+ All Categories
Home > Documents > sezione lavoro; sentenza 13 marzo 1986, n. 1701; Pres. Vela, Est. Cassata, P. M. Iannelli (concl....

sezione lavoro; sentenza 13 marzo 1986, n. 1701; Pres. Vela, Est. Cassata, P. M. Iannelli (concl....

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: lycong
View: 213 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
7
sezione lavoro; sentenza 13 marzo 1986, n. 1701; Pres. Vela, Est. Cassata, P. M. Iannelli (concl. conf.); Credito romagnolo (Avv. Visconti, Jacchia) c. F.a.b.i.,F.i.d.a.c.-C.g.i.l., F.i.b.-C.i.s.l., U.i.b.-U.i.l. (Avv. Luberto, Rinaldi). Cassa Trib. Bologna 13 gennaio 1981 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2477/2478-2487/2488 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179017 . Accessed: 25/06/2014 02:34 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.35 on Wed, 25 Jun 2014 02:34:33 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione lavoro; sentenza 13 marzo 1986, n. 1701; Pres. Vela, Est. Cassata, P. M. Iannelli (concl. conf.); Credito romagnolo (Avv. Visconti, Jacchia) c. F.a.b.i.,F.i.d.a.c.-C.g.i.l.,

sezione lavoro; sentenza 13 marzo 1986, n. 1701; Pres. Vela, Est. Cassata, P. M. Iannelli (concl.conf.); Credito romagnolo (Avv. Visconti, Jacchia) c. F.a.b.i.,F.i.d.a.c.-C.g.i.l., F.i.b.-C.i.s.l.,U.i.b.-U.i.l. (Avv. Luberto, Rinaldi). Cassa Trib. Bologna 13 gennaio 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2477/2478-2487/2488Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179017 .

Accessed: 25/06/2014 02:34

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 188.72.126.35 on Wed, 25 Jun 2014 02:34:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione lavoro; sentenza 13 marzo 1986, n. 1701; Pres. Vela, Est. Cassata, P. M. Iannelli (concl. conf.); Credito romagnolo (Avv. Visconti, Jacchia) c. F.a.b.i.,F.i.d.a.c.-C.g.i.l.,

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dizione ordinaria (cfr. sentenza n. 39 del 1984, id., 1985, I, 93

e precedenti ivi menzionati). 6. - Una volta accertato che la situazione soggettiva di cui il

comune di Falconara Marittima lamenta la lesione ha consistenza

di diritto soggettivo — dal lato attivo, corrispondente all'obbli

gazione pubblica assunta ex lege dal lato passivo, dalla regione Marche — deve concludersi che la controversia attinente alla di

sfunzionalità di quel rapporto spetta interamente alla giurisdizio ne dell'autorità giudiziaria ordinaria.

Pare superfluo soggiungere che il provvedimento del presidente della giunta regionale, dichiarativo della compensazione parziale tra il debito della regione con il debito verso di essa assertiva

mente gravante sul comune di Falconara Marittima, non vale a

degradare la tutelabilità piena della regione creditoria di quest'ul timo sospingendola sul piano della difesa degli interessi legittimi; ma semmai sottintende la soggettiva opinione che l'obbligazione

pecuniaria assunta nei confronti del comune sia passibile di uno

dei modi di estinzione previsti in generale per le obbligazioni di

diritto comune.

Gli ulteriori assunti dal ricorrente, circa l'illegittimità, anche

sotto il profilo costituzionale, della pretesa creditoria avanzata

dall'ente regionale e circa l'inoperatività del meccanismo della com

pensazione attengono al merito della controversia e, non inve

stendo la questione della giurisdizione, esulano dai limiti

dell'indagine in questa sede consentita. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 13 marzo

1986, n. 1701; Pres. Vela, Est. Cassata, P. M. Iannelli (conci,

conf.); Credito romagnolo (Avv. Visconti, Jacchia) c.

F.a.b.i.,F.i.d.a.c.-C.g.i.l., F.i.b.-C.i.s.l., U.i.b.-U.i.l. (Aw. Lu berto, Rinaldi). Cassa Trib. Bologna 13 gennaio 1981.

Sindacati — Condotta antisindacale — Sciopero — Ricorso alle

prestazioni di lavoratori non scioperanti — Legittimità (Cost., art. 40).

Va cassata la sentenza che abbia ritenuto antisindacale la condot

ta del datore di lavoro che impieghi personale non scioperante, anche estraneo all'azienda. (1)

II

TRIBUNALE DI FIRENZE; sentenza 22 novembre 1986; Pres.

Malenotti, Est. Pavone; Min. pubblica istruzione (Avv. dello

Stato Andronio) c. Coordinamento nazionale dei lavoratori della

scuola (Avv. Pucci).

Sindacati — Repressione di condotta antisindacale — Ammini

strazione statale — Tutela del diritto di sciopero — Legittima zione dei sindacati — Giurisdizione ordinaria — Competenza

(L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e

dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sin

dacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 28;

1. 29 marzo 1983 n. 93, legge-quadro sul pubblico impiego,

art. 23, 28). Sindacati — Sostituzione del personale scioperante — Comporta

mento antisindacale (Cost., art. 39, 40; 1. 20 maggio 1970 n.

300, art. 28; 1. 29 marzo 1983 n. 93, art. 23).

(1) Con la decisione in epigrafe — riportata anche in Mass. giur. lav.,

1986, 336, con nota di B. Brattoli, La Suprema corte ed il c.d. crumi

raggio — la Cassazione affronta la problematica del c.d. crumiraggio e reputa legittima la sostituzione dei lavoratori in sciopero. Sul ricorso

all'impiego di personale non scioperante la giurisprudenza di merito ha

adottato soluzioni difformi: per ogni riferimento v. Cass. 7 febbraio 1987, n. 1331, Foro it., 1987, I, 775, con nota di G. Silvestri, cui adde, Pret.

Rimini 10 dicembre 1986, Notiziario giur. lav., 1986, 713, nonché Corte

cost. 23 luglio 1980, n. 125, Foro it., 1980, I, 2369, con nota di ulteriori

richami (anche sullo sciopero dei titolari di servizi pubblici) di A. Pizzo

russo; in dottrina, per la legittimità della sostituzione del personale scio

perante con i c.d. crumiri: Pera, Diritto del lavoro, 1984, 314-315; Id.,

Crumiraggio interno ed esterno e comportamento antisindacale, in Giust.

civ., 1981, I, 437; Vidiri, È antisindacale il comportamento del datore

di lavoro che sostituisce il personale scioperante?, in Giur. merito, 1979,

531.

Il Foro Italiano — 1987.

Il diritto al pieno esercizio del diritto di sciopero, del quale va

riconosciuta la titolarità iure proprio ai sindacati anche nel cam

po del pubblico impiego, è azionabile dinanzi all'autorità giu diziaria ordinaria, secondo il rito ordinario. (2)

Il comportamento attivo della p.a. che sia intenzionalmente indi

rizzato a rendere nulli gli effetti dell'astensione dal lavoro, at

traverso la sostituzione dei lavoratori scioperanti, costituisce

condotta antisindacale. (3)

III

PRETURA DI AVELLINO; ordinanza 16 giugno 1987; Giud.

Vignes; Sindacato direttori penitenziari c. Min. grazia e giusti zia (Avv. dello Stato Albano, Fiengo).

