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sezione lavoro; sentenza 13 febbraio 1985, n. 1250; Pres. Brancaccio, Est. Ravagnani, P. M. Gazzara...

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sezione lavoro; sentenza 13 febbraio 1985, n. 1250; Pres. Brancaccio, Est. Ravagnani, P. M. Gazzara (concl. conf.); Scaroni (Avv. Felice, Innamorati) c. Soc. Paidosan (Avv. Scassellati Sforzolini). Conferma Trib. Perugia 2 giugno 1980 Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 5 (MAGGIO 1985), pp. 1341/1342-1343/1344 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177880 . Accessed: 28/06/2014 12:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.37 on Sat, 28 Jun 2014 12:28:29 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 13 febbraio 1985, n. 1250; Pres. Brancaccio, Est. Ravagnani, P. M.Gazzara (concl. conf.); Scaroni (Avv. Felice, Innamorati) c. Soc. Paidosan (Avv. ScassellatiSforzolini). Conferma Trib. Perugia 2 giugno 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 5 (MAGGIO 1985), pp. 1341/1342-1343/1344Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177880 .

Accessed: 28/06/2014 12:28

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mento dei benefici di cui al citato art. 15 la sola dimostrazione

dell'iscrizione negli elenchi come tali, senza requisiti contributivi né minimo di giornate.

Il ricorso è infondato. La Salzano confonde due concetti

giuridici diversi: la costituzione del rapporto assicurativo e la

quantità contributiva o l'anzianità assicurativa. In base all'art. 4 1. 11 gennaio 1943 n. 138 erano assicurati con

i'Ijn.a.m. i lavoratori dipendenti da aziende industriali e artigiana li, i lavoratori del commercio, i lavoratori del credito e delle assicurazioni e i lavoratoli agricoli.

Ma mentre per gli altri settori la qualifica di lavoratore

dipendente, presupposto della costituzione -del rapporto assicurati

vo, veniva assunta nel momento stesso della costituzione del

rapporto di lavoro subordinato, la qualifica di lavoratore agri colo veniva attribuita a quei dipendenti che dedicavano ai la

vori agricoli più di 51 giornate all'anno (art. 3 d.l. 9 aprile 1946 n. 212).

Questa diversità di trattamento era giustificata dal fatto che, a

differenza, di quel che avviene nel settore industriale, nel quale i

rapporti fra datori di lavoro e lavoratori sono relativamente continui e stabili, l'attività dei lavoratori in agricoltura è, per lo

più, discontinua, legata a pluralità di rapporti con datori di

lavoro diversi e tale da rendere difficile la costituzione della

posizione assicurativa di ogni singolo lavoratore.

In sostanza, mentre nei confronti dei dipendenti di altri settori

era relativamente agevole stabilire la durata del rischio assicura

tivo, che riguardava l'assistenza per tutti gli episodi morbosi

verificatisi durante il rapporto di lavoro e nei 60 giorni successivi alla sua cessazione, nei confronti dei braccianti agricoli, chiamati

a prestazioni giornaliere sporadiche presso le varie aziende, era

estramemente arduo applicare il regime sopra descritto.

Di qui la neoessità di stabilire un periodo minimo di esercizio

di attività lavorativa agricola per assumere la qualifica di brac

ciante assicurato contro le malattie.

È vero, dunque, che l'operaio dell'industria era assicurato e

aveva diritto alle prestazioni di assistenza fin dal momento di

assunzione del lavoro, ma, se veniva licenziato dopo 51 giorni, le

prestazioni da parte deH'I.n.a.m. cessavano per le malattie insorte

dopo 60 giorni da tale licenziamento.

Il bracciante agricolo, invece, aveva diritto alle prestazioni solo

se avesse lavorato per 51 giornate, ma tali prestazioni duravano

tutto l'anno.

In un sistema del genere, quindi, il numero minimo di giornate lavorative annue costituisce -non un particolare requisito contri

butivo o un'anzianità assicurativa, ma il presupposto stesso per la

costituzione del rapporto e per il sorgere del diritto alle presta zioni.

L'art. 15, ult. comma, 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, quando

dispone che l'indennità di maternità è erogata dall'ente assicura

tivo di malattia, presso il quale la lavoratrice è assicurata, e non

è subordinata a particolari requisiti contributivi o di anzianità

assicurativa, non vuole affatto dire, come sostiene la ricorrente, che per le lavoratrici agricole gestanti non occorre il requisito minimo di 51 giornate lavorative.

