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sezione lavoro; sentenza 18 maggio 1999, n. 4812; Pres. Santojanni, Est. Guglielmucci, P.M. Nardi...

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sezione lavoro; sentenza 18 maggio 1999, n. 4812; Pres. Santojanni, Est. Guglielmucci, P.M. Nardi (concl. conf.); Inps (Avv. Fabiani, Giordano, Gorga) c. Fabi e altri (Avv. Agostini). Conferma Trib. Fermo 31 ottobre 1995 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 6 (GIUGNO 1999), pp. 1771/1772-1773/1774 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193705 . Accessed: 25/06/2014 09:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.44 on Wed, 25 Jun 2014 09:23:59 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 18 maggio 1999, n. 4812; Pres. Santojanni, Est. Guglielmucci, P.M.Nardi (concl. conf.); Inps (Avv. Fabiani, Giordano, Gorga) c. Fabi e altri (Avv. Agostini).Conferma Trib. Fermo 31 ottobre 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 6 (GIUGNO 1999), pp. 1771/1772-1773/1774Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193705 .

Accessed: 25/06/2014 09:23

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1771 PARTE PRIMA 1772

l'ingegno è divenuta un bene spesso di largo commercio e su

scettibile di produrre cospicui profitti. In questo quadro ben si comprende che il legislatore abbia

in passato configurato fattispecie penali ampie e comprensive di ogni possibile condotta lesiva del diritto, anche patrimoniale,

dell'autore, punendo chiunque, «senza averne diritto, a qualsia si scopo e in qualsiasi forma», fra l'altro, «riproduce, trascrive, recita in pubblico, diffonde, vende o mette in vendita o pone altrimenti in commercio un'opera altrui» (art. 171, 1° comma,

lett. a, 1. n. 633 del 1941), «rappresenta, esegue o recita in pub blico o diffonde» un'opera altrui (art. 171, 1° comma, lett. b), o perfino «riproduce un numero di esemplari o esegue o rap

presenta un numero di esecuzioni o di rappresentazioni maggio re di quello che aveva il diritto rispettivamente di produrre o

di rappresentare» (art. 171, 1° comma, lett. d). E ben si com

prende anche come la giurisprudenza, secondo quanto si è ri

cordato, pur in assenza di un'apposita specifica disciplina quale

quella ora introdotta in attuazione della direttiva comunitaria,

allorché ha individuato la consistenza del diritto esclusivo del

l'autore di autorizzare il noleggio di copie dell'opera, abbia ri

condotto il noleggio abusivo alla fattispecie incriminatrice del

l'art. 171, 1° comma, lett. a), della legge sul diritto d'autore.

La «rilevanza di interesse generale, e quindi pubblica» della

tutela del diritto d'autore, «tale da indurre il legislatore alla pre

disposizione di particolari mezzi di difesa sia penali che civili»,

è stata più volte sottolineata anche da questa corte (da ultimo

nella sentenza n. 108 del 1995, id., 1995, I, 1724); a sua volta

la nuova specifica disciplina — comunitaria e, in attuazione di

quella comunitaria, nazionale — del diritto di noleggio non si

fonda certo su presupposti di attenuazione della tutela e delle

sanzioni apprestate a presidio dell'autore e degli altri titolari di

diritti connessi, ma, al contrario, sull'esigenza di dettare norme

più specifiche anche a fronte dello «sviluppo esponenziale che,

a partire dalla fine degli anni ottanta, è venuto assumendo il

fenomeno speculativo del noleggio e della duplicazione (indu striale o domestica) dei supporti dei compact disc su cui vengo no incisi brani musicali» (sentenza n. 108 del 1995, cit.).

4. - I ricordati criteri della delega conferita al governo con

la 1. n. 146 del 1994 non possono dunque intendersi come pre clusivi di una norma sanzionatoria che — rispettando i limiti

di pena previsti in generale dalla delega stessa — ha isolato

anche ai fini penali, tra le violazioni, l'ipotesi del noleggio abu

sivo di opere lecitamente acquistate, comminando per essa una

sanzione meno grave (dato il carattere contravvenzionale della

nuova fattispecie, pur punibile anche, in via alternativa, con

pena detentiva, ma suscettibile peraltro di oblazione) di quella

contemplata dalla più generale previsione dell'art. 171, che già

riguardava i vari fatti lesivi del diritto d'esclusiva dell'autore, e dunque anche condotte la cui offensività non è certo maggio re di quella della fattispecie ora punita dall'art. 171 quater. Que st'ultima concerne infatti condotte tenute «abusivamente ed a

fini di lucro», laddove l'art. 171, 1° comma, lett. a), punisce in genere chiunque, in qualsiasi forma e a qualsiasi scopo, met

ta in commercio un'opera altrui senza averne il diritto, e dun

que anche se si tratti di esemplari lecitamente ottenuti.

Poiché, in definitiva, la nuova disciplina non costituisce che

l'adattamento, entro i limiti di pena stabiliti in generale dalla

delega, e senza superare le pene già comminate dalle leggi previ

genti per la stessa violazione e per altre violazioni di pari offen

sività, della disciplina sanzionatoria collegata alla fattispecie (a sua volta oggetto di nuova e più specifica disciplina sostanziale) del noleggio di originali, copie o supporti di opere tutelate dal

diritto d'autore, non si ravvisa la denunciata violazione dei cri

teri della delega. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda

ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 171 quater, lett. a), 1. 22 aprile 1941 n. 633 (protezione del diritto d'autore

e di altri diritti connessi al suo esercizio), introdotto dall'art.

18 d.leg. 16 novembre 1994 n. 685 (attuazione della direttiva

92/100/Cee concernente il diritto di noleggio, il diritto di pre stito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di

proprietà intellettuale), sollevata, in riferimento all'art. 76 Cost., in relazione agli art. 1, 2, lett. d), e 12 1. 22 febbraio 1994

n. 146 (disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dal

l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comu

nitaria 1993), dal Gip presso la Pretura di Verona con l'ordi

nanza indicata in epigrafe.

Il Foro Italiano — 1999.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 18 mag

gio 1999, n. 4812; Pres. Santojanni, Est. Guglielmucci, P.M.

Nardi (conci, conf.); Inps (Avv. Fabiani, Giordano, Gor

ga) c. Fabi e altri (Avv. Agostini). Conferma Trib. Fermo

31 ottobre 1995.

CORTE DI CASSAZIONE;

Previdenza e assistenza sociale — Indennità di mobilità — La

voratori a domicilio (Cod. civ., art. 2128; 1. 18 dicembre 1973

n. 877, nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio, art.

9; 1. 23 luglio 1991 n. 223, norme in materia di cassa integra

zione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di

direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed

altre disposizioni in materia di mercato del lavoro, art. 7, 16).

I lavoratori a domicilio hanno diritto all'indennità di mobilità

di cui alla l. 23 luglio 1991 n. 223. (1)

Svolgimento del processo. — Lina Fabi, e le sue litisconsorti,

lavoratrici a domicilio licenziate a seguito di riduzione di perso

nale, hanno chiesto al Pretore di Fermo che l'Inps fosse con

dannato a corrisponderle l'indennità di mobilità prevista dal

l'art. 7 1. 223/91, sussistendo per loro i requisiti, soggettivi ed

oggettivi, richiesti dall'art. 16 della legge stessa per l'estensione

di tale indennità ai lavoratori posti in mobilità a seguito di ridu

zione di personale.

L'Inps si era rifiutato di corrispondergliela sostenendo che

essa presuppone, nel sistema assistenziale per i lavoratori in mo

bilità introdotto dalla 1. 223/91, la fruibilità da parte di lavora

tori della cassa integrazione guadagni straordinaria: provviden za espressamente esclusa per i lavoratori a domicilio dall'art.

9 1. n. 877 del 1973.

Il pretore ha accolto la domanda.

Il Tribunale di Fermo, su appello dell'Inps, ha, con sentenza

del 31 ottobre 1995 (Foro it., Rep. 1996, voce Previdenza socia

le, n. 506), confermato la decisione pretorile. Esso ha ritenuto che il requisito soggettivo richiesto dall'art. 16

1. 223/91 attiene alle categorie di lavoratori (con esclusione dei di

rigenti) e fra esse rientravano le appellate; mentre il lavoro a do

micilio non configura una categoria o qualifica lavorativa ma so

lo una particolare modalità di svolgimento del rapporto di lavoro.

L'indennità di mobilità, inoltre, sostituisce quella di disoccu

pazione, che senz'altro spetta ai lavoratori a domicilio.

La norma, che esclude per gli stessi l'integrazione salariale, è una norma a carattere eccezionale, che non può essere estesa

al lavoratore a domicilio definitivamente licenziato.

L'Inps chiede la cassazione della sentenza con ricorso soste

nuto da un unico motivo.

La sig. Fabi e le sue litisconsorti resistono con controricorso

tardivo; esse hanno anche presentato memoria.

Motivi della decisione. — L'Inps denuncia violazione e falsa

applicazione degli art. 7 e 16 1. 223/91 con riferimento all'art.

9 1. 877/73; motivazione erronea ed insufficiente.

Esso sostiene che l'estensione dell'indennità di mobilità ai la

voratori a domicilio va esclusa non solo in relazione alla tassati

vità dell'elencazione contenuta nell'art. 16 1. 223/91 ma anche

tenendo conto della peculiarità del lavoro a domicilio, caratte

rizzato da un'attenuazione del controllo datoriale e della stessa

subordinazione non compatibile con l'indennità di mobilità che

presuppone, invece, l'inserimento del lavoratore in azienda.

(1) Pret. Fermo 19 dicembre 1994, confermata da Trib. Fermo 31 ottobre 1995 (Foro it., Rep. 1996, voce Previdenza sociale, n. 506), e dalla riportata sentenza, leggesi id., 1995, I, 1687, con nota di richiami.

In senso conforme, cfr. Pret. Venezia 14 ottobre 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 628; Trib. Firenze 24 luglio 1995, id., Rep. 1996, voce cit., n. 507. In dottrina, L. Tosato, L'indennità di mobilità, Milano, 1974, 89; M. Miscione, L'indennità di mobilità, Napoli, 1993, 49. Contra, per l'esclusione dei lavoratori a domicilio dal beneficio dell'indennità di mo

bilità, Pret. Venezia 3 dicembre 1994, Foro it., Rep. 19%, voce cit., n. 486. Per il diritto (dei lavoratori a domicilio) al . pensionamento per vec

chiaia anticipato disciplinato dall'art. 16 1. 23 aprile 1981 n. 155, Cass. 3 agosto 1995, n. 8507, id., 1995, I, 2795.

Per l'indennità di mobilità al socio lavoratore di cooperativa di pro duzione e lavoro, Pret. Livorno 15 novembre 1995, id., 1996, I, 2584; Pret. Pisa 30 ottobre 1995, id., Rep. 1996, voce cit., n. 477.

Per una panoramica della prassi amministrativa in materia d'indenni tà di mobilità, G. Borrelli, L'indennità di mobilità nelle fonti legislati ve e nelle circolari dell'Inps, in Informazione prev., 1995, 583.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

L'indennità in questione, sostiene ancora l'istituto previden ziale, è strutturalmente connessa all'integrazione salariale da es ser commisurata al trattamento di integrazione salariale che non

spetta invece ai lavoratori a domicilio. Non ha alcun rilievo che a tali lavoratori spettasse l'indennità

di disoccupazione prevista dall'art. 12 1. n. 1115 del 1968, es sendo essa stata espressamente abrogata dall'art. 16 1. 223/91, che fonda la corresponsione dell'indennità in questione sulla ine liminabile interconnessione fra integrazione salariale ed inden nità di mobilità.

La censura è infondata.

Essa appare animata dal convincimento: — che la subordinazione del lavoratore a domicilio non è

analoga a quella degli altri lavoratori (subordinati), sicché per lui non si verifica l'inserimento in azienda: il che non consente allo stesso di fruire del complesso sistema previdenziale assicu rato ai lavoratori posti in mobilità dalla 1. 223/91;

— che in tale sistema le due provvidenze della integrazione salariale e dell'indennità di mobilità siano inscindibili, sicché la seconda non può spettare al lavoratore che non può fruire della prima.

Questo convincimento è smentito, oltre che dai principi giuri dici formulati da questa Suprema corte in materia di lavoro

subordinato, dal dato legislativo. È principio consolidato che la subordinazione del lavoratore

a domicilio non è ontologicamente diversa, sotto il profilo tec

nico, da quella degli altri lavoratori che tale qualità non hanno: essendo anche il lavoratore a domicilio inserito nell'azienda nel senso che, pur trovandosi decentrato rispetto al luogo ove nor malmente avviene il processo lavorativo, concorre, con la messa a disposizione delle sue energie lavorative — sotto la direzione del datore di lavoro — al processo di produzione aziendale.

Questa sua omologazione agli altri lavoratori è alla base del l'art. 9 1. n. 877 del 1973, il quale dispone che ai lavoratori a domicilio si applicano le norme vigenti per i lavoratori subor dinati in materia di assicurazioni sociali e di assegni familiari, fatta eccezione di quelle in materia di integrazione salariale.

L'art. 16 1. 223/91 prevede che nel caso di disoccupazione derivante da licenziamento per riduzione di personale ai sensi dell'art. 24 da parte delle imprese, rientranti nel campo dell'ap plicazione della disciplina dell'intervento straordinario di inte

grazione salariale, il lavoratore, operaio impiegato o quadro, qualora abbia una certa anzianità aziendale nell'ambito di un

rapporto di lavoro a carattere continuativo, ha diritto all'inden nità di mobilità ai sensi dell'art. 7 della legge stessa.

Tale norma, lungi dal presupporre da parte del lavoratore la fruibilità di entrambe le provvidenze previste per i lavoratori coinvolti in processi di ridimensionamento aziendale conclusisi con la messa in mobilità, si limita a richiedere che il lavoratore

che, avendone i requisiti soggettivi, chieda di fruire dell'inden nità di mobilità, dipenda da un'azienda, la quale rientri — per le sue caratteristiche oggettive — nell'area di integrazione sa lariale.

È quindi l'oggettiva connotazione produttiva dell'azienda —

e la conseguente fruibilità da parte della stessa dell'integrazione salariale straordinaria — il presupposto per la fruizione dell'in dennità di mobilità e non certo la fruibilità della prima da parte del lavoratore colpito dal processo di riduzione dell'azienda che

può esser esclusa per la particolare condizione soggettiva dello stesso nell'ambito del processo produttivo.

Se fosse il contrario sarebbe vanificato il precetto fondamen tale in materia di omologazione previdenziale dei lavoratori a

domicilio agli altri lavoratori subordinati introdotto dall'art. 9 1. n. 877 del 1973, che ha disposto che ai primi si estenda l'inte

ro regime previdenziale previsto per i secondi, con la sola ecce

zione dell'integrazione salariale.

È significativo in proposito che, anteriormente all'entrata in

vigore dell'art. 16 1. 223/91, questa Suprema corte, con senten

za n. 1697 del 1991, id., 1991, I, 2100, ha deciso che ai sensi

della predetta norma il trattamento speciale previsto dalle nor

me del titolo IV della 1. n. 1115 del 1968 per il caso di disoccu

pazione involontaria da licenziamento per cessazione non tem

poranea dell'attività aziendale o per riduzione di personale si

applica anche ai lavoratori a domicilio che, in relazione al loro

rapporto continuativo e dipendente da un'unica impresa con

prestazioni tecnicamente ed economicamente collegate, o comun

que riferite a quelle svolte dagli altri lavoratori subordinati del

II Foro Italiano — 1999.

la stessa impresa, si trovino nelle medesime condizioni di costo

ro, in quanto il limite previsto dall'art. 9 1. n. 877 del 1973 dell'estensione ai lavoratori a domicilio delle norme sulle assi curazioni sociali riguarda solo i benefici dell'integrazione sala riale in caso di sospensione temporanea.

In definitiva, il nuovo sistema introdotto dall'art. 16 1. n. 223 del 1991 si è limitato a prevedere — quale presupposto per la fruizione dell'indennità di mobilità da parte dei lavoratori licenziati per riduzione di personale — l'inserimento degli stessi in un'impresa che possa, per le sue caratteristiche produttive, fruire dell'integrazione salariale straordinaria.

L'incompatibilità soggettiva del lavoratore (a domicilio) con detto beneficio non esclude che esso possa fruire dell'altro, co stituito dall'indennità di mobilità, che nelle ipotesi di ordinario lavoro subordinato concorre con il primo.

Il ricorso va quindi rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 28 aprile 1999, n. 272/SU; Pres. V. Sgroi, Est. Vittoria, P.M. Lo Cascio (conci, conf.); Soc. Micheletti (Avv. Lombardi, Pa

lermo) c. Soc. Soiltecnica (Aw. Sammartino, Bruni, Man

ca). Conferma Trib. Nuoro 8 marzo 1995.

Locazione — Legge 392/78 — Morosità del conduttore — Sa natoria giudiziale — Immobili adibiti ad uso diverso dall'abi tazione — Inapplicabilità (L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 5, 55).

La sanatoria giudiziale della morosità, ai sensi dell'art. 55 I.

392/78, è inapplicabile con riferimento alle locazioni di im mobili per uso diverso dall'abitazione stipulate dopo l'entrata in vigore della predetta legge (nonché — si rileva in motiva zione — con riferimento alle locazioni abitative non soggette alla disciplina della l. 392/78). (1)

(1) Le sezioni unite risolvono, dopo averne ripercorso esaurientemente la storia in motivazione, il conflitto interpretativo da tempo emerso nell'ambito della III sezione civile circa l'estensibilità alle locazioni non abitative dell'ambito di applicazione dell'art. 55 1. 392/78, ritenendo corretta la soluzione negativa, seguita in particolare da Cass. 28 feb braio 1992, n. 2496, Foro it., 1992, I, 3015 — e passata indenne al vaglio della Corte costituzionale (v. ord. 23 dicembre 1993, n. 461, id., 1994, I, 330, con nota di richiami) —, ma disattesa dalla maggior parte delle pronunzie, tra le quali v., da ultimo, Cass. 21 aprile 1998, n. 4031, id., 1998, I, 3599, con nota di richiami.

La corte, oltre al mancato richiamo dell'art. 55 da parte dell'art. 41 1. 392/78 (che estende alle locazioni ad uso diverso parte delia nor mativa dettata per le locazioni ad uso di abitazione), sulla base del dato testuale della norma in esame recupera, in particolare, il co'.iega mento tra l'art. 55 (in tema di sanatoria della morosità) e l'art. 5 1. 392/78 (in tema di valutazione della gravità dell'inadempimento de' con duttore), la cui inapplicabilità alle locazioni non abitative (se non come parametro puramente indicativo) costituisce ormai da tempo un dato acquisito (v. Cass., sez. un., 28 dicembre 1990, n. 12210, id., 1992, I, 201, e, da ultimo, Corte cost., ord. 28 dicembre 1998, n. 44K, in questo fascicolo, I, 1741, con nota di richiami), per concludere che il meccanismo della sanatoria giudiziale della morosità, essendo s ato inserito dal legislatore del 1978 nell'ambito di un sistema basato f ulla determinazione legale del canone, quale contrappeso alla rigidità delle

regole di comportamento imposte al conduttore nell'adempimento del

l'obbligo di pagamento della pigione, presuppone appunto «la d .termi nazione legale del canone equo». Da qui l'affermazione, fatta a chiare lettere, dell'inapplicabilità dell'art. 55 1. 392/78 non soltanto con riferi mento alle locazioni non abitative, ma anche con riferimento alle loca zioni abitative non soggette alla disciplina della 1. 392/78 (come quelle contemplate dal 1° comma dell'art. 26 di questa legge).

Quest'ultima considerazione appare di particolare interesse e suscetti bile di ulteriori sviluppi, in relazione alla nuova disciplina in tema di locazioni abitative introdotta dalla 1. 9 dicembre 1998 n. 431 (sulla qua le v., per un primo approccio: D. Piombo, Rilievi critici sulla riforma

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