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sezione lavoro; sentenza 13 aprile 1993, n. 4360; Pres. Onnis, Est. Evangelista, P.M. Bonaiuto...

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sezione lavoro; sentenza 13 aprile 1993, n. 4360; Pres. Onnis, Est. Evangelista, P.M. Bonaiuto (concl. conf.); Carriero (Avv. Bologna, Talanti) c. Inail (Avv. Napolitano, Pignataro). Cassa Trib. Sondrio 1° dicembre 1990 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 12 (DICEMBRE 1993), pp. 3295/3296-3297/3298 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188577 . Accessed: 28/06/2014 11:08 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 11:08:45 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 13 aprile 1993, n. 4360; Pres. Onnis, Est. Evangelista, P.M. Bonaiuto(concl. conf.); Carriero (Avv. Bologna, Talanti) c. Inail (Avv. Napolitano, Pignataro). Cassa Trib.Sondrio 1° dicembre 1990Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 12 (DICEMBRE 1993), pp. 3295/3296-3297/3298Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188577 .

Accessed: 28/06/2014 11:08

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3295 PARTE PRIMA 3296

nalità o addirittura di arbitrio ma deve essere sorretto da una

causa coerente con i principi fondamentali dell'ordinamento, ed in specie non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale

o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla

dignità umana».

Irrilevanti, nella prospettiva di fondo che dà ragione dell'ac

coglimento del primo motivo di ricorso, sono invece i rilievi

contenuti nel terzo motivo perché riferiti ad una circostanza — quella della mancata comunicazione al datore di lavoro del

dissenso personale delle lavoratrici resistenti — che nessuna in

fluenza poteva avere sul perfezionamento del contratto colletti

vo e sugli effetti che dal contratto collettivo si rifrangono sul

rapporto individuale degli iscritti. In accoglimento del ricorso nei sensi e nei limiti di cui in

motivazione, la sentenza del Tribunale di Matera deve essere

cassata e la causa va rinviata ad altro giudice, che si indica

nel Tribunale di Potenza il quale farà applicazione delle regole

giuridiche enunciate e procederà agli accertamenti di fatto ne

cessari per la decisione.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 13 aprile

1993, n. 4360; Pres. Onnis, Est. Evangelista, P.M. Bonaiu

to (conci, conf.); Carriera (Aw. Bologna, Talanti) c. Inail

(Avv. Napolitano, Pigna taro). Cassa Trib. Sondrio 1° di

cembre 1990.

Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Rendita ai su

perstiti — Coniuge separato — Diritto (Cod. civ., art. 156;

d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni sull'assi

curazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le ma

lattie professionali, art. 85; 1. 10 maggio 1982 n. 251, norme

in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e

le malattie professionali, art. 7).

Il coniuge separato di lavoratore deceduto a seguito di infortu nio sul lavoro ha diritto alla quota di rendita Inail prevista a favore del coniuge superstite, non rilevando né l'addebita

bilità della separazione né la sussistenza di un diritto al man

tenimento. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 20 ottobre 1989

al Pretore di Sondrio, Carriero Vittoria, premesso che era co

niuge superstite di Rinaldi Pasquale, deceduto per infortunio

sul lavoro, e che aveva diritto al trattamento di legge per tale

sua condizione, conveniva in giudizio l'Inail chiedendone la con

danna al pagamento della quota di rendita di cui all'art. 85

d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124.

L'istituto convenuto, costituendosi, resisteva alla domanda e

deduceva, fra l'altro — per quanto in questa sede ancora rileva — che la ricorrente viveva in regime di separazione consensuale

dal defunto marito, senza che la relativa convenzione, come

successivamente omologata, avesse stabilito alcun obbligo di que st'ultimo di provvedere al di lei mantenimento. Difettavano, per

tanto, a suo avviso le condizioni di legge per far luogo all'ero

gazione della richiesta prestazione.

(1) Non si rinvengono precedenti in termini. Nel senso che la rendita Inail non spetta al coniuge divorziato, v.

Cass. 16 maggio 1984, n. 3001, Foro it., Rep. 1984, voce Infortuni sul lavoro, n. 76.

Per riferimenti sulla non incidenza della colpa nella separazione co

niugale ai fini delle pensioni di reversibilità, da ultimo, cfr. Corte cost. 28 luglio 1993, n. 346, id., 1993, I, 2757, con nota di richiami.

In genere sull'addebito nella separazione coniugale, v. Cass. 4 mag gio 1991, n. 4936, ibid., 603, con nota di richiami.

Sul concorso di divorziato e coniuge superstite nella pensione di re

versibilità, v. Cass. 9 dicembre 1992, n. 13041 e 17 luglio 1992, n. 8687, ibid., 790, con nota di E. Quadri, La ripartizione della pensione di reversibilità tra divorziato e coniuge superstite.

li Foro Italiano — 1993.

Il pretore accoglieva la domanda, ma la sua decisione, sul

l'appello dell'Inail, veniva interamente riformata dal Tribunale

di Sondrio con sentenza depositata il 1° dicembre 1990.

Osservavano, in particolare i giudici del gravame che: — il diritto del coniuge superstite alla rendita è subordinato

alla sussistenza di quello al mantenimento ad opera del coniuge cui è occorso l'infortunio mortale, trattandosi di prestazione destinata a risarcire il danno economico che il verificarsi dell'e

vento assicurato può determinare; — in caso di separazione personale, il vigente testo dell'art.

156 c.c. non prevede più la conservazione automatica del diritto

al mantenimento, ma lo subordina, indipendentemente dalla man

canza di addebitabilità della separazione stessa al coniuge che

tale diritto vanti, alla dimostrazione, da parte di questi, della

mancanza di adeguati redditi propri; — nel caso di specie, per espressa volontà dei coniugi, la se

parazione consensuale era stata concordata senza porre alcun

obbligo di mantenimento a carico del marito, con la conseguen za che la successiva morte di questo non aveva determinato al

cun danno economico alla moglie, onde difettavano le suddette

condizioni di legge per l'erogazione della rivendicata quota del

la rendita.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre la Carriero sulla

base di due mezzi di annullamento. Resiste l'Inail con contro

ricorso.

Motivi della decisione. — Col primo motivo, la ricorrente, denunciando violazione dell'art. 85 d.p.r. 30 giugno 1965 n.

1124, osserva che le prestazioni erogate dall'Inail in forza di

questa norma hanno natura risarcitoria e indennitaria, non assi

stenziale o alimentare, sicché il diritto a fruirne prescinde da

quello al mantenimento a carico dell'infortunato, come è reso

palese dalla lettera della norma medesima, la quale, per quanto

riguarda il trattamento riservato al coniuge superstite, non fa

alcuna menzione di un siffatto requisito legittimante, limitan

dosi a richiedere la sussistenza di un rapporto di coniugio all'at

to del verificarsi dell'evento ed a prevedere l'erogazione della

rendita fino alla morte del beneficiario o al passaggio a nuove

nozze.

Col secondo motivo, si denuncia, in subordine, contradditto

rietà di motivazione, osservandosi che il coniuge consensual

mente separato conserva il diritto al mantenimento quando al

riguardo non vi sia espressa rinuncia, la quale, peraltro, anche

se presente è sempre suscettibile di revisione per fatti sopravve nuti: onde il tribunale erroneamente avrebbe negato la sussi

stenza, nella specie, di tale diritto, argomentando dalla sola cir

costanza che i coniugi non ne avevano disciplinato le modalità

di attuazione.

Il primo motivo di ricorso è fondato. L'art. 85 d.p.r. n. 1124

del 1965 prevede prestazioni assicurative in favore dei superstiti

dell'infortunato, determinandone i presupposti di carattere ge nerale (infortunio sul lavoro che abbia avuto come conseguenza la morte dell'assicurato) e di carattere specifico (determinati vin

coli di parentela o di coniugio e particolari requisiti), nonché

i soggetti ai quali competono le relative aliquote e, per taluni

di essi, i limiti e le condizioni per poterne fruire.

Fra questi superstiti è annoverato il coniuge, cui viene attri

buita una quota del cinquanta per cento della rendita (calcolata con le modalità richiamate dal 1° comma della norma) «fino

alla morte o a nuovo matrimonio».

Oltre alla sussistenza di un rapporto di coniugio al momento

dell'evento assicurato, si richiede, dunque, soltanto, per la frui

zione vitalizia della prestazione, la permanenza della condizione

vedovile, senza alcun'altra condizione.

In particolare, con riguardo al coniuge superstite, la norma

non fa menzione di requisiti che dimostrino una situazione di

economica dipendenza di tale beneficiario dall'assicurato dece

duto. E che non si tratti di una lacuna colmabile in via interpre

tativa, argomentando dalla natura della prestazione, è reso pa lese dalla circostanza che, nel contesto della medesima norma,

quando si è voluto subordinare l'erogazione del trattamento as

sicurativo ad una situazione del genere, lo si è fatto in modo

espresso. Ciò dicasi per il caso dei figli ultradiciottenni (art. 85, 1°

comma, n. 2), i quali — a differenza di quelli minori — sono ammessi alla fruizione della rendita, fino al compimento del

ventunesimo (se studenti di scuola media o professionale) o del

ventiseiesimo anno (se studenti universitari), solo qualora siano

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

a carico del lavoratore infortunato al momento del decesso e

non prestino lavoro retribuito; per quello degli ascendenti, ugual mente soggetti al requisito della «vivenza a carico» dell'assicu

rato; per quello dei collaterali, che devono possedere non solo

tale requisito, ma anche quello della convivenza con l'assicura

to medesimo.

Il legislatore, dunque nel dettare con l'art. 7 1. 10 maggio 1982 n. 251 il nuovo testo dell'art. 85 d.p.r. n. 1224 del 1965,

ha, nell'esercizio di un discrezionale apprezzamento, presuppo sto un nucleo familiare ristretto — composto dall'assicurato, dal coniuge e dai figli minori — rispetto al quale ha apprestato una tutela privilegiata ed ha, in tal guisa, distinto fra le varie

categorie di soggetti ammessi, in concorso fra loro o gli uni

in mancanza degli altri, alla fruizione della rendita da infortu

nio mortale, presumendo iuris et de iure solo rispetto ai suddet

ti componenti che il venir meno dell'assicurato determini una

condizione di minorata capacità economica cui dover porre ri

medio per prevenire, nell'osservanza di specifico precetto costi

tuzionale (art. 38), ulteriori disagi; mentre, con riguardo a sog

getti estranei al cosi presupposto nucleo familiare minimo, an

corché ad esso collegati da particolari rapporti di parentela, ha

richiesto la specifica dimostrazione della concreta rilevanza eco

nomica di tali rapporti per i superstiti interessati, ritenendola

fornita quando risulti che questi ultimi «s trovino senza mezzi

di sussistenza autonomi sufficienti e al mentenimento di essi

concorreva in modo efficiente il defunto» (art. 106 d.p.r. n.

1124 del 1965). In questo contesto, risulta giuridicamente irrilevante, ai fini

del riconoscimento del diritto alla quota di rendita in capo al

coniuge superstite, la pregressa condizione di separazione per sonale e diviene ultronea ogni indagine circa le conseguenze eco

nomiche ricollegabili alla medesima condizione: ed invero, sia

che si tratti di separazione giudiziale pronunciata con addebito

al suddetto coniuge e, quindi, per quanto riguarda i rapporti

patrimoniali, con gli effetti di cui all'art. 156 c.c. nel testo no

vellato dalla 1. 19 maggio 1975 n. 151, sia che si tratti, come

nel caso di specie, di separazione consensuale che nulla dispon

ga in ordine a tali rapporti, sussistono, comunque, i requisiti minimi posti, ai fini di cui sopra, dalla norma esaminata e non

è superabile, per la natura assoluta, la presunzione di pregiudi zio che il legislatore ricollega all'intervenuta cessazione, a causa

dell'evento letale assicurato, di un vincolo coniugale che, sebbe

ne in una fase patologica del suo svolgimento, è, nondimeno, ancora in atto al momento di tale evento.

Del resto, che siffatta irrilevanza dello stato di separazione

risponda ad una precisa scelta del legislatore è reso palese dalla

circostanza che mentre l'originario testo dell'art. 85 d.p.r. n.

1124 del 1965 espressamente prevedeva (3° comma del n. 1) che «nessun diritto spetta al coniuge superstite se sussista sen

tenza di separazione personale passata in giudicato e pronuncia ta per colpa di lui o di entrembi i coniugi», nel testo risultante

dalla novella del 1982 è appunto scomparso qualsiasi riferimen

to alla separazione. Né può dirsi che questa modificazione abbia avuto il solo

scopo di armonizzare la disposizione in esame con la riforma

del diritto di famiglia intervenuta nel frattempo (1. n. 151 del

1975, cit.) e caratterizzata dalla sostituzione dell'istituto della

separazione per colpa con quello della addebitabilità. Invero,

per un fine cosi limitato, essa risulterebbe, da un lato, del tutto

superflua e, dall'altro lato, incongrua. Superflua perché vi è

sostanziale equipollenza della colpa e dell'addebito — entrambi

ugualmente sintomatici di un più pronunciato allentamento del

vincolo matrimoniale con disaffezione ed estraneità alla vita ed

all'attività lavorativa del coniuge deceduto — sia sul piano dei

rapporti patrimoniali fra i coniugi (implicando l'una e l'altro l'effetto di privare il coniuge responsabile del diritto al mante

nimento: v. Corte cost. n. 14 del 1980, Foro it., 1980, I, 566),

sia sotto il profilo previdenziale (ai fini dell'esclusione di quelle prestazioni che la previgente normativa negava in presenza della

colpa (v. Corte cost. n. 286 del 1987, id., 1988, I, 3516). Incon

grua perché sarebbe stata sufficiente la sostituzione del riferi

mento alla colpa con quello all'addebito, laddove la soppressio ne dell'intero comma concernente l'ipotesi di separazione per

sonale dimostra che il legislatore del 1982 ha inteso provvedere

non nel senso di attribuire rilevanza preclusiva della prestazione

assicurativa in favore del coniuge superstite ad un determinato

tipo di separazione, ma nel senso di escludere che la crisi del

li Foro Italiano — 1993.

vincolo coniugale non ancora sciolto, indipendentemente dagli

specifici effetti giuridici in cui si traduce, possa avere qualche influenza ai fini del trattamento del detto superstite.

