sezione lavoro; sentenza 14 dicembre 2001, n. 15820; Pres. Saggio, Est. Roselli, P.M. Napoletano(concl. conf.); Bergonzi (Avv. Messina) c. Soc. Du Pont de Nemours italiana (Avv. De Marchis,Squassi). Conferma Trib. Monza 3 marzo 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 1 (GENNAIO 2002), pp. 45/46-47/48Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197707 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
— che il rimettente ritiene assolutamente inderogabile, non ade
rendo a diverse interpretazioni emerse nella giurisprudenza di
legittimità per casi particolari — violerebbe il principio costitu
zionale di eguaglianza (art. 3 Cost.), non essendo giustificata la
diversità di disciplina rispetto all'adozione di minori, consenti
ta, a seguito della dichiarazione della parziale illegittimità co
stituzionale dell'art. 44, 5° comma. 1. 4 maggio 1983 n. 184
(sentenza n. 44 del 1990, id., 1990,1, 353), per realizzare l'unità
familiare. Sarebbe anche violato il diritto tanto dell'adottante
quanto dell'adottando a svolgere la propria personalità nell'am
bito della comunità familiare (art. 2 Cost.). Come pure non sa
rebbero garantiti, in contrasto con i diritti riconosciuti alla fami
glia fondata sul matrimonio (art. 29, 1° comma. Cost.), l'unità
nel nuovo nucleo familiare, e, in contrasto con la tutela giuridi ca e sociale da assicurare ai figli nati fuori del matrimonio (art. 30, 3° comma. Cost.), il diritto del figlio maggiorenne di fare
parte integrante della famiglia del proprio genitore, mediante
l'adozione da parte del coniuge di questi. 2. - La questione di legittimità costituzionale non è fondata.
Il giudice rimettente, denunciando una ingiustificata disparità di trattamento nella disciplina del divario minimo di età che de
ve intercorrere tra l'adottante e l'adottando maggiorenne, requi sito che ritiene non superabile mediante una diversa interpreta zione del sistema normativo pur rimessa al giudice comune nel
l'applicazione della legge, indica quale termine di comparazio ne la regola prevista per l'adozione di minori, sul presupposto che le situazioni siano identiche quando l'adozione riguardi il
figlio del coniuge dell'adottante.
Questa premessa è stata già ritenuta inesatta (sentenza n. 89
del 1993, id., 1993, I, 3200), giacché l'adozione ordinaria ha struttura, funzione ed effetti diversi rispetto a quelli che ca
ratterizzano l'adozione dei minori. Quest'ultima ha come essen
ziale obiettivo l'interesse del minore ad un ambiente familiare
stabile ed armonioso, nel quale si possa sviluppare la sua perso nalità, in un equilibrato contesto affettivo ed educativo che ha
come riferimento idonei genitori adottivi.
L'adozione di minori è, inoltre, caratterizzata dall'in
serimento nella famiglia di definitiva accoglienza e dal rapporto con i genitori adottivi, i quali, assumendo la responsabilità edu
cativa del minore adottato, divengono titolari dei poteri e dei
doveri che caratterizzano la posizione dei genitori nei confronti
dei figli. Ciò implica il pieno inserimento del minore nella co munità familiare adottiva e l'obbligo dell'adottante di mantene
re, istruire ed educare l'adottato così come è previsto per i figli dall'art. 147 c.c. (richiamato dall'art. 48 1. n. 184 del 1983).
L'adozione di persone maggiori di età si caratterizza in modo
diverso. Non implica necessariamente l'instaurarsi o il perma nere della convivenza familiare e non determina la soggezione alla potestà del genitore adottivo, che non assume l'obbligo di
mantenere, istruire ed educare l'adottato.
