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sezione lavoro; sentenza 16 dicembre 1986, n. 7577; Pres. Antoci, Est. Florio, P. M. Benanti(concl. conf.); I.n.a.i.l. (Avv. Mancini, Napolitano) c. Montis (Avv. Agostini). Cassa Trib. Nuoro22 aprile 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 4 (APRILE 1987), pp. 1089/1090-1093/1094Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179887 .
Accessed: 25/06/2014 02:40
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
una certa somma ai donanti era stata fatta dal Tribunale di Fog
gia di ufficio, pronunciando perciò ultra petita, ed era stata, quin
di, sostenuta irritualmente dagli appellati in secondo grado. Sul primo punto, i rilievi del ricorrente sono da disattendere
perché la sentenza, oltre a contenere un diligente esame analitico
delle deposizioni testimoniali, non manca della loro valutazione
globale e dell'indagine critica condotta sul complesso delle risul
tanze istruttorie.
Egualmente infondata è la seconda censura giacché il tribuna
le, prima, e la corte d'appello, poi, si limitarono a dare l'appro
priata qualificazione giuridica ai fatti riferiti dal Del Vecchio che
erano stati anche oggetto di riscontro attraverso la prova testimo
niale: mentre, cioè, il retraente sosteneva che fosse stato pattuito il pagamento di una somma di denaro in corrispettivo della ces
sione del diritto di proprietà sui terreni trasferiti ai retrattati e
che tale impegno snaturasse la donazione apparente, i giudici di
merito — nell'ipotesi subordinata ed eventuale che ai cessionari
fosse stato imposto il versamento di una somma proporzionale all'estensione del fondo da ciascuno di essi ricevuto — dettero
una diversa qualificazione giuridica a tale obbligazione, nell'eser
cizio di un potere che ai giudici spetta, indipendentemente dalla
prospettazione delle parti. Col terzo mezzo di ricorso il Del Vecchio, denunciando la vio
lazione degli art. 793, 1321 c.c., 112, 190 e 345 c.p.c. nonché
il difetto di motivazione della sentenza impugnata in relazione
all'art. 360, nn. 3 e 5, del codice di rito, lamenta che la corte
di Bari non abbia considerato la netta differenziazione esistente
fra il contratto oneroso a prestazioni corrispettive e la donazione
modale e che, inoltre, non abbia attribuito la dovuta importanza
all'indagine necessaria per stabilire, in concreto, gli elementi di
stintivi delle due figure giuridiche, per cui — indipendentemente dalla rilevata irritualità della tesi secondo cui si sarebbe trattato,
in ipotesi, di un modus della donazione — il ricorrente sostiene
che sia mancata del tutto l'indagine sulla comune intenzione dei
contraenti e, quindi, nella causa del negozio. Con quest'ultimo motivo di ricorso il Del Vecchio affronta di
rettamente il merito della causa, cioè la qualificazione dei negozi di trasferimento dei fondi dai coniugi Ramunno e Danza ai loro
congiunti ed i conseguenti effetti in ordine ai diritti di prelazione e di riscatto vantati dal mezzadro.
È opportuno chiarire che anche l'ambito di applicabilità della
prelazione agraria non è limitato all'ipotesi della vendita dei fon
di ma — secondo la lettera e lo spirito dell'art. 8 1. 26 maggio
1965 n. 590 — la preferenza nell'acquisto è riconosciuta in ogni
caso di trasferimento di fondi a titolo oneroso, tutte le volte cioè
che, a parità di condizioni contrattuali, sia concretamente possi
bile, per l'oggetto e la natura delle prestazioni convenute, la so
stituzione al terzo dell'affittuario, del mezzadro, ecc. Il diritto
di prelazione spetta, perciò, anche nell'ipotesi in cui il trasferi
mento della proprietà del fondo agricolo avvenga in corrispettivo
della costituzione di una rendita vitalizia — esclusa quella ali
mentare — la quale comporta l'obbligo per il vitaliziarne di ese
guire in favore del beneficiario, per tutta la sua vita, prestazioni
periodiche di dare, frazionabili, fungibili e suscettibili di coerci
zione (Cass. 30 ottobre 1980, n. 5855, Foro it., Rep. 1980, voce
Agricoltura, n. 83; 14 giugno 1982, n. 3625, id., Rep. 1982, voce
cit., n. 153; 15 febbraio 1983, n. 1166, id., 1983, I, 933).
