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sezione lavoro; sentenza 16 agosto 2001, n. 11140; Pres. Ianniruberto, Est. Roselli, P.M. Napoletano...

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sezione lavoro; sentenza 16 agosto 2001, n. 11140; Pres. Ianniruberto, Est. Roselli, P.M. Napoletano (concl. conf.); Filipponi (Avv. Cester, Cossu) c. Cassa nazionale di previdenza e assistenza per i dottori commercialisti (Avv. Fossà). Conferma Trib. Udine 2 giugno 1998 Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 12 (DICEMBRE 2001), pp. 3603/3604-3607/3608 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196773 . Accessed: 28/06/2014 11:55 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.48 on Sat, 28 Jun 2014 11:55:06 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 16 agosto 2001, n. 11140; Pres. Ianniruberto, Est. Roselli, P.M.Napoletano (concl. conf.); Filipponi (Avv. Cester, Cossu) c. Cassa nazionale di previdenza eassistenza per i dottori commercialisti (Avv. Fossà). Conferma Trib. Udine 2 giugno 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 12 (DICEMBRE 2001), pp. 3603/3604-3607/3608Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196773 .

Accessed: 28/06/2014 11:55

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3603 PARTE PRIMA 3604

rilevanza giuridica nei rapporti fra privati, da ritenersi regolati unicamente dalla legge nazionale, sia pure emanata in attuazio

ne della direttiva.

D'altra parte, dall'art. 8 della direttiva si desume che le varie

previsioni in essa contenute costituiscono il livello minimo di

protezione assicurato al consumatore, consentendosi così impli citamente agli Stati membri di adottare disposizioni più severe

per elevarne la tutela ad un livello maggiore. In armonia con tale specifica previsione deve ritenersi quindi

perfettamente legittima una interpretazione che, in base ai prin

cipi del nostro ordinamento ed in assenza di un'espressa deroga, consenta l'immediata applicazione della disposizione sulla

competenza, contenuta nella legge di attuazione, ai procedi menti promossi successivamente alla sua entrata in vigore, seb

bene relativi a contratti sorti anteriormente.

Rimane in tal modo superato, sotto il limitato profilo in esa

me ed in relazione alla specifica previsione del richiamato art. 5

c.p.c., ogni ulteriore considerazione basata sull'art. 11 disp. sulla legge in generale e sulla distinzione elaborata dalla giuri

sprudenza fra fatto generatore ed effetti non ancora esauriti ma

ontologicamente autonomi.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione

delle stesse norme sulla competenza, osservando che anche nel

l'ipotesi di inefficacia della clausola derogativa della competen za il Giudice di pace di Torino sarebbe ugualmente competente in virtù dell'art. 20 c.p.c., potendo i premi essere corrisposti, ai

sensi dell'art. 2 delle condizioni generali di contratto, sia presso

l'agenzia di Asti che presso la sede di Torino e non potendo considerarsi derogata anche tale norma processuale se si consi

deri che non sono vessatorie le clausole che riproducono dispo sizioni di legge (art. 1469 ter, 3° comma, c.c.).

Anche tale censura è infondata.

L'art. 1469 bis, 3° comma, n. 19, c.c., presumendo nei rap

porti fra professionista e consumatore la vessatorietà della clau

sola contrattuale che stabilisca «come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o do

micilio elettivo del consumatore», ha in sostanza introdotto, un

foro esclusivo, anche se derogabile a seguito di trattativa indivi

duale (art. 1469 ter, 4° comma, c.c.), che esclude in quanto tale,

sia sotto il profilo dell'incompatibilità che per il principio della

successione delle leggi nel tempo, ogni altro ed in particolare anche quelli di cui agli art. 18 e 20 c.p.c., indipendentemente dalla posizione processuale assunta dal consumatore, ponendosi

rispetto alla normativa codicistica come foro speciale. Se così non fosse del resto, se cioè non si ritenesse che si sia

in presenza nella materia in esame della previsione di un nuovo

foro esclusivo rispetto ad ogni altro, verrebbero frustrate le fi

nalità di tutela processuale del consumatore perseguite con tale

norma, svuotandola di significato nell'eventualità che la clau

sola vessatoria sia riproduttiva di una norma di legge, come nel

l'ipotesi, prospettata nel caso in esame dalla ricorrente, in cui il

foro destinatae solutionis, cui fa alternativamente riferimento

l'art. 20 c.p.c., coincida con la residenza del «professionista». In

tal caso infatti, in virtù dell'art. 1469 ter, 3° comma, c.c., la

clausola, in quanto riproduttiva di una disposizione di legge, non potrebbe essere considerata vessatoria in base ad un'inter

