sezione lavoro; sentenza 17 marzo 1998, n. 2882; Pres. Nuovo, Est. Amoroso, P.M. Iannelli(concl. diff.); Gusmai e altri (Avv. Palumbo, Zezza) c. Soc. Nuova Breda Fucine (Avv. Izzo,Spagnuolo Vigorita); Mastromarco (Avv. Morso, Moschi) c. Soc. Nuova Breda Fucine. Cassa Trib.Milano 28 marzo 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 5 (MAGGIO 1998), pp. 1407/1408-1421/1422Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194435 .
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1407 PARTE PRIMA 1408
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 17 marzo
1998, n. 2882; Pres. Nuovo, Est. Amoroso, P.M. Iannelli
(conci, diff.); Gusmai e altri (Aw. Palumbo, Zezza) c. Soc.
Nuova Breda Fucine (Avv. Izzo, Spagnuolo Vigorita); Ma
stromarco (Avv. Morso, Moschi) c. Soc. Nuova Breda Fuci
ne. Cassa Trib. Milano 28 marzo 1994.
Lavoro (rapporto di) — Cassa integrazione guadagni straordi
naria — Rotazione — Esclusione — Criteri di scelta — Omessa
comunicazione alle organizzazioni sindacali — Illegittimità della
sospensione (Cod. civ., art. 1175, 1375; 1. 20 marzo 1865 n.
2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, art. 5; 1. 20 mag
gio 1975 n. 164, provvedimenti per la garanzia del salario, art. 5; 1. 23 luglio 1991 n. 223, norme in materia di cassa
integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attua
zione di direttive della Comunità europea, avviamento al la
voro e altre disposizioni in materia di mercato del lavoro, art. 1, 4, 5).
È illegittima la sospensione dal lavoro per messa in cassa inte
grazione guadagni straordinaria nell'ipotesi in cui il datore
di lavoro, da un lato, abbia escluso l'adozione del criterio
della rotazione e, dall'altro, non abbia previamente comuni
cato alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiun to previsto dall'art. 5 l. 164/75, altri e diversi criteri di indivi
duazione dei lavoratori da sospendere. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 6 dicem
bre 1997, n. 12406; Pres. Eula, Est. Filadoro, P.M. Carne
vali (conci, parz. diff.); Rogliano e altro (Avv. Fezzi) c. Soc.
Ansaldo Energia (Aw. Prosperetti, Toffoletti). Conferma Trib. Milano 11 marzo 1995.
Lavoro (rapporto di) — Cassa integrazione guadagni straordi
naria — Rotazione — Esclusione — Comunicazione alle or
ganizzazioni sindacali (Cost., art. 24; 1. 20 maggio 1975 n.
164, art. 5; 1. 23 luglio 1991 n. 223, art. 1). Lavoro (rapporto di) — Cassa integrazione guadagni straordi
naria — Criteri di scelta — Omessa comunicazione alle orga nizzazioni sindacali — Effetti (Cost., art. 24; 1. 20 maggio 1975 n. 164, art. 5; 1. 23 luglio 1991 n. 223, art. 1).
La decisione datoriale di non adottare meccanismi di rotazione va comunicata agli organismi amministrativi chiamati a deci
dere sulla richiesta di intervento della cassa integrazione gua
dagni straordinaria e non anche alle organizzazioni sin
dacali. (2) Il dovere di comunicare i criteri di scelta dei lavoratori da so
spendere, di cui al 7° comma dell'art. 1 l. n. 223 del 1991, è previsto soltanto nei confronti delle organizzazioni sindaca
li; ne consegue che la violazione di tale dovere si esplica nella contrarietà della condotta datoriale alle prerogative sin
dacali. (3)
(1-3) I. - Le pronunce esprimono conforme orientamento soltanto in ordine alle conseguenze derivanti dalla mancata adozione della rota zione, nell'ipotesi in cui il datore di lavoro non proceda a comunicare la propria decisione alle organizzazioni sindacali; si pongono, invece, in palmare contrasto con riguardo sia alla configurazione ed alla rile vanza della rotazione, sia agli effetti dell'omessa comunicazione al sin dacato dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere nel caso di inap plicabilità della rotazione.
In particolare, Cass. 2882/98 specifica che la rotazione costituisce criterio generale e residuale di scelta, al quale il legislatore appresta tutela in parte sostanziale (dovendo esso essere applicato, nell'ipotesi in cui il datore non lo respinga, indicandone le ragioni) ed in parte procedimentale (concretantesi, da un lato, nell'obbligo datoriale di co municazione delle «modalità» della rotazione da applicare e, dall'altro, nella valutazione delle ragioni allegate dal datore come ostative alla sua adozione nel corso di un procedimento amministrativo culminante in un provvedimento).
Quanto alle conseguenze, il carattere sostanziale della garanzia com
porta che l'inosservanza della rotazione, nell'ipotesi in cui il datore ab bia stabilito di applicarla, o non l'abbia motivatamente esclusa, va ad
Il Foro Italiano — 1998.
I
Svolgimento del processo. — 1. - Frascolla Antonio e altri
litisconsorti convenivano davanti al Pretore di Milano la società
Nuova Breda Fucine s.p.a. chiedendo che fosse dichiarata la
nullità e/o l'illegittimità delle sospensioni dal lavoro per collo
camento in cassa integrazione, loro rispettivamente comunicate, e che fosse ordinata la loro reimmissione nei posti di lavoro
in precedenza occupati; chiedevano altresì la condanna della con
venuta al pagamento della differenza tra quanto dovuto a titolo
di retribuzione piena e quanto percepito a titolo di anticipazio ne del trattamento di c.i.g.s. dalla data della sospensione alla
incidere direttamente sul rapporto di lavoro, determinando l'illegittimi tà della sospensione del singolo lavoratore; sul piano del procedimento, la violazione dell'obbligo datoriale di comunicazione delle «modalità» della rotazione — nell'ipotesi in cui essa vada applicata —, essendo rilevante non solo nei confronti dei sindacati, ma anche nei rapporti individuali di lavoro, provoca l'inoperatività della complessa fattispecie
legittimante l'intervento della c.i.g.s. e, quindi, l'illegittimità delle sin
gole sospensioni. Ad analoghe conclusioni perviene la corte nell'ipotesi in cui, esclusa l'adozione della rotazione, il datore non comunichi ai sindacati gli altri e diversi criteri di scelta dei lavoratori da sospendere. Anche in questo caso, la violazione della garanzia (solo) procedimenta le apprestata dal legislatore con riguardo a tali diversi criteri, consisten
te, appunto, nell'obbligo di comunicazione — e di successivo, eventua
le, esame congiunto — ad essi relativo, si riverbera sui singoli rapporti di lavoro, determinando l'illegittimità delle sospensioni, parimenti do vuta al mancato perfezionamento della fattispecie legittimante la c.i.g.s.
Cass. 12406/97, da un lato, precisa che destinataria dell'obbligo da toriale di comunicazione della decisione di non adottare meccanismi di rotazione è solo l'autorità amministrativa, risultando tale decisione
espressione di discrezionalità tecnica dell'imprenditore, come tale sinda cabile esclusivamente dalla pubblica amministrazione; afferma, dall'al
tro, che l'intero sistema delle comunicazioni afferenti all'istituto della cassa integrazione guadagni — comprese le comunicazioni relative ai criteri di scelta dei lavoratori da sospendere — si muove sul solo piano collettivo. Specifica al riguardo la corte che la rilevanza collettiva ed
impersonale dell'intervento straordinario della cassa integrazione gua dagni comporta che, in caso di violazione dell'obbligo di comunicazio ne dei criteri di scelta, l'unica conseguenza ricavabile dal sistema, coe rentemente con la natura degli interessi tutelati, sia l'antisindacalità del la condotta datoriale; conclude, dunque, che l'omissione di tali comunicazioni non può mai ripercuotersi sulla sospensione dei singoli, determinandone l'illegittimità.
II. - Appare ormai ampiamente prevalente in giurisprudenza l'orien
tamento, sostenuto da entrambe le pronunce in epigrafe, secondo cui le modalità della rotazione devono essere comunicate al sindacato nella sola ipotesi in cui il datore di lavoro intenda applicare meccanismi rota tivi; le ragioni ostative alla rotazione vanno invece indicate nel pro gramma da presentare al Cipi e, oggi, al ministero del lavoro, a seguito della soppressione del Cipi, giusta l'art. 1, 21° comma, 1. n. 537 del 1993 e l'art. 1, 2° comma, d.l. n. 299 del 1994, convertito, con modifi cazioni, nella 1. n. 451 del 1994: v., in termini, da ultimo, Cass. 8 ottobre 1996, n. 8788, Foro it., 1997, I, 867, con nota di richiami; contra, oltre al precedente citato nella nota di richiami a Cass. 8 otto bre 1996, n. 8788, v. Pret. Milano 20 ottobre 1995, id., Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 1241; Trib. Genova 10 giugno 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 1247; Pret. Milano 24 gennaio 1994, id., Rep. 1994, voce cit., nn. 1195, 1196, le quali sostengono che le ragioni osta tive alla rotazione debbano essere comunicate anche ai sindacati, desu
mendo, anche se non sempre in modo univoco, l'obbligo di comunica zione dall'esistenza di un diritto individuale dei lavoratori alla rotazio ne. Esclude, invece, esplicitamente l'obbligo di impiego di meccanismi
rotativi, da ultimo, Trib. Milano 29 dicembre 1995, id., Rep. 1996, voce cit., n. 1218.
Per la ricostruzione delle diverse opinioni maturate al riguardo, v. L. de Angelis, Cassa integrazione guadagni straordinaria e scelta dei
dipendenti: profili formali, in particolare (nota a Trib. Milano 26 mar zo 1994, Pret. Milano 16 agosto 1994, e 5 luglio 1994), id., 1994, I, 2895, spec. 2898 ss.
