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sezione lavoro; sentenza 11 maggio 2004, n. 8947; Pres. Senese, Est. Amoroso, P.M. Sorrentino...

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sezione lavoro; sentenza 11 maggio 2004, n. 8947; Pres. Senese, Est. Amoroso, P.M. Sorrentino (concl. diff.); Borsellino (Avv. Vella) c. Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense (Avv. Berliri). Conferma Trib. Agrigento 3 maggio 2001 Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 9 (SETTEMBRE 2004), pp. 2373/2374-2377/2378 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199383 . Accessed: 28/06/2014 13:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.103 on Sat, 28 Jun 2014 13:54:08 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 11 maggio 2004, n. 8947; Pres. Senese, Est. Amoroso, P.M. Sorrentino(concl. diff.); Borsellino (Avv. Vella) c. Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense (Avv.Berliri). Conferma Trib. Agrigento 3 maggio 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 9 (SETTEMBRE 2004), pp. 2373/2374-2377/2378Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199383 .

Accessed: 28/06/2014 13:54

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ste dagli art. 602 e 603 c.p.c., notificando al debitore ed al terzo

acquirente il titolo esecutivo, costituito, nel caso del credito liti

gioso, dalla sentenza di condanna, con la conseguenza che, ove

la domanda del creditore sia rigettata, la sentenza che accoglie la domanda revocatoria a tutela dell'allegato credito litigioso si

rivelerà di nessuna utilità, ma non si porrà in contrasto, in

quanto erogata a tutela di un credito eventuale, con la decisione

negativa sull'esistenza del credito.

10. - Venendo all'esame del ricorso, va rilevato che il Tribu

nale di Catania ha sospeso il processo revocatorio in ragione della pendenza del processo relativo alla domanda avente ad

oggetto il credito per risarcimento danni posto a fondamento

della domanda revocatoria, ma la sospensione, per quanto detto, non poteva essere disposta.

Il ricorso proposto ai sensi dell'art. 42 c.p.c. avverso detta or

dinanza è accolto. L'ordinanza di sospensione va annullata.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 11 mag

gio 2004, n. 8947; Pres. Senese, Est. Amoroso, P.M. Sorren

tino (conci, diff.); Borsellino (Avv. Vella) c. Cassa nazio

nale di previdenza ed assistenza forense (Avv. Berliri).

Conferma Trib. Agrigento 3 maggio 2001.

Avvocato — Previdenza forense — Iscrizione alla cassa —

Esercizio continuativo della professione — Criterio della

media del reddito nel triennio — Effetti (L. 22 luglio 1975 n. 319, modifica delle norme riguardanti la previdenza e l'as

sistenza forense, art. 2; 1. 20 settembre 1980 n. 576, riforma

del sistema previdenziale forense, art. 22; 1. 11 febbraio 1992

n. 141, modifiche ed integrazioni alla 1. 20 settembre 1980 n.

576, in materia di previdenza forense e di iscrizione alla Cas

sa nazionale di previdenza ed assistenza per gli avvocati e

procuratori, art. 11). Avvocato — Previdenza forense — Avvocato titolare di pen

sione — Prosecuzione dell'attività professionale — Obbli

go di iscrizione alla cassa (L. 20 settembre 1980 n. 576, art.

22; 1. 11 febbraio 1992 n. 141, art. 11).

Il diritto-dovere di iscrizione alla cassa forense con conseguenti

obblighi contributivi, discende dal raggiungimento, nel corso

dell'anno, di un reddito netto, ai fini Irpef, oppure di un vo

lume di affari ai fini dell'Iva, non inferiore all'importo fis sato dal comitato dei delegati della cassa forense, mentre la

possibilità di prendere in considerazione la media nel trien

nio di detto reddito o volume di affari, è contemplata solo a

tutela dell'iscritto che intenda mantenere l'iscrizione nono

stante il mancato raggiungimento di quei minimi nel singolo

anno, e pertanto non preclude la possibilità di ottenere la

cancellazione in difetto dei medesimi minimi nell'anno di ri

ferimento. (1) L'obbligo dì iscrizione alla cassa forense sussiste per l'avvo

cato titolare di trattamento pensionistico che prosegue nel

l'esercizio dell'attività professionale. (2)

