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sezione lavoro; sentenza 19 maggio 1987, n. 4568; Pres. Brancaccio, Est. Nuovo, P. M. Caristo...

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sezione lavoro; sentenza 19 maggio 1987, n. 4568; Pres. Brancaccio, Est. Nuovo, P. M. Caristo (concl. conf.); Paletti (Avv. Guardascione, Ferrari) c. Soc. Standa; Soc. Standa (Avv. Benedetti, Nicoletti) c. Poletti. Conferma Trib. Milano 20 settembre 1982 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 10 (OTTOBRE 1987), pp. 2741/2742-2745/2746 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179201 . Accessed: 28/06/2014 15:34 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.26 on Sat, 28 Jun 2014 15:34:38 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 19 maggio 1987, n. 4568; Pres. Brancaccio, Est. Nuovo, P. M. Caristo(concl. conf.); Paletti (Avv. Guardascione, Ferrari) c. Soc. Standa; Soc. Standa (Avv. Benedetti,Nicoletti) c. Poletti. Conferma Trib. Milano 20 settembre 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 10 (OTTOBRE 1987), pp. 2741/2742-2745/2746Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179201 .

Accessed: 28/06/2014 15:34

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tributivo in capo al datore di lavoro porta ad escludere il sorgere in capo al medesimo dell'obbligo del versamento dei contributi

previdenziali sulle retribuzioni, non essendo queste dovute (e sul

punto la sentenza di primo grado deve interdersi confermata da

quella d'appello), non viene ad essere escluso il computo del pe riodo di assolvimento delle funzioni di giudice popolare ai fini

pensionistici dal momento che il diritto dei lavoratori in aspetta tiva perché chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprirne cariche sindacali (e, quindi, anche dei lavoratori chiamati all'uf

ficio di giudice popolare in virtù dell'equiparazione fatta dall'art.

2 bis 1. n. 74 del 1978) a vedersi computato il periodo di aspetta tiva in discorso ai fini del trattamento pensionistico, pur in assen

za di retribuzione e di contribuzione previdenziale a carico del

datore di lavoro, è garantito dall'art. 31, 3° comma, dello statuto

dei lavoratori, con onere gravante direttamente sugli enti previ denziali erogatori delle relative prestazioni senza il normale corri

spettivo dei contributi; il che significa che il lavoratore, durante

l'aspettativa per una delle suddette cause, ha diritto alla conser

vazione della propria posizione assicurativa e previdenziale me

diante accreditamento di contributi figurativi. È infondato, infine, anche il ricorso incidentale.

Giustamente il tribunale ha rilevato che, se fosse stato fondato

il diniego della banca al computo delle giornate di assenza per l'assolvimento delle funzioni di giudice popolare nell'anzianità di

servizio, il richiamo fatto dall'art. 2 bis 1. n. 74 del 1978 alle

norme relative al trattamento del lavoratore chiamato all'eserci

zio delle funzioni pubbliche elettive non avrebbe avuto alcun ef

fetto, e che, d'altra parte, in tale ipotesi, il decorrere dell'anzianità

di servizio era garantito dall'art. 31 dello statuto dei lavoratori

e dall'art. 51 Cost.

Quanto all'art. 31 citato, questa corte ha ripetutamente affer

mato che il periodo di aspettativa del lavoratore chiamato a fun

zioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali provinciali o nazionali, deve, ai sensi della suddetta norma, considerarsi uti

le ai fini della maturazione di tutti i diritti dipendenti dall'anzia

nità di servizio, atteso che, in generale, nell'ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro, persistono tutti i diritti non incompatibili — come quello alla retribuzione — con la contemporanea cessa

zione della prestazione lavorativa, salva la possibilità di diverse

pattuizioni tra le parti ove la sospensione abbia titolo convenzio

nale (Cass. 6 marzo 1986, n. 1491 e 11 aprile 1986, n. 2560,

id., Rep. 1986, voce Lavoro (rapporto), nn. 1283, 1284; per l'i

potesi di sospensione consensuale del rapporto di lavoro v., inve

ce, Cass. 6 giugno 1979, n. 3223, id., 1979, I, 2361). D'altra

parte, come è stato evidenziato nelle prime due ora menzionate

decisioni, l'art. 51, 3° comma, Cost., stabilendo che «chi è chia

mato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tem

po necessario al loro adempimento e di conservare il posto di

lavoro», intende, più comprensivamente garantire al lavoratore

che si trovi in tale condizione la «posizione di lavoro», nella qua le non può non ricomprendersi la maturazione, durante l'aspetta

tiva, di tutti i diritti dipendenti dall'anzianità di servizio.

Ne deriva che entrambi i ricorsi vanno rigettati.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 19 maggio

1987, n. 4568; Pres. Brancaccio, Est. Nuovo, P. M. Caristo

(conci, conf.); Paletti (Avv. Guardascione, Ferrari) c. Soc.

Standa; Soc. Standa (Avv. Benedetti, Nicoletti) c. Poletti.

Conferma Trib. Milano 20 settembre 1982.

Tributi in genere — Imposte dirette — Ritenuta d'acconto sulle

somme dovute per trattamento di fine rapporto — Conoscenza

del datore di lavoro del reddito complessivo netto del dipen

dente — Irrilevanza — Conseguenze (D.p.r. 29 settembre 1973

n. 597, istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle per

sone fisiche, art. 12, 13; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, di

sposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui

redditi, art. 23).

// datore di lavoro, nel calcolare le ritenute d'acconto da operare

sulle somme dovute al dipendente per il trattamento di fine

rapporto, è obbligato a far riferimento solo ai redditi di lavoro

corrisposti ne! biennio precedente, anche se fosse a conoscenza

Il Foro Italiano — 1987 — Parte /-178.

della diversa misura del reddito complessivo netto del dipen dente percepito nello stesso periodo; l'eventuale differenza, po sitiva o negativa, tra ritenuta operata e tassazione definitiva va versata, o richiesta, all'amministrazione finanziaria. (1)

Svolgimento de! processo. — Uberto Poletti, dipendente della

Standa dal 31 marzo 1952 al 31 dicembre 1974, con ricorso del

19 settembre 1980 diretto al Pretore di Milano esponeva che la

datrice di lavoro, nell'operare la ritenuta fiscale sulla somma di

lire 78.994.803 che doveva corrispondergli a titolo di indennità

di anzianità, previdenza, preavviso, ecc., invece di applicare l'ali

quota del 5,92%, corrispondente alla media del reddito comples sivo accertato agli effetti dell'imposta complementare per il biennio

1972-73 per lire 4.513.504, aveva applicato l'aliquota del 21,59%, trattenendo cosi la maggior somma di lire 16.460.750. Esponeva inoltre che, avendo egli lavorato alle dipendenze di detta società

per ben ventidue anni, gli spettava la pensione premio di operosi tà istituita dalla datrice di lavoro con ordine di servizio n. 132/N

del 18 settembre 1963 e n. 204/17 del 24 dicembre 1952.

Chiedeva pertanto che la Standa venisse condannata al paga mento della somma complessiva di lire 11.947.060 oltre rivaluta

zione e interessi.

Costituitasi in giudizio, la convenuta, dopo aver rilevato che

la ritenuta fiscale era stata operata, in conformità alle istruzioni

del ministero delle finanze, sulla base dell'ammontare complessi vo delle retribuzioni corrisposte al ricorrente nel biennio 1972-73,

eccepiva che il Poletti avrebbe potuto far valere eventuali crediti

di imposta, sulla base del condono operato sull'imposta comple mentare in detti anni, in sede di dichiarazione dei redditi presen tata nel 1975 per l'anno 1974. Aggiungeva la Standa che nessuna

prova era stata fornita dal dipendente sull'ammontare dei redditi

accertati fiscalmente per il biennio suddetto e che comunque, pri ma di richiedere il risarcimento del danno ad essa società, avreb

be dovuto il ricorrente presentare istanza di rimborso all'intendenza

di finanza ai sensi del d.p.r. n. 602 del 1973. Quanto alla doman

da relativa al premio di operosità, la Standa ne eccepiva prelimi narmente l'improponibilità, perché preclusa da una transazione

intervenuta tra le parti, e comunque l'infondatezza nel merito

per difetto dei presupposti di fatto necessari per la relativa con

cessione. Il pretore con sentenza del 18 marzo 1981 respingeva la domanda e il Tribunale di Milano con decisione del 20 settem

bre 1982 confermava tale pronuncia.

(1) Com'è ovvio, non constano precedenti in termini. Era davvero sin

golare, difatti, la pretesa del dipendente di far mutare la funzione del datore di lavoro (che per una qualsiasi circostanza sia a conoscenza di

quanto abbia guadagnato il suo dipendente nel biennio preso in conside razione dalla legge) da sostituto d'imposta, a titolo d'acconto (è qui l'in

ghippo!), ad alter ego degli uffici finanziari; o, in altri termini, di

sopprimere la fase «provvisoria» della ritenuta, giungendo direttamente

alla tassazione definitiva. Se la legge ha tenuto distinto il reddito su cui

operare il calcolo per individuare l'aliquota da porre a base della ritenuta

d'acconto ed il reddito complessivo per determinare l'aliquota da applica re in sede di tassazione definitiva, la ragione c'è: è più semplice (ed è

più frequente) che il datore di lavoro si riferisca solo al reddito di lavoro che ha corrisposto al suo dipendente nel biennio precedente — di cui

conosce certamente l'importo — non senza tener conto che l'operazione di eventuale conguaglio con l'imposta definitiva è bene sia eseguita dagli uffici finanziari (cfr., indicativamente, Vinci e Gagliardi, Le imposte dirette e la loro pratica applicazione nelle imprese, Roma, 1985, 205:

«Ciò potrà determinare, in molti casi, la necessità del successivo congua

glio fra l'imposta trattenuta sulle competenze di cui si tratta e quella dovuta per effetto del concorso di altri redditi con quello di lavoro. Ma

questa operazione, dovendo avvenire sulla base della dichiarazione pro dotta dal percipiente, non interessa il datore di lavoro»).

In ordine alla disciplina della tassazione separata di cui agli art. 12

ss. d.p.r. 597/73, cfr. Corte cost. 17 aprile 1985, n. 104, Foro it., 1985,

I, 2198, con nota di richiami, che ha dichiarato l'illegittimità costituzio

nale degli art. 12 e 13 cit. nella parte in cui non prevedono l'esclusione

della tassazione separata per i redditi che, sommati agli altri percepiti nei singoli anni cui si riferiscono, non superano il minimo imponibile; Cass. 21 gennaio 1985, n. 190, ibid., 2035, con nota di richiami, sui

criteri di tassazione nell'ipotesi di definizione per condono del reddito

percepito nel biennio e soggetto al cumulo dei redditi dei coniugi; sulle

modifiche introdotte a questa disciplina dalla 1. 26 settembre 1985 n. 482

e sui profili di parziale illegittimità costituzionale della stessa, v. Corte

cost. 7 luglio 1986, n. 178, id., 1986, I, 2068, con nota di richiami, cui

si rinvia per ulteriori indicazioni sul tema delle indennità ai pubblici di

pendenti. [S. Dì Paola]

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2743 PARTE PRIMA 2744

Osservava il giudice di merito che la Standa, nel calcolare l'ali

quota della ritenuta da operare sull'indennità di anzianità, aveva

fatto riferimento alle retribuzioni corrisposte al dipendente negli anni 1972 e 1973 sul presupposto di una normale posizione fisca

le del medesimo e sulla scorta della circolare del 15 dicembre

1973 del ministero delle finanze. E poiché tale ritenuta doveva

essere operata al momento della corresponsione di detta indenni

tà, avrebbe dovuto il Poletti dimostrare che la datrice di lavoro

era in quel momento a conoscenza del minor reddito complessivo netto accertato agli effetti dell'imposta complementare per il bien

nio suddetto, prova che mancava del tutto, perché i documenti

prodotti (certificato dell'ufficio distrettuale delle imposte dirette

di Bergamo e decisioni della commissione tributaria di secondo

grado di detta città) sono del 1978 o del 1980: il che fa ritenere

che nemmeno il Poletti era in grado nel 1974 di conoscere il red

dito accertato per detti due anni né di fornire la relativa docu

mentazione. Ed è proprio per evidenti ragioni d'ordine pratico che la disciplina della ritenuta alla fonte è retta da norme di ca