III. - Quanto alla rilevanza (anche) individuale o (solo) collettiva del la violazione degli obblighi di comunicazione concernenti le modalità di applicazione della rotazione — nel caso in cui questa debba essere
applicata — nonché i diversi criteri di scelta dei lavoratori da sospende re, le pronunce in epigrafe registrano le contrapposte opinioni già emer se e sviluppate nella giurisprudenza di merito: per la tesi dell'illegittimi tà della sospensione per ricorso alla c.i.g.s. nell'ipotesi di omessa, pre ventiva comunicazione al sindacato dei criteri di scelta, v. Pret. Milano 9 gennaio 1995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 1251; 16 agosto 1994, e 5 luglio 1994, cit., id., 1994, I, 2895, corredate del commento di L. de Angelis, cit.; contra, Trib. Milano 29 marzo 1996, id., Rep.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
data della sentenza; in via subordinata chiedevano dichiararsi
la nullità e/o l'illegittimità dei provvedimenti di sospensione per i ricorrenti Beniamino, Biancolillo, Gusmai, Michelino, Iraci, Vezzosi, Mastromarco con le conseguenziali pronunzie chieste
in via principale; in ulteriore via subordinata, chiedevano di
chiararsi la nullità e/o l'illegittimità dei provvedimenti di so
spensione per la mancanza di qualsiasi meccanismo di rotazio
ne, ordinando alla società convenuta di disporre comunque il
richiamo dei ricorrenti al lavoro, individuando (ex art. 2392 c.c.) l'omesso meccanismo di rotazione; in via ancora subordinata, chiedevano dichiararsi la nullità e/o l'illegittimità della retroda
tazione di c.i.g.s. dal 2 marzo 1992 al 9 gennaio 1992 con con
danna della società alla corresponsione delle differenze retributive.
In punto di fatto i ricorrenti esponevano di essere tutti operai
(tranne Mastromarco, impiegato) e che, ad eccezione di Ruffa
Salvatore, Beniamino Pietro, Vezzosi Carmelo e Mastromarco
Antonio, erano stati posti in c.i.g.o. in connessione con la pro cedura per riduzione del personale ex art. 24 1. n. 223 del 1991.
Aggiungevano che la convenuta aveva unilateralmente disdetta
to tutti i precedenti accordi aziendali e che il 24 febbraio 1992
era stato raggiunto un accordo di superamento della mobilità
e la c.i.g.o. era stata trasformata in c.i.g.s. retroattivamente
a partire dal 9 gennaio 1992. In particolare — esponevano an
cora i ricorrenti — nella comunicazione e nella consultazione
sindacale mancava ogni cenno ai criteri di individuazione dei
lavoratori da sospendere, espressamente previsti dalla 1. 223/91;
inoltre mancava ogni modalità di rotazione fra i lavoratori.
La società convenuta resisteva, facendo a sua volta rilevare
che la scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione non
era stata irrazionale rimarcando che criteri tecnici avevano por tato all'individuazione del personale da sospendere in c.i.g.s.
(e segnatamente i ricorrenti) al fine di perseguire gli obiettivi
del piano di risanamento. Quindi, la collocazione in c.i.g.s. dei
ricorrenti non era stata arbitraria, ma rispondeva a precise esi
genze tecniche e produttive dell'azienda in crisi e a criteri di
scelta obiettivi.
Rilevava poi la società che l'accordo sindacale del 24 feb
braio 1992 aveva comportato il totale superamento delle intese
sindacali preesistenti, riconducendo alla normativa contrattuale
ogni regolamentazione del rapporto di lavoro. Nel rilevare che
il diritto soggettivo alla rotazione poteva nascere esclusivamente
1996, voce cit., nn. 1215, 1235 (e Orient, giur. lav., 1996, I, 471, con
nota di M. Galeone, / criteri di scelta dei lavoratori da porre in cassa
integrazione straordinaria: lo stato della dottrina e della giurispruden
za); 24 gennaio 1996, Foro it., Rep. 1996, voce cit., nn. 1216, 1236; 26 marzo 1994, id., 1994, I, 2894, con nota di L. de Angelis, cit., le quali individuano nel procedimento di repressione della condotta an
tisindacale l'unico rimedio a fronte dell'inadempimento dell'obbligo da
toriale di comunicazione; 11 marzo 1995, confermata da Cass. 12406/97,
id., Rep. 1995, voce cit., n. 1240, e Orient, giur. lav., 1995, 211.
Va poi registrata la tesi di chi qualifica le comunicazioni e l'esame
congiunto previsti dall'art. 5 1. 164/75 come condizione di ammissibili
tà o di procedibilità della domanda di cassa integrazione, configurando la violazione della procedura come vizio del provvedimento ammini
strativo di concessione del trattamento straordinario di integrazione sa
lariale, come tale disapplicabile dal giudice ordinario ex art. 5 1.
2248/1865, ali. E: v. Cass. 19 maggio 1995, n. 5517, Foro it., 1995,
I, 2843, con nota di richiami, secondo cui «lo svolgimento della proce dura di consultazione è condizione di legittimità del conseguente prov vedimento amministrativo, perché l'acquisizione degli interessi coinvolti
nell'esercizio del potere amministrativo deve avvenire con queste moda
lità per essere poi utilizzata nella fase istruttoria del procedimento stes
so»; Pret. Frosinone 22 settembre 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n.
1255; v. anche i richiami contenuti in L. de Angelis, Cassa integrazio ne guadagni straordinaria e scelta dei dipendenti, cit.
Per i profili sostanziali dei criteri di scelta, v. Pret. Nola-Pomigliano d'Arco 1° giugno 1996, id., 1996, I, 2929, con nota di richiami, che
dà conto degli approdi giurisprudenziali sul tema.
In dottrina, da ultimo, sulla rotazione, A. Bellavista, Cassa integra
zione guadagni straordinaria e procedura di partecipazione sindacale, in Riv. it. dir. lav., 1997, II, 331; G. Ciocca, Giudice e legge: conside
razioni sull'obbligo di rotazione, in Argomenti dir. lav., 1996, fase.
3, 91; sui criteri di scelta, M. Marazza, Cassa integrazione: consulta
zione sindacale e criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, in Giur.
it., 1996, I, 1, 797; A. Rizzo, I requisiti dei criteri di scelta dei lavora
tori da sospendere in caso di cassa integrazione guadagni straordinaria,
in Nuova giur. civ., 1996, I, 190; in generale, sulla cassa integrazione
guadagni, A. Manna, La cassa integrazione guadagni, Padova, 1998.
Il Foro Italiano — 1998 — Parte 1-21.
dal contratto collettivo eventualmente all'uopo stipulato ovvero
dall'autonoma determinazione aziendale o, in mancanza, dal
provvedimento amministrativo, la società poneva in evidenza
che l'accordo collettivo 24 Febbraio 1991 non aveva previsto affatto la rotazione, ma specificamente ed espressamente l'ave
va esclusa fino al 1° marzo 1993, con impegno a trattarne solo
dopo tale data.
In ogni caso — sosteneva altresì la società — che non era
ammissibile la domanda di reintegrazione nel posto di lavoro.
2. - Il pretore accoglieva parzialmente la domanda, ritenendo
illegittimo per violazione di legge il procedimento finalizzato
alla concessione della c.i.g.s. Secondo il primo giudice dal 1°
settembre 1992 non esisteva un procedimento valido di ammis
sione alla c.i.g.s. e pertanto il rifiuto della Breda Fucine s.p.a. di ricevere le prestazioni offerte dai ricorrenti a decorrere dal
1° settembre 1992 (salvo che per Beniamino Pietro e Mastro
marco Antonio a decorrere dal 2 marzo 1992 e per Vezzosi Car
melo dal 15 maggio 1992) doveva ritenersi ingiustificato sicché
la datrice di lavoro doveva essere considerata in mora ex art.
1206 c.c. e tenuta alla prestazione ai sensi dell'art. 1207 c.c.
con obbligo di pagare ai lavoratori le retribuzioni maturate in
loro favore a decorrere dal 9 gennaio 1992.
3. - In accoglimento dell'appello proposto dalla società il Tri
bunale di Milano, con sentenza del 10 febbraio-28 marzo 1994,
rigettava interamente le domande dei ricorrenti.
In particolare, osservava il tribunale che non sussisteva la pre tesa nullità o illegittimità del provvedimento concessivo della
c.i.g.s. per violazione della disposizione di cui all'art. 1, 7° com
ma, 1. 223/91, secondo cui i criteri di individuazione dei lavora
tori da sospendere, nonché le modalità dei criteri di rotazione
devono formare oggetto della comunicazione e dell'esame con
giunto previsti dall'art. 5 1. 164/75.
In ogni caso, si trattava di motivo che, investendo la legitti mità del procedimento concessivo, era deducibile solo davanti
al giudice amministrativo. Né — osservava ancora il tribunale — poteva considerarsi illegittima la sospensione per violazione
della citata disposizione che si ispira sì a criteri di trasparenza nei rapporti aziendali, ma il destinatario della garanzia è il sin
dacato e non il singolo lavoratore. In tal caso le regole del pro cedimento sono tutte finalizzate a consentire il controllo sinda
cale e la mediazione della pubblica amministrazione tant'è che
lo stesso rifiuto ingiustificato della rotazione è sanzionato solo
amministativamente. Le garanzie diventano a rilevanza anche
individuale solo allorché la c.i.g.s. è finalizzata alla mobilità
e comporta l'espulsione di determinati lavoratori dell'azienda.
Parimenti, rilevava il tribunale che sul punto era stato rag
giunto un accordo sindacale, del quale i lavoratori sospesi non
lamentavano la violazione.
4. - Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso Matro
marco Antonio, singolarmente, e Gusmai Francesco, unitamen
te ad altri. Resiste con due distinti controricorsi la società.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo di ricorso
Mastromarco Antonio deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1, 7° comma, 1. 223/91 (art. 360, n. 3, c.p.c.); viola
zione dei principi in materia di onere della prova a carico del
datore di lavoro nell'ambito del potere eccezionale di sospensio ne in c.i.g.s. (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.); violazione e/o falsa
applicazione dell'art. 5 1. n. 2248 del 1865, ali. E, e dei principi
generali in materia di ripartizione della giurisdizione ammini
strativa e giurisdizione ordinaria (art. 360, n. 3, c.p.c.); omessa
e/o insufficiente e contraddittoria motivazione sulla natura e
sugli effetti del provvedimento di concessione della c.i.g.s. (art.
360, n. 5, c.p.c.); violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1362
c.c. (art. 360, n. 3, c.p.c.); violazione e/o falsa applicazione
degli art. 1375 e 1175 c.c. (art. 360, n. 3, c.p.c.); violazione
e/o falsa applicazione dei principi in materia di procedimenta lizzazione del potere imprenditoriale (art. 360, nn. 3 e 6, c.p.c.).
In particolare, il ricorrente sostiene che la perentorietà della
previsione di cui al 7° comma dell'art. 1 1. 223/91 comporta
che l'adempimento della comunicazione e dell'esame congiunto
sui criteri di scelta dei lavoratori da sospendere costituisce con
dizione di ammissibilità delle domande di intervento della c.i.g.
e dello stesso provvedimento di concessione dell'integrazione sa
lariale; il quale provvedimento amministrativo — invocato dal
datore di lavoro a giustificazione del proprio operato — avreb
be dovuto essere disapplicato (ex art. 5 1. n. 2248, ali. E, del
1865) dal giudice ordinario, chiamato a giudicare sulla legittimi
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1411 PARTE PRIMA 1412
tà dell'esercizio del potere di sospensione, come procedimenta lizzato dall'art. 1, 7° comma, cit.
Erroneamente invece il Tribunale di Milano ha ritenuto che
la violazione della prescrizione di cui al 7° comma dell'art. 1,
cit., possa farsi valere solo attraverso l'impugnazione del prov vedimento amministrativo di concessione della c.i.g.s. avanti il
giudice amministrativo.
Pertanto — ha ribadito il ricorrente — una volta che non
risulti che l'informativa e la consultazione sindacale abbiano
avuto ad oggetto i criteri di individuazione del personale da
sospendere, la violazione del 7° comma dell'art. 1 cit. compor ta la illegittimità della sospensione con conseguente diritto alla
differenza tra retribuzione e integrazione salariale oltre rivalu
tazione e interessi.
2. - Con il secondo motivo di ricorso Mastromarco Antonio
denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1, 7° e 8°
comma, 1. 223/91 e dell'art. 1362 c.c. (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.); insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto dell'esi
stenza di un accordo in materia di rotazione e dell'obbligo di
motivazione a carico del datore di lavoro della decisione di non
sottoporre ad esame le modalità di rotazione e/o di non adozio
ne di modalità di rotazione; violazione degli art. 1175 e 1375
c.c. (art. 360, nn. 3 e 5, c.c.). In particolare — sostiene il ricorrente — il mancato esame
delle modalità di rotazione nell'esame congiunto del 24 febbraio
1992, e il rinvio dell'esame all'anno successivo di tali modalità
«finalizzate al raggiungimento e al mantenimento dei normali
livelli di efficienza», avrebbe dovuto essere adeguatamente mo
tivato a pena dell'illegittimità dell'atto stesso.
3. - Con due motivi di ricorso Gusmai Francesco e gli altri
ricorrenti — denunciando la violazione e falsa applicazione del
7° comma dell'art. 1 1. n. 223 del 1991, nonché l'omessa ed
insufficiente motivazione della sentenza — prospettano censure
del tutto analoghe a quelle del ricorso del Mastromarco Antonio.
Inoltre, con un terzo motivo di ricorso i ricorrenti si dolgo
no, sotto il profilo del vizio di motivazione, della mancata am
missione della prova richiesta per interpello e per testi.
4. - I due ricorsi principali, proposti contro la stessa senten
za, devono essere riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c. 5. - Il primo motivo di entrambi i ricorsi — che (come detto)
investe essenzialmente l'esatta interpretazione della prescrizione
posta dall'art. 1, 7° comma, 1. 22 luglio 1991 n. 223, secondo
cui «i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere . . .
devono formare oggetto delle comunicazioni e dell'esame con
giunto previsti dall'art. 5 1. 20 maggio 1975 n. 164» — è fondato.
5.1. - Giova premettere che il legislatore, intervenendo orga nicamente sulla disciplina settoriale dell'integrazione salariale con
la cit. 1. n. 223 del 1991, ha posto mano ad una questione cru
ciale nell'ambito della più ampia tematica dell'incidenza dell'in
tervento della cassa integrazione guadagni sul rapporto di lavo
ro: quella della individuazione (o scelta) dei lavoratori da so
spendere; questione peraltro che vedeva una accentuata ed
evidente simmetria con quella dell'individuazione dei lavoratori
da assoggettare alle procedure di mobilità ed ai licenziamenti
collettivi. La 1. 223/91 risponde ad entrambe le esigenze dettan do però una disciplina in parte differenziata.
Per le procedure di mobilità e per i licenziamenti collettivi
l'art. 5 1. 223/91 fissa i criteri di scelta richiamando in generale
quelli previsti dai contratti collettivi (di natura c.d. gestionale e non già normativa: Corte cost. 30 giugno 1994, n. 268, Foro
it., 1994, I, 2307) stipulati con i sindacati di cui all'art. 4, 2° comma (i.e. rappresentanze sindacali aziendali costituite a nor
ma dell'art. 19 statuto lavoratori e, in mancanza delle stesse, le associazioni di categoria aderenti alle confederazioni mag
giormente rappresentative sul piano nazionale), ma stabilendo
anche che, in assenza di tale previsione, operino ulteriori criteri
di fonte legale (carichi di famiglia, anzianità, esigenze tecnico
produttive ed organizzative), integrati peraltro da specifici ca
noni a tutela dei lavoratori invalidi e del personale femminile
(2° comma dell'art. 5), che condizionano la legittimità del re
cesso del datore di lavoro; recesso che è annullabile in caso di violazione dei criteri medesimi (art. 5, 3° comma). In ogni caso quindi — pur essendo nel dettaglio regolamentata la pro cedura con una serie di passaggi vincolati, tra cui spicca l'esame
congiunto con le rappresentanze sindacali aziendali — c'è una
specifica individuazione, di fonte contrattuale o legale, di tali
criteri di scelta che assicura al lavoratore estromesso dall'azien
II Foro Italiano — 1998.
da una tutela sostanziale, resa ancor più rigida dall'applicabilità dell'ordine di reintegrazione ex art. 18 statuto lavoratori nel
caso di recesso invalido per violazione dei criteri stessi.
5.2. - Invece per l'individuazione dei lavoratori «da sospen dere» per collocamento in c.i.g. — individuazione che nella pre
vigente disciplina sottostava, secondo la giurisprudenza di que sta corte (explurimis, Cass. 19 maggio 1995, n. 5517, id., 1995,
I, 2843; cfr. anche — per la giurisprudenza costituzionale —
Corte cost. 9 giugno 1988, n. 694, id., 1988, I, 2077), alla sola
restrizione della necessaria osservanza di limiti interni (coerenza con le finalità tipiche dell'istituto che giustificano l'attribuzione
del potere) ed esterni (divieto di atti discriminatori ed obbligo di osservare i precetti generali di correttezza e buona fede), non
essendo peraltro estensibili analogicamente i criteri previsti per i licenziamenti collettivi (Cass. 13 ottobre 1993, n. 10112, id.,
1994, I, 3498) — il legislatore ha adottato (nel 7° ed 8° comma
dell'art. 1 1. 223/91) una soluzione più flessibile.
Va subito detto — per fissare i termini del parallelismo di
queste situazioni in cui si pone lo stesso problema di scelta di
lavoratori — che alla fattispecie del recesso (sia quello all'esito
della procedura di mobilità, che quello collettivo) si giustappo ne la fattispecie della «sospensione», come può inequivocabil mente desumersi dal cit. 7° comma dell'art. 7 che fa riferimen
to appunto a lavoratori da «sospendere». Il legislatore quindi riconosce implicitamente che il datore di lavoro con un suo atto
unilaterale recettizio, destinato, quale esercizio di un potere pri
vato, ad operare direttamente nella sfera soggettiva del lavora
tore, possa «sospendere» il rapporto, sul verificato presupposto
dell'integrazione della complessa fattispecie legittimante l'inter
vento della c.i.g.s., di cui costituisce elemento essenziale (so
prattutto) il provvedimento concessorio; «sospensione» questa da intendere in un'accezione siffatto peculiare perché si riferisce
all'effetto di rendere temporaneamente inoperanti l'obbligazio ne di corrispondere la retribuzione e quella (corrispettiva) di
effettuare la prestazione lavorativa e quindi incide essenzialmente
sul regime dell'adempimento. La natura eccezionale di tale po
tere, che viene ad alterare (derogandola) l'ordinaria disciplina codicistica della mora credendi e dell'adempimento, e la stretta
connessione con l'intervento straordinario della cassa integra zione implicano che il potere stesso del datore di lavoro e la
simmetrica situazione di soggezione in cui versa il lavoratore
insorgono solo con il completamento della fattispecie che ruota
sul (ma non si esaurisce nel) provvedimento di concessione del
trattamento straordinario di integrazione salariale.
