+ All Categories
Home > Documents > sezione lavoro; sentenza 16 gennaio 1986, n. 260; Pres. Franceschelli, Est. M. De Luca, P. M. La...

sezione lavoro; sentenza 16 gennaio 1986, n. 260; Pres. Franceschelli, Est. M. De Luca, P. M. La...

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: buithuan
View: 216 times
Download: 2 times
Share this document with a friend
4
sezione lavoro; sentenza 16 gennaio 1986, n. 260; Pres. Franceschelli, Est. M. De Luca, P. M. La Valva (concl. diff.); Azienda municipalizzata gas ed acqua di Bologna (Avv. Magno, Carinci) c. Garbellini e altri (Avv. Visconti, Jacchia). Cassa Trib. Bologna 24 febbraio 1983 Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 4 (APRILE 1986), pp. 931/932-935/936 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23180308 . Accessed: 25/06/2014 05:58 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.40 on Wed, 25 Jun 2014 05:58:56 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione lavoro; sentenza 16 gennaio 1986, n. 260; Pres. Franceschelli, Est. M. De Luca, P. M. La Valva (concl. diff.); Azienda municipalizzata gas ed acqua di Bologna (Avv. Magno,

sezione lavoro; sentenza 16 gennaio 1986, n. 260; Pres. Franceschelli, Est. M. De Luca, P. M. LaValva (concl. diff.); Azienda municipalizzata gas ed acqua di Bologna (Avv. Magno, Carinci) c.Garbellini e altri (Avv. Visconti, Jacchia). Cassa Trib. Bologna 24 febbraio 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 4 (APRILE 1986), pp. 931/932-935/936Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180308 .

Accessed: 25/06/2014 05:58

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 195.78.108.40 on Wed, 25 Jun 2014 05:58:56 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione lavoro; sentenza 16 gennaio 1986, n. 260; Pres. Franceschelli, Est. M. De Luca, P. M. La Valva (concl. diff.); Azienda municipalizzata gas ed acqua di Bologna (Avv. Magno,

PARTE PRIMA

prorogato con 1. n. 804/77 al 15 gennaio 1978), di cui alla

disposizione transitoria dell'art. 228 1. n. 151/75. Cosi operando, i coniugi Milone-Fusco hanno inteso evitare, ab

initio, che il regime legale di comunione dei beni, introdotto

con la riforma, operasse nei loro confronti ed hanno adottato

l'opposto sistema della separazione dei beni, come regime patri moniale familiare generale. In applicazione dei principi sopra enunciati, pertanto, la scelta dei coniugi Milone-Fusco non era

soggetta alla trascrizione prevista dall'art. 2647 c.c., in quanto,

pur realizzata attraverso un atto convenzionale, costituiva l'eserci

zio della facoltà di derogare al regime di comunione dei beni

prevista dal legislatore della riforma ed assoggettata dallo stesso — come rilevato — in quanto scelta assoluta di regime, alla

semplice pubblicità dell'annotazione a margine dell'atto di matri

monio.

Quanto, poi, alla convenzione successiva del 7 dicembre 1977

con la quale la Fusco, richiamandosi al prescelto regime di

separazione, ha operato l'acquisto esclusivo di beni immobili, la

medesima si sottrae anch'essa all'onere della trascrizione predetta, ai fini della sua opponibilità ai terzi, in quanto momento attuati

vo (e non modificazione) del pregresso regime di separazione e, come tale, non implicante alcuna « esclusione » di beni immobili

dal regime di comunione, nella specie aprioristicamente escluso.

In conclusione, il ricorso va rigettato. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 16 gen naio 1986, n. 260; Pres. Franceschelli, Est. M. De Luca,

P. M. La Valva (conci, diff.); Azienda municipalizzata gas ed acqua di Bologna <Avv. Magno, Carinci) c. Garbellini e

altri (Avv. Visconti, Jacchia). Cassa Trib. Bologna 24 feb braio 1983.

Lavoro (contratto collettivo) — Clausola a favore di pensionati — Successione di contratti — Modifica « in peius » — Ammis

sibilità — Fattispecie.

