+ All Categories
Home > Documents > sezione lavoro; sentenza 16 aprile 2004, n. 7315; Pres. ed est. Mattone, P.M. Pivetti (concl....

sezione lavoro; sentenza 16 aprile 2004, n. 7315; Pres. ed est. Mattone, P.M. Pivetti (concl....

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: lamdieu
View: 217 times
Download: 2 times
Share this document with a friend
4
sezione lavoro; sentenza 16 aprile 2004, n. 7315; Pres. ed est. Mattone, P.M. Pivetti (concl. conf.); Min. tesoro c. Barbarossa e altri (Avv. Assennato). Conferma App. Roma 12 settembre 2000 Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 9 (SETTEMBRE 2004), pp. 2403/2404-2407/2408 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199388 . Accessed: 28/06/2014 18:24 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.163 on Sat, 28 Jun 2014 18:24:39 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione lavoro; sentenza 16 aprile 2004, n. 7315; Pres. ed est. Mattone, P.M. Pivetti (concl. conf.); Min. tesoro c. Barbarossa e altri (Avv. Assennato). Conferma App. Roma 12 settembre

sezione lavoro; sentenza 16 aprile 2004, n. 7315; Pres. ed est. Mattone, P.M. Pivetti (concl.conf.); Min. tesoro c. Barbarossa e altri (Avv. Assennato). Conferma App. Roma 12 settembre2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 9 (SETTEMBRE 2004), pp. 2403/2404-2407/2408Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199388 .

Accessed: 28/06/2014 18:24

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.213.220.163 on Sat, 28 Jun 2014 18:24:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione lavoro; sentenza 16 aprile 2004, n. 7315; Pres. ed est. Mattone, P.M. Pivetti (concl. conf.); Min. tesoro c. Barbarossa e altri (Avv. Assennato). Conferma App. Roma 12 settembre

2403 PARTE PRIMA 2404

cui all'art. 6 d.l. 20 maggio 1993 n. 148, convertito in 1. 19 lu

glio 1993 n. 236, cit.), quindi, la complessa fattispecie costituti

va del diritto al trattamento in questione (di cui all'art. 11, 2°

comma, 1. 23 luglio 1991 n. 223, cit.) risulta modificata — con

la prospettata sostituzione, soltanto, di detto requisito — fermi

restando, tuttavia, gli altri requisiti e, segnatamente, l'essenzia

lità del previsto licenziamento al fine del perfezionamento della

stessa fattispecie. 4. - Coerentemente, la fattispecie che si perfezioni successi

vamente al dies ad quem (31 dicembre 1995) di vigenza della

norma temporanea (di cui all'art. 6 d.l. 20 maggio 1993 n. 148, convertito in 1. 19 luglio 1993 n. 236, cit., appunto)

— con il li

cenziamento intimato, come nella specie, dopo tale data — non

risulta modificata rispetto a quella prevista originariamente (dall'art. 11,2° comma, I. 23 luglio 1991 n. 223, cit.).

Ad integrare la stessa fattispecie deve concorrere, quindi, il

requisito più rigoroso di un «periodo di lavoro effettivo non in

feriore a diciotto mesi».

5. - Né la prescrizione di requisiti più rigorosi — ai fini del l'accesso al trattamento speciale di disoccupazione, del quale si

discute — si pone in contrasto con il principio costituzionale di

uguaglianza (art. 3 Cost.) e con quello (art. 38, 2° comma,

Cost.) di garanzia di adeguatezza delle prestazioni previdenziali (v. Corte cost. n. 285 del 30 luglio 2003), in quanto, da un lato, la specialità rende lo stesso trattamento incomparabile con altre

prestazioni a carattere generale, quale l'indennità di mobilità,

«per l'evidente disomogeneità dei termini del raffronto», e, dal

l'altro, l'eventuale mancanza dei requisiti più rigorosi, prescritti

per lo speciale trattamento appunto, «non lascia il lavoratore

sfornito della tutela generale contro la disoccupazione». 6. - La sentenza impugnata

— che ha ritenuto sufficiente il

requisito meno rigoroso («computo dei diciotto mesi di occupa zione (...) riferito alla sussistenza del rapporto di lavoro»), maturato entro il 31 dicembre 1995, sebbene si sia perfezionata, soltanto con la successiva cessazione del rapporto di lavoro (in data 9 settembre 1996), la fattispecie costitutiva del diritto al

trattamento preteso nel presente giudizio -— si discosta dal prin

cipio di diritto enunciato e merita, quindi, le censure dell'isti tuto ricorrente.

