sezione lavoro; sentenza 18 settembre 1995, n. 9836; Pres. Taddeucci, Est. Berni Canani, P.M.Fedeli (concl. conf.); Garenna (Avv. Baldoni, Oropallo) c. Soc. Agape (Avv. Romanelli, Vitale).Conferma Trib. Milano 13 gennaio 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 2 (FEBBRAIO 1996), pp. 609/610-611/612Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190175 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
costituzionale — del cumulo di più pensioni tutte integrate al
minimo e, di conseguenza, nel 7° comma del medesimo artico
lo, la disciplina dell'ipotesi di cristallizzazione di una o di tutte
le pensioni (cfr. Corte cost., 19 novembre 1991, n. 418, id.,
Rep. 1991, voce Previdenza sociale, n. 866). Pertanto, la regola dettata dal 7° comma dell'anzidetto art. 6 doveva ritenersi ap plicabile ai soggetti plurititolari non direttamente ma mediante
procedimento analogico, cosicché la loro situazione non era omo
genea a quella dei titolari di un'unica pensione, i quali conser
vano in ogni caso l'importo erogato alla data di cessazione del
diritto all'integrazione. Le due situazioni non sono suscettibili di essere equiparate
perché, per il monotitolare, non si verifica un effetto di «cri
stallizzazione» in senso proprio, variando in funzione del reddi
to l'importo dell'integrazione al minimo ed essendogli garanti
to, fino ad assorbimento, l'importo erogato al momento in cui
cessa il diritto all'integrazione stessa per effetto del superamen to dei limiti di reddito.
In definitiva, per colui che perde l'integrazione al minimo
perché gli viene liquidata, in epoca successiva al 30 settembre
1983, una seconda pensione, non sussiste l'esigenza di conserva
re, sia pure transitoriamente, il trattamento di maggior favore
in precedenza goduto che giustificava l'applicazione analogica del 7° comma dell'art. 6 d.l. 463/83, sicché restava, nel quadro normativo originario, incondizionatamente soggetto alla regola dell'unicità dell'integrazione.
Al predetto soggetto non è applicabile, pertanto, l'art. 11, 22° comma, 1. 537/93 — che contempla soltanto l'ipotesi delle
pensioni liquidate prima del 30 settembre 1983 — come emen
dato dalla sentenza costituzionale 240/94, sentenza che univo
camente si riferisce alla situazione in atto alla data indicata e
fonda il decisum sull'esigenza che sia garantito il passaggio gra duale a un trattamento pensionistico meno favorevole.
6. - In ordine al regolamento delle spese del giudizio, la corte
dichiara applicabile il disposto dell'art. 152 disp. att. c.p.c. (nor ma vigente a seguito della sentenza costituzionale 13 aprile 1994, n. 134, id., 1994, I, 1303, dichiarativa dell'illegittimità costitu zionale dell'art. 4, 2° comma, d.l. 19 settembre 1992 n. 384,
convertito in 1. 14 novembre 1992 n. 438) che non consente
la condanna del soccombente nei giudizi promossi per ottenere
prestazioni previdenziali, non ricorrendo l'ipotesi della pretesa infondata e temeraria.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 18 settem
bre 1995, n. 9836; Pres. Taddeucci, Est. Berni Canani, P.M.
Fedeli (conci, conf.); Garenna (Avv. Baldoni, Oropallo) c. Soc. Agape (Avv. Romanelli, Vitale). Conferma Trib.
Milano 13 gennaio 1993.
Lavoro (rapporto di) — Controllo sull'attività dei dipendenti tramite personale estraneo all'azienda — Legittimità (L. 20
maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale
nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 3).
È legittimo il controllo occulto del datore di lavoro effettuato
a mezzo di personale estraneo all'impresa e diretto a verifica re la realizzazione di comportamenti che costituiscono, oltre
che inadempimento contrattuale, illecito penale. (1)
(1) La sentenza si inserisce nel costante orientamento della giurispru denza di legittimità, secondo cui l'art. 3 1. 20 maggio 1970 n. 300 non
trova applicazione nelle ipotesi di realizzazione da parte dei prestatori di lavoro di comportamenti illeciti che, pur commessi nel corso dalla
normale attività lavorativa, esulino da essa. In senso conforme, v. Cass.
25 gennaio 1992, n. 829, Foro it., Rep. 1992, voce Lavoro (rapporto), n. 876; 5 luglio 1991, n. 7455, id., Rep. 1991, voce cit., n. 809, e Dir.
Il Foro Italiano — 1996.
Svolgimento del processo. — Con sentenza dell' 11 dicembre
1991 il Pretore di Milano rigettava la domanda con la quale Vittorio Garenna, dipendente della s.p.a. Agape, gestore del ser
vizio di ristorazione su linee ferroviarie, aveva impugnato il li
cenziamento intimatogli per aver posto in vendita, nei giorni 8 gennaio 1991 sul treno Napoli-Torino e 9 gennaio 1991 sul treno Torino-Napoli, prodotti alimentari senza rilasciare ricevu
ta fiscale.
Il lavoratore proponeva appello deducendo, come già in pri mo grado, che dei fatti addebitatigli il datore di lavoro, non
potendo utilizzare l'eventuale testimonianza di personale di con
trollo estraneo all'azienda, non aveva dato la prova. Con sentenza del 13 gennaio 1993 il Tribunale di Milano ri
gettava il gravame confermando la decisione impugnata. Consi
derava il tribunale: — che nella specie la società Agape aveva affidato ad un
istituto di vigilanza l'incarico di accertare se i dipendenti addet
ti alla ristorazione incassassero regolarmente il prezzo della merce
venduta sui treni e regolarmente rilasciassero il dovuto scontri
no, rilevante per la società anche ai fini fiscali; — che all'esito del controllo erano stati rilevati a carico del
Garenna gli episodi contestati, confermati dalla testimonianza
di un dipendente dell'istituto; — che i controlli effettuati da istituti di vigilanza sono legit
timi quando hanno per oggetto attività diverse da quelle lavo
rativa; — che la mancata emissione dello scontrino non solo impedi
sce un controllo sul venduto e si presenta finalizzata all'appron tazione delle somme ma è ex se una violazione di norme fiscali
con gravi conseguenze per l'azienda.
Avverso la decisione del tribunale il Garenna ha proposto ricorso per cassazione sorretto da un unico motivo. Resiste la
soc. Agape con controricorso.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo del ricorso,
denunziandosi violazione dell'art. 3 1. n. 300 del 1970, si deduce: — che, mentre il controllo effettuato da guardie giurate in
terne è utilizzabile anche per l'accertamento di comportamento del lavoratore che implicano responsabilità extracontrattuale per il datore di lavoro, quello affidato a personale esterno all'azien
da è ammissibile solo nel caso di atti illeciti che esulino dalla
normale attività lavorativa; — che, potendo ogni condotta di per sé illecita considerarsi
esulante dal normale svolgimento del rapporto di lavoro, l'o
missione contestata nella specie, commessa nel corso dell'attivi
tà lavorativa e legata a specifiche mansioni del lavoratore, do
veva ritenersi riferibile, risultando altrimenti vanificato il divie to di cui all'art. 3 della legge del 1970, proprio alla normale
attività lavorativa; — che, infine, il controllo disposto dalla Agape doveva con
siderarsi illecito anche perché effettuato ad personam: il perso nale di vigilanza si era infatti limitato a controllare specifica mente il Garenna, seguito sulla tratta Torino-Napoli sia all'an
data che al ritorno del treno.
Il motivo è infondato. A norma dell'art. 3 1. 20 maggio 1970
n. 300 i nominativi e le mansioni specifiche del personale addet
to alla vigilanza dell'attività lavorativa debbono essere comuni
cati ai lavoratori interessati. La norma vieta ogni forma di con
trollo occulto intesa ad accertare la trasgressione, nello svolgi
mento della prestazione lavorativa, delle prescrizioni dettate
e pratica lav., 1991, 2455, con nota di G. Mannacio, Controllo dell'at
tività lavorativa; 9 giugno 1990, n. 5599, Foro it., 1990, I, 3163, con nota di richiami.
Nella giurisprudenza di merito, nello stesso senso, v. Pret. Milano
11 dicembre 1991, id., Rep. 1992, voce cit., n. 878; 9 novembre 1991,
ibid., n. 879; Pret. Vibo Valentia 26 aprile 1991, ibid., n. 877.
Per una fattispecie simile risolta in maniera difforme, v. Trib. Geno
va 25 febbraio 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 2431, e Lavoro 80,
1987, 835, secondo cui la prova della vendita senza registrazione di
cassa, senza consegna dello scontrino e versamento della somma incas
sata, acquisita attraverso agenti esterni è inammissibile, in quanto detti
comportamenti del personale rientrano nel concetto di attività lavorati
va di cui all'art. 3 dello statuto dei lavoratori.
In dottrina, v. F. Di Nunzio, Sul controllo occulto nel lavoro subor
dinato, in Giur. it., 1991, I, 1, 953; R. Filidei, Sul controllo notturno
e clandestino dell'attività del lavoratore, in Giust. civ., 1991, I, 687.
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PARTE PRIMA
dall'art. 2104 c.c. e pertanto, secondo la costante giurispruden za di questa corte (v. Cass. 829/92, Foro it., Rep. 1992, voce
Lavoro (rapporto), n. 876; 2813/89, id., Rep. 1989, voce cit., n. 895; 4271/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 960; 2933/85, ibid., n. 961; 2697/84, id., Rep. 1984, voce cit., n. 1746; 2042/83, id., 1985, I, 439), non trova applicazione, nelle ipotesi di even tuale realizzazione, da parte dei lavoratori, di comportamenti illeciti esulanti dalla normale attività lavorativa, pur se com
messi nel corso di essa.
L'enunciato non va inteso alla lettera poiché, come esatta
mente rilevato dal ricorrente, la normale attività lavorativa non
implica la commissione di illeciti, sicché ogni comportamento illecito esula, a rigore, dalla normale attività lavorativa.
Sarebbe quindi sempre possibile, non essendo delimitabile a
priori il tipo di illeciti che possono materialmente essere com
messi durante il lavoro, il controllo occulto della prestazione
lavorativa, sul presupposto che nel corso di essa il dipendente
potrebbe commettere illeciti. D'altra parte, l'art. 3 della legge del 1970 vieta il controllo
occulto in sé, non si limita a precludere l'utilizzazione (ad es.
a fini disciplinari) dei suoi risultati. La linea di demarcazione tra controlli leciti e vietati va quindi
tracciata in funzione di una connessione tipica e non soltanto
ipotetica, tra comportamenti illeciti e obbligazione lavorativa.
E, se si considerano le fattispecie esaminate dalle citate deci
sioni 829/92 e 2042/83 (controlli volti ad accertare appropria zioni di denaro da parte del personale di vendita, effettuati da
impiegati di un'agenzia di sorveglianza che avevano operato in
incognito, spacciandosi per normali clienti), può osservarsi che
in esse si registrava la coincidenza, in uno stesso comportamen to, della violazione di obblighi contrattuali ed obblighi, penal mente rilevanti, extracontrattuali.
Vendere la merce, riscuotere il prezzo, consegnare l'incasso
al datore di lavoro sono prestazioni che fanno parte degli obbli
ghi contrattuali dell'addetto alla vendita, ma, a differenza di
una scorretta esecuzione delle operazioni di vendita, l'appro priazione dell'incasso costituisce, oltre che obiettivo inadempi mento di una obbligazione contrattuale, illecito penale.
Può, quindi, affermarsi la legittimità del controllo occulto
su quelle prestazioni lavorative il cui inadempimento integra an
che gli estremi dell'illecito. Ora, il rilascio dello scontrino fiscale rientra nell'obbligazio
ne lavorativa dell'addetto alla vendita e la relativa omissione
integra, oltre la violazione di norme fiscali, un inadempimento che comporta, come osservato dal giudice di appello, gravi con
seguenze per l'azienda. Esattamente, quindi, il tribunale ha rite nuto legittimo, nella specie, il controllo occulto sul suo adem
pimento. Deve essere, infine, disattesa, siccome generica, l'ultima cen
sura del ricorrente poiché, indipendentemente dalla ammissibili tà o inammissibilità, in fattispecie quali quella dedotta in giudi zio, di controlli orientati ad personam eventualmente da indici
precedentemente acquisiti, nessun elemento è indicato a soste
gno della prospettata ipotesi di una verifica limitata non ad un
campione del personale dipendente ma esclusivamente alla per sona di esso ricorrente.
Per le svolte considerazioni il ricorso deve essere rigettato.
Il Foro Italiano — 1996.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 12 ago sto 1995, n. 8852; Pres. Taddeucci, Est. Coco, P.M. Ami
rante (conci, conf.); Orlandi (Avv. Cretosi) c. Fondazione
Giustiniani Bandini (Avv. P. Guerra). Cassa App. Ancona 26 settembre 1992.
Contratti agrari — Affitto — Miglioramenti effettuati in parte dal concedente e in parte dall'affittuario — Aumento del ca
none — Esclusione (L. 1. 11 febbraio 1971 n. 11, nuova disci
plina dell'affitto di fondi rustici, art. 4; 1. 3 maggio 1982 n. 203, norme sui contratti agrari, art. 17).
Ove i miglioramenti siano stati eseguiti in parte dal concedente
ed in parte dall'affittuario, con nuova classificazione del fon
do, non spetta al concedente l'aumento del canone d'affitto di cui al 1° comma dell'art. 17 l. 203/82. (1)
(1) Non constano precedenti in termini. Per la comprensione della sentenza riportata, va ricordato che i mi
glioramenti agrari sono da sempre oggetto di contrasto tra concedenti e concessionari, per il rifiuto dei primi a consentire ai secondi l'innova zione dell'assetto produttivo (in argomento, v. D. Bellantuono, in no ta a Corte cost. 29 gennaio 1993, n. 16, in Foro it., 1993, I, 1366).
Qui interessa ricordare che la 1. 11 febbraio 1971 n. 11, innovando
rispetto alla normativa del codice civile, prevede la possibilità del colti vatore a contratto, coltivatore diretto e non, di eseguire miglioramenti con il consenso del concedente o, in mancanza, previa autorizzazione
dell'ispettorato provinciale dell'agricoltura, fatto salvo comunque il di ritto del concedente a sostituirsi all'affittuario nell'esecuzione dei mi
glioramenti autorizzati dall'ispettorato. Con il diritto all'esecuzione dei
miglioramenti, fu riconosciuto al coltivatore a contratto il diritto all'in
dennità, per i miglioramenti ancora sussistenti alla cessazione del rap porto, commisurata all'aumento di valore conseguito dal fondo, ap punto a seguito dell'esecuzione dei miglioramenti.
Le norme della 1. 11/71 sui miglioramenti sono state sottoposte all'e same di legittimità costituzionale, e Corte cost. 22 dicembre 1977, n.
153, id., 1978, I, 11, e Nuovo dir. agr., 1978, 169, con commento di D. Bellantuono, ha respinto le censure sostanzialmente sotto l'aspetto che non spettava solo al proprietario il diritto di eseguire miglioramen ti; ha affermato la corte che «l'istanza di miglioramento è oggi intrinse ca a tutte le forme di gestione dell'impresa agricola, e giustamente la nuova disciplina dell'affitto dei fondi rustici introdotta con la 1. 11 feb braio 1971 n. 11, in considerazione dell'interesse allo sviluppo quantita tivo e qualitativo della produzione agraria, ha attribuito anche all'affit tuario le più ampie iniziative di organizzazione e di gestione richieste dalla razionale coltivazione del fondo, dall'allevamento degli animali, 0 dall'esercizio delle attività connesse, indipendentemente dalla clausola migliorataria, anzi comminando la nullità di ogni clausola convenziona le Imitatrice dei poteri riconosciuti all'affittuario per l'esecuzione dei
miglioramenti». La 1. 203/82 ha confermato la disciplina dei miglioramenti introdotta
dalla 1. 11/71, stabilendo che rientrano nella nozione di miglioramenti 1 miglioramenti fondiari, le addizioni e le trasformazioni degli ordina menti produttivi e dei fabbricati rurali, purché le stesse non modifichi no la destinazione agricola del fondo e siano eseguite nel rispetto dei
programmi regionali di sviluppo oppure, ove tali programmi non esista
no, delle vocazioni colturali delle zone in cui è ubicato il fondo. Va ancora ricordato che il 1° comma dell'art. 17 1. 203/82 stabilisce
che il locatore che ha eseguito miglioramenti può chiedere all'affittua rio l'aumento del canone corrispondente alla nuova classificazione del fondo ai sensi dell'art. 4 1. 11/71, come modificato dall'art. 18 1. 203/82, il quale stabilisce che il 3° comma dell'art. 4 1. 11/71 è sostituito dai
seguenti: «Nei casi di miglioramenti eseguiti dal proprietario del fondo, che non giustificano una modifica della qualità e della classe catastale, le commissioni tecniche provinciali stabiliscono criteri e misure di au mento del canone proporzionali all'incremento della produttività del fondo conseguente all'investimento eseguito», «Quando le migliorie danno
luogo alla revisione catastale, nel periodo intercorrente tra la richiesta di revisione e l'aggiornamento del catasto le commissioni tecniche pro vinciali adottano la procedura di cui al comma precedente». Va altresì ricordato che il 5° comma dell'art. 4 anzidetto dispone: «Le migliorie apportate dall'affittuario non danno luogo alla revisione del canone fin quando non è stata corrisposta l'indennità prevista dal 2° comma dell'art. 15 e fino a tale data l'eventuale revisione catastale non ha ef fetto sulla misura dei tributi dovuti» (l'indennità di cui al 2° comma dell'art. 15 1. 11/71, ora 2° comma dell'art. 17 1. 203/82, è quella spet tante all'affittuario per i miglioramenti ancora sussistenti alla cessazio ne del rapporto).
Premesso tutto quanto precede, la corte del merito aveva riconosciu to al concedente l'aumento del canone, in presenza di miglioramenti eseguiti in parte dal proprietario e in parte dall'affittuario, e nuova classificazione catastale del fondo, ritenendo che il 1° comma dell'art. 17 1. 203/82 aveva tacitamente abrogato il 5° comma dell'art. 4 1. 11/71.
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