Anche recentemente questa oprte (Cass. 21 novembre 1997, n. 11650, id., Mass., 1155) ha affermato che solo a seguito del
provvedimento di ammissione alla c.i.g.s. «il datore di lavoro
acquista ... la facoltà di sospendere unilateralmente i rapporti di lavoro dei dipendenti ammessi all'integrazione salariale . . .
sì che, per tutta la durata dell'intervento, il datore stesso è libe rato dall'obbligo del pagamento della retribuzione»; invece —
prosegue la citata pronuncia — «nella fase anteriore al provve dimento amministrativo il rapporto continua ad essere retto dal
diritto comune».
5.3. - A differenza dell'ipotesi delle procedure di mobilità e dei licenziamenti collettivi, la garanzia approntata dal legisla tore nel caso di sospensione per concessione del trattamento
straordinario di integrazione salariale è soprattutto procedimen tale, anche se non esclusivamente tale non avendo il legislatore del tutto pretermesso di apprestare una disciplina sostanziale, a carattere residuale e sussidiario, dei criteri di scelta.
Infatti, il 7° comma prescrive da una parte che i criteri di
individuazione dei lavoratori da sospendere devono formare og
getto delle comunicazioni e dell'esame congiunto previsti dal
l'art. 5 1. 164/75; d'altra parte che analogo onere formale deve
essere assolto dal datore di lavoro quanto alle «modalità» della
rotazione. Sicché, può inferirsene che c'è un criterio generale e residuale (che è quello della rotazione), le cui modalità di at
tuazione devono essere comunicate dal datore di lavoro alle as
sociazioni sindacali ove egli abbia optato per tale criterio; ma
si tratta appunto di un criterio non rigido, bensì flessibile per ché il datore di lavoro può esonerarsi dal rispetto di tale canone indicando (nel programma allegato alla richiesta di intervento
dell'integrazione salariale: Cass. 8 ottobre 1996, n. 8788, id., 1997, I, 867) le ragioni di ordine tecnico-organizzativo connesse al mantenimento dei normali livelli di efficienza dell'attività azien
dale (un'eccezionale ipotesi di esclusione della rotazione ove la
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
sospensione sia stata disposta in funzione di esigenze tecniche,
organizzative e produttive è anche prevista dall'art. 8, 6° com
ma, d.l. 20 maggio 1943 n. 148, conv. in 1. 19 luglio 1993 n.
236). È poi contemplato (dall'8° comma dell'art. 1, cit.) un
complesso meccanismo di verifica della giustificatezza dei moti
vi addotti dal datore di lavoro che non intenda adottare il crite
rio della rotazione, sicché la garanzia diventa in tal caso mera
mente procedimentale. È infatti previsto che se l'impresa ritie
ne, per ragioni di ordine tecnico-organizzativo connesse al
mantenimento dei normali livelli di efficienza, di non adottare
meccanismi di rotazione tra i lavoratori che espletano le mede
sime mansioni e sono occupati nell'unità produttiva interessata
dalle sospensioni, deve indicarne i motivi nel programma sud
detto. Qualora, in sede di approvazione del programma, i moti
vi addotti dall'azienda per la mancata adozione della rotazione
non siano ritenuti giustificati, il ministro del lavoro e della pre videnza sociale promuove l'accordo fra le parti sulla materia,
e, ove tale accordo non sia raggiunto entro tre mesi dalla data
del decreto di concessione del trattamento straordinario di inte
grazione salariale, stabilisce con proprio decreto l'adozione di
meccanismi di rotazione, sulla base delle specifiche proposte for
mulate dalle parti (peraltro — prescrive il successivo 9° comma, così introducendo una sanzione rafforzativa dell'obbligo — l'a
zienda ove non ottemperi a quanto previsto in tale decreto è
tenuta per ogni lavoratore sospeso a corrispondere nella misura
doppia il contributo addizionale di cui all'art. 8, 1° comma,
d.l. 21 marzo 1988 n. 86, conv. in 1. 20 maggio 1988 n. 160). 5.4. - Al di là del criterio della rotazione, così disciplinato,
la garanzia approntata dal 7° comma è esclusivamente procedi mentale: il datore di lavoro, che non intenda adottare il criterio
della rotazione, può individuare ulteriori e diversi criteri di scel
ta tra quelli che ritiene più opportuni per realizzare il program ma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale
(con il limite, ovviamente, del divieto di atti discriminatori po sto dall'art. 15 statuto lavoratori ed il rispetto dei doveri di
correttezza e buona fede oggettiva: Corte cost. 9 giugno 1988,
n. 694, cit.), ma deve farne oggetto delle comunicazioni e del
l'esame congiunto previsti dall'art. 5 1. 164/75; disposizione que sta che prescrive che l'imprenditore è tenuto a comunicare alle
rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, al
le organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori più rap
presentative operanti nella provincia la durata prevedibile della
sospensione, il numero dei lavoratori interessati e — per effetto
dell'integrazione apportata dal 7° comma dell'art. 1, cit. — i
criteri di individuazione di tali lavoratori. A richiesta poi dello
stesso datore di lavoro o delle organizzazioni sindacali si proce de ad esame congiunto che può concludersi, o meno, con un
accordo sindacale.
La verifica dell'esame congiunto di cui all'art. 5 1. 20 maggio
1975 n. 164 presso l'ufficio provinciale del lavoro e della massi
ma occupazione costituisce presupposto perché poi la richiesta
possa essere inoltrata al ministero del lavoro e della previdenza sociale nonché alla commissione regionale per l'impiego che,
con l'assistenza tecnica dell'agenzia per l'impiego, possa espri mere motivato parere entro venti giorni (art. 1 d.l. 16 maggio 1994 n. 299, conv. in 1. 19 luglio 1994 n. 451).
Peraltro, il programma di ristrutturazione, riorganizzazione
o conversione aziendale, che accompagna la richiesta di inter
vento straordinario di integrazione salariale può essere modifi
cato anche nel corso del suo svolgimento, sicché il datore di
lavoro neppure è vincolato all'originaria individuazione dei cri
teri di scelta ove dovessero sopravvenire evenienze tali da far
ritenere inadeguati i criteri originariamente comunicati. Però,
anche in tal caso è prescritta una garanzia di tipo procedimen
tale: il datore di lavoro deve sentire le rappresentanze sindacali
o, in mancanza di queste, le organizzazioni sindacali di catego
ria più rappresentative operanti nella provincia. Se quindi la
modifica del programma concerne anche (o in ipotesi solo) i
criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, la pre
scritta previa consultazione delle organizzazioni sindacali da parte
del datore di lavoro implica anche la previa comunicazione dei
nuovi criteri.
5.5. - Quindi, mentre per il criterio della rotazione la garan
zia è in parte sostanziale (perché, se il datore di lavoro non
10 respinge, indicandone le ragioni, si applica residualmente quello
della rotazione) ed in parte procedimentale (perché l'apprezza
mento delle ragioni, allegate dal datore di lavoro, che giustifi
11 Foro Italiano — 1998.
cano la mancata adozione della rotazione, è fatto in sede di
uno specifico procedimento amministrativo che culmina in un
provvedimento), per gli altri criteri la garanzia è meramente pro cedimentale (perché il datore di lavoro, pur essendo libero di
individuare tali criteri, ha l'onere della previa comunicazione
e quello del confronto sindacale).
Peraltro, questo duplice onere persegue un'altrettanto dupli ce finalità. Mentre il prescritto previo esame congiunto mira
a sollecitare la regolamentazione sindacale dell'esercizio di un
potere datoriale, quale quello di sospensione, la previa comuni
cazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospende re ha una finalità più pregnante che è quella di rendere traspa rente e verificabile la scelta datoriale in funzione di tutela (mi
nima) di quei lavoratori che, in quanto in una situazione di
soggezione a fronte di un potere privato legittimato dal provve dimento concessivo dell'integrazione salariale, tale scelta su
biscono.
5.6. - Si ha allora — per riprendere la comparazione in esame — che, mentre in caso di licenziamenti collettivi o di recesso
per mobilità i lavoratori fruiscono della garanzia per cui i crite
ri di scelta sono determinati dalle parti sociali con contratto
collettivo ovvero residualmente sono fissati dalla legge, ma in
nessun caso sono rimessi alla discrezionalità del datore di lavo
ro, invece nel caso di sospensione per intervento della c.i.g.s. da una parte il criterio legale della rotazione (i.e. garanzia so
stanziale) è flessibile perché, sussistendo giustificati motivi (pe raltro apprezzati in sede di procedimento amministrativo), può
legittimamente non operare, d'altra parte criteri di scelta alter
nativi alla rotazione possono essere fissati dal datore di lavoro
discrezionalmente (con i limiti sopra richiamati), ma almeno de
vono essere comunicati prima perché possa verificarsene il suc
cessivo rispetto (ed in ciò risiede la garanzia procedimentale). 5.7. - Se poi si passa a considerare la portata e gli effetti
di tali prescrizioni in termini di idoneità a condizionare la legit timità delle scelte datoriali, può ancora distinguersi il duplice
profilo, sostanziale e procedimentale. Il carattere sostanziale della garanzia della rotazione (nei li
mitati termini in cui è riconosciuta) implica in sé — in ragione della ratio della sua previsione — che l'eventuale inosservanza
di tale criterio, destinato ad operare a valle del provvedimento concessivo dell'intervento straordinario di integrazione salariale
e quindi in realtà senza condizionarne la legittimità, incide di
rettamente sul rapporto di lavoro nel senso che, una volta veri
ficato che il criterio di scelta è quello della rotazione (vuoi per ché il datore di lavoro ne ha comunicato — e poi sottoposto ad esame congiunto — le modalità di applicazione; vuoi perché la sua adozione è prescritta con decreto del ministro del lavoro
e della previdenza sociale, che quindi fa corpo con il decreto
concessivo dell'intervento straordinario della c.i.g.), la sospen
sione del singolo lavoratore è illegittima se il criterio non è ri
spettato. Né potrebbe obiettarsi che soltanto per la collocazione in mo
bilità e per il licenziamento collettivo la violazione dei criteri
di scelta comporta l'annullabilità del recesso (3° comma del
l'art. 5 cit.). Da ciò non può argomentarsi a contrario che la
violazione dei criteri di scelta nel caso della sospensione del rap
porto per intervento della c.i.g.s. sia priva di sanzione. Infatti,
in un caso la facoltà di recesso del datore di lavoro è espressa mente prevista (dall'art. 4, 9° comma, e dall'art. 5) come diret
ta a produrre l'effetto risolutivo del rapporto, effetto che, veri
ficandosi la violazione di una disposizione imperativa, necessita
di essere paralizzato dall'altrettanta espressa previsione dell'an
nullabilità dell'atto. Invece, la «sospensione» del rapporto per intervento della c.i.g.s. concorre in realtà ad incidere soltanto
sul regime dell'adempimento derogandolo nel senso di elevare
al livello dell'impossibilità della prestazione, prevista dall'art.