La clausola di un contratto collettivo che prevede « somministra

zioni in natura » a favore di pensionati ha natura di contratto a

favore di terzi, è qualificabile come clausola obbligatoria ed è

modificabile in peius da contratti collettivi successivi. (1)

(1) La sentenza in epigrafe ribadisce un orientamento consolidato della Corte di cassazione, secondo cui il contratto collettivo successivo può derogare, anche in peius, un contratto collettivo precedente. Nella sua giurisprudenza più recente la corte ha ritenuto applicabile tale principio, tanto nel caso in cui i contratti collettivi in contrasto abbiano lo stesso ambito di applicazione, quanto nel caso in cui il contrasto riguardi contratti di diverso livello. Ha inoltre escluso che nei rapporti di successione tra contratti collettivi trovi applicazione il principio del diritto acquisito.

La giurisprudenza di merito e la dottrina, pur concordando sul principio per cui il contratto collettivo successivo modifica, anche in peius, il contratto precedente, tuttavia offrono soluzioni più articolate in ordine agli altri due profili. In tema di rapporti tra contratti di diverso livello richiamano altri criteri di risoluzione dell'eventuale conflitto, quali il principio di specialità; in tema di diritti acquisiti individuano i limiti che tale meccanismo comporta sul rapporto di successione.

Su questi temi generali, che fanno da sfondo alla sentenza in epigrafe, cfr. Pret. Firenze 8 febbraio 1985 e Pret. Venezia 30 giugno 1984, Foro it., 1985, I, 1540; nonché Cass. 12 marzo 1984, n. 1690, id., 1984, I, 2530, con note di richiami.

In dottrina, da ultimi, cfr. G. Giugni, Diritto sindacale, Bari, 1984, 176 ss.; P. Curzio, 1 rapporti tra contratti collettivi di diverso livello e tra legge ed autonomia collettiva nel diritto del lavoro degli anni ottanta, in Corti Bari, Lecce e Potenza, 1984, 493 ss.; M. Rusciano, Contratto collettivo ed autonomia sindacale, Torino, 1984; S. Sciarra, Contratto collettivo e contrattazione in azienda, Milano, 1985; M. Tremolada, Concorso conflitto tra regolamenti collettivi di lavoro, Padova, 1984; Mariucci, La contrattazione collettiva, Bologna, 1985; M. Viceconte, Principio del « favor » del lavoratore - rapporti tra contratti collettivi di vario livello e crisi economica, in Lavoro e prev. oggi, 1984, 1542; C. Conti, Contratti collettivi di diverso livello, in Lavoro 80, 1984, 645; R. Bortone e P. Curzio, Il contratto collettivo, Torino, 1984, spec. cap. VII e IX, con ampia bibliografia.

La sentenza in epigrafe, pur ricollegandosi alla giurisprudenza della Cassazione su richiamata, propone una ricostruzione della fattispecie in termini originali. Il caso in esame è infatti particolare, perché la clausola modificata in senso peggiorativo dal contratto collettivo suc cessivo incide sulla posizione di soggetti collocati in pensione.

Il Tribunale di Bologna, aveva dichiarato inefficace la clausola

peggiorativa nei confronti di tali soggetti, in quanto il sindacato ha

Il Foro Italiano — 1986.

Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo, denuncian

do violazione e falsa applicazione degli art. 39, 1° comma, e 40

Cost., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., l'azienda ricorrente

censura la sentenza impugnata per avere negato al sindacato la

legittimazione a tutelare (anche) mediante la stipulazione di

contratti collettivi, gli interessi dei pensionati, sebbene la « cate

goria contrattuale » (come quella « sindacale »), nel vigente ordi

namento ispirato al principio di libertà sindacale, non costituisca

più un dato a priori — come era nel regime corporativo — ma

sia individuata e delimitata, autonomamente, dalla stessa contratta

zione collettiva (e, rispettivamente, dalla organizzazione sindaca

le) e, come tale, possa comprendere anche i pensionati. Con il secondo motivo, denunciando omessa o insufficiente e

contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in

relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., la ricorrente censura la sentenza

impugnata per avere, muovendo dalla statuizione investita dal

precedente mezzo, ritenuto irrilevanti le questioni — che merita

vano invece soluzione positiva — attinenti a: a) inclusione

effettiva dei « pensionati » nella « categoria contrattuale »; b) validità dell'accordo aziendale 26 febbraio 1979 sotto il duplice

profilo del suo contenuto derogatorio in peius, rispetto al prece

« natura di organizzazione tra produttori della forza lavoro a tutela di

quegli interessi che hanno nello sciopero il loro principale strumento di affermazione » e quindi non è legittimato al « compimento di atti

giuridici nei confronti di pensionati » (Trib. Bologna 27 marzo 1985, Riv. it. dir. lav., 1985, II, 63'1, con nota critica di A. Vallebona).