In buona sostanza, se nel previgente testo dell'art. 85 d.p.r. n. 1124 del 1965, stante il riferimento alla separazione per colpa come situazione preclusiva del diritto alla quota di rendita, po teva ravvisarsi la ratio di tale preclusione nella presupposta ido

neità della colpa medesima ad elidere l'obbligo di mantenimen

to da parte dell'altro coniuge, cosi da far escludere che la morte

di questi potesse riverberarsi in danno del superstite, l'avvenuta

soppressione non già di questo solo riferimento — al limitato

fine di una sua sostituzione con altro all'istituto dell'addebito

—, ma anche di quello alla stessa separazione personale, è oggi

espressione di una diversa ratio, che implica il riconoscimento

di un valore — suscettibile di indennizzo, in caso di sua com

promissione definitiva — nel fatto stesso della parmanenza del

vincolo coniugale, ancorché particolarmente attenuato per la sua

attuale condizione patologica. Quel vincolo, cioè, esprime un

valore in se e per se, a prescindere dalla concreta sussistenza

di una situazione di dipendenza economica di un coniuge dal

l'altro ed in considerazione delle utilità, morali e materiali, an

che soltanto potenziali, che da esso lo stesso coniuge cui sia

addebitabile la responsabilità della suddetta condizione ha, ri

correndone i presupposti, ancora diritto di trarre: basti, a tacer

d'altro, considerare la possibilità della riconciliazione, il con

corso nell'adempimento degli obblighi verso la prole, l'operati vità dell'obbligo di alimenti.

Di qui l'ultroneità di ogni indagine diretta ad accertare se

il coniuge superstite avesse o non, al momento dell'infortunio

di cui trattasi, diritto al mantenimento da parte del coniuge de

ceduto.

La cancellazione del riferimento all'istituto della separazione in sé considerato è poi, a fortiori da intendere nel senso espo

sto, se confrontata con altre disposizioni che, nell'ambito del

l'assicurazione antinfortunistica, attribuiscono rilievo al rapporto di coniugio, senza che da questo solo fatto discenda una rile

vanza di segno opposto degli effetti della sua crisi, perché la

discrezionale valutazione del legislatore circa la idoneità di tale

condizione patologica a porsi come possibile causa del venir

meno delle condizioni che giustificano l'erogazione della presta

zione, è stata, se sussistente in tale sua valenza, fatta oggetto di espressa menzione.

Ciò dicasi con riguardo alla 1. 5 maggio 1976 n. 248 (istituti va dello speciale assegno continuativo mensile in favore dei su

perstiti di soggetti titolari di rendita per inabilità permanente non inferiore all'80%, liquidata ai sensi del d.p.r. n. 1124 del

1965, e deceduti per cause non dipendenti dall'infortunio o dal

la malattia professionale) la quale, pur avendo stabilito la devo

luzione di una quota della detta speciale prestazione in favore

della vedova fino alla morte o a nuovo matrimonio (art. 1), non si è a tanto limitata, ma ha espressamente previsto (art.

5) che «l'assegno non spetta al coniuge separato con sentenza

passata in giudicato o divorziato, a meno che la sentenza di

separazione o di divorzio non ponga l'obbligo del mantenimen

to o soltanto quello di prestare gli alimenti a carico dell'altro

coniuge». In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con cassazione

dell'impugnata sentenza e rinvio della causa ad altro giudice

equiordinato, che si designa nel Tribunale di Lecco, il quale si atterrà al seguente principio di diritto:

«Ai sensi dell'art. 85 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 — conte

nente il testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbli

gatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali

—, come sostituito dall'art. 7, 1° comma, 1. 10 maggio 1982

n. 251, se l'infortunio ha come conseguenza la morte, il coniu

ge superstite del lavoratore deceduto ha diritto all'ivi prevista

quota di rendita, anche se legalmente separato al momento del

l'infortunio medesimo e senza che, ai fini del riconoscimento

di tale diritto, rilevino, in senso preclusivo, l'eventuale addebito

al detto superstite della separazione giudiziale o, comunque, la

mancata pattuizione ovvero l'inesistenza, aliunde derivante, di

un diritto del medesimo al mantenimento da parte dell'altro

coniuge».

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