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sezione lavoro; sentenza 13 dicembre 1996, n. 11134; Pres. Pontradolfi, Est. Amirante, P.M. De...

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sezione lavoro; sentenza 13 dicembre 1996, n. 11134; Pres. Pontradolfi, Est. Amirante, P.M. De Gregorio (concl. conf.); Ispettorato prov. lavoro Lecce c. De Salve. Conferma Pret. Lecce 9 gennaio 1993 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 5 (MAGGIO 1997), pp. 1517/1518-1519/1520 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191208 . Accessed: 28/06/2014 13:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.197 on Sat, 28 Jun 2014 13:41:35 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione lavoro; sentenza 13 dicembre 1996, n. 11134; Pres. Pontradolfi, Est. Amirante, P.M. De Gregorio (concl. conf.); Ispettorato prov. lavoro Lecce c. De Salve. Conferma Pret. Lecce

sezione lavoro; sentenza 13 dicembre 1996, n. 11134; Pres. Pontradolfi, Est. Amirante, P.M. DeGregorio (concl. conf.); Ispettorato prov. lavoro Lecce c. De Salve. Conferma Pret. Lecce 9gennaio 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 5 (MAGGIO 1997), pp. 1517/1518-1519/1520Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191208 .

Accessed: 28/06/2014 13:41

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

altri rapporti di lavoro pubblico, sempreché non siano devoluti

dalla legge ad altro giudice». Tale norma dunque non instaura

una giurisdizione ordinaria sussidiaria, ma determina una giuri

sdizione alternativa relativamente a quei casi marginali di pub blico impiego, non devoluti ad altro giudice. Nel caso in esame,

invece, si tratta di un rapporto di impiego con il comune di

Sanremo (rapporto regolato non dalle disposizioni di legge rela

tive agli impiegati degli enti locali ma dal contratto collettivo

del settore), comunque rientrante nella giurisdizione esclusiva

del giudice amministrativo.

In questo senso va dunque superato il conflitto negativo di

giurisdizione verificatosi nel caso in esame.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 13 dicem

bre 1996, n. 11134; Pres. Pontradolfi, Est. Amirante, P.M.

De Gregorio (conci, conf.); Ispettorato prov. lavoro Lecce

c. De Salve. Conferma Pret. Lecce 9 gennaio 1993.

Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — As

sunzione di lavoratori senza il prescritto nulla-osta — Sanzio

ni amministrative — Cumulo giuridico — Inapplicabilità (L.

24 novembre 1981 11. 689, modifiche al sistema penale, art.

8; 1. 28 febbraio 1987 n. 56, norme sull'organizzazione del

mercato del lavoro, art. 27).

L'art. 27, 2° comma, l. 28 febbraio 1987 n 56, nel prevedere,

per il caso di assunzione di lavoratori senza il nulla-osta del

l'ufficio di collocamento, una sanzione amministrativa com

misurata al numero dei lavoratori assunti irregolarmente, esclu

de che, anche quando l'assunzione di una pluralità di dipen

denti sia avvenuta in un unico contesto, possa essere applicato

il cumulo giuridico delle sanzioni contemplato dall'art. 8 l.

689/81. (1)

(1) In giurisprudenza è ormai consolidato il principio secondo cui

l'istituto della continuazione (di cui all'art. 8 1. n. 689 del 1981) non

trova applicazione nei confronti delle sanzioni amministrative, con l'ec

cezione delle violazioni in materia di previdenza ed assistenza obbliga torie (2° comma dell'art. 8 1. n. 689 del 1981, aggiunto dall'art. 1 sexies

d.l. 2 dicembre 1985 n. 688, convertito in 1. 31 gennaio 1986 n. 11) e delle violazioni finanziarie (art. 39 1. n. 689 del 1981, che ha conserva

to la regola prevista dall'art. 8 1. 7 gennaio 1929 n. 4): cfr. Cass. 8

novembre 1994, n. 9270, Foro it., Rep. 1994, voce Lavoro (collocamen

to), n. 83, e 1° febbraio 1995, n. 1117, id., 1995, I, 3180.

Secondo Cass. 17 marzo 1994, n. 2573, id., Rep. 1994, voce Sanzioni

amministrative e depenalizzazione, n. 44, nel caso di più violazioni del

la medesima disposizione compiute attraverso una pluralità di azioni

od omissioni, ossia di concorso materiale di illeciti, deve ritenersi ino

perante la disciplina sanzionatoria prevista dall'art. 8, 1° comma, 1.

n. 689 del 1981, in quanto questa concerne il diverso caso di concorso

formale di illeciti (ossia di pluralità di violazioni compiute con un'unica

condotta). L'unicità della condotta, ai fini dell'art. 8, 1° comma, non

deve però intendersi come unicità dell'azione o dell'omissione in senso

naturalistico: si ha un'azione, nel senso indicato nella norma, quando si realizzano i presupposti minimi che integrano l'illecito amministrati

vo. Così, Cass. 1° aprile 1994, n. 3228, ibid., n. 42; in termini analo

ghi, Cass. 23 aprile 1994, n. 3936, ibid., n. 45. Anche secondo Cass.

5 luglio 1995, n. 7408, id., Rep. 1995, voce cit., n. 40, con riferimento

a distinte violazioni del divieto di sosta commesse in tempi diversi, l'u

nificazione, ai fini della sanzione, di più violazioni di diverse disposi

zioni o della stessa disposizione, non opera nel caso in cui queste siano

realizzate mediante condotte distinte, ma soltanto con un'unica azione

od omissione. Il 2° comma dell'art. 8 1. n. 689 del 1981 estende la disciplina sanzio

natoria prevista per il concorso formale al diverso caso in cui la viola

zione delle disposizioni derivi da più azioni od omissioni esecutive di

un medesimo disegno criminoso, limitatamente a questioni in materia

di previdenza ed assistenza obbligatorie. Sotto questo profilo l'art. 8

1. 689/81 a taluni è sembrato in contrasto col principio costituzionale

di uguaglianza nella parte in cui prevede il cumulo giuridico della san

zione solo per le violazioni di norme in materia previdenziale ed assi

stenziale. Corte cost., ord. 19 gennaio 1995, n. 23, id., Rep. 1995, voce

Il Foro Italiano — 1997.

Svolgimento del processo. — Maria Italia De Salve propone va opposizione davanti al Pretore di Lecce - sezione distaccata

di Casarano, avverso l'ordinanza n. 1161/91 del capo dell'ispet torato del lavoro di quella città, con la quale le era stato in

giunto di pagare la somma di lire 2.265.800 per aver assunto

tre lavoratori agricoli, senza il prescritto preventivo nulla-osta

dell'ufficio competente per il collocamento.

L'opponente deduceva che i tre lavoratori, dopo un generico

invito, loro rivolto, a recarsi nel suo fondo in un giorno da

stabilire, avevano cominciato il lavoro senza avvertirla, metten

dola così in condizioni tali da non poter adempiere l'obbligo della richiesta preventiva del nulla osta. In subordine, l'oppo nente chiedeva la riduzione della sanzione, anche in applicazio ne dell'art. 8 1. 24 novembre 1981 n. 689.

Il pretore, in accoglimento dell'ultima richiesta subordinata,

riduceva la sanzione a lire settecentomila.

Contro tale sentenza, l'ispettorato provinciale del lavoro di

Lecce, con il patrocinio dell'avvocatura generale dello Stato,

ha proposto ricorso, con unico, articolato motivo; la Di Salve

non ha svolto difese in questa sede.

Motivi della decisione. — Occorre premettere che non ha ri

lievo, ai fini della ammissibilità al ricorso, la circostanza che

l'ispettorato del lavoro suindicato, dopo aver affermato che la

sentenza era ingiusta e andava cassata e dopo l'esposizione dei

motivi, ha concluso per il rigetto del ricorso. Infatti, l'atto deve

cit-, n. 38, ha invece dichiarato (come già Corte cost., ord. 27 luglio

1989, n. 468, id., 1990, I, 1423) la manifesta inammissibilità della que stione di legittimità costituzionale, in quanto con essa si richiederebbe

alla corte una pronuncia additiva, che inciderebbe su uno spazio riser

vato alla discrezionalità del legislatore. Nel caso di più violazioni amministrative commesse con azioni distin

te non potrebbe applicarsi neppure in via analogica quanto previsto dall'art. 81 c.p. in materia di reato continuato: infatti l'art. 8, 2° com

ma, 1. 689/81 prevede una disciplina affine a quella penale solo per alcune ipotesi particolari di illeciti amministrativi, escludendo implicita mente che essa possa applicarsi in via generale: cfr. Cass. 18 aprile

1994, n. 3693, id., Rep. 1994, voce cit., n. 43. In secondo luogo, il

presupposto perché si configuri la continuazione è dato dalla «esistenza

di un medesimo disegno criminoso, per il cui accertamento si richiede

una indagine psicologica, irrilevante invece per l'illecito amministrati

vo»: cosi Corte cost., ord. 19 novembre 1987, n. 421, id., 1988, I, 3157.

La regola sancita dall'art. 8 1. n. 689 del 1981 ha natura suppletiva; si applica cioè solo in mancanza di una diversa specifica disciplina di

legge. Sulla portata di tale norma, cfr. Cass. 1° febbraio 1995, n. 1117,

id., 1995, I, 3180, che, richiamando l'art. 20 1. 24 marzo 1989 n. 122, ha escluso l'applicabilità della disciplina della continuazione nel caso

di più violazioni alla disciplina del traffico nelle aree pedonali urbane.

Anche secondo Cass. 22 giugno 1995, n. 7042, id., Rep. 1995, voce

Circolazione stradale, n. 179, in tale ipotesi si applica sempre il cumulo

materiale delle sanzioni. Secondo un recente indirizzo giurisprudenziale (Cass. 8 novembre 1994,

n. 9270, id., Rep. 1994, voce Sanzioni amministrative e depenalizzazio ne, n. 41) l'art. 8 1. 689/81 non è però applicabile ogni qualvolta la

legge commini una sanzione proporzionale. La sentenza in epigrafe è

conforme a tale orientamento. Nel caso di specie (assunzione di lavora

tori agricoli senza il tramite dell'ufficio di collocamento), l'art. 27 1.

28 febbraio 1987 n. 56, prevede una sanzione pecuniaria da lire 500.000

a lire 3.000.000 per ogni lavoratore assunto. L'assunzione di più lavo

ratori, effettuata in un unico contesto temporale, integra un'unica azio

ne, ma questo aspetto non sarebbe decisivo secondo la sentenza odier

na, che preferisce richiamare una giurisprudenza penalistica sulle san

zioni proporzionali (Cass., sez. un., 7 febbraio 1981, Viola, id., 1981,

II, 297). Tale giurisprudenza aveva escluso l'applicazione dell'art. 81

c.p. nel caso di più violazioni a norme penali sanzionate con pene pro

porzionali, quando la proporzionalità non sia in funzione del valore

economico dell'oggetto materiale dell'illecito o del danno cagionato dalla

condotta, bensì risulti correlata alla «struttura pluralistica del precetto, il quale in realtà riguarda una pluralità di violazioni della norma». In

questa seconda ipotesi la sanzione può essere solo impropriamente defi

nita come proporzionale: in realtà la previsione sanzionatoria contem

pla già la possibilità di una pluralità di violazioni, esaurendone la disci

plina. Pertanto, in questa ipotesi, che si riscontrerebbe anche rispetto all'art. 27 1. 56/87 (in tema di assunzioni avvenute in violazione delle

procedure di legge), non può essere invocata né la disciplina del cumulo

giuridico prevista (per i reati) dall'art. 81 c.p., né la disciplina della

continuazione prevista per gli illeciti amministrativi dall'art. 8, 2° com

ma 1. 689/81. In generale, sull'interpretazione dell'art. 8 1. 689/81 si rinvia a Fer

razzi, Sanzioni amministrative - Rassegna di giurisprudenza della Cas

sazione: illecito amministrativo, procedimento, sanzioni accessorie (an ni 1994-1996), id., 1996, I, 2787 ss.

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1519 PARTE PRIMA 1520

essere interpretato nel suo complesso, tenendo conto anche del

la parte motiva, alla luce della quale la finale richiesta di rigetto del proposto ricorso deve ritenersi frutto di un mero, ininfluen

te errore materiale, tanto più che l'esposizione del motivo, co

me si è detto, è preceduta dall'affermazione che la sentenza

è ingiusta ed erronea e come tale da cassare.

Con l'unico motivo del ricorso, si denuncia violazione degli art. 2, 27 e 28 1. 56/87 e falsa applicazione dell'art. 8 1. 689/81

nonché omessa motivazione in relazione all'art. 360, nn. 3 e

5, c.p.c. e si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto

applicabile alla fattispecie l'art. 8 cit.

Il ricorrente premette che l'art. 27, 2° comma, 1. 56/87 stabi

lisce che «i datori di lavoro che non assumono i lavoratori per il tramite degli uffici di collocamento sono soggetti al pagamen to della sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire

tremilioni per ogni lavoratore assunto» e deduce, in primo luo

go, che «l'assunzione di più lavoratori non per il tramite del

l'ufficio di collocamento, quantunque effettuata con unica azione, non dà vita ad una pluralità di illeciti, e quindi ad un concorso, bensì ad una violazione unica con sanzione commisurata alle

unità dei lavoratori assunti direttamente in violazione di legge».

Inoltre, il ricorrente sostiene, anche alla luce dell'ordinanza

della Corte costituzionale 11 novembre 1987, n. 421 (Foro it.,

1988, I, 3157), che l'art. 8 1. 689/81 si riferisce solo al concorso

formale di illeciti amministrativi, realizzati cioè con una sola

azione od omissione ed afferma che nel caso in questione si

configura una pluralità di omissioni, compiute in tempi diversi, tra di loro autonome che danno luogo ad una pluralità di illeciti.

Il ricorrente afferma, infine, che in materia di illeciti ammini

strativi il principio del cumulo materiale delle sanzioni è di ge nerale applicazione, mentre è eccezionale quello del cumulo giu ridico. Ciò è dimostrato anche dal fatto che soltanto con l'art.

I sexies d.l. 2 dicembre 1985 n. 688, convertito con modifiche

con 1. 31 gennaio 1986 n. 11, norma dichiarata costituzional

mente legittima (Corte cost., ord. 19 luglio 1989, n. 468, id., 1990, I, 1423), l'istituto della continuazione è stato introdotto

limitatamente alle violazioni di leggi in materia di previdenza e assistenza obbligatorie.

Il ricorso è fondato. Occorre premettere che l'assunzione dei

tre lavoratori in questione è avvenuta in unico contesto temporale. Ciò si ricava dall'esposizione in fatto contenuta nella senten

za impugnata, non specificamente contestata dal ricorrente. Que sti, infatti, tende a dimostrare la validità della propria tesi sul

l'inapplicabilità del cumulo sia nell'ipotesi che trattasi di unica azione relativa a più lavoratori, sia in quella di assunzioni avve

nute in tempi diversi, ma non censura la sentenza impugnata

per aver ritenuto contestuale l'assunzione dei tre lavoratori da

parte della Di Salve.

Sulla base di tali premesse si deve ritenere non direttamente

pertinente alla controversia in esame quell'orientamento giuris

prudenziale che nega l'applicabilità della continuazione ed af ferma quella del cumulo materiale in caso di più violazioni del la medesima noma compiute in tempi diversi, in materia diver sa dalla previdenza ed assistenza obbligatorie (v., proprio in materia di assunzione di lavoratori senza il prescritto nulla-osta, 29 marzo 1993, n. 3749, id., Rep. 1993, voce Lavoro (colloca mento), n. 29; 12 dicembre 1995, n. 12712, id., Rep. 1995, voce

cit., n. 20). Si deve, invece, fare applicazione del principio affermato da

questa corte in una causa sul punto identica alla presente (as sunzione contestuale di più lavoratori non per il tramite dell'uf ficio di collocamento), secondo il quale, in tema di infrazioni

amministrative, l'art. 8 1. 24 novembre 1981 n. 689 non è appli cabile quando l'entità della sanzione è correlata al numero delle violazioni commesse» (Cass. 8 novembre 1994, n. 9270, id., Rep. 1994, voce Sanzioni amministrative e depenalizzazione, n. 41, e, sostanzialmente nello stesso senso, Cass. 27 febbraio 1996, n. 1502, id., Mass., 155).

Tale ultimo indirizzo giurisprudenziale tiene conto di quanto autorevolmente affermato in sede penale (Cass., sez. un., 8 giu gno 1981, Viola, 1981, II, 297), e considera che, nel caso previ sto dall'art. 27 1. 56/87, la proporzionalità della sanzione «è correlata alla struttura pluralistica del precetto».

L'applicazione del principio enunciato, che il collegio condi

vide, comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rin vio ad altro giudice di pari grado, che si designa nel Pretore di Taranto.

II Foro Italiano — 1997.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 6 dicem

bre 1996, n. 10893; Pres. Borruso, Est. Di Palma, P.M. Lo

Cascio (conci, conf.); Tomassini (Avv. Capurro) c. Comune

di Varese. Cassa senza rinvio Pret. Varese 18 gennaio 1992.

Sanzioni amministrative e depenalizzazione — Pubblica sicurez za — Cessione di immobile — Comunicazione all'autorità di

pubblica sicurezza — Ritardo — Onere della prova (D.l. 21

marzo 1978 n. 59, norme penali e processuali per la preven zione e la repressione di gravi reati, art. 12; 1. 18 maggio 1978 n. 191, conversione in legge, con modificazioni, del d.l.

21 marzo 1978 n. 59, art. unico; 1. 24 novembre 1981 n. 689, modifiche al sistema penale, art. 13).

Pubblica sicurezza — Cessione di immobile a stretto congiunto — Comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza — Omes sa indicazione degli estremi del documento d'identità — Ille

cito amministrativo — Esclusione — Fattispecie (D.l. 21 mar

zo 1978 n. 59, art. 12; 1. 18 maggio 1978 n. 191, art. unico; 1. 24 novembre 1981 n. 689, art. 3).

Sanzioni amministrative e depenalizzazione — Opposizione

all'ordinanza-ingiunzione — Domanda riconvenzionale dell'op

ponente — Inammissibilità (L. 24 novembre 1981 n. 689, art.

22, 23).

Nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa irrogata al proprietario di un immobile per avere comunicato all'auto rità di pubblica sicurezza la cessione a terzi della proprietà o del godimento del bene oltre il termine di quarantotto ore

previsto dall'art. 12 d.l. 59/78, convertito nella I. 191/78, in

combe sull'autorità amministrativa che ha emesso il provve dimento opposto l'onere probatorio circa la intempestività della

suddetta comunicazione. (1) Non integra l'illecito amministrativo previsto dall'art. 12, 1°

e 4° comma, d.l. 59/78 (convertito nella l. 191/78), per difet to dell'elemento soggettivo, la condotta del soggetto che, ce

duta la disponibilità di un proprio immobile alla madre a ti tolo precario e gratuito, abbia tempestivamente comunicato

all'autorità locale di pubblica sicurezza la cessione, l'esatta

ubicazione dell'immobile e le generalità della madre medesi

ma, omettendo peraltro di indicare gli estremi del documento di identità o di riconoscimento di quest'ultima, nel convinci

mento che, in ragione dello strettissimo rapporto di parente la, tale ulteriore specificazione non fosse richiesta. (2)

(1-2) I. - La pronunzia fa applicazione, con riferimento al caso speci fico, di due principi di carattere generale già ripetutamente enunciati in tema di giudizio di opposizione all'ordinanza-ingiunzione ex art. 22 ss. 1. 689/81; e cioè:

a) del principio secondo cui l'amministrazione irrogante, per quanto attiene all'onere probatorio, assume la veste sostanziale di attore (come confermato, tra l'altro, dalle prescrizioni del 2° e del 12° comma del l'art. 23 1. 689/81), sicché spetta ad essa fornire la dimostrazione dei presupposti di fatto e di diritto per l'applicazione della sanzione. Cfr., da ultimo: Corte cost. 18 dicembre 1995, n. 507, Foro it., 1996, I, 394; Pret. Salerno-Eboli 31 gennaio 1995, ibid., 1750, con nota di ri chiami di G. Costantino, e Cass. 27 febbraio 1996, n. 1531, id., Mass., 159;

b) dell'altro principio, altrettanto consolidato, secondo cui la confi gurabilità dell'illecito amministrativo presuppone sempre, analogamen te a quanto richiesto dal codice penale per le contravvenzioni, la sussi stenza di una condotta almeno colposa. Nel senso che anche la prova dell'elemento soggettivo dell'illecito grava sull'amministrazione irrogante, cfr. Cass. 23 aprile 1992, n. 4900, id., 1992, I, 1372, con nota di richia mi. La giurisprudenza sottolinea, peraltro, che l'errore sul fatto costi tuente illecito amministrativo esclude la responsabilità dell'agente solo quando esso risulti incolpevole (cfr. Cass. 20 marzo 1990, n. 2326, recte n. 2323, id., 1990, I, 3209); e, quanto in particolare all'errore sulla liceità del fatto (la c.d. buona fede), che esso può rilevare come causa di esclusione della responsabilità — al pari di quanto avviene per la responsabilità penale in materia di contravvenzioni — solo quando ri sulti non superabile con l'uso dell'ordinaria diligenza: v., da ultimo, oltre a Cass. 4 luglio 1992, n. 8180, id., Rep. 1992, voce Sanzioni am ministrative e depenalizzazione, n. 8 (annotata da A. Verrando, Rile vanza dell'elemento psicologico nell'illecito depenalizzato-amministrativo, in Resp. civ., 1993, 975), e 18 aprile 1994, n. 3693, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 32, richiamate in motivazione; Cass. 21 febbraio 1995, n. 1873, ibid., n. 34, e 2 febbraio 1996, n. 911, id., Mass., 87 (ove si precisa che l'accertamento della scusabilità dell'errore rientra «nei poteri del giudice di merito, salvo il controllo in sede di legittimità sotto l'aspetto del vizio logico o giuridico di motivazione»).

Per una rassegna della giurisprudenza sui principi generali in mate

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