La Cassazione è giunta ad una conclusione antitetica, qualificando la clausola che prevedeva le somministrazioni in natura come « contratto a favore di terzi », inquadrabile all'interno della parte c.d. obbligatoria del contratto collettivo.

Clausola obbligatoria perché « senza incidere su rapporti di lavoro in atto, tale clausola impone al datore di lavoro quale parte (diretta o

rappresentata) del contratto collettivo (aziendale e rispettivamente, extra-aziendale), l'obbligazione, nei confronti della controparte con

trattuale, di erogare benefìci in favore di terzi». Contratto in favore di

terzi, in quanto « pur essendo rimasti estranei alla stipulazione del contratto collettivo, e non essendo, peraltro, riconducibili alle

' catego

rie contrattuali ', i pensionati sono stati, tuttavia, indicati dalle parti stipulanti quali beneficiari di una prestazione ..., che le parti stesse hanno voluto in loro favore, quale elemento essenziale del sinallagma »

(sulle caratteristiche strutturali del contratto a favore di terzi, cfr., in

giurisprudenza: Cass. 13 giugno 1984, n. 3534, Foro it., Rep. 1984, voce Contratto in genere, n. 217; 11 giugno 1983, n. 4012, id., 1983, voce cit., n. 287; 6 luglio 1983, nn. 4562 a 4565, ibid., nn. 283-286; 17 maggio 1982, n. 3050, ibid., n. 288; 30 marzo 1982, n. 1990, id.,

Rep. 1982, voce cit., n. 214; 8 aprile 1981, n. 1992, id., Rep. 1981, voce cit., n. 245; 25 febbraio 1980, n. 1317, id., Rep. 1980, voce cit., n. 246; 18 settembre 1980, n. 5298, ibid., n. 234; 3 luglio '1979, n.

3749, id., Rep. 1979, voce cit., n. 246; 20 gennaio 1978, n. 260, id., 1978, I, 1998, con nota di A. Lener. In dottrina; A. Palazzo, Contratto a favore di terzo e per persona da nominare (sintesi di

informazione), in Riv. dir. civ., 1984, II, 390; S. Saccomani, Osserva zioni in tema di stipulazione a favore di terzo e causa del contratto, in Temi, 1977, 133).

Il ricorso all'istituto del contratto a favore di terzi in materie di diritto sindacale era stato già operato da Cass. 1)1 aprile 1983, n. 2570 (Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 1876) a proposito di contratti di assicurazione stipulati dal datore di lavoro per garantire ai lavoratori un sistema di indennità di anzianità più favorevole di quello legale. Un ulteriore ricorso a questo istituto è stato compiuto da Cass. 13 maggio 1981, n. 3148 (id., Rep. 1981, voce cit., n. 1999) per qualificare le clausole contrattuali, sottoscritte dal datore di lavoro e dai dipendenti, istitutive di casse di previdenza, in ordine ai dipenden ti assunti successivamente alla stipulazione.

Una volta compiuta questa operazione di inquadramento dogmatico della clausola che prevedeva le somministrazioni in natura, la Cassa zione ne ha affermato la modificabilità in peius con un ragionamento diverso da quello imperniato sulla inapplicabilità dell'art. 2077 c.c., ai

rapporti tra contratti collettivi, seguito in occasioni precedenti, per giungere alla medesima conclusione, con riferimento a clausole inqua drabili nella parte c.d. normativa del contratto collettivo (cfr. la

giurisprudenza e la dottrina cit. all'inizio della nota). La particolarità della clausola implica, infatti, secondo la Cassazione,

un diverso meccanismo di legittimazione della modificabilità in peius, che deve oltretutto tener conto della specifica disciplina del contratto a favore di terzi. Il dato di fondo, secondo la Cassazione, è costituito dal fatto che il diritto del terzo trova la sua fonte nel contratto ed è

pertanto soggetto alle successive vicende del medesimo. La specificità della disciplina non ostacola poi tale conclusione, perché « la circo stanza che il contratto a favore di terzi possa prevedere solo benefici... non esclude che i benefici, attribuiti al terzo con il contratto originario, possano subire (le) modifiche anche peggiorative », mentre, se è vero che la dichiarazione del terzo di « volerne ap profittare » rende il contratto « irrevocabile ed immodificabile », ciò, tuttavia, « non preclude che il contratto stesso possa subire, ove siano consentite dal relativo regime, revoche o modifiche successive alla sua

stipulazione ». [P. Curzio]

