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sezione lavoro; sentenza 18 novembre 2004, n. 21862; Pres. Sciarelli, Est. D'Agostino, P.M. Finocchi...

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sezione lavoro; sentenza 18 novembre 2004, n. 21862; Pres. Sciarelli, Est. D'Agostino, P.M. Finocchi Ghersi (concl. conf.); Inps (Avv. Marchini, De Angelis, Valente) c. Novelli (Avv. Crescimbeni). Conferma Trib. Terni 27 marzo 2001 Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 12 (DICEMBRE 2005), pp. 3413/3414-3417/3418 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23201482 . Accessed: 25/06/2014 00:12 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 194.29.185.37 on Wed, 25 Jun 2014 00:12:38 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 18 novembre 2004, n. 21862; Pres. Sciarelli, Est. D'Agostino, P.M.Finocchi Ghersi (concl. conf.); Inps (Avv. Marchini, De Angelis, Valente) c. Novelli (Avv.Crescimbeni). Conferma Trib. Terni 27 marzo 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 12 (DICEMBRE 2005), pp. 3413/3414-3417/3418Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201482 .

Accessed: 25/06/2014 00:12

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

categorie di lavoratori espressamente designate dal legislatore da bensì luogo a differenze di trattamento, lamentate dalla dot

trina sul piano della politica legislativa, senza tuttavia che ciò

autorizzi estensioni in sede interpretativa, neppure per colmare

pretese lacune normative a scopo di adeguamento agli art. 3 e

38 Cost.

Più volte la Corte costituzionale ha negato il contrasto fra

queste disposizioni costituzionali ed il «sistema previdenziale italiano, caratterizzato da una struttura pluralistica e frammen

tata» (sent. n. 267 del 2004, id., Rep. 2004, voce Pensione, n.

84) in relazione alle diverse situazioni economiche delle singole gestioni, ai rischi coperti e ad eventuali interventi dello Stato

(sent. n. 99 del 1990, id., 1990, I, 1773; n. 402 del 1991, id., 1991,1, 3285; n. 61 del 1999, id., 1999,1, 1097).

Da tutto ciò consegue che la previsione legislativa dell'inter

vento di integrazione salariale per una certa categoria non com

porta la successiva spettanza dell'indennità di mobilità automa

ticamente ossia in difetto di espressa estensione.

Tanto più questa massima è valida quando si consideri la già ricordata non unità dell'istituto della cassa integrazione guada

gni, vale a dire la diversa caratterizzazione in relazione alle di

verse categorie di lavoratori.

Come s'è detto, l'art. 2 1. n. 675 del 1977 prevedeva l'ammis

sione delle imprese industriali al trattamento di integrazione salariale secondo una valutazione discrezionale del Cipi, riferito allo stato di crisi occupazionale o a specifici casi di crisi azien dale di particolare rilevanza sociale. Il trattamento venne esteso

ai giornalisti dalla 1. n. 416 del 1981, che affidò la detta valuta zione discrezionale al ministro del lavoro, ed ai dipendenti delle

imprese radiotelevisive private dall'art. 7, 4° comma, d.l. n. 148

del 1993. Esso si differenzia dal trattamento generale previsto della 1. n.

223 del 1991, concesso dal ministro sulla base dello stato di cri

si della singola impresa, occupante almeno quindici dipendenti. Che poi il trattamento dei giornalisti sia sopravvissuto a

quello della 1. n. 223 del 1991 e non sia stato da questa assorbito

è detto espressamente nell'art. 7, 3° comma, d.l. n. 148 del

1993. Questa varietà di configurazione dell'istituto della cassa inte

grazione guadagni esclude ulteriormente la fondatezza di ogni

pretesa di pari trattamento delle diverse categorie di lavoratori

in materia di spettanza dell'indennità di mobilità, che voglia ba sarsi solo sulla pregressa fruizione della cassa integrazione: di

versi i presupposti di questo trattamento, diversi i successivi

sviluppi, senza alcun contrasto con gli art. 3 e 38 Cost.

L'espressa estensione dell'indennità ai giornalisti (non ai di pendenti delle radiotelevisioni private) da parte del citato art. 16, 3° comma, 1. n. 223 del 1991 conferma il principio secondo cui, in questa materia, ubi lex voluit, dixit e non significa, come

vorrebbe Cass. n. 12507 del 2003, che la previsione abbia un mero scopo esemplificativo; al contrario, essa è di stretta inter

pretazione. Idem per il personale autoferrotramviario e per i di

pendenti dei trasporti pubblici, licenziati per fallimento, concor dato preventivo, amministrazione controllata o liquidazione (art.

6, commi 4 bis e ter, 1. n. 236 del 1993). Nel caso di specie, in conclusione, l'estensione dell'indennità

di mobilità ai dipendenti delle imprese radiotelevisive private non ha alcuna base, né normativa né sistematica.

Non contrasta con la soluzione qui seguita Cass. 21 ottobre

2000, n. 13931 (id., Rep. 2000, voce Previdenza sociale, n.

466), che ha riconosciuto l'indennità di mobilità ai dipendenti di imprese commerciali, ma solo poiché costoro sono stati espres samente inseriti nel sistema della 1. n. 223 del 1991 dall'art. 7, 7° comma, d.l. n. 148 del 1993.

6. - All'accoglimento del primo motivo di ricorso consegue

l'assorbimento del secondo, dichiaratemente subordinato al ri

getto del primo, nonché la cassazione della sentenza impugnata. Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto la

domanda a suo tempo proposta dagli attuali intimati può essere

rigettata ai sensi dell'art. 384, 1° comma, c.p.c.

Il Foro Italiano — 2005.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 18 no vembre 2004, n. 21862; Pres. Sciarelli, Est. D'Agostino, P.M. Finocchi Ghersi (conci, conf.); Inps (Avv. Marchini, De Angeus, Valente) c. Novelli (Avv. Crescimbeni). Conferma Trib. Terni 27 marzo 2001.

Previdenza e assistenza sociale — Esposizione ultradecen

nale all'amianto — Rivalutazione dei perìodi assicurativi — Dimostrazione dei superamento dei valori di rischio (Cost., art. 3; d.leg. 15 agosto 1991 n. 277, attuazione delle

direttive 80/I107/Cee, 82/605/Cee, 83/477/Cee, 86/188/Cee e 88/642/Cee, in materia di protezione dei lavoratori contro i ri schi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biolo gici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 1. 30 luglio 1990 n. 212, art. 24, 31; 1. 27 marzo 1992 n. 257, norme relative alla

cessazione dell'impiego dell'amianto, art. 13; d.I. 5 giugno 1993 n. 169, disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto, art. 1; 1. 4 agosto 1993 n. 271, conversione in

legge, con modificazioni, del d.I. 5 giugno 1993 n. 169, art. unico).

Previdenza e assistenza sociale — Esposizione ultradecen nale all'amianto — Rivalutazione dei periodi assicurativi — Domanda giudiziale proposta anteriormente al 2 otto bre 2003 — Disciplina applicabile (D.leg. 15 agosto 1991 n. 277, art. 24, 31; 1. 27 marzo 1992 n. 257, art. 13; 1. 31 luglio 2002 n. 179, disposizioni in materia ambientale, art. 18; d.I. 30 settembre 2003 n. 269, disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubbli ci, art. 47; 1. 24 novembre 2003 n. 326, conversione in legge, con modificazioni, del d.I. 30 settembre 2003 n. 269, art. 1; 1. 24 dicembre 2003 n. 350, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004), art. 3, comma 132).

Previdenza e assistenza sociale — Esposizione ultradecen nale all'amianto — Rivalutazione dei periodi assicurativi — Dimostrazione del superamento dei valori di rischio —

Tipologìa delle lavorazioni e dati epidemiologici — Rile vanza (Cod. civ., art. 2697; d.leg. 15 agosto 1991 n. 277, art. 24, 31; 1. 27 marzo 1992 n. 257, art. 13).

Ai fini della rivalutazione dei periodi contributivi per effetto dell'esposizione ultradecennale all'amianto, è necessario

l'accertamento che nell'ambiente nel quale si svolgeva la la

vorazione vi era una concentrazione di polveri di amianto su

periore ai valori di rischio indicati negli art. 24 e 31 d.leg. n. 277 del 1991. (1)

Alle controversie introdotte prima del 2 ottobre 2003 non è ap

plicabile, ai fini della rivalutazione dei periodi contributivi conseguenti all'esposizione all'amianto, la disciplina intro

dotta dall'art. 47 d.I. n. 269 del 2003, convertito in l. n. 326 del 2003. (2)

Ai fini della rivalutazione dei periodi contributivi per effetto dell 'esposizione ultradecennale ali 'amianto, ai sensi dell 'art.

13 l. n. 257 del 1992, è correttamente motivata la sentenza

che ritenga superata la concentrazione di polveri di amianto

di cui agli art. 24 e 31 d.leg. n. 277 del 1991, valorizzando la tipologia delle lavorazioni e i dati epidemiologici, pur quan do non sia stato possibile per i consulenti tecnici tradurre in

espressioni numeriche ciascuna esposizione. (3)

(1-3) Negli stessi termini della prima massima, cfr. Cass. 23 gennaio 2003, n. 997, Foro it., 2003,1, 1357, con osservazioni di De Marzo. Al

riguardo, di particolare interesse appare la terza massima, che esprime la necessità di confrontarsi con le difficoltà di quantificazione del

l'esposizione all'amianto a distanza di tempo e in condizioni produttive mutate (per tali questioni e un'articolata risposta motivazionale che, tuttavia, supera il riferimento ai limiti di concentrazione di cui agli art.

24 e 31 d.leg. n. 277 del 1991, cfr. Trib. Monza 13 giugno 2002, ibid.,

1928). In tale contesto, vengono valorizzati la tipologia delle lavora zioni (nella specie, caratterizzata dal fatto che le fibre di amianto veni

vano portate a temperature elevate, con grave aumento del pericolo di

loro dispersione nell'ambiente) e il dato epidemiologico dei numerosi

lavoratori deceduti per acclarata asbestosi polmonare o pleurica o rico

nosciuti invalidi per patologie correlate ad insufficienza respiratoria determinata da asbestosi.

Piuttosto, va segnalato che la fedeltà all'orientamento per il quale è

necessario il superamento dei lìmiti previsti dal d.leg. n. 277 del 1991

viene ribadita, puntualizzando che la previsione di una soglia di esposi zione nell'art. 47 d.I. n. 269 del 2003, convertito in 1. n. 326 del 2003,

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3415 PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Con la sentenza qui impugnata,

il Tribunale di Terni, decidendo sull'appello avverso la sentenza

del pretore del luogo, ha accolto la domanda proposta dal lavo

ratore, attuale intimato, per ottenere dall'Inps il trattamento

pensionistico usufruendo del beneficio contributivo previsto dall'art. 13, 8° comma, 1. 27 marzo 1992 n. 257, e successive

modifiche; per aver lavorato per oltre dieci anni con esposizione all'amianto.

Il tribunale ha ritenuto che sussistono entrambi i requisiti ri

chiesti per il beneficio, e cioè l'esposizione ultradecennale al

l'amianto e la concentrazione di polveri, nell'ambiente di lavo

ro, in misura superiore al valore limite tollerabile.

Di questa sentenza l'Inps chiede la cassazione con tre motivi.

La parte privata resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunciando

violazione e falsa applicazione degli art. 24 e 31, 1° comma, lett. a) e b), d.leg. 15 agosto 1991 n. 277, come modificato dal

l'art. 3, 4° comma, 1. 27 marzo 1992 n. 257 e dall'art. 16, 4°

comma, 1. 24 aprile 1998 n. 128, dell'art. 3, 1° comma, 1. 27

marzo 1992 n. 257, come sostituito dall'art. 16 1. 24 aprile 1998

n. 128, dell'art. 13, 7° e 8° comma, 1. 27 marzo 1992 n. 257, come modificato dall'art. 1, 1° comma, d.l. 5 giugno 1993 n.

169, convertito nella 1. 4 agosto 1993 n. 271, tutti in relazione

all'art. 360, n. 3, c.p.c., l'Inps sostiene che l'eccezionale benefi

cio di cui alla disposizione citata in premessa interessa, non già tutti i lavoratori in qualche modo esposti all'amianto, ma sola

mente quelli che abbiano concretamente subito per oltre dieci

anni il rischio del verificarsi di una malattia professionale gene rata da tale sostanza nociva, per la sua presenza nei luoghi di la

voro in concentrazione significativa (superiore cioè ai valori li

mite di cento fibre per litro consentiti dal d.leg. 277/91, e suc

cessive modifiche). Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione

dell'art. 13, 8° comma, 1. n. 257 del 1992, come sostituito dal

l'art. 1, 1° comma, d.l. n. 169 del 1993, convertito nella 1. n.

271 del 1993, degli art. 24, 3° comma, e 31, 1° comma, d.leg. n.

277 del 1991, dell'art. 2697 c.c., tutti in relazione all'art. 360, n.

3, c.p.c. Il terzo motivo denuncia violazione degli art. 112, 115 e 116

c.p.c., errata valutazione del quadro probatorio in relazione al

rischio morbigeno, nonché vizio di motivazione (art. 360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.).

Con i suddetti ultimi due motivi, sviluppati in unico contesto,

l'Inps lamenta che il tribunale abbia ritenuto superata la soglia limite del rischio di esposizione nel valore massimo di concen

trazione di amianto nell'ambiente lavorativo, come fissato dal

d.leg. 277/91, sulla base di semplici supposizioni suggerite dalla consulenza tecnica d'ufficio, riconoscendo di non poter para metrare il rischio ad alcuna misura di concentrazione e senza

accertare quali fossero le mansioni in concreto svolte dall'assi

curato che consentissero di stabilirne la vicinanza o meno alle

fonti di polverizzazione.

non dimostra l'insussistenza di tali limiti, ai fini dell'applicazione del l'art. 13 1. n. 257 del 1992.

Quanto alla seconda massima, essa comporta l'inapplicabilità della

disciplina posteriore a meno che non intervenga una diversa valutazio ne dello stesso lavoratore (in cui «favore» è fatta salva la normativa

previgente). Va aggiunta, sebbene non fosse rilevante ai fini della deci sione, la precisazione della sentenza in rassegna, secondo la quale sono

assoggettati al regime di cui all'art. 13 1. n. 257 del 1992 anche i casi nei quali prima del 2 ottobre 2003 sia stata presentata domanda ammi nistrativa non necessariamente all'Inai! (al quale testualmente si riferi sce l'art. 3, comma 132, 1. n. 350 del 2003) ma anche e soprattutto al

l'Inps. Meno convincente, sempre nella motivazione della sentenza in rasse

gna, la considerazione per la quale la maturazione del diritto al conse

guimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13 1. n. 257 del 1992 (maturazione che, ai sensi del citato art. 3, comma 132, 1. n. 350 del 2003, comporta l'applicabilità della disciplina anteriore) deve essere intesa come maturazione del diritto alla pensione, in quanto la rivaluta zione contributiva non rappresenta una prestazione previdenziale auto noma (in senso contrario, per la rilevanza della maturazione dei fatti costitutivi del diritto alla rivalutazione, cfr. G. De Marzo, Esposizione all'amianto tra acquisizioni giurisprudenziali e novità normative, id 2004, I, 81). Il che è esatto. Ciò non toglie che la rivalutazione contri butiva costituisce oggetto di un autonomo diritto, suscettibile di accer tamento e tutela (come chiarito, con convincente motivazione, da Cass. 21 giugno 2002, n. 9125, id., 2003,1, 1359). [G. De Marzo]

Il Foro Italiano — 2005.

L'esame unitario dei motivi conduce al rigetto del ricorso

perché, pur dovendo la corte correggere l'interpretazione data

alle norme giuridiche dalla sentenza impugnata, il dispositivo risulta conforme al diritto in quanto conseguente al corretto ac

certamento del fatto della concreta esposizione a rischio dell'as

sicurato.

Questa corte ha già chiarito in numerose decisioni, a partire dalla sentenza 3 aprile 2001, n. 4913, Foro it., Rep. 2001, voce

Previdenza sociale, n. 484 (cfr., tra le tante, Cass. 2849/04, id.,

Rep. 2004, voce cit., n. 883; 10185/02, id.. Rep. 2003, voce cit., n. 558; 997/03, id., 2003, I, 1357; 10114/02, ibid., 1358) che l'attribuzione dell'eccezionale beneficio di cui all'art. 13, 8°

comma, 1. 27 marzo 1992 n. 257, nel testo risultante dalle modi

fiche apportate dall'art. 1,1° comma, d.l. 5 giugno 1993 n. 169

e dalla successiva legge di conversione 4 agosto 1993 n. 271,

presuppone l'assegnazione ultradecennale del lavoratore a man

sioni comportanti, per il lavoratore medesimo, un effettivo e

personale rischio morbigeno, a causa della presenza, nei luoghi di lavoro, di una concentrazione di fibre di amianto superiore ai

valori limite indicati nella legislazione di prevenzione di cui al

d.leg. 15 agosto 1991 n. 277, e successive modifiche. Le censu

re rivolte a questo orientamento giurisprudenziale, condiviso dal

collegio, si confutano agevolmente con le seguenti osservazioni.

E la stessa 1. 257/92 a dare fondamento normativo all'esigen za di una esposizione superiore a una determinata «soglia» sta

bilendo con specifica disposizione (art. 3 poi sostituito dall'art. 161. 24 aprile 1998 n. 128 — che richiama e in parte modifica i valori indicati nel d.leg. 277/91 — ) il limite di concentrazione al di sotto del quale le fibre di amianto devono considerarsi «re

spirabili» nell'ambiente di lavoro (tanto da non obbligare al

l'adozione di misure protettive specifiche) e mostrando così di

ritenere insufficiente, agli effetti del beneficio da attribuire ai

lavoratori «esposti all'amianto» (che non abbiano contratto

malattia professionale), la presenza della sostanza in quantità tale da non superare il limite anzidetto e da non rappresentare

per tale ragione un concreto pericolo per la salute.

Se si ha riguardo alle altre misure di sostegno apprestate per i

lavoratori nelle varie disposizioni dello stesso art. 13, appare più che giustificata, per coloro che siano stati semplicemente espo sti all'azione della sostanza nociva, la necessità di una doppia

«soglia» (riguardante cioè sia la durata che l'intensità dell'espo sizione) di accesso al beneficio previdenziale, tenuto conto della

diversità del rischio che, nel càso considerato dall'8° comma, è

solo eventuale, mentre è certo e ormai verificato nel caso (della malattia professionale) previsto dal 7° comma, mentre è ancora

eventuale ma con probabilità massima di manifestazione nel ca

so (dei lavoratori delle miniere o delle cave di amianto) de

scritto al 6° comma.

La Corte costituzionale, nella sentenza 5/00 (id., 2001, I,

1494), ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità

dell'art. 13, 8° comma — sollevata anche sotto il profilo che la

mancata determinazione del fattore rischio, cioè della misura di

esposizione rilevante, avrebbe portato, in violazione dèli'art. 3

Cost., a trattare in maniera uniforme situazioni di concreto peri colo e non —

proprio in base ad una interpretazione della norma

secondo cui, per la rilevanza dell'esposizione, è necessario il

superamento di una specifica soglia di rischio (quella appunto indicata dal d.leg. 277/91), tale da connotare le lavorazioni di

effettive potenzialità morbigene. Le successive decisioni del

giudice delle leggi in materia (cfr. Corte cost. 127/02, id., 2002,

I, 1934, e 369/03, id., Rep. 2004, voce cit., n. 880) hanno con fermato la necessaria rilevanza di una esposizione «qualificata» al rischio.

Si impone a questo punto la considerazione dei successivi

sviluppi della legislazione di settore, onde verificare, in primo

luogo, se la regola di giudizio debba trarsi da essi; in via grada ta, ove risultino non applicabili al rapporto controverso, se of

frano elementi di sostegno o di smentita dell'interpretazione data dalla giurisprudenza della corte alla normativa precedente.

L'art. 47, 1° comma, d.l. 30 settembre 2003 n. 269 (conver

tito, con modificazioni, dalla 1. 24 novembre 2003 n. 326) reca

una disciplina fortemente innovativa del beneficio di cui all'art.

13, 8° comma, d.leg. 257/92 quanto all'oggetto della prestazio ne previdenziale, quanto al regime di incompatibilità con altre

analoghe provvidenze, quanto ai requisiti per ottenere il benefi

cio e quanto al procedimento amministrativo (si contempla una

domanda da presentare entro un termine di decadenza all'Inail,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

istituto al quale è conferita la funzione di accertare e certificare

la sussistenza e la durata dell'esposizione, come già era stato di

sposto dall'art. 18, 8° comma, 1. 31 luglio 2002 n. 179), fissan

do la data del 1° ottobre 2003 per l'entrata in vigore della nuova

disciplina. Per chiarire alcuni aspetti controversi della nuova normativa

il legislatore è nuovamente intervenuto in materia disponendo, con l'art. 3, comma 132,1. 24 dicembre 2003 n. 350, che «in fa

vore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 2 ot

tobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13, 8° comma, 1. 257/92 e successive modificazio

ni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data

del 12 ottobre 2003» e che «la disposizione di cui al primo pe riodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di

riconoscimento all'Inail o che ottengano sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data».

Esigenze di coerenza del sistema e la necessità di optare, tra

quelle astrattamente possibili, per una interpretazione conforme

alla Costituzione, inducono il collegio a ritenere: a) che per «maturazione» del diritto al beneficio deve intendersi la matura

zione del diritto a pensione; b) che, tra coloro che non hanno

ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne

esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano av

viato un procedimento amministrativo o giudiziario per l'ac

certamento del diritto alla rivalutazione contributiva.

Le ragioni dell'opzione interpretativa poggiano fondamen

talmente sulle considerazioni che la rivalutazione contributiva

non rappresenta una prestazione previdenziale autonoma, ma

determina i contenuti del diritto alla pensione; che, nel regime

precedente, non era prevista una domanda amministrativa per far accertare il diritto alla rivalutazione dei contributi previden ziali per effetto di esposizione all'amianto; che il legislatore ha

espresso l'intento, ricostruito secondo una interpretazione orientata dal principio costituzionale di ragionevolezza, di

escludere l'applicazione della nuova disciplina «anche» per co

loro che comunque avessero già avviato una procedura ammini

strativa per l'accertamento dell'esposizione all'amianto (non solo mediante domande rivolte all'Inai!, ma anche e soprattutto

all'Inps quale parte del rapporto previdenziale), ovvero un pro cedimento giudiziale, restando però esclusi, tra questi ultimi,

quelli per i quali il giudizio sia stato definito con il rigetto della domanda, potendo costoro eventualmente giovarsi della nuova

disciplina nella parte in cui «estende» il beneficio (vedi comma

6 bis dell'art. 47 cit.), come, del resto, tale facoltà è riconosciuta

anche ai soggetti per i quali opera la salvezza della precedente normativa, atteso che tale salvezza è stata disposta esclusiva

mente in loro «favore».

D'altra parte l'applicazione della normativa precedente ai

procedimenti di accertamento dei requisiti già terminati o anco

ra in corso, si spiega non solo con l'esigenza di rispetto delle

aspettative, ma anche per il fatto che si rivelerebbe oltremodo

gravoso ed antieconomico imporre che alla verifica del diritto si

proceda in ogni caso alla luce della normativa sopravvenuta. Sulla base di questa interpretazione si deve escludere che la

nuova disciplina sia applicabile al rapporto controverso per la

considerazione, assorbente di ogni altro accertamento di fatto, che la domanda giudiziale è stata proposta anteriormente alla

data del 2 ottobre 2003.

Quanto al secondo profilo di rilevanza dell'esame della nuova

disciplina, va considerato che la norma sopravvenuta esprime l'intento di modificare in parte i requisiti di accesso al benefi

cio, non certo di introdurre per la prima volta la necessità di una

esposizione «qualificata» all'amianto, cioè una soglia di rischio

prima inesistente. Una innovazione così forte non è confortata

dal dato letterale e, trattandosi costantemente di esposizioni che

risalgono a periodi lontani nel tempo, un peggioramento così

radicale del regime giuridico applicabile a coloro per i quali non è stata fatta salva la normativa precedente (che già subiscono

una riduzione del quantum del beneficio) susciterebbe fondati

dubbi di conformità all'art. 3 Cost.

Conclusivamente, anche la nuova disciplina conferma la ne

cessità di una esposizione «qualificata» all'amianto già alla

stregua del dato normativo di cui all'art. 13, 8° comma, d.leg. 257/92. Ne discende che nel giudizio di merito doveva essere

accertato se una siffatta esposizione sussistesse o meno con rife

rimento alle singole collocazioni lavorative, e in questi sensi va

corretta la motivazione in diritto della sentenza impugnata.

Il Foro Italiano — 2005.

Come già avvertito, il giudice del merito ha comunque proce duto, espletando rtiezzi di prova e con l'ausilio di consulenza

tecnica, al predetto accertamento di fatto.

La correttezza di questo accertamento è contestata dall'Inps

perché sarebbe viziata da insufficienza logica la conclusione che

ricava da mere supposizioni suggerite dalla c.t.u., sia in ordine

alla presenza di amianto sia in ordine alla concentrazione nell'a

ria superiore a cento fibre per litro; inoltre non sarebbero state

esposte le ragioni sulla sussistenza di un «cospicuo» inquina mento ambientale.

Osserva in contrario la corte che, nella specie, il tribunale ha

compiuto l'indagine richiesta e all'esito ha accertato la sussi

stenza di una esposizione significativa nei sensi sopra precisati, avuto riguardo alla collocazione del lavoratore che, quindi, contrariamente a quanto si assume in ricorso, è stata verificata.

Il giudice di appello ha quindi ritenuto provato che l'ambiente nel quale si svolgeva la lavorazione rischiosa presentava una

concentrazione di polveri di amianto molto superiore ai valori

limite indicati dalla 1. 277/91. Le prove raccolte e la c.t.u., a giudizio del tribunale, rendeva

no certi di una massiccia e continuativa ultradecennale utilizza

zione diretta e indiretta di amianto nello stabilimento industriale

presso il quale era addetto il lavoratore. La sentenza ha altresì

chiarito che il cospicuo inquinamento ambientale era determi

nato dalla presenza dell'amianto, al quale il lavoratore si trova

va esposto non solo a causa della manipolazione diretta deri

vante dalla specifica mansione svolta, ma anche per effetto della

presenza diffusa nell'ambiente di tale sostanza inquinante. A tali valutazioni il tribunale è pervenuto considerando che le

fibre di amianto venivano portate a temperature elevate, deter

minando un grave aumento del pericolo di un loro rilascio nel

l'ambiente. Ha soggiunto che i consulenti avevano ritenuto tutti

i lavoratori del reparto esposti a livelli di amianto non solo po tenzialmente morbigeni, ma anche superiori alla soglia di ri

schio di cento fibre per litro. A tutto ciò, ha proseguito il tribu

nale, va aggiunto il dato epidemiologico, rappresentato da vari

casi di lavoratori dello stesso reparto, espletanti le mansioni più varie, deceduti con acclarata asbestosi polmonare o pleurica, o

per mesotelioma pleurico, ovvero riconosciuti invalidi per pa

tologie collegate ad insufficienza respiratoria determinata da

asbestosi. Né rileva che non sia stato possibile per i tecnici tra

durre in espressioni numeriche ciascuna esposizione, non essen

do stata consentita tale operazione — come ha spiegato il tribu

nale riportando le motivazioni della c.t.u. — dalla grande diffi

coltà di quantificare con esattezza, a distanza di tempo e in con

dizioni produttive mutate, la frequenza e la durata dell'esposi zione. È decisiva infatti la considerazione che i consulenti, at

traverso la ricostruzione dell'ambiente di lavoro e l'individua

zione delle fonti di esposizione all'amianto, siano potuti ugual mente pervenire a formulare un giudizio di pericolosità del

l'ambiente con un margine di approssimazione di ampiezza tale

da fugare ogni dubbio circa il superamento della soglia massima

di tollerabilità. Non sussistono pertanto i denunciati vizi di motivazione ed il

ricorso, di conseguenza, deve essere rigettato.

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