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sezione lavoro; sentenza 12 luglio 1995, n. 7619; Pres. Donnarumma, Est. Miani Canevari, P.M....

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sezione lavoro; sentenza 12 luglio 1995, n. 7619; Pres. Donnarumma, Est. Miani Canevari, P.M. Chirico (concl. diff.); Desiderio (Avv. D'Amati, Pergola) c. Cassa di risparmio della provincia di Chieti (Avv. Moscarini). Conferma Trib. Chieti 1° agosto 1991 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 3 (MARZO 1996), pp. 989/990-991/992 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190865 . Accessed: 28/06/2014 07:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.188 on Sat, 28 Jun 2014 07:57:06 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 12 luglio 1995, n. 7619; Pres. Donnarumma, Est. Miani Canevari, P.M.Chirico (concl. diff.); Desiderio (Avv. D'Amati, Pergola) c. Cassa di risparmio della provincia diChieti (Avv. Moscarini). Conferma Trib. Chieti 1° agosto 1991Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 3 (MARZO 1996), pp. 989/990-991/992Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190865 .

Accessed: 28/06/2014 07:57

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

per il ricorrente), come si evince dal dettato dell'art. 669 septies, 1° comma, c.p.c., che, ammettendo in simili casi la possibilità di «riproposizione della domanda» (avanti allo stesso giudice dichiaratosi incompetente, o avanti ad altro giudice), evidente

mente esclude l'ipotesi della riassunzione del procedimento cau

telare (con le conseguenze previste dall'art. 44 c.p.c.) avanti al

giudice indicato come competente dal primo giudice adito, di

chiaratosi incompetente (del resto, va detto che lo stesso Ravelli

avanti a questo tribunale non ha certo inteso riassumere il pro

cedimento ex art. 700 c.p.c. promosso avanti al pretore, bensì

proporre un nuovo ricorso di contenuto sostanzialmente identi

co al precedente); — osservato, d'altra parte, che l'esposta soluzione appare in

linea con l'orientamento negativo della corte regolatrice in ordi

ne alla impugnabilità con regolamento di competenza dell'ordi

nanza di incompetenza emessa ai sensi dell'art. 669 septies, 1°

comma, c.p.c. (v. Cass. 14 febbraio 1995, n. 1598, Foro it.,

Mass., 219; in proposito cfr. anche Cass., ord. 21 ottobre 1994

n. 822, id., 1995,1, 158); laddove, per altro verso, con la recen

te sentenza (interpretativa di rigetto) 26 maggio 1995, n. 197

(id., 1996, I, 51), la Corte costituzionale ha ritenuto ammissibi

le anche contro tale tipo di pronunzia il reclamo di cui all'art.

669 terdecies c.p.c.; — ritenuto pertanto che, per le ragioni esposte, il ricorso

(ri-)proposto dal Ravelli deve essere respinto; (omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 12 luglio

1995, n. 7619; Pres. Donnarumma, Est. Miani Canevari,

P.M. Chirico (conci, diff.); Desiderio (Aw. D'Amati, Per

gola) c. Cassa di risparmio della provincia di Chieti (Avv. Moscarini). Conferma Trib. Chieti 1° agosto 1991.

Lavoro (rapporto di) — Malattìa del lavoratore — Accertamen

ti — Collocazione in aspettativa — Retribuzione — Paga

mento — Esclusione (Cod. civ., art. 1218; 1. 20 maggio 1970

n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavorato

ri, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 5).

Il datore di lavoro non è tenuto al pagamento della retribuzione

per il periodo di aspettativa in cui abbia collocato il lavorato

re che, sottoposto, al rientro da un'astensione dal servizio

per malattia, ad accertamenti ex art. 5, 1° comma, l. 20 mag

gio 1970 n. 300 su iniziativa del datore di lavoro stesso, sia stato ritenuto inidoneo, dalla struttura pubblica competente,

allo svolgimento delle mansioni, pur essendo invece ritenuto

idoneo nel successivo giudizio promosso dal lavoratore. (1)

(1) Non si rinvengono precedenti negli esatti termini. Come però se

gnalato in Cass. 7619/95 in epigrafe, con i debiti richiami cui si rinvia, la ratio decidendi della presente sentenza, quella per cui non sussiste

responsabilità contrattuale ove sia stata prestata l'ordinaria diligenza

da parte del debitore — dovendosi leggere l'art. 1218 c.c. in correlazio

ne con l'art. 1176 — è stata a volte, ma con contraddizioni, adottata

in altre ipotesi (quali il rifiuto di assunzione d'invalido avviato d'obbli

go motivato dall'inidoneità fisica del soggetto) in cui la condotta del

datore di lavoro era stata posta in essere a seguito di accertamenti sani

tari di strutture pubbliche, poi disattesi.

In tema di art. 2087 c.c., pure presente nelle ragioni della pronuncia

sopra riportata e, in particolare, sull'obbligo del datore di lavoro di

adottare tutte le misure necessarie per impedire un pregiudizio all'inte

grità psico-fisica del lavoratore, cfr., tra le più recenti, Cass. 29 marzo

1995, n. 3738, Foro it., Mass., 461, e Notiziario giurisprudenza lav.,

1995, 405. Sui criteri di attribuzione della responsabilità contrattuale,

e segnatamente sul ruolo che spetta alla regola sulla diligenza, cfr.,

oltre i richiami giurisprudenziali in Cass. 7619/95 sopra riportata, quel

li contenuti in A. Zaccaria, in AA.VV., Commentario breve al codice

Il Foro Italiano — 1996.

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 1° agosto 1991

il Tribunale di Chieti confermava la decisione di primo grado

con cui era stata respinta la domanda di Giancarlo Desiderio,

dipendente della Cassa di risparmio della provincia di Chirti,

diretta ad ottenere il pagamento della retribuzione per il perio

do successivo al 1° giugno 1986, per il quale la datrice di lavoro

aveva disposto il suo collocamento in aspettativa senza retribu

zione. Al termine di un'assenza per malattia, in data 23 ottobre

1985 il lavoratore aveva chiesto di riprendere servizio, ma l'a

zienda aveva disposto accertamenti sanitari di idoneità al lavoro

continuativo, in base ai quali la Usi competente aveva prima

attestato una generica idoneità al lavoro del Desiderio (con l'in

dicazione della necessità di non sottoporre il medesimo ad atti

vità stressanti dal punto di vista psicofisico) e poi, con una nota

del 25 febbraio 1986, confermata anche da un successivo certi

ficato, aveva specificato che il lavoratore era idoneo a riprende

re le sue mansioni con esclusione del servizio di sportello.

Nel giudizio successivamente promosso dal lavoratore, la con

sulenza tecnica disposta in primo grado aveva stabilito l'idonei

tà del rag. Desiderio al disimpegno delle mansioni di sportello

non solo al momento dell'accertamento, ma fin dai primi accer

tamenti medici; a seguito di ciò la cassa aveva riammesso in

servizio il dipendente. Il tribunale osservava che l'istituto datore di lavoro aveva

non solo la facoltà di accertare attraverso il servizio sanitario

nazionale l'idoneità del lavoratore a riprendere servizio, ma era

anche tenuta a tale comportamento in base all'obbligo di sicu

rezza di cui all'art. 2087 c.c. Legittimamente, quindi, la cassa

aveva posto in aspettativa il dipendente per evitare di licenziar

lo (come bene avrebbe potuto fare, dato il giudizio espresso dalla Usi in ordine al carattere usurante della prestazione lavo

rativa allo sportello); l'esercizio della facoltà di controllo della

salute del lavoratore non poteva comportare per il datore di

lavoro l'obbligo di corrispondere la retribuzione per il fatto che

si erano rivelati errati i responsi dei medici della struttura pub

blica. Per il rifiuto da parte della cassa di ricevere la prestazio ne lavorativa offerta ricorreva quindi l'ipotesi di causa non im

putabile ex art. 1218 c.c.

Avverso tale sentenza il Desiderio ha proposto ricorso per

cassazione con due motivi. La Cassa di risparmio della provin

cia di Chieti resiste con controricorso. Le parti hanno presenta

to memorie.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo si denuncia

la violazione degli art. 2087 e 2110 c.c., in relazione agli art.

78 e 79 del ccnl di categoria 9 marzo 1983, all'art. 5 1. 300/70,

all'art. 1366 c.c. e agli art. 36 Cost., 2009, 2103, 1218 c.c. Pre

messo che l'erogazione del trattamento economico di malattia

a carico del datore di lavoro non può essere sospesa per mera

volontà di questi, indipendentemente da fatti che rendano la

sospensione legittima in base alla legge o al contratto, il ricor

rente deduce che la disciplina dell'art. 5 statuto lavoratori non

consente al datore medesimo di prolungare attraverso una visita

di controllo lo stato di malattia del lavoratore ritardandogli la

ripresa del normale servizio; il creditore della prestazione lavo

rativa ha solo la facoltà di controllare l'idoneità fisica del di

pendente, e se il controllo risulta positivo egli deve accettare

la prestazione offerta, senza poter prolungare il periodo di com

porto, né porre in aspettativa il dipendente (essendo necessaria

una richiesta di quest'ultimo). Sotto questo profilo, il ricorrente

censura l'interpretazione della norma collettiva compiuta dal tri

bunale, norma che per una costante prassi aziendale non aveva

mai trovato applicazione analoga per altri dipendenti in malat

tia, non sottoposti neppure a visita di idoneità. (Omissis)

Il problema di risolvere riguarda dunque la legittimità del ri

fiuto da parte del datore di lavoro delle prestazioni offerte dal

civile a cura di G. Clan e A. Trabucchi, Cedam, Padova, 1994, 1131

ss. Cfr. altresì la recente sintesi ricostruttiva delle varie tesi, dottrinali

e giurisprudenziali, in C. M. Bianca, Diritto civile, Giuffrè, Milano,

1994, V, 11 ss., spec. 15 ss., con riferimento alla impostazione accolta

dalla odierna sentenza; cfr., inoltre, tra le opere di maggiore consulta

zione, A. di Majo, Obbligazioni in generale, Zanichelli, Bologna, 1985,

454 ss.; da ultimo, e proprio con riferimento alla tutela della salute

nel rapporto di lavoro, cfr. M. Franco, Diritto alla salute e responsa

bilità civile del datore di lavoro, Angeli, Milano, 1995, 166 ss.

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PARTE PRIMA

lavoratore dopo un periodo di malattia, in relazione all'esigen za di accertare — a seguito di un evento morboso con possibili riflessi non limitati ad una temporanea incapacità lavorativa —

l'idoneità del dipendente allo svolgimento delle mansioni asse

gnate. Ai fini della soluzione non rileva pertanto in via diretta

la disciplina posta dalla legge e dal contratto per l'ipotesi di

malattia, con la previsione di garanzie in favore del lavoratore

attinenti alla conservazione del posto di lavoro e al trattamento

economico; si tratta piuttosto di stabilire, sul piano delle regole

generali, se in relazione a tale condotta del creditore della pre stazione lavorativa sia ravvisabile un'ipotesi di responsabilità contrattuale per inadempimento, regolata dall'art. 1218 c.c.

L'iniziativa del datore di lavoro, che ha disposto l'accerta

mento dell'idoneità fisica del dipendente e la sospensione del

l'attuazione del rapporto per il periodo in cui risultava un qua dro patologico incompatibile con l'espletamento dell'attività de

dotta in contratto (qui rileva infatti, in relazione all'oggetto della

domanda, un arco di tempo successivo alla esecuzione del con

trollo) va certamente ricondotta — come ha osservato il tribu

nale — all'adempimento dell'obbligo di sicurezza ex art. 2087

c.c., che non si esaurisce nel predisporre le misure imposte da

specifiche disposizioni di legge, ma si estende — comprenden dole tutte — a quelle altre iniziative che appaiono di volta in

volta essere un utile rimedio per impedire che una data situazio ne connessa all'esecuzione della prestazione possa determinare

un pregiudizio per l'integrità fisica del lavoratore (cfr. Cass.

6 luglio 1990, n. 7107, Foro it., Rep. 1990, voce Lavoro (rap

porto), n. 1389). Indubbiamente, l'accertamento di una situazione di inidonei

tà fisica ad opera dei competenti organi pubblici concreta uno

specifico impedimento che rende impossibile la prestazione la

vorativa; occorre peraltro verificare la configurabilità della pre detta responsabilità contrattuale per l'ipotesi in cui tale accerta

mento risulti smentito dalle indagini tecniche disposte dal giudi ce in sede contenziosa. Secondo il ricorrente, tale responsabilità sussiste comunque, indipendentemente dal dolo o dalla colpa del datore di lavoro; come si legge nella memoria difensiva, una volta dimostrato, attraverso la consulenza medica disposta dal pretore, l'errore del medico della unità sanitaria locale, «la

responsabilità di risarcire il dipendente ingiustamente privato della retribuzione non può che ricadere sul datore di lavoro, alle cui iniziative va ricondotta la sospensione della retribuzione e su cui, comunque, grava il rischio di impresa».

Questa tesi non può essere condivisa, anche se corrisponde ad un orientamento espresso da precedenti decisioni della Su

prema corte (per l'ipotesi di rifiuto di assunzione di invalido avviato per l'assunzione obbligatoria, motivato dalla inidoneità

fisica del soggetto) secondo le quali ai fini dell'esonero della

responsabilità contrattuale non rileva l'insussistenza del dolo o della colpa nel comportamento del datore di lavoro, essendo

sufficiente l'imputabilità dell'inadempimento, senza che, verifi cata in giudizio l'idoneità fisica, possa tenersi conto dell'even tuale affidamento che il datore di lavoro possa aver fatto sui

precedenti accertamenti sanitari (Cass. 19 marzo 1986, n. 1917, id., Rep. 1986, voce Lavoro (collocamento), n. 61; 15 luglio 1987, n. 6224, id., Rep. 1987, voce cit., n. 75).

Con riferimento ai problemi in tema di inadempimento del

l'obbligazione e di contenuto della prova liberatoria di cui al l'art. 1218 c.c. (che impone al debitore di provare che l'inadem

pimento è dipeso da causa a lui non imputabile) questa corte ritiene di dover aderire all'indirizzo giurisprudenziale secondo cui tale disposizione deve essere interpretata ed applicata in cor relazione a quella dell'art. 1176 c.c., il quale prescrive l'osser vanza dell'ordinaria diligenza quale canone di valutazione del

comportamento dell'obbligato. Conseguentemente, la suddetta

prova non si sostanzia esclusivamente in quella positiva del ca so fortuito o della forza maggiore, ma può considerarsi rag giunta anche quando sia dimostrato che l'adempimento è man cato a causa di un errore che non derivi da fattori puramente soggettivi ed appaia scusabile alla stregua di tale criterio di va lutazione (cfr., per fattispecie analoghe a quelle esaminate nei

precedenti citati, Cass. 12 aprile 1986, n. 2586, 30 ottobre 1986, n. 6404, id., Rep. 1986, voce cit., nn. 207, 50; v. inoltre Cass. 20 giugno 1983, n. 4236, id., Rep. 1983, voce Obbligazioni in genere, n. 26; 8 giugno 1984, n. 3450, id., Rep. 1984, voce cit., n. 36; 28 febbraio 1985, n. 1741, id., Rep. 1985, voce Con tratto in genere, n. 240). (Omissis)

Il Foro Italiano — 1996.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 28 giugno

1995, n. 7259; Pres. Senofonte, Est. Berruti, P.M. Ami

rante (conci, diff.); Min. finanze c. Azzimondi e altri. Con

ferma Comm. trib. centrale 15 settembre 1990, n. 5743.

Tributi in genere — Agevolazioni ed esenzioni fiscali — Prima

casa — Acquisto di immobile trasformabile in casa di abita

zione — Applicabilità (L. 22 aprile 1982 n. 168, misure fiscali per lo sviluppo dell'edilizia abitativa, art. 1).

Ai fini dell'applicazione delle agevolazioni fiscali previste dal l'art. 1, 6° comma, l. 22 aprile 1982 n. 168, in materia di

trasferimento dei fabbricati destinati ad abitazione non di lusso, è sufficiente che l'immobile oggetto dell'acquisto possa essere

destinato ad abitazione, non essendo richiesto dalla norma

che esso sia già adibito a tale funzione al momento dell'ac

quisto (nella specie, è stato ritenuto che l'esistenza, al mo

mento dell'acquisto, della concessione edilizia per ristruttura

zione ad uso abitativo di un locale accatastato come deposito

potesse essere valido motivo per considerare la destinazione

giuridica dell'immobile come quella voluta dalla legge, cioè

come casa di abitazione). (1)

(1) I. - La Corte di cassazione si pronuncia favorevolmente, a quan to consta per la prima volta, sull'applicabilità delle agevolazioni fiscali per l'acquisto della prima casa ad un immobile che, al momento del

l'acquisto, non aveva le caratteristiche per essere una casa di abitazio ne. Secondo la corte, la condizione della destinazione ad abitazione richiesta dall'art. 1, 6° comma, 1. 168/82, può essere integrata da un

«atteggiamento, oggettivo e concreto», dell'acquirente del bene di uti

lizzare, anche in un momento successivo alla data di stipula dell'atto di acquisto, l'immobile come casa di abitazione.

Hanno ritenuto applicabili le agevolazioni in oggetto anche a fabbri cati «non abitabili» al momento dell'acquisto, ma «destinati» a tale

scopo: Comm. trib. centrale 10 giugno 1991, n. 4591, Foro it., Rep. 1991, voce Tributi in genere, n. 919; 1° febbraio 1991, n. 783, ibid., n. 920; 15 settembre 1990, n. 5743, id., Rep. 1990, voce cit-, n. 788; Comm. trib. I grado Monza 19 ottobre 1989, ibid., n. 802; Comm. trib. I grado Treviso 16 settembre 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 679; Comm. trib. II grado Treviso 29 novembre 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 745, ad avviso della quale il fabbricato doveva comunque essere terminato entro il 31 dicembre 1985 (data di cessazione dell'age volazione prevista dal d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, convertito, con modi

ficazioni, dalla 1. 5 aprile 1985 n. 118); Comm. trib. I grado Arezzo 16 ottobre 1985, ibid., n. 749; Comm. trib. I grado Treviso 6 settembre

1985, ibid., n. 752; 18 dicembre 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 651; Comm. trib. I grado Lecce 22 marzo 1984, ibid., voce Registro, n. 272, che ritiene utilizzabile la norma di cui all'art. 8 d.l. 31 ottobre 1980 n. 693 ed il riferimento ivi contenuto ai fabbricati non ultimati.

Contra, Comm. trib. centrale 16 novembre 1993, n. 3157, id., Rep. 1994, voce Tributi in genere, n. 1086; 12 luglio 1993, n. 2302, ibid., n. 1087; Comm. trib. II grado Piacenza 1° luglio 1985, Corriere trib., 1985, 2670, secondo la quale solo dopo l'ultimazione di tutte le struttu re essenziali (soffitti, pavimenti, infissi, scale, ecc.) è possibile accertare la natura di «abitazione non di lusso» suscettibile di essere agevolata. V., anche, Comm. trib. I grado Urbino 20 giugno 1990, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 798, che ritiene che la mancanza del certificato di abitabilità non impedisca il godimento delle agevolazioni sempreché la costruzione «appaia obiettivamente e funzionalmente destinata ad esse re utilizzata come normale abitazione».

In dottrina, nello stesso senso della decisione in epigrafe, A. Fusaro, Recenti sentenze sulle agevolazioni per l'acquisto della casa di abitazio ne, in Dir. e pratica trib., 1994, II, 421 ss.; contra: L. Fratepietro, In tema di applicabilità della l. 168/82 ai fabbricati non ultimati, in Bollettino trib., 1985, 1016, per il quale: «le agevolazioni sono stretta mente legate e subordinate alla esistenza alla data dell'atto, oltre di determinati requisiti soggettivi e temporali, anche all'esistenza di speci fiche caratteristiche (requisiti oggettivi) degli immobili, caratteristiche che verrebbero a mancare nel caso (. . .) gli stessi immobili fossero in costruzione».

II. - Sempre in materia di agevolazioni per l'acquisto della prima casa di abitazione, v., sulla applicabilità anche all'acquisto di un box

pertinenza di una casa di abitazione effettuato successivamente e indi pendentemente dal fatto che il bene principale non avesse goduto del regime agevolativo, Comm. trib. I grado Milano 4 aprile 1995, Foro it., 1995, III, 635; Comm. trib. centrale 9 settembre 1993, n. 2463, id., 1994, III, 213, che ha ritenuto sufficiente ai fini del godimento dell'agevolazione l'acquisto della nuda proprietà e la destinazione con creta ad abitazione del bene; sulla necessità che l'immobile acquistato sia ubicato nel comune di residenza o di svolgimento dell'attività lavo rativa dell'acquirente, v. Cass. 15 febbraio 1992, n. 1896, id., 1992, I, 1772, che ha ritenuto sufficiente, per l'applicazione delle agevolazio

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