This content downloaded from 195.78.108.40 on Wed, 25 Jun 2014 05:58:56 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione lavoro; sentenza 16 gennaio 1986, n. 260; Pres. Franceschelli, Est. M. De Luca, P. M. La Valva (concl. diff.); Azienda municipalizzata gas ed acqua di Bologna (Avv. Magno,

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dente accordo aziendale 21 dicembre 1962, e del suo rapporto con l'accordo nazionale 12 novembre 1976; c) « efficacia » dello

stesso accordo aziendale 26 febbraio 1979 nei confronti di lavora

tori cessati dal servizio e non iscritti alle organizzazioni sindacali

stipulanti o, addirittura, « dissenzienti » da queste. Il ricorso è fondato. 2. - Le « somministrazioni in natura », di cui si discute, trovano

nella contrattazione collettiva la fonte esclusiva non solo della

loro istituzione e disciplina iniziale, ma anche delle successive

modifiche di regime fino alla contestata soppressione. Muovendo da tale premessa di fatto — che sembra incontro

versa e, comunque, risulta definitivamente accertata in giudizio —

le questioni da risolvere, al fine di decidere la dedotta controver

sia, riguardano la legittimazione del sindacato a stipulare contratti

collettivi a favore dei pensionati, e, gradatamente, la derogabilità in peius di una disciplina contrattuale siffatta da parte di

contratti successivi.

Entro tali limiti, infatti, assume rilievo, al fine del decidere, la

più ampia problematica, che la ricorrente propone sulla falsariga della sentenza impugnata.

Risolvendo negativamente la prima delle questioni prospettate e

ritenendo, di conseguenza, assorbita la seconda, la sentenza im

pugnata non si avvede che la soluzione proposta è idonea a

travolgere anche la contrattazione istitutiva delle « somministrazio

ni » in parola, in contrasto con quanto la sentenza stessa, sia

pure implicitamente, suppone. Tuttavia non dipende soltanto dalla contraddittorietà ora rile

vata la preferenza, che si ritiene di dovere accordare alla

soluzione positiva di entrambe le questioni prospettate. 3.1. - Quanto alla prima questione, infatti, non pare revocabile

in dubbio che rientri nell'autonomia negoziale (anche) collettiva

delle parti stipulanti la individuazione di « terzi », che, sia pure in ipotesi eccezionali (art. 1372, 2° comma, c.c.), risultino destina

tari degli effetti del contratto.

Invero rientra indubbiamente nell'autonomia collettiva, costitu

zionalmente garantita (art. 39, 1° comma, Cost.), delle parti

stipulanti 1' «auto-definizione » della « categoria contrattuale », vol

ta a delimitare, appunto, l'ambito soggettivo di efficacia potenziale della parte normativa del contratto collettivo, cioè ad individuare

i soggetti dei rapporti di lavoro, nei cui confronti il contratto

collettivo (e, segnatamente, la parte normativa di questo) possa

svolgere la propria funzione essenziale — ma, come vedremo, non esclusiva — di predeterminazione del contenuto dei contratti

individuali (sul punto, vedi, per tutte Corte cost. n. 70 e 106/63, Foro it., 1963, I, 1103 e 1527; 105/69, id., 1969, I, 2082 ; 34/85,

id., 1985, I, 975; Cass. n. 628/72, id., 1972, I, 2031; 629/72, ibid.,

2914; 812/84, id., Rep. 1984, voce Lavoro (contratto), n. 62).

Al fine del decidere, basta, però, soltanto un breve cenno al

problema — inerente alla efficacia automatica « >f della parte normativa del contratto collettivo su quello individuale ed alla

inderogabilità « reale » in peius del primo da parte del secondo —

problema sul quale la giurisprudenza di questa corte — dopo l'oscillazione iniziale tra alcune delle tesi emerse sullo specifico tema (quali le teorie del mandato « collettivo », del contratto per

adesione, associazionistica, della titolarità originaria dell'autono

mia collettiva, dell'applicabilità, diretta o per analogia, di norma

determinante: art. 36 e 39 Cost., 2077 e 2113 c.c., 14 1. n.

264/47) — si è da tempo orientata nel senso di ritenere

applicabile l'art. 2077, 2" comma, c.c. anche ai contratti collettivi

di diritto comune (vedi, per tutte, Cass. n. 5156/80, id., Rep.

