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sezione lavoro; sentenza 14 febbraio 2004, n. 2865; Pres. Senese, Est. A. Celentano, P.M. Napoletano...

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sezione lavoro; sentenza 14 febbraio 2004, n. 2865; Pres. Senese, Est. A. Celentano, P.M. Napoletano (concl. conf.); Inps (Avv. Cerioni, Spadafora, Biondi) c. Ciraci (Avv. Agostini). Cassa Trib. Brindisi 4 aprile 2001 e decide nel merito Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 3 (MARZO 2005), pp. 853/854-857/858 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23200237 . Accessed: 28/06/2014 16:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.223.28.130 on Sat, 28 Jun 2014 16:09:02 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 14 febbraio 2004, n. 2865; Pres. Senese, Est. A. Celentano, P.M.Napoletano (concl. conf.); Inps (Avv. Cerioni, Spadafora, Biondi) c. Ciraci (Avv. Agostini). CassaTrib. Brindisi 4 aprile 2001 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 3 (MARZO 2005), pp. 853/854-857/858Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200237 .

Accessed: 28/06/2014 16:09

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Si tratta, infatti, di dare al comune (come ad ogni altro ente

locale) datore di lavoro — che abbia versato contributi ad enti

previdenziali diversi (Inps, appunto, e Cpdel), per lo stesso pe riodo di servizio di propri dipendenti

— la possibilità di recupe rare la quota a proprio carico della pensione

— erogata dalla

Cpdel a quei dipendenti, «in base al servizio complessivo» —

sui diritti pensionistici «corrispondenti», che — per lo stesso

periodo di servizio — essi maturino a carico dell'Inps. 3. - Coerente con la lettera («sino a concorrenza della quota

posta a suo carico», appunto, della pensione erogata dalla

Cpdel) e con la ratio della disposizione in esame risulta, quindi, la configurazione della stessa «quota»

— prospettata, corretta

mente, dal tribunale — quale «limite esterno» al diritto del co

mune di sostituirsi ai propri dipendenti — nei diritti pensionisti ci, dai medesimi maturati a carico dell'Inps

— e, eventualmen

te, di agire in rivalsa nei loro confronti.

In altri termini, i diritti di surroga e di rivalsa — che ne ri sultano attribuiti ex lege, in presenza delle previste condizioni, al comune (come ad ogni altro ente locale) datore di lavoro —

sono funzionali, in via esclusiva, al recupero della quota — a

proprio carico — della pensione erogata dalla Cpdel, con la

conseguenza che la stessa quota costituisce il limite insuperabile

per quei diritti. 4. - Quanto, poi, all'oggetto della surroga e della rivalsa, il

tenore letterale della disposizione in esame («corrispondenti di

ritti», appunto) sembra, parimenti, confortato dalla ratio legis. Ne risulta, infatti, limitato ai «diritti» pensionistici a carico

dell'Inps —

«corrispondenti», appunto, ai contributi versati dal

comune allo stesso istituto — che i dipendenti maturino per il

periodo di servizio con iscrizione ad enti previdenziali diversi

(Inps, appunto, e Cpdel). Si tratta, quindi, della pensione a carico, appunto, dell'Inps

— nel suo importo a calcolo (v., per tutte, Cass. 3859/99, id.,

Rep. 1999, voce Previdenza sociale, n. 718), cioè corrispon dente ai contributi effettivamente versati dal comune per il pe riodo considerato — con esclusione di qualsiasi integrazione.

5. - Coerentemente, la surroga e la rivalsa non possono ri

guardare — come questa corte ha già avuto occasione di affer

mare (v. la sentenza 12885/93, id., Rep. 1993, voce Impiegato

degli enti locali, n. 295) — l'integrazione al trattamento mini

mo, in quanto questa —

per assolvere la propria funzione di ga ranzia di adeguatezza (art. 38, 2° comma, Cost.) della pensione

(v., per tutte, Corte cost. 438/92, id., 1994, I, 3581; 165/92, id.,

Rep. 1992, voce Previdenza sociale, n. 843; 69/90, id., 1991, I,

385; 70/90, ibid.-, 547/90, ibid., 384; 373/89, id., 1989, I, 2341; 488/89, ibid., 3021; 184/88, ibid., 2055; 1144/88, ibid., 2054, e 102/82, id., 1982, I, 1489) — ne integra, appunto, l'importo a

calcolo, a prescindere dai contributi effettivamente versati o ac

creditati.