(1-2) In ordine alla prima massima, nel senso che al fine di determi

nare l'esercizio continuativo della professione, il criterio della media

triennale del reddito o del volume di affari, non è idoneo a fondare

l'obbligo di iscrizione alla cassa anche negli anni di produzione di un

reddito inferiore al minimo richiesto in relazione ad uno o due anni nel

triennio (anche se tale minimo si raggiunga o si superi una volta ope rata la media relativa a tre anni consecutivi), ma, all'opposto, consente

all'assicurato di conservare la permanenza e i benefici dell'iscrizione

nonostante l'insufficienza reddituale per uno o due anni, conf. Cass. 8

maggio 1987, n. 4263, Foro it., 1988, I, 507; Pret. Napoli 9 maggio 1988, Prev. forense, 1988, fase. 4. 40. In ordine alla validità delle deli

bere del comitato dei delegati, Cass. 12 gennaio 1988, n. 125, Foro it..

Il Foro Italiano — 2004.

Svolgimento del processo. — 1. - Con ricorso depositato il 9

aprile 1997, l'avv. Borsellino Giovanni ha adito il Pretore di

Agrigento deducendo di essere stato iscritto, quale avvocato, alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense dal

1956 ma, poiché non esercitava la professione con continuità ed

era iscritto ad altro ente previdenziale quale docente di ruolo

presso istituti scolastici superiori, a seguito di istanza del 28 lu

glio 1977, la giunta esecutiva della cassa ne aveva deliberato la

cancellazione in data 27 novembre 1982, con il conseguente rimborso dei contributi medio tempore versati. Ha dedotto,

inoltre, il ricorrente che pur non avendo superato negli anni

1992, 1993 e 1994 i limiti di volume di affari stabiliti dal comi tato dei delegati, superamento che costituiva il presupposto della continuità dello svolgimento della professione, la giunta esecutiva della cassa ne aveva disposto la reiscrizione d'ufficio

come comunicato con missiva del 29 giugno 1996, richiedendo

inoltre la somma di lire 11.518.000 a titolo di omissione contri

butiva relativa al triennio menzionato, e che la cassa non poteva

disporre tale reiscrizione in quanto comunque il ricorrente, già

ultrasessantacinquenne al momento della stessa (2 marzo 1996), non avrebbe potuto conseguire altro trattamento pensionistico di

modo che, a seguito dell'entrata in vigore della 1. 335/95, che ha

previsto l'iscrizione presso l'Inps dei liberi professionisti che

non esercitino la professione con continuità, e dell'emanazione

del d.m. 282/96 attuativo della stessa, che esclude l'obbligo di

iscrizione e contributivo per gli ultrasessantacinquenni, deve

ritenersi implicitamente abrogata la norma di cui all'art. 22 1.

Rep. 1988, voce Avvocato, n. 106; 7 gennaio 1997, n. 41, id., Rep. 1997, voce cit., n. 161 (in cui si afferma che la prova dell'esercizio

continuativo della professione deve essere fornita coi criteri determinati dal comitato dei delegati della cassa). In dottrina, D. Donella, L'eser

cizio continuativo della professione, in Prev. forense, 1994, fase. 2-3, 68. Sui criteri per l'iscrizione alla cassa forense, L. Carbone, L'acces

so al sistema previdenziale dei liberi professionisti, in Foro it., 1994, 1,

115; Id., La «nuova» previdenza forense, id., 1992, I, 1031; Id., La tu

tela previdenziale dei liberi professionisti, Torino, 1998, 63 ss.

