sezione lavoro; sentenza 12 febbraio 1997, n. 1300; Pres. Pontrandolfi, Est. Toriello, P.M.Ciampoli (concl. conf.); Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri edarchitetti (Avv. E. Romanelli) c. De Palma (Avv. Acquarone, Fabbri). Conferma Trib. Imperia 29gennaio 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 3 (MARZO 1997), pp. 739/740-741/742Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191831 .
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PARTE PRIMA
con il fine con essi perseguito — esige identità di conseguenze
per il caso in cui l'espropriato non sia stato posto in condizione
di utilizzarli. E tale inutilizzabilità, nel caso di area già espro
priata al momento dell'entrata in vigore della 1. n. 359 del 1992, in base al meccanismo dell'intervento additivo adoperato dalla
Corte costituzionale, si verifica ove manchi l'offerta da parte
dell'espropriarne di un'indennità quantificata secondo i criteri
dell'art. 5 bis, 1° comma.
9. - Nel caso di specie, erroneamente la sentenza impugnata ha negato l'applicabilità della detrazione del quaranta per cento
per il solo fatto della dichiarazione d'illegittimità costituzionale
dell'art. 5 bis «nella parte in cui non prevede, a favore dei sog
getti già espropriati al momento della entrata in vigore della
1. n. 359 del 1992 e nei confronti dei quali la indennità di espro
priazione non sia ancora divenuta incontestabile, il diritto di
accettare l'indennità di cui al 1° comma con esclusione della
riduzione del quaranta per cento».
Tuttavia, il suo dispositivo risulta conforme a diritto, in quanto dal contesto del ricorso e dalla formulazione del terzo motivo, si evince chiaramente che l'offerta dell'indennità, quantificata ai sensi del 1° comma dell'art. 5 bis, non è stata compiuta dal
l'espropriale. Cosicché, in applicazione dell'art. 384 c.p.c., non
ché del principio enunciato sub n. 8 della presente decisione, va confermata la liquidazione dell'indennità di espropriazione senza la detrazione del quaranta per cento, così come stabilito
dalla corte d'appello con motivazione da correggersi nei sensi
sopra indicati.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 12 feb
braio 1997, n. 1300; Pres. Pontrandolfi, Est. Toriello, P.M.
Ciamboli (conci, conf.); Cassa nazionale di previdenza e assi stenza per gli ingegneri ed architetti (Avv. E. Romanelli) c. De Palma (Avv. Acquarone, Fabbri). Conferma Trib. Im
peria 29 gennaio 1992.
Protessioni intellettuali — Ingegneri e architetti — Iscrizione
alla cassa di previdenza — Continuità dell'esercizio professio nale — Necessità — Criteri di accertamento (L. 3 gennaio 1981 n. 6, norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti, art. 21).
Ai fini dell'iscrizione alla cassa di previdenza degli ingegneri ed architetti non è sufficiente il mero ricorrere delle circo
stanze formali ed estrinseche indicate dal comitato dei delega ti, essendo necessario l'esercizio effettivo della libera profes sione in modo continuativo. (1)
(1) Non constano precedenti specifici sul valore dei criteri di accerta mento dell'esercizio professionale con carattere di continuità stabiliti dal comitato dei delegati della cassa di previdenza degli ingegneri ed architetti.
Conforme alla riportata sentenza, nel senso che ai fini dell'iscrizione alla cassa categoriale degli ingegneri ed architetti non è sufficiente la mera possibilità legale dell'esercizio professionale, ma è necessario l'e sercizio effettivo delia libera professione in modo continuativo, cioè sistematico e non soltanto saltuario ed occasionale, il quale sia pertanto indicativo di una capacità contributiva che giustifichi l'obbligatoria par tecipazione alla solidarietà di categoria, Cass., sez. un., 13 novembre 1986, n. 6638, Foro it., 1987, I, 48.