Tuttavia, il presupposto per il riconoscimento di un negozio
di tale natura è l'accertamento della comune volontà delle parti
di costituire un negozio a titolo oneroso in cui la causa del con
tratto consista nello scambio tra una cosa determinata e la pre
stazione periodica di una certa somma di denaro ovvero di una
certa quantità di cose fungibili per tutto il tempo della vita con
templata (della stessa parte del contratto o di un terzo). In questa
prospettiva, il vitalizio oneroso è un contratto a prestazioni corri
spettive, nel senso che da esso derivano obbligazioni reciproche
e contrapposte fra i contraenti; in altri termini, fra le due presta
zioni sussiste un mezzo d'interdipendenza per cui ciascun con
traente è obbligato ad effettuare la propria prestazione in quanto
ha il diritto di ricevere la prestazione dovutagli dall'altra parte,
e viceversa.
Nettamente distinta dal vitalizio oneroso, per la diversità della
causa, della natura giuridica e degli effetti suoi propri, è la dona
zione cui acceda un onere che comporta l'obbligo, giuridicamen
te coercibile, del donatario di effettuare prestazioni periodiche
in favore del donante o di un terzo per tutta la vita contemplata.
In tal caso la disposizione modale costituisce un elemento ac
Ii Foro Italiano — 1987.
cessorio dell'atto di liberalità in quanto con esso il disponente mira ad attuare un fine che si aggiunge a quello principale del
negozio a titolo gratuito, operando come ulteriore movente di
questo, senza peraltro condizionarne l'attuazione (Cass. 25 mag
gio 1973, n. 1602, id., Uep. 1973, voce Donazione, n. 29). Il modo od onere, quindi, non rende incerta la liberalità, che viene
fatta puramente e semplicemente, ma accede alla medesima, sen
za influire sul suo contenuto giuridico, sebbene l'adempimento del modo incida sugli effetti economici dell'attribuzione patrimo niale fatta a titolo gratuito, nel senso che il valore dell'onere gra va su quanto ricevuto dal donatario, riducendone l'entità (Cass. 18 febbraio 1977, n. 739, id., Rep. 1977, voce cit., n. 17).
Ne consegue che allorquando la disposizione modale preveda a carico del donatario la prestazione di una rendita vitalizia a
favore del disponente, la natura e la causa dell'atto principale non ne restano modificati, tant'è che la risoluzione di questo per
inadempimento dell'onerato può essere pronunciata solo se sia
stata preveduta nell'atto di donazione (art. 793, 4° comma, c.c.).
Inoltre, poiché nella donazione modale non sussiste alcuna in
terdipendenza fra il negozio principale e l'elemento accessorio,
il modo non è parte integrante della manifestazione di volontà
di donare ed è valido anche se la relativa disposizione risulta da
scrittura privata mentre la donazione cui è apposta è fatta per atto pubblico (Cass. 18 febbraio 1977, n. 739).
Questa problematica è stata tenuta ben presente dalla Corte
d'appello di Bari la quale ha espresso il convincimento che l'atto
pubblico del 16 maggio 1976 contenga una donazione vera e pro
pria, non coordinata con un nesso di reciproca interdipendenza con alcuna controprestazione dei donatari, per esservi manifesta
to l'intento dei coniugi Ramunno e Danza — ricevuto e verificato
dal notaio — di compiere un atto di liberalità verso i loro con
giunti. Dopo tale accertamento basilare per la soluzione della contro
versia, i giudici di merito si sono dati anche carico di indagare intorno alle circostanze nelle quali i donatari avrebbero dovuto,
secondo l'assunto del Del Vecchio, assumere l'impegno di corri
spondere ai coniugi Ramunno e Danza una somma annua pro
porzionale all'estensione del fondo da ciascuno di essi ricevuto:
in relazione a ciò, quei giudici hanno, innanzi tutto, escluso che
un tale onere sia stato, in realtà, imposto a carico dei donatari,
in base ad una valutazione delle risultanze processuali che sfugge
al controllo della Corte di cassazione; ma, poi, hanno anche ipo tizzato l'effettiva esistenza di un simile onere e, adeguandosi alla
giurisprudenza di questa corte, hanno escluso che esso potesse
snaturare l'atto principale costituito da una donazione.
In definitiva, pertanto, non essendovi stato un trasferimento
a titolo oneroso dei fondi condotti a mezzadria dal Del Vecchio,
non spettano a questo i diritti di prelazione e di riscatto. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 16 dicem
bre 1986, n. 7577; Pres. Antoci, Est. Florio, P. M. Benanti
(conci, conf.); I.n.a.i.l. (Avv. Mancini, Napolitano) c. Mon
tis (Avv. Agostini). Cassa Trib. Nuoro 22 aprile 1983.
Infortuni sul lavoro — Assicurazione obbligatoria — Soggetti pro
tetti — Assistente contrario — Esclusione (D.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni per l'assicurazione obbliga
toria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, art. 1, 4, 9).
Non è protetto dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortu
ni sul lavoro il cosiddetto «assistente contrario». (1)
(1) In senso conforme, per l'affermazione che non è da considerare
sovraintendente al lavoro altrui e quindi sottoposto a tutela infortunistica
il cosiddetto «assistente contrario», cioè chi è chiamato a sorvegliare il
lavoro non per conto del soggetto che direttamente se ne giova, ma per conto di un diverso soggetto (appaltante o committente) dal quale non
dipendono i prestatori di lavoro sottoposti alla tutela infortunistica, vedi
Cass. 26 maggio 1983, n. 3641, Foro it., Rep. 1985, voce Infortuni sul
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1091 PARTE PRIMA 1092
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 2 maggio 1981
Montis Elvio, geometra dipendente della regione autonoma Sar
degna, in servizio presso il genio civile di Nuoro, adiva il Pretore
del lavoro di Nuoro al fine di ottenere il riconoscimento della
indennizzabilità di un infortunio occorsogli mentre effettuava ope razioni di misurazione di rilevamento e di controllo di opere di
consolidamento dell'abitato di Osini, con la conseguente condan
na dell'I.n.a.i.l., convenuto in giudizio, alla costituzione della re
lativa rendita.
L'I.n.a.i.l. eccepiva la non tutelabilità dell'evento infortunisti
co ex art. 4 t.u. n. 1124 del 1965, trattandosi di un lavoratore
appartenente ad una categoria di dipendenti per i quali non sussi
steva l'obbligo assicurativo, tanto che la regione non aveva prov veduto alla prestazione dei contributi assicurativi.
La regione Sardegna, chiamata in giudizio, aderiva alla tesi
della non assicurabilità del ricorrente, sostenuta dall'I.n.a.i.l.
Esperita la consulenza tecnica, il pretore accoglieva la doman
da con sentenza resa all'udienza del 29 settembre 1982, sentenza
che l'I.n.a.i.l. gravava di appello sostenendo che l'estensione al
ricorrente della tutela contro gli infortuni sul lavoro doveva rite
nersi esclusa sia perché egli non rientrava tra le categorie di lavo
ratori menzionate nell'art. 4 del citato t.u. sia perché il geometra
prestava la propria attività lavorativa per conto di un ente che
non svolgeva le attività indicate nell'art. 1 della richiamata nor
mativa.
Proponeva appello incidentale anche la regione Sardegna. Il Tribunale di Nuoro rigettava entrambi gli appelli con
sentenza resa all'udienza del 23 marzo 1983 (depositata il suc
cessivo 22 aprile) nella quale affermava che le opere di consoli
damento eseguite dal genio civile rientravano della previsione di cui all'art. 1 t.u. n. 1124 del 1965 ed affermava, inoltre, che il geometra, addetto al controllo dell'esecuzione delle ope
re, svolgeva la tipica mansione del sovraintendente espressa mente prevista nell'art. 4 del menzionato t.u., rilevando che
l'attività esplicata dal Montis nonostante l'inquadramento nella
categoria impiegatizia, presentava la connotazione del lavoro
manuale che, sebbene non esclusivo o prevalente, si inseriva
nel ciclo produttivo con le caratteristiche della continuità e
della professionalità. Codesta sentenza viene impugnata per cassazione dall'I.n.a.i.l.
che ne affida l'annullamento a due motivi illustrati da memoria.
Il Montis resiste con controricorso. La regione Sardegna non si
è costituita.
Motivi della decisione. — Col primo mezzo l'I.n.a.i.l. denun
zia violazione e falsa applicazione degli art. 1, 4 e 9 t.u. n. 1124
del 1965, nonché omessa motivazione su punto decisivo della con
troversia, assumendo che il tribunale non avrebbe tenuto conto
della pacifica circostanza che il Montis era dipendente del genio civile di Nuoro che non gestiva in proprio e direttamente i lavori
di consolidamento del comune di Osini, lavori che la regione Sar
degna aveva appaltato ad altra impresa, sicché, mancando il rap
porto di lavoro tra l'impresa che eseguiva i lavori ed il Montis,
che, invece eseguiva le operazioni di controllo per conto del genio
civile, organo della stazione appellante, ricorreva l'ipotesi dell'as
sistente cosi detto contrario, per il quale non sussiste l'obbligo assicurativo.
Col secondo mezzo l'I.n.a.i.l. deduce violazione e falsa appli cazione dell'art. 4 t.u. n. 1124 del 1965 (art. 360, n. 3, c.p.c.) e sostiene che il tribunale abbia equivocato anche nel ritenere
la sussistenza del requisito soggettivo, in quanto i compiti istitu
zionalmente assegnati al geometra e consistenti nella redazione
dei progetti edilizi e nella compilazione dei relativi documenti con
tabili delineavano la figura del lavoratore intellettuale a nulla ri
levando che egli, su un piano di mera occasionalità, venga adibito
al controllo di lavori eseguiti da terzi.
È fondato il primo motivo col quale l'I.n.a.i.l. deduce che il
tribunale ha erroneamente ritenuto indennizzabile l'infortunio oc
corso al cosi detto «assistente contrario» e cioè al lavoratore il
lavoro, n. 88, e in Riv. infortuni 1984, II, 142, con nota di Alibrandi; 12 febbraio 1982, n. 880, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 328; 13 luglio 1981, n. 4572, id., Rep. 1981, voce cit., n. 196; App. Bari 1° aprile 1967, id., 1967, I, 1960, con nota di richiami.
Per riferimenti sulla figura del sovraintendente, che invece è soggetto all'assicurazione obbligatoria, cfr. Trib. Bolzano 13 dicembre 1978, id., Rep. 1980, voce cit., n. 178; Cass. 13 novembre 1976, n. 4213, id., 1977, I, 1228, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1987.
quale, su incarico e per conto del committente o dell'appaltante, controlla l'esecuzione dei lavori affidata ad altro imprenditore.
Il tribunale, invero, disattendendo la giurisprudenza consolida
ta di questa corte, è pervenuto alla conclusione dell'indennizzabi
lità dell'infortunio, sostanzialmente rilevando che sia sotto il profilo obiettivo (sussistenza della lavorazione espressamente prevista nel
l'elenco di cui all'art. 1, n. 1, t.u. n. 1124 del 1965) sia sotto
il profilo soggettivo il Montis, dipendente della regione Sardegna ed assegnato all'ufficio del genio civile di esso ente, espletava mansioni comportanti l'obbligo assicurativo ed il conseguente ob
bligo dell'I.n.a.i.l. di praticargli il trattamento infortunistico.
Le argomentazioni del giudice del merito, addotte a sostegno della decisione adottata, argomentazioni riprese anche dal con
troricorrente, non sono, però, di consistenza tale da indurre que sto Supremo collegio a dissentire dal consolidatosi indirizzo
giurisprudenziale secondo il quale la disposizione di cui all'art.
4, n. 2, t.u. n. 1124 del 1965 non appresta in favore dell'assisten
te contrario la medesima tutela prevista, per il sovraintendente
espressamente menzionato dalla citata norma (sent. n. 3641 del
1983, Foro it., Rep. 1985, voce Infortuni sul lavoro, n. 88; n.
4572 del 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 195; n. 4213 del 1976,
id., 1977, I, 1228). È stato, infatti, precisato che, mentre il so
vraintendente menzionato nella fonte legislativa è colui che, pur non svolgendo un'attività manuale obiettivamente protetta, è tut
tavia preposto dall'imprenditore a dirigere, controllare e sorve
gliare da vicino, in modo diretto e continuo, l'attività svolta dai
lavoratori che dipendono dallo stesso imprenditore che ha dispo sto la sovraintendenza, l'assistente contrario è, invece, colui che
è chiamato a sorvegliare — in modo del tutto distaccato dall'ese
cuzione materiale — il lavoro non per conto del soggetto che
direttamente lo esegue, ma per conto di un diverso soggetto (com
mittente) dal quale non dipendono i prestatori di lavoro soggetti alla tutela antinfortunistica.