Sindacati — Repressione di condotta antisindacale — Ammini

strazione statale — Ricorso — Improponibilità — Competenza

(2-3) I. - Nonostante il particolare clamore giornalistico suscitato (per il clima di contestazione, contro alcuni recenti provvedimenti del ministro

Falcucci, nel quale si è casualmente — i fatti risalgono all'anno scolastico 1982/83 — inserita), la sentenza in epigrafe non si discosta dal solco tracciato dalla Cassazione in tema di tutelabilità autonoma dei diritti sin

dacali nel pubblico impiego su cui cfr., da ultimo, Cass. 25 marzo 1986, n. 2099, ed altre, Foro it., 1986, I, 2514, con nota di G. Albenzio; sulla

configurabilità di una lesione al diritto di sciopero nel caso di sostituzio ne del personale scioperante v. la nota che precede; sui limiti allo sciope ro nei pubblici servizi: Fiorai, La disciplina dello sciopero nei servizi

pubblici: autoregolamentazione, eteroregolamentazione, forme spurie, in Studi senesi, 1985, 47 (con riferimenti anche all'art. 11 1. n. 93/83); Car

nevale, Brevi notazioni sul diritto di sciopero nei servizi pubblici essen

ziali, in Trib. amm. reg., 1983, I, 133; Vacca, Sostituzione dei dipendenti pubblici per scioperi e regolamentazione del diritto di sciopero, in Temi

romana, 1980, 689. II. - Particolare interesse suscita, invece, la vicenda processuale che

ha portato alla pronuncia del tribunale, non compiutamente emergente dalla descrizione dei fatti riportata nella stessa: il C.n.l.s. adiva origina riamente il T.A.R. Toscana per l'annullamento degli atti amministrativi intervenuti in analoga vertenza sorta nell'anno 1982, ottenendo soltanto

la reiezione della istanza di sospensione proposta ai sensi dell'art. 21, ultimo comma, 1. 1034/71.

Ripresentatasi la questione nell'anno 1983, il sindacato proponeva ri

corso ex art. 700 c.p.c. al Pretore di Firenze, in funzione di giudice del

lavoro, per la cessazione del denunziato comportamento antisindacale della

p.a., ma il pretore (giud. Soresina), con ordinanza 4-7 giugno 1983, re

spingeva la domanda con motivazione puntuale ed approfondita, la cui

lettura vale la pena di suggerire (la decisione è riportata per esteso in

Foro it., 1984, I, 475, con nota di A. Proto Pisani), anche perché costi tuisce una qualificata testimonianza dello stato della giurisprudenza di

merito anteriormente alle famose pronunzie del 26 luglio 1984 della Su

prema corte. Il C.n.l.s., non ancora rassegnato, proponeva altro ricorso ex art. 409

c.p.c., chiedendo la declaratoria di illegittimità dei provvedimenti della

p.a., sotto il profilo dell'illegittimità per antisindacalità, ed il risarcimen

to dei danni subiti. Il Pretore di Firenze (giud. Chiari), con sentenza

29 febbraio-2 aprile 1984 (id., Rep. 1984, voce Sciopero, n. 34, e in Giusi,

civ., 1984, I, 2276, con nota di Cecchella), accoglieva integralmente le domande, affermando la giurisdizione dell'a.g.o. e la legittimazione ad agire del segretario del sindacato.

Il ministero appellava la sentenza, secondo la procedura dettata dagli art. 433 ss. c.p.c., ma la sezione lavoro del Tribunale di Firenze (pres. e rei. Palazzolo), con ordinanza 31 ottobre 1984 (in ossequio a quanto statuito dalle pronunzie delle sezioni unite della Corte di cassazione, nel

frattempo pubblicate), cosi decideva: «rilevato che il C.n.l.s. con il ricor

so introduttivo ha proposto una domanda tendente ad ottenere il risarci

mento di danni cagionati da comportamenti definiti antisindacali dello

Stato e come tali in violazione dei diritti di cui lo stesso C.n.l.s. assume

di essere titolare ex art. 39 e 40 Cost.; che tale domanda non si inquadra nell'ambito dell'art. 28 1. n. 300/70, del resto inapplicabile nei confronti

dello Stato; che, invece si richiede la tutela del diritto ai sensi dell'art.

24 Cost.; che tale tutela non rientra nelle ipotesi previste dalla legge per il rito speciale del lavoro, ma è rimessa al giudice ordinario, identificato

nel tribunale in primo grado dalle sezioni unite della Cassazione (sent, n. 4389 del 26 luglio 1984, Foro it., 1984, I, 2110), e pertanto nella specie va disposto il mutamento di rito ex art. 439 c.p.c., per questi motivi, rimette gli atti al presidente del tribunale per i provvedimenti relativi al

cambiamento di rito». Il processo proseguiva, quindi, secondo il rito ordinario e si chiudeva

con la pronunzia in epigrafe. La vertenza, però, non è ancora conclusa, perché la sentenza è stata

impugnata in Cassazione dall'avvocatura dello Stato; sarà cosi la Supre ma corte a pronunziare la parola definitiva in materia.

This content downloaded from 188.72.126.35 on Wed, 25 Jun 2014 02:34:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione lavoro; sentenza 13 marzo 1986, n. 1701; Pres. Vela, Est. Cassata, P. M. Iannelli (concl. conf.); Credito romagnolo (Avv. Visconti, Jacchia) c. F.a.b.i.,F.i.d.a.c.-C.g.i.l.,

2479 PARTE PRIMA 2480

(Cod. proc. civ., art. 9, 700; 1. 20 marzo 1865 n. 2248, all.

E, sul contenzioso amministrativo, art. 4; r.d. 30 luglio 1940

n. 2041, regolamento per il personale civile di ruolo degli istitu

ti di prevenzione e di pena, art. 31; 1. 20 maggio 1970 n. 300, art. 28).

Il ricorso proposto dal sindacato direttori penitenziari avverso un

preteso comportamento antisindacale del ministero di grazia e

giustizia, repressivo del diritto di sciopero, è improponibile sia

ai sensi dell'art. 28 I. 300/70 sia ai sensi dell'art. 700 c.p.c.,

potendo essere proposto soltanto nelle forme ordinarie ex art.

9 c.p.c. (4)

I

Svolgimento del processo. — Il 12 novembre 1979, mentre era

in corso dal 15 ottobre precedente uno sciopero indetto dalle or

ganizzazioni sindacali nazionali in vista del rinnovo del contratto

collettivo dei dipendenti delle aziende di credito e finanziarie, che

veniva attuato in sede locale mediante astensione da ogni presta zione di lavoro straordinario, il Credito romagnolo s.p.a. di Bo

logna dispose al fine di assicurarsene il servizio dalle ore 17 alle

ore 18 che il commesso Remo Marchi, aderente allo sciopero, a partire dall'indomani osservasse — in luogo di quello comune

con inizio alle ore 8,15 e termine ore 17 — l'orario (di durata

ordinaria, tenuto conto del normale intervallo meridiano), dalle

ore 9,15 alle ore 18; nelle stesse circostanze dispose inoltre, per

l'espletamento dei compiti del Centro elaborazione dati, la pre stazione da parte di dipendenti non aderenti allo sciopero, di la

voro straordinario nella giornata, normalmente non lavorativa, di sabato.

Ravvisando in tali fatti un comportamento antisindacale inteso

ad elidere almeno parzialmente i naturali effetti dello sciopero sull'attività dell'azienda ed a ridurre in conseguenza l'efficacia

di un mezzo di autotutela dei lavoratori costituzionalmente ga

rantito, i segretari pro tempore in carica a Bologna delle quattro

organizzazioni sindacali indicate in epigrafe, Romano Pierantoni,

Pierluigi Cavalli, Mario Lo Munno e Luigi Di Salvatore, adirono

congiuntamente con ricorso del 27 novembre 1979 il Pretore di

Bologna perché ai sensi dell'art. 28 1. n. 300 del 1970 ordinasse

la cessazione del detto comportamento e la rimozione dei suoi

effetti.

La domanda — vanamente contrastata dalla società convenu

ta, per la quale le disposizioni date costituivano legittimo eserci

zio dei propri diritti in nessun modo in contrasto con l'esercizio

del diritto di sciopero — venne integralmente accolta con decreto

del 17 dicembre dello stesso anno, confermato poi, a seguito di

opposizione e d'appello della soccombente, con le sentenze, rese

rispettivamente dallo stesso giudice e dal tribunale della medesi ma città, il 14 aprile e il 15 dicembre del 1980.