In ordine alla seconda massima, giurisprudenza consolidata (in parte citata in motivazione). L'obbligo di iscrizione alla cassa forense sussi

ste sia per l'avvocato già iscritto ad altra gestione previdenziale (es., docente scuola media), che per l'avvocato già pensionato (sia della cas

sa di previdenza che di altro ente previdenziale per un pregresso rap

porto di lavoro), per il solo fatto dell'esercizio della professione con

continuità; anche nel caso in cui l'iscrizione non potrà dare luogo ad

alcun trattamento pensionistico (per l'età avanzata in cui si è iscritto

alla cassa), l'avvocato è quindi soggetto all'obbligo di iscrizione atteso

il dovere di solidarietà di gruppo, indipendentemente dai vantaggi per sonali conseguibili. Non è esonerato, quindi, dall'iscrizione alla cassa

forense (ed al relativo obbligo contributivo) l'avvocato iscritto in età

avanzata qualora egli eserciti la professione con carattere di continuità.

Sul tema della pluralità di posizioni assicurative pubbliche e solidarietà

nella previdenza dei liberi professionisti, in particolare nella previdenza forense, Cass. 19 maggio 1993, n. 5660, Foro it., 1994, I, 115; 12 di

cembre 1991, n. 13439, id., 1992, I, 1811; 15 maggio 1990, n. 4146, e

26 aprile 1990, n. 3463, id., 1991,1, 1179, con nota di V. Ferrari, Pre

videnza e solidarietà nell'esercizio delle libere professioni; 12 gennaio 1988, n. 124, id., 1988,1, 3353; Corte cost. 23 giugno 1988, n. 707, id., 1990, I, 1420; 16 marzo 1989, n. 109, id., 1989, I, 1733; 4 maggio 1984, nn. 132 e 133, id., 1984, I, 1782. In dottrina, sul tema, Rossi, Tutela costituzionale della posizione assicurativa, in Dir. lav., 1988, II,

408; Cerreta, Profili evolutivi della legislazione e della giurisprudenza nella previdenza degli appartenenti ad ordini professionali, id., 1990,

II, 397; L. Carbone, La tutela previdenziale dei liberi professionisti, cit., 75.

Il sistema previdenziale degli avvocati, basato sulla solidarietà di

categoria, «giustifica» la soggezione all'iscrizione alla cassa forense

(con conseguente obbligo contributivo) di tutti i membri della catego

ria, compresi coloro che non abbiano comunque necessità né intenzione

di avvalersene, essendo destinatari di analoghi vantaggi assicurativi per essere titolari di altra posizione assicurativa pubblica (né si può parlare di duplicazione di tutela previdenziale in quanto si fa riferimento a due

distinte attività lavorative).

Quanto alla legittimità della diversa disciplina esistente tra le varie

casse previdenziali dei liberi professionisti in tema di obbligo o meno

di iscrizione alla cassa per quei professionisti che siano soggetti anche

ad altro sistema previdenziale, Corte cost. 23 dicembre 1986, n. 284,

Foro it., 1988,1. 3563, e ciò in quanto le casse di previdenza delle varie

categorie professionali sono entità distinte con una propria autonomia

ed un proprio equilibrio finanziario, sicché è giustificata una loro diver

sa regolamentazione (Corte cost. 31 marzo 1988, n. 368, id., 1989, I,

3017). [L. Carbone]

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2375 PARTE PRIMA 2376

576/80, che prevede l'obbligatorietà di iscrizione alla cassa, o

comunque costituzionalmente illegittima per violazione del

principio di cui all'art. 3 Cost.

Concludeva il ricorrente e chiedeva annullarsi la delibera

della giunta esecutiva della cassa del 2 marzo 1996 con la quale era stata disposta l'iscrizione d'ufficio del ricorrente e quindi dichiararsi non dovuto il pagamento dei contributi richiesti, con

vittoria di spese. Instauratosi il contraddittorio, si è costituita in giudizio la

cassa convenuta contestando quanto dedotto dal ricorrente e

chiedendo il rigetto delle domande attoree in quanto infondate.

Con sentenza del 10 febbraio 1998 il Pretore di Agrigento ri

gettava il ricorso e compensava le spese del giudizio. 2. - Avverso tale decisione l'avv. Borsellino Giovanni ha

proposto appello con ricorso depositato il 25 gennaio 1999.

