sezione lavoro; sentenza 14 gennaio 1987, n. 214; Pres. Menichino, Est., Onnis, P. M. Golia(concl. conf.); Soc. Ma. Pa. House (Avv. Fornario) c. Ferretti (Avv. Colafranceschi). ConfermaTrib. Firenze 25 luglio 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 789/790-791/792Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179393 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
mancato o negligente esercizio, presunto dall'art. 2051 c.c., se
gna, anche qui, il limite del potere discrezionale della p.a. Risulta evidente, allora, l'errore in cui cade il ricorrente allor
ché sostiene che la corte di Napoli, sotto lo schermo di un obbli
go di custodia, abbia presupposto un obbligo, della p.a., di
manutenzione del bene demaniale (nella specie, cimitero con i
suoi alberi) come corrispondente ad un diritto soggettivo del pri
vato, il quale ha invece un interesse legittimo. Il privato, proprie tario della cappella gentilizia danneggiata dal crollo del grosso albero d'alto fusto esistente nei pressi della cappella, ha diritto, nei confronti del comune cui appartiene il bene demaniale cimite
ro (con le sue accessioni, quali gli alberi ivi esistenti), al risarci
mento del danno cagionatogli dall'albero che era nella custodia
del comune, secondo la disciplina normativa di cui all'art. 2051
c.c., e quindi con la presunzione iuris tantum e con il conseguen te onere di prova liberatoria a carico del comune (vedi Cass., sez. un., 14 ottobre 1972, n. 3060 id., 1973, I, 715; 30 ottobre
1984, n. 5567, id., Rep. 1984, voce cit., 111). La giurisprudenza di questa Suprema corte ha posto un limite
all'applicabilità, nei confronti della p.a., della presunzione di re
sponsabilità ex art. 2051 c.c. per danni cagionati a terzi da beni
demaniali: limite che sussiste, escludendosi la presunzione di re
sponsabilità, quando si tratta di beni demaniali sui quali è eserci
tato un uso ordinario generale e diretto da parte dei cittadini — elencandosi espressamente al riguardo il demanio marittimo,
fluviale, lacuale, le strade, le autostrade e le strade ferrate —,
quando l'estensione del bene demaniale renda praticamente im
possibile l'esercizio di un continuo ed efficace controllo che valga ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo per i terzi mentre
la presunzione di responsabilità, nei confronti della p.a., sussiste
in relazione ai beni demaniali che per la limitata loro estensione
territoriale consentono un'adeguata attività di vigilanza (sent. 27
marzo 1972, n. 976, id., 1972, I, 2021; 13 febbraio 1978, n. 671,
id., Rep. 1978, voce Strade, n. 48; 7 gennaio 1982, n. 58, id.,
Rep. 1983, voce Responsabilità civile, n. 119). Nella specie, in cui si tratta di cimitero comunale con la sua
dotazione arborea, il comune di Torre del Greco avrebbe dovuto
dimostrare, essendo a suo carico l'onere probatorio, che il cimi
tero aveva una estensione tale da rendere praticamente impossibi le il controllo dello stato degli alberi ivi esistenti si da impedire
l'insorgenza di cause di pericolo per i terzi e per i loro beni;
prova che non è stata offerta. A parte che, qualunque sia l'esten
sione dei cimiteri comunali, l'esercizio, da parte dell'ente pubbli co territoriale, del controllo dello stato degli alberi non può dirsi
impossibile, dipendendo dall'organizzazione della relativa attività
predisposta, dall'ente pubblico.
Ferma, dunque, la presunzione di responsabilità del comune
di Torre del Greco, al quale incombeva l'onere di fornire la pro va liberatoria, non valeva ad invertire tale onere probatorio l'of
ferta, da parte del danneggiato attore Marrazzo, di provare con
testimoni la circostanza che «l'albero crollato era già in prece denza in condizioni statiche precarie e che erano state vane tutte
le segnalazioni rivolte alle autorità preposte», poiché - come af
ferma lo stesso ricorrente — il Marrazzo non dichiarò di voler
invertire l'onere probatorio (Cass. 28 giugno 1984, n. 3796, id.,
Rep. 1984, voce Prova civile, n. 10), per cui esattamente i giudici del merito non tennero conto di tale offerta di prova.