In primo luogo difatti tale norma si riferisce a tutte le

lavoratrici, e non a quelle agricole. In secondo luogo l'assistenza di maternità non prescinde dal

rapporto assicurativo contro le malattie, ma anzi lo presuppone: come risulta chiaramente dallo stesso art. 15 che prevede l'eroga zione di tale assistenza da parte dell'ente assicuratore di malattia,

presso il quale la lavoratrice è assicurata, e prevede inoltre nel 1°

comma che l'indennità giornaliera corrisposta durante il periodo di astensione obbligatoria del lavoro è comprensiva di ogni altra

indennità spettante per malattia.

La disposizione dell'art. 15 sta solo a significare che il diritto

all'assistenza di maternità sorge appena costituito il rapporto assicurativo, senza che occorra una particolare anzianità di iscri

zione, come avveniva coi vecchi sussidi di maternità previsti dal

r.d.l. 27 novembre 1934 n. 654, la cui erogazione era subordinata

all'avvenuto versamento dei contributi nei due anni precedenti

quello del parto (art. 19 r.d. cit.). Né una conferma alla tesi della ricorrente può ravvisarsi

nell'art. 13 del regolamento di esecuzione della legge sulla tutela

delle lavoratrici madri (d.p.r. 25 novembre 1976 n. 1026), il quale

dispone che le lavoratrici agricole, per fruire dei suddetti benefici, devono dimostrare la loro qualifica comprovandola con l'iscrizio

ne negli elenchi nominativi (o con il certificato sostitutivo). Tale disposizione, infatti, ribadisce ciò che risulta dal sistema

normativo in materia di previdenza nel settore agricolo, e cioè

che la qualifica di lavoratore agricolo deve risultare necessaria

II Foro Italiano — 1985.

mente dall'iscrizione negli elenchi nominativi compilati in oiascun

comune da una apposita commissione (art. 12 r.d. 24 settem

bre 1940 n. 1949 e successive modifiche), ma non dice affatto che

ai fini dell'assistenza di maternità (a differenza dell'assistenza

contro le malattie) si prescinde dal numero minimo di giornate lavorative (in questo senso è la costante giurisprudenza di questa corte: da ultimo Cass. 6 marzo 1984, n. 1551, Foro it., Mass., 303; 6 dicembre 1983, n. 7285, id., Rep. 1983, voce Previdenza

sociale, n. 139; 12 ottobre 1983, n. 5950, ibid., n. 791). E poiché nella specie è incontestato che la Salzano non aveva

dedicato a lavori agricoli il numero minimo di giornate previste dalla legge per la costituzione del rapporto assicurativo, la

sentenza del tribunale, che ha fatto esatta applicazione dei

principi sopra esposti, non merita censura alcuna. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 13 febbraio

1985, n. 1250; Pres. Brancaccio, Est. Ravagnani, P.M. Gaz

zara (conci, conf.); Scaroni <Avv. Felice, Innamorati) c.

Soc. Paidosan (Avv. Scassellati Sforzolini). Conferma Trib.

Perugia 2 giugno 1980.

Rappresentanza nei contratti — Atto unilaterale — « Falsus

procurator» — Ratifica — Effetti — Fattispecie (Cod. civ., art.

1398, 1399).

Il recesso dal rapporto di lavoro in prova, dichiarato da falsus

procurator, è validamente ratificarle dall'interessato anche

dopo la scadenza del periodo di prova. (1)

Svolgimento del processo. — La società Paidosan s.p.a., con

lettera 1° dicembre 1977 firmata dal consigliere delegato — già

autorizzato dal consiglio di amministrazione ad assumere e licen

ziare personale dipendente — confermava alla impiegata Paola

Scaroni la sua assunzione in prova per due mesi. Al termine di

tale periodo, la Paidosan, con lettera 31 gennaio 1978 sottoscritta

da un consigliere di amministrazione privo del potere di assumere

e licenziare personale dipendente, comunicava alla Scaroni la

risoluzione del rapporto di lavoro. 11 consiglio di amministrazione

ratificava il 6 febbraio successivo la decisione di recesso presa dal predetto organo sociale.