Posta questa fondamentale distinzione tra le due figure, è stato
ulteriormente chiarito che per sovraintendente deve intendersi co
lui che, esperto in determinati lavori manuali, è specificamente
preposto dall'imprenditore a guidare quei lavori in modo diretto
e continuo, con potere di controllo e di sorveglianza non soltanto
nei confronti degli altri lavoratori a lui sottoposti ma anche sul
l'esecuzione delle opere, mercé interventi di indole tecnica. Tali
caratteristiche non sorreggono la figura dell'assistente contrario, il quale, pur svolgendo mansioni di carattere tecnico inerenti ai
medesimi lavori sui quali è addetto a vigilare il sovraintendente, non è obbligato a partecipare in modo diretto, immediato e con
tinuo al processo produttivo, sicché non è possibile considerare
la sua attività strettamente e funzionalmente collegata con l'ese
cuzione del lavoro materiale svolto da altri lavoratori nei con
fronti dei quali l'assistente contrario non ha alcun potere di
intervento né diretto né organizzativo né disciplinare. Siffatta obiettivamente diversa posizione, che le due figure ri
spettivamente assumono rispetto all'esecuzione dei lavori, già spiega a sufficienza la ragione per la quale l'assistente contrario, che
svolge funzione di controllo e di vigilanza sulla sola esecuzione
dei lavori per conto e nell'interesse del committente che lo ha
preposto, non possa ritenersi incluso nella garanzia previdenziale
agli effetti degli infortuni sul lavoro. Vi è anche da aggiungere, con notazione già rilevata dalla giurisprudenza di questa corte
(sent. n. 3641 del 1983) ed ignorata dal tribunale, che la legge, salvo casi che tassativamente specificati (come quello degli alunni
che svolgono pratica di lavoro, al quale il giudice del merito ha
fatto un improprio riferimento esemplificativo), contempla, ai fi
ni assicurativi, le persone che prestano la loro attività «alle di
pendenze altrui» e cioè che si trovino in un rapporto di locatio
operarum con un determinato datore di lavoro, il quale, per ef
fetto della costituzione automatica del rapporto assicurativo col
legato con il rapporto di lavoro, assume la qualificazione giuridica di assicurante. In conseguenza la posizione giuridica di assicurato
viene assunta dal lavoratore che si trova in rapporto di dipenden za col suo datore di lavoro.
Ciò significa che il rapporto previdenziale, agli effetti dell'assi curazione infortuni sul lavoro, ha come presupposto il rapporto individuale di lavoro intercorrente fra assicurante e assicurato:
e perciò la garanzia previdenziale ricorre se l'assicurato sia dipen dente del datore di lavoro assicurante.
Tale situazione non ricorre nel caso dell'assistente contrario:
costui, infatti, come già rilevato, non è dipendente del datore
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
di lavoro assicurante, ma del committente o dell'appaltante, dai
quali ha ricevuto l'incarico di controllare l'attività svolta dall'ap
paltatore. Alla stregua delle considerazioni esposte, deve, perciò, esclu
dersi che il Montis abbia diritto alla tutela infortunistica: egli,
infatti, come risulta dalla sentenza impugnata, era dipendente della
regione Sardegna ed addetto all'ufficio del genio civile di detto
ente, che aveva dato in appalto ad altra impresa l'esecuzione dei
lavori di consolidamento dell'abitato di Osini, alla vigilanza ed
al controllo dei quali il Montis era stato preposto dall'ente pub blico committente.
Né alla interpretazione fermamente data all'art. 4, nn. 1 e 2,
t.u. n. 1124 può derogarsi in contemplazione della circostanza
che l'ufficio del genio civile, al quale in Montis era addetto, svol
geva, per attribuzioni istituzionali, le lavorazioni edilizie descritte
nell'art. 1, n. 1, del menzionato t.u., perché una volta accertato
che né la regione né l'organo tecnico di esso ente gestivano diret
tamente i lavori innanzi indicati, non ha alcuna rilevanza il fatto
che l'ente pubblico possa svolgere una determinata attività rien
trante nei suoi compiti istituzionali, rilevante, invece, essendo che
esso ente gestisca direttamente e personalmente le lavorazioni pre viste ai fini della tutela previdenziale infortunistica e che, perciò,
assuma, in relazione alla lavorazione, direttamente eseguita, la
posizione del datore di lavoro.
Per le ragioni innanzi esposte deve essere accolto il motivo di
ricorso fin qui esaminato anche con riferimento alle censure pro
spettate nel secondo motivo, censure che, riguardando la qualifi
cazione delle mansioni svolte dall'assistente contrario, in parte
sono state già condivise ed in parte restano assorbite nelle argo mentazioni addotte a sostegno del motivo accolto.
In conseguenza la causa, previa cassazione della sentenza im
pugnata, deve essere rinviata ad altro giudice il quale, nel riesa
minare la controversia, applicherà i principi di diritto enunciati
in motivazione. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 16 dicem
bre 1986, n. 7532; Pres. Santosuosso, Est. Cantillo, P. M.
Grossi (conci, conf.); Ciucci (Avv. Rosati) c. Soc. Intercargo
(Aw. Sigillò, Narcisi). Conferma App. Roma 30 marzo 1982.
Trasporto (contratto di) — Trasporto di cose — Responsabilità
del vettore per perdita della merce — Furto dell'automezzo —
Caso fortuito o forza maggiore — Esclusione (Cod. civ., art.
1693).
Il furto dell'automezzo per il trasporto e recapito espresso di pac
chi e corrispondenza, non accompagnato da violenza o minac
cia alle persone, non esonera il vettore dalla responsabilità in
quanto costituisce evento prevedibile, rientrante nel rischio ti
pico dell'attività di trasporto di merci. (1)
(1) Giurisprudenza costante. Da ultimo, cfr. Cass. 10 aprile 1986, n.
2515, Foro it., Mass., 435, nonché 23 marzo 1985, n. 2079, id., Rep.
1985, voce Trasporto (contratto di), n. 15.
Ha escluso la sussistenza del caso fortuito nell'ipotesi di furto della
merce avvenuto mentre l'automezzo era stato lasciato incustodito dall'au
tista in una strada cittadina, anche se chiuso con un lucchetto, poi age volmente forzato dal ladro, Cass. 20 febbraio 1984, n. 1227, id., Rep.
1984, voce cit., n. 7; sempre per la negazione della forza maggiore e
del caso fortuito in presenza del furto semplice, Cass. 22 ottobre 1984, n. 5345, ibid., n. 6. Accentuano la portata dell'obbligo di diligenza impo sto al vettore, affermandone la responsabilità ex art. 1693 c.c. anche nel
caso di rapina, ove questi abbia «agevolato» la commissione del delitto
sostando, per esempio, durante la notte in una zona solitaria e mettendo
si a dormire nella cuccetta dell'automezzo, Cass. 10 giugno 1982, n. 3537,
id., Rep. 1982, voce cit., n. 19; Trib. Roma 20 dicembre 1982, id., Rep.
1983, voce cit., n. 24; ancora, sulla negligenza del vettore nella sorve
glianza, cfr. App. Roma 20 ottobre 1980, id., 1982, I, 812, con nota
di richiami. Sull'inevitabilità dell'evento dannoso nell'ipotesi di incendio doloso pro
li. Foro Italiano — 1987.
Svolgimento del processo. — L'Intercargo s.r.l. il 25 gennaio
1977 affidava alla ditta Carlo Ciucci, esercente in Roma l'attività
di trasporto e recapito espresso di pacchi e corrispondenza, un
pacco del peso di 9 Kg. contenenti prismi e lenti a contatto da
consegnare in Milano alla soc. Mydrom Italia; ma il trasporto
non veniva effettuato, perché la ditta incaricata subiva il furto
dell'automezzo sul quale era stato caricato il pacco, rinvenendo
due giorni dopo il veicolo, ma non il carico. Pertanto l'Intercar
go, dopo aver invano richiesto il risarcimento del danno, conve
niva il Ciucci innanzi al Tribunale di Roma, per sentirlo
condannare al pagamento di lire 4.568.820, di cui lire 3.938.000
per valore della merce e lire 631.820 per le spese di importazione. Il convenuto contestava la domanda, assumendo che aveva as
sunto il trasporto nella qualità di concessionario del servizio po
stale e perciò, poiché la perdita del pacco era stata determinata
da causa di forza maggiore, doveva ritenersi esonerata da ogni
responsabilità, ai sensi degli art. 6 e 96 d.p.r. 29 marzo 1973
n. 156. In subordine, sosteneva che, ai sensi dell'art. 28 dello
stesso decreto, la società mittente aveva diritto soltanto ad un'in
dennità nei limiti effettivi della perdita subita e, comunque, non
superiore a dieci volte il prezzo pagato per il servizio, cioè, nella
specie, in lire 46.320. Il tribunale, con sentenza del 13 novembre 1979, accoglieva
la domanda.