Contro l'ultima di tali decisioni il Credito romagnolo ha infine

proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, da ulti mo illustrati anche con memoria. Le organizzazioni sindacali hanno

proposto controricorso.

Motivi della decisione. — Col primo motivo il ricorrente de nunzia violazione o quanto meno falsa applicazione degli art. 40 e 41 Cost, e 28 1. 20 maggio 1970 n. 300 ed omessa o quanto meno insufficiente motivazione su di un punto decisivo della con troversia per il fatto che il giudice a quo abbia ritenuto garantito dall'ordinamento, non solo l'esercizio del diritto di sciopero, ma anche il conseguimento degli effetti, dannosi per il datore di la

voro, con lo stesso perseguiti, con corrispondente obbligo del da tore di astenersi da qualsiasi comportamento inteso ad ostacolarne la realizzazione; col secondo mezzo censura la sentenza del tribu nale — ravvisandovi violazione o quanto meno falsa applicazione

(4) Anche il provvedimento del Pretore di Avellino si pone nel solco dell'insegnamento della Cassazione in punto di proponibilità e competen za per le domande di accertamento di condotta antisindacale nei confron ti della p.a., come la sentenza del Tribunale di Firenze in epigrafe (su cui v. la nota che precede).

Sulle altre problematiche delle quali è cenno nella decisione in epigrafe cfr., per le pronunzie meramente dichiarative in sede di procedimento ex art. 700 c.p.c. ed in relazione all'art. 4 1. 2248/1865, Pret. Roma 28 novembre 1985, Foro it., 1986, I, 2516, con nota di richiami; per le pro nunzie sulle spese nel caso di reiezione del ricorso, Trib. Bari 6 febbraio 1986 e Pret. Sestri Ponente 9 gennaio 1987, id., 1987, I, 1615, con nota di A. Proto Pisani, Rigetto di misure cautelari chieste «ante causam» e spese giudiziali.

Il Foro Italiano — 1987.

degli art. 3 e 4 Cost., dell'art. 15 1. 20 maggio 1970 n. 300 e

dell'art. 2697 c.c. ed omessa motivazione circa un punto decisivo

della controversia — per avere ritenuto indicativo dell'antisinda

calità del comportamento denunziato il fatto che l'invito alla pre stazione di lavoro straordinario nel giorno di sabato era stato

in prevalenza rivolto a lavoratori in prova, in quanto tali privi di una piena libertà di scelta, senza che di un tale assunto fosse

stata dai ricorrenti fornita alcuna prova e senza adeguatamente considerare né che, come era stato per contro provato, i dipen denti in prova aderenti allo sciopero erano stati definitivamente

assunti in base a lusinghiera valutazione del loro zelo, né che

la ipotizzata esclusione dei lavoratori in prova dall'invito a pre stare lavoro straordinario si sarebbe risolta in una illegittima di

scriminazione in loro danno; col terzo mezzo, infine, ravvisa

contraddittorietà di motivazione nella discordanza, mutuata dalla

sentenza del pretore, tra la parte motiva della decisione, che af

fermava, restando nei limiti del petitum, l'illegittimità del ricorso

al lavoro straordinario nel giorno di sabato per l'espletamento dell'attivtà del C.e.d. e il dispositivo, che, in difformità da quello del decreto, afferma l'illegittimità in genere di tale ricorso.

Il ricorso è fondato. Rilevato preliminarmente che lo stesso

non contiene alcuna censura in ordine alle statuizioni della sen

tenza impugnata concernenti lo spostamento dell'orario di lavoro

del Marchi e che pertanto resta come unico residuo oggetto del

contendere la ravvisabilità oppure no, con tutte le conseguenze

relative, di un comportamento antisindacale nel ricorso fatto dal

l'istituto — per far fronte a sue particolari esigenze in pendenza di uno sciopero dello straordinario — a prestazioni fornite nella

giornata non lavorativa di sabato da dipendenti non scioperanti, la corte deve in primo luogo dare atto, con riferimento al terzo

motivo di impugnazione, che, come risulta dagli atti e come tra

spare dalla esposizione dei fatti e dei motivi contenuta nella sen

tenza impugnata e nelle difese dei sindacati resistenti, l'azione

da questi promossa si riferisce specificamente solo alle prestazio ni straordinarie chieste ed ottenute nelle circostanze indicate per il funzionamento del «centro elaborazione dati» e che pertanto la decisione della causa non poteva e non può estendersi, come

potrebbe apparire dai termini generici usati nel dispositivo della

sentenza ma non anche nel decreto del pretore e fatti implicita mente propri dal tribunale, a comportamenti datoriali diversi da

quello in tali sensi individuato e circoscritto. Quanto, poi, agli altri due motivi, la corte deve osservare, con riferimento al pri

mo, che se il diritto di sciopero direttamente attribuito ai lavora

tori dalla Costituzione di per sé comporta — trattandosi di un

mezzo di autotutela specificamente ordinato a condizionare le de

terminazioni del datore di lavoro attraverso la provocazione di

una diminuzione dei suoi profitti — l'illegittimità (nei noti limiti, nel caso fuori questione) della produzione di danni a carico del

predetto, la soggezione di questo ad una tale forma di pressione certamente non esclude il suo diritto — postulato, anzi, dal ca

rattere conflittuale del rapporto dialettico entro cui l'esercizio del l'autotutela si pone — di avvalersi di ogni mezzo legale che possa — senza impedire tale esercizio — evitarne o attenuarne gli effet

ti nocivi.

È pertanto senz'altro da escludere che, come dal tribunale si

afferma, sussista «a carico del datore di lavoro un dovere di aste

nersi da quegli atti da cui consegua la vanificazione della lotta

sindacale» ed è per contro da ritenersi legittimo il ricorso, benin

teso per le vie legali, all'impiego di personale, anche esterno al

l'azienda, non scioperante, la cui volontaria collaborazione

costituisce oltretutto fruizione di una libertà assicurata dai princi

pi fondamentali della Costituzione, con la particolare accentua

zione conferita in materia dal disposto del suo art. 4, e necessario

risvolto dello stesso diritto di sciopero.

Posto, dunque, che, come il tribunale riconosce, il fatto di aver

preteso la prestazione di lavoro straordinario al di fuori, in as

sunto, delle situazioni al riguardo previste dal contratto collettivo

non potrebbe di per sé costituire comportamento antisindacale, ben potendo tale pretesa trovare naturale correttivo nel rifiuto

da parte degli interpellati delle prestazioni richieste, la possibilità di ravvisare nel caso un tale comportamento viene a porsi in esclu siva dipendenza dell'effettiva sussistenza, secondo quanto soste nuto dai sindacati, di mezzi di coartazione, ancorché indiretta, della volontà degli aderenti alla richiesta.

Ma sul punto deve darsi atto, con riguardo al secondo mezzo, della insufficienza della motivazione della sentenza impugnata;

giacché a fronte delle alligazioni dell'istituto ricorrente — per di

This content downloaded from 188.72.126.35 on Wed, 25 Jun 2014 02:34:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sezione lavoro; sentenza 13 marzo 1986, n. 1701; Pres. Vela, Est. Cassata, P. M. Iannelli (concl. conf.); Credito romagnolo (Avv. Visconti, Jacchia) c. F.a.b.i.,F.i.d.a.c.-C.g.i.l.,

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

più sostenute, in assunto, da non esaminate prove dallo stesso

fornite senza che ne avesse l'onere — che la richiesta di lavoro

straordinario nel giorno di sabato per l'espletamento dei servizi

del «centro elaborazione dati» era stata nel caso fatta secondo

modalità abituali e rivolta, come dovuto, alla generalità, senza

distinzione, degli addetti al centro, che la stessa era stata in mag

gioranza accolta da dipendenti che non erano in prova e che nes

suna disparità di trattamento era stata in seguito usata — per

quanto concerneva in particolare le note di qualifica e le confer

me di servizio — tra coloro che avevano e coloro che non aveva

no aderito alla richiesta, la mera affermazione del giudice a quo che questa era stata rivolta «prevalentemente a lavoratori in pro va» si appalesa affatto gratuita e il collegato — ma sul piano

logico non necessariamente conseguente — avviso che alla stessa

«poteva facilmente essere attribuito un contenuto intimidatorio»

per essere i detti destinatari «obiettivamente non liberi di aderire

o meno», si rivela del tutto indimostrato.