Tanto basta per accogliere il ricorso.

Tuttavia la sentenza dev'essere cassata con rinvio, non po tendo la causa essere decisa nel merito in difetto dell'accerta mento (omesso dalla sentenza impugnata, in quanto presumi bilmente ritenuto superfluo, in coerenza con la decisione adot

tata) — circa la sussistenza, alla stessa data (9 settembre 1996) di cessazione del dedotto rapporto di lavoro, del requisito più rigoroso (di un «periodo di lavoro effettivo non inferiore a di

ciotto mesi») come di ogni altro requisito per l'accesso al trat tamento preteso nel presente giudizio (di cui all'art. 11, 2°

comma, 1. 23 luglio 1991 n. 223, cit.) — accertamento che, pre via cassazione della sentenza impugnata, va quindi demandato al giudice di rinvio.

7. - Il ricorso, pertanto, deve essere accolto. Per l'effetto, la sentenza d'appello va cassata con rinvio ad

altro giudice d'appello, designato in dispositivo, perché proceda al riesame della controversia uniformandosi al principio di di ritto enunciato.

Il Foro Italiano — 2004.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 16 aprile 2004, n. 7315; Pres. ed est. Mattone, P.M. Pivetti (conci,

conf.); Min. tesoro c. Barbarossa e altri (Avv. Assennato).

Conferma App. Roma 12 settembre 2000.

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici in genere (rappresentanza in giudizio) — Notificazione — Destina tario in caso di contumacia — Avvocatura dello Stato

(Cod. proc. civ., art. 144, 292; r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611,

approvazione del t.u. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'or

dinamento dell'avvocatura dello Stato, art. 11).

Con riguardo alle notifiche da effettuarsi alle amministrazioni dello Stato, il destinatario della notifica va individuato, senza

eccezione alcuna — se non nei casi espressamente previsti da

particolari disposizioni — nell'avvocatura dello Stato, senza che possa operarsi una distinzione a seconda che l'ammini

strazione sia costituita ovvero contumace. (1)

(1) La Suprema corte si pronuncia su una questione inerente all'am bito applicativo dell'art. 11 r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, norma che

specifica il destinatario delle notifiche dirette alle amministrazioni dello Stato, secondo la previsione generale di cui all'art. 144 c.p.c. per cui «per le amministrazioni dello Stato si osservano le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la notificazione presso gli uffici dell'avvocatura dello Stato».

Nella fattispecie si controverte in particolare dell'ammissibilità del

gravame proposto dal ministero del tesoro soccombente in primo grado, avverso la sentenza del pretore di condanna del ministero stesso al pa gamento di somme a favore di numerosi litisconsorti.

A fronte della rilevata tardività della suddetta impugnazione ai sensi dell'art. 327 c.p.c., l'amministrazione dello Stato oppone che, stante la sua contumacia in primo grado, l'atto di intervento dei litisconsorti nel

giudizio di prime cure avrebbe dovuto essere notificato direttamente ad essa amministrazione, e non già presso l'avvocatura generale dello Stato: l'atto d'intervento nel giudizio dunque avrebbe dovuto essere di chiarato nullo — in quanto non notificato personalmente al contumace — con la conseguente possibilità, per il ministero, di proporre impu gnazione oltre il termine annuale dalla pubblicazione della sentenza ai sensi dell'art. 327 c.p.c.

Preliminare alla soluzione della questione è l'interpretazione del combinato disposto delle norme di cui all'art. 144 c.p.c. e all'art. 11 r.d. citato del 1933, che prevede al 1° comma che «tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziale, nonché le opposizioni ad ingiunzione e gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle

giurisdizioni amministrative o speciali, od innanzi agli arbitri, devono essere notificate alle amministrazioni dello Stato presso l'ufficio del l'avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria innanzi alla quale è portata la causa, nella persona del ministro compe tente»; al 2° comma che «ogni altro atto giudiziale e le sentenze devono essere notificate presso l'ufficio dell'avvocatura dello Stato nel cui di stretto ha sede l'autorità giudiziaria presso cui pende la causa o che ha

pronunciato la sentenza». In particolare si tratta di stabilire se la norma del regio decreto debba

essere applicata anche nell'ipotesi di contumacia dell'amministrazione dello Stato o se diversamente prevalga su tale norma l'art. 292 c.p.c. che, per l'ipotesi specifica di contumacia di una parte, prevede la ne cessità di notifica personale delle domande nuove.