1981, voce Diritto internazionale privato, n. 22; 924/76, id., Rep.

1976, voce Lavoro (contratto) n. 254; 3752/74, id., 1975, I, 1150).

Infatti, non essendo parti di un rapporto di lavoro in atto, i

pensionati esulano, in ogni caso, dal campo di applicazione della

parte normativa dei contratti collettivi, quale è delimitata, appun

to, dalla « categoria contrattuale ». Tuttavia non può sfuggire l'evidente analogia, che corre tra « autodefìnizione » della « cate

goria contrattuale » ed individuazione di altri destinatari del

contratto collettivo (quali, nella specie, i pensionati), essendo

entrambe espressione dell'autonomia negoziale delle parti stipu lanti.

Peraltro, al fine di decidere, non pare necessario prendere

posizione sulla questione — risolta negativamente dalla sentenza

n. 34/85 della Corte costituzionale — se la contrattazione collet

tiva, che riguardi soggetti diversi da « determinate categorie di

lavoratori, sia pure liberamente definite dalle parti », rientri nel

« quadro tipizzato » e, come tale, riceva tutela diretta dall'art. 39,

1° comma, Cost.

Infatti, pur prescindendo dai pretesi limiti della libertà sindaca

le costituzionalmente garantita, non pare nella specie controverso

il potere dell'autonomia negoziale privata delle parti stipulanti di

Il Foro Italiano — 1986.

disporre delle « somministrazioni », di cui si discute, a favore dei

pensionati. Resta, tuttavia, il problema inerente alla definizione del mecca

nismo giuridico, che risulti astrattamente idoneo a produrre, nei confronti dei pensionati, quegli effetti, che il contratto collettivo

preveda in loro favore. 3.2. - Antecedente — logico e giuridico — indefettibile, rispetto

alla soluzione del problema ora prospettato, è la classificazione della clausola contrattuale, che prevede benefici (quali le « som ministrazioni », di cui si discute) in favore dei pensionati, nel

l'ambito della classica dicotomia tra parte normativa e parte obbligatoria del contratto collettivo.

Dovendosi escludere, per quanto si è detto, la riconducibilità alla parte normativa — che è diretta, appunto, a disciplinare rapporti di lavoro in atto — la clausola in esame non può che essere classificata nell'ambito della parte obbligatoria del contratto

collettivo, che è volta a costituire, modificare od estinguere rapporti obbligatori — di oggetto e contenuto eterogenei — tra le stesse parti stipulanti.

Infatti, senza incidere su rapporti di lavoro in atto, tale clausola impone al datore di lavoro — quale parte {diretta o

rappresentata) del contratto collettivo (aziendale e, rispettivamente, extra-aziendale) — l'obbligazione, nei confronti della controparte contrattuale, di erogare benefici in favore di terzi (quali, nella

specie, le « somministrazioni » a favore dei pensionati). Né può sfuggire l'evidente analogia tra la clausola stessa e

quelle — ritenute « obbligatorie » dalla concorde elaborazione dottrinaria — che, senza incidere immediatamente su rapporti di

lavoro, sono volte ad integrare, attraverso la imposizione di

obbligazioni alle parti stipulanti, il trattamento previdenziale o assistenziale ex lege oppure la stessa legislazione del lavoro, sia

pure in favore di lavoratori in attività di servizio (sull'autorizza zione di rapporti obbligatori siffatti, mediante stipulazione di contratti di assicurazione a favore di terzo o costituzione di casse di previdenza aziendale, vedi per tutte Cass. n. 3127/83, id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n. 2489; 2228/74, id., 1975, I, 387; e, rispettivamente, 3148/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1999).

3.3. - Muovendo dalla proposta classificazione della clausola in

esame, pare configurabile, come contratto a favore di terzi (art. 1411 ss. c.c.), il meccanismo giuridico, astrattamente idoneo a

produrre, nei confronti dei pensionati, gli effetti del contratto collettivo stipulato in loro favore.

Infatti, pur essendo rimasti estranei alla stipulazione del contratto collettivo, e non essendo, peraltro, riconducibili alle « categorie contrattuali », i pensionati sono stati, tuttavia, indicati dalle parti stipulanti quali beneficiari di una prestazione (le « somministrazioni », di cui si discute, appunto), che le parti stesse hanno in loro favore, quale elemento essenziale del sinal

lagma. Tanto basta per ritenere astrattamente configurable il contratto

a favore di terzi (sullo specifico punto, vedi, per tutte Cass. n.

4012/83, id., Rep. 1983, voce Contratto in genere, n. 287; 2455/76, id., Rep. 1976, voce cit., n. 239; 349/76, ibid., n. 291; e, sul

problema in generale, Cass. n. 11/85, id., Mass., 4; 754/84, id.,

Rep. 1984, voce Ferrovie e tramvie, n. 25; 4562, id., Rep. 1983, voce Contratto in genere, n. 283; 3127, id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n. 2489; 2570/83, id., Rep. 1983, voce cit., n.

1876; 3050/82, id., Rep. 1982, voce Contratto in genere, n. 215; 4316, id., 1981, I, 1868; 3640/81, id., Rep. 1981, voce Opere pubbliche, n. 94).

Infatti la validità ed operatività di tale figura contrattuale

prescinde dalla partecipazione — diretta o delegata — del « ter zo » alla stipulazione del contratto e, quindi, anche dal potere di

rappresentarlo delle parti stipulanti, delle quali si postula soltanto «l'interesse» (vedi Cass. n. 11/85, 3050/82 cit.), mentre la di chiarazione del « terzo » — che tuttavia acquista il diritto

previsto in suo favore per effetto della stipulazione del contratto — di volerne profittare può assumere rilievo solo al diverso fine di rendere « irrevocabile » e « immodificabile » la stipulazione (vedi, tuttavia, Cass. n. 3127/83 cit., per una ipotesi di irrevocabi lità e immodificabilità della stipulazione).

4.1. - Resta, tuttavia, la seconda delle questioni prospettate, attinente alla modificabilità in peius del contratto collettivo a favore di « terzi » (quali, nella specie, i pensionati) da parte di un contratto collettivo successivo.

L'analogia della questione, attinente alla modificabilità in peius della parte normativa del contratto collettivo, non consente, tuttavia, di estendere, al caso che ci occupa, le ragioni a sostegno della soluzione positiva, addotta dalla costante giurisprudenza di

questa corte (vedere, per tutte, le sent. nn. 927, id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n. 1164; 928, ibid., n. 1162; 1406, ibid.,

This content downloaded from 195.78.108.40 on Wed, 25 Jun 2014 05:58:56 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sezione lavoro; sentenza 16 gennaio 1986, n. 260; Pres. Franceschelli, Est. M. De Luca, P. M. La Valva (concl. diff.); Azienda municipalizzata gas ed acqua di Bologna (Avv. Magno,

PARTE PRIMA

voce Lavoro (contratto), n. 32; 2808, ibid., n. 28; 4423, ibid., n.

30; 4579, ibid., n. 35; 4580, ibid., n. 36; 5620/84, ibid., n. 37;

2365/83, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 958; 6574/82, id., Rep. 1982, voce cit., n. 1429; 6741/81, id., Rep. 1981, voce Lavoro (con tratto), nn. 75, 94).

Tale soluzione, infatti, riposa essenzialmente sulla ritenuta i

napplicabilità dell'art. 2077, 2° comma, c.c., che regola il rapporto tra (parte normativa del) contratto collettivo e contratti indivi duali di lavoro, alla successione nel tempo di contratti collettivi, che dà luogo, invece, alla sostituzione della nuova regolamenta zione generale alla vecchia, giustificando tale effetto sostitutivo

globale in base alla circostanza che le disposizioni del contratto

collettivo non si « incorporano » nel contenuto di quelli indivi

duali, dando luogo a diritti quesiti sottratti al potere dispositivo del sindacato, ma operano, dall'esterno, sui rapporti di lavoro, come fonte autonoma concorrente con quella individuale.

Riposa, peraltro, sulla partecipazione (delegata o diretta) alla

stipulazione, la « efficacia soggettiva » (della parte normativa) del

contratto collettivo, efficacia che è limitata, appunto, al datore di

lavoro stipulante ed alla « collettività » dei lavoratori dell'azienda

interessata, per quanto riguarda i contratti aziendali (sul punto, vedi, per tutte, Cass. n. 570, id., Rep. 1984, voce Lavoro

(rapporto) n. 715; 1501, ibid., n. 1422; 2802, ibid., n. 1411;

4423/84, ibid., voce Lavoro (contratto) nn. 30, 66; 2790/83, id.,

Rep. 1983, voce cit., n. 51; 1965/82, id., Rep. 1982, voce cit., n.

92; 2489/80, id., 1980, I, 3028), mentre, per quanto riguarda gli altri contratti collettivi, dipende dalla iscrizione dei soggetti del

rapporto (o, quanto meno, del datore) di lavoro alle associazioni

stipulanti oppure, in alternativa, dalla loro « adesione », esplicita o implicita, al contratto collettivo (sul punto, vedi, per tutte, Cass. 3440/84, id., Rep. 1984, voce cit., n. 55; 6403, id., Rep. 1983, voce cit., n. 81; 986/83, ibid., n. 85; 1909/82, ibid., voce

Lavoro (rapporto) n. 1544). Le riferite argomentazioni, tuttavia, non sono compatibili con il

contratto collettivo a favore di terzi.

Tale figura contrattuale, infatti, prescinde dalla partecipazione (diretta o delegata) del « terzo » alla stipulazione non solo del

contratto collettivo in suo favore, ma anche di qualsiasi altro

contratto, escludendo, cosi', la configurabilità non solo del concor so tra fonti (individuale e collettiva), ma anche del ricordato fondamento giuridico dell'« efficacia soggettiva », che caratterizza no invece, la parte normativa del contratto collettivo.

Ciononostante, si impone, sia pure per ragioni diverse, la soluzione positiva della questione, che ci occupa, attinente, ap punto, alla modificabilità in peius del contratto collettivo a favore di terzi, da parte di un contratto collettivo successivo.

4.2. - Il diritto, che i « terzi » (nella specie, i pensionati) acquistano per effetto della stipulazione del contratto collettivo in

loro favore, è previsto e definito dal contratto medesimo. Ove questo sia, come nella specie, un contratto di durata, è

ipotizzabile, quindi, che le relative vicende, successive alla sua

stipulazione, possano incidere sul diritto del « terzo ». Cosi tale diritto non solo può cessare, in dipendenza della

cessazione sopravvenuta del contratto (per scadenza del termine di efficacia, per recesso o per altre cause), ma, anche, in

pendenza del contratto, il diritto può subire altresì, ove siano consentite dal relativo regime (convenzionale o legale), modifiche, anche in peius, ad opera di contratti collettivi successivi.

Non è d'ostacolo, infatti, la circostanza che il contratto a favore di terzi possa prevedere soltanto benefici, in quanto ciò non esclude che i benefici, attribuiti al « terzo » con il contratto

originario, possano subire le modifiche, anche peggiorative, indot te dalle successive vicende del contratto medesimo.

Peraltro la dichiarazione del terzo di « volerne profittare »

rende, bensì, « irrevocabile » e « immodificabile » la stipulazione del contratto in suo favore (art. 1411, 3° comma, c.c.), ma non

preclude, tuttavia, che il contratto stesso possa subire, ove siano consentite dal relativo regime, « revoche » o « modifiche » succes sive alla sua stipulazione.

Del resto — come questa corte ha già avuto occasione di affermare (vedine la sent. n. 1690/84, id., 1984, I, 2530), sia pure con riferimento alla parte normativa — la « adesione » al con tratto collettivo implica accettazione, (anche) da parte del non

iscritto, delle « determinazioni dell'associazione stipulante in ordi ne alle future vicende del rapporto » e, quindi, « non solo l'adesione alla facoltà della disdetta, prevista nel contratto, ma, in

genere, la ricezione del suo regime legale e delle sue vicende ». La soluzione proposta non contrasta, poi, neanche con il

principio di diritto — che questa corte ha già avuto occasione di affermare — secondo cui il sindacato non è legittimato ad « interferire sulla sfera individuale del lavoratore cessato dal

Il Foro Italiano — 1986.

servizio, essendo estraneo all'associazione sindacale » (Cass. n.

4280/82, id., Rep. 1983, voce Lavoro (contratto) n. 87), né, in

genere, a disporre dei « diritti acquisiti » da singoli lavoratori, in difetto di specifico mandato per medesimi (sul punto, vedi, per tutte, Cass. n. 2445/85, id., Mass., 464; 602/84, id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto) n. 498; 890/83, id., Rep. 1983; voce cit., n. 979; 1253, id., Rep. 1982, voce cit., n. 1111; 1482, ibid., n. 2313, 2039, id., Rep. 1984, voce Sindacati, n. 49; 3093/82, ibid., n. 48).

Infatti la modifica in peius del contratto collettivo in favore di

terzo, attuata, in conformità del suo regime (convenzionale o

legale), da un contratto successivo, non incide sul diritto acquisi to dal terzo, ma sul contratto, che ne costituisce la fonte, modificandolo, anche in peius, od estinguendolo.

5. - La proposta soluzione positiva di entrambe le questioni prospettate consente di affermare la legittimazione del sindacato — che la sentenza impugnata invece nega — non solo a

stipulare, ma anche a modificare in peius, contratti collettivi a

favore dei pensionati.

Compete, invece, al giudice di rinvio la concreta stipulazione del principio enunciato e la soluzione della questione relativa,

comprese quelle che, talora implicitamente, la sentenza impugnata ritiene assorbite dalla affermazione dell'opposto principio e che il

ricorrente ripropone con il secondo motivo.

Il ricorso va quindi accolto, sia pure nei limiti ora precisati, e,

per l'effetto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata ad altro giudice d'appello, designato nel giudice di

Reggio Emilia, perché proceda al riesame della controversia, uniformandosi all'enunciato principio di diritto. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 11 gen naio 1986, n. 102; Pres. Lococo, Est. Maresca, P. M. Ami

rante (conci, difT.); Pensante (Avv. Cassiano) c. De Luca

(Avv. Fabiani). Conferma App. Palermo 12 febbraio 1983.

Successione ereditaria — Testamento — Condizione — Illiceità —

Esclusione — Fattispecie (Cod. civ., art. 634, 636).

La clausola testamentaria, con cui si attribuisce la proprietà di

determinati beni a condizione che l'istituito contragga matrimo

nio con una persona avente certi requisiti, non è illecita né

inefficace, non importando una limitazione psichica intollerabi

le, come tale contraria all'ordine pubblico (nella specie, il

testatore aveva lasciato in usufrutto vari immobili all'istituito,

disponendo che quei beni gli sarebbero stati attribuiti in

proprietà « se egli si fosse deciso a sposare una signorina

appartenente alla loro classe sociale »). (1)

(1) La Cassazione ribadisce la costante (ancorché sporadica e

risalente) giurisprudenza che interpreta restrittivamente la disposizione contenuta nell'art. 636, 1° comma, c.c. Si considera illecita, infatti, la clausola testamentaria con la quale il testatore vieta all'istituito di contrarre matrimonio solo quando il divieto delle nozze, posto dal testatore, è assoluto. AI contrario, la condizione è considerata lecita se il divieto non comporta « coartazione della libera determinazione dell'istituito » e si lascia a costui « un ampio margine di scelta e di libera autodeterminazione », senza che intervenga « una limitazione psichica intollerabile, come tale contraria all'ordine pubblico ». In tal senso cfr. Cass. 27 febbraio 1942, n. 568, Foro it., 1942, I, 486; 26

luglio 1943, n. 1943, id., Rep. 1943-45, voce Successione, n. 112, nonché, sostanzialmente, Cass. 30 maggio 1953, n. 1633, id., 1954, I, 194, che, richiamandosi ai suddetti principi, considera illecita la condizione con cui il testatore impone all'onorato il matrimonio con una determinata persona, esaudendone ogni altra.

In dottrina, i pareri sono men che concordi. Riaprendo un dibattito già emerso sotto il vigore del vecchio codice (cfr. G. Stolfi, Diritto civile, Torino, 1934, IV, 627 ss.), si sono registrate — a fronte di autori che, basandosi su una interpretazione letterale della norma in esame, si allineano alla tesi della Cassazione (Azzariti-Martinez, Successione per causa di morte e donazione, Padova, 1942, 508; Ganci, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, Mila no, 1951, II, 195; Giannattasio, Delle successioni, in Commentario Utet, Torino, 1961, II, 266) — voci di marcato dissenso. Secon do Caramazza (Delle successioni testamentarie, in Commentario al codice civile, diretto da De Martino, Novara, 1982): « Innanzi tutto, deve tenersi presente che qualunque interferenza nella libertà matrimoniale altrui comporta una correlativa lesione della libertà individuale di cui quella è una espressione; lesione che potrà essere più o meno grave, ma sempre illecita e, in ogni caso, mai commen devole al punto che l'ordinamento giuridico si debba preoccupare di apprestarle tutela. Si consideri, poi, che neppure ai genitori è consenti to interferire, in modo giuridicamente valido, sul matrimonio dei figli,

This content downloaded from 195.78.108.40 on Wed, 25 Jun 2014 05:58:56 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended