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sezione lavoro; sentenza 19 febbraio 1987, n. 1804; Pres. Menichino, Est. Genghini, P. M. Dettori...

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sezione lavoro; sentenza 19 febbraio 1987, n. 1804; Pres. Menichino, Est. Genghini, P. M. Dettori (concl. diff.); Alaimo (Avv. P. Stella Richter) c. A.t.a.c. (Avv. M. Nigro, Falasca). Conferma Trib. Roma 17 luglio 1982 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 5 (MAGGIO 1987), pp. 1431/1432-1437/1438 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23178697 . Accessed: 28/06/2014 17:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 17:23:16 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 19 febbraio 1987, n. 1804; Pres. Menichino, Est. Genghini, P. M.Dettori (concl. diff.); Alaimo (Avv. P. Stella Richter) c. A.t.a.c. (Avv. M. Nigro, Falasca).Conferma Trib. Roma 17 luglio 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 5 (MAGGIO 1987), pp. 1431/1432-1437/1438Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178697 .

Accessed: 28/06/2014 17:23

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1431 PARTE PRIMA 1432

all'aliquota ridotta ovvero a respingere le eventuali istanze di rim

borso motivate allo stesso modo.

L'oggetto del giudizio originato dall'impugnazione dell'atto sud

detto, per motivi attinenti alla sua legittimità formale e sostanzia

le, investe, quindi, direttamente il rapporto di imposta, per essere

la domanda di annullamento sostanzialmente finalizzata alla qua lificazione del presupposto del tributo nel senso sostenuto dalla

ricorrente, attraverso il riconoscimento del carattere culturale del

periodico; e sono funzionali all'ottenimento della medesima pro

nuncia, relativa al regolamento dell'obbligazione tributaria, i mo

tivi di invalidità (derivata) concernenti vizi propri del parere

espresso dall'organo consultivo.

La posizione soggettiva di cui si invoca la tutela giurisdizionale

è, infine, ugualmente correlata alla qualità della soc. Tattilo di

soggetto passivo del rapporto d'imposta; ed è inutile discutere, ai fini del riparto della giurisdizione, della consistenza di tale po sizione rispetto all'atto in questione — se, cioè, si configuri un

interesse legittimo (come sostiene la società) o un diritto soggetti vo — giacché, una volta stabilita la natura tributaria dell'atto

medesimo e, di conseguenza, della controversia cui dà luogo la

sua impugnazione, deve essere tout court affermata la giurisdi zione esclusiva del giudice tributario, che — come questa corte

ha di recente precisato — è anche giurisdizione di annullamento

dei provvedimenti dell'amministrazione finanziaria (v. sent. n. 2085

del 1985, Foro it., 1985, I, 2271). 3. - Non costituisce materia di regolamento della giurisdizione

l'ulteriore problema concernente la possibilità di impugnare l'an

zidetta risoluzione ministeriale, negata dall'amministrazione sot

to il duplice profilo che l'atto non avrebbe diretta efficacia

provvedimentale, siccome meramente strumentale rispetto ad un

successivo provvedimento dell'ufficio fiscale (di accertamento del

maggior tributo o di rigetto dell'istanza di rimborso), e che, co

munque, esso non sarebbe impugnabile in modo autonomo, per ché non compreso nell'elenco dei provvedimenti contro cui è dato

ricorrere alle commissioni tributarie, ai sensi dell'art. 16 d.p.r. n. 636 del 1972.

Entrambi i profili non suscitano una questione relativa alla giu

risdizione, in quanto spetta al giudice tributario, munito di pote re giurisdizionale nella materia, verificare l'ammissibilità del ricorso

con riferimento sia all'esistenza di un provvedimento impugnabi le e sia all'osservanza di norme che stabiliscono peculiari modali

tà nello svolgimento della tutela. Tale deve considerarsi, infatti

la disposizione di cui al 1° comma dell'art. 16 cit., la quale, nel

l'individuare i provvedimenti che, scandendo altrettante fasi del

rapporto tributario, sono suscettibili di immediata impugnazione, non esclude la possibilità di impugnare gli atti presupposti che

si inseriscono nella sequenza procedimentale conclusa da detti prov

vedimenti, bensì prescrivere che essi debbano essere impugnati unitamente a questi ultimi; ed è evidente che siffatta modalità

di esercizio dell'azione attiene ai limiti interni della giurisdizione, non all'esistenza e tanto meno al riparto della stessa.

Al qual proposito giova segnalare che il sistema delineato dal

l'art. 16 (nel testo novellato dall'art. 7 d.p.r. 3 novembre 1981

n. 739) è stato di recente ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte costituzionale, la quale ha osservato che la disposi

zione, essendo suscettibile di interpretazione estensiva quanto al

l'elenco degli atti impugnabili, è idonea ad assicurare in ogni caso

la tutela giurisdizionale del contribuente innanzi alle commissioni

tributarie (sent. 3 dicembre 1985, n. 313, id., 1986, I, 876). In definitiva, in accoglimento del ricorso, va dichiarata la giu

risdizione del giudice tributario. (Omissis)

Il Foro Italiano — 1987.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 19 febbraio

1987, n. 1804; Pres. Menichino, Est. Genghini, P. M. Detto

ri (conci, diff.); Alaimo (Avv. P. Stella Richter) c. A.t.a.c.

(Avv. M. Nigro, Falasca). Conferma Trib. Roma 17 luglio 1982.

Lavoro (rapporto) — Ente pubblico economico — Concorso per l'assunzione — Commissione giudicatrice «esterna» rispetto al

l'ente — Violazione delle regole del bando — Annullamento

della selezione — Interesse dell'ente — Insussistenza (Cod. civ., art. 1175, 1336, 1418, 1427, 1428, 1431, 1441, 1989, 1990).

L'ente pubblico economico (nel caso azienda municipalizzata) che

abbia indetto un concorso per la copertura di un posto in orga nico affidando la valutazione delle prove e dei titoli ad una

commissione composta da membri a sé «esterni», in caso di

violazione da parte di quest'ultima delle regole poste nel bando

con la conseguente formazione di una graduatoria illegittima, ha interesse a chiedere in giudizio, in via d'azione o di eccezio

ne, l'annullamento della selezione. (1)

Motivi della decisione. — Con l'unico complesso motivo, de

nunciando violazione e falsa applicazione degli art. 1427, 1428,

1431 e 1441 c.c., nonché nullità del procedimento per violazione

del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e

di quello secondo il quale per proporre una domanda è necessa

rio avervi interesse, nonché omessa motivazione su un punto de

cisivo, il ricorrente sostiene che il contratto (preliminare o

definitivo) con l'A.t.a.c. è perfezionato con la delibera del 28

luglio 1976 con la quale la commissione amministratrice dell'a

zienda, dopo aver approvato la graduatoria, dichiarava vincitore

del concorso esso attuale ricorrente, delibera questa non annulla

ta dal tribunale (il quale ha invece, annullato la graduatoria del

concorso). Sostiene, inoltre, il ricorrente che gli errori compiuti dalla commissione esaminatrice in tanto potevano aver rilievo, in quanto vizi del consenso ai sensi degli art. 1427 ss., e che,

pertanto, il tribunale avrebbe dovuto accertare se tali errori era

no essenziali e riconoscibili dagli altri contraenti. Sostiene, da

ultimo, il ricorrente che l'annullamento della graduatoria poteva essere richiesto soltanto da colui che vi aveva interesse e cioè dal

Rossetti, secondo classificato, ma questo, lungi dal chiedere l'an

nullamento, si era limitato a chiedere il risarcimento del danno;

né, infine, l'A.t.a.c. era legittimata a chiedere l'annullamento

della graduatoria ai sensi dell'art. 1441 c.c. non avendovi in

teresse.

I) Con il primo motivo del ricorso incidentale, denunciando

(1) La Cassazione conclude una vicenda processuale i cui precedenti di primo e secondo grado (Pret. Roma 14 aprile 1981 e Trib. Roma 17

luglio 1982) possono leggersi in Foro it., 1983, I, 2020, con nota di richiami.

La decisione è di particolare interesse perché la specificità del caso (gra duatoria concorsuale annullata dall'ente per manifeste violazioni delle re

gole del bando da parte della commissione giudicatrice ad esso esterna) consente di aggiungere ulteriori puntualizzazioni al complesso quadro della

gestione giurisprudenziale dei concorsi privati. I passaggi più rilevanti, in parte acquisiti alla giurisprudenza preceden

te, in parte sostanzialmente innovativi sono: a) la qualificazione del ban do come offerta al pubblico (tesa alla stipulazione di un contratto definitivo 0 preliminare); b) la differenziazione, ai fini della individuazione della

responsabilità del datore e del suo interesse all'impugnazione, fra nomina di una commissione «interna» o «esterna» all'amministrazione offerente;

c) la qualificazione della commissione composta da membri esterni quale «organo collegiale arbitratore», cui è demandata l'individuazione di una delle parti del futuro contratto; d) la qualificazione degli atti concorsuali come atti giuridici in senso stretto, suscettibili di invalidazione in caso di sviamento dalla loro funzione tipica.

Su questi, temi v. Cass., sez. un., 29 novembre 1986, n. 7081, id., 1987, 1139 (che dalla qualificazione del bando come offerta al pubblico deduce che il datore di lavoro risponde della violazione delle regole a titolo di responsabilità contrattuale e non pre-contrattuale); Cass. 28 gen naio 1987, n. 814, ibid., 1053 (secondo cui la pretesa di un dipendente di un ente pubblico economico che lamenti l'illegittima esclusione da una

promozione e chieda una pronuncia di nullità della delibera promotiva comporta una situazione di litisconsorzio necessario nei confronti di tutti 1 cointeressati preferiti nel procedimento).

In dottrina sullo specifico tema del ruolo e della natura delle commis sioni giudicatrici nei concorsi privati, v. Buoncristiano, Profili della tu tela civile contro i poteri privati, Padova, 1986, 233 ss.; Alleva, Il campo di applicazione dello statuto dei lavoratori, Milano, 1980, 204 ss.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

violazione e falsa applicazione di tutte le norme e i principi in

materia di formazione della volontà degli enti pubblici e di eserci

zio dei poteri di autotutela, sostiene l'azienda ricorrente che an

che nei rapporti privatistici e limitatamente alla fase della

formazione della volontà l'ente pubblico (economico) può eserci

tare i poteri di autotutela, cosi come essa ricorrente ha fatto di

sponendo con la delibera del 22 ottobre 1980, l'annullamento degli atti del concorso.

II) Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa ap

plicazione dell'art. 1990 c.c., si sostiene che — contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale — poteva essa azienda procedere alla revoca della promessa al pubblico dato che non si erano an cora verificati integralmente tutti gli elementi della fattispecie.

I ricorsi devono essere riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c. II ricorso principale è infondato. Per quanto attiene alla natura

giuridica del bando di concorso per assumere personale o per attribuire determinate qualifiche (promozioni interne), come è noto, la giurisprudenza di questa Suprema corte e la dottrina si sono

espresse secondo tre diverse definizioni: invito ad offrire, pro messa al pubblico ed offerta al pubblico (al riguardo cfr. Cass. n. 171 del 19 gennaio 1985, Foro it., 1985, I, 2026).

Questo collegio, in particolare, aveva già avuto occasione di

affermare (sent. 12 giugno 1982, n. 3592, id., 1983, I, 113) che

l'offerta al pubblico è elemento di un possibile contratto futuro,

bisognevole come tale di accettazione da parte di persona, mo

mentaneamente indeterminata, alla quale l'offerta convenga e che

contenga gli estremi essenziali del contratto; in 'ciò la differenza

con la promessa al pubblico che è invece negozio unilaterale, di

per sé vincolante appena resa pubblica, indipendentemente dalla

accettazione. Ciò è stato confermato recentemente dalle sezioni unite di questa Suprema corte (sent. 10 gennaio 1986, n. 63, id.,

Mass., 16): «Un bando di concorso indetto per l'assunzione in

regime privatistico, in esito a determinate prove, di lavoratori

dipendenti, non può essere inquadrato nella categoria delle pro messe al pubblico in senso proprio perché, mentre queste sono atti unilaterali tipici in sé perfetti (art. 1987 e 1989 c.c.) che non

esigono né tollerano (Cass. 3 febbraio 1963, n. 421, id., 1963,

I, 495; 7 ottobre 1963, n. 2663, id., Rep. 1963, voce Promesse

unilaterali, n. 10; 10 febbraio 1969, n. 449, id., Rep. 1969, voce

Cassa di risparmio, n. 4) alcuna integrazione negoziale e sono, in quanto tali, suscettibili di sviluppo solo sul piano dell'esecu

zione, l'assunzione, cui il procedimento di concorso è destinato

a dar luogo, richiede — non potendo un rapporto di lavoro pri vato essere instaurato per atto unilaterale (Cass. 9 marzo 1982, n. 1509, id., Rep. 1982, voce Lavoro (rapporto), n. 1059) — la

prestazione in funzione costitutiva del consenso di chi verrà a

trovarsi nelle condizioni di essere assunto».

Ma qualificato il bando come offerta al pubblico (art. 1336

c.c.), il bando vincola senz'altro il proponente, alla sola condi

zione che siano indicati gli elementi essenziali del contratto, nei

confronti di coloro che accetteranno la proposta, «salvo a risul

tare in possesso dei requisiti richiesti ed a collocarsi utilmente

nella gradutoria degli aspiranti». D'altra parte la proposta può

riguardare tanto un contratto di lavoro definitivo, quanto un con

tratto preliminare: nel primo caso l'accettazione da parte del la

voratore darebbe direttamente luogo, in presenza dei requisiti stabiliti di idoneità e di collocazione in graduatoria, alla instaura

zione del rapporto di lavoro, con il conseguente obbligo per i

contraenti di attuarlo senz'altro sul piano funzionale, mentre nel

secondo darebbe luogo all'obbligo per gli stessi — o per il solo

preponente, nel caso di preliminare unilaterale — di prestare un

ulteriore consenso per la instaurazione del rapporto definitivo.

A questo riguardo si deve sottolineare come si versi nell'ambi

to della autonomia privata, libera di adottare le forme che meglio

corrispondano alla realizzazione dei particolari interessi, purché non in contrasto con norme imperative. Ne discende che l'ambito

maggiore o minore, o addirittura la mancanza, di discrezionalità

da parte dell'offerente, all'esito dell'espletamento del procedimento di concorso, deve essere accertata in concreto desumendola dalla

formulazione del bando di concorso e, se del caso, dalla normati

va collettiva che disciplini — eventualmente — sia i contenuti

del bando di concorso, sia le modalità di espletamento del con

corso stesso.

È appena il caso, al riguardo, di ricordare la diversa configura

zione, rilevante anche ai fini degli effetti giuridici della connessa

attività, che tale procedimento può assumere qualora l'offerente

si sia o meno riservato una discrezionalità di scelta (cfr. su tale

Il Foro Italiano — 1987.

punto Cass. n. 5581 del 25 ottobre 1979, id., Rep. 1979, voce

cit., n. 585): «Nel campo del diritto privato, un diritto soggettivo è configurabile esclusivamente allorquando la parte verso la qua le si faccia valere una determinata pretesa sia tenuta ad esatta

mente soddisfarla. Pertanto non vanta un diritto soggettivo all'assunzione presso una cassa rurale ed artigiana colui che sia risultato idoneo in un concorso per l'assunzione di personale dal la stessa cassa bandito, qualora la cassa si sia riservata la facoltà discrezionale di scegliere il personale da assumere fra gli idonei senza il rispetto della graduatoria, ed il numero dei posti vacanti da ricoprire sia inferiore rispetto al numero degli idonei» (e inol

tre Cass. sent. n. 4721 del 29 agosto 1978 e, peraltro, anche sent, n. 261 del 22 gennaio 1985, id., 1985, I, 2025) ovvero qualora 10 stesso offerente proceda direttamente o tramite una apposita commissione all'espletamento delle prove di selezione, o dispon

ga che queste ultime consistano in prove pratiche, teoriche o nel

la esibizione di titoli, o, infine, preveda che la commissione sia

costituita, in tutto o in prevalenza, da persone che appartengono alla struttura aziendale dell'offerente, oppure che siano a questa estranee.

In ordine a tale ultimo punto sembra doversi distinguere, nel caso di valutazioni compiute da una commissione esamina

trice, a seconda che la composizione della medesima consenta

di configurarla come «interna» all'ente o all'impresa che ha bandito il concorso, o «esterna» alla medesima. Ed invero

proprio con riguardo all'adempimento della prestazione proce dimentale dovuta dall'imprenditore (cfr. Cass., sez. un., n.

1 del 5 gennaio 1981, id., 1981, I, 15) mentre nel caso di

commissione «interna», costituita da appartenenti alla organiz zazione dell'offerente, quest'ultimo potrà ritenersi responsabile — quanto meno per culpa in vigilando o in eligendo — delle

manchevolezze nell'espletamento dei compiti di selezione, diver

samente dovrà caso per caso configurarsi la posizione soggettiva

dell'impresa che ha bandito il concorso rispetto alla attività

di una commissione «esterna», non essendo certo configurabile una responsabilità oggettiva ove la nomina dei componenti sia avvenuta conformemente a norme regolamentari o collettive

e dovendo anzi ammettersi un interesse del proponente alla

impugnazione ed all'annullamento degli atti — che sono atti

giuridici — di quella commissione, ove compiuti in difficoltà

dei criteri predeterminati nel bando, o nel regolamento, o

nel contratto collettivo o nell'incarico.

È ben evidente, infatti, che tutte le attività rivolte alla selezione

sono rette da due finalità che corrispondono a precisi interessi

(che non possono neppure definirsi contrapposti, essendo in real

tà concomitanti, almeno in linea di principio) del gruppo dei par

tecipanti al concorso e dell'azienda che ha bandito il concorso;

a) assicurare la parità giuridica dei partecipanti, con esclusione

di criteri preferenziali diversi da quelli indicati nel bando e fatta

salva la discrezionalità di scelta finale, se, e nei limiti dei quali, è prevista; b) pervenire alla scelta dei maggiormente idonei allo

svolgimento delle mansioni per le quali l'offerta è stata for

mulata.

Con particolare riguardo alla procedura concorsuale, questa in

alcuni casi è espressione non della autonomia privata, ma è addi

rittura imposta per legge (cosi, ad esempio, dagli art. 3 e 6 1.

reg. sic. 8 maggio 1958 n. 14); in ogni caso, sia discenda dalla

legge o dalla contrattazione collettiva, sia effetto della libera ed

autonoma determinazione del datore di lavoro formulata nella

forma della offerta al pubblico, l'espletamento della procedura concorsuale integra una attività dovuta nell'ambito dei rapporti inerenti al concorso stesso; proprio perciò, questa Suprema cor

te, in numerose decisioni (da ultimo cfr. sent. n. 5387 del 1985,

id., Rep. 1985, voce cit., n. 1212) ha ritenuto che tale attività

concorsuale è sindacabile da parte del giudice ordinario tanto sotto

11 profilo dell'osservanza delle norme regolamentari e dei patti della contrattazione collettiva, quanto sotto il profilo dell'osser

vanza dei principi generali di correttezza e di buona fede fissati

dagli art. 1175 e 1375 c.c.

Da quanto esposto discendono con sicurezza alcune conclusio

ni. Innanzi tutto correttamente è stata esclusa la possibilità di

qualificare l'annullamento della procedura concorsuale o della gra duatoria finale come esercizio di un potere di autotutela da parte di un ente pubblico. In realtà tutte le considerazioni che sono

state svolte per affermare in questa materia la giurisdizione del

l'autorità giudiziaria ordinaria (e che non mette conto ripetere esulando la questione dall'oggetto del ricorso, mentre — se essa

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1435 PARTE PRIMA 1436

fosse stata riproposta — sarebbe stata materia di pronuncia delle

sezioni unite), conducono ad escludere l'esercizio di un potere

pubblico o la tutela discrezionale di un interesse pubblico: essi

sarebbero invero incompatibili con la giurisdizione ordinaria.

Invero questa Suprema corte ha più volte affermato che la do

manda diretta ad insorgere avverso la mancata assunzione, in qua lità di dipendente di un ente pubblico economico, mediante la

denunzia dell'illegittimità degli atti relativi all'espletamento del

concorso bandito per tale assunzione, è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, e non già del giudice amministrativo, atte

so che la discrezionalità di valutazione che contrassegna le opera zioni di scelta dell'ente, o della commissione giudicatrice, in detto

concorso, come nell'analogo caso del concorso per promozione fra dipendenti, non è riferibile all'esercizio di una potestà pubbli ca di autorganizzazione, ancorché il concorso stesso sia stato ban

dito in attuazione del regolamento del personale, ma configura esercizio di attività privatistica dell'imprenditore ovvero si carat

terizza come prestazione procedimentale dovuta dall'imprendito re medesimo nell'ambito del rapporto obbligatorio attinente al

concorso, sindacabile dal predetto giudice ordinario, tanto sotto

il profilo dell'osservanza delle norme regolamentari e dei patti della contrattazione collettiva, quanto sotto il profilo dell'osser

vanza del principio generale della correttezza, di cui all'art. 1175

c.c. (cfr. in tal senso: Cass. 10 marzo 1984, n. 1677, id., Rep.

1984, voce cit., n. 583; per quanto attiene alla inapplicabilità dei

principi costituzionali di uguaglianza per l'accesso, di regola me

diante concorso, ai pubblici uffici, Cass. 22 aprile 1983, n. 2782,

id., Rep. 1983, voce Impiegato dello Stato, n. 543; per quanto

specificamente attiene alla natura di valutazione tecnica Cass. 8

febbraio 1982, n. 755, id., 1983, I, 114 e 3 novembre 1981, n.

5775, id., Rep. 1981, voce cit., n. 248, e, più puntualmente, sent.

23 marzo 1983, n. 2028, id., Rep. 1983, voce cit., n. 344; e inol

tre Cass. 27 giugno 1981, n. 4181, id., Rep. 1981, voce cit., n.

249; n. 3687 dell'8 giugno 1981, ibid., n. 494, che qualifica la posizione soggettiva del candidato relativa al retto esercizio dei

poteri discrezionali di valutazione come di interesse legittimo; Cass.

15 aprile 1981, n. 2278, ibid., n. 394 e 14 aprile 1980, n. 2433, id., Rep. 1980, voce cit., n. 253 e sez. un. 8 settembre 1978, n. 4153, id., 1979, I, 94. Da ultimo, in tal senso: Cass., sez.

un., 26 aprile 1985, n. 2722, id., Rep. 1985, voce cit., n. 182; oltre alla cit. sent. n. 1 del 5 gennaio 1981, che opportunamente

distingue tra la discrezionalità valutativa dell'ente e quella della

commissione esaminatrice, pur poi qualificando l'attività della com

missione come prestazione procedimentale dovuta dall'imprendi tore e n. 4942 del 27 settembre 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 250).

Ma posto che, si è visto, per legge o per contrattazione colletti

va o per autodeterminazione il datore di lavoro si sia determina

to, nella forma dell'offerta al pubblico, a bandire un concorso

per scegliere le persone da assumere ad un determinato compito, tra la pubblicazione del bando e la instaurazione del rapporto di lavoro, si inserisce un procedimento di diritto privato, da in

tendersi come fattispecie a formazione progressiva (ben distinta, come noto, dalla progressione contrattuale: contratto preliminare e contratto definitivo) e che tuttavia può eventualmente culmina

re anche in una obbligazione di questo genere. La sequenza di questa formazione progressiva avviene secondo

questo ordine: a) bando di concorso come offerta al pubblico che delimiti i requisiti di partecipazione; b) domanda di parteci

pazione che presuppone il possesso dei prescritti requisiti (età, titolo di studio, ecc.) e che implica la manifestazione di consenso

e la formazione di un accordo sulla procedura concorsuale —

salvo eventuale contrasto con norme imperative (cfr. Cass. 28

marzo 1984, n. 2052, id., 1984, I, 1540, con riguardo ad una

clausola del bando che prevedeva come titolo preferenziale per la assunzione la residenza nello stesso luogo di lavoro, oltre alle

numerose sentenze in materia di clausole che escludevano la par

tecipazione al concorso di candidati con un vincolo di parentela con determinati dipendenti dell'ente, esistenti nei concorsi banditi

dalle casse di risparmio); c) espletamento della procedura concor

suale con la valutazione dei candidati secondo criteri predetermi nati ed oggettivi; d) formazione della graduatoria; e) verifica dei

prescritti requisiti; f) nomina; g) accettazione da parte di nomina

ti secondo l'ordine di graduatoria. In siffatto procedimento, si possono e si debbono configurare

alcune differenze di connotazione giuridica, a seconda che la con

nessa attività valutativa sia espletata direttamente, tramite i suoi

Il Foro Italiano — 1987.

organi, dall'offerente datore di lavoro, ovvero che si addivenga alla formazione di una commissione che per la modalità di com

posizione non può configurarsi come espressione esclusiva o pre valente dell'offerente, organo del medesimo. Nel primo caso,

invero, l'attività concorsuale è attività dovuta, ma è nello stesso

tempo attività propria dell'offerente che ne risponde secondo i

principi generali della responsabilità contrattuale.

Quando la commissione esaminatrice per la sua composizione ed anche per il modo nel quale si addiviene alla sua formazione, si palesa come entità esterna rispetto all'offerente (e ciò per una

presenza del tutto minoritaria di componenti appartenenti orga nicamente all'offerente ovvero — per una ipotesi di tutela per la formazione di una commissione esaminatrice, cfr. la fattispe cie di cui alla sent. n. 4850 del 15 luglio 1983 di questo Supremo

collegio, id., Rep. 1984, voce Sindacati, n. 150 — per una pre senza paritaria di questi con rappresentanti delle organizzazioni

sindacali) ne discende la necessità di qualificare detta commissio

ne come organo collegiale arbitratore, al quale è rimessa la scel

ta, la determinazione dell'elemento soggettivo del contratto da

stipulare e che è stato delineato nell'offerta al pubblico. In realtà formulata l'offerta, e avvenuta l'adesione a questa

offerta (di regola con la domanda di ammissione a partecipare al concorso, che, tra l'altro, implica accettazione della relativa

normativa), nell'ambito di coloro che hanno aderito, la commis

sione addiviene alla scelta e quindi alla determinazione di una

delle parti contraenti dell'instaurando rapporto di lavoro.

Il datore di lavoro con il bando di concorso si obbliga ad esple tare il concorso (cfr. Cass. 6 febbraio 1986, n. 751, id., Mass.,

144; n. 2722 del 26 aprile 1985 e n. 3592 del 12 giugno 1982,

cit.) e, nel caso svolga direttamente l'attività concorsuale, ad esple tare la selezione secondo i principi di correttezza e di buona fede

(tra le molte ed oltre le sentenze già citate, cfr. Cass. n. 4250

del 29 giugno 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1027), e, succes

sivamente ad assumere i vincitori. L'offerta è subordinata condi

zionatamente al superamento del concorso, all'accertamento della

sussistenza dei richiesti requisiti professionali e fisici.

Per i partecipanti al concorso (accettanti il bando) non vi è

ancora accettazione del contratto di lavoro, atteso che, all'esito

del concorso, ogni partecipante potrebbe senza dubbio rinuncia

re. In questo senso la partecipazione ad un concorso non è anco

ra accettazione della offerta al pubblico contenuta nel bando,

poiché questa si avrà (e solo eventualmente) successivamente alla

approvazione della graduatoria. È questa una ulteriore conferma

della natura già delineata di offerta al pubblico, poiché l'effica

cia cessa se non interviene l'accettazione nei termini o nel tempo entro il quale persiste l'interesse alla accettazione: l'offerta al pub blico è perciò una parte o «segmento» (per così dire) di negozio,

predisposto come preparatorio alla instaurazione completa di que

sto; e ciò a differenza della promessa al pubblico che è un nego zio unilaterale perfetto.

Da tutto quanto esposto discende, con sufficiente sicurezza, la configurabilità di un preciso interesse, da parte dell'offerente

al pubblico mediante bando di concorso, ad una pronuncia giudi ziale che accerti l'esistenza di determinate irregolarità valutative

compiute dalla commissione esaminatrice nel compimento della

sua attività di arbitratore rivolta a scegliere tra i partecipanti al

concorso quelli rispetto ai quali delimitare l'offerta e quindi l'in

vito inderogabile ad accettare l'offerta stessa. Perché, si è visto, almeno con riguardo ad una commissione che risulti esterna alla

organizzazione dell'offerente, tale organismo persegue finalità con

comitanti (la par condicio dei concorrenti e la selezione profes

sionale) che non possono riferirsi ad interessi esclusivi di una delle

parti, ma che sono proprie sia dell'offerente che del partecipante al concorso futuro accettante.

Nel caso in esame era risultato accertato e non controverso

tra le parti, che con la deliberazione n. 1855 del 12 dicembre

1975, adottata in adempimento dell'art. 7 del bando di concorso

pubblicato nella G.U. parte II n. 276 del 17 ottobre 1975, era

stata nominata, dalla commissione amministratrice, la commis

sione giudicatrice costituita da cinque membri dei quali il solo

presidente era lo stesso presidente dell'A.t.a.c. mentre gli altri

membri erano rispettivamente il direttore dell'A.t.m. di Milano, il presidente dell'azienda consorziale trasporti pubblici di Bolo

gna, i professori ordinari di economia e politica dei trasporti del

la facoltà di ingegneria della università di Roma e della università

di Salerno. Questa commissione il 20 luglio 1976 depositava una

relazione conclusiva, con allegati i verbali delle riunioni, dalla

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Page 5: sezione lavoro; sentenza 19 febbraio 1987, n. 1804; Pres. Menichino, Est. Genghini, P. M. Dettori (concl. diff.); Alaimo (Avv. P. Stella Richter) c. A.t.a.c. (Avv. M. Nigro, Falasca).

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

quale risultava che erano idonei tre candidati dei quali il maggior

punteggio era assegnato al ricorrente ing. Alaimo. La commissio

ne amministratrice, considerato che «il procedimento seguito dal

la predetta commissione esaminatrice è riconosciuto regolare»

approvava la graduatoria e dichiarava vincitore l'ing. Alaimo primo classificato «sotto condizione dell'accertamento dell'idoneità fisi ca e dei requisiti tutti per l'ammissione all'impiego» nominando lo direttore dell'A.t.a.c. salvo il gradimento dell'assessorato

regionale dei trasporti. Successivamente, a seguito di esposti e

reclami, la commissione amministratrice sospendeva la efficacia della deliberazione anzidetta occorrendo accertare, con il parere di esperti appositamente nominati, la discordanza dei criteri per la attribuzione dei punteggi alle varie categorie di titoli, rispetto a quelli stabiliti nel bando di concorso.

Il 21 dicembre 1977 il T.A.R. Lazio, su ricorso degli interessa

ti, annullava gli atti della commissione esaminatrice, e il 10 mar zo 1978 la commissione amministratrice dell'A.t.a.c. deliberava di dare esecuzione a tale pronuncia, e ciò era approvato dalla

giunta municipale il 22 marzo successivo. Si addiveniva poi alla

nomina di una nuova commissione esaminatrice e, successivamente il 22 ottobre 1980 all'annullamento delle operazioni concorsuali e dello stesso bando.

Per quanto attiene alla difesa dell'A.t.a.c., innanzi al pretore,

questa era imperniata sull'accertamento della legittimità dell'an nullamento degli atti relativi al concorso, ma anche sull'annulla

mento di questi da parte dello stesso giudice; ed infatti, proprio nelle conclusioni della memoria di costituzione, è detto testual

mente «rigettare la domanda, previo se del caso annullamento, che peraltro espressamente si chiede, della procedura e degli atti,

compresa la graduatoria finale posti in essere dalla commissione

giudicatrice nominata ai sensi dell'art. 7 del bando di concorso

pubblicato in data 17 ottobre 1975 e degli atti ad esso connessi

e conseguenziali, ivi compresa se del caso la deliberazione azien

dale n. 1031 del 28 luglio 1976». Pertanto correttamente il tribu

nale, in ciò riformando la sentenza del pretore (che invece aveva ritenuto non aver l'A.t.a.c. eccepito alcun motivo di annullabili

tà, atteso che gli errori della commissione giudicatrice erano ri

masti una «mera enunciazione» dalla quale non si erano tratte

le possibili conseguenze «in ordine ad eventuali eccezioni non pro

poste»), ha ritenuto che, data la natura del rapporto instauratosi a seguito del bando di concorso, «anche l'ente pubblico economi

co, vincolato dalla procedura concorsuale, deve dedurre davanti

al giudice ordinario, in via di azione o di eccezione, l'invalidità degli atti di quella procedura derivante dalla violazione della nor

ma in esame, richiesta ritualmente proposta dall'A.t.a.c. in pri me cure... tanto nelle parti espositive, quanto nelle conclu

sioni». Come è noto, infatti, sono eccezioni in senso stretto, sulle qua

li, se ritualmente proposte, il giudice deve pronunciarsi per preci so obbligo di legge (art. 112 c.p.c.), oltre le eccezioni previste

espressamente dalla legge, quelle corrispondenti a controdiritti del

convenuto rivolti all'impugnazione del diritto dell'attore, che po trebbero essere fatti valere separatamente, in via di azione auto

noma, come la deduzione di annullabilità del contratto per vizio

del consenso a fronte della pretesa attrice di riconoscimento della

piena validità ed efficacia del contratto stesso, con riguardo alla

eccepibilità in via di eccezione della annullabilità di atti ammini

strativi o di contratti seguiti ad atti amministrativi (cfr. Cass. 11 marzo 1976, n. 855, id., Rep. 1976, voce Contratti della p.a., n. 18 e 16 dicembre 1974, n. 4290, id., Rep. 1974, voce cit., n. 32; con riguardo poi allo specifico interesse della p.a. cfr. sent.

24 febbraio 1972, n. 533, id., Rep. 1972, voce cit., n. 17; 14

febbraio 1964, n. 337, id., Rep. 1964, voce Amministrazione del

lo Stato, n. 68). D'altra parte, (Cass. 17 dicembre 1969, n. 3995, id., Rep. 1970,

voce Cassazione civile, n. 72) per proporre un'eccezione in senso

tecnico non occorrono formule solenni e tipiche, ma è sufficiente

allegare l'elemento di fatto che, nella sua rilevanza giuridica, opera

quale ragione di inefficacia, di estinzione e di modifica del fon damento giuridico della pretesa attrice.

Né è controvertibile che in materia processuale le domande del

le parti vanno individuate non secondo il solo esame delle conclu

sioni, ma secondo tutta la materia del contendere; ed è sotto tale

profilo che una determinata conclusione, se non ha altro intento

che quello di opporre una controdifesa alle richieste dell'attore, e non ha in sé la domanda per l'attribuzione di un bene della

vita (o, comunque, per il conseguimento di un determinato effet

II Foro Italiano — 1987.

to utile) diverso da quello inizialmente prospettato con la difesa, non assume il carattere di domanda, bensì di semplice ecce

zione.

Atteso che «il procedimento concorsuale, ivi compresa la gra duatoria erroneamente approvata, per le riscontrate irregolarità, non aveva adempiuto al suo scopo di selezionare il migliore can

didato, tenendo conto dei criteri del bando», il tribunale esatta mente ha concluso dichiarando l'invalidità di quel procedimento, nel senso che l'atto finale «non può conseguire gli effetti connessi alla sua funzione».

Consegue da quanto esposto il rigetto del ricorso principale restando cosi assorbito il ricorso incidentale. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 17 febbraio

1987, n. 1693; Pres. Cusani, Est. A. Finocchiaro, P. M. Det

tori (conci, conf.); Castellano (Avv. Insogna) c. Pari (Aw.

Sigilli). Conferma App. Napoli 24 marzo 1984.

Filiazione — Dichiarazione giudiziale di paternità — Giudizio di

ammissibilità — Intervento di terzi — Successivo giudizio di merito — Litisconsorzio processuale — Insussistenza (Cod. civ., art. 274, 276).

Filiazione — Dichiarazione giudiziale di paternità — Legittima zione passiva (Cod. civ., art. 276).

I terzi, privi della legittimazione ad agire e a contraddire, che siano intervenuti, deducendo un proprio interesse, nel giudizio preliminare per l'ammissibilità dell'azione di dichiarazione giu diziale di paternità naturale, non sono litisconsorti necessari

nel successivo giudizio di merito. (1) Legittimati passivi nel giudizio di dichiarazione giudiziale di pa

ternità naturale sono soltanto gli eredi del presunto padre de

funto e non i loro aventi causa; questi ultimi possono sem

pre intervenire nel giudizio ai sensi dell'art. 276, 2° comma, c.c. (2)

(1-2) Non risultano precedenti nei termini specifici della questione. In favore della legittimazione passiva dei parenti del de cuius, in mancanza

degli eredi, si sono pronunciate Cass. 7 giugno 1954, n. 1863, Foro it., 1954, I, 1249 e Trib. Messina 9 novembre 1954, id., Rep. 1955, voce

Filiazione, n. 60. Cass. 8 giugno 1968, n. 1754, id., 1968, I, 1744, ha invece affermato che ove l'azione abbia il solo scopo di conseguire l'ere dità dell'ascendente immediato del genitore naturale, legittimati passivi dell'azione sono gli eredi e i chiamati all'eredità dell'ascendente legittimo, essendo questi i veri interessati a resistere.

In dottrina, l'opinione attualmente dominante è conforme alla decisio ne riportata. Attenendosi strettamente alla lettera dell'art. 276 c.c., gli interpreti più autorevoli consentono l'intervento dei parenti del de cuius (cosi come chiunque altro vi abbia interesse) soltanto all'intervento vo lontario previsto dal 2° comma della norma in esame: v. Majello, Della

filiazione naturale, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna Roma, 1982, sub art. 276, 216, 218; Tamburrino, La filiazione, in Giur. sist. civ. e comm., fondata da Bigiavi, Torino, 1984, 154 s.; A. e M.

Finocchiaro, Diritto di famiglia, Milano, 1984, II, 1801. Contra, si era no espressi in passato Cicu, Filiazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1947, 449, 453 e Falco, in Giur. Cass. civ., 1954, XXXIII, 94.

Sulle (controverse) vicende giurisprudenziali del giudizio di ammissibili tà dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità, v., da ultimo, Cass. 3 luglio 1986, n. 4376, Foro it., 1987, I, 140 con nota di richiami.

Sull'intervento adesivo dipendente degli eredi del presunto padre nel l'azione di disconoscimento di paternità in relazione all'interesse dei pri mi a contraddire alla (successiva) domanda di dichiarazione giudiziale di paternità naturale, cfr. Cass. 23 ottobre 1980, n. 5704, id., 1981, I, 56, con nota di richiami.

Sull'esclusione del litisconsorzio necessario fra i presunti genitori nel l'azione ex art. 276 c.c., v. G. Costantino, Contributo allo studio del litisconsorzio necessario, Napoli, 1979, 403.

In merito al litisconsorzio c.d. processuale o «unitario», v., in partico lare, Civinini, Note per uno studio del litisconsorzio «unitario», con par ticolare riferimento al giudizio di primo grado, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1983, 431.

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