Non sussiste, nella motivazione della sentenza impugnata, il
vizio logico di contraddittorietà denunciato con il secondo moti
vo del ricorso. Invero, la corte di Napoli ha rilevato, bensì, che
il comune di Torre del Greco aveva dimostrato, con la sua attivi
tà probatoria, «la circostanza che in quella notte ebbe a verificar
si un fortunale di notevoli dimensioni, che determinò il crollo
di che trattasi»; ma ha pure osservato — ed esattamente — che
il detto comune, al fine di liberarsi dalla presunzione di responsa bilità ex art. 2051 c.c., avrebbe dovuto offrire la prova che l'al
bero era in condizioni statiche normali, non affetto da vetustà
o corrosioni, che tale situazione era nota al custode per avere
esercitato la doverosa sorveglianza e che nonostante ciò era avve
nuto il crollo. In definitiva, incombeva al comune di Torre del
Greco, sul quale ricadeva la presunzione di responsabilità ex art.
2051 c.c., l'onere di fornire la prova (liberatoria) che il fortunale
verificatosi nella notte fra il 30 ed il 31 dicembre 1977 era stato
(non soltanto di «notevoli dimensioni», ma) tale da causare il
crollo anche di un grosso albero d'alto fusto in condizioni stati
li Foro Italiano — 1987.
che normali, per cui non rilevava che il cipresso crollato fosse
eventualmente affetto da vetustà o corrosioni, in quanto, anche
in condizioni statiche normali, il crollo si sarebbe verificato
ugualmente. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 gennaio
1987, n. 214; Pres. Menichino, Est., Onnis, P. M. Golia (conci,
conf.); Soc. Ma. Pa. House (Avv. Fornario) c. Ferretti (Aw.
Colafranceschi). Conferma Trib. Firenze 25 luglio 1983.
Lavoro (rapporto) — Dirigenti industriali — Licenziamento —
Arbitrato — Alternatività alla tutela giudiziaria — Mancata
pronuncia del lodo — Conseguenze (L. 11 agosto 1973 n. 533,
disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle con
troversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, art. 4, 5).
Poiché l'arbitrato irrituale previsto dal contratto collettivo per i dirigenti di aziende industriali 9 ottobre 1979 è strumento al
ternativo all'azione giudiziaria per il controllo della forma, mo
tivazione e giustificazione del licenziamento, la facoltà di adire
il giudice, venuta meno a seguito della devoluzione della con
troversia tra dirigente e imprenditore al collegio arbitrale, ri
sorge ove il procedimento avanti quest'ultimo non giunga alla
sua conclusione con la pronunzia del lodo. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 17 ottobre 1980
Mario Ferretti adiva il Pretore di Firenze, e premesso che aveva
lavorato, alle dipendenze della s.a.s. MA.PA.House di Giovan
Battista Cappellini e C., in qualità di dirigente d'azienda e che
era stato licenziato con lettera del 9 aprile 1980, priva della con
testuale motivazione prescritta dall'art. 22 del c.c.n.l. 9 ottobre 1979 per i dirigenti di aziende industriali, chiedeva che la detta
società fosse condannata al pagamento in suo favore di stipendi
arretrati, indennità di anzianità e di preavviso, ratei di ferie e
della tredicesima mensilità ed inoltre della indennità supplemen tare prevista dall'art. 19 del citato contratto collettivo, nonché
al risarcimento del danno per infortunio.
Il pretore, in contumacia della convenuta, rilevando che la do
manda, la quale era stata ridotta con esclusione del capo relativo
al risarcimento del danno per infortunio, era fondata, la acco
glieva e condannava la società MA.PA.House al pagamento della
somma di lire 36.349.659 con gli interessi legali e la rivalutazione
monetaria.
La MA.PA.House interponeva appello, cui il Ferretti resisteva, davanti al Tribunale di Firenze, che con sentenza del 25 luglio 1983 rigettava il gravame.
Il tribunale osservava, tra l'altro, che la domanda non era im
proponibile o inammissibile, come sostenuto dalla società
MA.PA.House, perché il collegio arbitrale, chiamato a stabilire
se il licenziamento del Ferretti era o no giustificato, non aveva
mai emanato alcuna decisione al riguardo, sicché legittimamente 10 stesso Ferretti aveva esercitato l'azione giudiziale.
Negato ingresso all'eccezione di incompetenza per territorio del
l'adito Pretore di Firenze, siccome sollevata (sull'assunto che com
petente sarebbe stato invece il Pretore di Empoli) dalla detta società
per la prima volta in grado di appello, e ritenuta la ritualità della
notificazione del ricorso introduttivo eseguita in Cerreto Giudi, 11 tribunale osservava che il licenziamento era ingiustificato, es
sendo stato intimato senza la contestuale specificazione dei moti
vi prescritta dall'art. 22 del contratto collettivo, con il conseguente
(1) Per un'ampia disamina del problema dei rapporti dell'arbitrato irri tuale con la tutela giudiziaria nel settore delle controversie di lavoro, an che con specifico riferimento a clausole contrattuali del tipo di quella venuta in rilievo nel giudizio, ora definito dalla Cassazione, cons. C. M. Barone (V. Andrioli, G. Pezzano, A. Proto Pisani), Le controver sie in materia di lavoro, 1987, 224-229, testo e nota (4), che si sofferma su tutti i profili considerati dalla corte ed anche sulle sentenze da questa richiamate.
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PARTE PRIMA
diritto del Ferretti all'indennità supplementare a norma del pre cedente art. 19.
Contro questa sentenza la società MA.PA.House di Cappellini e C. in a.s., nella persona del socio accomandatario Giovanni
Cappellini, ha proposto ricorso per cassazione affidato a dei mo
tivi, illustrati da memoria. Il Ferretti resiste con controricorso.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo, nel denunziare
violazione dell'art. 5 1. 11 agosto 1973 n. 533 in relazione all'art.
19 del contratto collettivo 9 ottobre 1979 per i dirigenti di azien
de industriali, la società ricorrente lamenta che il tribunale, pur essendo ancora pendente il procedimento dinanzi al collegio arbi
trale, non abbia dichiarato la improponibilità o inammissibilità
della domanda giudiziale. Il motivo è infondato. Le clausole dei contratti collettivi le quali
prevedono, nelle controversie riguardanti i rapporti di cui all'art.
409 c.p.c., l'arbitrato irrituale, senza far espresso riferimento alla
facoltà delle parti di adire l'autorità giudiziaria, non sono per ciò stesso affette da nullità, giacché, avuto riguardo al precetto dell'art. 24 Cost, ed alle norme dettate dall'art. 5 1. n. 533 del
1973 e dell'art. 6 della convenzione 4 novembre 1950 per la salva
guardia dei diritti dell'uomo, resa esecutiva con 1. 4 agosto 1955
n. 848, una tale facoltà è da ritenersi automaticamente inserita
nelle dette clausole (cfr. Cass. 12 marzo 1985, n. 1948, Foro it.,
Rep. 1985, voce Lavoro (rapporto), nn. 701, 2605). Com'è incontroverso tra le parti, ed è implicitamente presup
posto nell'impugnata sentenza, l'arbitrato irrituale contemplato dal contratto collettivo per i dirigenti di aziende industriali, pur in assenza di espressa previsione, è per l'appunto strumento non
esclusivo, bensì' alternativo, rispetto all'azione giudiziale per il con
trollo della forma, motivazione e giustificazione del licenziamen
to (cfr. Cass. 24 marzo 1982, n. 1869, id., 1982, I, 3037). In conseguenza dell'alternatività dei due rimedi la facoltà di
adire l'autorità giudiziaria viene certo meno ove le parti abbiano
investito il collegio arbitrale della vertenza, ma risorge invece nel
caso in cui il relativo procedimento non pervenga alla sua conclu
sione con la pronuncia del lodo.
Ora il tribunale ha accertato, con insindacabile apprezzamento di fatto, che il collegio arbitrale, chiamato a pronunciarsi sul li
cenziamento del Ferretti, dopo essersi riunito, non aveva poi ema
nato alcuna decisione, ed ha pertanto ritenuto che, per il mancato
espletamento dell'arbitrato, nessun impedimento sussistesse all'e
sercizio dell'azione giudiziaria. Ed a inficiare una tale affermazione non vale, peraltro, la ri
tuale produzione effettuata in questa sede di legittimità dalla so
cietà ricorrente di un atto di riassunzione dell'anzidetto
procedimento dinanzi agli arbitri. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 7 gennaio
1987, n. 9; Pres. Sandulu, Est. Caturani, P. M. La Valva
(conci, conf.); U.p.i.c.a. Bologna (Avv. dello Stato Polizzi) c. Soc. Salda assicurazioni. Cassa Pret. Bologna 1° febbraio 1983.
Assicurazione (contratto di) — Assicurazione r.c.a. — Procedura
rapida di liquidazione — Accettazione da parte del danneggia to del risarcimento offerto dall'assicuratore — Inosservanza del
termine per la liquidazione — Sanzione amministrativa (L. 26
febbraio 1977 n. 39, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 23 dicembre 1976 n. 857, cocernente modifica della
disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile
derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, art. 3, 5).
Nell'ambito della procedura rapida di liquidazione per i sinistri
per soli danni alle cose, prevista dalla l. 39/77, qualora l'assi
curatore abbia fatto offerta di risarcimento e il danneggiato l'abbia accettata, l'obbligo per il primo di provvedere al paga mento della somma nel termine di quindici giorni dal ricevi
mento dell'accettazione prescinde dall'originaria osservanza, da
parte del terzo danneggiato, dell'onere di allegare, alla doman
da di risarcimento, il modulo prescritto; il mancato rispetto di detto termine è, pertanto, soggetto a sanzione ammini
strativa. (1)
(1) Dell'irrogazione, ad opera degli U.p.i.c.a., della sanzione pecunia ria prevista dall'8° comma dell'art. 3 d.l. 857/76 (convertito, con modifi
II Foro Italiano — 1987.
Svolgimento del processo. — Con distinti ricorsi la s.p.a. Sal
da assicurazioni proponeva opposizioni dinanzi al Pretore di Bo
logna contro le ordinanze con le quali l'ufficio provinciale
industria, commercio ed artigianato (U.p.i.c.a.) di Bologna le in
giungeva di pagare le somme nelle stesse rispettivamente indicate
a titolo di sanzione amministrativa per violazione dell'art. 3 d.l.
23 dicembre 1976 n. 857 convertito nella 1. 23 febbraio 1977 n.
39 sul rilievo del mancato pagamento da parte della suddetta so
cietà asicuratrice di somme offerte ai danneggiati a definizione
di vari sinistri stradali, dopo la sottoscrizione degli atti di quie
tanza, entro i termini previsti dal 4° comma del citato art. 3.
A sostegno dell'opposizione la ricorrente assumeva: a) la erro
nea applicazione dell'art. 3 d.l. n. 857/76; ti) la erronea qualifi cazione dell'atto di transazione; c) la inapplicabilità alla fattispecie del d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45 ex art. 11 preleggi.
Nella resistenza dell'U.p.i.c.a. il pretore adito, riuniti i diversi
procedimenti, con sentenza del 1° febbraio 1983, accoglieva la
opposizione, osservando che nella procedura prevista dall'art. 2
d.l. n. 857/76 sussiste una intrinseca correlazione tra la fase della
richiesta del danneggiato e quella dell'offerta dell'assicuratore per cui l'applicazione delle sanzioni ivi contemplate presupponeva che
il danneggiato avesse adempiuto l'onere di allegare alla richiesta
il modulo di constatazione amichevole di cui all'art. 5 1. n. 990/69.
Né poteva invocarsi l'art. 13 d.p.r. n. 45/81, che prevede l'appli cabilità delle disposizioni relative all'offerta anche in presenza di
una richiesta non completa, trattandosi di norma sostanzialmente
innovatrice anche se contenuta in un atto formalmente regola mentare.
Contro tale sentenza ricorre l'U.p.i.c.a. di Bologna; resiste con
controricorso la società Salda assicurazioni che ha anche presen tato memoria.
Motivi della decisione. — Con unico motivo, denunziando vio
lazione e falsa applicazione dell'art. 3 d.l. 23 dicembre 1976 n.
857 convertito in 1. 26 febbraio 1977 n. 39, dell'art. 13 d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45, nonché difetto di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.) la ricorrente si duole che il pretore non solo
abbia confuso la fattispecie di cui si contende (che riguarda di
mancato pagamento da parte della società assicuratrice nei termi
ni previsti di cui al 4° comma dell'art. 3 d.l. cit.) con quella
contemplata dal 1° comma, ma non abbia altresì considerato che
l'obbligo per l'assicuratore di pagare entro quindici giorni dal
l'accettazione dell'offerta opera in modo autonomo a prescindere dalle modalità della richiesta risarcitoria di cui al 1 ° comma del
l'art. 3.
Il ricorso è fondato. Ai sensi dell'art. 3, 1° comma, d.l. 23 di
cazioni, in 1. 39/77), in relazione al mancato rispetto del termine di 15
giorni entro cui l'assicuratore deve provvedere a liquidare la somma of ferta (ed eventualmente accettata — anzi, di regola [discutibile], «quie tanzata» — dal terzo danneggiato), non sussiste, a quanto consta, alcun
riscontro giurisprudenziale. Il dato è, di per sé, imperspicuo, perché non
incompatibile vuoi con l'idea, tranquillante, che la disposizione abbia sortito l'effetto deterrente cui, all'evidenza, mirava, vuoi con il convincimento,
serpeggiante tra gli addetti ai lavori senza esser suffragato da riscontri
obiettivi, ch'essa venga sistematicamente disapplicata. Per certo, la Cassazione (nella pronunzia in epigrafe, ed in altra identi
ca, resa in pari data: sent. n. 10/87) non lesina accenti durissimi per la «tecnica dilatoria» o, se si preferisce, per il piccolo 'cabotaggio' di
poco commendevoli compagnie impegnate a «lucrare su interessi e rivalu tazione monetaria, ritardando il più possibile il pagamento della somma dovuta ai danneggiati»; e respinge, con determinazione, il tentativo di
paralizzare il meccanismo sanzionatorio facendo leva sull'inosservanza di un onere, a carico del danneggiato — quello di corredare la domanda di rimborso col modulo prescritto dall'art. 5 — palesemente finalizzato a consentire a controparte un celere apprezzamento della situazione (tan t'è vero che la giurisprudenza inclina a ritenere che il rispetto delle moda lità di cui al cit. art. 5 non sia, comunque, condizione di procedibilità per l'azione intentata dal terzo: cfr. Pret. Biella 23 novembre 1984, Foro
it., Rep. 1985, voce Assicurazione (contratto), n. 258; Trib. Napoli 21 ottobre 1983, ibid., n. 226; App. Torino 22 febbraio 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 175; Trib. Napoli 22 aprile 1979, id., Rep. 1980, voce cit., n. 268; Pret. Portici 13 luglio 1978, id., Rep. 1979, voce cit., n. 306; contra, Pret. Latina 20 giugno 1978, ibid., n. 303); apprezzamento che, ad offerta avvenuta («irrevocabilmente», soggiunge la corte: ma, c'è da
credere, non nel senso in cui d'irrevocabilità si discute, ad es., in Pret. Salerno 19 novembre 1985, Arch, circolaz., 1986, 303, in contrasto con Trib. Reggio Emilia 26 aprile 1985, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n.
228), deve assumersi bell'e fatto. Analogo spunto argomentativo era svol
to, per tempo, da Pret. Torino 14 gennaio 1979, id., Rep. 1979, voce
cit., n. 305.
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