 giugno 1975 n. 482.

11 ricorso del Riva è affidato a due mezzi d'annullamento, illustrati da memoria. L'I.n.a.i.l. resiste con contricorso e memo

ria.

Motivi della decisione. — 11 ricorrente, con il primo mezzo, denunzia violazione dell'art. 360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., «n relazione

al n. 44, lett. /), della tabella ali. all'art, unico d.p.r. 9 giugno 1975 n. 482 e all'art. 132 c.p.c., per avere il tribunale escluso

l'indennizzabilità della ipoacusia nella misura del 70 %, in quanto la lavorazione era da esso Riva eseguita presso una « macchina

utensile » ad aria compessa anziché ad un « utensile » ad aria

compressa. Sostiene quindi che, per quanto rigorosa debba essere

l'applicazione del c.d. « sistema tabellare », non può giungersi alla

diversificazione fra utensili e macchine utensili, allorquando il

funzionamento di ambedue avvenga sia pure parzialmente, a

mezzo dell'aria compressa. D'altra parte il secondo consulente, al

pari del primo, non aveva avuto elementi per attestare l'effettiva rumorosità della taglierina, in quanto il funzionamento ad aria

compressa era stato soppresso sin dal 1975. Comunque, atteso che

il sistema tabellare esonera il lavoratore dalla prova del rapporto

di causalità in concreto, l'adibizione alla macchina utensile in

parola avrebbe dovuto condurre all'affermazione del diritto alla

rendita per sordità.

Con il secondo motivo il Riva, denunziando violazione dell'art.

360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., in relazione agli art. 1 e 3 d.p.r. 30

giugno 1965 n. 1124, n. 44, lett. /), tabella ali. al d.p.r. 9 giugno

1975 n. 482 e art. 132 c.p.c., addebita al tribunale di non aver

considerato che, giusta le risultanze della prima consulenza tecni

ca, la sua sordità era progressivamente provocata dalla rumorosità

degli ambienti nei quali fino al 1975 egli era stato addetto a

particolari lavorazioni, anche se all'epoca non specificamente

protette. In tal modo il giudice di secondo grado sarebbe caduto

nell'errore di prescindere dalla valutazione del rischio ambientale,

indubbiamente produttivo dell'insorgenza della sordità pervenuta

nel 1975 fino all'elevato grado del 70 %, laddove, la Corte

costituzionale con la sentenza 4 luglio 1974, n. 206 (Foro it.,

1974, I, 2571) ha affermato che la limitazione della indennizzabi

lità agli addetti alle « lavorazioni protette » può essere ritenuta

legittima soltanto se ne compia un'interpretazione che esuli dalla

specifica adibizione del lavoratore alle singole macchine e che,

pertanto, la protezione assicurativa deve ritenersi estesa a tutti i

lavoratori comunque esposti alla rumorosità prodotta dai macchi

nari installati, pur senza essere specificamente e direttamente ad

essi applicati. La motivazione della sentenza impugnata non avrebbe dovuto

limitare l'indagine all'adibizione alla « taglierina », ma estendersi

alle altre lavorazioni alle quali il ricorrente era stato continua

mente addetto sin dal 1950, costituenti rischio ambientale produt tivo della sordità.

Osserva il collegio che con il secondo mezzo di annullamento

parte ricorrente propone all'esame di questa corte di legittimità una questione non prospettata nelle fasi di merito e, in partico

lare, nel giudizio di appello, nel quale non è stato in alcun modo

trattato il problema della sussistenza di un rischio ambientale.

Poiché si tratta di questione che non attiene unicamente

all'interpretazione ed all'applicazione di norme o principi, ma

richiede per la sua soluzione specifici apprezzamenti di merito, che il tribunale non ha compiuto (né gli erano stati dalle parti

richiesti) e che esulano dalla competenza funzionale della Supre ma corte, il motivo non può trovare ingresso.

Quanto al primo mezzo, esso deve essere respinto. Questa corte con recente decisione (sent. n. 448/84, id., Mass.,

93) ha stabilito che l'utensile ad aria compressa, di cui alla

tabella allegata al d.p.r. n. 1124/65 in materia di infortuni sul

lavoro e malattie professionali, non si identifica necessariamente

nell'attrezzo, strumento o arnese con il quale si instauri diretta

mente il contatto uomo macchina, essendo sufficiente, ai fini

della protezione accordata alle lavorazioni che ne comportano l'uso,

Il Foro Italiano — 1985.

che si tratti di uno strumento parte di un procedimento o di un

macchinario più complesso anche se diversamente azionato nel

suo insieme.

L'affermazione contenuta nella sentenza menzionata, che da un

punto di vista generale merita adesione, necessita di qualche

precisione. Se non può condividersi un'interpretazione restrittiva dell'e

spressione utensile, riducendolo al significato di semplice arnese

di lavoro funzionante ad aria compressa con rapporto immediato

del lavoratore con quest'ultima, si da privare della tutela contro

il rischio da sordità lavorazioni in cui la rumorosità di tale

mezzo di propulsione si presenti con le stesse caratteristiche di

prossimità ed intensità, non può tuttavia intendersi per attrezzo ad

aria compressa qualsiasi macchina, in tutto o iin parte da

questa azionata.

A parte il rilievo che se tale fosse 1? portata della norma il

legislatore non avrebbe usato una locuzione necessariamente re

strittiva e comunque inadeguata a designare qualunque macchina

che utilizzi l'aria compressa per il suo funzionamento o per le

sue prestazioni, non può non rilevarsi che la « nuova tabella delle

malattie professionali per l'industria » (con la quale il d.p.r. 9

giugno 1975 n. 482 ha modificato l'allegato 4 al t.u. n. 1124 del

1965 ed introdotto — all'art. 44, lett. / —, tra l'altro, le « lavorazio

ni eseguite con utensili ad aria compressa » tra quelle che danno

diritto alle prestazioni per ipoacusia e sordità da rumori) alla

lettera s) dello stesso art. 44 considera morbigene le lavorazioni

in galleria con mezzi meccanici ad aria compressa, dimostrando

da un lato l'insufficienza dell'espressione utensili a ricomprendere tutte le macchine ad aria compressa al fine di assicurare una più

ampia protezione necessaria nelle disagiate condizioni del lavoro

in galleria, dall'altro, il proposito di delimitare la protezione,

quando non ricorrano tali condizioni, all'impiego di una specie soltanto del più ampio genere « mezzo meccanico ad aria com

pressa ».

La locuzione « utensili ad aria compressa » si ritrova nella

tabella originariamente allegata al t.u. (art. 36), come nella nuova

(art. 42), in relazione a « malattie osteoarticolari e angioneuroti che causate da vibrazioni meccaniche prodotte da strumenti di

lavoro e loro conseguenze dirette » e in una elencazione (nella nuova tabella) comprendente apparecchiature con caratteristiche

ben determinate e caratterizzate dal rapporto diretto uomo-mac

china.

Accertare in concreto se nell'impiego dell'utensile ad aria

compressa, nella significazione innanzi chiarita, sussista un tale

rapporto, è compito del giudice di merito, tenuto ad esprimere il

proprio giudizio con sufficienza e correttezza logica, le quali sol

tanto sono verificabili in sede di legittimità.

Nel caso, l'apprezzamento del tribunale trova conforto nelle

conclusioni della consulenza tecnica, disposta in grado di appello,

e tali conclusioni (escludenti anche la particolare rumorosità

della complessa apparecchiatura, cui era addetto l'attuale ricorren

te), sul piano della motivazione, non sono inficiate dalle argomen

tazioni dello stesso ricorrente, tendenti, per questa parte, a

provocare un riesame del fatto.

Per completezza va rilevato che la delimitazione delle lavora

zioni morbigene come sopra chiarita non opera un'ingiustificata

diversità di trattamento, essendo diverse le situazioni concrete a

seconda che sussista o meno il diretto contatto del lavoratore con

la macchina, ed essendo comunque pur sempre operante la tutela

accordata al c.d. rischio ambientale.

Il ricorso va per le esposte ragioni integralmente respinto. (O

missis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 28 set

tembre 1984, n. 4820; Pres. Granata, Est. R. Sgroi, P. M. Va

lente (conci, parz. diff.); U.s.1. Bari 9 <(Avv. C. M. Barone,

Dalfino, A. Proto Pisani, G. Volpe) c. Compagnia Meridiona

le costruzioni (Avv. R. Ricci, Patroni Griffi), Regione Puglia;

Regione Puglia (Aw. Loiodice) c. Compagnia Meridionale co

struzioni e U.s.1. Bari 9. Cassa App. Roma 1" febbraio 1983.

Opere pubbliche — Appalto — Arbitrato — Capitolato generale —

Diritto di escludere la competenza arbitrale — Limiti (D.p.r. 16

luglio 1962 n. 1063, approvazione del capitolato generale

d'appalto per le opere di competenza del ministero dei lavori

pubblici, art. 47).

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