La corte afferma l'esistenza di una regola di carattere generale in virtù della quale il destinatario della notifica va individuato, senza ec cezione alcuna (se non nei casi espressamente previsti da disposizioni particolari), nell'avvocatura dello Stato, senza che possa operarsi una distinzione a seconda che la parte sia costituita ovvero contumace. Si fonda a tal fine sulla formulazione letterale del 2° comma dell'art. 11, il

quale fa espresso riferimento ad «ogni atto giudiziale» che debba essere notificato in pendenza di giudizio, e sul particolare rapporto che inter corre tra gli avvocati dello Stato e l'amministrazione da essi rappre sentata — l'avvocatura dello Stato è l'organo al quale sono istituzio nalmente affidate dalla legge la rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato — che è ben diverso e più incisivo rispetto a quello che vie ne ad instaurarsi tra la parte privata e il suo difensore.

In precedenza, cfr. Cass. 16 giugno 1962, n. 1522, Foro it., Rep. 1962, voce Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici in genere, n. 60, nella cui massima si può leggere che «anche dopo l'entrata in vi

gore della 1. 25 marzo 1958 n. 260, recante modificazioni alle norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato, le citazioni ed i ricorsi ri volti alle amministrazioni dello Stato debbono essere notificati, a pena di nullità, presso gli uffici dell'avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'organo giurisdizionale che è chiamato a conoscere della cau sa: pertanto, la notificazione del ricorso per cassazione, o dell'istanza di regolamento di competenza, è inficiata da nullità assoluta ed insana

This content downloaded from 91.213.220.163 on Sat, 28 Jun 2014 18:24:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione lavoro; sentenza 16 aprile 2004, n. 7315; Pres. ed est. Mattone, P.M. Pivetti (concl. conf.); Min. tesoro c. Barbarossa e altri (Avv. Assennato). Conferma App. Roma 12 settembre

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con ricorso alla Corte d'appello

di Roma il ministero del tesoro proponeva appello nei confronti

della sentenza del pretore, con la quale era stato condannato a

pagare, in favore di Maria Verna e di altri 443 litisconsorti, le

somme per ciascuno precisate a titolo d'interessi legali e riva

lutazione monetaria sulle differenze tra l'indennità di anzianità

maturata presso gli enti mutualistici ove essi prestavano servi

zio, calcolata secondo gli ordinamenti di provenienza all'atto

del passaggio alle dipendenze della Usi, e l'importo teorico del

l'indennità premio di fine servizio determinata alla stessa data

dall'Inadel secondo il proprio ordinamento.

Osservava il giudice dell'impugnazione che in primo grado il

giudizio era stato introdotto da Maria Verna, mentre gli altri at

tuali appellati erano intervenuti successivamente, notificando

l'atto di intervento al ministero del tesoro presso l'avvocatura

generale dello Stato, e che esso era rimasto contumace. Rileva

va, quindi, che in via preliminare doveva dichiararsi l'inammis sibilità del gravame nei confronti della Verna, riguardo alla cui

posizione nessuna censura era stata mossa dal ricorrente, e che

l'impugnazione era stata proposta oltre il termine annuale previ sto dall'art. 327 c.p.c., per cui doveva considerarsi tardiva e

come tale inammissibile anche nei confronti degli altri appellati. Non poteva invero condividersi —

proseguiva la corte — l'as

sunto del ministero, secondo cui, stante la sua contumacia, l'atto

d'intervento avrebbe dovuto essere notificato direttamente ad

essa amministrazione, e non già presso l'avvocatura generale dello Stato (con la conseguenza che l'appello avrebbe dovuto

considerarsi tempestivo in quanto proposto entro il termine sta

bilito dall'art. 325 c.p.c.), dal momento che, a norma dell'art.