Parzialmente diversa, tuttavia, dev'essere la soluzione della

medesima questione, con riferimento all'integrazione al minimo

che sia stata, come nella specie, cristallizzata.

La cristallizzazione dell'integrazione al minimo — cioè il

mantenimento della pensione, nella misura complessiva spet tante al 30 settembre 1983 — è destinata, infatti, ad essere as

sorbita negli aumenti futuri della pensione-base, nel suo importo a calcolo (v., per tutte, Cass. 15695/00, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 777; 3859/99, cit.; 2460/98, id., Rep. 1998, voce cit., n. 667; 5822/95, id., Rep. 1995, voce cit., n. 806).

Coerentemente l'integrazione al minimo cristallizzata esula —

dall'oggetto della surroga e della rivalsa del comune — li

mitatamente alla parte che non risulti già assorbita negli au

menti sopravvenuti della pensione-base e, come tale, non con

corra ad integrarne l'importo a calcolo.

La sentenza impugnata — che include l'integrazione al mi

nimo cristallizzata, senza limiti, nell'oggetto della surroga e

della rivalsa del comune resistente — si discosta dal principio di

diritto, ora enunciato, e merita, quindi, le censure che — sul

punto — le vengono mosse dalla ricorrente.

6. - Il ricorso, pertanto, dev'essere accolto — per quanto di

ragione — nei limiti sopra precisati. Per l'effetto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad

altro giudice d'appello, designato in dispositivo, perché proceda al riesame della controversia uniformandosi al principio di di

ritto enunciato.

Il Foro Italiano — 2005.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 feb

braio 2004, n. 2865; Pres. Senese, Est. A. Celentano, P.M.

Napoletano (conci, conf.); Inps (Avv. Cerioni, Spadafora,

Biondi) c. Ciraci (Avv. Agostini). Cassa Trib. Brindisi 4

aprile 2001 e decide nel merito.

Previdenza e assistenza sociale — Indennità di maternità —

Prescrizione — Disciplina (Cod. civ., art. 2935, 2943; 1. 11

gennaio 1943 n. 138, costituzione dell'ente «Mutualità fasci

sta - Istituto per l'assistenza di malattia ai lavoratori», art. 6; 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, tutela delle lavoratrici madri,

art. 15; d.leg. 26 marzo 2001 n. 151, t.u. delle disposizioni

legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e

della paternità, a norma dell'art. 15 1. 8 marzo 2000 n. 53, art. 22).

Il termine annuale di prescrizione dell'indennità di maternità

di cui all'art. 15 l. 30 dicembre 1971 n. 1204, la quale matu

ra di giorno in giorno e si risolve in un complesso di diritti a

ratei giornalieri, decorre dal giorno in cui tali ratei sono do

vuti, dovendosi tenere presente, a tali fini, che: a) una volta

presentata tempestiva domanda amministrativa, l'obbligo di

pagamento dei ratei decorre per l'ente previdenziale dal

giorno di maturazione degli stessi, sicché il silenzio-rifiuto del medesimo ente si perfeziona con il decorso di centoventi

giorni dalla data di presentazione della domanda, per i ratei

maturati contestualmente o precedentemente alla stessa e

tempestivamente richiesti, e dal giorno di maturazione di

ciascun rateo per quelli maturati successivamente alla do

manda amministrativa; b) il procedimento amministrativo

derivante dalla presentazione di ricorso avverso il provve dimento di diniego (o il silenzio-rifiuto) dell'ente ha effetto

sospensivo del termine di prescrizione. (1)

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 21 giugno

1999 il Pretore di Brindisi, accogliendo la domanda proposta da

Maria Ciraci nei confronti dell'Inps, condannava l'istituto pre videnziale a pagare alla ricorrente l'indennità di maternità per l'astensione obbligatoria in relazione al parto avvenuto il 7 gen naio 1990, nonché l'indennità per l'astensione facoltativa, dopo lo stesso parto, per il periodo dal 21 aprile 1990 al 21 ottobre

1990.

(1) La riportata sentenza si evidenzia per il riepilogo della giurispru denza in ordine alla decorrenza ed alla interruzione della prescrizione in tema di indennità di maternità.

Per l'applicabilità del termine annuale di prescrizione all'indennità di maternità anche per le lavoratrici autonome dell'agricoltura e del

commercio, come per le lavoratrici subordinate, Cass. 19 gennaio 1998, n. 444, Foro it., 1998, I, 784. Per l'applicazione all'indennità di mater nità della lavoratrice agricola del medesimo termine di prescrizione stabilito per l'indennità di malattia dall'art. 6, ultimo comma, 1. n. 138 del 1943 e cioè di un anno dalla data della sua acquisizione, Cass. 10

giugno 2003, n. 9286, id., Rep. 2003, voce Previdenza sociale, n. 507; 4 maggio 1999, n. 4436, id., Rep. 1999, voce, cit., n. 764; Pret. Manto

va 17 agosto 1999, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 664 (in cui si specifica, tra l'altro, che il termine annuale di prescrizione non trova applicazione nel caso in cui il soggetto obbligato alla prestazione non sia l'ente pre videnziale, ma, ai sensi della 1. 1204/71, art. 13, 2° comma, il datore di

lavoro, soggetto pubblico). In ordine alla idoneità a determinare la sospensione del termine an

nuale di prescrizione del procedimento amministrativo, nel senso che il termine resta sospeso, a norma dell'art. 97, ultimo comma, r.d.l. 1827/35 per effetto e per tutta la durata del procedimento amministra

tivo, variabile in funzione della eventuale formazione del silenzio rifiuto sulla domanda ovvero della proposizione del ricorso ammini

strativo avverso il provvedimento di rigetto della domanda stessa, con

forme alla riportata sentenza, Cass. 10 giugno 2003, n. 9286, cit.

Sul rapporto fra prescrizione del diritto all'indennità di maternità e

decadenza dall'azione giudiziaria, nel senso che la disposizione di cui

all'art. 6 1. 138/43, per cui il diritto all'indennità di maternità per il pe riodo di astensione obbligatoria si prescrive nel termine di un anno, non

è rimasta abrogata per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 4 d.l.

384/92, convertito in 1. 438/92 che — sostituendo il termine decennale

di decadenza previsto dall'art. 6 d.l. 103/91 con termini triennali e an

nuali — riguarda solo la decadenza sostanziale dall'azione giudiziaria, ma non la prescrizione del diritto a tale indennità, Cass. 9 aprile 2001, n. 5230, ibid., n. 437; 5 febbraio 2001, n. 1616, ibid., n. 662. Sul termi

ne di decadenza per l'azione giudiziaria, cfr. Cass. 23 agosto 2003, n.

12407, id., 2004,1. 508.

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855 PARTE PRIMA 856

Il pretore disattendeva l'eccezione di prescrizione formulata

dall'Inps.

L'appello dell'istituto previdenziale, che insisteva nella ecce

zione di prescrizione, veniva rigettato dal Tribunale di Brindisi

con sentenza del 7 febbraio - 4 aprile 2001.

Ricordato che l'indennità di maternità per l'astensione obbli

gatoria e per quella facoltativa si prescrive, ai sensi dell'art. 6 1.

11 gennaio 1943 n. 138, nel termine di un anno, i giudici di ap

pello ritenevano, condividendo la tesi dell'appellata, che il ter

mine di prescrizione inizia a decorrere dal decorso di tre mesi

dopo il parto, per l'indennità da astensione obbligatoria, e dalla

data di ripresa dell'attività lavorativa per l'indennità da asten

sione facoltativa.

Anche sulla scorta degli atti internativi del 9 febbraio 1991, 21 ottobre 1991, 24 settembre 1992, 23 gennaio 1993 e 30 no

vembre 1993, la prescrizione non era maturata.

Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando un

unico motivo di censura l'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps).

Maria Ciraci resiste con controricorso.

Motivi delta decisione. — Con l'unico motivo l'Inps denun

cia violazione e falsa applicazione degli art. 6 1. 11 gennaio 1943 n. 138 e 15 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, in relazione agli art. 2935 e 2943 c.c.; nonché vizio di motivazione.

Assume che le domande amministrative erano state rispetti vamente presentate il 7 novembre 1989 (per l'astensione obbli

gatoria) e il 21 aprile 1990 (per l'astensione facoltativa); e che il

primo atto interruttivo della prescrizione era del 9 febbraio 1991

per l'indennità da astensione obbligatoria e del 21 ottobre 1991

per l'indennità da astensione facoltativa.

Sostiene che il tribunale avrebbe dovuto accogliere l'eccezio

ne di prescrizione, quanto meno per le giornate maturate fino al

9 febbraio 1990 per l'astensione obbligatoria (protrattasi dal 7

novembre 1989 al 7 aprile 1990), ma totalmente per l'astensio

ne facoltativa (avvenuta dal 21 aprile 1990 al 21 ottobre 1990), tenuto conto delle ricordate date degli atti interruttivi.

Deduce che il tribunale, pur richiamando la sentenza di que sta corte n. 2277 del 1998 (Foro it.. Rep. 1998, voce Previdenza

sociale, n. 697), si è posto in contrasto con la stessa, atteso che

in tale decisione si conferma che il diritto all'indennità di ma

ternità, in virtù del richiamo effettuato dall'art. 15 1. n. 1204 del

1971 alle disposizioni sull'indennità di malattia, matura di gior no in giorno in dipendenza dell'assenza dal lavoro causata dallo

stato di gravidanza o di puerperio e dalla stessa data della sua

maturazione decorre il termine della speciale prescrizione an

nuale.

Il ricorso è fondato solo in parte. Va preliminarmente rilevato che la questione della decorrenza

della prescrizione viene sollevata solo con riferimento al tempo intercorrente fra il controverso momento iniziale ed i primi atti

interruttivi (9 febbraio 1991 per l'astensione obbligatoria, 21

ottobre 1991 per l'astensione facoltativa). Non si contesta che

fra i primi atti interruttivi e quelli successivi, nonché fra questi e

l'inizio dell'azione giudiziaria, non sia intercorso più di un an

no.

Tanto premesso, osserva il collegio che l'art. 15 1. 30 dicem

bre 1971 n. 1204 (tutela delle lavoratrici madri), dopo aver di

sposto ai primi due commi che le lavoratrici hanno diritto ad

una indennità giornaliera per il periodo di astensione obbligato ria e per quello di assenza facoltativa previsti dalla legge, di

spone, al 3° comma, che «le indennità di cui ai commi prece denti sono corrisposte con gli stessi criteri previsti per l'eroga zione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le

malattie dall'ente assicuratore di malattia presso il quale la la

voratrice è assicurata ...».

Il rinvio ai criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione contro le malattie comporta, secondo un co

stante orientamento della corte, l'applicabilità della prescrizione annuale di cui all'art. 6 1. 11 gennaio 1943 n. 138: «L'azione

per conseguire le prestazioni, di cui alla presente legge, si pre scrive nel termine di un anno dal giorno in cui esse sono dovu

te».

In ordine alla decorrenza e alla interruzione di tale prescri zione l'orientamento della corte non è stato uniforme.

Con sentenza n. 6821 del 1992, (id.. Rep. 1993, voce cit., n.

Il Foro Italiano — 2005.

520) è stato affermato che l'indennità di maternità, al pari di

quella per malattia, matura de die in diem, in dipendenza della

contestuale astensione dal lavoro per gravidanza o puerperio; ma che il termine di prescrizione breve, di cui all'art. 6 1.

138/43, decorre tuttavia «soltanto dal giorno in cui si perfezioni la rispettiva fattispecie costitutiva (ivi compresa l'emanazione

di eventuali provvedimenti amministrativi, anche con effetti re

troattivi, che concorrano ad integrare quelle fattispecie) ed il di

ritto possa essere fatto valere».

Con sentenza n. 4348 del" 1995 (id., Rep. 1995, voce cit., n.

903) è stato ribadito che «l'inizio della decorrenza del termine

breve deve farsi coincidere (art. 2935 c.c.) con il giorno in cui si

perfezionino i requisiti (diversi nei vari casi) costitutivi del di ritto all'indennità e questo possa esser fatto valere»; e che la ri

chiesta di pagamento del trattamento di maternità avanzata in

sede amministrativa, come pure l'espletamento (in questa mate

ria solo facoltativo) del ricorso precontenzioso avverso il prov vedimento (reale o virtuale) che ne rifiuti l'erogazione, ovvero

anche il riconoscimento del diritto da parte dell'ente previden ziale obbligato, producono tutti l'interruzione, ma con effetto

solamente istantaneo, secondo la regola degli art. 2943, ultimo

comma, e 2944 c.c.

Non incide, invece, sul corso dell'anzidetto termine annuale, secondo la citata sentenza, la durata del procedimento ammini

strativo, in mancanza di specifica previsione (come quella del

l'art. 111,2° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124). Con sentenza n. 2277 del 2 marzo 1998, cit., questa corte ha

affermato che «il diritto all'indennità di maternità, al quale si

applica il regime di prescrizione dell'indennità di malattia, ma

tura di giorno in giorno, in dipendenza dall'assenza dal lavoro

causata dallo stato di gravidanza o di puerperio, e dallo stesso

giorno di maturazione decorre, in base alla regola di cui all'art.

2935 c.c., la speciale prescrizione breve (annuale) prevista dal

l'art. 6, ultimo comma, 1. 11 gennaio 1943 n. 138».

Con sentenza n. 8042 del 26 agosto 1997 (id., Rep. 1997, vo

ce cit., n. 1060), con riferimento alla indennità di malattia (il cui

termine prescrizionale è, come sopra evidenziato, lo stesso delle

indennità di maternità), si è rilevato che, poiché la presentazione della domanda amministrativa costituisce condizione di propo nibilità della domanda in sede giudiziaria, e poiché, in assenza

di risposta dell'ente previdenziale, la domanda deve considerar

si respinta dopo il decorso del termine di cui all'art. 7 1. 11 ago sto 1973 n. 533, il termine di prescrizione breve annuale, previ sto dall'art. 6 1. 11 gennaio 1943 n. 138, «inizia a decorrere

dalla data di formazione del silenzio-rifiuto, ex art. 7 1. 11 ago sto 1973 n. 533, sulla domanda rivolta all'Inps per ottenerla, salvi gli effetti dell'eventuale ricorso contro il detto provvedi mento a norma dell'art. 46, 5° comma, 1. 9 marzo 1989 n. 88, la

proposizione del quale implica la non computabilità, ai fini pre scrizionali, del successivo periodo di novanta giorni previsto dal

6° comma del medesimo articolo, decorso il quale l'interessato

ha facoltà di adire l'autorità giudiziaria». La sentenza n. 1396 del 4 febbraio 2002 (id.. Rep. 2002, voce

cit., n. 617) ha poi applicato il principio, affermato da Cass.

8042/97, cit., all'indennità di maternità.

In precedenza la sentenza n. 14421 del 21 dicembre 1999 (id..

Rep. 1999, voce cit., n. 428) aveva rilevato che l'indennità di

maternità matura di giorno in giorno e si risolve in un comples so di diritti a ratei giornalieri, aventi in comune una componente della fattispecie costitutiva (l'evento parto per il periodo ad esso

successivo, la sua previsione per il periodo anteriore) ma diffe

renziati per l'ulteriore componente costituita dai corrispondenti

giorni di astensione.

Con sentenza pronunciata all'udienza del 31 gennaio 2003, ed

attualmente in corso di pubblicazione, si è poi sottolineata la vi

genza dell'ultimo comma dell'art. 97 r.d.l. 4 ottobre 1935 n.

1827, convertito nella 1. 6 aprile 1936 n. 1155, il quale prevede che «Il procedimento in sede amministrativa ha effetto sospen sivo dei termini di prescrizione».

Si è così confermato, seppure in forza anche di una disposi zione di legge prima ignorata, l'orientamento espresso dalle ci

tate sentenze 8042/97 e 1396/02.

Dal quadro giurisprudenziale sopra delineato e da alcune

delle condivisibili considerazioni in esso contenute occorre, ad

avviso del collegio, trarre ulteriori conseguenze, precisando al

cuni punti:

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

1) l'indennità di maternità ha, come l'indennità di malattia, carattere giornaliero; si tratta di un complesso di diritti a ratei

giornalieri, aventi in comune una componente della fattispecie costitutiva (l'evento parto per il periodo ad esso successivo, la

sua previsione per il periodo anteriore) ma differenziati per l'ulteriore componente costituita dai corrispondenti giorni di

astensione (Cass. 21 dicembre 1999, n. 14421, cit.);

2) la prescrizione di un anno, di cui all'art. 6 1. 11 gennaio 1943 n. 138, inizia a decorrere dal giorno in cui le prestazioni sono dovute;

3) perché le prestazioni siano dovute occorre non solo che il

diritto sia maturato, ma che sia presentata apposita, tempestiva domanda amministrativa (Cass. 26 agosto 1997, n. 8042, cit.);

4) una volta presentata la domanda amministrativa, occorre

quindi, perché l'eventuale silenzio dell'ente previdenziale sia

significativo, che sia già maturato o maturi anche il diritto al

l'indennità; 5) l'art. 97 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, convertito in legge,

con modificazioni, con 1. 6 aprile 1936 n. 1155, dispone, all'ul

timo comma, che il procedimento amministrativo ha effetto so

spensivo dei termini di prescrizione;

6) il procedimento amministrativo relativo all'indennità di

maternità, come per le altre prestazioni dovute dall'Inps, è

scandito dai seguenti tempi: il decorso di centoventi giorni dalla

domanda amministrativa, presentata contestualmente o succes

sivamente (e comunque tempestivamente) alla maturazione del

diritto, perché la domanda, in assenza di un provvedimento an

teriore dell'istituto, si intenda rigettata (art. 7 1. n. 533 del

1973); avverso il provvedimento di rigetto della indennità di

maternità o il silenzio-rifiuto può essere proposto, nel termine di

novanta giorni, ricorso amministrativo (art. 46, 5° comma, 1. 9

marzo 1989 n. 88); in caso di proposizione del ricorso e di man

cata pronuncia sullo stesso entro ulteriori novanta giorni, si de

termina il silenzio-rigetto (art. 46, 6° comma, 1. 88/89);

7) con la promulgazione della 1. 9 marzo 1989 n. 88, il con

tenzioso amministrativo avverso i provvedimenti negativi del

l'Inps comprende anche le prestazioni economiche per la mater

nità (art. 46, 1° comma, lett. f), di modo che anche per tali pre stazioni è stato introdotto il ricorso amministrativo, non previsto nella precedente normativa.

Da quanto sopra precisato si può sintetizzare il seguente prin

cipio di diritto: «L'indennità di maternità, di cui all'art. 15 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, matura di giorno in giorno e si risolve

in un complesso di diritti a ratei giornalieri; l'azione per conse

guire l'indennità si prescrive nel termine di un anno dal giorno in cui i ratei sono dovuti; una volta presentata tempestiva do

manda amministrativa, l'obbligo di pagamento dei ratei decorre,

per l'ente previdenziale, dal giorno di maturazione degli stessi, sicché il silenzio-rifiuto dell'ente si perfeziona con il decorso di

centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda, per i ratei maturati contestualmente o precedentemente alla stessa e

tempestivamente richiesti, e dal giorno di maturazione di cia

scun rateo per quelli maturati successivamente alla domanda

amministrativa; avverso il provvedimento di diniego o il silen

zio-rifiuto l'interessato ha il termine di novanta giorni per pre sentare ricorso amministrativo, ricorso che si ha per respinto

dopo ulteriori novanta giorni dalla sua presentazione; il proce dimento in sede amministrativa, ai sensi dell'art. 97, ultimo

comma, r.d.l. n. 1827 del 1935, ha effetto sospensivo dei termini

di prescrizione».

Applicando tali principi alla fattispecie in esame, si ha che

l'azione per conseguire l'indennità per l'astensione obbligato

ria, in relazione al parto previsto (ed effettivamente avvenuto) il

7 gennaio 1990, non si è prescritta. La domanda amministrativa

per tale indennità (relativa al periodo 7 novembre 1989 - 7

aprile 1990) è stata presentata, come risulta dalla sentenza im

pugnata, il 7 novembre 1989 e la prestazione è stata sollecitata

con atto interruttivo del 9 febbraio 1991.

A tale data non era decorso il termine di un anno e centoventi

giorni (tenuto conto che, da quanto risulta dalla sentenza impu

gnata, l'Inps non ha emesso un formale provvedimento di dinie

go e che la sig. Ciraci non ha presentato ricorso amministrativo)

dal 7 novembre 1989 e, a maggior ragione, dai giorni successi

vi, fino al 7 aprile 1990, per ciascuno dei quali è maturato il ra

teo all'indennità.

Il Foro Italiano — 2005.

L'indennità per l'astensione facoltativa, richiesta il 21 aprile 1990 per il periodo 21 aprile 1990 - 21 ottobre 1990, invece, te

nuto conto dell'atto interruttivo del 21 ottobre 1991 e del fatto

che l'assicurata non ha proposto ricorso amministrativo avverso

il silenzio-rifiuto dell'istituto, non è prescritta per i ratei dal 23

giugno al 21 ottobre 1990, mentre è prescritta per i ratei prece denti, considerato che dal 22 giugno 1990 (e, a maggior ragione, dai giorni precedenti di maturazione dei ratei) al 21 ottobre

1991 è decorso il periodo di un anno e centoventi giorni. In conclusione il ricorso va accolto per quanto di ragione, la

sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori

accertamenti dì fatto, la causa va decisa nel merito, con la con

danna dell'Inps a pagare alla sig. Maria Ciraci l'indennità di

maternità per l'astensione obbligatoria e, per quanto concerne

l'astensione facoltativa, i relativi ratei dal 23 giugno al 21 otto

bre 1990, oltre interessi legali dalle date di maturazione al sal

do.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 20 ago sto 2003, n. 12235; Pres. De Musis, Est. Giuliani, P.M. Uc

cella (conci, parz. diff.); Soc. coop. Cea (Avv. Russo) c.

Istituto autonomo case popolari della provincia di Foggia

(Avv. Romano). Cassa App. Bari 19 ottobre 1999.

Opere pubbliche — Appalto — Sospensione dei lavori —

Colpa del committente — Risarcimeislo (Cod. civ., art.

1218; d.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063, approvazione del capito lato generale d'appalto per le opere di competenza del mini

stero dei lavori pubblici, art. 30).

Opere pubbliche — Appalto — Conclusione dei lavori oltre

il termine iniziale — Premio di incentivazione — Esclu

sione (L. 10 dicembre 1981 n. 741, ulteriori norme per l'ac

celerazione delle procedure per l'esecuzione di opere pubbli che, art. 12).

Il committente è responsabile, nei confronti dell'appaltatore, dei danni derivanti dalla sospensione dei lavori dovuta al

l'impugnazione davanti al tribunale amministrativo regionale della concessione edilizia necessaria per il compimento dei

lavori stessi, qualora non fornisca la prova della mancata

imputabilità a sé delle cause per le quali il giudice abbia so

speso l'esecuzione dei lavori, sulla base di criteri di non pre vedibilità, non evitabilità e non superabilità di simili cause, alla stregua dello sforzo dovuto secondo l'ordinaria diligen za. (1)

Correttamente il giudice di merito ha ritenuto non erogabile il

(1) La sentenza in epigrafe ha ad oggetto il problema di valutare se un ordine di sospensione di una licenza edilizia da parte del giudice amministrativo (c.d. factum principis) possa essere considerato come

causa dì forza maggiore per la sospensione di un lavoro di appalto, con

conseguente applicabilità dell'art. 30 d.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063, il

quale esonera l'amministrazione dal pagamento di qualsiasi indennizzo

all'appaltatore. In generale, la giurisprudenza afferma che il provvedimento di una

pubblica amministrazione, estranea al rapporto contrattuale, che abbia

impedito al debitore di adempiere la prestazione non possa essere con

siderato causa idonea ad escludere l'imputabilità dell'inadempimento

qualora il provvedimento stesso fosse ragionevolmente prevedibile se

condo un criterio di comune diligenza (Cass. 23 febbraio 2000, n. 2059, Foro it., Rep. 2000, voce Obbligazioni in genere, n. 53); dunque la li

berazione del debitore dalla responsabilità per inadempimento in ragio ne della sopravvenuta impossibilità della prestazione può verificarsi in

quanto concorrano l'elemento obiettivo rappresentato dall'impossibilità

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