1218 c.c. quale ragione di esonero dalle conseguenze dell'ina
dempimento, situazioni quali quelle della ristrutturazione, rior
ganizzazione e riconversione aziendale, che rappresenterebbero invece solo difficoltà nell'adempimento e che in sé non esonere
rebbero il datore di lavoro dall'obbligazione retributiva; sicché
simmetricamente, ove questa diversa fattispecie legale non sia
interamente verificata, non c'è in realtà alcunché da invalidare,
ma riprende vigore l'ordinario regime dell'adempimento (solo
in tal senso può sinteticamente, ma ellitticamente, parlarsi di
illegittimità della sospensione). Di tale diversità di prospettiva
costituisce poi visibile punto di emersione la disciplina della pre
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1415 PARTE PRIMA 1416
scrizione che, in tal caso, non è affatto quella dell'annullabilità, bensì quella ordinaria dei crediti retributivi (quanto alla pretesa azionata dal lavoratore di percepire la retribuzione per la sua
prestazione non divenuta impossibile). 5.8. - Questa fattispecie legale complessa deve essere intera
mente verificata anche con riferimento alle prescrizioni di carat
tere procedimentale; ciò essenzialmente perché il legislatore, nel
disegnare la fattispecie e nel collegarvi l'effetto di schermare
la disciplina ordinaria dell'adempimento, non opera alcuna di
stinzione tale da indurre a ritenere che alcune prescrizioni, a
differenza di altre, siano esterne alla fattispecie e quindi non
impediscano il prodursi dell'effetto medesimo. È quindi inin
fluente, sotto questo profilo, il carattere meramente procedi mentale della garanzia predisposta a tutela del lavoratore che
subisce l'innesto (nella disciplina del rapporto) di una causa ex
tra ordinem di esonero dall'adempimento del datore di lavoro.
In ogni caso, la fattispecie legale non si è completata e quindi non insorge l'effetto che alla fattispecie è collegato.
La circostanza poi che, nella specie, la garanzia procedimen tale consista in un obbligo (di comunicazione) posto a carico
del datore di lavoro ed in favore delle organizzazioni sindacali, anziché di ogni singolo lavoratore potenzialmente destinatario
della sospensione, non è idonea a revocare in dubbio l'afferma
zione fatta. Vi è infatti un doppio piano — quello delle prero
gative sindacali e quello delle garanzie individuali — sicché l'ob
bligo di comunicazione in questione assolve ad una duplice fun
zione in quanto da una parte mira a porre le associazioni sindacali
in condizioni di contrattare i criteri di scelta dei lavoratori da
sospendere; d'altra parte assicura al lavoratore, potenzialmente destinatario della sospensione, un minimo di tutela consistente
nella previa individuazione dei criteri di scelta comunicati al sindacato e quindi essenzialmente nella trasparenza (e verifica
bilità) dell'esercizio di questo potere privato del datore di lavo
ro, derogatorio della posizione di parità delle parti, altrimenti
tipica di un rapporto (quale quello di lavoro) espressione di au
tonomia delle parti.
L'opposta tesi (accolta dalla sentenza impugnata e fatta pro pria dalla difesa della società controricorrente) sconta una (in realtà non prevista) scissione della fattispecie nel senso che al
cuni presupposti non riguarderebbero propriamente l'effetto ti
pizzato dell'alterazione della disciplina dell'adempimento nel rap porto di lavoro, bensì l'adempimento di obblighi relativi al rap porto sindacale. Ma la sovrapposizione del piano collettivo a
quello individuale (e la loro asserita separatezza), sottesa alla ritenuta esclusione dei lavoratori a far valere l'inadempimento del datore di lavoro al suddetto obbligo di comunicazione, avreb be richiesto una previsione espressa ed avrebbe anche compor tato per il legislatore (in ragione degli irrisolti limiti derivanti all'azione sindacale di diritto comune della mancata attuazione della prescrizione posta dall'art. 39 Cost.) una rigorosa soluzio ne del problema della rappresentatività sindacale, essendo in gioco diritti soggettivi individuali (a percepire la retribuzione per la
prestazione lavorativa che non sia divenuta impossibile) e non
già interessi collettivi o mere aspettative di fatto. In tale contra stata prospettiva, nel caso in cui il sindacato nulla obiettasse in sede di concertazione sindacale all'inadempienza del datore di lavoro in ordine alla previa individuazione dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, si finirebbe per delegare al sinda cato stesso la verifica di una garanzia procedimentale posta a
presidio di una situazione individuale di diritto soggettivo di ogni singolo lavoratore sospeso, anche se non affatto affiliato al sindacato stesso.
Quindi, anche se — essendo gli obblighi di comunicazione e concertazione previsti in favore del sindacato — una tale vio lazione procedimentale possa atteggiarsi quale condotta antisin dacale suscettibile di essere contrastata con il procedimento di
repressione previsto dall'art. 28 statuto lavoratori, rimane co
munque la rilevanza sul piano del rapporto di lavoro nel senso che non essendosi completata la fattispecie tipica, non insorge neppure l'effetto di deroga all'ordinaria disciplina dell'adempi mento. D'altra parte non costituisce affatto una contraddizione o un'anomalia l'evenienza che una condotta antisindacale si at
teggi, in quanto plurioffensiva, anche a violazione di diritti sog gettivi individuali dei lavoratori (cfr., in tema di licenziamento: Cass., sez. un., 17 febbraio 1992, n. 1916, id., 1992, I, 3020; in tema di trasferimento: Cass., sez. un., 13 dicembre 1993, n. 12261, id., Rep. 1993, voce Sindacati, n. 128). Il Foro Italiano — 1998.
Parimenti, è nota l'incidenza di garanzie procedimentali nel
l'esercizio di poteri privati (tipico nel rapporto di lavoro è il
potere disciplinare che può essere legittimamente esercitato solo
a condizione del rispetto delle garanzie procedimentali poste dal
l'art. 7 statuto lavoratori). Mette conto più specificamente di
ricordare — quanto all'obbligo (gravante sul davore di lavoro, che eserciti la facoltà di collocamento in mobilità, e posto in
favore, tra l'altro, delle associazioni sindacali) di «puntuale in
dicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri
di scelta di cui all'art. 5, 1° comma», cit. — che espressamente l'art. 4, 12° comma, sancisce l'inefficacia delle comunicazioni
(di recesso) effettuate senza l'«osservanza . . . delle procedure»
previste dalla medesima disposizione, mostrando così la ritenu
ta valorizzazione delle garanzie procedimentali. D'altra parte, la pregnanza delle garanzie procedimentali (e
l'equiparazione, sotto questo profilo, delle garanzie sostanziali) risulta già, con riferimento alla fattispecie parallela dei licenzia
menti collettivi, dalla giurisprudenza di questa corte (non senza
considerare che di procedimentalizzazione dell'esercizio del po tere imprenditoriale di scelta dei lavoratori, con riferimento pe rò alla disciplina dei licenziamenti collettivi, parla anche Corte cost. 30 giugno 1994, n. 268, cit.). Si è infatti affermato che i licenziamenti per riduzione di personale effettuati ai sensi del l'art. 4 1. 23 luglio 1991 n. 223 sono inefficaci, ai sensi dell'art.
5, 3° comma, stessa legge, qualora siano intimati in violazione
delle procedure previste dal medesimo art. 4, che impone la
comunicazione agli uffici competenti e alle organizzazioni sin dacali delle specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare (Cass. 26 luglio 1996, n. 6759, id., Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 1286; conf. anche analo
gamente Cass. 27 maggio 1997, n. 4685, id., Mass., 446). 5.9. - Inoltre — considerata la duplice articolazione della pro
spettiva difensiva dei ricorrenti, disattesa (anche sotto questo ulteriore profilo che si viene ad esaminare) dalla sentenza impu gnata — c'è da rimarcare che per le garanzie procedimentali
può predicarsi anche l'incidenza indiretta sul rapporto di lavoro
perché destinate ad operare all'interno del procedimento che poi sfocia nel provvedimento concessivo. Questa valenza endopro cedimentale della previsione normativa in esame — come di ogni altra prescrizione che scandisce e modula i tempi e gli adempi menti che precedono, come presupposti di fatto, l'emissione del
provvedimento — orienta la riceca della sanzione anche all'in terno dello stesso procedimento nel senso che il provvedimento è condizionato, come presupposto di legittimità, dal suo pun tuale rispetto (con riferimento alla procedura di consultazione sindacale prevista dall'art. 5 1. 20 maggio 1975 n. 164, Cass. 16 gennaio 1996, n. 318, id., Rep. 1996, voce cit., n. 1207,
parla di efficacia endoprocedimentale, influente sull'esercizio del
potere amministrativo di autorizzazione all'integrazione salaria
le). D'altra parte costituirebbe sì un'anomalia ed una contrad dizione — perché di dubbia compatibilità con il canone costitu zionale di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) — assegnare ad una verifica esterna del rispetto delle
regole che presiedono alle relazioni sindacali anche la legittimità dell'azione amministrativa, tanto più quando le situazioni sog gettive coinvolte siano innanzi tutto individuali e del rango di diritti soggettivi.
Deve quindi ritenersi che una violazione delle regole del pro cedimento incida direttamente sulla legittimità del provvedimento amministrativo di concessione dell'intervento straordinario di
integrazione salariale che non può essere assentito in una situa zione in cui né il criterio della rotazione, né altro criterio sia indicato per l'individuazione dei lavoratori da sospendere; sic
ché, con riferimento alla fattispecie in esame, è illegittimo un
provvedimento concessorio nel caso in cui da una parte l'ado zione del criterio della rotazione risulti espressamente esclusa, né alternativamente sia introdotto dal provvedimento di cui all'8° comma dell'art. 1, cit., d'altra parte nessun altro criterio risulti essere stato comunicato dal datore di lavoro ed assoggettato ad esame congiunto.
L'illegittimità del provvedimento concessorio incide poi in se
quenza logica anche sulla sospensione disposta dal datore di lavoro che tale provvedimento presuppone.
Si ha allora che, avendo la posizione dei lavoratori natura di diritto soggettivo (a percepire la retribuzione per la prestazio ne lavorativa che non sia divenuta impossibile) e non essendo
prevista in ordine a tale situazione soggettiva un'idoneità abla
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
toria del provvedimento che la degradi in interesse legittimo, ben possono i lavoratori sospesi sollecitare l'accertamento inci
denter tantum dell'illegittimità del provvedimento amministrati
vo — ancorché la sua mancata impugnazione innanzi al giudice amministrativo lo renda definitivo (in particolare nei rapporti tra datore di lavoro ed Inps) — chiedendo che il giudice ordina
rio lo disapplichi (ex art. 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E) e conseguentemente accerti 1
' « illegittimità» (nel significato so
pra precisato) della sospensione dal lavoro (resa insuscettibile
di essere orientata secondo criteri di scelta previamente comuni
cati) facendo così valere l'inadempimento del datore di lavoro
alla stregua dei canoni generali, non più schermati da alcun
valido provvedimento di sospensione (sulla possibilità della di
sapplicazione dell'atto amministrativo ad opera del giudice or
dinario ogni qual volta incida in situazioni di diritto soggettivo, cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 18 novembre 1997, n. 11435,
id., Mass., 1132). 5.10. - Le argomentazioni finora sviluppate sotto l'uno e l'al
tro profilo (da ultimo sub 5.8 e 5.9), convergono a fondamento
dell'affermazione conclusiva che, ove il datore di lavoro, nel
respingere il criterio della rotazione, non abbia adempiuto al
l'obbligo posto dall'art. 1, 7° comma, 1. 223/91 di comunicare
previamente alle organizzazioni sindacali i (diversi) criteri di in dividuazione dei lavoratori da sospendere, è illegittima la so
spensione stessa (nel significato sopra precisato) e quindi opera — in ordine all'obbligazione retributiva — l'ordinario regime
dell'adempimento previsto dall'art. 1218 c.c.
Nella specie invece il tribunale — in una situazione di fatto
in cui la società datrice di lavoro, pur non violando la garanzia relativa alla rotazione (perché l'espressa esclusione di tale crite
rio è stata oggetto di concertazione sindacale e non è intervenu
to il provvedimento di cui all'8° comma dell'art. 1, cit., che
tale criterio avrebbe potuto prescrivere ab externo), ha però vio
lato la garanzia posta dal precedente 7° comma dell'art. 1 aven
do omesso di comunicare al sindacato quali criteri di scelta, diversi dalla rotazione, avrebbe adottato per individuare i lavo
ratori da sospendere — ha ritenuto da una parte che la conse
guenza di una tale violazione andava individuata esclusivamen
te a livello collettivo (come lesione di una prerogativa sindacale) e non anche individuale e, d'altra parte, che la conseguente pos sibile illegittimità del provvedimento concessorio non potesse essere conosciuta dal giudice ordinario incidenter tantum al fine
della disapplicazione dell'atto, pervenendo così alla conclusione
di ritenere legittima la sospensione dei lavoratori ricorrenti.
La sentenza quindi — risultando assorbiti gli altri motivi dei
due ricorsi — va cassata e la causa va rinviata, anche per le
spese, al Tribunale di Como che si adeguerà al seguente princi
pio di diritto (ex art. 384 c.p.c.): «È illegittima la sospensione dal lavoro disposta dal datore
di lavoro per l'intervento straordinario di integrazione salariale
ove quest'ultimo — che tale intervento (della c.i.g.) abbia ri
chiesto per attuare un programma di ristrutturazione, riorganiz zazione o conversione aziendale, che implichi una temporanea eccedenza di personale — abbia da una parte escluso di adotta
re il criterio della rotazione e d'altra parte non abbia adempiuto all'onere prescritto dal 7° comma dell'art. 1 1. 23 luglio 1991
n. 223, omettendo di comunicare previamente — e quindi an
che di assoggettare all'esame congiunto previsto dall'art. 5 1.
20 maggio 1975 n. 164 —. altri e diversi criteri di individuazione
dei lavoratori da sospendere».
II
Svolgimento del processo. — Con sentenza 2-11 marzo 1995,
il Tribunale di Milano, in riforma della decisione di primo gra do del locale pretore, rigettava la domanda con la quale Vito
Bordo, Emanuele Cupitò, Umberto Muscetta, Pietro Rogliano, lavoratori collocati in cassa integrazione guadagni dalla Ansal
do Energia s.p.a., avevano chiesto la reintegrazione nell'attività
lavorativa e la condanna al pagamento delle differenze retribu
tive, non avendo la società informato le organizzazioni sindaca
li né delle ragioni della mancata rotazione nella c.i.g.s., né dei
criteri applicati per la selezione dei lavoratori da sospendere. I giudici di appello ritenevano: — che nella 1. n. 223 del 23 luglio 1991 manca qualsiasi nor
ma che imponga al datore di lavoro l'obbligo di comunicare
Il Foro Italiano — 1998.
alle organizzazioni sindacali le ragioni che hanno sconsigliato la rotazione: né un onere di comunicazione di questo genere è possibile desumere da una interpretazione sistematica della nor
mativa; — infatti, secondo le disposizioni contenute nei commi 7°
ed 8° dell'art. 1 1. cit., la comunicazione alle organizzazioni sindacali deve essere data solo quando il datore di lavoro addi
venga alla rotazione, e non anche quando decida di non servirsi
di essa: in tal caso, infatti, l'indicazione delle ragioni della man
cata adozione devono essere comunicate solo al Cipi (ora al
ministro del lavoro) nel contesto del programma di cui all'art.
1, 2° comma; — la violazione del dovere di informazione delle organizza
zioni sindacali circa i criteri di scelta dei lavoratori da sospende re non determina, secondo il tribunale milanese, l'invalidità né
del singolo atto di sospensione (prevista solo per il diverso isti
tuto della collocazione in mobilità), né del provvedimento am
ministrativo di concessione della cassa integrazione, poiché non si tratta della consultazione sindacale preventiva, prevista dal
l'art. 5 1. n. 164 del 1975, bensì della consultazione sindacale
successiva, prevista dall'art. 1, 7° comma, 1. n. 223 del 1991, che ha solo una funzione di controllo sulla gestione della cassa
integrazione già concessa; — esclusa la possibilità di una applicazione analogica della
norma di cui all'art. 17 1. n. 223 del 1991, riguardante i casi
più gravi di estromissione del lavoratore dell'azienda, i giudici di appello osservavano infine che i ricorrenti non avevano nep
pure dedotto di essere stati prescelti (ai fini della sospensione in c.i.g.s. senza rotazione) con criteri discriminatori e conclude
vano che: «una volta escluso che il datore di lavoro abbia il
dovere di scegliere sulla base dei criteri indicati per la messa
in mobilità e una volta escluso che la violazione del dovere di
comunicare i criteri di scelta alle organizzazioni sindacali com
porti illegittimità della sospensione, l'illegittimità della sospen sione dipende dalla verifica giudiziale di ipotesi di discrimina zione, incoerenza o irrazionalità della sospensione».
«Tali ipotesi — osserva il tribunale analizzando le specifiche
posizioni dei ricorrenti — vanno escluse».
Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Pie
tro Rogliano e Vito Bordo, con due distinti motivi. Resiste la
società Ansaldo Gie s.r.l. (già Ansaldo Componenti) con con
troricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Um
berto Muscetta ed Emanuele Cupitò non hanno svolto difese
in questa sede. In data 25 giugno 1997, a seguito dell'entrata
in vigore della 1. 27 maggio 1997 n. 141, la corte si è riunita
in camera di consiglio nella medesima composizione per riesa
minare la questione dell'inammissibilità del ricorso per nullità
della procedura rilasciata al difensore dei ricorrenti.
Motivi della decisione. — (Omissis). Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano violazione dell'art. 1, 7° comma, 1. n.
223 del 1991, anche in relazione all'art. 24 Cost., agli art. 2043,
1218, 2087 c.c., all'art. 19 1. n. 300 del 20 maggio 1970, del
l'art. 5 1. n. 2248 del 1865, ali. E, nonché vizio di motivazione.
In particolare, con il primo mezzo, i ricorrenti deducono l'o
messa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della
controversia, osservando che la violazione della procedura di
cui al 7° comma dell'art. 1 1. n. 223 del 1991, in particolare l'omessa comunicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da
sospendere in c.i.g.s., avrebbe avuto — contrariamente a quan to ritenuto nella sentenza impugnata — concreti riflessi sulle
posizioni dei singoli lavoratori, determinando l'illegittimità del
la loro sospensione. Tra l'altro, i giudici di appello non avrebbero spiegato ade
guatamente le ragioni per le quali il singolo lavoratore, in casi
del genere, non potrebbe ricorrere al giudice (in contrasto con
quanto previsto in linea generale dell'art. 24 Cost.). I giudici di appello non avrebbero considerato che nello stes
so momento nel quale viene disposta la sospensione del singolo lavoratore in c.i.g.s. il suo interesse — da generico — diventa
qualificato: «il sindacato ha un ruolo solo nella prima fase,
quando la scelta del lavoratore da sospendere non è ancora sta
ta fatta, quindi quando ogni lavoratore ha un mero interesse
generico al rispetto del precetto di cui all'art. 1, 7° comma.
In questa fase, osservano i ricorrenti, il sindacato agisce qua le rappresentante della collettività genericamente interessata, e
con funzioni di prevenzione contro possibili violazioni della
norma.
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1419 PARTE PRIMA 1420
Quando però la violazione dell'obbligo di informazione si sia
consumata nonostante l'attività di vigilanza del sindacato, è in
negabile che il singolo lavoratore sospeso abbia subito un dan
no, risarcibile ex art. 2043 c.c., perché in rapporto causale con
un comportamento illecito, in quanto contrastante con il pre cetto tipizzato dall'art. 1, 7° comma, 1. n. 223 del 1991».
Il silenzio del legislatore potrebbe far discutere sulla natura
(contrattuale o extracontrattuale) della responsabilità, ma non
comportare l'abrogazione del principio generale per cui l'illeci
to porta sempre e comunque al risarcimento del danno, anche
in assenza di una norma che specificamente ne preveda una
sanzione.
Il tribunale non avrebbe tenuto conto, inoltre, del fatto che
nel corso della procedura la rappresentanza sindacale aziendale
esercita un potere che le deriva dal fatto di essere il rappresen tante dei lavoratori in quell'azienda.
In ogni caso, dovrebbe essere disapplicato dall'autorità giudi ziaria ordinaria il provvedimento che autorizzasse la c.i.g.s. no
nostante la violazione dell'obbligo della comunicazione dei cri
teri di scelta dei lavoratori da sospendere in c.i.g.s. Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano violazione del
l'art. 1, 7° e 8° comma, 1. n. 223 del 1991, in relazione agli art. 24 Cost., e 2043, 1218 e 2087 c.c., all'art. 19 1. n. 300
del 20 maggio 1970 e 5 1. n. 2248 del 1865, ali. E.
I ricorrenti ripropongono le stesse censure formulate con il
primo mezzo di impugnazione, con particolare riferimento a quel la parte della decisione impugnata che ha escluso che la comu
nicazione dei motivi ostativi alla rotazione (con conseguente vio
lazione della procedura di cui all'art. 1, 7° e 8° comma, 1. n.
223 del 1991) possa riflettersi sulle posizioni individuali dei sin goli lavoratori sospesi in cassa integrazione guadagni straordi
naria, comportando l'illegittimità della sospensione. Entrambi i motivi, strettamente connessi tra di loro, possono
essere esaminati congiuntamente. Essi sono infondati.
Come questa corte ha già avuto modo di precisare: «ai fini
dell'ammissione all'intervento straordinario di integrazione sa
lariale, non è necessario — a norma dell'art. 1 1. 23 luglio 1991, n. 223 — che costituisca oggetto delle preventive comunicazioni
alle organizzazioni sindacali e dell'esame congiunto, secondo la
procedura delineata dall'art. 5 1. 20 maggio 1975 n. 164, la de
cisione del datore di lavoro di non adottare, per ragioni tecnico
organizzative, meccanismi di rotazione dei lavoratori destinata ri della sospensione, dato che il 7° comma del citato art. 1 pre vede che costituiscano oggetto della consultazione le «modalità della rotazione» e quindi si riferisce al caso in cui questa sia
prevista dall'impresa, mentre l'ipotesi di esclusione della rota zione è disciplinata dall'8° comma, che prevede al riguardo una
forma alternativa di garanzia, consistente nell'onere del datore di lavoro di indicare i motivi di tale scelta nel programma con tenuto nella richiesta di intervento straordinario e nella facoltà del Cipi (ora ministro) di non ritenere giustificati tali motivi
(Cass. 8 ottobre 1996, n. 8788, Foro it., 1997, I, 867). Secondo tali principi, destinataria dell'obbligo di comunica
zione della mancata rotazione è l'autorità amministrativa e non
l'organizzazione sindacale.
Infatti, l'8° comma dell'art. 1 stabilisce che: — se l'azienda ritiene, per ragioni di ordine tecnico
organizzativo connesse al mantenimento dei normali livelli di
efficienza, di non adottare meccanismi di rotazione tra i lavora tori che espletano le medesime mansioni e sono occupati nell'u nità produttiva interessata dalle sospensioni, deve indicarne i motivi nel programma di cui al 2° comma (che deve accompa gnarsi alla richiesta di intervento straordinario di integrazione salariale e deve dare atto degli obiettivi che l'impresa «intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale);
— qualora il Cipi (ora ministro del lavoro, stante la soppres sione del Cipi ex art. 1, 21° comma, 1. n. 537 del 1993 e art.
1, 2° comma, d.l. n. 299 del 1994, convertito con modificazioni nella 1. n. 451 del 1994) abbia approvato il programma, ma
ritenga non giustificati i motivi addotti dall'azienda per la man cata adozione della rotazione, il ministro stesso promuove l'ac cordo delle parti sulla materia e «qualora tale accordo non sia stato raggiunto entro tre mesi dalla data del decreto di conces sione del trattamento straordinario di integrazione salariale, sta bilisce con proprio decreto l'adozione di meccanismi di rotazio
ne, sulla base delle specifiche proposte formulate dalle parti»;
li Foro Italiano — 1998.
— nel caso in cui non ottemperi a quanto previsto nel decre
to, l'azienda è tenuta, per ogni lavoratore sospeso, a corrispon dere con effetto immediato, il contributo addizionale di cui al
l'art. 8, 1° comma, 1. n. 160 del 1988 in misura doppia, con
possibilità di un inasprimento della sanzione nel caso in cui l'i
nottemperanza si protragga oltre un certo periodo. La decisione impugnata è in tutto conforme a tali principi,
che sono pienamente condivisi dal collegio. Partendo dalla lettura congiunta delle disposizioni di cui al
7° e 8° comma dell'art. 1 e da un esame complessivo e sistema
tico delle disposizioni della 1. n. 223 del 1991, il tribunale è giunto alla conclusione, conforme a quella contenuta nella deci
sione di questa Suprema corte sopra richiamata, che non esiste
alcun obbligo a carico dell'azienda di comunicare i motivi della
mancata rotazione alle organizzazioni sindacali.
In altre parole, la decisione in ordine all'eventuale utilizzazio
ne del criterio della rotazione è ancora rimessa alla discreziona
lità dell'imprenditore, secondo il disposto dell'art. 1, 8° com
ma, 1. n. 223 del 1991.
Si tratta, però, di una discrezionalità tecnica, nel senso che
è rimessa all'imprenditore la valutazione circa la compatibilità tra la rotazione ed il mantenimento dei normali livelli di effi
cienza dell'apparato produttivo e la fungibilità effettiva dei la
voratori interessati alla sospensione, con la possibilità di un suc
cessivo controllo della pubblica amministrazione sulle valuta
zioni compiute ed eventualmente di un'imposizione autoritativa
di criteri di rotazione.
Val la pena di segnalare che, secondo la previsione dell'8°
comma dell'art. 1, la violazione dell'obbligo di rotazione impo sto all'imprenditore dal decreto ministeriale non ha rilevanza
sul piano del singolo rapporto di lavoro, ma comporta solo una
duplicazione del contributo addizionale previsto dalla normati
va richiamata.
Ciò in base ai principi generali, secondo i quali il provvedi mento amministrativo che impone al datore di lavoro l'obbligo della rotazione è un provvedimento conformativo del suo pote re unilaterale di sospensione e proprio per il suo contenuto ge nerale (riguardando la massa dei dipendenti e non i singoli la
voratori) non è idoneo a creare delle situazioni di diritto sogget tivo e la sua violazione rimane priva di rilevanza sul piano del
singolo rapporto di lavoro.
Ritenuta l'insussistenza della violazione della norma di cui
all'art. 1, 7° comma, 1. n. 223 del 1991, ne discende l'infonda
tezza di tutte le censure contenute nei due motivi di impugna zione, che presuppongono un obbligo di preventiva comunica
zione alle organizzazioni sindacali e di un esame congiunto del
la decisione di non adottare meccanismi di rotazione.
Il richiamo all'art. 24 Cost, appare fuor di luogo, una volta esclusa la lesione di un diritto soggettivo del singolo lavoratore.
Tra l'altro è opportuno sottolineare che, anche in assenza di comunicazione alle organizzazioni sindacali delle ragioni del
mancato ricorso alla rotazione, i dipendenti e le loro organizza zioni sindacali non restano affatto privi di garanzie.
In sede amministrativa, nel caso in cui non siano condivise le giustificazioni addotte dall'azienda, le organizzazioni sinda cali acquistano, sia pure «in seconda battuta» un rilevante ruo lo di interlocutrici con la controparte datoriale.
Sotto il profilo del singolo rapporto di lavoro, invece, come ha ricordato il tribunale nella sentenza impugnata, l'illegittimità della sospensione dipende dalla verifica giudiziale di una ipotesi di discriminazione, incoerenza o irrazionalità della sospensione (Cass. n. 5090 del 10 maggio 1995, id., Rep. 1995, voce Lavoro
(rapporto), nn. 1226, 1481; 24 gennaio 1991, n. 670, id., Rep. 1991, voce cit., nn. 1194, 1217).
Ipotesi queste neppure prospettate dai ricorrenti, che dopo la selezione a loro carico non hanno affatto accennato a scelte
ispirate a motivi discriminatori o comunque non razionali. Anche il richiamo all'art. 2043 c.c. deve ritenersi fuor di luo
go, una volta esclusa l'esistenza di qualsiasi comportamento il lecito della resistente.
Analogamente, deve dirsi per le altre censure riferite alla vio lazione dell'art. 2087 c.c. ed alla possibilità di disapplicazione del provvedimento amministrativo di concessione della c.i.g.s.
Deve, tra l'altro, osservarsi che i ricorrenti hanno richiesto «la reintegrazione nell'attività lavorativa con condanna della so cietà al pagamento delle differenze tra piena retribuzione e trat tamento di c.i.g.s., in subordine . . . che il giudice accertasse
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
il loro diritto alla rotazione», laddove le sanzioni in caso di
inosservanza dell'obbligo di rotazione sono solo quelle risarci
tone di diritto comune, ovvero quelle amministrative consisten
ti nel pagamento di maggiori contributi per il caso di inottem
peranza al decreto ministeriale previsto dalla 1. n. 223 del 1991.
Come opportunamente ha posto in luce il tribunale nella de
cisione impugnata, tutto il sistema delle comunicazioni relativo
alla cassa integrazione guadagni si muove, nell'ambito della 1.
n. 223 del 1991, su di un piano collettivo e non individuale.
Anche con riferimento al dovere di comunicare i criteri di
scelta, di cui al 7° comma dell'art. 1, il tribunale ha ricordato
che lo stesso è previsto nei confronti delle organizzazioni sinda
cali, che sono anche le uniche titolari dell'interesse.
Conseguentemente, se una sanzione deve essere desunta dal
sistema, questa non può essere che di livello collettivo ed espli carsi nell'antisindacalità di un comportamento che, estromet
tendo il sindacato, si pone in contrasto con le prerogative ad
esso attribuite.
La rilevanza collettiva ed impersonale dell'intervento straor
dinario della cassa integrazione guadagni e la coerente implica zione del solo sindacato in questa fase porta necessariamente
a ritenere che la sanzione ricavabile dal sistema sia una sanzio
ne indiretta di tipo omogeneo alla natura degli interessi tutelati,
tale da spingere il datore di lavoro a coinvolgere il sindacato
stesso nella gestione della sospensione con ricorso alla c.i.g.s. Contro tali corrette argomentazioni si infrangono le censure
contenute nel ricorso secondo le quali, anche escludendo che
l'obbligo del datore di lavoro abbia come destinatario il singolo
lavoratore, tuttavia, trattandosi di una situazione passiva volta
alla tutela di interessi collettivi (tramite le organizzazioni sinda
cali), rimarrebbe pur sempre la natura «ingiusta» di ogni sua
violazione, con la conseguenza della risarcibilità dei danni, ai
sensi dell'art. 2043 c.c.
Il tribunale, con motivazione che sfugge a qualsiasi censura
perché esente da vizi logici ed errori giuridici, ha spiegato le
ragioni per le quali la violazione dell'obbligo di indicare i criteri
di scelta non può avere conseguenze dirette sull'atto di sospen
sione del singolo, precisando che tale aspetto non può rientrare
tra gli elementi fondamentali del procedimento di messa in cas
sa integrazione. L'art. 5 1. n. 164 del 1975, richiamato dall'art. 1, 2° comma,
1. n. 223 del 1991, prevede due ipotesi di consultazione sindacale.
La prima, di carattere preventivo, precede l'inizio del proce
dimento di cassa integrazione ed il relativo provvedimento ed
è condizione di validità dell'ammissione.
La seconda presuppone invece che vi sia stata l'ammissione
alla cassa e riguarda solo aspetti della sua gestione.
Questo secondo tipo di consultazione non è affatto previsto
come condizione di validità dell'ammissione. La violazione del
la relativa prescrizione, pacifica nel caso di specie, nel quale
la resistente non ha comunicato al sindacato i criteri di scelta
dei lavoratori da sospendere (pag. 2 della sentenza impugnata: la società ha affermato che «erano state le organizzazioni sin
dacali, respingendo in blocco l'accordo, a rendere vano ogni
tentativo dell'impresa di comunicare i criteri di scelta per le so
spensioni») non comporta affatto illegittimità del procedimento o dei singoli atti sospensivi: gli effetti di tale violazione vanno
ricercati esclusivamente nelle disposizioni della 1. n. 223 del 1991,
poiché solo in questa norma può rinvenirsi la prescrizione di
un dovere di consultazione sindacale relativamente ai criteri di
scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione (art. 1, 7°
comma). Né appare possibile ritenere, attraverso una estensione analo
gica delle disposizioni dettate in tema di mobilità (art. 17), che la violazione del dovere di comunicazione dei criteri di scelta
dei lavoratori da porre in cassa integrazione produca la totale
caducazione dell'intera procedura per vizi formali, per omissio
ne di una fase procedimentale necessaria per l'emissione dell'at
to amministrativo di concessione della cassa integrazione.
Come esattamente ha posto in luce il tribunale nella sentenza
impugnata, il nucleo fondamentale e qualificante dell'istituto
della cassa integrazione — quale si delinea nella 1. n. 223 del
1991 — consiste proprio nella valutazione politico-economica
della convenienza di sospendere la prestazione di lavoro e il
relativo obbligo retributivo, sostituendo ad esso un intervento
di natura assistenziale che ha rilevanza collettiva quanto agli
effetti, nel senso che riguarda contemporaneamente più lavora
li Foro Italiano — 1998.
tori, ed alle prospettive, poiché tende a conservare la struttura
produttiva ai fini di un collettivo rientro al lavoro.
Elementi essenziali della procedura sono solo quelli dell'art.
1, 2° comma (la richiesta di intervento, l'esplicitazione delle
ragioni di esso nel programma, la valutazione della rilevanza
collettiva che si esprime attraverso la consultazione sindacale, l'istruttoria e la decisione finale delle autorità competenti).
In base a tale interpretazione del tribunale, che è pienamente condivisa dal collegio, non è possibile attribuire il valore di ele
mento costitutivo della fattispecie a quei momenti struttural
mente marginali, che attengono (come la comunicazione dei cri
teri di scelta) all'attuazione della misura concessa, rispetto ai
quali la funzione più coerente da attribuire all'intervento del
sindacato è quello di un controllo della gestione della cassa in
tegrazione e non quello di condizione di validità del procedi mento. Salvi i limiti interni (coerenza con le finalità tipiche del
l'istituto che giustificano l'attribuzione del potere unilaterale di
sospensione dei singoli lavoratori) ed esterni (divieto di atti di
scriminatori, obbligo dell'osservanza dei precetti generali di cor
rettezza e buona fede) come ben posto in luce da questa stessa
corte con sentenze n. 5090 del 10 maggio 1995 e n. 670 del
24 gennaio 1991, ex plurimis. Del tutto conforme ai principi desumibili dall'intero comples
so della 1. n. 223 del 1991 appare pertanto la conclusione cui
sono pervenuti i giudici di appello, secondo la quale l'omissione
di una comunicazione non strutturalmente connessa al procedi mento non può mai essere causa di illegittimità del provvedi mento finale, né ripercuotersi con conseguenze dirette sull'atto
di sospensione del singolo. Il ricorso pertanto deve essere rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 10 mar
zo 1998, n. 2645; Pres. La Torre, Est. Baldassarre, P.M.
Leo (conci, conf.); Consorzio Edina (Aw. Lamberti, Satta
Flores) c. Cipe ed altro. Cassa App. Napoli, giunta speciale
espropriazioni 11 febbraio 1994.
Espropriazione per pubblico interesse — Programma straordi
nario per l'edilizia residenziale di Napoli — Determinazione
dell'indennità — Giunta speciale per le espropriazioni — Com
petenza (L. 15 gennaio 1885 n. 2892, norme per il risanamen
to della città di Napoli, art. 12, 13; d.l.lgt. 27 febbraio 1919 n. 219, provvedimenti per la città di Napoli, art. 17; 1. 14
maggio 1981 n. 219, conversione in legge, con modificazioni,
del d.l. 19 marzo 1981 n. 75, recante ulteriori interventi a
favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del no
vembre 1980 e del 1981; provvedimenti organici per la rico
struzione e lo sviluppo dei territori colpiti, art. 80).
Espropriazione per pubblico interesse — Programma straordi
nario per l'edilizia residenziale di Napoli — Attuazione —
Concessione traslativa — Indennità — Obblighi del conces
sionario (L. 14 maggio 1981 n. 219, art. 80, 81, 84).
Espropriazione per pubblico interesse — Programma straordi
nario per l'edilizia residenziale di Napoli — Indennità — De
terminazione — Criteri — Specialità — Art. 5 «bis» legge 359/92 — Inapplicabilità (L. 15 gennaio 1885 n. 2892, art. 13; 1. 14 maggio 1981 n. 219, art. 80; 1. 8 agosto 1992 n.
359, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 11 lu
glio 1992 n. 333, recante misure urgenti per il risanamento
della finanza pubblica, art. 5 bis). Espropriazione per pubblico interesse — Programma straordi
nario per l'edilizia residenziale di Napoli — Indennità — De
terminazione — Riferimento alla data dell'esproprio (L. 14
maggio 1981 n. 219, art. 80; 1. 8 agosto 1992 n. 359, art. 5 bis). Espropriazione per pubblico interesse — Programma straordi
nario per l'edilizia residenziale di Napoli — Determinazione
dell'indennità — Giunta speciale per le espropriazioni — De
cisioni — Ricorso alle sezioni unite — Limiti (Cost., art. Ili;
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