Sezione lavoro; sentenza 17 marzo 1981, n. 1571; Pres. Tresca, Est. Santilli, P.M. Leo (concl.conf.); Soc. coop. muratori e cementisti (Avv. Scarnati, Amadei) c. Policarpo e altri; Policarpo ealtri (Avv. Muggia) c. Soc. coop. muratori e cementisti. Conferma Trib. Roma 24 maggio 1976Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 4 (APRILE 1981), pp. 981/982-983/984Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172830 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
oggetto di specifica riserva a favore di questa, riserva stabilita in
materia di giudice e di processo dall'art. 108, 1° comma, Cost.,
l'illegittimità si qualifica come violazione di quest'ultimo precet to, oltre che, ma solo di riflesso, della regolamentazione com
plessiva del riparto della competenza normativa.
L'argomentazione per ultima svolta importa peraltro che la
questione di legittimità costituzionale va estesa al profilo del
contrasto della norma sull'autodichia anche con il 1° comma del l'art. 108 Cost, e quindi con l'intero art. 108 Cost.
Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 17 marzo
1981, n. 1571; Pres. Tresca, Est. Santilli, P.M. Leo (conci,
conf.); Soc. coop, muratori e cementisti (Avv. Scarnati, Ama
dei) c. Policarpo e altri; Policarpo e altri (Avv. Muggia) c.
Soc. coop, muratori e cementisti. Conferma Trib. Roma 24
maggio 1976.
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Impugna zione di licenziamento — Decadenza del convenuto dall'ecce
zione di licenziamento collettivo — Esclusione — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 416; legge 15 luglio 1966 n. 604, norme
sui licenziamenti individuali, art. 11).
Proposta domanda di impugnazione di un licenziamento assumen
dosi che esso è illegittimo perché intimato per rappresaglia antisindacale e comunque senza il rispetto dei criteri da se
guirsi in ipotesi di licenziamenti per riduzione di personale, il datore di lavoro tardivamente costituitosi non decade dalla
eccezione che nella specie ricorreva una ipotesi di licenzia
mento collettivo sottratta alla disciplina limitativa dei licen
ziamenti, in quanto non si è alla presenza di una eccezione in
senso proprio con la quale si allega un fatto impeditivo o estin
tivo ma di una mera difesa attinente allo stesso fatto costitu
tivo della domanda (nella specie, però, è stata confermata la
sentenza dichiarativa dell'illegittimità del licenziamento). (1)
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con distinti ri
corsi del 5 luglio 1974 Prima Mario, Policarpo Giovanni, Manno
ni Angelino, Quaglieri Ennio, De Lusso Nicola e Tinti Antonio
esponevano di aver lavorato alle dipendenze della s.rJ. Coopera
tiva muratori e cementisti e di essere stati licenziati con racco
mandata 12 aprile 1974, la quale aveva motivato il provvedi mento con la riduzione dell'attività lavorativa, mentre, in realtà,
il licenziamento era stato intimato per rappresaglia antisindacale
a seguito dell'attività sindacale svolta dagli attori nel posto di
lavoro; sostenevano, altresì gli istanti che la datrice di lavoro
non aveva rispettato i criteri di cui all'art. 2 dell'accordo inter
confederale 5 maggio 1965 sui licenziamenti per riduzione di
personale. Tanto premettendo i predetti convenivano innanzi al
Pretore di Roma la cooperativa per sentirla condannare, previa declaratoria di annullamento o illegittimità dei licenziamenti,
alla riassunzione al lavoro ed al risarcimento del danno nella
misura ritenuta di giustizia.