11, 1° comma, 1. 25 marzo 1958 n. 260, richiamato dall'art. 144

c.p.c., la notifica di tutti gli atti giudiziari destinati ad una am

ministrazione dello Stato va compiuta presso l'avvocatura gene

rale, a prescindere dalla circostanza che la parte sia costituita

ovvero contumace.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il ministero del

tesoro, formulando due motivi di gravame. Resistono i litiscon

sorti della Verna mediante controricorso, seguito da memoria

difensiva. Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente

— nel denunziare violazione e falsa applicazione degli art. 292

e 327, 2° comma, c.p.c. ed 11 1. n. 260 del 1958, dei principi in materia di notifica degli atti giudiziari alle amministrazioni sta tali e del loro combinato disposto in relazione all'art. 360, n. 3,

c.p.c.; violazione del diritto di difesa della parte dichiarata con

tumace; e insufficiente e contraddittoria motivazione su un

punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.) — as

sume che l'atto d'intervento nel giudizio instaurato dalla Verna

avrebbe dovuto essere dichiarato nullo in quanto non notificato

personalmente ad esso ministero, con la conseguente possibilità, da parte sua, di proporre impugnazione oltre il termine annuale

dalla pubblicazione della sentenza. Deduce, in particolare, che

erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto che il principio secondo cui gli atti giudiziari destinati alle amministrazioni dello Stato non ammette eccezioni (se non nei casi espressa mente contemplati da specifiche disposizioni), così omettendo

di considerare che tra quelle eccezioni va annoverata proprio la

norma sulla notificazione degli atti alla parte rimasta contuma

ce, la quale assicura ad essa la più completa tutela del diritto

alla difesa, con la conseguenza che, ove l'art. 292 c.p.c. non lo

si considerasse applicabile nei confronti dell'amministrazione

dello Stato, verrebbe ad essere violato l'art. 3 Cost.

Oggetto del secondo motivo è il vizio di insufficiente e con

bile qualora sia stata eseguita presso l'ufficio postale interessato anzi

ché presso l'avvocatura generale dello Stato».

In dottrina, si afferma che «l'avvocatura dello Stato può considerarsi

in ogni caso, salvo deroghe espressamente previste dalla legge, domici

liataria ex lege di tutte le notificazioni formalmente dirette ad ammini

strazioni dello Stato»: così Balena, Notificazione e comunicazione, vo

ce del Digesto civ., Torino, 1995, XII, 270.

Cfr. inoltre la nota di Di Nanni a Cass. 19 aprile 1966, n. 983, in Fo

ro it., 1966,1,1744. Con riguardo alla particolare deroga, rispetto alla regola dell'art. 11

r.d., contenuta nella 1. 24 novembre 1981 n. 689 sui giudizi di opposi zione ad ordinanza-ingiunzione, Cass., sez. un., 24 agosto 1999, n.

599/SU, id.. Rep. 1999, voce Sanzioni amministrative e depenalizza

zione, n. 136; 9 febbraio 1998, n. 1334, id., Rep. 1998, voce cit., n. 131.

Il Foro Italiano — 2004.

traddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia

(art. 360, n. 5, c.p.c.). Premesso che, ove siano proposte nei

confronti del contumace domande nuove ed il giudice di primo

grado, nonostante gli atti che le contengono non siano stati ri

tualmente notificati alla parte contumace, le abbia accolte, il

giudice d'appello deve annullare i relativi capi della sentenza e

decidere nel merito, deduce il ministero che le domande sud

dette sono infondate sia perché esso difetta di legittimazione,

obbligato alla prestazione essendo l'Inpdap; sia perché è ad ogni modo da escludere nella fattispecie un suo comportamento ille

cito; sia perché, infine, la sentenza impugnata si discosta dai

principi fissati in materia di interessi e rivalutazione monetaria

su somme tardivamente corrisposte dalla normativa attualmente

vigente. Il primo motivo è destituito di fondamento.

Secondo quanto stabilisce l'art. 144, 1° comma, c.p.c., «per le

amministrazioni dello Stato ai osservano le disposizioni delle

leggi speciali che prescrivono la notificazione presso gli uffici

dell'avvocatura dello Stato». Il contenuto di questa norma va,

pertanto, integrato con l'art. 11 r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611,

come modificato dall'art. 1 1. 25 marzo 1958 n. 260, il quale di

spone, al 1° comma, che «tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziale ... devono essere notificati alle

amministrazioni dello Stato presso l'ufficio dell'avvocatura

dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria dinanzi

alla quale è portata la causa, nella persona del ministro compe tente» ed al 2° comma, che «ogni altro atto giudiziale e le sen

tenze devono essere notificati presso l'ufficio dell'avvocatura

dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria presso cui pende la causa o che ha pronunciato la sentenza».

Tanto premesso, si osserva in primo luogo che la formulazio

ne letterale del 2° comma dell'art. 11, il quale fa espresso rife

rimento ad «ogni... atto giudiziale» che debba essere notificato

in pendenza di giudizio, rende manifesta l'enunciazione di una

regola di carattere generale in virtù della quale il destinatario

della notifica va individuato, senza eccezione alcuna (se non nei

casi espressamente previsti da particolari disposizioni), nell'av

vocatura dello Stato, senza cioè che possa operarsi una distin

zione a seconda che la parte sia costituita ovvero contumace.

Non diversamente, con riferimento alle notificazioni di atti pre

ordinati alla introduzione di un giudizio, si esprime del resto il 1° comma dell'art. 11 cit., il quale sottopone ad una regola sif

fatta «tutte» le citazioni, i ricorsi e «qualsiasi altro atto» di op

posizione giudiziale, utilizzando, cioè, delle espressioni di con

tenuto inequivoco, tali da far intendere che nelle ipotesi consi

derate tale disciplina è la sola applicabile (in senso conforme,

Cass. 16 giugno 1962, n. 1522, Foro it., Rep. 1962, voce Ammi

nistrazione dello Stato e degli enti pubblici in genere, n. 60).

Si consideri inoltre, per un verso, che la regola della notifica

zione degli atti giudiziali presso l'avvocatura dello Stato è stata

riaffermata, dopo l'emanazione del vigente codice di rito, dal

l'art. 1 1. 260/58, in precedenza menzionato (modificazioni alle

norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato), il quale non

ha compiuto alcun richiamo alla disciplina della contumacia di

cui agli art. 290 ss. c.p.c., mostrando così di non voler introdur

re deroghe di sorta alla normativa di carattere speciale che essa

andava a dettare in termini parzialmente innovativi rispetto al

regime previgente; e, per altro verso, che — come è stato rile

vato anche dalla sentenza impugnata — si è ritenuto da questa

corte che la normativa prevista dal codice di rito riprenda vigo

re, rispetto alle amministrazioni dello Stato, in ipotesi particola ri nelle quali risulti che si sia inteso derogare alla «regola» posta dall'art. 11 (in tal senso, riguardo ai giudizi di opposizione ad

ordinanza-ingiunzione, di cui alla 1. n. 689 del 1981, Cass. 9

febbraio 1998, n. 1334, id., Rep. 1998, voce Sanzioni ammini strative e depenalizzazione, n. 131).

Né ha ragione di esistere il dubbio di costituzionalità solle

vato dalla difesa del ministero ricorrente, secondo cui, ove la di

sciplina relativa alla contumacia, che offre a suo dire una più

intensa tutela alla parte non costituita, non trovasse applicazione

in favore delle amministrazioni dello Stato, ne risulterebbe vul

nerato il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. Va al riguardo tenuto presente, infatti, che l'avvocatura dello

Stato è l'organo al quale sono istituzionalmente affidate dalla

legge la rappresentanza e difesa in giudizio delle amministra

zioni dello Stato e che, in particolare, il mandato conferito ex

lege agli avvocati dello Stato consente loro di compiere tutti gli

This content downloaded from 91.213.220.163 on Sat, 28 Jun 2014 18:24:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sezione lavoro; sentenza 16 aprile 2004, n. 7315; Pres. ed est. Mattone, P.M. Pivetti (concl. conf.); Min. tesoro c. Barbarossa e altri (Avv. Assennato). Conferma App. Roma 12 settembre

2407 PARTE PRIMA 2408

atti processuali per i quali la legge richiede un mandato specia le: il rapporto che intercorre tra gli avvocati dello Stato e l'am ministrazione da essa rappresentata è ben diverso e più incisivo,

quindi, di quello che viene ad instaurarsi tra la parte privata ed il

suo difensore, sì che è del tutto ragionevole che la regola posta dall'art. 292, 1° comma, c.p.c.

— a norma del quale le domande

nuove vanno notificate personalmente al contumace — non tro

vi applicazione riguardo alle pubbliche amministrazioni, la cui

cognizione diretta dell'atto nulla potrebbe aggiungere alla tutela ad essa costantemente apprestata dall'avvocatura dello Stato.

In conclusione, poiché gli atti di intervento dei litisconsorti

della Verna sono stati ritualmente notificati presso l'avvocatura

dello Stato e poiché è incontroverso che il ricorso in appello è

stato dal ministero del tesoro proposto tardivamente, il primo motivo di gravame deve essere rigettato, restando in tale statui

zione assorbito il secondo, attinente alla sua legittimazione pas siva ed al merito della controversia.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 2 aprile 2004, n. 6565; Pres. Prestipino, Est. La Terza, P.M. Finoc chi Ghersi (conci, conf.); Min. economia e finanze c. Inps (Avv. Riccio, Valente), Palano (Avv. Galluccio Mezio). Cassa Trib. Lecce 22 gennaio 2001.

Invalidi civili e di guerra — Indennità di accompagnamento — Previa domanda di accertamento dello stato invalidante — Esclusione (L. 24 dicembre 1993 n. 537, interventi corret tivi di finanza pubblica, art. 11; d.p.r. 21 settembre 1994 n.

698, regolamento recante norme sul riordinamento dei proce dimenti in materia di riconoscimento delle minorazioni civili e sulla concessione dei benefici economici, art. 3; d.leg. 31 marzo 1998 n. 112, conferimento di funzioni e compiti ammi nistrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazio ne del capo 11. 15 marzo 1997 n. 59, art. 130).

Invalidi civili e di guerra — Indennità di accompagnamento —

Legittimazione passiva dell'Inps (Cod. proc. civ., art.

81; 1. 15 ottobre 1990 n. 295, modifiche ed integrazioni al l'art. 3 d.l. 30 maggio 1988 n. 173, convertito, con modifica

zioni, dalla 1. 26 luglio 1988 n. 291, e successive modifica

zioni, in materia di revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti; d.p.r. 21 settembre 1994 n. 698, art. 1;

d.leg. 31 marzo 1998 n. 112, art. 130, 131, 132; 1. reg. Tosca na 26 novembre 1998 n. 85, attribuzione agli enti locali e di

sciplina generale delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di tutela della salute, servizi sociali, istruzione

scolastica, formazione professionale, beni e attività culturali e

spettacolo, conferiti alla regione dal d.leg. 31 marzo 1998 n.

112; 1. reg. Umbria 2 marzo 1999 n. 3, riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi del sistema regionale e locale delle autonomie dell'Umbria in attuazione della 1. 15 marzo 1997 n. 59 e del d.leg. 31 marzo 1998 n. 112; 1. reg. Abruzzo 3 marzo 1999 n. 11, attuazione del d.leg. 31 marzo 1998 n. 112: individuazione delle funzioni amministrative che richie dono l'unitario esercizio a livello regionale e conferimento di

funzioni e compiti amministrativi agli enti locali ed alle auto nomie funzionali; 1. reg. Emilia-Romagna 21 aprile 1999 n. 3, riforma del sistema regionale e locale; 1. reg. Lazio 6 agosto 1999 n. 14, organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo;

d.p.c.m. 26 maggio 2000, individuazione delle risorse umane, finanziarie, strumentali ed organizzative da trasferire alle re

gioni in materia di funzioni di concessione dei trattamenti economici a favore degli invalidi civili, ai sensi dell'art. 130

d.leg. 31 marzo 1998 n. 112, art. 2; d.p.c.m. 13 novembre

2000, criteri di ripartizione e ripartizione tra le regioni per l'esercizio delle funzioni conferite dal d.leg. 31 marzo 1998

II. Foro Italiano — 2004.

n. 112, in materia di concessione di trattamenti economici a

favore degli invalidi civili; 1. 23 dicembre 2000 n. 388, dispo sizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001), art. 80; d.l. 30 settembre

2003 n. 269, disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e

per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, art. 42; 1.

24 novembre 2003 n. 326, conversione in legge, con modifi

cazioni, del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, art. 1; 1. 24 dicem

bre 2003 n. 350, disposizioni per la formazione del bilancio

annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004), art.

3).

Colui che intenda ottenere una prestazione di assistenza sociale

per invalidità civile non è tenuto a chiedere preventivamente in giudizio l'accertamento del c.d. requisito sanitario, per poi

agire al fine di conseguire l'attribuzione della prestazione

pecuniaria nei confronti dell'Inps. (1) Nelle controversie proposte dopo il 3 settembre 1998, aventi ad

oggetto il diritto a prestazioni assistenziali per invalidità ci

vile sussiste la legittimazione passiva dell'Inps. (2)

( 1 -2) La prima massima è conforme a Cass. 17 giugno 2003, n. 9681, Foro it., 2004,1, 535, con osservazioni di De Marzo, Questioni proces suali per i giudizi di invalidità civile e novità normative, citata in moti

vazione, che si colloca nel solco dei principi generali affermati da Cass. 12 luglio 2000, n. 483/SU, id.. Rep. 2000, voce Invalidi civili e di guer ra, n. 19, anch'essa richiamata dalla decisione in rassegna.

Come emerge dal punto 4) della motivazione, nel caso di specie, i

giudici di merito avevano limitato il loro esame alla verifica delle con dizioni sanitarie, senza statuire, nonostante l'espressa richiesta della ri corrente, in merito al diritto alla prestazione assistenziale. A fronte di tali premesse, va rilevato che le pur condivisibili considerazioni svolte in sentenza sull'ammissibilità delle domande di mero accertamento dello stato invalidante (ossia di un fatto e non di un diritto: sul punto, v. anche Cass. 17 marzo 2003, n. 3905, id., 2003,1, 1729, con nota di Pa

gni, Note sui limiti di ammissibilità della domanda di mero accerta

mento) rappresentano un mero obiter, giacché parte ricorrente non ave va affatto richiesto l'accertamento del solo c.d. requisito sanitario.

La perentorietà della seconda massima, che. in relazione alle contro versie assistenziali «attivate» dopo il 3 settembre 1998, afferma l'e sclusiva legittimazione dell'Inps, solleva delle perplessità, anche se non con riferimento al caso concreto, dal momento che la questione sotto

posta all'attenzione della Suprema corte era stata decisa dal giudice di

primo grado con sentenza del 16 novembre 1999 e pertanto era anche stata introdotta processualmente prima del trasferimento delle funzioni concessorie alle regioni, avvenuto a partire dal 1° gennaio 2001, alla

stregua del d.p.c.m. 26 maggio 2000.

Tuttavia, dal momento che la corte ha deciso di impegnarsi, con un chiaro obiter, nella trattazione del profilo concernente la legittimazione passiva dell'Inps anche dopo tale trasferimento, sarebbe stato opportu no un maggiore approfondimento. Secondo la sentenza in rassegna, le

regioni espletano il procedimento amministrativo e quindi svolgono le funzioni di accertamento dello stato invalidante e di controllo sull'esi stenza degli altri fatti costitutivi, ma non erogano le prestazioni con fondi propri, in quanto l'onere viene posto dal legislatore a carico del

l'Inps. Secondo Cass. 6565/04, pertanto, l'interpretazione risultante dal tenore letterale dell'art. 130 d.leg. 31 marzo 1998 n. 112, in forza del

quale legittimato passivo sarebbe l'Inps troverebbe fondamento anche nella ratio del nuovo sistema.

Va, tuttavia, rilevato in contrario che la lettera dell'art. 130 cit. è tut t'altro che in armonia con la ricostruzione proposta dalla sentenza che si riporta. Infatti, il 1° comma dell'art. 130 assegna all'Inps la funzione di erogazione di pensioni, assegni e indennità, mentre il 3° comma, nell'individuare il criterio di attribuzione della legittimazione passiva, fa riferimento alla distinta funzione di concessione dei trattamenti assi stenziali, disciplinata dal precedente 2° comma.

In particolare, quest'ultima previsione distingue chiaramente i «nuo vi» trattamenti economici (ossia quelli successivi al trasferimento delle funzioni concessorie alle regioni) dai «benefici aggiuntivi», che le re

gioni con risorse proprie possono concedere per completare il quadro delle misure disciplinate dal legislatore nazionale. In entrambi i casi, tuttavia, non vi sono dubbi sull'attribuzione della funzione concessoria alle regioni.

Va escluso, quindi, già sul piano letterale che siffatta funzione (e la

conseguente legittimazione passiva nelle controversie relative) sia li mitata ai soli «benefici aggiuntivi».

A fronte della non equivoca scelta normativa, che vale ad individuare chiaramente il titolare dal lato passivo del diritto controverso (ossia il titolare della funzione concessoria), non s'intende su quale fondamento

riposi l'opzione a favore del soggetto chiamato a materialmente erogare la prestazione.

Va aggiunto che la tesi propugnata dalla sentenza in epigrafe non

This content downloaded from 91.213.220.163 on Sat, 28 Jun 2014 18:24:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended