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sezione lavoro; sentenza 16 febbraio 1993, n. 1906; Pres. Menichino, Est. Rovelli, P.M. Fedeli...

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sezione lavoro; sentenza 16 febbraio 1993, n. 1906; Pres. Menichino, Est. Rovelli, P.M. Fedeli (concl. conf.); Costagnoli (Avv. Neri) c. Soc. Omnia Service (Avv. Palermo). Conferma Trib. Bologna 12 dicembre 1990 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 6 (GIUGNO 1993), pp. 1875/1876-1879/1880 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188100 . Accessed: 25/06/2014 02:22 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.79.69 on Wed, 25 Jun 2014 02:22:13 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 16 febbraio 1993, n. 1906; Pres. Menichino, Est. Rovelli, P.M. Fedeli(concl. conf.); Costagnoli (Avv. Neri) c. Soc. Omnia Service (Avv. Palermo). Conferma Trib.Bologna 12 dicembre 1990Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 6 (GIUGNO 1993), pp. 1875/1876-1879/1880Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188100 .

Accessed: 25/06/2014 02:22

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1875 PARTE PRIMA 1876

tarle prima di prendere il provvedimento (cosi, rispettivamente,

gli art. 165 e 169 r.d. 1238/39, cit.). La difesa dell'interessa

to», anziché in termini di apertura del contraddittorio ad esso, è realizzata attraverso la garantita intangibilità della sua sfera

per effetto (diretto o riflesso) del provvedimento alla cui proce dura di formazione egli non abbia partecipato: si veda l'art.

455 c.c., il quale prevede che «la sentenza di rettificazione non

può essere opposta a quelli che non concorsero a domandare

la rettificazione, ovvero non furono parti in giudizio o non vi

furono regolarmente chiamati»; e anche l'art. 165 cit., il quale,

proprio nel prevedere il cosiddetto «avvertimento» alle parti in

teressate, soggiunge «senza pregiudizio dei loro diritti», come

a dire che la procedura rettificativa si muove, in ogni caso, in

un'orbita che non tocca la sfera dei rapporti materiali e dei

diritti soggettivi (cfr. anche Cass. 157/61, id., 1961, I, 202 e

4698/78, id., Rep. 1978, voce Stato civile, n. 15). Da quanto detto discende che non può trovare applicazione,

relativamente alla procedura in esame, la più elastica tesi, tal

volta emersa in tema di procedimenti camerali, secondo cui la

legittimazione al reclamo può spettare anche a soggetti (in qual che modo pregiudicati) che non abbiano partecipato al primo

grado; e che per contro si applicano gli accennati principi rego latori delle impugnazioni nel processo ordinario, sicché è da

escludere che la Murolo, non essendo stata parte davanti al tri

bunale, potesse proporre appello-reclamo alla corte di Napoli contro il provvedimento conclusivo di un grado processuale che

la aveva vista estranea, né la sua iniziativa può ricondursi al

l'art. 344 c.p.c., non essendosi inserita, come intervento, in un

gravame già proposto, ma avendo preteso di instaurare essa stessa

il gravame. Nel medesimo tempo, va rilevato che la pronunzia rettificati

va emessa dal Tribunale di Napoli è, per legge, inidonea a pre

giudicare la Murolo, sia nel senso che non le preclude alcuna

iniziativa o accertamento contrario, sia nel senso che il difetto

della dicitura in questione nell'atto di matrimonio non perde la sua originaria consistenza agli effetti della pretesa della Mu rolo di ricollegare a ciò (a ragione o a torto) determinate conse

guenze giuridiche. È evidente che la non ammissibilità dell'appello-reclamo della

Murolo ha comportato la chiusura della procedura e, quindi, rende ora inammissibile il presente ricorso per cassazione, dalla

stessa proposto. In tal senso va a pronunciare questa corte.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 16 feb

braio 1993, n. 1906; Pres. Menichino, Est. Rovelli, P.M.

Fedeli (conci, conf.); Costagnoli (Avv. Neri) c. Soc. Omnia

Service (Avv. Palermo). Conferma Trib. Bologna 12 dicem bre 1990.

Lavoro (rapporto) — Conferimenti sociali — Prestazioni lavo rative — Nullità del contratto costitutivo di società — Disci

plina prevista per la prestazione di fatto di lavoro subordina

to — Inapplicabilità (Cod. civ., art. 1420, 1424, 2033, 2126,

2332; cod. proc. civ., art. 409).

La disciplina relativa all'invalidità del contratto di lavoro su

bordinato e all'attività lavorativa di fatto non si applica alle

prestazioni di lavoro e servizi eseguite quali conferimenti so

ciali dal socio d'opera, qualora risulti nullo il contratto costi

tutivo di società di persone per contrarietà a norme imperati ve (nella specie, è stata ritenuta nulla la costituzione di socie

tà in accomandita semplice ove partecipi una società dì capitali in qualità di accomandante). (1)

(1) I. - Non constano precedenti in termini. In senso contrario, Pret. Torino 28 maggio 1975, Foro it., 1976, I, 500, con riferimento ad un caso di contratto di società simulato, escluso invece nel caso qui in esame.

li Foro Italiano — 1993.

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 9 dicembre 1988

al Pretore di Bologna, Carla Costagnoli esponeva le circostanze

seguenti. Con contratto del 23 gennaio 1988, aveva costituito con la

Omnia Service s.r.l. di Vignale, la Bologna Service s.a.s. di Co

stagnoli Carla e c., con sede in Bologna. In base alle clausole

contrattuali, ella era socia accomandataria e la «Omnia» acco

mandante, il capitale sociale di lire cinque milioni conferito dal

l'accomandante; a titolo di conferimento, ella si obbligava a

prestare la propria opera ed attività personale e continuativa, consistente nell'organizzazione e prestazione di servizi a favore

dei privati e dell'impresa (multiforme serie di servizi, di assi

stenza domiciliare e alle abitazioni) che costituiva il suo appor to esclusivo.

Tale contratto è affetto da nullità, in quanto costituito fra

società di capitale e persone fisiche, e la nullità rende applicabi li le disposizioni dell'art. 1424 e dell'art. 2126, con le conse

guenze che essa ricorrente ha diritto al compenso per l'attività

continuativa prestata dal 23 gennaio 1988, secondo il patto n.

5 dell'atto istitutivo della s.a.s. Inoltre il n. 7 dell'atto costituti

vo attribuiva ai soci accomandatari, a titolo di retribuzione ammi

È orientamento giurisprudenziale largamente prevalente che non sus sista rapporto di lavoro subordinato quando le prestazioni lavorative

integrino un conferimento previsto dal contratto sociale: v. Cass. 7 agosto 1991, n. 8612, id., Rep. 1991, voce Lavoro (rapporto), n. 565; 16 di cembre 1986, n. 7573, id., Rep. 1986, voce cit., n. 647; Trib. Torino 30 maggio 1985, ibid., n. 649. Nel caso in rassegna la Cassazione ha

comunque ritenuto di chiarire che la nullità del contratto di società sia altro dal contratto di lavoro invalido, a cui va riferita la disciplina dell'art. 2126 c.c., ritenuta peraltro norma eccezionale e non estensibile a rapporti di lavoro autonomo o a fattispecie connotate .dalla parasu bordinazione (v., in riferimento alle prestazioni effettuate dall'agente abusivo, Cass. 19 agosto 1992, n. 9675, id., 1993, I, 428, con nota di Pardolesi, Recondite (dis)armonie: appunti (e dubbi), in chiave com

parativa, sulla nuova disciplina del contratto d'agenzia). In dottrina, in riferimento ai rapporti tra socio d'opera, conferimenti

di prestazioni lavorative e rapporto di lavoro subordinato, conforme alle posizioni giurisprudenziali, cfr. Campobasso, Diritto commerciale — Diritto delle società, Torino, 1988, 76 ss.; Weigmann, Capitale, utili e riserve nelle società di persone, in Giur. comm., 1986, I, 63 ss.

II. - La sentenza in epigrafe affronta ancora una volta la vexata quae stio dell'ammissibilità o meno della partecipazione di società di capitali a società di persone, questione che vede schierati su campi opposti un

prevalente orientamento giurisprudenziale, in particolare di legittimità, in posizione negativa e la dottrina, -pur con eccezioni, orientata in senso

positivo. Conformi, Trib. Lecco 14 dicembre 1990, Foro it., Rep. 1991, voce

Società, n. 774 e Cass., sez. un., 17 ottobre 1988, n. 5636, id., 1988, 1, 3248, con nota di Marziale, che, riaffermando l'inammissibilità del la partecipazione in discorso, ha in motivazione posto a base di tale decisione l'assunto che una parte del patrimonio della società di capita li, in virtù della partecipazione societaria in qualità di accomandante, sarebbe sottratta alle regole e ai controlli stabiliti per legge e, secondo la Cassazione, inderogabili nell'interesse dei soci e dei terzi. In tal mo do la corte ha superato precedenti argomenti basati sul diverso regime delle responsabilità per le obbligazioni sociali tra i due tipi di società e sull'impossibilità di configurare nei confronti di una società di capita li Yintuitus personae, argomenti più volte criticati dalla prevalente dottrina.

Al riguardo, nell'ampio panorama dottrinale, v. Campobasso, cit., 66 ss., che propende per una soluzione articolata, escludendo la parteci pazione in discorso nel solo caso in cui la società di capitali acquisti la qualità di accomandatario e quindi di amministratore. Cosi anche

Oppo, Sulla partecipazione di società a società personali, in Riv. dir.

civ., 1976, I, 1. Più radicalmente contrari alle argomentazioni della Cas sazione, Marziale, cit.; Scotti Camuzzi, Società per azioni accoman dante di società in accomandita semplice, in Contratto e impresa, 1989, 97; Montalenti, La partecipazione di una società di capitali ad una società in accomandita semplice in qualità di accomandante, in Giur.

comm., 1989, I, 640. V., inoltre, Comola, Società di capitali socie di società di persone: profili civili e fiscali, in Riv. dir. comm., 1990, II, 289.

Nettamente contrario all'ammissibilità della partecipazione de qua, Ghidini, Società personali, Padova, 1972, 98.

Va inoltre messa in evidenza l'approvazione della direttiva Cee n. 90/605 (G.U.C.E. L 317 del 16 novembre 1990) che ha ampliato l'am bito della quarta e settima direttiva Cee, in materia di bilanci societari, — attuate con d. leg. 9 aprile 1991 n. 127 (Le leggi, 1991, I, 1064) — anche alle società in nome collettivo e in accomandita semplice i cui soci illimitatamente responsabili siano società di capitali. A tale ri guardo vi è chi ritiene che l'approvazione di tale direttiva imponga al

legislatore italiano di adeguarsi alla normativa comunitaria e di intro

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

nistrativa, un milione di lire al primo esercizio, indipendente mente dal risultato conseguito; determinava poi la retribuzione

del 95% degli utili fino a sei milioni e quella fissa di lire sei

milioni sugli utili da sei a cinquanta milioni, ed il 10% degli utili eccedenti, cinquanta milioni.

Assumeva inoltre che la «Omnia» era stata socia dominante,

perché aveva tenuto la contabilità della s.a.s. come «primano

ta», il conto profitti e perdite e lo stato patrimoniale. La socie

tà accomandante, pertanto, era obbligata a darle la remunera

zione ex art. 36 Cost, e in forza del n. 7 del contratto sociale, sotto il profilo della «illiceità del negozio, salvo diretta a creare

una fittizia interposizione . . . volta a produrre i suoi diritti»

come emergerebbe chiaramente «dai patti parasociali che la so

cietà di capitale indusse la persona fisica a sottoscrivere».

Tanto premesso, chiedeva che il contratto di costituzione del

l'accomandata fosse dichiarato nullo, e che previa, definizione

del suo rapporto, la «Omnia» fosse condannata a pagare i cor

rispettivi per l'attività da lei svolta oltre a rivalutazione e interessi.

La Omnia Service, costituitasi, eccepiva: a) che la Costagnoli

già svolgeva un'attività di ricerca di baby sitter, organizzazione di convegni, feste, cerimonie, assistenza, guida allo shopping

per stranieri e altro, come la ricerca di interpreti per meeting, servizio hostess per stands in fiere, consegna plichi, organizza zioni di campagne promozionali; b) che proprio per venire in

contro alle esigenze manifestate dalla Costagnoli, di finanziare

la realizzazione delle proprie attività, e prospettive di lavoro,

era stato raggiunto l'accordo che ha portato alla costituzione

della s.a.s., in conformità all'atto istitutivo, ed esclusa l'attività

indicata nei c.d. patti parasociali, documento da essa società

ignorato e contestato; c) che la Costagnoli aveva autonoma

mente gestito Bologna service, mentre essa convenuta si era li

mitata al riepilogo contabile delle scritture degli uffici gestiti o registrati in un brogliaccio della Costagnoli; d) che la gestione aveva avuto risultati negativi, come appariva dalla relazione con

tabile del 16 novembre della stessa Costagnoli, che aveva de

nunciato due rilevanti debiti nei propri confronti.

Concludeva pertanto escludendo la ricorrenza di alcun rap

porto di lavoro subordinato autonomo della Costagnoli con es

sa Omnia Service, l'estraneità della domanda dalla previsione dell'art. 409 c.p.c. e la sua infondatezza nel merito.

Si costituiva la Bologna Service s.a.s. rimettendosi a giusti zia. Il pretore, con sentenza depositata il 23 febbraio 1990, re

spingeva il ricorso.

Proponeva appello la Costagnoli e il Tribunale di Bologna, nella resistenza della Omnia Service s.r.l. e nella contumacia

della Bologna Service s.a.s., respingeva l'appello, confermando

cosi la sentenza pretorile. Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione, chie

dendo l'annullamento, la Costagnoli, la Omnia Service s.r.l. no

tificava controricorso, mentre la Bologna Service s.a.s. non si

è costituita.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo di ricorso,

la Costagnoli deduce violazione dell'art. 409, n. 3, c.p.c., rite

nendo implicita nella sentenza impugnata (come in quella preto

rile) una declaratoria di incompetenza del giudice del lavoro, fondata su un'erronea interpretazione della domanda, diretta

come essa è, in effetti, non già a far valere diritti nascenti dal

rapporto sociale, ma all'accertamento della nullità del contratto

durre cosi ope legis una forma di regolamentazione della partecipazione in discorso (v. Marziale, Novità della Cee in tema di conti annuali e consolidati, in Società, 1991, 5) e una opposta posizione che nega, in materia, alcun obbligo del legislatore italiano di dare attuazione alla

citata direttiva (v. La nuova disciplina delle società, in Foro it., 1992,

V, 251, in premessa). A ben vedere, la ratio che anima le citate decisioni della Cassazione

da una parte e, dall'altra, il consiglio Cee con la suddetta direttiva è

simile: il valore di garanzia per i soci e i terzi che riveste la normativa in materia di bilanci delle società di capitali.

■Ma se la Cee, partendo dal dato di fatto della legittimità, in alcuni

paesi europei, della partecipazione in esame — o per espressa previsio ne di legge o per orientamento giurisprudenziale —, ha ritenuto più

produttivo un ampliamento dell'ambito di tali garanzie e controlli, la

nostra corte preferisce negare radicalmente, pur con qualche tentenna

mento, qualsiasi commistione tra società di capitali e società di persone. Le scelte non sono facili ma la dinamica evolutiva appare avviata

in un senso di maggiore chiarezza. [P. Matteini]

Il Foro Italiano — 1993.

sociale, e ad ottenere i corrispettivi che le sono dovuti per l'ope ra di fatto svolta onde nell'interesse della Omnia Service.

Tale motivo non appare fondato e deve essere respinto. Devesi al riguardo, premettere che la sentenza del tribunale,

dopo aver dato atto che la Costagnoli «si è mossa su linee con

traddittorie», in quanto in qualche punto, sembra fondare le

proprie pretese su clausole del contratto sociale, ha però rileva

to che la sostanza della domanda «si riduce alla definizione del

le conseguenze derivanti dalla nullità del contratto sociale per effetto della partecipazione della società di capitale alla società

di persone». Su questa base ha affermato che «va escluso il

diverso presupposto di una valida società», nel qual caso la con

troversia esulerebbe dalla competenza del giudice del lavoro.

Pertanto, sulla esatta premessa che la competenza si determi

na dalla domanda, ha considerato che questa è diretta a far

valere, in conseguenza della nullità del rapporto sociale, l'esi

stenza di uno dei rapporti di cui all'art. 409; e ciò vale di per sé a fondare la competenza del giudice del lavoro.

Tale competenza, rileva la corte, rimane ferma anche ove l'e

sito del giudizio conduca ad escludere, in concreto, la ricorren za dei rapporti scrutinati all'art. 409 c.p.c., non potendo la com

petenza determinarsi secundum eventum litis. Non esiste, per

tanto, alcuna incoerenza (quasi un'intrinseca contraddizione, come adombrato in ricorso) fra il ritenere, da un lato, sulla

base della domanda, la competenza del giudice del lavoro, e

l'esclusione in concreto della sussistenza di rapporti ascrivibili

all'art. 409, in quanto tale esclusione non incide sulla compe tenza (che è determinata dalla domanda), ma si traduce in un

rigetto, nel merito, della domanda stessa.

Con i successivi motivi di ricorso, che per la loro stretta con

nessione, devono essere congiuntamente esaminati, si deduce, da un lato, la violazione dell'art. 1424 (che erroneamente sareb

be stato dichiarato inapplicabile in quanto l'atto costitutivo del

la società in accomandita dimostra la volontà delle parti di co

stituire un rapporto sociale, giacché tale richiamo al contratto

sociale finirebbe per ridare valore ad un atto nullo), la violazio

ne dell'art. 2126 (ritenendosi che la nullità del rapporto sociale

porterebbe alla luce le prestazioni di fatto di attività lavorativa

riconducibile alla fattispecie di cui all'art. 2126), la violazione

dell'art. 2033 (negandosi la necessità di provare un rapporto di lavoro quando «è provato che la Costagnoli ha prestato con

tinuativamente la propria opera per la Bologna Service s.a.s.

e la socia accomandante»); la violazione dell'art. 360, n. 5, per la contraddittorietà insita nel ritenere, da un lato, nullo il con

tratto sociale, e dall'altro, richiamare i fatti sociali per ravvisa

re in essi il fondamento della retribuzione del socio d'opera. Anche tali motivi appaiono destituiti di ogni fondamento.

Occorre ricordare che, in forza della sentenza 17 ottobre 1988, n. 5636 (Foro it., 1988, I, 3248) delle sezioni unite di questa

corte, si è affermato il principio che, poiché la partecipazione di una società per azioni in qualità di accomandante ad una

società in accomandita semplice comporta la violazione di nor

me inderogabili concernenti l'amministrazione e il bilancio della

società per azioni, quella partecipazione è nulla per violazione

di norme imperative. La stessa decisione ha chiarito che è stata

considerata (quale ragione di nullità della partecipazione) solo

la possibile lesione degli interessi dei soci della società di capita le partecipante, non anche quelli dei soci della società commer

ciale partecipata. La conclusione, infatti, si basa sulla premessa che la partecipazione comporterebbe la conseguenza che la par te di patrimonio investita verrebbe sottratta alle regole dell'am

ministrazione e controllo vigenti per le s.p.a. Se ne è ulteriormente dedotto che «non si tratta di colpire

di nullità un contratto in sé lecito, ma creativo di un'organizza

zione imprenditoriale adottata come strumento concreto di elu

sione di norme imperative». Né, nella specie, viene, almeno in

questa fase di giudizio prospettata la costituzione simulata per

dissimulare un diverso rapporto, realmente voluto dalle parti.

Neppure la inammissibilità della partecipazione della società di

capitali alla società di persone, in quanto tale, può essere sanci

ta in termini di frode alla legge, sibbene unicamente in termini

di nullità per contrarietà a norme imperative; tanto che la stessa

decisione delle sezioni unite rileva come «il problema andrebbe

rimeditato alla luce di eventuali modifiche (in aderenza a diret

tive e a proposte di direttive della Cee) volte a stabilire il princi

pio dell'estensione delle norme sui bilanci, concernenti le socie

tà di capitali, alle società personali partecipate dalle prime».

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1879 PARTE PRIMA 1880

Il contrasto con le norme imperative che induce la nullità

della partecipazione riguarda non direttamente la costituzione

delle società, ma la sola partecipazione della Omnia Service s.r.l.

quale socio accomandante. La nullità del contratto derivando

cosi dall'applicazione dell'art. 1420 che sancisce la nullità del

contratto plurilaterale se la nullità colpisce il vincolo di una

parte la cui partecipazione debba considerarsi essenziale.

La postulazione della inesistenza di un accordo simulatorio, e il derivare la nullità del contratto sociale soltanto dalla nullità

della partecipazione della società di capitali, in violazione di

norme imperative poste a tutela della società di capitali medesi

ma, vale a rendere inapplicabile la norma dell'art. 1424. Tale norma infatti collega la conversione del contratto nullo in un

diverso contratto, del quale il primo contenga i requisiti di so

stanza e di forma, alla conformità di tale diverso contratto alla

volontà ipotetica, ma sicuramente accertabile, delle parti. La

conversione intende tutelare, anche se in forme diverse da quel la ab initio divisata dalle parti, l'intento comune di esse; essa è praticata solo quando gli interessi essenziali realizzabili con

il «contratto diverso» rientrano fra quelli che caratterizzano la

causa del contratto nullo. Nella specie, il giudice di merito ha

accertato, con giudizio di fatto, che, in quanto ampiamente mo

tivato, sfugge al sindacato del giudice di legittimità (che, d'altra

parte, su tale punto, non appare richiesto) che è dimostrata «la volontà comune delle parti di costituire un rapporto sociale e

di estendere gli effetti anche a terzi ... e la specifica intenzione

della Costagnoli di amministrare e rappresentare la società, e

non di costituire un diverso e più limitato rapporto di lavoro

con l'accomandante». Non solo manca la prova di una volontà

ipotetica delle parti di dar vita, ove avessero conosciuto la nulli tà del contratto associativo, ad un diverso rapporto, ma tale

intendimento è addirittura escluso. Il contratto, a sua volta,

appare caratterizzato da ciò che le prestazioni della Costagnoli si configuravano come oggetto di conferimenti, debito verso la

società (v. Cass. 3324/88, id., Rep. 1988, voce Società, n. 339) e da comunanza del rischio.

Come, dunque, la nullità (derivata) del contratto sociale, non

può mutare la volontà delle parti (come avverrebbe ricollegan dosi al contratto nullo gli effetti di un «contratto diverso» ma

non corrispondente allo scopo perseguito dalle parti) allo stesso

modo, la rispondenza della volontà delle parti al raggiungimen to di uno scopo comune, attuato attraverso una comunione di interessi e di rischio e la previsione della alterità soggettiva tra

ciascuno dei soci ed il soggetto posti in essere per il raggiungi mento dello scopo comune, connota gli atti compiuti dalla ri

corrente come atti di esercizio di un'attività sociale. Vi è dun

que una inconciliabilità logica all'applicazione dell'art. 2126 con

riferimento alle prestazioni rese dalla Costagnoli sotto il duplice profilo del conferimento in favore della società e della gestione dovuta quale amministratrice della Omnia Service. L'art. 2126

pone a carico del datore di lavoro per il caso di nullità o annul labilità del contratto di lavoro, l'obbligo di corrispondere al lavoratore la retribuzione per il periodo in cui il lavoro ha avu

to esecuzione. La nullità del contratto di società, comunque dichiarata o

accertata, in quanto tale (e salvo che sia provato che il contrat to sociale dissimulava, quale diverso contratto, la volontà di dar vita ad un rapporto di lavoro tra le parti che hanno costi tuito la società) non corrisponde a nullità del «contratto di la

voro». Questo vede una delle parti prestare la propria attività in favore dell'altra, quello vede gli apporti di entrambe le parti rivolti al raggiungimento di uno scopo comune.

Certo, si pone il problema degli effetti che conseguono alla

dichiarazione di nullità del contratto di società. Ed è problema che una lontana giurisprudenza (v. Cass. 31 luglio 1954, n. 2816,

id., Rep. 1954, voce cit., n. 127), aveva risolto radicalmente nel senso che il contratto sociale nullo non produce effetto al

cuno, talché nessuno dei contraenti potrà rivolgersi al magistra to per la tutela dei suoi diritti e il contratto sociale non potrà produrre alcun effetto a vantaggio dei soci; che un'autorevole corrente dottrinale risolve con l'applicazione analogica dell'art.

2332, facendo cosi seguire alla declaratoria di nullità una proce dura di liquidazione con la normale ripartizione del patrimonio sociale, che una più recente giurisprudenza ha invece definito con il ripristino della situazione patrimoniale delle parti con

traenti, secondo i principi dell'art. 2033 c.c., attraverso la de

terminazione degli opposti conferimenti oltre che degli utili e

Il Foro Italiano — 1993.

delle perdite derivanti dagli atti di gestione compiuti, sia pure senza titolo, nell'interesse della società (v. Cass. 14 maggio 1963, n. 1190, id., Rep. 1964, voce Indebito, n. 2; 15 dicembre 1972, n. 3612, id., 1973, I, 2549). Soluzione quest'ultima, che pur non postulando l'applicazione analogica dell'art. 2332, tiene con

to dell'esigenza che si preservino gli effetti degli atti compiuti — medio tempore — nell'esercizio dell'attività sociale (tanto nei rapporti esterni che in quelli interni).

Ma si tratta di problematica che esula dalla risoluzione della

presente controversia che si limita alla cognizione della postula ta insorgenza, in conseguenza della nullità del contratto sociale, di rapporti di cui all'art. 409 c.p.c. e, segnatamente, di un rap porto di opera continuativa e coordinata (art. 409, n. 3) tra

la socia accomandataria e il socio accomandante. Dovendosi

al riguardo ribadire l'estraneità della norma che regola gli effet

ti del rapporto di lavoro prestato, da un soggetto in favore di

un altro, in esecuzione di un contratto di lavoro, alla fattispecie di nullità di un contratto costitutivo di un società di persone in forza del quale uno dei soci, in esecuzione del contratto so

ciale, ha prestato attività a vantaggio della società stessa.

Devesi altresì rilevare che, secondo la costante giurisprudenza di questa corte (v. Cass. 4 luglio 1983, n. 4482, id., Rep. 1983, voce Previdenza sociale, n. 578; 3 febbraio 1984, n. 832, id.,

Rep. 1985, voce Impiegato dello Stato, n. 908; 14 gennaio 1985, n. 58, ibid., voce Agenzia, n. 13; sez. un. 3 aprile 1989, n.

1613, id., 1989, I, 1420), la disposizione dell'art. 2126, inte grante una norma eccezionale, derogata dall'art. 1418 c.c. ri

guarda esclusivamente il lavoro subordinato e non è estendibile

al lavoro autonomo (quale è rivendicato dalla ricorrente).

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 5 feb

braio 1993, n. 1465; Pres. Scala, Est. Fiduccia, P.M. Zema

(conci, conf.); Comune di Torino (Avv. Burlando, Bruzzo

ne, Sabbatini) c. Malanca (Avv. E. Romanelli, Fisano) e

Rampin. Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Torino

20 giugno 1988.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione — Recesso del locatore — Mancata destinazione dell'immo

bile all'uso dichiarato — Sanzioni — Comune — Posizione

processuale (L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazio ni di immobili urbani, art. 31, 60).

L'art. 60 I. 392/78, nello stabilire che il giudice, con la sentenza che dispone il ripristino del rapporto di locazione (o il risarci mento del danno), ordina al locatore il pagamento di una somma da devolversi al comune nel cui territorio è sito l'im

mobile, prevede a carico del locatore una sanzione ulteriore, ma non attribuisce un autonomo diritto al comune, il cui in

teresse al pagamento della somma legittima, pertanto, solo

un intervento adesivo dipendente nel giudizio promosso dal

conduttore per il ripristino del rapporto di locazione (o il ri

sarcimento del danno), senza conferire, conseguentemente, il

potere di impugnare la sentenza alla quale il conduttore abbia

prestato acquiescenza. (1)

(1) La Cassazione ribadisce un principio già più volte affermato, an corché solo di recente: v. Cass. 18 luglio 1991, n. 7979, Foro it., Rep. 1991, voce Locazione, n. 450; 17 dicembre 1991, n. 13569, ibid., n. 449; 9 maggio 1992, n. 5515, Rass. equo canone, 1992, 264, con nota di G. Spagnuolo.

Tra i giudici di merito, v., in senso difforme, Trib. Verona 5 novembre-6 dicembre 1982, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 577, e id., Rep. 1985, voce cit., n. 760 (riportata in Giur. it., 1986, I, 2, 506, con nota di F. Trifone), secondo cui il comune è titolare di un diritto soggettivo di credito al pagamento della somma prevista dall'art. 60, ultimo comma, 1. 392/78 (nonché, in tema di locazioni non abitative, dall'art. 31, 2° comma), ed è, quindi, parte necessaria del giudizio propo

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