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sezione lavoro; sentenza 16 dicembre 1986, n. 7577; Pres. Antoci, Est. Florio, P. M. Benanti (concl....

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sezione lavoro; sentenza 16 dicembre 1986, n. 7577; Pres. Antoci, Est. Florio, P. M. Benanti (concl. conf.); I.n.a.i.l. (Avv. Mancini, Napolitano) c. Montis (Avv. Agostini). Cassa Trib. Nuoro 22 aprile 1983 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 4 (APRILE 1987), pp. 1089/1090-1093/1094 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179887 . Accessed: 25/06/2014 02:40 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.79 on Wed, 25 Jun 2014 02:40:46 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 16 dicembre 1986, n. 7577; Pres. Antoci, Est. Florio, P. M. Benanti(concl. conf.); I.n.a.i.l. (Avv. Mancini, Napolitano) c. Montis (Avv. Agostini). Cassa Trib. Nuoro22 aprile 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 4 (APRILE 1987), pp. 1089/1090-1093/1094Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179887 .

Accessed: 25/06/2014 02:40

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

una certa somma ai donanti era stata fatta dal Tribunale di Fog

gia di ufficio, pronunciando perciò ultra petita, ed era stata, quin

di, sostenuta irritualmente dagli appellati in secondo grado. Sul primo punto, i rilievi del ricorrente sono da disattendere

perché la sentenza, oltre a contenere un diligente esame analitico

delle deposizioni testimoniali, non manca della loro valutazione

globale e dell'indagine critica condotta sul complesso delle risul

tanze istruttorie.

Egualmente infondata è la seconda censura giacché il tribuna

le, prima, e la corte d'appello, poi, si limitarono a dare l'appro

priata qualificazione giuridica ai fatti riferiti dal Del Vecchio che

erano stati anche oggetto di riscontro attraverso la prova testimo

niale: mentre, cioè, il retraente sosteneva che fosse stato pattuito il pagamento di una somma di denaro in corrispettivo della ces

sione del diritto di proprietà sui terreni trasferiti ai retrattati e

che tale impegno snaturasse la donazione apparente, i giudici di

merito — nell'ipotesi subordinata ed eventuale che ai cessionari

fosse stato imposto il versamento di una somma proporzionale all'estensione del fondo da ciascuno di essi ricevuto — dettero

una diversa qualificazione giuridica a tale obbligazione, nell'eser

cizio di un potere che ai giudici spetta, indipendentemente dalla

prospettazione delle parti. Col terzo mezzo di ricorso il Del Vecchio, denunciando la vio

lazione degli art. 793, 1321 c.c., 112, 190 e 345 c.p.c. nonché

il difetto di motivazione della sentenza impugnata in relazione

all'art. 360, nn. 3 e 5, del codice di rito, lamenta che la corte

di Bari non abbia considerato la netta differenziazione esistente

fra il contratto oneroso a prestazioni corrispettive e la donazione

modale e che, inoltre, non abbia attribuito la dovuta importanza

all'indagine necessaria per stabilire, in concreto, gli elementi di

stintivi delle due figure giuridiche, per cui — indipendentemente dalla rilevata irritualità della tesi secondo cui si sarebbe trattato,

in ipotesi, di un modus della donazione — il ricorrente sostiene

che sia mancata del tutto l'indagine sulla comune intenzione dei

contraenti e, quindi, nella causa del negozio. Con quest'ultimo motivo di ricorso il Del Vecchio affronta di

rettamente il merito della causa, cioè la qualificazione dei negozi di trasferimento dei fondi dai coniugi Ramunno e Danza ai loro

congiunti ed i conseguenti effetti in ordine ai diritti di prelazione e di riscatto vantati dal mezzadro.

È opportuno chiarire che anche l'ambito di applicabilità della

prelazione agraria non è limitato all'ipotesi della vendita dei fon

di ma — secondo la lettera e lo spirito dell'art. 8 1. 26 maggio

1965 n. 590 — la preferenza nell'acquisto è riconosciuta in ogni

caso di trasferimento di fondi a titolo oneroso, tutte le volte cioè

che, a parità di condizioni contrattuali, sia concretamente possi

bile, per l'oggetto e la natura delle prestazioni convenute, la so

stituzione al terzo dell'affittuario, del mezzadro, ecc. Il diritto

di prelazione spetta, perciò, anche nell'ipotesi in cui il trasferi

mento della proprietà del fondo agricolo avvenga in corrispettivo

della costituzione di una rendita vitalizia — esclusa quella ali

mentare — la quale comporta l'obbligo per il vitaliziarne di ese

guire in favore del beneficiario, per tutta la sua vita, prestazioni

periodiche di dare, frazionabili, fungibili e suscettibili di coerci

zione (Cass. 30 ottobre 1980, n. 5855, Foro it., Rep. 1980, voce

Agricoltura, n. 83; 14 giugno 1982, n. 3625, id., Rep. 1982, voce

cit., n. 153; 15 febbraio 1983, n. 1166, id., 1983, I, 933).

Tuttavia, il presupposto per il riconoscimento di un negozio

di tale natura è l'accertamento della comune volontà delle parti

di costituire un negozio a titolo oneroso in cui la causa del con

tratto consista nello scambio tra una cosa determinata e la pre

stazione periodica di una certa somma di denaro ovvero di una

certa quantità di cose fungibili per tutto il tempo della vita con

templata (della stessa parte del contratto o di un terzo). In questa

prospettiva, il vitalizio oneroso è un contratto a prestazioni corri

spettive, nel senso che da esso derivano obbligazioni reciproche

e contrapposte fra i contraenti; in altri termini, fra le due presta

zioni sussiste un mezzo d'interdipendenza per cui ciascun con

traente è obbligato ad effettuare la propria prestazione in quanto

ha il diritto di ricevere la prestazione dovutagli dall'altra parte,

e viceversa.

Nettamente distinta dal vitalizio oneroso, per la diversità della

causa, della natura giuridica e degli effetti suoi propri, è la dona

zione cui acceda un onere che comporta l'obbligo, giuridicamen

te coercibile, del donatario di effettuare prestazioni periodiche

in favore del donante o di un terzo per tutta la vita contemplata.

In tal caso la disposizione modale costituisce un elemento ac

Ii Foro Italiano — 1987.

cessorio dell'atto di liberalità in quanto con esso il disponente mira ad attuare un fine che si aggiunge a quello principale del

negozio a titolo gratuito, operando come ulteriore movente di

questo, senza peraltro condizionarne l'attuazione (Cass. 25 mag

gio 1973, n. 1602, id., Uep. 1973, voce Donazione, n. 29). Il modo od onere, quindi, non rende incerta la liberalità, che viene

fatta puramente e semplicemente, ma accede alla medesima, sen

za influire sul suo contenuto giuridico, sebbene l'adempimento del modo incida sugli effetti economici dell'attribuzione patrimo niale fatta a titolo gratuito, nel senso che il valore dell'onere gra va su quanto ricevuto dal donatario, riducendone l'entità (Cass. 18 febbraio 1977, n. 739, id., Rep. 1977, voce cit., n. 17).

Ne consegue che allorquando la disposizione modale preveda a carico del donatario la prestazione di una rendita vitalizia a

favore del disponente, la natura e la causa dell'atto principale non ne restano modificati, tant'è che la risoluzione di questo per

inadempimento dell'onerato può essere pronunciata solo se sia

stata preveduta nell'atto di donazione (art. 793, 4° comma, c.c.).

Inoltre, poiché nella donazione modale non sussiste alcuna in

terdipendenza fra il negozio principale e l'elemento accessorio,

il modo non è parte integrante della manifestazione di volontà

di donare ed è valido anche se la relativa disposizione risulta da

scrittura privata mentre la donazione cui è apposta è fatta per atto pubblico (Cass. 18 febbraio 1977, n. 739).

Questa problematica è stata tenuta ben presente dalla Corte

d'appello di Bari la quale ha espresso il convincimento che l'atto

pubblico del 16 maggio 1976 contenga una donazione vera e pro

pria, non coordinata con un nesso di reciproca interdipendenza con alcuna controprestazione dei donatari, per esservi manifesta

to l'intento dei coniugi Ramunno e Danza — ricevuto e verificato

dal notaio — di compiere un atto di liberalità verso i loro con

giunti. Dopo tale accertamento basilare per la soluzione della contro

versia, i giudici di merito si sono dati anche carico di indagare intorno alle circostanze nelle quali i donatari avrebbero dovuto,

secondo l'assunto del Del Vecchio, assumere l'impegno di corri

spondere ai coniugi Ramunno e Danza una somma annua pro

porzionale all'estensione del fondo da ciascuno di essi ricevuto:

in relazione a ciò, quei giudici hanno, innanzi tutto, escluso che

un tale onere sia stato, in realtà, imposto a carico dei donatari,

in base ad una valutazione delle risultanze processuali che sfugge

al controllo della Corte di cassazione; ma, poi, hanno anche ipo tizzato l'effettiva esistenza di un simile onere e, adeguandosi alla

giurisprudenza di questa corte, hanno escluso che esso potesse

snaturare l'atto principale costituito da una donazione.

In definitiva, pertanto, non essendovi stato un trasferimento

a titolo oneroso dei fondi condotti a mezzadria dal Del Vecchio,

non spettano a questo i diritti di prelazione e di riscatto. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 16 dicem

bre 1986, n. 7577; Pres. Antoci, Est. Florio, P. M. Benanti

(conci, conf.); I.n.a.i.l. (Avv. Mancini, Napolitano) c. Mon

tis (Avv. Agostini). Cassa Trib. Nuoro 22 aprile 1983.

Infortuni sul lavoro — Assicurazione obbligatoria — Soggetti pro

tetti — Assistente contrario — Esclusione (D.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni per l'assicurazione obbliga

toria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, art. 1, 4, 9).

Non è protetto dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortu

ni sul lavoro il cosiddetto «assistente contrario». (1)

(1) In senso conforme, per l'affermazione che non è da considerare

sovraintendente al lavoro altrui e quindi sottoposto a tutela infortunistica

il cosiddetto «assistente contrario», cioè chi è chiamato a sorvegliare il

lavoro non per conto del soggetto che direttamente se ne giova, ma per conto di un diverso soggetto (appaltante o committente) dal quale non

dipendono i prestatori di lavoro sottoposti alla tutela infortunistica, vedi

Cass. 26 maggio 1983, n. 3641, Foro it., Rep. 1985, voce Infortuni sul

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1091 PARTE PRIMA 1092

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 2 maggio 1981

Montis Elvio, geometra dipendente della regione autonoma Sar

degna, in servizio presso il genio civile di Nuoro, adiva il Pretore

del lavoro di Nuoro al fine di ottenere il riconoscimento della

indennizzabilità di un infortunio occorsogli mentre effettuava ope razioni di misurazione di rilevamento e di controllo di opere di

consolidamento dell'abitato di Osini, con la conseguente condan

na dell'I.n.a.i.l., convenuto in giudizio, alla costituzione della re

lativa rendita.

L'I.n.a.i.l. eccepiva la non tutelabilità dell'evento infortunisti

co ex art. 4 t.u. n. 1124 del 1965, trattandosi di un lavoratore

appartenente ad una categoria di dipendenti per i quali non sussi

steva l'obbligo assicurativo, tanto che la regione non aveva prov veduto alla prestazione dei contributi assicurativi.

La regione Sardegna, chiamata in giudizio, aderiva alla tesi

della non assicurabilità del ricorrente, sostenuta dall'I.n.a.i.l.

Esperita la consulenza tecnica, il pretore accoglieva la doman

da con sentenza resa all'udienza del 29 settembre 1982, sentenza

che l'I.n.a.i.l. gravava di appello sostenendo che l'estensione al

ricorrente della tutela contro gli infortuni sul lavoro doveva rite

nersi esclusa sia perché egli non rientrava tra le categorie di lavo

ratori menzionate nell'art. 4 del citato t.u. sia perché il geometra

prestava la propria attività lavorativa per conto di un ente che

non svolgeva le attività indicate nell'art. 1 della richiamata nor

mativa.

Proponeva appello incidentale anche la regione Sardegna. Il Tribunale di Nuoro rigettava entrambi gli appelli con

sentenza resa all'udienza del 23 marzo 1983 (depositata il suc

cessivo 22 aprile) nella quale affermava che le opere di consoli

damento eseguite dal genio civile rientravano della previsione di cui all'art. 1 t.u. n. 1124 del 1965 ed affermava, inoltre, che il geometra, addetto al controllo dell'esecuzione delle ope

re, svolgeva la tipica mansione del sovraintendente espressa mente prevista nell'art. 4 del menzionato t.u., rilevando che

l'attività esplicata dal Montis nonostante l'inquadramento nella

categoria impiegatizia, presentava la connotazione del lavoro

manuale che, sebbene non esclusivo o prevalente, si inseriva

nel ciclo produttivo con le caratteristiche della continuità e

della professionalità. Codesta sentenza viene impugnata per cassazione dall'I.n.a.i.l.

che ne affida l'annullamento a due motivi illustrati da memoria.

Il Montis resiste con controricorso. La regione Sardegna non si

è costituita.

Motivi della decisione. — Col primo mezzo l'I.n.a.i.l. denun

zia violazione e falsa applicazione degli art. 1, 4 e 9 t.u. n. 1124

del 1965, nonché omessa motivazione su punto decisivo della con

troversia, assumendo che il tribunale non avrebbe tenuto conto

della pacifica circostanza che il Montis era dipendente del genio civile di Nuoro che non gestiva in proprio e direttamente i lavori

di consolidamento del comune di Osini, lavori che la regione Sar

degna aveva appaltato ad altra impresa, sicché, mancando il rap

porto di lavoro tra l'impresa che eseguiva i lavori ed il Montis,

che, invece eseguiva le operazioni di controllo per conto del genio

civile, organo della stazione appellante, ricorreva l'ipotesi dell'as

sistente cosi detto contrario, per il quale non sussiste l'obbligo assicurativo.

Col secondo mezzo l'I.n.a.i.l. deduce violazione e falsa appli cazione dell'art. 4 t.u. n. 1124 del 1965 (art. 360, n. 3, c.p.c.) e sostiene che il tribunale abbia equivocato anche nel ritenere

la sussistenza del requisito soggettivo, in quanto i compiti istitu

zionalmente assegnati al geometra e consistenti nella redazione

dei progetti edilizi e nella compilazione dei relativi documenti con

tabili delineavano la figura del lavoratore intellettuale a nulla ri

levando che egli, su un piano di mera occasionalità, venga adibito

al controllo di lavori eseguiti da terzi.

È fondato il primo motivo col quale l'I.n.a.i.l. deduce che il

tribunale ha erroneamente ritenuto indennizzabile l'infortunio oc

corso al cosi detto «assistente contrario» e cioè al lavoratore il

lavoro, n. 88, e in Riv. infortuni 1984, II, 142, con nota di Alibrandi; 12 febbraio 1982, n. 880, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 328; 13 luglio 1981, n. 4572, id., Rep. 1981, voce cit., n. 196; App. Bari 1° aprile 1967, id., 1967, I, 1960, con nota di richiami.

Per riferimenti sulla figura del sovraintendente, che invece è soggetto all'assicurazione obbligatoria, cfr. Trib. Bolzano 13 dicembre 1978, id., Rep. 1980, voce cit., n. 178; Cass. 13 novembre 1976, n. 4213, id., 1977, I, 1228, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1987.

quale, su incarico e per conto del committente o dell'appaltante, controlla l'esecuzione dei lavori affidata ad altro imprenditore.

Il tribunale, invero, disattendendo la giurisprudenza consolida

ta di questa corte, è pervenuto alla conclusione dell'indennizzabi

lità dell'infortunio, sostanzialmente rilevando che sia sotto il profilo obiettivo (sussistenza della lavorazione espressamente prevista nel

l'elenco di cui all'art. 1, n. 1, t.u. n. 1124 del 1965) sia sotto

il profilo soggettivo il Montis, dipendente della regione Sardegna ed assegnato all'ufficio del genio civile di esso ente, espletava mansioni comportanti l'obbligo assicurativo ed il conseguente ob

bligo dell'I.n.a.i.l. di praticargli il trattamento infortunistico.

Le argomentazioni del giudice del merito, addotte a sostegno della decisione adottata, argomentazioni riprese anche dal con

troricorrente, non sono, però, di consistenza tale da indurre que sto Supremo collegio a dissentire dal consolidatosi indirizzo

giurisprudenziale secondo il quale la disposizione di cui all'art.

4, n. 2, t.u. n. 1124 del 1965 non appresta in favore dell'assisten

te contrario la medesima tutela prevista, per il sovraintendente

espressamente menzionato dalla citata norma (sent. n. 3641 del

1983, Foro it., Rep. 1985, voce Infortuni sul lavoro, n. 88; n.

4572 del 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 195; n. 4213 del 1976,

id., 1977, I, 1228). È stato, infatti, precisato che, mentre il so

vraintendente menzionato nella fonte legislativa è colui che, pur non svolgendo un'attività manuale obiettivamente protetta, è tut

tavia preposto dall'imprenditore a dirigere, controllare e sorve

gliare da vicino, in modo diretto e continuo, l'attività svolta dai

lavoratori che dipendono dallo stesso imprenditore che ha dispo sto la sovraintendenza, l'assistente contrario è, invece, colui che

è chiamato a sorvegliare — in modo del tutto distaccato dall'ese

cuzione materiale — il lavoro non per conto del soggetto che

direttamente lo esegue, ma per conto di un diverso soggetto (com

mittente) dal quale non dipendono i prestatori di lavoro soggetti alla tutela antinfortunistica.

Posta questa fondamentale distinzione tra le due figure, è stato

ulteriormente chiarito che per sovraintendente deve intendersi co

lui che, esperto in determinati lavori manuali, è specificamente

preposto dall'imprenditore a guidare quei lavori in modo diretto

e continuo, con potere di controllo e di sorveglianza non soltanto

nei confronti degli altri lavoratori a lui sottoposti ma anche sul

l'esecuzione delle opere, mercé interventi di indole tecnica. Tali

caratteristiche non sorreggono la figura dell'assistente contrario, il quale, pur svolgendo mansioni di carattere tecnico inerenti ai

medesimi lavori sui quali è addetto a vigilare il sovraintendente, non è obbligato a partecipare in modo diretto, immediato e con

tinuo al processo produttivo, sicché non è possibile considerare

la sua attività strettamente e funzionalmente collegata con l'ese

cuzione del lavoro materiale svolto da altri lavoratori nei con

fronti dei quali l'assistente contrario non ha alcun potere di

intervento né diretto né organizzativo né disciplinare. Siffatta obiettivamente diversa posizione, che le due figure ri

spettivamente assumono rispetto all'esecuzione dei lavori, già spiega a sufficienza la ragione per la quale l'assistente contrario, che

svolge funzione di controllo e di vigilanza sulla sola esecuzione

dei lavori per conto e nell'interesse del committente che lo ha

preposto, non possa ritenersi incluso nella garanzia previdenziale

agli effetti degli infortuni sul lavoro. Vi è anche da aggiungere, con notazione già rilevata dalla giurisprudenza di questa corte

(sent. n. 3641 del 1983) ed ignorata dal tribunale, che la legge, salvo casi che tassativamente specificati (come quello degli alunni

che svolgono pratica di lavoro, al quale il giudice del merito ha

fatto un improprio riferimento esemplificativo), contempla, ai fi

ni assicurativi, le persone che prestano la loro attività «alle di

pendenze altrui» e cioè che si trovino in un rapporto di locatio

operarum con un determinato datore di lavoro, il quale, per ef

fetto della costituzione automatica del rapporto assicurativo col

legato con il rapporto di lavoro, assume la qualificazione giuridica di assicurante. In conseguenza la posizione giuridica di assicurato

viene assunta dal lavoratore che si trova in rapporto di dipenden za col suo datore di lavoro.

Ciò significa che il rapporto previdenziale, agli effetti dell'assi curazione infortuni sul lavoro, ha come presupposto il rapporto individuale di lavoro intercorrente fra assicurante e assicurato:

e perciò la garanzia previdenziale ricorre se l'assicurato sia dipen dente del datore di lavoro assicurante.

Tale situazione non ricorre nel caso dell'assistente contrario:

costui, infatti, come già rilevato, non è dipendente del datore

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di lavoro assicurante, ma del committente o dell'appaltante, dai

quali ha ricevuto l'incarico di controllare l'attività svolta dall'ap

paltatore. Alla stregua delle considerazioni esposte, deve, perciò, esclu

dersi che il Montis abbia diritto alla tutela infortunistica: egli,

infatti, come risulta dalla sentenza impugnata, era dipendente della

regione Sardegna ed addetto all'ufficio del genio civile di detto

ente, che aveva dato in appalto ad altra impresa l'esecuzione dei

lavori di consolidamento dell'abitato di Osini, alla vigilanza ed

al controllo dei quali il Montis era stato preposto dall'ente pub blico committente.

Né alla interpretazione fermamente data all'art. 4, nn. 1 e 2,

t.u. n. 1124 può derogarsi in contemplazione della circostanza

che l'ufficio del genio civile, al quale in Montis era addetto, svol

geva, per attribuzioni istituzionali, le lavorazioni edilizie descritte

nell'art. 1, n. 1, del menzionato t.u., perché una volta accertato

che né la regione né l'organo tecnico di esso ente gestivano diret

tamente i lavori innanzi indicati, non ha alcuna rilevanza il fatto

che l'ente pubblico possa svolgere una determinata attività rien

trante nei suoi compiti istituzionali, rilevante, invece, essendo che

esso ente gestisca direttamente e personalmente le lavorazioni pre viste ai fini della tutela previdenziale infortunistica e che, perciò,

assuma, in relazione alla lavorazione, direttamente eseguita, la

posizione del datore di lavoro.

Per le ragioni innanzi esposte deve essere accolto il motivo di

ricorso fin qui esaminato anche con riferimento alle censure pro

spettate nel secondo motivo, censure che, riguardando la qualifi

cazione delle mansioni svolte dall'assistente contrario, in parte

sono state già condivise ed in parte restano assorbite nelle argo mentazioni addotte a sostegno del motivo accolto.

In conseguenza la causa, previa cassazione della sentenza im

pugnata, deve essere rinviata ad altro giudice il quale, nel riesa

minare la controversia, applicherà i principi di diritto enunciati

in motivazione. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 16 dicem

bre 1986, n. 7532; Pres. Santosuosso, Est. Cantillo, P. M.

Grossi (conci, conf.); Ciucci (Avv. Rosati) c. Soc. Intercargo

(Aw. Sigillò, Narcisi). Conferma App. Roma 30 marzo 1982.

Trasporto (contratto di) — Trasporto di cose — Responsabilità

del vettore per perdita della merce — Furto dell'automezzo —

Caso fortuito o forza maggiore — Esclusione (Cod. civ., art.

1693).

Il furto dell'automezzo per il trasporto e recapito espresso di pac

chi e corrispondenza, non accompagnato da violenza o minac

cia alle persone, non esonera il vettore dalla responsabilità in

quanto costituisce evento prevedibile, rientrante nel rischio ti

pico dell'attività di trasporto di merci. (1)

(1) Giurisprudenza costante. Da ultimo, cfr. Cass. 10 aprile 1986, n.

2515, Foro it., Mass., 435, nonché 23 marzo 1985, n. 2079, id., Rep.

1985, voce Trasporto (contratto di), n. 15.

Ha escluso la sussistenza del caso fortuito nell'ipotesi di furto della

merce avvenuto mentre l'automezzo era stato lasciato incustodito dall'au

tista in una strada cittadina, anche se chiuso con un lucchetto, poi age volmente forzato dal ladro, Cass. 20 febbraio 1984, n. 1227, id., Rep.

1984, voce cit., n. 7; sempre per la negazione della forza maggiore e

del caso fortuito in presenza del furto semplice, Cass. 22 ottobre 1984, n. 5345, ibid., n. 6. Accentuano la portata dell'obbligo di diligenza impo sto al vettore, affermandone la responsabilità ex art. 1693 c.c. anche nel

caso di rapina, ove questi abbia «agevolato» la commissione del delitto

sostando, per esempio, durante la notte in una zona solitaria e mettendo

si a dormire nella cuccetta dell'automezzo, Cass. 10 giugno 1982, n. 3537,

id., Rep. 1982, voce cit., n. 19; Trib. Roma 20 dicembre 1982, id., Rep.

1983, voce cit., n. 24; ancora, sulla negligenza del vettore nella sorve

glianza, cfr. App. Roma 20 ottobre 1980, id., 1982, I, 812, con nota

di richiami. Sull'inevitabilità dell'evento dannoso nell'ipotesi di incendio doloso pro

li. Foro Italiano — 1987.

Svolgimento del processo. — L'Intercargo s.r.l. il 25 gennaio

1977 affidava alla ditta Carlo Ciucci, esercente in Roma l'attività

di trasporto e recapito espresso di pacchi e corrispondenza, un

pacco del peso di 9 Kg. contenenti prismi e lenti a contatto da

consegnare in Milano alla soc. Mydrom Italia; ma il trasporto

non veniva effettuato, perché la ditta incaricata subiva il furto

dell'automezzo sul quale era stato caricato il pacco, rinvenendo

due giorni dopo il veicolo, ma non il carico. Pertanto l'Intercar

go, dopo aver invano richiesto il risarcimento del danno, conve

niva il Ciucci innanzi al Tribunale di Roma, per sentirlo

condannare al pagamento di lire 4.568.820, di cui lire 3.938.000

per valore della merce e lire 631.820 per le spese di importazione. Il convenuto contestava la domanda, assumendo che aveva as

sunto il trasporto nella qualità di concessionario del servizio po

stale e perciò, poiché la perdita del pacco era stata determinata

da causa di forza maggiore, doveva ritenersi esonerata da ogni

responsabilità, ai sensi degli art. 6 e 96 d.p.r. 29 marzo 1973

n. 156. In subordine, sosteneva che, ai sensi dell'art. 28 dello

stesso decreto, la società mittente aveva diritto soltanto ad un'in

dennità nei limiti effettivi della perdita subita e, comunque, non

superiore a dieci volte il prezzo pagato per il servizio, cioè, nella

specie, in lire 46.320. Il tribunale, con sentenza del 13 novembre 1979, accoglieva

la domanda.

La pronunzia, con la sentenza ora denunziata del 30 marzo

1982, veniva confermata dalla Corte d'appello di Roma.

Essa osservava, anzitutto, che correttamente i primi giudici ave

vano ritenuto inapplicabili nella vicenda le disposizioni del codice

postale, e dunque le limitazioni di responsabilità previste dagli

art. 28 e 96 d.p.r. n. 156 del 1973 anche per i concessionari di

servizi dell'amministrazione postale, giacché il contratto di tras

porto era stato stipulato dal Ciucci quale privato imprenditore

e non nella sua veste di concessionario postale, non risultando

né che egli avesse assunto il trasporto deducendo tale qualità,

né che la società emittente avesse consegnato la merce, di consi

derevole valore, accettando espressamente le suddette condizioni

limitative della responsabilità.

Questa doveva essere valutata, quindi, secondo l'ordinaria

disciplina civilistica, precisamente ai sensi dell'art. 1693 c.c.,

per cui il vettore può liberarsi solo dimostrando che la perdita

o l'avaria della cosa consegnatagli per il trasporto sia dipesa

da caso fortuito e da una delle altre cause specificamente previ

ste dalla medesima disposizione. E poiché il furto integra gli

estremi del fortuito, agli effetti della particolare responsabilità

ex recepto, esclusivamente quando la sottrazione delle cose tra

sportate avvenga con violenza o minacce alla persone ed in

circostanze di tempo e di luogo non prevedibili, nella specie

doveva sicuramente escludersi il caso fortuito, giacché in base

alla denuncia di furto presentata alla polizia giudiziaria dal

conducente dell'automezzo, che non aveva lamentato neppure

violenza sulle cose, era lecito presumere che il veicolo incustodi

to fosse stato lasciato aperto o, comunque, privo di idonei

dispositivi di difesa. Peraltro, osservava la corte, la sentenza di condanna del Ciucci

doveva essere tenuta ferma anche alla stregua della disciplina det

tata dal codice postale, supponendo, cioè, che avesse stipulato

il contratto nella veste di concessionario dell'amministrazione. Ai

sensi dell'art. 96, infatti, questa è esonerata da responsabilità per

la perdita od avaria di oggetti raccomandati od assicurati e di

pacchi soltanto nelle ipotesi di forza maggiore; e poiché questa

viene equiparata, nel nostro ordinamento, al caso fortuito, il fur

to si inquadra nella causa di esclusione della responsabilità sem

vocato da sconosciuti, v. Cass. 29 ottobre 1981, n. 5708, id., Rep. 1982,

voce cit., n. 18. In dottrina, v. Visintini, La responsabilità contrattuale, Napoli, 1979,

784, nonché Scalfì, Considerazioni sulla responsabilità del vettore nel

trasporto terrestre per la perdita a causa di furto delle cose trasportate, in Resp. civ. prev., 1975, 471, in termini critici nei confronti dell'attuale

disciplina della responsabilità del vettore. Da ultimo, Grigoli, Il traspor

to, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, 11, Torino, 1984,

784. Cfr. altresì Iacuaniello Bruggi, Paolucci, Il contratto di traspor

to, in Giur. sistem. civ. e comm., fondata da Bigiavi, Torino, 1979,

372-378, con ampi riferimenti alla giurisprudenza più risalente.

In tema di trasporto di merci su strada v. la recente 1. 22 agosto 1985

n. 450, recante norme relative al risarcimento dovuto dal vettore stradale

per perdita o avaria delle cose trasportate, con commento di Dani, in

Nuove leggi civ., 1986, 334.

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