Sul «potere» del giudice ordinario per l'accertamento della continuità dell'esercizio professionale, con acquisizione dei fatti in cui tale eserci zio si esprime, Cass. 20 luglio 1977, n. 3235, id., 1977, I, 2696. In ordine alla prova del requisito della continuità dell'esercizio della pro fessione (con riferimento, però, alla previdenza forense), Cass. 9 aprile 1984, n. 2281, id., Rep. 1984, voce Avvocato, n. 100.
Sulla natura giuridica del potere conferito al comitato dei delegati per la determinazione dei criteri idonei a dimostrare la continuità dell'e sercizio della professione, e per la legittimità della relativa delibera, anche se con riferimento alla previdenza forense, Cass. 12 agosto 1987,
Il Foro Italiano — 1997.
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Impe
ria, depositato il 14 agosto 1991, Alessandro De Palma chiede
va accertarsi che egli era esonerato dall'iscrizione alla cassa na
zionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri e gli architet
ti liberi professionisti, e dal relativo obbligo contributivo, dal
1° marzo 1982, data fino alla quale aveva sempre svolto lavoro
dipendente e dopo la quale era rimasto iscritto all'albo degli
ingegneri della provincia di Imperia, conservando una partita
Iva, fino al 31 dicembre 1988, ma senza svolgere con continuità
la libera professione, anzi dal 1° gennaio 1983 senza assoluta
mente svolgere attività professionale. Lamentava che la cassa
si fosse rifiutata di cancellarlo dal ruolo degli iscritti per il pe riodo antecedente al 19 dicembre 1988, e gli avesse ingiunto il pagamento di lire 8.257.000 a titolo di contributi.
Essendo stata accolta la domanda, nella contumacia della con
venuta, questa proponeva appello, deducendo che, in base alla
1. 3 gennaio 1981 n. 6 e alla delibera 23 maggio 1981 del comi
tato nazionale dei delegati, ricorrevano per il De Palma i tre
requisiti in presenza dei quali l'iscrizione obbligatoria era auto
matica, vale a dire l'iscrizione all'albo professionale, la non
iscrizione a forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di
un rapporto di lavoro subordinato o dell'esercizio di altre atti
vità e il possesso di partita Iva; che il De Palma aveva ogni anno inviato alla cassa l'apposito modulo, con ciò riconoscen
do di essere soggetto all'obbligo contributivo; che in nessun ca
so la cancellazione poteva risalire a data anteriore al 1 ° gennaio 1983, risultando dalla documentazione prodotta dallo stesso De
Palma che nel 1982 egli aveva dichiarato un volume di affari Iva di lire 6.825.000 e un reddito Irpef di lire 4.778.000.
Il Tribunale di Imperia, con sentenza 29 gennaio 1992, con
fermava la decisione di primo grado, richiamandosi a una deci
sione delle sezioni unite di questa corte (13 novembre 1986, n.
6638, Foro it., 1987, I, 48) ed osservando non esser sufficiente, ai fini dell'iscrizione alla cassa, «la mera possibilità legale del
l'esercizio professionale», essendo necessario invece «l'esercizio
effettivo della libera professione in modo continuativo, cioè si stematico e non soltanto saltuario ed occasionale, il che, nel
caso del De Palma, è provato non eservi stato». Non poteva bastare, infatti, «il mero ricorrere delle circostanze formali ed
estrinseche indicate dal comitato nazionale dei delegati . . . ido nee a fornire una mera presunzione», che nel caso concreto era stata superata dalle risultanze della non contestata documenta zione prodotta dal De Palma.
La cassa propone ora ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo. L'intimato resiste con controricorso e ha pure depositato memoria.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo, riconducibile
all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., la cassa ricorrente denuncia viola zione e falsa applicazione dell'art. 21 1. 3 gennaio 1981 n. 6, oltre che omessa e insufficiente motivazione, e, richiamandosi a un precedente di questa corte (Cass. 8 maggio 1987 n. 4236, id., 1988, I, 507) relativo all'analoga normativa in materia di
n. 6909, id., Rep. 1987, voce cit., n. 96; Tar Lazio, sez. III, 22 ottobre 1979, n. 677, id., 1979, III, 665.
Nel senso che la disciplina dettata per comprovare il libero esercizio della professione con carattere di continuità è disciplina speciale rispet to a quella generale contenuta nel codice di procedura civile, Trib. Ber gamo 12 febbraio 1987, Prev. forense, 1987, fase. 2, 27.
In dottrina, S. Bernardi, Previdenza dei professionisti e continuità professionale, in Lavoro e prev. oggi, 1982, 843.
Sulle problematiche connesse al requisito della continuità dell'eserci zio professionale per l'accesso dei liberi professionisti alle previdenze categoriali, L. Carbone, L'accesso al sistema previdenziale dei liberi professionisti, in Foro it., 1994, I, 115.
In tema di obbligatoria iscrizione (con conseguente obbligo di contri
buzione) alla cassa di previdenza degli ingegneri ed architetti, Corte cost. 20 dicembre 1993, n. 450, id., Rep. 1994, voce Professioni intel lettuali, n. 144; 8 giugno 1992, n. 259, id., 1993, I, 3244; Trib. Vercelli 14 gennaio 1994, id., 1994, I, 1941, con nota di richiami, sentenza ri formata da Cass. 1° febbraio 1996, n. 890, id., Mass., 84; Pret. Ascoli Piceno 3 gennaio 1986, id., Rep. 1986, voce cit., n. 106, e Giur. it., 1986, I, 2, 369, con nota di L. Carbone, Obbligo di iscrizione (e cause di esclusione) alla cassa di previdenza degli ingegneri ed architetti.
Sulla previdenza degli ingegneri ed architetti in generale, prima delle modifiche introdotte dalla 1. 11 ottobre 1990 n. 290, L. Carbone, Di sciplina previdenziale e fiscale delle professioni di ingegnere e di archi tetto, Rimini, 1987.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
previdenza forense, censura la decisione impugnata sostenendo
che erroneamente il tribunale «ha ritenuto di poter prescindere dai presupposti indicati dal comitato nazionale dei delegati» —
organo cui la legge ha demandato di determinare i criteri per accertare l'esercizio della libera professione e, se necessario, di
adeguarli periodicamente (art. 21 cit.) — «e di poter autonoma
mente procedere alla valutazione della ricorrenza nel caso speci fico dell'esercizio professionale con carattere di continuità», lad
dove invece «la delibera assunta al riguardo dal comitato nazio
nale dei delegati costituisce un provvedimento normativo
rientrante tra le fonti secondarie del diritto oggettivo che viene
ad integrare la norma di legge delegante e la cui violazione o
falsa applicazione comportano anche la violazione o la falsa
applicazione della norma di legge delegante». Aggiunge che il
tribunale «ha d'altra parte totalmente omesso di indicare in ba
se a quali diversi criteri di determinazione del requisito dell'e
sercizio continuativo dell'attività professionale» è giunto alla con
clusione di escluderlo per il De Palma.
Il ricorso è infondato. L'art. 21 1. 3 gennaio 1981 n. 6 (nor me in materia di previdenza per gli ingegneri e per gli architet
ti), dopo aver prescritto ai primi due commi l'iscrizione obbli
gatoria alla cassa, tanto d'ufficio, quanto su domanda, per tut
ti gli ingegneri e gli architetti «che esercitano la libera professione con carattere di continuità», e con effetto «dalla data di inizio
dell'esercizio professionale con carattere di continuità», stabili
sce al successivo 3° comma: «Il comitato nazionale dei delegati
provvede ogni cinque anni, e per la prima volta nel secondo
anno successivo all'entrata in vigore della presente legge, ad
adeguare, se necessario, i criteri per accertare l'esercizio della
libera professione». La norma non può essere interpretata nel senso voluto dalla
cassa ricorrente, secondo cui in presenza dei «presupposti» sta
biliti dal detto comitato con la delibera del 23 maggio 1981 (iscri zione all'albo, non-iscrizione ad altre forme di previdenza ob
bligatorie, possesso di partita Iva) l'ingegnere o architetto de
v'essere necessariamente iscritto alla cassa, e deve restarvi iscritto
fino al venir meno dei presupposti medesimi, senza che alcuno — e neanche il giudice — possa «autonomamente procedere alla valutazione della ricorrenza nel caso specifico dell'esercizio
professionale con carattere di continuità».
Una cosa, infatti, sono i «presupposti» — o condizioni o re
quisiti — per l'iscrizione, altra i «criteri di accertamento» della
loro sussistenza, cui non può essere riconosciuto altro valore
se non quello meramente strumentale, insito nella espressione
adoperata dalla chiara disposizione legislativa (criterio è, per
definizione, «norma di valutazione e di giudizio»), ai fini, ap
punto, di un accertamento da compiersi sulla loro scorta (art. 21 cit., 6° comma: «La giunta esecutiva della cassa, sulla scorta
dei criteri fissati dal comitato dei delegati, può provvedere pe riodicamente alla revisione degli iscritti . . .», ecc., in concreto
e caso per caso, e che, se pure possono dar luogo a una presun
zione, in base alla quale la cassa può senz'altro procedere alla
iscrizione, non possono precludere però all'interessato di forni
re la dimostrazione del contrario, l'iscrizione stessa presuppo nendo per la stessa legge (art. 21, 1° comma, cit.) l'esercizio
della libera professione con carattere di continuità, questo sì
«requisito» — o condizione o presupposto — dalla cui sussi
stenza scaturisce il diritto-dovere di iscrizione (salvo che non
ricorra l'ipotesi di esclusione contemplata dall'art. 21, 5° com
ma), dato che non è più sufficiente (come per l'art. 3 1. 4 marzo
1958 n. 179, istitutiva della cassa), ai fini dell'iscrizione, la me
ra possibilità legale dell'esercizio professionale, ma è necessario
l'esercizio effettivo della libera professione in modo continuati
vo, cioè sistematico e non soltanto saltuario ed occasionale, il
quale sia pertanto indicativo di una reale capacità contributiva
che giustifichi l'obbligatoria partecipazione alla solidarietà di
categoria, da cui è caratterizzata, al pari degli altri sistemi pre videnziali dei liberi professionisti, la particolare forma di previ denza gestita dalla cassa (sez. un. 13 novembre 1986, n. 6638,
in motivazione, cit.). La norma sarebbe in contraddizione con se stessa se, dopo
aver preteso, ai fini dell'iscrizione alla cassa, che la libera pro
fessione sia esercitata nel modo sopra indicato — effettivo e
continuativo —, consentisse o imponesse l'iscrizione medesima
anche in caso di dimostrata assenza del detto «requisito». L'enunciato principio non è in contrasto col «precedente» cui
si richiama la ricorrente. Invero si può, volendo (ma non ser
Ii Foro Italiano — 1997.
ve), ripetere anche qui che «poiché i criteri per l'accertamento
del requisito dell'esercizio della libera professione . . . sono sta
biliti da un organo (comitato dei delegati) della cassa (nazionale di previdenza e di assistenza a favore degli avvocati e dei procu
ratori) nell'ambito di un potere regolamentare che è ad esso
direttamente conferito dalla legge, ne deriva che la delibera as
sunta al riguardo dal comitato dei delegati costituisce un prov vedimento normativo rientrante tra le fonti secondarie del dirit
to oggettivo, che viene ad integrare la norma di legge delegante e la cui violazione o falsa applicazione è denunciabile in sede
di legittimità, comportando anche la violazione o la falsa appli cazione della norma di legge delegante» (Cass. 8 maggio 1987, n. 4263, in motivazione, cit.)
Ma lì si dibattevano altre questioni. Ed è notevole che la stes
sa cassa (forense), anche lì ricorrente, teneva a sottolineare, con
riguardo alla delibera 22 maggio 1976 del comitato dei delegati
(«Si deve ritenere in possesso del requisito dell'esercizio profes sionale forense effettivo e continuo l'avvocato o procuratore, iscritto alla cassa, nei cui confronti sia stato accertato o che
abbia egli stesso dichiarato . . .», ecc.), che «detto provvedi
mento, contenuto nella circolare 1-78 esibita in atti, non parla di «criteri per l'iscrizione alla cassa», ma ben chiaramente di
«criteri per l'accertamento dell'esercizio della libera professione forense con carattere di continuità», ponendo con ciò anch'essa
la distinzione (fra requisiti, e criteri di accertamento dei requisi
ti), cui sopra si è fatto riferimento.
Ma non si può fare a meno di rilevare inoltre come, al di
là della innegabile analogia, esista profonda diversità sia fra
le due norme di legge che fra i criteri rispettivamente deliberati
dai comitati dei delegati delle due casse. Invero, mentre l'art.
2 1. n. 319 del 1975 demanda al comitato di determinare «i
criteri per accertare quali siano gli iscritti alla cassa che . . .
esercitino la libera professione forense con carattere di conti
nuità», l'art. 21 1. n. 6 del 1981 (sulla previdenza per gli inge
gneri e gli architetti) parla soltanto di «criteri per accertare l'e
sercizio della libera professione»; e mentre l'una delibera (come si apprende dalla motivazione di Cass. 4263/87, cit.) indica co
me criteri il raggiungimento, nel corso dell'anno, di un reddito
netto, ai fini dell'Irpef, non inferiore a tre milioni, oppure di
un volume di affari, ai fini dell'Iva, non inferiore a cinque mi
lioni, ammettendo la media fra i redditi accertati o dichiarati,
oppure tra i volumi di affari denunciati, relativi a tre anni con
secutivi, l'altra si limita a indicare le «circostanze estrinseche
e formali» — come giustamente le definisce il tribunale — della
iscrizione all'albo professionale, della non-iscrizione a forme di
previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro
subordinato o dell'esercizio di altra attività, e del possesso di
partita Iva, la seconda delle quali è peraltro meramente ripetiti va di quanto direttamente previsto dal già menzionato 5° com
ma dello stesso art. 21 cit. («Sono esclusi dall'iscrizione alla
cassa ai sensi dell'art. 2 1. 11 novembre 1971 n. 1046, gli inge
gneri e gli architetti iscritti a forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o comun
que di altra attività esercitata»). Davvero, dunque, nel secondo
caso (ingegneri e architetti), la effettività e la continuità dell'e
sercizio della libera professione, che sono le caratteristiche es
senziali del requisito-base per l'iscrizione alla cassa, restano to
talmente fuori dalla delibera demandata al comitato, e dai cri
teri dallo stesso determinati, l'una e gli altri riguardanti il solo
accertamento dell'«esercizio della libera professione», ma non
anche la effettività e la continuità dello stesso, indispensabili
perché l'iscrizione alla cassa divenga obbligatoria. Il tribunale non ha dunque «disatteso i criteri fissati dal co
mitato nazionale dei delegati»; e avendo accertato che il De
Palma, nel periodo in contestazione, non aveva affatto esercita
to la libera professione, risalendo «l'unico documentato incari
co professionale, per lo stesso comune di Diano Marina, del
quale era al contempo dipendente, all'anno 1981», mentre «nel
1982 egli percepì semplicemente il compenso ad esso (unico in
carico) relativo» — accertamento congruamente motivato con
riferimento alle risultanze probatorie, e che si sottrae pertanto, in questa sede, a qualsiasi censura —, non doveva aggiungere
altro, né tanto meno «indicare in base a quali diversi criteri
di determinazione del requisito dell'esercizio continuativo del
l'attività professionale era giunto alla conclusione di ritenere
che lo stesso era "provato non esserci stato" nel caso dell'ing. De Palma».
Non rimane che rigettare il ricorso.
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