pretazione letterale di tale ultima disposizione. Ma nonostante la non felice formulazione della norma, una

tale interpretazione non può ritenersi obbligata, ben potendose ne privilegiare altra suggerita dalla dottrina ed in linea con la fi

nalità della norma, di tutela del consumatore, in base alla quale le clausole riproduttive di una disposizione di legge non posso no considerarsi vessatorie solo se riguardino previsioni di ca

rattere generale che incidano sull'equilibrio delle parti e non già se si pongano in contrasto con le specifiche disposizioni di cui

ai nn. da 1 a 20 della stessa legge ed in particolare, per quanto

riguarda la competenza, con la disposizione di cui al n. 19 e non

escludano quindi surrettiziamente il foro esclusivo del consu

matore, a meno che la deroga non sia frutto di una trattativa in

dividuale. Diversamente, ripetesi, sarebbe da considerare inutile la stes

sa disposizione in quanto facilmente aggirabile in presenza dei

vari fori alternativi che le norme sulla competenza prevedono e

che legittimerebbe una competenza diversa da quella del foro

del consumatore, nonostante la particolare rilevanza attribuita

dal legislatore a quest'ultimo foro con la previsione, addirittura, della rilevabilità d'ufficio della clausola vessatoria (art. 1469

Il Foro Italiano — 2001.

quinquies, 3° comma, c.c.), perfettamente in linea con l'inter

pretazione data alla direttiva da Corte giust. 27 giugno 2000,

cause riunite da C-240/98 a C-244/98 (id., 2000, IV, 413). Così integrata nei suoi profili giuridici, merita conferma per

tanto l'impugnata sentenza che ha dichiarato la competenza del

foro del consumatore (Asti), accogliendo l'eccezione di incom

petenza proposta sul presupposto del carattere vessatorio della

clausola che aveva fissato la competenza nel luogo in cui la so

cietà di assicurazione ha la propria sede (Torino).

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 16 ago sto 2001, n. 11140; Pres. Ianniruberto, Est. Roselli, P.M.

Napoletano (conci, conf.); Filìpponi (Avv. Cester, Cossu) c.

Cassa nazionale di previdenza e assistenza per i dottori com

mercialisti (Avv. FOSSÀ). Conferma Trib. Udine 2 giugno 1998.

Professioni intellettuali — Previdenza — Contributi — Pre

scrizione — Disciplina (Cod. civ., art. 2934, 2935, 2937; r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, perfezionamento e coordina

mento legislativo della previdenza sociale, art. 55; 1. 3 feb

braio 1963 n. 100, istituzione della cassa nazionale di previ denza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti, art.

18; 1. 29 gennaio 1986 n. 21, riforma della cassa nazionale di

previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti,

art. 19; 1. 8 agosto 1995 n. 335, riforma del sistema pensioni stico obbligatorio e complementare, art. 3).

Previdenza e assistenza sociale — Versamento di contributi

prescritti — Esclusione (Cod. civ., art. 2939; 1. 29 gennaio

1986 n. 21, art. 19; 1. 8 agosto 1995 n. 335, art. 3).

La nuova disciplina in materia di prescrizione dei contributi

previdenziali, di cui all'art. 3 l. n. 335 del 1995, si applica anche alla contribuzione dovuta alle casse privatizzate dei li

beri professionisti. (1) Si deve escludere, in linea generale, un diritto soggettivo del

l'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti, poi ché, nella materia previdenziale a differenza che in quella ci

vile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla

disponibilità delle parti dall'art. 3, 9° comma, l. n. 335 del

1995, che vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e

che, inforza del 10° comma, si applica anche per i contributi

prescritti prima dell'entrata in vigore della legge. (2)

(1-2) La riportata decisione è la prima pronuncia dei giudici di le

gittimità in ordine all'applicabilità o meno della nuova disciplina della

prescrizione di cui all'art. 3 1. n. 335 del 1995 alle contribuzioni dovute

alle casse di previdenza privatizzate (ai sensi dei d.leg. 509/94 e

103/96) dei liberi professionisti. Stante la rilevanza della questione affrontata — ed esaminata dalla

riportata sentenza in poche righe: «l'art. 3, 9° comma, non distingue e

si riferisce a tutte le assicurazioni obbligatorie, comprendendo anche

quelle diverse dall'invalidità, vecchiaia e superstiti. Ed è canone erme

neutico comunemente accettato che dove la legge non distingue neppu re all'interprete è dato distinguere» — non resta che attendere la pros sima sentenza della Suprema corte in materia.

Sul tema affrontato da Cass. 11140/01, v. App. Milano 30 maggio 2000 e Trib. Roma 30 settembre 1999, Foro it., 2000,1, 3607, con nota di riferimenti di giurisprudenza e di dottrina (e prassi amministrativa). In dottrina, di recente, conf. alla riportata decisione, G. Sicchiero, La

prescrizione dei contributi previdenziali degli avvocati, in Contratto e

impr.. 2001, 912. [L. Carbone]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 12 giugno 1995

al Pretore di Udine, Giuseppe Filipponi, iscritto alla cassa di

previdenza dei dottori commercialisti dal 1° gennaio 1971,

esponeva di aver chiesto, il 30 gennaio precedente, la retrodata zione dell'iscrizione, con conseguente possibilità di versare i

contributi previdenziali arretrati, al 2 marzo 1967, data in cui si

era iscritto nell'albo professionale ed aveva effettivamente ini

ziato ad esercitare la professione.

Respinta la domanda dalla cassa per prescrizione dei contri

buti, egli la reiterava davanti al pretore, che però, nel contrad

dittorio della convenuta, la respingeva anch'egli, quanto al ver

samento dei contributi prescritti, con decisione del 18 settembre

1996, confermata con sentenza 2 giugno 1998 dal tribunale (Fo ro itRep. 1999, voce Professioni intellettuali, n. 263), il quale

distingueva tra diritto soggettivo dell'assicurato alla pensione,

imprescrittibile una volta acquisito (prescrittibili rimanendo pe raltro i singoli ratei), e diritto dell'ente previdenziale ai contri

buti, la cui prescrizione era soggetta al regime d'indisponibilità dell'art. 3, 9° e 10° comma, 1. 8 agosto 1995 n. 335, con conse

guente divieto, imposto all'ente creditore, di accettare il versa

mento di contributi già prescritti. Contro questa sentenza ricorre per cassazione il Filipponi.

Resiste con controricorso la cassa di previdenza e assistenza dei

dottori commercialisti. Memoria del ricorrente.

Motivi della decisione. — Col primo motivo il ricorrente la

menta la violazione degli art. 2934 c.c. e 2 1. 3 febbraio 1963 n. 100, sostenendo che, come è imprescrittibile il diritto alla

pensione, garantito dall'art. 38 Cost., così deve ritenersi non as

soggettato a prescrizione — contrariamente a quanto affermato

dal tribunale nella sentenza qui impugnata — il «diritto all'i

scrizione e copertura contributiva», che dal primo è inscindibile.

Col secondo motivo, denunciando la violazione degli art. 55

r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, 3, 9° comma, 1. 8 agosto 1995 n.

335, 2935 e 2937 c.c. ed affermando la disponibilità della pre scrizione del credito spettante alla cassa di previdenza controri

corrente ed avente ad oggetto i contributi previdenziali, osserva

che:

a) l'indisponibilità della prescrizione, stabilita dalle leggi speciali ora citate per i crediti dell'Inps e comunque per gli enti

previdenziali pubblici, non varrebbe per le casse private, stante che quelle disposizioni eccezionali non sarebbero applicabili in

via analogica;

b) la perdita dei benefici previdenziali, conseguente all'im

possibilità di versare i contributi prescritti, è compensata nel re

gime assicurativo dell'Inps dalla costituzione, in favore dell'as

sicurato, della rendita vitalizia prevista nell'art. 13 1. 12 agosto 1962 n. 1338. La mancanza di tale compensazione nel regime delle casse private spiegherebbe l'impossibilità di estendere ad

esse l'indisponibilità della prescrizione in questione; c) in subordine, il regime di indisponibilità stabilito nell'art.

3, 9° e 10° comma, 1. n. 335 del 1995 opererebbe solo pro futu ro, vale a dire soltanto per i contributi non ancora prescritti al

momento dell'entrata in vigore di quella legge. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione degli

art. 2937, 2939 c.c. e 38 Cost, e sostiene che il lavoratore assi curato potrebbe far valere il proprio interesse a pagare i contri buti prescritti anche se l'ente creditore non li esiga ed anzi li ri fiuti.

I tre motivi, da esaminare insieme perché connessi, non sono

fondati.

Tesi di fondo del ricorrente è che, nel rapporto che lega il

professionista assicurato e la cassa previdenziale ed in cui al

l'obbligo, gravante sul primo, di pagare i contributi si contrap

pone quello, gravante sulla seconda, di corrispondere le presta zioni assicurative, sia altresì identificabile un diritto soggettivo del professionista «alla copertura assicurativa» ossia a versare i

contributi al fine di costituire, o eventualmente di migliorare nel

contenuto, il detto diritto alle prestazioni, come ad esempio alla

pensione di anzianità: ad avviso del ricorrente la garanzia co

stituzionale (art. 38 Cost.), che sottostà a questo diritto e che

pacificamente ne comporta l'imprescrittibilità, si estende al di

ritto alla copertura assicurativa rendendolo altresì imprescritti bile.

Ma la tesi è errata sia nel suo presupposto sia nelle conse

guenze che il ricorrente pretende di trarne.

Già in sede di teoria generale è disputato se la posizione del

debitore, rispetto alla liberazione dall'obbligazione (nel caso qui

Il Foro Italiano — 2001.

in esame, dall'obbligo di pagare i contributi), sia configurabile come diritto soggettivo e la posizione del creditore, rispetto alla

cooperazione nell'adempimento, come obbligo giuridico. A prescindere dagli strumenti apprestati dal codice civile (art.

1206-1217) per consentire al debitore di evitare gli effetti nega tivi del ritardo nell'adempimento, ed eventualmente di trasferirli

sul creditore, la dottrina è solita proporre diversi esempi di spe cifico interesse del debitore all'esatto adempimento; gli esempi

più di frequente addotti sono quelli della non accettazione della

remissione del debito (art. 1236) oppure del rapporto obbligato rio a prestazioni corrispettive, nel quale il debitore ha interesse

ad adempiere onde evitare la risoluzione e così assicurarsi il

conseguimento della controprestazione. Gli strumenti, anche

codicistici, di manutenzione del rapporto indicano la sussistenza

di un interesse giuridicamente rilevante del debitore ma non so

no sufficienti a fondare una pretesa di adempiere, contrapposta ad un obbligo del creditore di rendere comunque possibile la

prestazione e di accettarla, salvi i casi in cui ciò risulti dalla

legge o dal titolo costitutivo del rapporto obbligatorio. Se queste conclusioni teoriche generalmente accettate vengo

no ora riferite alla fattispecie qui in esame, l'esclusione di un

diritto soggettivo a versare i contributi — ammesso che sia con

figurabile — non può essere certo considerato come coperto da

una garanzia costituzionale tale da escluderne i limiti posti dalla

legge ordinaria.

Tra questi limiti il principale è dato dalla prescrizione estinti

va, che nell'obbligazione contributiva previdenziale si atteggia in modo diverso dalla prescrizione regolata nel codice civile

(art. 2934 ss.). Nel codice l'istituto è dominato dal principio di disponibilità,

in base al quale, ferma la disciplina legale di base (art. 2936), il

titolare passivo del rapporto (nelle obbligazioni, il debitore) può rinunziare alla prescrizione già maturata se si versi in materia

disponibile (art. 2937), la prescrizione non opera se non su ec cezione di parte (art. 2938) ed il debitore, se vuole, può pagare il debito prescritto senza poter poi agire in ripetizione (art.

2940). La più recente dottrina nega così che la prescrizione

estingua il diritto soggettivo e preferisce parlare di «efficacia

preclusiva», vale a dire di idoneità dell'eccezione di prescrizio ne ad escludere ogni ulteriore controversia sul diritto prescritto, ma non necessariamente estinto (in ipotesi, neppure mai nato).

Diversa è la disciplina della prescrizione nella contribuzione

previdenziale. Già l'art. 55, 2° comma, r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827 stabili

va, in materia di contributi dovuti all'Inps, che non fosse «am

messa la possibilità di effettuare versamenti, a regolarizzazione di contributi arretrati, dopo che, rispetto ai contributi stessi, sia

intervenuta la prescrizione». Attualmente l'art. 3, 9° comma, dispone: «Le contribuzioni di

previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e

non possono essere versate con il decorso dei termini di seguito indicati».

In tale regime, una volta esaurito il termine, la prescrizione ha una sicura efficacia estintiva, e non semplicemente preclusiva,

poiché l'ente previdenziale creditore non può rinunziarvi; essa

opera di diritto e deve perciò essere rilevata d'ufficio dal giudi ce, mentre il pagamento dopo la prescrizione costituisce paga mento d'indebito e dà diritto alla restituzione.

Il fondamento di questa disciplina è ragionevole, ciò che esclude ogni suo contrasto con gli art. 3 e 38 Cost. Esso corri

sponde ad un'esigenza di equilibrio finanziario degli enti previ denziali, che impedisce agli assicurati di costituirsi benefici at

traverso una contribuzione concentrata nel tempo e ritardata e che trova espressione anche nell'indisponibilità negoziale della

materia, sancita dall'art. 2115, 3° comma, c.c. (Cass. 19 gennaio 1968, n. 131, id., 1968, I, 366, e 5 ottobre 1998, n. 9865, id., Rep. 1998, voce Previdenza sociale, n. 708). Tale indisponibi lità giustifica anche la sottrazione dell'operatività della prescri zione estintiva all'autonomia dell'ente creditore.

La legislazione previdenziale concede talvolta la possibilità di

un tardivo versamento di contributi a fine di miglioramento della singola posizione assicurativa, come ad esempio nei casi

in cui l'assicurato sia ammesso al «riscatto» di determinati pe riodi, per lo più utilizzati per la preparazione professionale at

traverso corsi di studio, e non per il lavoro, col conseguente di

fetto di contribuzione. L'interesse pubblico alla migliore prepa razione professionale dei lavoratori induce il legislatore a con

cedere la contribuzione tardiva sulla base di specifici presuppo

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3607 PARTE PRIMA 3608

sti e comunque con previsioni non applicabili per analogia (le

numerose, ingiustificate disparità di trattamento in materia han

no dovuto infatti essere corrette in sede di giustizia costituzio

nale: tra le più recenti, Corte cost. 5 febbraio 1996, n. 20, id.,

1996, I, 385, e numerose altre ivi citate). Questi casi, pertanto, nulla tolgono al fondamento giustificativo delle norme sulla

prescrizione contenute negli art. 55, 2° comma, r.d.l. n. 1827 del

1935 e 3, 9° comma, 1. n. 335 del 1995.

Tutto ciò posto, non è dubbio che il citato art. 3, 9° comma, 1.

n. 335 del 1995 si applichi non soltanto all'Inps ma a qualsiasi forma di previdenza obbligatoria. La legge «ridefinisce il siste

ma previdenziale allo scopo di garantire la tutela prevista dal

l'art. 38 Cost.» (art. 1, 1° comma) ed ha perciò portata generale. E vero che al suo interno vengono talvolta indicati gli ambiti di

applicabilità delle singole disposizioni: alcune sono riferite alla sola «assicurazione generale obbligatoria», altre alle «forme so

stitutive ed esclusive» (art. 1, 6°, 10°, 25°, 28° comma), altre ai

«lavoratori autonomi iscritti all'Inps» (art. 1, 10° e 18° comma) o ai soli «enti privatizzati» (art. 3, 12° comma). Ma l'art. 3, 9°

comma, non distingue e si riferisce a tutte le assicurazioni ob

bligatorie, comprendendo anche quelle diverse dall'invalidità, vecchiaia e superstiti. Ed è canone ermeneutico comunemente

accettato che dove la legge non distingue neppure all'interprete è dato di distinguere.

Né vale in contrario il rilievo, svolto dal ricorrente nel secon

do motivo (supra, sub b), secondo cui la perdita della contribu

zione a causa di prescrizione genererebbe un'ingiustificata di

sparità di trattamento tra gli assicurati Inps e gli altri, privi della

possibilità di costituire una rendita vitalizia ex art. 13 1. n. 1338

del 1962. Il sopra illustrato fondamento ragionevole della sottrazione

alla disponibilità del debitore della disciplina della prescrizione estintiva in materia di contribuzione previdenziale ha una vali

dità generale onde non permette di discernere tra le diverse for

me assicurative. Che poi solamente per i lavoratori dipendenti la

legge preveda meccanismi riparatori, come la detta rendita vita

lizia oppure il diritto al risarcimento del danno, da esercitare

contro il datore di lavoro ai sensi dell'art. 2116 c.c., è circostan

za che non lede il principio d'uguaglianza sancito dall'art. 3

Cost.

Più volte la Corte costituzionale ha notato l'impossibilità di

parificare in tutto le diverse gestioni previdenziali, in relazione

alla provenienza dei soggetti assicurati da diverse esperienze la

vorative e contributive, alle differenti entità della contribuzione, ai livelli delle prestazioni, al regime della restituzione dei con

tributi non utilizzabili (da ultimo, sent. 5 marzo 1999, n. 61, id.,

1999,1, 1097). Per quanto riguarda specificamente la differenza qui lamen

tata, sarebbe irragionevole, ossia contrastante col principio di

eguaglianza (art. 3, 2° comma, Cost.), parificare la situazione

del lavoratore dipendente, che perde benefici previdenziali a

causa delle omissioni contributive del datore di lavoro e perciò

può costituirsi la rendita o chiedere il risarcimento del danno, e

la situazione del professionista, che per un periodo della sua vita

professionale omette di contribuire e più tardi vuole recuperare i

benefici perduti trasferendo sull'assicuratore, almeno in parte, il

costo dell'operazione. Priva di fondamento, infine, è la subordinata tesi del ricor

rente, secondo cui l'irretroattività della 1. n. 335 del 1995 (art. 11 preleggi) imporrebbe di applicarne l'art. 3, 9° comma, cit., solo nel caso di contributi non ancora prescritti nel momento

della sua entrata in vigore. La disposizione ora citata vieta l'uti

lizzazione di contributi prescritti in qualsiasi momento, ossia

impedisce di conseguire benefici previdenziali sulla base di quei contributi, ed il divieto non opera che per il futuro, restando così

esclusa qualsiasi efficacia retroattiva.

Questo è il significato da attribuire al 10° comma dello stesso

art. 3, che stabilisce l'applicabilità della nuova disciplina «an

che alle contribuzioni relative a periodi precedenti l'entrata in

vigore della presente legge». In conclusione si deve escludere, in linea generale, un diritto

soggettivo dell'assicurato a versare contributi previdenziali pre scritti poiché, nella materia previdenziale a differenza che in

quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto

alla disponibilità delle parti dall'art. 3, 9° comma, 1. n. 335 del

1995, che vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e

che, in forza del 10° comma, si applica anche per i contributi

prescritti prima dell'entrata in vigore della legge.

Il Foro Italiano — 2001.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 7 ago sto 2001, n. 10898; Pres. Lupo, Est. Varrone, P.M. Apice

(conci, diff.); Roberti (Avv. Iacobelli) c. Collegio dei geo metri della provincia di Benevento (Avv. Belperio), Proc.

rep. Trib. Benevento. Cassa senza rinvio Cons. naz. geometri 28 settembre 1998 e decide nel merito.

Professioni intellettuali — Geometra — Albo — Cancella

zione — Avvio del procedimento — Comunicazione all'in

teressato (R.d. 11 febbraio 1929 n. 274, regolamento per la

professione di geometra, art. 7; 1. 7 agosto 1990 n. 241, nuove

norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto

di accesso ai documenti amministrativi, art. 7).

L'avvio del procedimento di cancellazione di un geometra dal

l'albo professionale per incompatibilità deve essere comuni

cato all'interessato. (1)

Motivi della decisione. — Rispetto ai primi due motivi, che

investono il merito della pronuncia, assume valore prioritario il

terzo — e va pertanto esaminato con precedenza — il quale

contesta la rituale instaurazione del procedimento. Con esso, in

fatti, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 7 1. 7 agosto 1990 n. 241, lamentando che non gli sia

stata data comunicazione dell'avvio del procedimento di can

cellazione, con derivata nullità della procedura e delle conse

guenti deliberazioni.

La censura deve ritenersi fondata. Al riguardo questa corte ha

già statuito che nel procedimento, di natura amministrativa, da

vanti al collegio locale dei geometri, diretto alla cancellazione

dall'albo del professionista che si trovi in situazione d'incom

patibilità, non sono applicabili le disposizioni dell'art. 12 r.d. n. 274 del 1929, in tema di convocazione ed ascoltazione dell'inte

ressato, le quali riguardano il diverso caso dei processi discipli

nari, né è invocabile la tutela del diritto di difesa ex art. 24

(1) Conf. Cass. 25 settembre 1997, n. 9432, Foro it., Rep. 1998, vo

ce Professioni intellettuali, n. 205, citata in motivazione, con cui si è bensì escluso che l'avvio del procedimento di cancellazione dall'albo

professionale di un geometra, in seguito alla dichiarazione del suo fal

limento, debba essere comunicato all'interessato, ma soltanto in quanto le varie incapacità, anche di diritto pubblico, derivanti dalla sottoposi zione alla procedura concorsuale, comportano quelle «particolari esi

genze di celerità», in presenza delle quali l'art. 7 1. 7 agosto 1990 n. 241 esonera l'amministrazione dall'osservanza dell'obbligo in questio ne.

Non constano ulteriori precedenti, neppure relativamente ad altre

professioni intellettuali. La decisione risulta però perfettamente in linea con la giurisprudenza amministrativa, la quale si è stabilmente orientata nel senso che si tratta di un requisito indefettibile di validità (v., da ul

timo, Cons. Stato, sez. IV, 3 ottobre 2000, n. 5235, id., Rep. 2000, voce

Regione, n. 278; 7 settembre 2000, n. 4707, ibid., voce Sanità pubblica, n. 834; 13 luglio 2000, n. 3920, ibid., n. 290; 15 maggio 2000, n. 2705, ibid., voce Opere pubbliche, n. 220; sez. VI 20 aprile 2000, n. 2443, ibid., voce Atto amministrativo, n. 269; sez. IV 17 aprile 2000, n. 2283, ibid., voce Edilizia e urbanistica, n. 179; 6 aprile 2000, n. 1965, ibid., voce Atto amministrativo, n. 221; sez. I 5 aprile 2000, n. 286/00, ibid., n. 228; sez. IV 15 marzo 2000, n. 1408, ibid., n. 222; sez. V 23 febbraio

2000, n. 948, ibid., voce Edilizia e urbanistica, n. 574; ad. plen. 24

gennaio 2000, n. 2, ibid., voce Atto amministrativo, n. 265; sez. VI 20

gennaio 2000, n. 276, ibid., n. 213; sez. IV 19 gennaio 2000, n. 248, id., 2000, III, 1; ad. plen. 15 settembre 1999, n. 14, id., 1999, III, 529 e

2000, III, 26, con nota di Ferrara), sicché non se ne può prescindere — salvo il già menzionato caso di sussistenza di speciali ragioni di ur

genza e quello, espressamente previsto dall'art. 13 della legge, di pro cedimenti diretti all'emanazione di atti normativi, amministrativi gene rali, di pianificazione e di programmazione — se non quando lo scopo della norma può ritenersi ugualmente raggiunto, come nelle ipotesi in cui disposizioni particolari prescrivano forme analoghe di preventiva comunicazione (Cons. Stato, sez. VI. 18 ottobre 2000, n. 5589, id..

Rep. 2000, voce Agricoltura, n. 100) o l'interessato abbia avuto co

munque piena cognizione dell'inizio del procedimento, avendolo egli stesso promosso (Cons. Stato, sez. IV, 5 luglio 2000, n. 3709, ibid., vo ce Atto amministrativo, n. 234) o avendone avuto aliunde esauriente notizia (Cons. Stato, sez. IV, 15 marzo 2000, n. 1398, ibid., n. 206) o essendo stato a conoscenza dei presupposti di fatto che necessariamente ne imponevano l'apertura (Cons. Stato, sez. IV, 15 marzo 2000, n.

1398, cit.) o essendo stato destinatario di atti equipollenti alla comuni cazione di avvio (Cons. Stato, sez. VI, 24 ottobre 2000, n. 5693. ibid., n. 223).

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