Il ricorso deve pertanto essere accettato.

II

Svolgimento del processo. — Con ricorso in data 8 luglio 1983

il Coordinamento nazionale lavoratori delle scuole esponeva al

Pretore di Firenze che aveva proclamato uno sciopero da attuarsi

mediante astensione dagli scrutini ed esami per l'anno scolastico

1982/83, sciopero che era stato già attuato per gli scrutini del

1° quadrimestre. Il ricorrente soggiungeva che con nota in data

9 maggio 1987 il provveditorato agli studi di Firenze aveva tras

messo a tutti i presidi delle scuole e degli istituti di istruzione

secondaria ed artistica la direttiva, conforme ad istruzioni mini

steriali, di sostituire gli insegnanti in sciopero con altri docenti

della stessa disciplina della medesima scuola o, in mancanza, ri

correndo al personale a disposizione o a supplenze. Dopo avere

affermato che intendeva denunciare la violazione dei diritti di

cui si riteneva titolare in qualità di rappresentante di associazione

sindacale, chiedeva la declaratoria d'illegittimità dei provvedimenti della p.a. sotto il profilo dell'illegittimità per antisindacalità ed il risarcimento dei danni subiti.

Il ministero della pubblica istruzione si costituiva in giudizio e rilevava: l'inammissibilità dell'impugnazione avverso norme in

terne della p.a.; il difetto di legittimazione del segretario del sin

dacato perché nella specie si trattava di un'assunta violazione di

interessi diffusi; che, nel merito, la circolare non aveva violato

alcuna norma imperativa né era lesiva del diritto allo sciopero in quanto si era limitata all'utilizzazione di strumenti normativi

vigenti per disciplinare la sostituzione del personale assente per

garantire la conclusione dell'anno scolastico; che la libertà di scio

pero dei docenti non era stata lesa e che l'amministrazione aveva

contemperato le opposte esigenze derivanti da interessi tutti

protetti. Con sentenza in data 29 febbraio 1984 il Pretore di Firenze

accoglieva il ricorso sul presupposto che non sussisteva il difetto

di giurisdizione dell'a.g.o.; che il segretario del sindacato in quanto tale e come portatore del diritto di sciopero era legittimato al

ricorso; che, nel merito, le disposizioni impartite non costituiva

no norme interne, ma avevano attuato una condotta antisindaca

le in quanto si erano poste in contrasto con la libertà di sciopero. Con atto notificato in data 28 maggio 1984 il ministero della

pubblica istruzione proponeva appello avverso la detta sentenza

e con tre mezzi di impugnazione ne domandava la riforma.

Il Cooordinamento nazionale dei lavoratori della scuola si co

stituiva in giudizio e rilevava che le censure mosse alla sentenza

del pretore erano destituite di fondamento; concludeva chiedendo

il rigetto dell'impugnazione proposta. (Omissis) Motivi della decisione. — Con il primo motivo di impugnazio

ne l'amministrazione ha eccepito il difetto di giurisdizione del

l'a.g.o. sul presupposto che per effetto della imprescindibile coesistenza delle posizioni soggettive con gli interessi pubblici per

seguiti dall'amministrazione, i dipendenti non possono che essere

portatori di interessi legittimi. Ulteriore conferma di questo prin

cipio andrebbe ricercata, secondo l'appellante, nell'inapplicabili tà dell'art. 28 dello statuto dei lavoratori alla materia del pubblico

impiego. La questione che è stata di grande momento, sino a qualche

anno fa, ha perso il carattere della problematicità ed almeno allo

stato della vigente disciplina legislativa, la sua stessa attualità,

Il Foro Italiano — 1987.

dal momento che le sezioni unite della Corte suprema di cassazio

ne con sentenza del 28 luglio 1984, n. 4390 (Foro it., 1984, I,

2105), hanno stabilito che «nel settore degli enti pubblici non

economici i diritti soggettivi delle associazioni sindacali alla liber tà ed attività sindacale nonché all'esercizio del diritto di sciopero sono sempre deducibili in giudizio su domanda delle associazioni

sindacali che ne sono titolari iure proprio: la giurisdizione spetta al giudice ordinario e l'azione è esperibile nelle forme speciali ex art. 28 statuto dei lavoratori se il comportamento antisindaca

le denunciato incide su diritti sindacali in senso stretto propri esclusivamente delle associazioni sindacali; la giurisdizione spet

ta, invece, agli organi di giustizia amministrativa in sede di giuris dizione esclusiva se il comportamento antisindacale denunciato

incide su diritti sindacali correlati a posizioni soggettive proprie del pubblico dipendente».

A prescindere da considerazioni che la decisione delle sezioni

unite inducono a formulare su problematiche estranee al tema

della decisione (individuazione del giudice competente — tribuna

le o pretore — e uso del rito ordinario o di quello speciale: even

tuali interferenze della decisione del giudice civile con un atto

amministrativo e problematiche derivanti dalla valenza degli ef

fetti promananti dall'art. 4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E), resta da dire che nel settore del pubblico impiego statale e con

riguardo ai diritti sindacali in senso stretto (cioè afferenti alla

posizione del sindacato in relazione alle cosiddette posizioni «agi te» come assemblee, propaganda e sciopero) è stata riconosciuta, una volta esclusa l'applicabilità dello statuto dei lavoratori, la

natura di diritto soggettivo dei diritti sindacali nel solco del prin

cipio interpretativo che era stato da tempo espresso dalla Corte

costituzionale (sent. 68/80, id., 1980, I, 1553). Con il secondo mezzo di gravame l'amministrazione appellante

ha segnalato che il sindacato non era legittimato a proporre il

ricorso avverso le disposizioni di servizio che hanno carattere in

terno per essere state emanate esclusivamente allo scopo di assi

curare il normale svolgimento dell'attività degli insegnanti. Il

carattere di disposizione interna degli atti dell'amministrazione

impedisce che si possa riconoscere una derivazione di causalità

adeguata tra quegli atti e l'offesa che il sindacato lamenta di ave

re subito al proprio diritto.

La tesi sostenuta dall'amministrazione è strumentalmente ri

duttiva della portata dell'atto in quanto trascura di considerare

che le istruzioni ministeriali prima e le istruzioni del provveditore

agli studi, poi, se sono state solo indirizzate a presidi, dovevano

di costoro servirsi non come destinatari finali ed esclusivi delle

disposizioni, ma come mezzo operativo teso al fine di rendere

attivo quel complesso di provvedimenti che avrebbero dovuto avere

la loro massima efficacia, oltre che sul personale dipendente (in

segnanti in servizio) anche su personale estraneo alla stessa am

ministrazione (personale supplente). La misura di valenza delle

circolari è stata apprezzata dall'amministrazione solo con criteri

validi nell'ambito dell'organizzazione amministrativa in generale nella quale, appunto, quelle istruzioni assumono il carattere di

norme interne contenenti istruzioni di servizio.

Questa incidenza, però, deve restare circoscritta all'ambito dei

semplici rapporti amministrativi con la p.a. dove si dovrà esclu

dere che, non contenendo norme giuridiche vere e proprie, posso no avere valore esterno per i terzi. Ciò che in questa situazione

gioca come fattore di confusione è che l'avvocatura dello Stato

pretende di fare conseguire a queste ineccepibili premesse (il valo

re interno della circolare) l'inesistenza di diritti soggettivi lesi di

cui il sindacato è portatore. Il diritto, infatti, non trova né ragione d'essere né tutela nella

circolare amministrativa, ma proprio il contrario: il sindacato è

titolare, come già si è detto, di un diritto proprio che trova fon

damento nello statuto dei lavoratori: la circolare amministrativa, che d'ordinario produce effetti indiretti anche all'esterno, a mez

zo di tali effetti ha inciso negativamente sul diritto sindacale in

senso stretto (quello di sciopero). Non è necessario, contrariamente a quanto suppone la difesa

dello Stato, che siano emanati provvedimenti esecutivi di tali cir

colari per potersi dire attuata la lesione del diritto: le istruzioni

ministeriali e quelle del provveditore agli studi ai presidi costitui

scono già di per sé disposizioni immediatamente operative in quan

to attuano al momento stesso della emanazione uno status

normativo che si contrappone di fatto a quello di tutela del dirit

to sindacale protetto. L'esecuzione materiale di quelle istruzioni non aggiunge nulla

This content downloaded from 188.72.126.35 on Wed, 25 Jun 2014 02:34:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: sezione lavoro; sentenza 13 marzo 1986, n. 1701; Pres. Vela, Est. Cassata, P. M. Iannelli (concl. conf.); Credito romagnolo (Avv. Visconti, Jacchia) c. F.a.b.i.,F.i.d.a.c.-C.g.i.l.,

2483 PARTE PRIMA 2484

agli effetti che già le istruzioni hanno determinato perché la no

mina di supplenti o la «comandata» degli insegnanti in servizio

per supplire gli scioperanti rappresenta solo una conseguenza au

tomatica necessaria ed inevitabile (per gli organi amministrativi

dipendenti) delle istruzioni. Sembra perciò tecnicamente errato

considerare che la sostituzione per chiamata degli insegnanti sia

un atto funzionale solo al raggiungimento e non invece alla pro trazione di effetti di neutralizzazione delle conseguenze dello scio

pero; effetti che, è utile ripetere, hanno già prodotto le circolari.

Quanto, invece, alle perplessità prospettate sulla legittimazione del segretario del sindacato a proporre il ricorso sul presupposto che si tratterebbe di un soggetto esponenziale di interessi diffusi,

è già sufficiente segnalare che il Consiglio di Stato ha affermato

il principio opposto in tema di legittimazione (cfr. Cons. Stato,

sez. V. 27 novembre 1981, n. 513, id., 1982, III, 248). Il che senza nemmeno considerare che il sindacato è, com'è

pacifico nell'interpretazione giurisprudenziale, portatore diretto

di un diritto sindacale in senso stretto tra cui rientra quello scio

pero (cfr. Cass., sez. un., n. 4390/84, cit.). Non sembra nemmeno tecnicamente corretta l'impostazione del

l'eccezione relativa al difetto di legittimazione del sindacato sotto

altro profilo. Oggetto della tutela attuabile col ricorso al giudice infatti è non solo la libertà e l'attività sindacale (che comprende

pure lo sciopero) ma anche l'interesse del sindacato in quanto

soggetto a rivendicare il riconoscimento di un diritto acquisito

nel sindacalismo praticato, passibile di repressione per l'effetto

neutralizzante che si è inteso raggiungere con le istruzioni alle

quali più volte si è fatto richiamo. Queste motivazioni mi consen

tono di dichiarare infondato il secondo motivo d'appello.

Il terzo mezzo d'impugnazione è stato proposto allo scopo di

segnalare che la circolare ha rappresentato solo l'applicazione di

uno strumento giuridico previsto dalla legge per contemperare le

esigenze coesistenti e contrapposte, tutte costituzionalmente pro

tette, strumento che ha carattere eccezionale e non generale.

Gli interessi che nella specie si sono contrapposti sono solo

quelli degli insegnanti e quello — dal punto di vista della orga

nizzazione scolastica — della continuità e regolarità del servizio

scolastico.

In questa materia le conclusioni alle quali perviene la difesa

dello Stato sono alquanto parziali per le ragioni che non tengono

conto di vari aspetti della complessa problematica che si pone

con la questione in esame.

Dalle sentenze della Corte costituzionale (12 gennaio 1977, n.

4, id., 1977, I, 276 e 3 agosto 1976, n. 222, id., 1976, I, 2297) si traggono utili argomenti per il problema in esame perché è

stato precisato che l'ordinamento offre i criteri per riconoscere,

nell'ambito di un servizio pubblico essenziale, le prestazioni es

senziali in senso stretto e cioè che non possono in nessun caso

essere sospese e quelle che, essendo complementari alle prime e

ordinariamente necessarie, rivestono un minor grado di impor

tanza e di indispensabilità e perciò possono essere interrotte o

sospese. Se la funzione dell'istruzione in relazione all'art. 34 Cost, deve

essere considerata un servizio essenziale, si deve, però, evitare

di pervenire a troppo affrettate conclusioni e perciò affermare

che il servizio è connotato dal carattere di tale importanza ed

indispensabilità che non sopporti sospensioni limitate nel tempo come quelle del personale di scuola. È infatti eccezionale che la

durata e le modalità dello sciopero siano articolate in tal maniera

da costituire seriamente, e non solo astrattamente, una sostanzia

le lesione del diritto costituzionale all'istruzione.

Il blocco degli scrutini e degli esami consistente nell'astensione

dal lavoro di valutazione degli alunni non incide nemmeno in

via mediata sul diritto all'istruzione che è stata, invece, assicurata

agli alunni.

Il ritardo nella valutazione finale degli alunni e nell'espleta mento delle prove di esami che si connota di notevoli caratteri

amministrativi solo complementari all'attività d'insegnamento si

risolve nella determinazione di una situazione di disagio che è

produttrice di un danno che costituisce ragione di travalicamento

del limite di legittimità dello sciopero in quanto non attenta a

nessuno degli interessi preminenti la cui salvaguardia deve essere,

comunque, garantita. Il Consiglio di Stato (sez. II 27 gennaio 1982, n. 750, id., Rep.

1983, voce Istruzione pubblica, nn. 97-99) ha appunto chiarito

che non costituisce sciopero illegittimo quello degli insegnanti che

abbia avuto una durata limitata e soporattutto non abbia costi

li, Foro Italiano — 1987.

tuito ragione di attentato ad interessi primari come quelli dell'i

struzione, dell'assistenza, della vigilanza degli alunni e della loro

incolumità fisica. Non è di scarso momento l'analisi della inten

zionalità dei comportamenti della p.a. allo scopo di ricavarne il

giudizio di verificazione del carattere antisindacale.

Ancorché sia stato avvertito dalla giurisprudenza che la sosti

tuzione del lavoratore per chiamata è lecita quando è diretta, esclu

sivamente ad evitare danni irreparabili per la stessa struttura

dell'impresa, la circolare ha attuato questo principio pur non ri

correndone i presupposti giustificativi, per le ragioni che si sono

spiegate. Secondo l'indirizzo interpretativo più accreditato occorre di

stinguere tra comportamenti la cui illiceità è desumibile da altre

norme, da quelli — come nel caso di specie — in sé illeciti, la

cui repressione presuppone l'accertamento concreto dell'idoneità

del comportamento stesso a ledere o minacciare il bene protetto

(Cass. 26 gennaio 1979, n. 602, id., 1979, I, 945; 6 giugno 1984,

n. 3409, id., 1984, I, 2779). Le disposizioni impartite dall'amministrazione incidono diret

tamente sul corretto svolgimento della dialettica sindacale, dal

momento che, predisponendo un apparato operativo alternativo

a quello ordinario, si contrappongono all'iniziativa del sindacato

neutralizzandone o comunque elidendone buona parte degli effet

ti, fino a renderla pressoché priva di contenuto pratico. La tendenza del datore di lavoro a non collaborare con il lavo

ratore in sciopero è fatto legittimo atteso che non esiste a suo

carico un obbligo comportamentale attivo di collaborazione; uti

lizzare però questa posizione concettuale per rendere giustificabi

le un comportamento attivo intenzionalmente indirizzato a rendere

nulli gli effetti della estensione del lavoro costituisce certamente

un illecito sanzionabile per antisindacalità.

Alla luce delle argomentazioni esposte si deve concludere affer

mando che l'appello proposto dall'amministrazione della pubbli

ca istruzione deve essere rigettato e la sentenza del pretore

confermata.

Ili

Fatto. — Con ricorso depositato in data 12 giugno 1987 Bevi

lacqua Clorinda e Siciliano Vito, nella qualità rispettivamente di

segretaria e vice-segretario nazionali del sindacato direttori peni

tenziari (Si.di.pe.), premesso che nel corso di uno sciopero indet

to dalla categoria dall'11 al 16 giugno 1987 il ministero di grazia

e giustizia - direzione generale degli ist. prev. e pena con provve

dimento fonografico del 10 giugno 1987 aveva affidato la titola

rità della direzione degli istituti di pena ad impiegati della carriera

di concetto in forza dell'art. 81 r.d. n. 2041/40, chiedevano che

il Pretore di Avellino, ai sensi dell'art. 28 1. 300/70 ovvero, in

subordine, ai sensi dell'art. 700 c.p.c. ordinasse la revoca del det

to provvedimento con la rimozione immediata di tutti gli effetti

connessi e vietasse per l'avvenire l'adozione di atti di analogo contenuto.

A sostegno della domanda ponevano il carattere antisindacale

del citato provvedimento — chiaramente diretto ad impedire l'e

sercizio del diritto di sciopero — desumibile dalla sua evidente

illegittimità in quanto adottato dal capo della direzione generale del ministero carente di potere in materia ed in applicazione di

norma abrogata per effetto di costante e pluriennale prassi non

ché per incompatibilità con le norme del testo unico degli impie

gati civili dello Stato. Convocate le parti, il ministero di grazia e giustizia si costituiva a mezzo degli avv. dello Stato G. Fiengo

e G. Albano (il primo su delega ex art. 9, 3° comma, 1. n. 103/79)

eccependo, in primis, l'inammissibilità del ricorso ex art. 28 1.

n. 300/70 sotto i seguenti profili: a) in quanto inapplicabile nei

confronti dello Stato; b) per il difetto di giurisdizione dell'a.g.o. trattandosi di pretesa correlata al diritto individuale dei direttori

degli istituti penitenziari di esercitare il diritto di sciopero; c) per difetto di legittimazione attiva del Si.di.pe. sprovvisto della natu

ra di organizzazione sindacale rappresentativa della categoria. Ec

cepiva, altresì, la incompetenza funzionale del Pretore di Avellino

vertendo il ricorso su un provvedimento adottato in Roma e con

valenza nazionale. Contestava, infine, l'azionabilità del rimedio

ex art. 700 c.p.c. per insussistenza dei presupposti (danno grave ed irreperibile) richiesti dalla norma. Nel merito contestava la

fondatezza della pretesa argomentando: a) dalla non tutelabilità

del diritto di sciopero in presenza dell'esigenza di salvaguardare

This content downloaded from 188.72.126.35 on Wed, 25 Jun 2014 02:34:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 6: sezione lavoro; sentenza 13 marzo 1986, n. 1701; Pres. Vela, Est. Cassata, P. M. Iannelli (concl. conf.); Credito romagnolo (Avv. Visconti, Jacchia) c. F.a.b.i.,F.i.d.a.c.-C.g.i.l.,

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

altri diritti (come quello di voto dei detenuti); b) dalla inesistenza

di un provvedimento dal contenuto innovativo vertendosi in ma

teria di atto meramente organizzativo del servizio di supplenza ex art. 81 r.d. 30 luglio 1940 n. 2041; c) dal rilievo che le norme

del testo unico degli impiegati civili dello Stato consentono l'uti

lizzazione per motivi di urgenza degli impiegati dello Stato in

altra qualifica della carriera, facendo salva, in ogni caso, la spe ciale disciplina prevista per il settore in questione; d) dalla consi

derazione che al datore di lavoro è sempre consentito adoperarsi

per evitare o limitare i danni derivanti da uno sciopero. (Omissis) Diritto. — Il ricorso, azionato con l'atto introduttivo della pre

sente procedura dal sindacato direttore penitenziari (Si.di.pe.), deve essere dichiarato improponibile sia ai sensi dell'art. 28 1.

n. 300/70 sia ai sensi dell'art. 700 c.p.c. Con una serie di pronunce rese in sede di regolamento di giuris

dizione la Corte di cassazione ha delineato un quadro di tutela

dei diritti sindacali riassumibile nei seguenti termini: a) i diritti dei sindacati dei pubblici dipendenti contemplati nell'art. 28 sta

tuto lavoratori sono diritti soggettivi che discendono dagli art.

39 e 40 Cost, e, come tali, sono tutelabili di fronte al giudice

ordinario; b) la predetta tutela, nei confronti dello Stato, è espe ribile mediante ricorso a normali azioni di accertamento la cui

cognizione appartiene al tribunale ai sensi dell'art. 9 c.p.c.; c) nei confronti degli altri enti pubblici non statali, in virtù dell'e

stensione di cui all'art. 37 statuto lavoratori, è ammissibile il ri

corso alla speciale procedura prevista dall'art. 28 dello stesso

statuto.

Viceversa — ma non è il caso che ne occupa — quando il

diritto del sindacato è connesso con una situazione giuridica del

pubblico dipendente la cognizione, sia nel caso dell'impiego sta

tale sia nel caso dell'impiego non statale, viene attratta nella com

petenza esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblico

impiego, comprensivo della tutela del singolo dipendente nonché

dei sindacati ai quali i pubblici impiegati aderiscono (Cass., sez.

un., 26 luglio 1984, nn. 4411, 4397, 4390 e 4386, Foro it., 1984,

I, 2108; nn. 4409 e 4387, id., Rep. 1984, voce Sindacati, nn.

115, 146). In tal modo la Suprema corte ha accolto l'indirizzo

espresso dalla Corte costituzionale che nella sentenza 5 maggio

1980, n. 68 (id., 1980, I, 1553), nel dichiarare non fondata la

questione di costituzionalità dell'art. 28 statuto lavoratori nella

parte in cui non prevede l'applicabilità della tutela dell'attività

sindacale ivi prevista alle associazioni sindacali dei dipendenti dello

Stato (cfr. pressoché in termini Corte cost. 26 dicembre 1982,

n. 169, id., 1983, I, 862), ha affermato l'inapplicabilità dello spe ciale rimedio de quo alle associazioni sindacali dei dipendenti sta

tali che, pertanto, possono salvaguardare le proprie ed esclusive

situazioni di diritto soggettivo attraverso i procedimenti ordinari

promossi innanzi al giudice civile, cioè al di fuori del quadro del predetto art. 28. Quindi, una volta rilevato che la posizione che si intende tutelare in questa sede (diritto di sciopero) ha paci ficamente dignità di diritto soggettivo proprio ed esclusivo del

sindacato, non possono esservi dubbi sulla tutelabilità dello stes

so attraverso l'applicazione delle norme del processo ordinario

davanti al giudice civile cui spetta, nel riparto delle giurisdizioni, la cognizione dei diritti sia civili che politici. Sul punto, non può

tralasciarsi un riferimento alla legge quadro sul pubblico impiego n. 93/83 che, da un lato, riconosce e disciplina molti aspetti dei

diritti di libertà e attività sindacale con esplicito richiamo a nor

me dello statuto, ma, dall'altro, nega implicitamente il ricorso

allo speciale procedimento di cui all'art. 28, vuoi evitando di ri

chiamarlo espressamente, vuoi prevedendo uno strumento analo

go a quello in esame nel contesto di un prospettato riordinamento

della giurisdizione amministrativa. L'esclusione del ricorso all'art.