Con articolata memoria la cassa appellata si è costituita in

giudizio, chiedendo il rigetto dell'appello. Con sentenza del 22 febbraio - 3 maggio 2001 il tribunale ha

rigettato l'appello confermando la pronuncia di primo grado e

compensando tra le parti le spese del giudizio. 3. - Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione

l'avv. Borsellino con tre motivi d'impugnazione. Resiste con controricorso la cassa intimata.

Motivi della decisione. — 1. - Il ricorso è articolato in tre

motivi.

Il ricorrente — lamentando la violazione dell'art. 22 1. n. 576

del 1980 — ha dedotto l'erroneità della sentenza impugnata in

quanto non sussisteva il superamento dei limiti di reddito rite

nuto dal giudice d'appello e necessario ai fini dell'accertamento

del requisito della continuità dell'esercizio professionale, pur avendo lo stesso superato il solo limite previsto per l'anno

1992, e ciò sulla base della media dei redditi dichiarati nel

triennio 1992-1994 e non contestati dalla cassa forense.

Con il secondo motivo il ricorrente — deducendo, oltre alla

violazione dell'art. 22 cit., anche quella dell'art. 112 c.p.c. — si

duole del fatto che il tribunale sia andato ultra petitum avendo

pronunciato d'ufficio su eccezioni che la cassa forense in realtà

non aveva proposto non avendo mai quest'ultima contestato

l'ammontare del reddito prodotto nel menzionato triennio.

Con il terzo motivo il ricorrente — richiamando la riforma

pensionistica prevista dalla 1. n. 335 oltre che il d.m. n. 282 del

1996 — sostiene che erroneamente il tribunale non ha conside

rato che l'iscrizione alla cassa non era più obbligatoria una volta

superato il limite di sessantacinque anni di età.

2. - I primi due motivi — che possono essere trattati con

giuntamente — sono infondati.

2.1. - L'art. 22 1. 20 settembre 1980 n. 576 (di riforma del si

stema previdenziale forense) prevede che l'iscrizione alla cassa

è obbligatoria per tutti gli avvocati e procuratori che esercitano

la libera professione con carattere di continuità, ai sensi dell'art.

2 1. 22 luglio 1975 n. 319; disposizione questa che prevede che

il comitato dei delegati della cassa, sentito il Consiglio nazio

nale forense, determina i criteri per accertare quali siano gli iscritti alla cassa stessa che (in conformità a quanto disposto dall'art. 2 1. 8 gennaio 1952 n. 6, sostituito dall'art. 1 1. 25 feb

braio 1963 n. 289) esercitino la libera professione forense con

carattere di continuità. A tal fine il comitato dei delegati prov vede ogni cinque anni, e per la prima volta nel secondo anno

successivo all'entrata in vigore della presente legge, ad adegua re, se necessario, i criteri per accertare l'esercizio della libera

professione.

Questa corte (Cass. 18 maggio 1998, n. 4957, Foro it., 1998,

I, 1777) ha già precisato in proposito che si tratta di requisiti per l'iscrizione alla cassa (cfr. anche Cass. 8 maggio 1987, n. 4263,

id., 1988, I, 507) e che peraltro i criteri di accertamento deter

minati dai delegati della cassa, avendo carattere di meri stru

menti di verifica, non si sostituiscono né si sovrappongono al

requisito legale per l'iscrizione e non sono pertanto configura bili come presunzioni assolute.

Il medesimo art. 22 prevede peraltro sia l'ipotesi di iscrizione

facoltativa (quella dei praticanti abilitati al patrocinio), sia

quella del divieto di iscrizione (nel caso di esercizio della pro fessione nell'ambito di un rapporto di impiego). Vi sono poi

ipotesi tipiche di esonero dal requisito della continuità del

l'esercizio professionale (membri del parlamento, dei consigli

regionali, della Corte costituzionale, del Consiglio superiore della magistratura o presidenti delle province o sindaci dei co

II Foro Italiano — 2004.

muni capoluoghi di provincia o con più di cinquantamila abi

tanti). In sostanza il rinvio (previsto sempre dal citato art. 22) alle

determinazioni del comitato dei delegati della cassa, sentito il

Consiglio nazionale forense, implica il riconoscimento di una

potestà autoregolamentare (di natura negoziale) nell'individua

zione e definizione dei parametri che definiscono la nozione

(questa, invece, di fonte legale) di «continuità» dell'attività pro fessionale.

In proposito poi questa corte (Cass. 8 maggio 1987, n. 4263,

cit.) ha già affermato che nella disciplina della previdenza ed

assistenza per avvocati e procuratori, di cui alla 1. 22 luglio 1975 n. 319, nonché alla delibera resa il 22 maggio 1976 dal

comitato dei delegati della cassa nazionale, in attuazione del

mandato conferito con l'art. 2, 1° comma, di detta legge (e

quindi integrante provvedimento normativo di natura seconda

ria), il diritto-dovere di iscrizione alla cassa medesima, con i

conseguenti obblighi contributivi, discende dal raggiungimento, nel corso dell'anno, di un reddito netto, ai fini dell'Irpef, non

inferiore a tre milioni, oppure di un volume di affari, ai fini del

l'Iva, non inferiore a cinque milioni, mentre la possibilità di

prendere in considerazione la media nel triennio di detto reddito

o volume di affari è contemplata solo a tutela dell'iscritto, che

intenda mantenere l'iscrizione nonostante il mancato raggiun

gimento di quei minimi nel singolo anno, e pertanto, non pre clude la sua facoltà di ottenere la cancellazione, in difetto dei

medesimi minimi nell'anno di riferimento.

2.2. - C'è quindi in sostanza da considerare che il 2° comma

dell'art. 22 1. 20 settembre 1980 n. 576, come sostituito dall'art.

11 1. 11 febbraio 1992 n. 141, ha previsto e disciplinato che

l'obbligo di iscrizione alla cassa che avviene su domanda, con

provvedimento della giunta esecutiva comunicato all'interessa

to. Tale domanda deve essere inviata alla cassa entro l'anno so

lare successivo a quello nel quale l'interessato ha raggiunto il

minimo di reddito o il minimo di volume di affari, di natura pro fessionale, fissati dal comitato dei delegati per l'accertamento

dell'esercizio continuativo della professione. Pertanto, nello

stabilire il presupposto perché insorga l'obbligo di iscrizione la

citata disposizione richiama espressamente uno specifico anno

di riferimento e non già il maggior arco temporale di un trien

nio.

La medesima disposizione poi aggiunge che gli effetti dell'i

scrizione decorrono dall'anno in cui è stato raggiunto il minimo

di reddito o il minimo di volume d'affari, di natura professio nale, fissati dal comitato dei delegati. Quindi anche nello stabili

re la decorrenza dell'iscrizione l'art. 22 cit. richiama il medesi

mo anno di riferimento e non già alcun triennio.

Nella specie è pacifico tra le parti che l'avv. Borsellino abbia

superato la suddetta soglia reddituale sicché correttamente la

sentenza impugnata ha ritenuto che a partire da quell'anno l'i

scrizione alla cassa fosse obbligatoria. 2.3. - C'è altresì da considerare che la delibera del comitato

dei delegati rilevante nella specie (quella del 22-23 maggio

1987) prevedeva anche che era ammessa la media fra redditi

oppure tra volumi di affari relativi a tre anni consecutivi.

Il tribunale non ha considerato questo criterio correttivo per ché il ricorrente aveva indicato per il triennio 1992-1994 dati

non omogenei (nel 1992 il reddito professionale conseguito, nel

1994 il volume d'affari). Il ricorrente si duole del fatto che il

tribunale non si sia avveduto che successivamente egli ebbe a

rettificare la sua prospettazione ed a precisare che anche il dato

riferito al 1994 riguardava in realtà il reddito professionale e

non già il volume d'affari.

Ma in disparte questa puntualizzazione in fatto, che implica un'inammissibile valutazione in fatto della documentazione fi

scale del ricorrente neppure indicata in ricorso, il rilievo della

difesa del ricorrente è comunque inidoneo ad inficiare la cor

rettezza della sentenza.

La delibera del comitato dei garanti — come affermato da

Cass. 8 maggio 1987, n. 4263, cit. — prevede sì la possibilità di prendere in considerazione la media nel triennio di detto reddito

o volume di affari, ma ciò solo a fini di tutela dell'iscritto, che

intenda mantenere l'iscrizione nonostante il mancato raggiun

gimento di quei minimi nel singolo anno, senza peraltro preclu dere la sua facoltà di ottenere la cancellazione, in difetto dei

medesimi minimi nell'anno di riferimento. Ossia la delibera

menzionata non deroga affatto al criterio legale che — come ri

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

levato — ha riguardo ad un preciso anno di riferimento e non

già ad un triennio; ma lo integra prevedendo, come favor per l'iscritto, un requisito reddituale alternativo per la conservazio

ne dell'iscrizione, ferma la facoltà per il professionista iscritto

di non avvalersi di questo criterio di maggior favore e chiedere

la cancellazione dell'iscrizione per sopravvenuta insussistenza

del requisito reddituale.

In conclusione, una volta superata da parte dell'avv. Borselli

no la soglia reddituale nel 1992, insorgeva già da quell'anno

l'obbligo di iscrizione alla cassa e deve invece escludersi che —

come rivendica in sostanza la difesa del ricorrente — tale obbli

go fosse condizionato all'ulteriore (non previsto) presupposto che nel triennio costituito dall'anno di riferimento (1992) e dai

due anni successivi (1993-1994) anche la media del reddito pro fessionale o del volume d'affari si mantenesse al di sopra della

suddetta soglia reddituale. Ciò perché — si ripete

— il citato

art. 22 1. 576/80 non prevede affatto questa ipotizzata (e del

tutto singolare) condizione sospensiva dell'obbligo insorto in

attesa del completamento del triennio decorrente dall'anno ini

ziale di riferimento. Viceversa, già nel 1993 (in cui il requisito reddituale indicativo della continuità dell'attività professionale, non era sussistente), l'avv. Borsellino avrebbe potuto chiedere

la cancellazione dell'iscrizione alla cassa; cancellazione che non

è stata allegata come chiesta e della quale comunque non si di

batte nel presente giudizio. 3. - Anche il terzo motivo del ricorso è infondato.

Da una parte può ricordarsi la giurisprudenza costituzionale

che ha ritenuto immune da vizi di incostituzionalità l'obbligo di

iscrizione alla cassa forense per i professionisti titolari di trat

tamenti pensionistici. Ed infatti Corte cost. 15 maggio 1990, n. 244 (id., Rep. 1990,

voce Avvocato, n. 120), ha ritenuto che il legislatore ha il potere discrezionale di regolamentare i trattamenti pensionistici, de

terminandone i tempi, l'entità e le condizioni di accesso; per tanto, l'art. 2 1. 2 maggio 1983 n. 175 modificativo dell'art. 10 1.

20 settembre 1980 n. 576, non è in contrasto con gli art. 3 e 38

Cost., nella parte in cui, nei riguardi dei pensionati che prose

guano nell'esercizio della professione forense, stabilisce, al

compimento di cinque anni dalla continuazione dell'attività,

l'aliquota contributiva nella misura unitaria del tre per cento a

decorrere dalla data di entrata in vigore della 1. n. 175 del 1983

e non già a decorrere dalla data di entrata in vigore della prece dente 1. 20 settembre 1980 n. 576 sulla riforma organica del si

stema previdenziale forense, ad integrazione della quale il sud

detto art. 2 1. n. 175, censurato di illegittimità costituzionale, è

stato emanato.

In precedenza, Corte cost. 16 giugno 1988, n. 669 (id., Rep.

1989, voce cit., n. 91), aveva dichiarato manifestamente infon

data la questione di legittimità costituzionale degli art. 10, 3°

comma, e 24 1. 20 settembre 1980 n. 576, nonché dell'art. 7 1.

22 luglio 1975 n. 319, in riferimento agli art. 2, 3 e 38 Cost., denunciati in quanto pongono la persistenza dell'obbligo contri

butivo a carico dei pensionati nella previdenza forense che con

tinuino l'esercizio dell'attività professionale per il periodo ante

riore all'entrata in vigore della norma attualmente vigente. Ed in precedenza Corte cost. 4 maggio 1984, n. 132 (id.,

1984, I, 1783), aveva parimenti dichiarato infondata la questio ne di legittimità costituzionale degli art. 10, 3° comma, e 22 1.

20 settembre 1980 n. 576, nella parte in cui rendono obbligato ria l'iscrizione alla cassa nazionale di previdenza e assistenza

degli avvocati e procuratori ed il versamento ad essa dei contri

buti previdenziali, per i pensionati che proseguono nell'eserci

zio dell'attività professionale, in riferimento agli art. 3, 2°

comma, 31, 33, 1° e 5° comma, 35, 1° comma, e 38 Cost.

Né — a tacer d'altro — nella specie il superamento del ses

santacinquesimo anno di età, dedotto dal ricorrente come esone

rativo dell'obbligo di iscrizione alla cassa forense, rileva benché

minimamente atteso che esso, com'è pacifico tra le parti, si è

verificato (nel 1996) ben dopo l'anno 1992 che è quello in cui è

insorto l'obbligo di iscrizione in contestazione tra le parti, senza

che neppure possa in alcun modo rilevare la riforma del sistema

pensionistico intervenuta successivamente nel 1995 (1. n. 335

del 1995) perché comunque inapplicabile ratione temporis non

potendo farsi riferimento alla data in cui la cassa ha deliberato

la reiscrizione d'ufficio (2 marzo 1996), ma essendo rilevante

quella (1992) in cui sussisteva il presupposto di fatto per l'iscri

zione.

4. - In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Il Foro Italiano — 2004.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 4

maggio 2004, n. 8457; Pres. Carbone, Est. Segreto, P.M.

Russo (conci, diff.); Cerulli (Avv. Mussio) c. Soc. Enel di

stribuzione (Avv. Tricanico, Giorgi). Conferma App. Firenze 4 luglio 2000.

Responsabilità civile — Esercizio di attività pericolose —

Comportamento del danneggiato — Idoneità a causare

l'evento — Risarcibilità del danno — Esclusione (Cod.

civ., art. 2050).

La responsabilità per l'esercizio dì attività pericolose rientra

nelle ipotesi di responsabilità oggettiva e prescinde dalla col

pa di chi ha posto in essere l'attività; tuttavia, pur in caso di

mancata adozione delle misure previste dalla legge o, in ogni caso, idonee ad evitare l'evento dannoso, la responsabilità va

esclusa ove si accerti che il comportamento del danneggiato sia stato idoneo a interrompere il nesso eziologico tra attività

pericolosa ed evento dannoso. (1)

(1) I. - La pronuncia in epigrafe si segnala all'attenzione del lettore

per essere la prima nella giurisprudenza della Suprema corte ad aver di chiarato expressis verbis la natura oggettiva della responsabilità per l'esercizio di attività pericolose.

La corte offre un'interpretazione della disciplina dettata ex art. 2050 c.c. volta ad individuare, in chiave sistematica, un ulteriore caso di re

sponsabilità oggettiva determinata dalla mera sussistenza del danno ca sualmente derivato dall'esercizio dell'attività pericolosa: «La respon sabilità viene fatta gravare su chi ha posto in essere l'attività, senza ri

guardo all'eventuale colposità del proprio comportamento, come nel

l'ipotesi di cui all'art. 2051 c.c.». La prova «di aver adottato tutte le

misure idonee ad evitare il danno», seguendo tale impostazione, opera

puramente e semplicemente sul piano del nesso eziologico — spiegan do la sua efficacia al pari del caso fortuito come causa di esclusione della responsabilità del danneggiarne —, poiché per fondare una re

sponsabilità ex art. 2050 si deve provare che l'evento dannoso è stato

provocato dall'attività pericolosa, esercitata in assenza delle misure di

cautela idonee. Secondo l'orientamento fino ad oggi predominante nella giurispru

denza di legittimità, invece, la norma poneva a carico dell'esercente l'at

tività pericolosa uno specifico onere di diligenza connesso alla peri colosità dell'attività, sì che, ogniqualvolta l'onere (di predisporre tutte le

misure idonee ad evitare il danno) non fosse stato rispettato, il danneg giarne avrebbe dovuto risarcire il danno. Il ragionamento suonava a un

di presso così: se l'onere di diligenza non è stato rispettato (c.d. presun zione di colpa), la norma presume che si sia prodotto un pregiudizio per

colpa del danneggiante, al quale non rimarrà che provare il contrario.

Sulla scia di tale impostazione hanno ritenuto che la responsabilità ex art. 2050 si fondasse sulla presunzione di colpa a carico di chi eser

cita l'attività reputata pericolosa, ex plurimis, Cass. 26 aprile 2004, n.

7916, Foro it., Mass., 594; 10 febbraio 2003, n. 1954, id., Mass., 186; 17 luglio 2002, n. 10382, id., Rep. 2002, voce Responsabilità civile, n.

275; ì 1 giugno 1999, n. 5744, id., Rep. 2000, voce cit., n. 313, e, per esteso, Giur. it., 2000, 1399, con nota di F. Patarnello, La regola pre vista dall'art. 2050 c.c. è applicabile al solo rapporto esterno tra l'esercente attività pericolosa e il terzo danneggiato da tali attività; 4

dicembre 1998, n. 12307, Foro it., 1999, I, 1938; 4 giugno 1998, n.

5484, id., Rep. 1999, voce cit., n. 306; 8 ottobre 1996, n. 8784, id.,

Rep. 1997, voce cit., n. 202, e, per esteso, Resp. civ., 1997, 423; 11 di

cembre 1995, n. 12640, Foro it.. Rep. 1996, voce cit.. n. 166, e, per esteso. Nuova giur. civ., 1996, I, 679, con nota di M. Dassio, Attività

pericolose e protezione civile: un caso singolare; 24 giugno 1995, n.

7177, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 156; 1° febbraio 1995, n. 1138, ibid., n. 158; 19 gennaio 1995, n. 567, id., Rep. 1996, voce cit., n. 173; 20 luglio 1993, n. 8069. id., 1994, I. 455, annotata da A. Barenghi, Brevi note in tema di responsabilità per danni da emoderivati difettosi tra «obiter dieta» e regole giurisprudenziali, in Giust. civ., 1994, I,

1037; A. Busato, I danni da emoderivati: le diverse forme di tutela, in

Resp. civ., 1994, 67; nella giurisprudenza di merito, da ultimo, Trib.

Roma 20 giugno 2002, Foro it., 2002, I, 3225, con osservazioni di P.

Pardolesi (commentata, altresì, da L. La Battaglia, Danno da pro dotto farmaceutico difettoso e prova liberatoria, in Danno e resp., 2002, 984).

11. - In linea con le motivazioni addotte dai giudici di legittimità nel

caso in rassegna, Cass. 8 maggio 2003, n. 6988, Foro it., Mass., 617; 15 febbraio 2003, n. 2312, ibid., 211; 25 maggio 2000, n. 6866, id.,

Rep. 2000, voce cit., n. 192; 4 dicembre 1998, n. 12307, cit., con nota

di S. Di Paola, cui si rinvia per le ulteriori indicazioni, ritengono che,

nell'ipotesi in cui l'esercente l'attività pericolosa non abbia adottato

tutte le misure idonee ad evitare il danno, la causa efficiente sopravve nuta, se idonea da sola a causare l'evento, recide il nesso eziologico tra

attività pericolosa, esercitata in assenza di misure cautelari idonee, ed

evento dannoso. Nel caso di specie, sulla base di tali argomentazioni, i giudici hanno

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