Con ricorso 15 febbraio 1978 la Scaroni adiva il Pretore di

Perugia assumendo, tra l'altro, l'inesistenza di una valida risolu

zione del rapporto, in quanto decisa da organo sociale incompe tente e non dal consiglio di amministrazione, e l'arbitrarietà del

recesso, in considerazione dell'esito positivo dell'esperimento og

getto del patto di prova. Chiedeva quindi la declaratoria di

inesistenza della risoluzione del rapporto di lavoro in prova e la

declaratoria di illegittimità del recesso per esito favorevole della

prova. La società convenuta contestava la fondatezza della domanda,

che il pretore adito rigettava. La Scaroni interponeva gravame, cui resisteva la Paidosan.

Il Tribunale di Perugia respingeva l'appello, osservando quanto

segue. La risoluzione del rapporto comunicata con lettera 31

gennaio 1978 è invalida, siccome disposta da organo sociale privo del potere di assumere e licenziare dipendenti, ma la successiva

ratifica del recesso deliberata dal consiglio di amministrazione è

produttiva degli effetti negoziali dell'atto invalido e la rende

operante ex tunc, nei confronti dei dominus del negozio rappre sentativo posto in essere dal falsus procurator, determinando

l'estinzione del rapporto in prova dal momento in cui fu compiu to il negozio rappresentativo. Né tale negozio può ritenersi nullo

(1) La ratificabilità degli atti unilaterali compiuti da falsus procura tor è principio consolidato in giurisprudenza: v., da ultimo, Cass. 20

gennaio 1984, n. 501, Foro it., Mass., 103; Pret. Milano 15 settembre

1982, id., Rep. 1983, voce Rappresentanza nei contratti, n. 10, e Cass.

13 febbraio 1981, n. 1091, id., 1981, I, 1988, con nota critica di

Depretis, Sulla ratifica della diffida ad adempiere intimata da « falsus procurator », con ampie indicazioni di giurisprudenza e di dottrina; v.

pure De Nova, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno,

Torino, 1982, X, 397 ss., e Guarneri, Rappresentanza (sintesi di

informazione), in Riv. dir. civ., 1982, II, 672 ss. Con riferimento alla sentenza in epigrafe va segnalata la tesi di Depretis, op. cit., 1992, secondo cui attribuire efficacia alla ratifica intervenuta dopo la scaden za del termine di prescrizione o di decadenza costituisce un'ingiu stificabile dilazione dei termini stessi.

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1343 PARTE PRIMA 1344

o inefficace a norma della 1. n. 604/66, giacché dall'art. 10 di

quest'ultima è esclusa per i lavoratori in prova l'applicabilità della disciplina dei licenziamenti in essa contenuta. D'altra parte la Scaroni, quale destinataria dell'atto di risoluzione, non può considerarsi « terzo », i cui diritti sono fatti salvi ai sensi dell'art.

1399, 2° comma, ex., ma è « terzo » ai sensi del 3° e 4° comma

di detto articolo, cioè soggetto che, sebbene estraneo al rapporto di rappresentanza, è parte nel rapporto in relazione al quale la

rappresentanza stessa esplica il suo efletto. Inoltre, non costituisce

ostacolo all'operatività della ratifica il carattere cogente delle

norme disciplinanti il rapporto di lavoro, trattandosi sempre di

norme di diritto privato. Infine, il recesso del rapporto in prova è

lasciato al mero arbitrio del datore di lavoro, non obbligato a dar

giustificazione alcuna della propria determinazione.

La Scaroni ha presentato ricorso per cassazione, deducendo un

unico complesso motivo, cui resiste con controricorso la Paidosan

Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Motivi della decisione. — Deducendo violazione e falsa appli cazione di norme di diritto, assume, anzitutto, la ricorrente che

l'applicabilità della ratifica all'atto unilaterale di recesso sarebbe

esclusa nei suoi confronti quale « terzo » avente causa dal ra

tificante, essendo invalida la risoluzione disposta da soggetti privi del potere relativo ed avendo quindi essa acquistato il diritto al

rapporto definitivo di lavoro. Assume, inoltre, che un ostacolo

alla possibilità di ratifica dell'operato del falsus procurator ver

rebbe dal carattere cogente delle norme in materia di lavoro.

Infine, la legittimità del recesso dal rapporto di lavoro in prova senza giustificazione alcuna non sussisterebbe se tale atto fosse

fondato sul mero arbitrio, dovendo invece esso essere ancorato ad

un rendimento negativo del lavoratore.

Il ricorso è infondato. Il problema della ratificabiIita del

negozio unilaterale posto in essere dal rappresentante infedele o

falso, non essendo risolto direttamente dal codice, ha costituito

oggetto di attento esame da parte della dottrina e della giurispru denza, sia al fine di darne una soluzione, positiva o negativa che

fosse, sia al fine di delimitarne gli effetti, in caso di soluzione

positiva, soprattutto in relazione all'esigenza di non esporre il

terzo ad uno stato di incertezza, che egli non ha in alcun modo concorso a creare, o addirittura alla lesione di diritti da lui già

acquisiti. Ora, posta l'applicabilità ai negozi unilaterali dei principi

dettati im materia di contratti in virtù e nei limiti dell'art. 1324

c.c., parte della dottrina e la costante giurisprudenza ritengono che, contrariamente a quanto prevede il diritto tedesco — nel

quale è espressamente negata la ratifìcabilità del negozio unilate rale —, questa sia ammessa nel nostro ordinamento per l'estensi bilità a tali negozi degli art. 1393 e 1399 c.c. Questi invero

apprestano in favore del terzo una duplice adeguata tutela, costituita dal « potere di rigetto » e dail'interpellatio del dominus. Il primo è più propriamente la facoltà, l'onere di respingere l'atto

proveniente da un rappresentante che non provi resistenza del

suo potere, al fine di impedire il prodursi degli effetti del

negozio. Al riguardo la dottrina anzi precisa che tale potere andrebbe esercitato « senza indugio », perché il concedere al terzo

destinatario della dichiarazione un periodo di riflessione andrebbe

oltre la stretta necessità della sua tutela ed equivarebbe nella

sostanza ad attribuirgli un diritto di recesso che sarebbe invece

estraneo al nostro sistema giuridico in questo settore. Il secondo

è il mezzo precipuamente apprestato al fine di far cessare la

situazione di incertezza determinata dall'attività del procuratore infedele o falso. Pertanto, ove il terzo non si avvalga di questi

poteri, si troverà esposto alle conseguenze di un atto suscettibili

della ratifica prevista dall'art. 1399 c.c., la quale ha efficacia

retroattiva, salvi i diritti dei terzi.

Orbene, a prescindere dalla qualificazione dell'atto del falsus

procurator come inefficace (cosi nel diritto giustinianeo; v. in tale

senso Cass. 24 giugno 1969, n. 2267, id., 1969, I, 2451; 25

gennaio 1968, n. 220, id., 1968, I, 2619) o soltanto come in

itinere, cioè a formazione progressiva perfezionantesi con il

verificarsi della condicio iuris costituita dalla ratifica (cosi nel

diritto romano classico; v. in tal senso, ma meno coerentemente

con la normale irretroattività dalla condicio iuris, che dà luogo ad una situazione di incertezza, non propriamente di pendenza, Cass. 29 gennaio 1980, n. 688, id., Rep. 1980, voce Rappresentan za nei contratti, n. 15; 10 novembre 1970, n. 2314, id., Rep. 1971, voce cit., n. 15; 22 aprile 1970, n. 1146, id., 1970, I, 3114; 24

giugno 1969, n. 2267, cit.), devesi precisare che il terzo —

destinatario della dichiarazione del falsus procurator — del quale sono fatti salvi i diritti a norma del 2° comma dell'art. 1399 c.c., va individuato, cosi come ritiene anche autorevole dottrina,

Il Foro Italiano — 1985.

nell'avente causa dal ratificante relativamente a diritti che sono

materia anche del negozio del rappresentante infedele o falso e

che, di data anteriore all'atto di ratifica, sono incompatibili con

gli effetti dell'atto da ratificare (v. sulla rilevanza dell'estremo

della incompatibilità Cass. 18 settembre 1980, n. 5308, id., Rep.

1980, voce ciit., n. 24; 22 aprile 1970, n. 1146 cit). In particolare, in relazione alla fattispecie in esame devesi

rilevare che l'applicabilità dell'istituto della ratifica di cui all'art.

1399 cjc. anche all'atto unilaterale del licenziamento di un presta tore d'opera è stata già affermata da questa Suprema corte (v. Cass. 20 gennaio 1984, n. 501, id., Mass., 103; 18 aprile 1975, n.

1499, id., Rep. 1975, voce Società, n. 319; 16 aprile 1953, n. 1020,

id., 1953, I, 1561) e va ora ribadita, siccome coerente con la

premessa sopra sviluppata. D'altra parte, devesi escludere che il

lavoratore possa essere considerato terzo, del quale sono fatti

salvi i diritti dall'art. 1399, 2° comma. Esso infatti non è avente

causa dal dominus di diritti incompatibili con quelli sui quali è

idoneo ad incidere l'atto del falsus procurator, ma è titolare di

una posizione soggettiva costituita con il dominus in virtù del

contratto di lavoro subordinato in prova. E l'atto del « procurato re » privo idei potere di rappresentanza si inserisce nel rapporto nato da tale contratto e nel medesimo rapporto trova la propria

giustificazione, determinandone anzi uno sviluppo, sia pure in

senso estintivo, proprio in forza della compatibilità tra i diritti

nascenti dal contratto in prova, e l'atto di recesso suscettibili di

ratifica, non avendo il lavoratore acquistato dal dominus altri

diritti che quelli derivanti appunto dal patto di prova. Né può dirsi che la retroattività della ratifica trovi un limite

nell'acqusizione, nel frattempo, da parte del lavoratore, del diritto

alla definitività del rapporto, posto che tale diritto, che si vorrebbe

far salvo, non è stato anteriormente e compiutamente acquistato dal dominus con la stipulazione del patto di prova. E non può validamente sostenersi che la scadenza del termine del periodo di

prova sarebbe non vanificatile dalla retroattività della ratifica, in

considerazione del carattere cogente delle norme del diritto del

lavoro.

È bensì vero che la scadenza di un termine può costituire un

limite della retroattività della ratifica (così in giurisprudenza, in

relazione, ad es., alla ratifica dell'atto di esercizio del diritto di

prelazione agraria o di riscatto dopo la scadenza del termine

all'uopo stabilita: v. Cass. 28 ottobre 1978, n. 4934, id., Rep. 1978, vooe Agricoltura, n. 140; 28 ottobre 1976, n. 3957, id., Rep. 1976, voce cit., n. 90), ma, nella specie, quella perentorietà del

termine che giusticherebbe detto limite non sussiste, né, per la

necessità della espressa declaratoria di tale natura del termine da

parte del legislatore, si può evincere dalla natura delle norme di

diritto del lavoro. Invero, queste norme, pur essendo dominate da principi peculiari e caratteristici, appartengono nella maggior parte al diritto privato, perché sono poste a tutela immediata di

interessi privati ed individuali e non possono qualificarsi di ordine pubblico, anche se numerose ed importanti sono le norme

di tale genere. Nella specie, norma di ordine pubblico devesi ritenere quella dell'art. 10 1. 15 luglio 1966 n. 604 che include

nella disciplina dei licenziamenti solo i prestatori di lavoro in

prova con un'anzianità di lavoro superiore a sei mesi, ma di essa, data la minore durata della prova nel caso in esame, è evidente la inapplicabilità.

Tanto considerato, è appena il caso di rilevare, infine, che la tesi della illegittimità del recesso immotivato dal rapporto di lavoro subordinato in prova smentita dalla costante giurispruden za, qui condivisa, che al riguardo ha affermato che in tale rappor to il potere di recesso del datore di lavoro se non ha carattere asso lutamente discrezionale — in quanto, pur se non espressamente motivato, si esplica nella valutazione delle capacità e del compor tamento professionale del lavoratore —, può da questo essere contestato mediante l'eccezione e la deduzione della nullità in sede giudiziaria, ove dimostri il positivo superamento dell'espe rimento, nonché l'impugoabilità del licenziamento ad un motivo illecito (v. Corte cost. 22 dicembre 1980, n. 189, id., 1981, I, 308; Cass. 28 maggio 1983, n. 3702, id., Rep. 1983, voce Lavoro

(rapporto) n. 2381; 14 maggio 1983, n. 3335, ibid., n. 2382; 2

giugno 1982, n. 3364, id., 1983, I, 139). Ma contestazioni di tale natura nella specie non risultano proposte.

Il ricorso deve quindi essere rigettato. (Omissis)

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