La pronunzia, con la sentenza ora denunziata del 30 marzo
1982, veniva confermata dalla Corte d'appello di Roma.
Essa osservava, anzitutto, che correttamente i primi giudici ave
vano ritenuto inapplicabili nella vicenda le disposizioni del codice
postale, e dunque le limitazioni di responsabilità previste dagli
art. 28 e 96 d.p.r. n. 156 del 1973 anche per i concessionari di
servizi dell'amministrazione postale, giacché il contratto di tras
porto era stato stipulato dal Ciucci quale privato imprenditore
e non nella sua veste di concessionario postale, non risultando
né che egli avesse assunto il trasporto deducendo tale qualità,
né che la società emittente avesse consegnato la merce, di consi
derevole valore, accettando espressamente le suddette condizioni
limitative della responsabilità.
Questa doveva essere valutata, quindi, secondo l'ordinaria
disciplina civilistica, precisamente ai sensi dell'art. 1693 c.c.,
per cui il vettore può liberarsi solo dimostrando che la perdita
o l'avaria della cosa consegnatagli per il trasporto sia dipesa
da caso fortuito e da una delle altre cause specificamente previ
ste dalla medesima disposizione. E poiché il furto integra gli
estremi del fortuito, agli effetti della particolare responsabilità
ex recepto, esclusivamente quando la sottrazione delle cose tra
sportate avvenga con violenza o minacce alla persone ed in
circostanze di tempo e di luogo non prevedibili, nella specie
doveva sicuramente escludersi il caso fortuito, giacché in base
alla denuncia di furto presentata alla polizia giudiziaria dal
conducente dell'automezzo, che non aveva lamentato neppure
violenza sulle cose, era lecito presumere che il veicolo incustodi
to fosse stato lasciato aperto o, comunque, privo di idonei
dispositivi di difesa. Peraltro, osservava la corte, la sentenza di condanna del Ciucci
doveva essere tenuta ferma anche alla stregua della disciplina det
tata dal codice postale, supponendo, cioè, che avesse stipulato
il contratto nella veste di concessionario dell'amministrazione. Ai
sensi dell'art. 96, infatti, questa è esonerata da responsabilità per
la perdita od avaria di oggetti raccomandati od assicurati e di
pacchi soltanto nelle ipotesi di forza maggiore; e poiché questa
viene equiparata, nel nostro ordinamento, al caso fortuito, il fur
to si inquadra nella causa di esclusione della responsabilità sem
vocato da sconosciuti, v. Cass. 29 ottobre 1981, n. 5708, id., Rep. 1982,
voce cit., n. 18. In dottrina, v. Visintini, La responsabilità contrattuale, Napoli, 1979,
784, nonché Scalfì, Considerazioni sulla responsabilità del vettore nel
trasporto terrestre per la perdita a causa di furto delle cose trasportate, in Resp. civ. prev., 1975, 471, in termini critici nei confronti dell'attuale
disciplina della responsabilità del vettore. Da ultimo, Grigoli, Il traspor
to, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, 11, Torino, 1984,
784. Cfr. altresì Iacuaniello Bruggi, Paolucci, Il contratto di traspor
to, in Giur. sistem. civ. e comm., fondata da Bigiavi, Torino, 1979,
372-378, con ampi riferimenti alla giurisprudenza più risalente.
In tema di trasporto di merci su strada v. la recente 1. 22 agosto 1985
n. 450, recante norme relative al risarcimento dovuto dal vettore stradale
per perdita o avaria delle cose trasportate, con commento di Dani, in
Nuove leggi civ., 1986, 334.
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