28 comporta una pronuncia di improponibilità della relativa do

manda avanzata con l'atto introduttivo della presente procedura.

Soluzione analoga si impone anche con riferimento alla propo

nibilità della stessa domanda mediante l'utilizzazione dello stru

mento cautelare atipico previsto dall'art. 700 c.p.c., azionato dal

sindacato istante in via subordinata. La Suprema corte nella pro

nuncia in data 26 luglio 1984 n. 4390 ha espressamente statuito

che nel rapporto di impiego statale, la tutela dei diritti sindacali

in senso stretto, cioè dei diritti propri esclusivamente delle orga

nizzazioni sindacali, spetta al giudice ordinario e, quindi, trattan

dosi di cause di valore indeterminabile al tribunale ex art. 9 c.p.c.

In altri termini, quest'ultimo giudice deve pronunciare in pri

mo grado a seguito di azione introdotta con atto di citazione

e nelle forme dell'ordinario processo di cognizione (negandosi in

Il Foro Italiano — 1987 — Parte 7-162.

tal modo la competenza del pretore ex art. 409, n. 5, c.p.c., l'ap

plicabilità del rito del lavoro nonché del rimedio previsto dall'art.

700 c.p.c.). Una parte della dottrina e della giurisprudenza di merito ha,

non senza ragione, mostrato qualche perplessità in merito a tale

soluzione per l'evidente minore incisività della tutela cosi accor

data. Quanto precede si è tradotto in una serie di tentativi volti, sotto un primo profilo, ad affermare la competenza del giudice del lavoro e, sotto altro aspetto, ad ammettere il ricorso al rime

dio ex art. 700 c.p.c. Oltre all'esigenza di privilegiare la compe tenza di un giudice specializzato nella materia, si è evidenziato

come il rito possa essere esteso alle controversie collettive come

già legislativamente sancito dalla 1. n. 847/77 che ha demandato

allo stesso pretore la cognizione dell'opposizione nelle controver

sie introdotte ex art. 28. Inoltre, si è posto l'accento sulla possi bilità di una proficua utilizzazione dell'art. 409, n. 5, c.p.c. con

conseguente assegnazione al pretore del lavoro di tutte le contro

versie che in tale materia non sono riservate al T.A.R. o ad altre

giurisdizioni speciali. La soluzione, a parere del giudicante, non

può essere condivisa ostandovi ragioni di carattere sistematico,

atteso che il rito del lavoro è stato introdotto per disciplinare controversie individuali di lavoro ed il relativo impiego al di fuori

di questo stretto ambito è sempre avvenuto con deroga espressa del legislatore (v. art. 35 1. n. 689/81). Inoltre, il richiamo all'art.

409, n. 5 — oltre a contrastare con la costante applicazione che

della norma si è finora fatta — non appare pertinente per il pre ciso riferimento ai «rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pub blici ed altri rapporti di lavoro pubblico» che essa contiene. Quindi,

pur nella consapevolezza che il permanere di una situazione come

quella attuale costituisce una grossa limitazione per le organizza zioni sindacali dei dipendenti statali, il rinvio fatto dalla sentenza

n. 68 del 1980 ai «procedimenti ordinari promossi innanzi al giu dice civile» deve essere inteso — come autorevolmente fatto dalla

Suprema corte — in senso rigorosamente tecnico: laddove per

«procedimenti ordinari» si devono intendere i procedimenti a co

gnizione prima e non sommaria, mentre la menzione del «giudice civile» non è sufficiente a consentire l'utilizzazione di qualunque

procedimento speciale purché dinanzi al giudice civile.

La distinzione che precede, d'altronde, si accorda — quanto al problema della esperibilità dell'art. 700 c.p.c. che più diretta

mente interessa — anche ai limiti dei poteri dell'a.g.o. in tema

di atti amministrativi, nonché alla natura ed agli effetti del prov vedimento cautelare. La norma dell'art. 4 1. n. 2248 del 1865

ali. E dispone che, se un diritto si pretende leso da un atto del

l'autorità amministrativa, i tribunali si limiteranno a conoscere

gli effetti dell'atto stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudi

zio, fermo restando che «l'atto amministrativo non potrà essere

modificato o revocato se non sovra ricorso alle competenti auto

rità amministrative le quali si conformeranno al giudicato dei tri

bunali in quanto riguarda il caso deciso». Nella fattispecie, ordinare

alla p.a. la revoca del provvedimento denunciato e di astenersi

per il futuro dall'adottare atti dal contenuto analogo — secondo

la richiesta formulata dal sindacato istante — esula dai poteri

dell'a.g.o. Una tale pronuncia verrebbe a proiettare i suoi effetti,

sostanzialmente ablativi dell'atto amministrativo, ben oltre lo spe cifico caso dedotto in giudizio con indebita invasione della sfera

della p.a. ed incidenza nell'azione della stessa. Il che, se non è

consentito all'esito di un procedimento a cognizione ordinaria,

lo è ancor meno in questa sede. Infatti, la richiesta declaratoria

di illegittimità del comportamento (in uno all'ordine di revoca

dell'atto e di astensione per il futuro da analoghi comportamen

ti), lungi dal costituire una cautela strumentale e prodromica ri

spetto alla sentenza, si sovrappone alla stessa accertando e

dichiarando. Invece, accertamento e dichiarazione sono i conte

nuti tipici della decisione definitiva adottata all'esito di un proce

dimento a cognizione piena. Trattandosi di un principio posto

da una legge (e non di rango costituzionale) potrebbe essere dero

gato espressamente dal legislatore che, di fatto, con l'art. 28 ha

consentito che nei confronti di altri enti pubblici diversi dallo

Stato sia azionabile tale speciale rimedio con possibilità per l'a.g.o.

di adottare provvedimenti immediatamente esecutivi che impon

gono la cessazione dei denunciati comportamenti antisindacali.

L'assenza di una espressa deroga anche in favore delle organiz

zazioni sindacali dei dipendenti dello Stato costituisce la più

evidente conferma della diversità di disciplina (che la Corte

This content downloaded from 188.72.126.35 on Wed, 25 Jun 2014 02:34:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 7: sezione lavoro; sentenza 13 marzo 1986, n. 1701; Pres. Vela, Est. Cassata, P. M. Iannelli (concl. conf.); Credito romagnolo (Avv. Visconti, Jacchia) c. F.a.b.i.,F.i.d.a.c.-C.g.i.l.,

2487 PARTE PRIMA 2488

costituzionale ha già avuto modo di ritenere non configgente con

i principi della Costituzione) tutt'ora esistente in materia.

Senza contare, infine, le difficoltà che si incontrerebbero sul

momento in cui si tratta di conciliare il requisito della minaccia

di un pregiudizio imminente ed irreparabile al diritto (presuppo sto dall'art. 700 c.p.c.) ed una pronuncia di carattere meramente

dichiarativa (l'unica ammissibile, anche secondo la direttiva po sta dalla Suprema corte nella sentenza citata).

I

CORTE D'APPELLO DE L'AQUILA; sentenza 30 dicembre

1986; Pres. Nicoletti, Est. Porreca; Min. finanze c. Fall. soc.

f.lli Fedele (Avv. Conicella).

CORTE D'APPELLO DE L'AQUILA;

Fallimento — Accertamento de) passivo — Credito tributario con

testato dinanzi alle commissioni tributarie — Esecutorietà del

l'accertamento per un terzo dell'imposta — Ammissione con

riserva (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 95; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione e disciplina

dell'imposta sul valore aggiunto, art. 60).

Il credito tributario, di cui l'amministrazione finanziaria abbia

chiesto il pagamento di un terzo dell'imposta accertata in pen denza di ricorso del contribuente alla commissione tributaria

di primo grado, deve essere ammesso con riserva al passivo

fallimentare. (1)

II

TRIBUNALE DI LANCIANO; sentenza 2 luglio 1985; Pres. Va

lentina Est. Nappi; Min. finanze c. Fall, ditta Govita Stampi.

Fallimento — Accertamento del passivo — Credito di imposta — Pendenza di giudizio dinanzi alle commissioni tributarie —

Insinuazione tardiva — Ammissione con riserva — Esclusione — Sospensione del processo (Cod. proc. civ., art. 295; r.d.

16 marzo 1942 n. 267, art. 95, 101; d.p.r. 29 settembre 1973

n. 602, disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, art. 45).

Il credito di imposta per il quale penda controversia dinanzi alle

commissioni tributarie non può essere ammesso con riserva al

passivo fallimentare quando formi oggetto di dichiarazione tar

diva ex art. 101 l. fall., dovendo in tale ipotesi disporsi la so

spensione del processo a norma dell'art. 295 c.p.c. (2)

III

TRIBUNALE DI LANCIANO; sentenza 12 ottobre 1984; Pres.

Gennaro, Est. Nappi; Min. finanze c. soc. Fall. soc. f.lli Fedele.

Fallimento — Accertamento del passivo — Credito tributario con

testato dinanzi alle commissioni tributarie — Esecutorietà del

l'accertamento per un terzo dell'imposta — Ammissione con

riserva — Inammissibilità (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 95;

d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 60).

Il credito tributario, di cui l'amministrazione finanziaria abbia

chiesto il pagamento di un terzo dell'imposta accertata in pen denza di ricorso del contribuente alla commissione tributaria

di primo grado, non può essere ammesso con riserva al passivo

fallimentare. (3)

(1-3) Non risultano precedenti editi. Sul potere dell'amministrazione finanziaria di ottenere il pagamento

di un terzo dell'imposta accertata in pendenza del ricorso del contribuen te alla commissione tributaria di primo grado, cfr. Corte cost. 25 maggio 1985, n. 176, Foro it., Rep. 1985, voce Valore aggiunto (imposta), n. 181, che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità dell'art. 60 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, in riferimento agli art. 3, 24 e 113 Cost.

L'art. 45, 2° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, che consente l'ammissione al passivo con riserva dei crediti d'imposta per il cui accer tamento penda ricorso dinanzi alle commissioni tributarie, è applicabile esclusivamente ai tributi diretti esigibili mediante ruoli: v. Trib. Catania

Il Foro Italiano — 1987.

I

Motivi della decisione. — Devesi, innanzitutto, precisare che

dal gravame, e dai relativi allegati, dell'appellante (non, però, dalla copia della sentenza di primo grado che è stata prodotta in atti nella sola prima facciata, di mera intestazione, e nelle ulti

me conclusive due pagine), nonché dalla comparsa di risposta

dell'appellata curatela, risulta che per una prima istanza per am

missione tardiva con riserva al passivo fallimentare di credito ac

certato dall'ufficio fiscale, per i.v.a. ed accessori per complessive lire 54.810.000, il giudice delegato ha sospeso il giudizio a norma

dell'art. 295 c.p.c., nel rilievo che per il predetto preteso credito

di imposta pende controversia avanti alla competente commissio

ne tributaria. Per altra diversa e seconda istanza dell'ufficio del

registro, pure di ammissione tardiva, ma senza riserva, quanto a lire 17.842.000, al passivo fallimentare del medesimo preteso credito di imposta, il giudice delegato ha di nuovo sospeso il giu dizio per la stessa ragione sopra riportata, per i due terzi del

credito di i.v.a. corrispondente a lire 35.233.000, mentre per il

residuo terzo corrispondente a lire 17.842.000, immediatamente

esigibile a norma dell'art. 60 d.p.r. n. 633/72, la decisione è stata

rimessa al tribunale che, però, con l'impugnata sentenza, emessa

in contumacia della curatela, ha dicharato l'istanza inammissibile

assumendo che l'esecutorietà del provvedimento di accertamento

del tributo limitatamente ad un terzo della complessiva pretesa, è irrilevante rispetto alla diversa questione dell'accertamento del

la effettiva esistenza e legittimità del vantato credito tributario, la cui decisione è di esclusiva competenza della commissione tri

butaria avanti a cui pende il relativo giudizio, con la conseguenza che la medesima questione non può essere in alcun modo delibata

dal giudice ordinario con il richiesto provvedimento giurisdizio nale di accertamento della fondatezza del credito, di ammissione

al passivo fallimentare.

In tal modo ricostruiti e precisati i fatti processuali e l'ambito

del giudizio, va ora, rilevato che l'appellante ha chiesto, in que sto grado, l'ammissione in via tardiva e con riserva, dell'intero

preteso credito erariale di lire 54.810.000, al passivo fallimentare, assumendo che i crediti tributari contestati o in via di definitivo

accertamento vanno equiparati ai crediti condizionali (art. 55, 3°

comma, r.d. 16 marzo 1942 n. 267) e possono, quindi, anch'essi

partecipare al concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, a norma degli art. 95 e 113 1. fall.

L'appellata curatela ha, però, in proposito eccepito preliminar

mente, non solo l'inammissibilità della domanda ai sensi dell'art.

345 c.p.c., cosi come ex novo formulata in questo grado con

riferimento non più ad un terzo, ma all'intero del preteso credi

to tributario, e in relazione ad un'ammissione al passivo falli

mentare non più incondizionata per la quota di terzo, ma con

riserva per l'intero, da sciogliersi dopo la decisione della contro

versia tributaria e secondo l'esito della stessa, ma anche l'inam

missibilità della medesima domanda poiché l'istanza d'ammissione

al passivo del fallimento non è stata tempestiva, per cui la legge

24 luglio 1985, Fallimento, 1986, 891, secondo cui in caso di domanda di insinuazione di un credito per i.v.a. contestato dinanzi al giudice tribu

tario, il giudice deve sospendere il giudizio fino alla definizione della con troversia fiscale. Per una più ampia interpretazione dell'art. 45 d.p.r. n. 602 del 1973, cfr. Trib. Padova 10 gennaio 1986, id., 1987, 193, che ha ritenuto possibile l'ammissione con riserva di un credito per i.v.a. insinuato al passivo con le forme della dichiarazione tardiva ex art. 101 1. fall.

Sull'argomento v., in dottrina, A. Rossi, L'ammissione nel passivo fal limentare dei crediti per imposte e sanzioni pecuniarie dopo la riforma tributaria, in Giur. comm., 1984, I, 314, secondo cui la disciplina del l'art. 45 è applicabile anche in caso di ammissione tardiva; Lo Cascio, Le problematiche fiscali delle procedure concorsuali, 1980, 84 ss.; Pajar

di, Fallimento e fisco, 1980, 543 ss. e, da ultimo, Morellini, Crediti tributari in contestazione ed effetti della relativa domanda di ammissione al passivo fallimentare, in Giur. it., 1986, I, 2, 433, in nota adesiva alla sentenza sub II, riportata con la data del 27 settembre 1984.

Con sentenza 11 aprile 1987, Min. finanze c. Fall. soc. Govita Stampi, inedita, la Corte d'appello de L'Aquila ha parzialmente riformato la sen tenza sub III, statuendo, da un lato, che l'ammissione con riserva previ sta dall'art. 45 d.p.r. n. 602/73 non è applicabile nel procedimento di insinuazione tardiva e ribadendo, dall'altro, che il credito di imposta (nella specie, per i.v.a.) può essere ammesso con riserva limitatamente all'im

porto di un terzo ex art. 60 d.p.r. n. 633/72.

This content downloaded from 188.72.126.35 on Wed, 25 Jun 2014 02:34:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended