sezione lavoro; sentenza 14 febbraio 2004, n. 2865; Pres. Senese, Est. A. Celentano, P.M.Napoletano (concl. conf.); Inps (Avv. Cerioni, Spadafora, Biondi) c. Ciraci (Avv. Agostini). CassaTrib. Brindisi 4 aprile 2001 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 3 (MARZO 2005), pp. 853/854-857/858Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200237 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Si tratta, infatti, di dare al comune (come ad ogni altro ente
locale) datore di lavoro — che abbia versato contributi ad enti
previdenziali diversi (Inps, appunto, e Cpdel), per lo stesso pe riodo di servizio di propri dipendenti
— la possibilità di recupe rare la quota a proprio carico della pensione
— erogata dalla
Cpdel a quei dipendenti, «in base al servizio complessivo» —
sui diritti pensionistici «corrispondenti», che — per lo stesso
periodo di servizio — essi maturino a carico dell'Inps. 3. - Coerente con la lettera («sino a concorrenza della quota
posta a suo carico», appunto, della pensione erogata dalla
Cpdel) e con la ratio della disposizione in esame risulta, quindi, la configurazione della stessa «quota»
— prospettata, corretta
mente, dal tribunale — quale «limite esterno» al diritto del co
mune di sostituirsi ai propri dipendenti — nei diritti pensionisti ci, dai medesimi maturati a carico dell'Inps
— e, eventualmen
te, di agire in rivalsa nei loro confronti.
In altri termini, i diritti di surroga e di rivalsa — che ne ri sultano attribuiti ex lege, in presenza delle previste condizioni, al comune (come ad ogni altro ente locale) datore di lavoro —
sono funzionali, in via esclusiva, al recupero della quota — a
proprio carico — della pensione erogata dalla Cpdel, con la
conseguenza che la stessa quota costituisce il limite insuperabile
per quei diritti. 4. - Quanto, poi, all'oggetto della surroga e della rivalsa, il
tenore letterale della disposizione in esame («corrispondenti di
ritti», appunto) sembra, parimenti, confortato dalla ratio legis. Ne risulta, infatti, limitato ai «diritti» pensionistici a carico
dell'Inps —
«corrispondenti», appunto, ai contributi versati dal
comune allo stesso istituto — che i dipendenti maturino per il
periodo di servizio con iscrizione ad enti previdenziali diversi
(Inps, appunto, e Cpdel). Si tratta, quindi, della pensione a carico, appunto, dell'Inps
— nel suo importo a calcolo (v., per tutte, Cass. 3859/99, id.,
Rep. 1999, voce Previdenza sociale, n. 718), cioè corrispon dente ai contributi effettivamente versati dal comune per il pe riodo considerato — con esclusione di qualsiasi integrazione.
5. - Coerentemente, la surroga e la rivalsa non possono ri
guardare — come questa corte ha già avuto occasione di affer
mare (v. la sentenza 12885/93, id., Rep. 1993, voce Impiegato
degli enti locali, n. 295) — l'integrazione al trattamento mini
mo, in quanto questa —
per assolvere la propria funzione di ga ranzia di adeguatezza (art. 38, 2° comma, Cost.) della pensione
(v., per tutte, Corte cost. 438/92, id., 1994, I, 3581; 165/92, id.,
Rep. 1992, voce Previdenza sociale, n. 843; 69/90, id., 1991, I,
385; 70/90, ibid.-, 547/90, ibid., 384; 373/89, id., 1989, I, 2341; 488/89, ibid., 3021; 184/88, ibid., 2055; 1144/88, ibid., 2054, e 102/82, id., 1982, I, 1489) — ne integra, appunto, l'importo a
calcolo, a prescindere dai contributi effettivamente versati o ac
creditati.
Parzialmente diversa, tuttavia, dev'essere la soluzione della
medesima questione, con riferimento all'integrazione al minimo
che sia stata, come nella specie, cristallizzata.
La cristallizzazione dell'integrazione al minimo — cioè il
mantenimento della pensione, nella misura complessiva spet tante al 30 settembre 1983 — è destinata, infatti, ad essere as
sorbita negli aumenti futuri della pensione-base, nel suo importo a calcolo (v., per tutte, Cass. 15695/00, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 777; 3859/99, cit.; 2460/98, id., Rep. 1998, voce cit., n. 667; 5822/95, id., Rep. 1995, voce cit., n. 806).
Coerentemente l'integrazione al minimo cristallizzata esula —
dall'oggetto della surroga e della rivalsa del comune — li
mitatamente alla parte che non risulti già assorbita negli au
menti sopravvenuti della pensione-base e, come tale, non con
corra ad integrarne l'importo a calcolo.
La sentenza impugnata — che include l'integrazione al mi
nimo cristallizzata, senza limiti, nell'oggetto della surroga e
della rivalsa del comune resistente — si discosta dal principio di
diritto, ora enunciato, e merita, quindi, le censure che — sul
punto — le vengono mosse dalla ricorrente.
6. - Il ricorso, pertanto, dev'essere accolto — per quanto di
ragione — nei limiti sopra precisati. Per l'effetto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad
altro giudice d'appello, designato in dispositivo, perché proceda al riesame della controversia uniformandosi al principio di di
ritto enunciato.
Il Foro Italiano — 2005.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 feb
braio 2004, n. 2865; Pres. Senese, Est. A. Celentano, P.M.
Napoletano (conci, conf.); Inps (Avv. Cerioni, Spadafora,
Biondi) c. Ciraci (Avv. Agostini). Cassa Trib. Brindisi 4
aprile 2001 e decide nel merito.
Previdenza e assistenza sociale — Indennità di maternità —
Prescrizione — Disciplina (Cod. civ., art. 2935, 2943; 1. 11
gennaio 1943 n. 138, costituzione dell'ente «Mutualità fasci
sta - Istituto per l'assistenza di malattia ai lavoratori», art. 6; 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, tutela delle lavoratrici madri,
art. 15; d.leg. 26 marzo 2001 n. 151, t.u. delle disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e
della paternità, a norma dell'art. 15 1. 8 marzo 2000 n. 53, art. 22).
Il termine annuale di prescrizione dell'indennità di maternità
di cui all'art. 15 l. 30 dicembre 1971 n. 1204, la quale matu
ra di giorno in giorno e si risolve in un complesso di diritti a
ratei giornalieri, decorre dal giorno in cui tali ratei sono do
vuti, dovendosi tenere presente, a tali fini, che: a) una volta
presentata tempestiva domanda amministrativa, l'obbligo di
pagamento dei ratei decorre per l'ente previdenziale dal
giorno di maturazione degli stessi, sicché il silenzio-rifiuto del medesimo ente si perfeziona con il decorso di centoventi
giorni dalla data di presentazione della domanda, per i ratei
maturati contestualmente o precedentemente alla stessa e
tempestivamente richiesti, e dal giorno di maturazione di
ciascun rateo per quelli maturati successivamente alla do
manda amministrativa; b) il procedimento amministrativo
derivante dalla presentazione di ricorso avverso il provve dimento di diniego (o il silenzio-rifiuto) dell'ente ha effetto
sospensivo del termine di prescrizione. (1)
Svolgimento del processo. — Con sentenza del 21 giugno
1999 il Pretore di Brindisi, accogliendo la domanda proposta da
Maria Ciraci nei confronti dell'Inps, condannava l'istituto pre videnziale a pagare alla ricorrente l'indennità di maternità per l'astensione obbligatoria in relazione al parto avvenuto il 7 gen naio 1990, nonché l'indennità per l'astensione facoltativa, dopo lo stesso parto, per il periodo dal 21 aprile 1990 al 21 ottobre
1990.
(1) La riportata sentenza si evidenzia per il riepilogo della giurispru denza in ordine alla decorrenza ed alla interruzione della prescrizione in tema di indennità di maternità.
Per l'applicabilità del termine annuale di prescrizione all'indennità di maternità anche per le lavoratrici autonome dell'agricoltura e del
commercio, come per le lavoratrici subordinate, Cass. 19 gennaio 1998, n. 444, Foro it., 1998, I, 784. Per l'applicazione all'indennità di mater nità della lavoratrice agricola del medesimo termine di prescrizione stabilito per l'indennità di malattia dall'art. 6, ultimo comma, 1. n. 138 del 1943 e cioè di un anno dalla data della sua acquisizione, Cass. 10
giugno 2003, n. 9286, id., Rep. 2003, voce Previdenza sociale, n. 507; 4 maggio 1999, n. 4436, id., Rep. 1999, voce, cit., n. 764; Pret. Manto
va 17 agosto 1999, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 664 (in cui si specifica, tra l'altro, che il termine annuale di prescrizione non trova applicazione nel caso in cui il soggetto obbligato alla prestazione non sia l'ente pre videnziale, ma, ai sensi della 1. 1204/71, art. 13, 2° comma, il datore di
lavoro, soggetto pubblico). In ordine alla idoneità a determinare la sospensione del termine an
nuale di prescrizione del procedimento amministrativo, nel senso che il termine resta sospeso, a norma dell'art. 97, ultimo comma, r.d.l. 1827/35 per effetto e per tutta la durata del procedimento amministra
tivo, variabile in funzione della eventuale formazione del silenzio rifiuto sulla domanda ovvero della proposizione del ricorso ammini
strativo avverso il provvedimento di rigetto della domanda stessa, con
forme alla riportata sentenza, Cass. 10 giugno 2003, n. 9286, cit.
Sul rapporto fra prescrizione del diritto all'indennità di maternità e
decadenza dall'azione giudiziaria, nel senso che la disposizione di cui
all'art. 6 1. 138/43, per cui il diritto all'indennità di maternità per il pe riodo di astensione obbligatoria si prescrive nel termine di un anno, non
è rimasta abrogata per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 4 d.l.
384/92, convertito in 1. 438/92 che — sostituendo il termine decennale
di decadenza previsto dall'art. 6 d.l. 103/91 con termini triennali e an
nuali — riguarda solo la decadenza sostanziale dall'azione giudiziaria, ma non la prescrizione del diritto a tale indennità, Cass. 9 aprile 2001, n. 5230, ibid., n. 437; 5 febbraio 2001, n. 1616, ibid., n. 662. Sul termi
ne di decadenza per l'azione giudiziaria, cfr. Cass. 23 agosto 2003, n.
12407, id., 2004,1. 508.
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855 PARTE PRIMA 856
Il pretore disattendeva l'eccezione di prescrizione formulata
dall'Inps.
L'appello dell'istituto previdenziale, che insisteva nella ecce
zione di prescrizione, veniva rigettato dal Tribunale di Brindisi
con sentenza del 7 febbraio - 4 aprile 2001.
Ricordato che l'indennità di maternità per l'astensione obbli
gatoria e per quella facoltativa si prescrive, ai sensi dell'art. 6 1.
11 gennaio 1943 n. 138, nel termine di un anno, i giudici di ap
pello ritenevano, condividendo la tesi dell'appellata, che il ter
mine di prescrizione inizia a decorrere dal decorso di tre mesi
dopo il parto, per l'indennità da astensione obbligatoria, e dalla
data di ripresa dell'attività lavorativa per l'indennità da asten
sione facoltativa.
Anche sulla scorta degli atti internativi del 9 febbraio 1991, 21 ottobre 1991, 24 settembre 1992, 23 gennaio 1993 e 30 no
vembre 1993, la prescrizione non era maturata.
Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando un
unico motivo di censura l'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps).
Maria Ciraci resiste con controricorso.
Motivi delta decisione. — Con l'unico motivo l'Inps denun
cia violazione e falsa applicazione degli art. 6 1. 11 gennaio 1943 n. 138 e 15 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, in relazione agli art. 2935 e 2943 c.c.; nonché vizio di motivazione.
Assume che le domande amministrative erano state rispetti vamente presentate il 7 novembre 1989 (per l'astensione obbli
gatoria) e il 21 aprile 1990 (per l'astensione facoltativa); e che il
primo atto interruttivo della prescrizione era del 9 febbraio 1991
per l'indennità da astensione obbligatoria e del 21 ottobre 1991
per l'indennità da astensione facoltativa.
Sostiene che il tribunale avrebbe dovuto accogliere l'eccezio
ne di prescrizione, quanto meno per le giornate maturate fino al
9 febbraio 1990 per l'astensione obbligatoria (protrattasi dal 7
novembre 1989 al 7 aprile 1990), ma totalmente per l'astensio
ne facoltativa (avvenuta dal 21 aprile 1990 al 21 ottobre 1990), tenuto conto delle ricordate date degli atti interruttivi.
Deduce che il tribunale, pur richiamando la sentenza di que sta corte n. 2277 del 1998 (Foro it.. Rep. 1998, voce Previdenza
sociale, n. 697), si è posto in contrasto con la stessa, atteso che
in tale decisione si conferma che il diritto all'indennità di ma
ternità, in virtù del richiamo effettuato dall'art. 15 1. n. 1204 del
1971 alle disposizioni sull'indennità di malattia, matura di gior no in giorno in dipendenza dell'assenza dal lavoro causata dallo
stato di gravidanza o di puerperio e dalla stessa data della sua
maturazione decorre il termine della speciale prescrizione an
nuale.
Il ricorso è fondato solo in parte. Va preliminarmente rilevato che la questione della decorrenza
della prescrizione viene sollevata solo con riferimento al tempo intercorrente fra il controverso momento iniziale ed i primi atti
interruttivi (9 febbraio 1991 per l'astensione obbligatoria, 21
ottobre 1991 per l'astensione facoltativa). Non si contesta che
fra i primi atti interruttivi e quelli successivi, nonché fra questi e
l'inizio dell'azione giudiziaria, non sia intercorso più di un an
no.
Tanto premesso, osserva il collegio che l'art. 15 1. 30 dicem
bre 1971 n. 1204 (tutela delle lavoratrici madri), dopo aver di
sposto ai primi due commi che le lavoratrici hanno diritto ad
una indennità giornaliera per il periodo di astensione obbligato ria e per quello di assenza facoltativa previsti dalla legge, di
spone, al 3° comma, che «le indennità di cui ai commi prece denti sono corrisposte con gli stessi criteri previsti per l'eroga zione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le
malattie dall'ente assicuratore di malattia presso il quale la la
voratrice è assicurata ...».
Il rinvio ai criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione contro le malattie comporta, secondo un co
stante orientamento della corte, l'applicabilità della prescrizione annuale di cui all'art. 6 1. 11 gennaio 1943 n. 138: «L'azione
per conseguire le prestazioni, di cui alla presente legge, si pre scrive nel termine di un anno dal giorno in cui esse sono dovu
te».
In ordine alla decorrenza e alla interruzione di tale prescri zione l'orientamento della corte non è stato uniforme.
Con sentenza n. 6821 del 1992, (id.. Rep. 1993, voce cit., n.
Il Foro Italiano — 2005.
520) è stato affermato che l'indennità di maternità, al pari di
quella per malattia, matura de die in diem, in dipendenza della
contestuale astensione dal lavoro per gravidanza o puerperio; ma che il termine di prescrizione breve, di cui all'art. 6 1.
138/43, decorre tuttavia «soltanto dal giorno in cui si perfezioni la rispettiva fattispecie costitutiva (ivi compresa l'emanazione
di eventuali provvedimenti amministrativi, anche con effetti re
troattivi, che concorrano ad integrare quelle fattispecie) ed il di
ritto possa essere fatto valere».
Con sentenza n. 4348 del" 1995 (id., Rep. 1995, voce cit., n.
903) è stato ribadito che «l'inizio della decorrenza del termine
breve deve farsi coincidere (art. 2935 c.c.) con il giorno in cui si
perfezionino i requisiti (diversi nei vari casi) costitutivi del di ritto all'indennità e questo possa esser fatto valere»; e che la ri
chiesta di pagamento del trattamento di maternità avanzata in
sede amministrativa, come pure l'espletamento (in questa mate
ria solo facoltativo) del ricorso precontenzioso avverso il prov vedimento (reale o virtuale) che ne rifiuti l'erogazione, ovvero
anche il riconoscimento del diritto da parte dell'ente previden ziale obbligato, producono tutti l'interruzione, ma con effetto
solamente istantaneo, secondo la regola degli art. 2943, ultimo
comma, e 2944 c.c.
Non incide, invece, sul corso dell'anzidetto termine annuale, secondo la citata sentenza, la durata del procedimento ammini
strativo, in mancanza di specifica previsione (come quella del
l'art. 111,2° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124). Con sentenza n. 2277 del 2 marzo 1998, cit., questa corte ha
affermato che «il diritto all'indennità di maternità, al quale si
applica il regime di prescrizione dell'indennità di malattia, ma
tura di giorno in giorno, in dipendenza dall'assenza dal lavoro
causata dallo stato di gravidanza o di puerperio, e dallo stesso
giorno di maturazione decorre, in base alla regola di cui all'art.
2935 c.c., la speciale prescrizione breve (annuale) prevista dal
l'art. 6, ultimo comma, 1. 11 gennaio 1943 n. 138».
Con sentenza n. 8042 del 26 agosto 1997 (id., Rep. 1997, vo
ce cit., n. 1060), con riferimento alla indennità di malattia (il cui
termine prescrizionale è, come sopra evidenziato, lo stesso delle
indennità di maternità), si è rilevato che, poiché la presentazione della domanda amministrativa costituisce condizione di propo nibilità della domanda in sede giudiziaria, e poiché, in assenza
di risposta dell'ente previdenziale, la domanda deve considerar
si respinta dopo il decorso del termine di cui all'art. 7 1. 11 ago sto 1973 n. 533, il termine di prescrizione breve annuale, previ sto dall'art. 6 1. 11 gennaio 1943 n. 138, «inizia a decorrere
dalla data di formazione del silenzio-rifiuto, ex art. 7 1. 11 ago sto 1973 n. 533, sulla domanda rivolta all'Inps per ottenerla, salvi gli effetti dell'eventuale ricorso contro il detto provvedi mento a norma dell'art. 46, 5° comma, 1. 9 marzo 1989 n. 88, la
proposizione del quale implica la non computabilità, ai fini pre scrizionali, del successivo periodo di novanta giorni previsto dal
6° comma del medesimo articolo, decorso il quale l'interessato
ha facoltà di adire l'autorità giudiziaria». La sentenza n. 1396 del 4 febbraio 2002 (id.. Rep. 2002, voce
cit., n. 617) ha poi applicato il principio, affermato da Cass.
8042/97, cit., all'indennità di maternità.
In precedenza la sentenza n. 14421 del 21 dicembre 1999 (id..
Rep. 1999, voce cit., n. 428) aveva rilevato che l'indennità di
maternità matura di giorno in giorno e si risolve in un comples so di diritti a ratei giornalieri, aventi in comune una componente della fattispecie costitutiva (l'evento parto per il periodo ad esso
successivo, la sua previsione per il periodo anteriore) ma diffe
renziati per l'ulteriore componente costituita dai corrispondenti
giorni di astensione.
Con sentenza pronunciata all'udienza del 31 gennaio 2003, ed
attualmente in corso di pubblicazione, si è poi sottolineata la vi
genza dell'ultimo comma dell'art. 97 r.d.l. 4 ottobre 1935 n.
1827, convertito nella 1. 6 aprile 1936 n. 1155, il quale prevede che «Il procedimento in sede amministrativa ha effetto sospen sivo dei termini di prescrizione».
Si è così confermato, seppure in forza anche di una disposi zione di legge prima ignorata, l'orientamento espresso dalle ci
tate sentenze 8042/97 e 1396/02.
Dal quadro giurisprudenziale sopra delineato e da alcune
delle condivisibili considerazioni in esso contenute occorre, ad
avviso del collegio, trarre ulteriori conseguenze, precisando al
cuni punti:
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
1) l'indennità di maternità ha, come l'indennità di malattia, carattere giornaliero; si tratta di un complesso di diritti a ratei
giornalieri, aventi in comune una componente della fattispecie costitutiva (l'evento parto per il periodo ad esso successivo, la
sua previsione per il periodo anteriore) ma differenziati per l'ulteriore componente costituita dai corrispondenti giorni di
astensione (Cass. 21 dicembre 1999, n. 14421, cit.);
2) la prescrizione di un anno, di cui all'art. 6 1. 11 gennaio 1943 n. 138, inizia a decorrere dal giorno in cui le prestazioni sono dovute;
3) perché le prestazioni siano dovute occorre non solo che il
diritto sia maturato, ma che sia presentata apposita, tempestiva domanda amministrativa (Cass. 26 agosto 1997, n. 8042, cit.);
4) una volta presentata la domanda amministrativa, occorre
quindi, perché l'eventuale silenzio dell'ente previdenziale sia
significativo, che sia già maturato o maturi anche il diritto al
l'indennità; 5) l'art. 97 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, convertito in legge,
con modificazioni, con 1. 6 aprile 1936 n. 1155, dispone, all'ul
timo comma, che il procedimento amministrativo ha effetto so
spensivo dei termini di prescrizione;
6) il procedimento amministrativo relativo all'indennità di
maternità, come per le altre prestazioni dovute dall'Inps, è
scandito dai seguenti tempi: il decorso di centoventi giorni dalla
domanda amministrativa, presentata contestualmente o succes
sivamente (e comunque tempestivamente) alla maturazione del
diritto, perché la domanda, in assenza di un provvedimento an
teriore dell'istituto, si intenda rigettata (art. 7 1. n. 533 del
1973); avverso il provvedimento di rigetto della indennità di
maternità o il silenzio-rifiuto può essere proposto, nel termine di
novanta giorni, ricorso amministrativo (art. 46, 5° comma, 1. 9
marzo 1989 n. 88); in caso di proposizione del ricorso e di man
cata pronuncia sullo stesso entro ulteriori novanta giorni, si de
termina il silenzio-rigetto (art. 46, 6° comma, 1. 88/89);
7) con la promulgazione della 1. 9 marzo 1989 n. 88, il con
tenzioso amministrativo avverso i provvedimenti negativi del
l'Inps comprende anche le prestazioni economiche per la mater
nità (art. 46, 1° comma, lett. f), di modo che anche per tali pre stazioni è stato introdotto il ricorso amministrativo, non previsto nella precedente normativa.
Da quanto sopra precisato si può sintetizzare il seguente prin
cipio di diritto: «L'indennità di maternità, di cui all'art. 15 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, matura di giorno in giorno e si risolve
in un complesso di diritti a ratei giornalieri; l'azione per conse
guire l'indennità si prescrive nel termine di un anno dal giorno in cui i ratei sono dovuti; una volta presentata tempestiva do
manda amministrativa, l'obbligo di pagamento dei ratei decorre,
per l'ente previdenziale, dal giorno di maturazione degli stessi, sicché il silenzio-rifiuto dell'ente si perfeziona con il decorso di
centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda, per i ratei maturati contestualmente o precedentemente alla stessa e
tempestivamente richiesti, e dal giorno di maturazione di cia
scun rateo per quelli maturati successivamente alla domanda
amministrativa; avverso il provvedimento di diniego o il silen
zio-rifiuto l'interessato ha il termine di novanta giorni per pre sentare ricorso amministrativo, ricorso che si ha per respinto
dopo ulteriori novanta giorni dalla sua presentazione; il proce dimento in sede amministrativa, ai sensi dell'art. 97, ultimo
comma, r.d.l. n. 1827 del 1935, ha effetto sospensivo dei termini
di prescrizione».
Applicando tali principi alla fattispecie in esame, si ha che
l'azione per conseguire l'indennità per l'astensione obbligato
ria, in relazione al parto previsto (ed effettivamente avvenuto) il
7 gennaio 1990, non si è prescritta. La domanda amministrativa
per tale indennità (relativa al periodo 7 novembre 1989 - 7
aprile 1990) è stata presentata, come risulta dalla sentenza im
pugnata, il 7 novembre 1989 e la prestazione è stata sollecitata
con atto interruttivo del 9 febbraio 1991.
A tale data non era decorso il termine di un anno e centoventi
giorni (tenuto conto che, da quanto risulta dalla sentenza impu
gnata, l'Inps non ha emesso un formale provvedimento di dinie
go e che la sig. Ciraci non ha presentato ricorso amministrativo)
dal 7 novembre 1989 e, a maggior ragione, dai giorni successi
vi, fino al 7 aprile 1990, per ciascuno dei quali è maturato il ra
teo all'indennità.
Il Foro Italiano — 2005.
L'indennità per l'astensione facoltativa, richiesta il 21 aprile 1990 per il periodo 21 aprile 1990 - 21 ottobre 1990, invece, te
nuto conto dell'atto interruttivo del 21 ottobre 1991 e del fatto
che l'assicurata non ha proposto ricorso amministrativo avverso
il silenzio-rifiuto dell'istituto, non è prescritta per i ratei dal 23
giugno al 21 ottobre 1990, mentre è prescritta per i ratei prece denti, considerato che dal 22 giugno 1990 (e, a maggior ragione, dai giorni precedenti di maturazione dei ratei) al 21 ottobre
1991 è decorso il periodo di un anno e centoventi giorni. In conclusione il ricorso va accolto per quanto di ragione, la
sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori
accertamenti dì fatto, la causa va decisa nel merito, con la con
danna dell'Inps a pagare alla sig. Maria Ciraci l'indennità di
maternità per l'astensione obbligatoria e, per quanto concerne
l'astensione facoltativa, i relativi ratei dal 23 giugno al 21 otto
bre 1990, oltre interessi legali dalle date di maturazione al sal
do.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 20 ago sto 2003, n. 12235; Pres. De Musis, Est. Giuliani, P.M. Uc
cella (conci, parz. diff.); Soc. coop. Cea (Avv. Russo) c.
Istituto autonomo case popolari della provincia di Foggia
(Avv. Romano). Cassa App. Bari 19 ottobre 1999.
Opere pubbliche — Appalto — Sospensione dei lavori —
Colpa del committente — Risarcimeislo (Cod. civ., art.
1218; d.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063, approvazione del capito lato generale d'appalto per le opere di competenza del mini
stero dei lavori pubblici, art. 30).
Opere pubbliche — Appalto — Conclusione dei lavori oltre
il termine iniziale — Premio di incentivazione — Esclu
sione (L. 10 dicembre 1981 n. 741, ulteriori norme per l'ac
celerazione delle procedure per l'esecuzione di opere pubbli che, art. 12).
Il committente è responsabile, nei confronti dell'appaltatore, dei danni derivanti dalla sospensione dei lavori dovuta al
l'impugnazione davanti al tribunale amministrativo regionale della concessione edilizia necessaria per il compimento dei
lavori stessi, qualora non fornisca la prova della mancata
imputabilità a sé delle cause per le quali il giudice abbia so
speso l'esecuzione dei lavori, sulla base di criteri di non pre vedibilità, non evitabilità e non superabilità di simili cause, alla stregua dello sforzo dovuto secondo l'ordinaria diligen za. (1)
Correttamente il giudice di merito ha ritenuto non erogabile il
(1) La sentenza in epigrafe ha ad oggetto il problema di valutare se un ordine di sospensione di una licenza edilizia da parte del giudice amministrativo (c.d. factum principis) possa essere considerato come
causa dì forza maggiore per la sospensione di un lavoro di appalto, con
conseguente applicabilità dell'art. 30 d.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063, il
quale esonera l'amministrazione dal pagamento di qualsiasi indennizzo
all'appaltatore. In generale, la giurisprudenza afferma che il provvedimento di una
pubblica amministrazione, estranea al rapporto contrattuale, che abbia
impedito al debitore di adempiere la prestazione non possa essere con
siderato causa idonea ad escludere l'imputabilità dell'inadempimento
qualora il provvedimento stesso fosse ragionevolmente prevedibile se
condo un criterio di comune diligenza (Cass. 23 febbraio 2000, n. 2059, Foro it., Rep. 2000, voce Obbligazioni in genere, n. 53); dunque la li
berazione del debitore dalla responsabilità per inadempimento in ragio ne della sopravvenuta impossibilità della prestazione può verificarsi in
quanto concorrano l'elemento obiettivo rappresentato dall'impossibilità
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