Non mancano, dunque, differenze tra i due istituti idonee a
giustificare una diversità di disciplina che consenta solo per l'adozione di minori il superamento del divario di età ordina
riamente richiesto tra adottante e adottato, in ragione del rac
cordo tra l'unità familiare e l'ineliminabile momento formativo
ed educativo che caratterizza lo sviluppo della personalità del minore in una famiglia e che solo quella famiglia può assicurare
(sentenza n. 89 del 1993). Rimane invece rimessa alla valuta
zione del legislatore la ponderazione di nuove esigenze sociali,
che eventualmente sollecitino una innovazione in questa disci
plina. Le considerazioni già svolte in relazione alla funzione ed agli
effetti dell'adozione di persone maggiori di età — quali risulta
no dal disegno normativo dell'istituto, che in particolare non
comporta necessariamente l'inserimento dell'adottato nella co
munità familiare, e non quali le parti interessate eventualmente
ritengano di perseguire — consentono di escludere anche la
violazione degli altri parametri di valutazione della legittimità costituzionale indicati dal giudice rimettente.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 291 c.c., solle
vata, in riferimento agli art. 2, 3, 29, 1° comma, e 30, 3° com
ma, Cost., dal Tribunale di Sassari con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
Il Foro Italiano — 2002.
CORTE DI CASSAZIONE; CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 di
cembre 2001, n. 15820; Pres. Saggio, Est. Roselli, P.M. Na
poletano (conci, conf.); Bergonzi (Avv. Messina) c. Soc. Du
Pont de Nemours italiana (Avv. De Marchis, Squassi). Con
ferma Trib. Monza 3 marzo 1998.
Lavoro (rapporto di) — Contratto a tempo determinato —
Contratto a termine previsto dall'art. 8 1. 223/91 — Rife
ribilità al sistema delineato dalla 1. 230/62 — Esclusione (L. 18 aprile 1962 n. 230, disciplina del contratto di lavoro a
tempo determinato, art. 1, 2; 1. 23 luglio 1991 n. 223, norme
in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di di
soccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mer
cato del lavoro, art. 8).
La fattispecie di contratto a termine prevista dall'art. 8 l.
223/91 è ipotesi nuova e diversa rispetto a quelle già previste dalla l. n. 230 del 1962, con la conseguenza che il termine
può essere apposto anche in mancanza delle cause giustifica tive da quest'ultima legge stabilite. (1)
Ritenuto che con sentenza del 3 marzo 1998 il Tribunale di
Monza, in riforma della decisione di primo grado, rigettava la
domanda proposta da Leopoldina Bergonzi nei confronti della
s.p.a. Du Pont de Nemours italiana ed avente ad oggetto la di
chiarazione di nullità del licenziamento intimato alla prima dalla
seconda nonché di reintegrazione ex art. 18 1. 20 maggio 1970
n. 300; che il tribunale respingeva la tesi della lavoratrice, secondo
cui il contratto di lavoro, stipulato ai sensi dell'art. 8 1. 23 luglio 1991 n. 223 per la durata di dodici mesi, doveva in realtà consi
derarsi come a tempo indeterminato giacché nel caso di specie non ricorreva alcuna delle cause giustificative della limitazione
temporale, previste dalla 1. 18 aprile 1962 n. 230;
che, in altre parole, il collegio d'appello riteneva l'ipotesi formulata dall'art. 8 1. n. 223 del 1991 come autonoma, ossia
non integrabile dagli altri elementi previsti in altre leggi, e in
particolare nella 1. n. 230 del 1962; che perciò doveva essere disattesa l'affermazione secondo cui
il licenziamento intimato alla scadenza del termine, pattuito ma
nullo, era illegittimo per difetto di giustificato motivo; che contro questa sentenza ricorre per cassazione la Bergonzi,
mentre la s.p.a. Du Pont de Nemours italiana resiste con contro
ricorso; che la ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che con l'unico motivo la ricorrente lamenta la
violazione dell'art. 8 1. n. 223 del 1991 in relazione all'art. 1 1.
n. 230 del 1962, sostenendo la legittimità del contratto di assun
zione a termine dei lavoratori in mobilità solo a condizione che
ricorra uno degli altri requisiti oggettivi, stabiliti dalla legge ge nerale in materia n. 230 del 1962, ossia negando l'autonomia
della fattispecie descritta dall'art. 8 cit.;
che, non ricorrendo nessuno di quei requisiti, l'apposizione del termine era nulla ed il recesso della datrice di lavoro doveva
ritenersi ingiustificato, contrariamente a quanto ritenuto dal tri
bunale nella sentenza qui impugnata; che il motivo di ricorso non è fondato; che ai sensi dell'art. 8, 2° comma, 1. n. 223 del 1991 «i lavo
ratori in mobilità possono essere assunti con contratto di lavoro
a termine di durata non superiore a dodici mesi. La quota di
contribuzione a carico del datore di lavoro è pari a quella previ sta per gli apprendisti dalla 1. 19 gennaio 1955 n. 25 e succes
sive modificazioni. Nel caso in cui, nel corso del suo svolgi
mento, il predetto contratto venga trasformato a tempo indeter
minato, il beneficio contributivo spetta per ulteriori dodici mesi
in aggiunta a quello previsto dal 4° comma»;
(1) I. - La Cassazione ribadisce la tesi già affermata da Cass. 10 lu
glio 2000, n. 9174, Foro it., 2000, I, 3487, ed anche, per la giurispru denza di merito, da Trib. Cassino 6 dicembre 1999, id., Rep. 2000, voce
Lavoro (rapporto), n. 750; Pret. Frosinone-Alagni 22 settembre 1999,
ibid._, n. 765; Trib. Milano 29 luglio 1999, ibid., n. 756.
II. - Sulla riforma del contratto a termine, v., da ultimo, G. Manna
cio, Contratto a termine: prime riflessioni sulla nuova disciplina, in
questo fascicolo, I, 57.
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PARTE PRIMA
che con tale disposizione il legislatore ha configurato una
nuova e diversa ipotesi, rispetto a quelle già previste dalla 1. n.
230 del 1962, di lecita apposizione di un termine finale al rap
porto di lavoro, al fine di ampliare le possibilità di assunzione di
lavoratori in mobilità, sia pure in occupazioni temporanee, e di
mantenere gli stessi in attività in vista della successiva ed
eventuale stipulazione di contratti a tempo indeterminato; che la considerazione esposta dalla ricorrente, secondo cui
nell'attuale sistema giuslavoristico il contratto a tempo indeter
minato costituisce la regola e quello a tempo determinato l'ec
cezione, non comporta la necessità di integrare la singola previ sione legislativa eccezionale con elementi di altre e distinte fat
tispecie; che in definitiva la tesi sostenuta nel ricorso è priva di alcun
fondamento, sia nella lettera sia nello spirito del più volte citato
art. 8; che in tal senso questa corte si è già espressa con la sentenza
10 luglio 2000, n. 9174 (Foro it., 2000,1, 3487); che la direttiva Cee 99/70, richiamata dalla ricorrente in me
moria e intesa ad evitare l'abuso dei contratti di lavoro subordi
nato a tempo determinato, non infirma l'art. 8 cit., il quale af
fida la previsione contrattuale del termine non all'arbitrio delle
parti bensì ad una situazione oggettiva, quale la crisi dell'im
presa datrice di lavoro;
che, rigettato il ricorso, le spese seguono la soccombenza.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 20
novembre 2001, n. 14574; Pres. Olla, Est. Papa, P.M. Cafie
ro (conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Caputi Iam
brenghi) c. Fondazione Cassa di risparmio di Spoleto (Avv.
Anello, Ciano). Cassa Comm. trib. reg. Umbria 14 luglio 1999 e decide nel merito.
Tributi in genere — Esenzioni ed agevolazioni — Fondazio
ni casse di risparmio — Dividendi percepiti — Ritenuta — Esonero — Esclusione (L. 29 dicembre 1962 n. 1745, istitu
zione di una ritenuta d'acconto o di imposta sugli utili distri
buiti dalle società e modificazioni della disciplina della nomi
natività obbligatoria dei titoli azionari, art. 10 bis; 1. 30 luglio 1990 n. 218, disposizioni in materia di ristrutturazione e inte
grazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubbli co, art. 2).
Le fondazioni casse di risparmio non possono godere dell'eso
nero dall'applicazione della ritenuta sui dividendi azionari
percepiti. (1)
(1) Ad avviso della Suprema corte la soluzione al problema dell'ap plicabilità della norma di esonero di cui all'art. 10 bis 1. 29 dicembre 1962 n. 1745 (introdotto dall'art. 6 d.l. 21 febbraio 1967 n. 22, conver tito nella 1. 21 aprile 1967 n. 209 e tuttora in vigore in forza dell'art. 73
d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600) alle fondazioni casse di risparmio per i dividendi percepiti non passa attraverso la norma di cui all'art. 6 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 601 (che riduce alla metà l'Irpeg dovuta da fon dazioni e da enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza e di istruzione), atteso che il regime da questo dettato «è strumentale ad una materia tributaria radicalmente diversa da quella oggetto della di
sciplina dell'art. 10 bis 1. 1745/62; che non vi è sovrapponibilità tra le
fattispecie astratte considerate dalle due disposizioni; e che non v'è to tale compatibilità tra i due regimi».
La conclusione nel senso dell'applicabilità della ritenuta (e quindi nel senso del mancato godimento dell'esenzione) viene raggiunta sulla considerazione che, da una parte, le fondazioni bancarie non hanno «esclusivamente» scopi di utilità sociale e, dall'altra, che il disposto dell'art. 12, 6° comma, d.leg. 17 maggio 1999 n. 153 (che esclude il di
II Foro Italiano — 2002.
Svolgimento del processo. — 1. - Con istanza 7 ottobre 1996,
la fondazione Cassa di risparmio di Spoleto chiese alla direzio
ne regionale delle entrate dell'Umbria di esprimere il suo parere a favore del proprio esonero dalla ritenuta sui dividendi da par
tecipazione azionaria, ai sensi dell'art. 10 bis 1. 29 dicembre
1962 n. 1745, introdotto dall'art. 6 d.l. 21 febbraio 1967 n. 22, convertito in 1. 21 aprile 1967 n. 209. Tanto, in forza del pre cetto di cui all'art. 6 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 601 (sulle age volazioni e sanatorie tributarie), costituente, a suo avviso, para
digma normativo di portata generale, in ordine al diritto delle
fondazioni ad un trattamento agevolato in tema di redditi da ca
pitale. Con nota 23 novembre 1996, l'ufficio finanziario espresse
parere negativo, atteso che il disposto dell'art. 6 d.p.r. 601/73,
per un verso, è insuscettibile d'interpretazione analogica o an
che, semplicemente, estensiva; e, per altro verso, e comunque, non attribuisce alle «fondazioni bancarie» il diritto al tratta
mento agevolato (riduzione alla metà dell'imposta sul reddito
delle persone giuridiche) da esso riconosciuto.
2. - La fondazione Cassa di risparmio di Spoleto impugnò sif
fatto parere davanti alla Commissione tributaria provinciale di
Perugia. Con l'impugnazione, ripercorse innanzitutto lo sviluppo le
gislativo volto alla ristrutturazione e privatizzazione del settore
creditizio pubblico (dalla 1. 30 luglio 1990 n. 218 al d.leg. 20 novembre 1990 n. 356). In questa prospettiva, sottolineò come il
tutto si sia concretizzato nel distacco (o scorporo) dell'azienda
bancaria (con la sua attribuzione ad una società per azioni con
feritaria) dall'ente conferente trasformatosi in «fondazione»,
deputata a gestire il pacchetto di maggioranza rappresentativo del controvalore dell'azienda scorporata. Puntualizzò, poi, che
l'ente conferente-fondazione è stato sussunto nel novero degli enti non profited oriented; e che — in forza del dettato legis lativo — allo stesso è stato attribuito soltanto scopo e finalità di
interesse pubblico e di utilità sociale, senza che in contrario po tesse valere la sua attività di amministrazione della partecipa
ritto al rimborso o al riporto a nuovo del credito di imposta sui dividen di percepiti dalle fondazioni) si spiega solo sul presupposto dell'assog gettamento dei dividendi percepiti dalle fondazioni alla ritenuta a titolo di imposta.
Nella giurisprudenza di merito, nel senso dell'applicabilità della rite
nuta, Comm. trib. reg. Lombardia 23 aprile 2000, Foro it.. Rep. 2000, voce Tributi in genere, nn. 1375-1377; Comm. trib. prov. Pesaro 28 di cembre 1998, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1242, e Riv. giur. trib., 1999, 497, con nota di G. Provaggi, Fondazioni bancarie: sull'applicazione dell'esonero dalla ritenuta sui dividendi; Comm. trib. prov. Milano 24 febbraio 1998, Rass. trib.. 1999, 549, con nota di A.M. Proto, Benefi ciari delta riduzione Irpeg e fondazioni bancarie; Comm. trib. prov. Fi renze 10 luglio 1997, Foro it., 1997, III, 552, e Rass. trib., 1997, 1029, con nota di E. Nuzzo, Fondazioni bancarie: possesso di partecipazione di maggioranza ed attività commerciale, e Dir. e pratica trib., 1998, II, 1150, con nota di V. D'Ambra, Sul diritto delle fondazioni bancarie a ridurre a metà l'Irpeg.
Contra, e cioè nel senso dell'esonero, generalmente sulla considera zione che le fondazioni bancarie rientrano nel novero degli enti agevo lati ex art. 6 d.p.r. 601/73. il cui ambito viene fatto coincidere con
quello di cui all'art. 10 bis 1. 1745/62, Comm. trib. reg. Toscana 29 no vembre 1999, Foro it., Rep. 2000, voce cit., n. 1378, e Rass. trib., 2000, 213, con nota di Proto, Ancora sull'applicabilità dell'esonero della ritenuta sui dividendi alle fondazioni bancarie-, Comm. trib. reg. Marche 5 novembre 1999, Foro it., Rep. 2000, voce cit., n. 1379. e Dir. e lav. Marche, 1999, 267, con nota di V. Marini Marini, Agevolazioni in tema di imposizione diretta degli enti non commerciali: le fondazioni bancarie; Comm. trib. reg. Veneto 19 luglio 1999, Foro it., Rep. 2000, voce cit., n. 1380, e Corriere trib., 2000, 429, con nota di Ravaccia, Ribadita l'applicazione delle agevolazioni Irpeg alle fondazioni banca
rie; Bollettino trib., 2000, 69, con nota di V. Ficari, In tema di applica bilità delle agevolazioni ex art. 6 d.p.r. 601/73 alle fondazioni bancarie
(di questo a., v. anche La necessità di distinguere fra oggetto e scopo nella tassazione agevolata degli utili distribuiti alla fondazione banca
ria, in Rass. trib., 1998, 79); Comm. trib. prov. Perugia 20 ottobre
1998, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 1244; Comm. trib. prov. Ascoli Piceno 20 ottobre 1998, ibid., n. 1249; Comm. trib. prov. Trieste 26
gennaio 1998, id., Rep. 1998, voce cit., n. 1206, e Riv. dir. trib., 1999, II, 481, con nota di V. Mercurio, Spetta alle fondazioni bancarie la ri
duzione a metà dell'Irpeg, e Corriere trib., 1998, 841, con nota di M.G. Corvaglia, Riduzione Irpeg per te fondazioni casse di risparmio (in motivazione): Comm. trib. prov. Venezia 1° luglio 1997, Foro it.,
Rep. 1997, voce cit., n. 1187.
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