rattere processuale, rivolte al sostituto d'imposta, le quali si di

scostano in parte dalla disciplina sostanziale del tributo e che in

particolare nel disposto dell'art. 23, lett. c), d.p.r. 29 settembre

1973 n. 600 è contenuta la regola generale secondo cui il sostituto

d'imposta per l'applicazione delle ritenute deve prendere a base

i redditi corrisposti. In relazione al motivo di impugnazione proposto dal Poletti,

secondo il quale nel precedente ordine di servizio del 1952 era

solo precisato che il premio di operosità si conseguiva al compi mento del sessantesimo anno di età se uomo e di cinquantacinque anni se donna e non anche che la permanenza in servizio dovesse

perdurare fino a detta età, obiettava il tribunale che il successivo

ordine di servizio del 1963 chariva che il premio di operosità non

spettava a chi lasciava l'azienda prima del raggiungimento del

limite di età e il precedente ordine di servizio, anche se interpre tato nel senso voluto dal Poletti, non poteva giovare a lui, dato

che alla data del secondo ordine di servizio egli non aveva ancora

maturato il diritto alla pensione premio, perché aveva un'anzia

nità di soli undici anni. Avverso tale decisione il Poletti ricorre per cassazione dedu

cendo due motivi di annullamento. Resiste la Standa con contro

ricorso proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato

affidato ad un unico mezzo, cui resiste il Poleti con controricor

so. Il lavoratore ha presentato memoria.

Motivi della decisione. — I due ricorsi in quanto diretti entro

la medesima sentenza vanno di ufficio riuniti. (Omissis) Con il primo motivo di ricorso principale, denunciando l'o

messa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della con

troversia nonché la violazione dell'art. 86 1. 29 settembre 1973

n. 579, lamenta il Poletti che il tribunale abbia ritenuto che in

combeva ad esso ricorrente provare che, al momento della ritenu

ta alla fonte operata sull'indennità di anzianità, la Standa fosse

al corrente di quale fosse il reddito netto accertato agli effetti della imposta complementare per il biennio 1972-1973, senza te

ner conto che tale conoscenza doveva presumersi per il fatto no

torio dell'esistenza del condono e dell'interesse dei lavoratori ad ottenere la liquidazione nel corso del 1974 per giovarsi dell'ali

quota di favore derivante appunto del condono.

Aggiunge poi che tale discorso è anche superfluo, tenuto conto che l'aliquota della ritenuta alla fonte ai fini dell'art. 86 sopra citato andava rapportata al reddito accertato e non alle retribu zioni percepite dal contribuente.

Il motivo è infondato. Ha ragione il Poletti a sostenere che la conoscenza o meno da parte della Standa dell'avvenuto condo no è questione superflua, perché il problema trova soluzione sul

piano del diritto: solo che proprio su tale piano egli ha torto. Il ricorrente confonde due concetti, che nella legge sono tenuti ben distinti: il reddito su cui deve essere operata la ritenuta d'ac conto e quello su cui viene calcolata l'imposta definitiva. Con riferimento all'indennità di anzianità, l'art. 23 d.p.r. 29 settem bre 1973 n. 600 dispone che il datore di lavoro nel corrispondere al proprio dipendente l'indennità di fine rapporto deve sulla par te imponibile d'essa operare una ritenuta alla fonte a titolo di acconto con l'aliquota corrispondente alla metà dell'ammontare

globale dei redditi di lavoro dipendente percepiti dal prestatore di lavoro nel biennio precedente». E del resto ciò è nella logica della figura del sostituto di imposta (quale è il datore di lavoro

per le somme corrisposte ai propri dipendenti), figura questa che trova giustificazione proprio nella particolare situazione in cui

Il Foro Italiano — 1987.

il datore di lavoro si trova con il presupposto di imposta, in quanto

eroga le retribuzioni e le indennità assoggettate a tributi, ed è

in grado, per il rapporto privatistico che lo lega al lavoratore

sostituito, di trasferire immediatamente su di lui il peso economi

co dell'imposta versata, operando la rivalsa mediante il prelievo delle somme pagate da quelle dovute al dipendente in conseguen za del rapporto di lavoro.

La stessa indennità di anzianità deve poi essere denunciata dal

lavoratore fra i redditi soggetti a tassazione separata e viene tas

sata definitivamente (sempre nella parte imponibile) con l'aliquo ta corrispondente «alla metà del reddito complessivo netto del

contribuente del biennio anteriore all'anno in cui è percepita»

(art. 12, 13 e 14 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597). I due redditi (quello retributivo su cui è stata operata la ritenu

ta di acconto e quello complessivo) coincidono perfettamente so

lo in un caso, nell'ipotesi cioè che il lavoratore abbia un unico

reddito (quello di lavoro) e si sia avvalso nel biennio della dedu

zione forfettaria di cui all'art. 16, lett. b), d.p.r. n. 597 del 1973

a fronte degli oneri previsti dall'art. 10 stessa legge. In questo caso la ritenuta d'acconto corrisponde alla tassazione definitiva

e non sorge né credito né debito a favore o a carico del contri

buente.

In tutti gli altri casi invece vi può essere divario fra la ritenuta

d'acconto e la tassazione definitiva.

Nel caso infatti in cui il lavoratore, oltre a quelli di lavoro

ha denunciato altri redditi (fondiari, di capitale, ecc.), l'aliquota

corrispondente al reddito complessivo netto, data la progressività

dell'imposta, può essere superiore a quella applicata dal datore

di lavoro in sede di ritenuta alla fonte sulla base del solo reddito

di lavoro e in tal caso (nel regime anteriore a quello dell'autotas

sazione) l'ufficio delle imposte provvedeva ad iscrivere a ruolo

la maggiore imposta dovuta. Può capitare, al contrario, che il

contribuente in possesso di solo reddito da lavoro dipendente, invece di usufruire della deduzione forfettaria prevista dall'art.

16, lett. b), sopracitata, effettui, in sede di dichiarazione dei red

diti, la deduzione degli oneri contemplati dall'art. 10 d.p.r. n.

597 del 1973 (spese per interessi passivi, spese mediche e chirurgi

che, spese scolastiche, ecc.): in tale ipotesi la riduzione del reddi

to complessivo a seguito delle suddette deduzioni può determinare

l'applicazione di un'aliquota inferiore, rispetto a quella applicata dal datore di lavoro in sede di ritenuta alla fonte, e far sorgere a favore del contributente il diritto al rimborso per la differenza.

Ma tutto ciò avviene ad opera dell'ufficio imposte in sede di

verifica dei redditi soggetti a tassazione superata. Il datore di la

voro invece, anche se fosse a conoscenza della diversa aliquota

applicabile al reddito complessivo netto del proprio dipendente, non può in alcun modo derogare ai criteri legali di calcolo della

ritenuta alla fonte, senza incorrere nelle sanzioni previste dall'art.

92 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602.

Questo sistema non è stato in alcun modo modificato dalla

disposizione transitoria contenuta nell'art. 86 d.p.r. n. 597 del

1973, che regola la tassazione separata nella fase di transizione

per il vecchio e il nuovo regime tributario, stabilendo che tali

redditi vengano tassati con l'aliquota attuale calcolata sulla metà

dell'ammontare globale dei redditi percepiti nel periodo di vigen za dell'antecedente regime tributario.

Ora, tale disposizione non incide sul regime della ritenuta alla

fonte, regolato dall'art. 23 d.p.r. n. 600 del 1973, e quindi il

datore di lavoro è tenuto a calcolare detta ritenuta con l'aliquota

corrispondente alla metà dell'ammontare dei redditi di lavoro, da lui corrisposti al dipendente nel biennio precedente. L'art. 86,

infatti, modifica solo l'art. 13 d.p.r. n. 597 del 1973, che riguar da la tassazione definitiva che viene operata dall'ufficio, stabilen do che, se nel biennio anteriore alla correponsione dell'indennità

di anzianità vi sia un periodo svoltosi sotto il precedente regime tributario, l'aliquota attuale va applicata sulla metà non del red dito complessivo netto ai fini i.r.p.e.f. (che non vi può essere, essendo il nuovo regime tributario entrato in vigore successiva

mente), ma del reddito complessivo netto accertato agli effetti

dell'imposta complementare, che sotto l'antecedente regime tri butario aveva natura di imposta personale progressiva simile al l'attuale i.r.p.e.f.

Nella specie è pacifico che l'indennità di anzianità fu corrispo sta al Poletti nel 1974 e che la Standa operò la ritenuta d'acconto

calcolandola, come prescrive l'art. 23 d.p.r. n. 600 del 1973, in base all'aliquota corrispondente alla metà delle retribuzioni corri

sposte al dipendente nel biennio precedente: ciò è sufficiente per

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

escludere qualsiasi responsabilità della datrice di lavoro in sede

di rivalsa, avendo trattenuto le somme corrispondenti alla ritenu

ta di acconto, legittimamente operata. Se poi l'aliquota applicabile dall'ufficio delle imposte dirette

in sede di tassazione definitiva risulti inferiore (per avvenuto con

dono sull'imposta complementare o per altri motivi, come si è

sopra accennato) ogni richiesta di restituzione va diretta all'am

ministrazione finanziaria, se nel frattempo non è stato operato il rimborso di ufficio sulla base dell'art. 41 d.p.r. n. 602 del 1973.

(Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 13 maggio

1987, n. 4392; Pres. Scanzano, Est. R. Sgroi, P. M. La Val

va (conci, diff.); Comune di Sanremo (Avv. Guidi, Uckmar,

Felici) c. Min. finanze; Min. finanze (Avv. dello Stato Poliz

zi) c. Comune di Sanremo. Cassa Comm. trib. centrale 13 ot

tobre 1983, n. 2827.

Ricchezza mobile (imposta di) — Entrate da esercizio di case da

giuoco — Tassabilità — «Ius superveniens» — Esclusione —

Fattispecie (D.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, t.u. delle leggi sulle

imposte dirette, art. 81; d.l. 1° luglio 1986 n. 318, provvedi menti urgenti per la finanza locale, art. 19; 1. 9 agosto 1986

n. 488, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1° lu

glio 1986 n. 318, art. 1). Fabbricati (imposta sul reddito dei) — Enti pubblici — Immobili

destinati a case da giuoco — Assoggettabilità — Condizioni — Fattispecie (D.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 69, 72, 77; d.l. 1° luglio 1986 n. 318, art. 19).

Poiché con l'art. 9 d'I. 1° luglio 1986 n. 318, convertito nella

l. 9 agosto 1986 n. 488, è stata stabilita, con effetto retroatti

vo, la natura non reddituale delle entrate delle gestioni delle

case da giuoco, va cassata la decisione che abbia dichiarato

soggetti all'imposta di ricchezza mobile tali redditi negandone la natura pubblicistica (nella specie, si trattava delle entrate del

comune di Sanremo per l'esercizio diretto del casinò muni

cipale). (1) Va cassata la decisione della commissione tributaria centrale che

abbia escluso l'assoggettamento all'imposta sul reddito dei fab bricati immobili, di proprietà di ente pubblico (nella specie, il comune di Sanremo), destinati a case da giuoco in funzione della toro destinazione strumentale alla produzione del reddito

consistente nelle entrate derivanti dalla gestione della casa da

giuoco, riservando al giudice di rinvio l'accertamento relativo

alla sussistenza, in concreto, del carattere strumentale degli im

mobili suddetti ovvero, in difetto di un tale requisito, di un

reddito autonomo derivante dal possesso di tali edifici, tenen

do conto delle innovazioni introdotte dall'art. 19 d.l. 1° luglio 1986 n. 318, convertito nella l. 9 agosto 1986 n. 488, circa

la natura delle entrate delle gestioni delle case da giuoco. (2)

(1-2) I. - Il 'sogno' dei comuni, che gestiscono direttamente le case

da giuoco sul territorio nazionale (si tratta dei comuni di Sanremo e Ve

nezia), di sottrarne le entrate conseguite nell'esercizio delle case da giuo co all'imposizione del tributo mobiliare si può ritenere oramai realizzato.

Con l'intervento dell'art. 19 1. 9 agosto 1986 n. 488, che ha convertito

con modificazioni il d.l. 1° luglio 1986 n. 318 (il testo coordinato si può consultare su Le leggi, 1986, 2009), si è definitivamente sancita la natura

pubblicistica dei proventi conseguiti dai predetti comuni, facendo cadere

l'assunto da cui muoveva la giurisprudenza dominante nell'affermare la

tassabilità delle entrate delle case da giuoco: v. Cass. 15 ottobre 1984, nn. 5168 e 5169, Foro it., Rep. 1985, voce Ricchezza mobile (imposta), nn. 2-4; nonché le coeve sentenze nn. 5173, 5171, 5172, 5174 e 5170,

id., Rep., 1984, voce cit., nn. 7, 9, 4, 12 e id., 1984, I, 2723, con nota

di richiami di C.M. Barone, cui adde Comm. trib. centrale 5 giugno

1984, n. 6007, id., Rep. 1984, voce cit., n. 13; 19 marzo 1984, n. 2519,

ibid., n. 14; 13 ottobre 1983, n. 2824, ibid., n. 16; 5 luglio 1979, n.

8772, id., Rep. 1981, voce cit., n. 69; 6 novembre 1979, n. 8772, id.,

Rep. 1980, voce cit., n. 50, tutte concordi nell'escludere che gli incassi

percepiti dai comuni potessero qualificarsi come entrate tributarie o di

tipo pubblicistico, risultando tali entrate gli utili percepiti nell'esercizio

di un'attività imprenditoriale; ma mette conto sottolineare che la natura

pubblicistica dei guadagni realizzati attraverso le case da giuoco è stata

affermata a più riprese dalla dottrina (v., per tutti, F. Franchini, Casa

da giuoco, voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1960, VI, 359, 362-63,

Il Foro Italiano — 1987.

Svolgimento del processo. — Con decisione n. 2827 del 13 ot

tobre 1983 la Commissione tributaria centrale dichiarava soggetti ad imposta di r.m. cat. B, i redditi percepiti dal comune di San

remo per l'esercizio diretto del casinò municipale e non soggetto ad imposta fabbricati il reddito dell'immobile destinato a detta

attività; rinviava alla commissione di secondo grado di Imperia

per la determinazione del reddito complessivo tassabile con im

posta di r.m.

ove ampi richiami bibliografici) e, di recente, anche dalla Corte costitu zionale (cfr. sent. 23 maggio 1985, n. 152, Foro it., 1986, I, 41, spec. 43), mentre la giurisprudenza ordinaria non si è spinta più in là di un'af fermazione sporadica in tal senso, resa, peraltro, nel periodo in cui il casinò dell'odierno comune ricorrente era gestito da una società privata in regime di concessione e la quota degli incassi versata al comune come

corrispettivo della concessione mutuava, da tale qualifica, la natura di «entrata pubblicistica» (cfr. Cass., sez. un., 11 giugno 1971, n. 1745, id., 1971, I, 2220, con nota di richiami).

È pacifica l'affermazione secondo cui, ove il provento conseguito dal l'ente pubblico abbia natura pubblicistica, va esclusa la tassazione con

l'imposta di r.m.: v., a mo' d'esempio, Cass. 3 dicembre 1974, n. 3944, id., Rep. 1974, voce cit., n. 24; Comm. trib. centrale 12 dicembre 1972, n. 11924, id., Rep. 1973, voce cit., n. 65 (entrambe relative alla gestione di beni demaniali quali i musei ed i monumenti cittadini); Cass. 28 luglio 1972, n. 2578, id., 1973, I, 772 (sui proventi riscossi dal comune di Chian ciano Terme dalla società omonima Terme di Chianciano); Comm. cen trale 13 maggio 1969, n. 3972, id., Rep. 1972, voce cit., n. 63 (circa i canoni percepiti dai comuni dagli appaltatori delle imposte di consumo).

II. - Risolto, in tal senso, il profilo concernente l'imposta di ricchezza

mobile, riemerge inevitabilmente la questione della tassabilità con l'impo sta sui fabbricati dei redditi conseguiti dalla casa da giuoco del comune di Sanremo. Nel vigore della giurisprudenza su ricordata, la questione era stata risolta negativamente argomentando dalla strumentalità del fab

bricato, adibito a casinò municipale, rispetto alla produzione del reddito

conseguito attraverso la casa da giuoco (requisito che consente, ex art. 72 d.p.r. 645/58, di esentare gli immobili dall'imposizione in discorso, confluendo tali redditi nell'ambito dell'attività commerciale: cfr. Comm. trib. centrale 13 ottobre 1983, n. 2824, id., Rep. 1984, voce Fabbricati

(imposta sul reddito dei), n. 16; specularmente, quando il comune aveva concesso in affitto l'immobile alla società concessionaria, venuto meno

il carattere della strumentalità, era stata affermata la tassabilità del reddi to degli stessi fabbricati: cfr. Comm. trib. centrale 9 luglio 1980, n. 3086,

id., Rep. 1981, voce Ricchezza mobile (imposta di), n. 44). A questo punto, si impone una nuova valutazione che consenta di accertare l'esi

stenza dei requisiti richiesti dal testo unico del 1958 per procedere alla tassazione dei redditi conseguiti dal possesso dei fabbricati, anche alla

luce dell'innovazione introdotta dall'art. 19 1. 488/86: l'attività esercitata dal comune di Sanremo può considerarsi «attività commerciale», sicché

l'immobile utilizzato come casa da giuoco risulti strumentale a tale attivi

tà? (la Cassazione, anche se in altri ambiti, non ha avuto dubbi nell'af fermare che l'attività di gestione di case da giuoco operata da un comune

integra gli estremi dell'attività d'impresa svolta da un ente pubblico non

economico (art. 2093, 2° comma, c.c.): v. Cass., sez. un., 2 maggio 1979, n. 2523, id., 1979, I, 1121, con nota di richiami, relativa al casinò di

Venezia, e Cass., sez. un., 22 dicembre 1976, n. 4705, id.. Rep. 1976, voce Impiegato dello Stato, n. 179, resa in una controversia riguardante il comune di Sanremo, sui profili di giurisdizione in ordine ai rapporti di lavoro tra comune e dipendenti della casa da giuoco; nonché, in mate ria penale, Cass. 23 novembre 1985, Romano, id., Rep. 1986, voce Casa

da giuoco, n. 3). Oppure gli immobili in questione sono suscettibili di

produrre un reddito autonomo, non risultando un vincolo di destinazione

legale che ne sancisca l'improduttività? (la questione si è presentata di

frequente per gli immobili commerciali destinati dall'ente a sede di scuo

le, anche sotto il controllo dello Stato, ma senza che vi fosse un atto normativo che imponesse una tale destinazione, e la giurisprudenza ha

affermato la soggezione al tributo immobiliare di tali edifici: v. Cass. 7 settembre 1970, n. 1286, id., 1970, I, 2868, con nota di richiami, cui

si sono uniformate Cass. 21 luglio 1979, nn. 4370 e 4371, id., Rep. 1979, voce Tributi in genere, n. 358, e voce Fabbricati (imposta sul reddito

dei), n. 6, nonché Comm. trib. centrale 22 marzo 1972, n. 2910, id.,

Rep. 1972, voce cit., n. 14; 29 aprile 1975, n. 5792, ibid., n. 5; in dottri

na v. Mariconi, Sull'annosa questione degli edifici scolastici, in Ammin.

it., 1972, 542; Puoti, Esclusione dall'imposta sui fabbricati degli edifici scolastici comunali concessi in uso gratuito allo Stato, in Riv. giur. edili

zia, 1971, I, 864; Salazar, L'imposta sui fabbricati ad uso scolastico, in Riv. giur. scuola, 1972, 98; l'esenzione è stata, invece, riconosciuta

agli istituti di assistenza e beneficenza il cui statuto, approvato con legge dello Stato, prevede la destinazione improduttiva degli immobili: cfr. Cass.

30 marzo 1981, n. 1819, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 1; 12 gennaio

1979, n. 228, id., Rep. 1979, voce cit., n. 7; contra Comm. trib. centrale

24 giugno 1975, n. 8216, id., Rep. 1976, voce cit., n. 4). O, ancora, ricorre l'ipotesi di esclusione dall'imposta prevista dall'art. 77, lett. c),

d.p.r. 645/58? (la giurisprudenza ritiene che l'indicazione della legge, che

parla delle «costruzioni costituenti demanio pubblico infruttifero dello

Stato e degli altri enti pubblici territoriali», va intesa tassativamente, per

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