L'intimata, costituitasi in tutti i procedimenti, deduceva che:
a) aveva svolto lavori in appalto per la costruzione, in località
Casal Palocco, di 18 villini quadrifamiliari ad uso abitativo, per un valore complessivo di circa due miliardi di lire, iniziando i
lavori nel 1972; b) le assunzioni di lavoratori erano progressi vamente diminuite nel secondo anno di attività e nell'aprile 1974,
completato circa il 94 % dei lavori, erano rimasti da eseguire lavori secondari e accessori; c) gli istanti erano stati licenziati
per effetto della diminunzione dell'attività edilizia, tanto che nel
l'aprile 1974, erano rimasti in servizio solo 86 operai; si era trat
tato di un licenziamento collettivo per riduzione di personale, al
quale non era applicabile la normativa invocata dai ricorrenti;
in particolare, non era applicabile l'accordo interconfederale 5
(1) Non si rinvengono precedenti specifici. Sui poteri del convenuto costituitosi tardivamente nel rito spe
ciale del lavoro, v., nello stesso senso di quanto affermato nella
sentenza in epigrafe, Cass. 19 giugno 1976, n. 2302, Foro it., 1976,
I, 2124, con ampia nota di richiami, cui adde in dottrina Tarzia, Manuale del processo del lavoro2, 1980, 66. V. anche Cass. 20 gen naio 1979, n. 463, Foro it., Rep. 1979, voce Lavoro e previdenza
(controversie), n. 176; 20 ottobre 1978, n. 4749, ibid., n. 177, e in
Giur. it., 1979, I, 1, 583.
Sui limiti del controllo giudiziale in tema di licenziamenti collet
tivi per riduzione di personale, v. Cass., Sez. un., 27 febbraio 1979,
n. 1270, Foro it., 1979, I, 605, con nota di richiami, cui adde Flam
mia, Osservazioni sui licenziamenti collettivi, id., 1979, V, 239.
maggio 1965, non appartenendo la convenuta ad alcuna delle as
sociazioni sindacali stipulanti: ricorreva l'ipotesi della clausola n. 6 di «ietto accordo e l'incontro ivi previsto non era stato solle
citato dall'organizzazione sindacale interessata.
Il pretore, dopo la riunione dei procedimenti, con sentenza 15
novembre-7 dicembre 1974, ritenendo sussistere il licenziamen to senza giustificato motivo, annullava tutti i licenziamenti, di
sponeva la reintegra di tutti i lavoratori nel posto di lavoro e
condannava la società cooperativa al risarcimento del danno in
cinque mensilità di retribuzione a favore di ciascun ricorrente.
Spiegava impugnazione principale la soccombente deducendo:
1) il vizio di ultrapetizione, poiché il primo giudice aveva an nullato i licenziamenti non per rappresaglia antisindacale, ma
per una ragione diversa da quella a lui prospettata dagli attori; 2) la violazione del principio del contraddittorio: la domanda
per cui la cooperativa era stata convenuta in giudizio aveva un
contenuto diverso da quello preso ad oggetto della decisione da
parte del giudice, il quale, avendo giudicato su di un oggetto di
verso, avrebbe dovuto concedere termine per formulazione di mezzi istruttori in ordine al nuovo oggetto {giustificato motivo di licenziamento); 3) in subordine, l'erronea valutazione dei fat
ti; il pretore non poteva escludere, sia la riduzione dell'attività
lavorativa dell'impresa, che il collegamento fra i licenziamenti e
la riduzione del personale. Gli appellanti non potevano essere uti
lizzati in altre attività, dato che i lavori, nell'aprile 1974, erano
in via di ultimazione; 4) prova per testi sulle circostanze addotte a sostegno del proprio assunto, ove il giudice di appello ritenes
se di indagare sul giustificato motivo di licenziamento.
Formulavano appello incidentale gli intimati eccependo: a) in
via preliminare la tardiva costituzione della società in primo gra do, eccezione tempestivamente sollevata, ma disattesa dal pre tore; b) nel merito, che se il primo giudice avesse rettamente
interpretato le risultanze istruttorie avrebbe ritenuto che i li
cenziamenti erano stati determinati da rappresaglia, per l'atti
vità sindacale e politica svolta all'interno del cantiere.
L'adito Tribunale di Roma, sezione lavoro, con decisione 13
febbraio - 24 maggio 1976, in contumacia di Mario Pinna, respin
geva il gravame e condannava la società cooperativa al paga mento delle ulteriori spese processuali, in favore dei cinque ap
pellati costituiti, ritenendo sostanzialmente assorbita l'impugna zione di costoro.
Innanzi a questa Suprema corte, hanno interposto, contro la
sentenza di secondo grado: a) ricorso principale la s.r.l. Coope rativa muratori e cementisti nei confronti di tutti e sei i lavora
tori; b) ricorso incidentale autonomo Pinna Mario, Policarpo Gio
vanni, Mannoni Angelino, Quaglieri Ennio e Tinti Antonio;
c) ricorso incidentale autonomo, De Lusso Nicola. I ricorrenti
incidentali hanno anche presentato controricorso, illustrato da
memoria.
Motivi della decisione. — Deve disporsi la riunione dei tre ri
corsi, proposti contro la medesima sentenza (art. 335 cod. proc.
civile). Con il primo mezzo, la ricorrente principale, deducendo viola
zione dell'art. 112 cod. proc. civ. in relazione agli art. 414, 420, 421 e 360, n. 3, stesso codice, ripropone la questione di ultrapeti
zione, ripetendo che gli attori avevano dedotto il licenziamento
per rappresaglia antisindacale, ed il mancato espletamento della
procedura intersindacale, per cui a tanto doveva esser limitata
l'indagine del giudice proprio per la corrispondenza che deve in
tercorrere fra il chiesto e il pronunciato. La censura non è fondata. Nell'impugnata decisione viene esat
tamente considerato che quando nel ricorso introduttivo si con
testa la sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro a
giustificazione del licenziamento (riduzione del personale quale
conseguenza di un'asserita riduzione di attività lavorativa) assu
mendosi come non vera tale giustificazione, implicitamente si
deduce la inesistenza di un 'giustificato motivo di licenziamento.
Il licenziamento si assume, sarebbe appunto privo di giustifica to motivo, in relazione alla motivazione addotta dal datore di
lavoro.
La pronuncia non merita censura. Gli attori hanno sostenuto
l'esistenza di più licenziamenti individuali determinata dalla loro
partecipazione ad attività sindacali, e privi comunque di giusti ficato motivo in relazione alla motivazione fornita dalla società
cooperativa. Questa ha affermato ricorrere un'ipotesi di licenzia
mento collettivo per riduzione di personale, sottratto, ai sensi del
l'art. 11 legge 15 luglio 1966 n. 604 alla disciplina legislativa invocata dagli attori.
Il tribunale si è, in sostanza, attenuto all'insegnamento di que sto Supremo collegio: al giudice anche quando sia eccepita dal
datore di lavoro la ricorrenza di un licenziamento collettivo per riduzione di personale, non è precluso accertare se i molteplici
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PARTE PRIMA
simultanei licenziamenti non dipendano affatto da un ridimen
sionamento della attività imprenditoriale, accertare, cioè, se le
dedotte scelte imprenditoriali, siano state in realtà operate. E
spetta anche, al giudice, verificare se la inclusione di taluni di
pendenti, in luogo di altri, nel gruppo dei lavoratori da licen
ziare, sia stata determinata da motivi personali riguardanti gli
inclusi, nel qual caso i licenziamenti sarebbero ingiustificati. I
giudici di merito hanno ritenuto non dimostrato il nesso causale
fra la dedotta attività sindacale ed i licenziamenti; hanno esclu
so che i licenziamenti stessi sarebbero stati determinati, come gli attori hanno addotto, dalla attività sindacale di questi ultimi;
sono, quindi, passati all'esame sul se, nella fattispecie, si tratti
di licenziamento collettivo per riduzione di personale, secondo
la tesi della società, ovvero di molteplici, contemporanei licen
ziamenti individuali, giusto l'assunto dei lavoratori, ed hanno os
servato che: a) è operativo nei confronti dell'appellante — non
iscritta ad alcuna delle associazioni sindacali stipulanti l'accordo
intersindacale 5 maggio 1965 sui licenziamenti per riduzione di
personale — l'accordo interconfederale 20 dicembre 1950 valido
erga omnes in forza del d. pres. 14 luglio 1960 n. 1019; b) la
Corte costituzionale, con sentenza 8 febbraio 1966, n. 8 >(Foro it.,
1966, I, 201) ha ritenuto l'accordo 20 dicembre 1950 illegittimo, limitatamente alla parte in cui prescrive l'obbligo nel procedi mento di conciliazione fra le competenti organizzazioni sinda
cali, ma ha affermato la legittimità delle altre disposizioni del
l'accordo, cioè dell'art. 2, lett. e (che fissa i criteri cui l'impren ditore deve attenersi nell'identificazione dei lavoratori da licen
ziare), dell'art. 4 (obbligo di motivazione del licenziamento e
diritto del lavoratore ad essere riassunto se l'azienda procede entro un anno a nuove assunzioni al lavoro nelle mansioni e
specialità proprie dei lavoratori già licenziati) nonché dell'art. 5, secondo il quale le norme dell'accordo non si applicano, tra l'al
tro, ai licenziamenti «per fine lavoro nelle costruzioni edili»;
c) non ricorre l'ipotesi, nel caso in esame, di fine lavoro in una
costruzione edile, perché l'attività edilizia della società coope rativa — come l'indagine istruttoria aveva evidenziato -— ebbe
a proseguire per diversi mesi oltre l'aprile 1974 e in questo mese
(nel quale gli appellati furono licenziati) le lavorazioni, cui i
licenziati erano addetti, non stavano per terminare; d) la fatti
specie va inquadrata nell'ipotesi di cui all'art. 1 dell'accordo
erga omnes il quale prevede la necessità dell'azienda di « attuare
una riduzione del numero del personale, per riduzione di attività
o di lavoro ». Tuttavia la cooperativa non ha osservato l'art. 2
dell'accordo, non ha, cioè, dato conto dei seguenti criteri che
avrebbe dovuto seguire nella individuazione dei lavoratori da li
cenziare: « esigenze tecniche e di rendimento, anzianità, carichi
di famiglia, situazione economica » criteri concorrenti fra loro;
e) non avendo la società dimostrato l'esistenza di un collegamen to fra riduzione dell'attività lavorativa e scelta dei dipendenti da licenziare (andava provato che ogni singolo licenziamento era
obiettivamente giustificato, per esser venuto a mancare il posto di lavoro del dipendente licenziato) né avendo dimostrato — in
relazione alla sussistenza di un giustificato motivo di recesso,
problema necessariamente conseguenziale alla inesistenza del li
cenziamento collettivo per riduzione di personale — che trova
vasi in condizioni tali, per ragioni inerenti all'attività produttiva o all'organizzazione del lavoro (art. 3 citata legge n. 604 del 1966), da non poter ulteriormente utilizzare i licenziati in altri set tori dell'attività aziendale, i licenziamenti in esame sono stati
giustamente annullati dal primo giudice.
Con gli altri due motivi del ricorso principale viene denun ziata violazione dell'art. 5 dell'accordo interconfederale 20 di cembre 1950 e degli art. 11 e 3 legge 15 luglio 1966 n. 604 in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civile. Afferma la ricor rente che: 1) il giudice d'appello, in base alle circostanze di fatto
sottoposte al suo esame, avrebbe dovuto ritenere l'ipotesi di gra duale esaurimento di singole fasi di lavoro, prevista dall'art. 5 dell'accordo 1950, con correlativa soppressione dei posti di lavoro
cui erano addetti gli operai licenziati; 2) ricorrendo, nella spe cie la necessità di riduzione del personale per imminenza della fine dell'attività lavorativa, essendosi dimostrato che non vi sono state da parte della cooperativa nuove assunzioni, ma nuovi licenziamenti per soppressione dei posti di lavoro, essendosi pro vato il nesso causale per i licenziamenti di cui trattasi e l'esau rirsi del lavoro, la scelta del datore di lavoro è giustificata, e non si applica neanche la legge n. 604 del 1966.
La duplice censura, che è infondata, mira chiaramente ad ot tenere un terzo esame del merito.
Il Tribunale di Roma in base ad una valutazione discrezionale
degli elementi probatori, congruamente e sufficientemente moti
vata, ha ritenuto l'inapplicabilità dell'art. 5 dell'accordo inter
confederale erga omnes, ha spiegato le ragioni per cui ha appli cato l'art. 3 legge n. 604 del 1966 ed ha escluso che la società
cooperativa abbia offerto la prova di aver effettuato i licenzia menti in discorso per riduzione di personale.
Nell'impugnata sentenza si è fatta puntuale applicazione dei
principi al riguardo enunciati da questa sezione lavoro, che
vanno qui ricordati: a) perché un licenziamento possa essere
qualificato come collettivo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 11
legge 15 luglio 1966 n. 604, non basta il licenziamento di una
pluralità di dipendenti, ma occorre che venga effettuato il ri
dimensionamento dell'impresa attraverso la soppressione dei po sti di lavoro corrispondenti all'attività svolta dal personale li
cenziato; b) in mancanza, il licenziamento ricade nell'ambito dei licenziamenti individuali, anche se si tratta di licenziamento per fine lavori nelle costruzioni edili; c) nel licenziamento collettivo
per riduzione di personale del settore edilizio — da effettuarsi con la particolare procedura prevista dagli accordi interconfe
derali sui licenziamenti collettivi nell'industria — l'onere proba torio circa l'inapplicabilità della legge n. 604 del 1966, e circa la concreta soppressione dei posti di lavoro corrispondenti alla
attività espletata dai dipendenti licenziati, incombe sull'impresa edile. Affermano che, sia nella prima fase del giudizio che nella
memoria difensiva innanzi al tribunale, essi avevano eccepito la decadenza della società convenuta per essersi questa costituita
in giudizio il 7 ottobre 1974 (quando l'udienza di discussione era stata fissata al 15 ottobre successivo) senza osservare il termine di dieci giorni previsto dall'art. 416 cod. proc. civile. La tardi
vità della costituzione comporterebbe, ad avviso dei ricorrenti
incidentali, la decadenza nel proporre le eccezioni in diritto e le
deduzioni istruttorie. Destituiti di fondamento sono anche i due
ricorsi incidentali autonomi, proposti dal De Lusso da un lato e
dagli altri lavoratori (escluso il Pinna, non costituito) dall'altro.
L'art. 416 cod. proc. civ. sul rito delle controversie individuali di lavoro, nei primi due comma, dispone: « Il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza, dichiarando
la residenza ed eleggendo domicilio nel comune in cui ha sede
il giudice adito ».
« La costituzione del convenuto si effettua mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva nella quale devono es
sere proposte a pena di decadenza, le eventuali domande in via
riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non
siano rilevabili di ufficio».
Nella specie, la convenuta ebbe a costituirsi innanzi al pretore, sette giorni liberi prima dell'udienza di discussione. Dopo esple tato l'interrogatorio non formale delle parti e fissata l'udienza di discussione della causa, gli attori rilevavano la tardività della co
stituzione in giudizio della convenuta, quindi la sua decadenza da eccezioni processuali e di merito. Giustamente il pretore os
servava che la convenuta, eccependo la ricorrenza di un'ipotesi di licenziamento collettivo per riduzione di personale, sottratta ai sensi dell'art. 11 legge n. 604/1966 alla disciplina legislativa invocata dagli attori, non prospettava una eccezione in senso stretto {cioè un fatto impeditivo o estintivo del diritto dedotto dalla controparte) bensì un'eccezione attinente allo stesso fatto
costitutivo della domanda, e disponeva d'ufficio prova testimo niale sui fatti emersi in sede di libero interrogatorio.
Come questa Suprema corte ha ripetutamente affermato, la decadenza di cui al 2° comma dell'art. 416 cod. proc. civ. ri
guarda le domande riconvenzionali e le eccezioni in senso pro prio non rilevabili d'ufficio, che sono soltanto quelle espressa mente previste dalla legge (es. prescrizione) e quelle che si so
stanziano nella contrapposizione di un diritto di natura potesta tiva, atto a neutralizzare il diritto fatto valere ex adverso, op pure nel dedurre un rapporto giuridico incompatibile con quello
posto a base della domanda attorea. La decadenza non colpisce l'eccezione del tipo di quella formulata dalla convenuta coope rativa, cioè l'eccezione costituente un mezzo difensivo diretto a
provocare il rigetto della domanda, mezzo che, come tale, non
muta la materia sottoposta alla cognizione del giudice, in quan to, non sostanziandosi nella contrapposizione di fatti impeditivi o estintivi del diritto dedotto dall'attore, è destinato ad esplicare efficacia senza trascendere i limiti dell'azione proposta, anche se
amplia la materia del contendere.
Neanche è a parlarsi d'inammissibilità, per tardiva proposi zione, del gravame incidentale interposto dagli appellati, perché l'art. 436 cod. proc. civ. ne commina la decadenza per il solo caso che non venga proposto con la comparsa di costituzione.
In definitiva, sia il ricorso principale che i due ricorsi inci dentali vanno respinti. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
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