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Sezione lavoro; sentenza 19 ottobre 1982, n. 5434; Pres. Santulli, Est. Arena, P. M. Martinelli...

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Page 1: Sezione lavoro; sentenza 19 ottobre 1982, n. 5434; Pres. Santulli, Est. Arena, P. M. Martinelli (concl. conf.); I.n.a.i.l. (Avv. Cataldi, Hernandez) c. Aprili. Cassa Trib. Verona 12

Sezione lavoro; sentenza 19 ottobre 1982, n. 5434; Pres. Santulli, Est. Arena, P. M. Martinelli(concl. conf.); I.n.a.i.l. (Avv. Cataldi, Hernandez) c. Aprili. Cassa Trib. Verona 12 maggio 1977Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 5 (MAGGIO 1983), pp. 1335/1336-1337/1338Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175516 .

Accessed: 28/06/2014 11:19

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1335 PARTE PRIMA 1336

A carico della sentenza impugnata non può essere configurata nemmeno la discordanza — se non addirittura contraddizione —

fra il riconoscimento dell'esistenza della concessione amministra

tiva e la concorrenza dei diritti di dominio eminente e utile che

denuncia la regione. I due termini sono, infatti, conciliabili considerando che la

concessione ha riconosciuto il pregresso diritto dell'utilista, di

sciplinandolo in conformità delle esigenze della p.a. Questa, per

tanto, non ha trasmesso un diritto proprio al concessionario, ma

ha consentito che lo stesso ne continuasse il godimento, riser

vandosi di accertare ogni ventinove anni il rispetto delle condi

zioni imposte. Nulla rileva in contrario la scissione del diritto di proprietà in

dominio eminente, conservato dal primitivo titolare e acquistato

per successione dallo Stato italiano, e dominio utile, attribuito al

beneficiario e pervenuto poi alla SVA, dato che la attribuzione

delle facoltà di godimento pone il soggetto nella posizione del

titolare che si è spogliato della parte utile del suo diritto, sia

pure nei limiti dell'investitura.

Si deve concludere, pertanto, che i diritti in causa preesisteva no alle concessioni, come propri dell'utilista, e che la provincia di Modena, in forza del trasferimento dei diritti di pesca dal

demanio statale a quello provinciale disposto dal d. p. r. 24

luglio 1977 n. 616, non ha acquistato altro che il dominio

eminente di spettanza dello Stato, subentrando a questo nello

stesso rapporto con la società.

Correttamente, dunque, il tribunale superiore ha ritenuto la

propria giurisdizione, considerando che la posizione del titolare

del dominio utile partecipava dei diritti esclusivi di pertinenza demaniale, aventi come contenuto il potere di precludere a ogni altro soggetto, compresa l'amministrazione che li aveva ricono

sciuti all'utilista, l'esercizio della pesca nelle acque considerate.

In materia di diritti esclusivi di pesca, infatti, la competenza

giurisdizionale diretta del tribunale superiore (art. 143 t.u. cit.) è riferita a fattispecie tipiche caratterizzate dal contenuto e dalla

forma dei provvedimenti impugnati, dalla procedura richiesta per la loro emanazione e dall'autorità che li ha adottati (sez. un. 21

febbraio 1973, n. 514, id., 1973, I, 1800). Nel caso in esame, la

contestazione riguardava la legittimità del provvedimento che aveva negato il rinnovo della concessione per il suo esaurimento

temporale, quando invece il diritto era perpetuo, e l'autorità amministrativa poteva procedere soltanto alla dichiarazione di

decadenza o di revoca ove ne sussistessero le condizioni, sulla base di un procedimento del tutto diverso da quello seguito, sicché appare indubbia la competenza giurisdizionale diretta del tribunale superiore. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 19 ottobre

1982, n. 5434; Pres. Santulli, Est. Arena, P. M. Martinelli

(conci, conf.); I.n.a.i.l. (Aw. Cataldi, Hernandez) c. Aprili. Cassa Trib. Verona 12 maggio 1977.

Infortuni sul lavoro — Inquadramento nel settore industriale —

Lavoratori qualificati agricoli dalle commissioni locali per la mano d'opera agricola — Ricorso alle commissioni provinciali — Necessità — Esclusione (D.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t. u. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli in fortuni sul lavoro e le malattie professionali, art. 1, 205, 206; 1. 11 marzo 1970 n. 83, conversione in legge, con modificazioni, del d. 1. 3 febbraio 1970 n. 7, recante norme in materia di collo camento e accertamento dei lavoratori agricoli, art. 15, 17; 1. 27 dicembre 1973 n. 852, proroga della 1. 5 marzo 1963 n. 322, re cante norme per l'accertamento dei lavoratori agricoli aventi di ritto alle prestazioni previdenziali ed assistenziali, art. 3).

L'I.n.a.i.l. può procedere all'inquadramento nel settore industriale di lavoratori che abbiano ottenuto l'iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli da parte delle commissioni locali per la mano d'opera agricola, senza necessità di ricorrere alla com missione provinciale avverso il provvedimento di iscrizione ne

gli elenchi. (1)

(1) Non si rinvengono precedenti specifici. Il problema consiste nell'interpretazione dell'art. 15, 4° comma, 1.

83/70 (in materia di collocamento e accertamento dei lavoratori agricoli), allo scopo di stabilire se fra gli « enti previdenziali interes sati » alla comunicazione delle deliberazioni delle commissioni locali per la mano d'opera agricola rientri anche l'I.n.a.i.l., con conseguente applicazione dell'art. 17 della stessa legge che regola i termini ed i modi per reagire contro i provvedimenti delle suindicate commissioni.

Svolgimento del processo. — Con sentenza 30 novembre 1976, il Pretore di Verona riteneva l'I.n.a.i.l. privo della facoltà di

inquadrare i dipendenti dell'impresa Aprili Ferdinando (da detto

istituto ritenuta commerciale, in quanto esercenti attività di pol licoltura senza alcun collegamento tecnico - funzionale con il

fondo agricolo) nel settore industriale per omesso ricorso ammi

nistrativo da parte dell'I.n.a.i.l. contro l'iscrizione dei dipendenti

dell'impresa Aprili nell'elenco dei lavoratori agricoli, divenuta

cosi definitiva, anche nei confronti di esso istituto previdenziale,

in base al combinato disposto dagli art. 15 e 17 1. 11 marzo

1970 n. 83, in materia di collocamento e accertamento dei

lavoratori agricoli, secondo cui: « l'ufficio provinciale del servi

zio contributi agricoli unificati dà notizia delle deliberazioni

(adottate da parte della commissione locale per la manodopera

agricola e successivamente confermate)... agli istituti previden ziali interessati, ai fini del ricorso alla commissione provinciale

per la manodopera agricola ai sensi del successivo art. 17, in for

za del quale, appunto, con l'iscrizione ... negli elenchi nominati

vi dei lavoratori dipendenti dell'agricoltura ... gli interessati posso no ricorrere alla commissione provinciale per la manodopera agrico la... e avverso la decisione di quest'ultima è ammesso ricorso al

direttore dell'ufficio regionale del lavoro e della massima occu

pazione, il quale decide in via definitiva, precludendo con l'am

missione del ricorso amministrativo l'azione giudiziaria, quale esercitata dalla ricorrente I.n.a.i.l. ».

Il Tribunale di Verona con la sentenza in data 6-12 maggio 1977 confermava puntualmente la motivazione della sentenza

pretorile appellata dall'I.n.a.i.l.

Ricorre per la cassazione della sentenza di secondo grado l'I.n.a.i.l. con unico motivo illustrato da memoria. Nessuno si è

costituito per la controparte.

Motivi della decisione. — Con unico motivo di ricorso si

denuncia violazione e falsa applicazione del d.l. 3 febbraio 1970

n. 7, convertito in 1. 11 marzo 1970 n. 83, della 1. 27 dicembre

1973 n. 852, degli art. 1, 205, 206 ss. t.u. approvato con d. p. r.

30 giugno 1965 n. 1124, per avere erroneamente il giudice di

merito ritenuto compreso l'I.n.a.i.l. fra gli istituti previdenziali interessati al ricorso alla commissione provinciale per la mano

dopera agricola contro l'iscrizione o la mancata iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori dipendenti dell'agricoltura.

La doglianza è fondata. A prescindere dalla considerazione

rinveniente dall'applicazione dell'art. 8 1. 11 agosto 1973 n. 533, secondo cui nelle procedure amministrative riguardanti le con

troversie di cui all'art. 442 c. p. c., fra le quali rientra quella in

esame, non si tiene conto dei vizi, delle preclusioni e delle

decadenze verificatesi, per cui al limite il giudice di merito

avrebbe dovuto fare applicazione dell'art. 443, ritenendo impro cedibile e non già improponibile l'azione giudiziaria svolta dal l'odierno ricorrente, è certo che questo non rientra fra gli istituti

previdenziali interessati di cui all'art. 15, 4° comma, 1. 11 marzo 1970 n. 83.

Invero, quest'ultima legge non si estende alla materia dell'assi curazione contro gli infortuni sul lavoro, bensì' all'inquadramento dei lavoratori agricoli ai fini previdenziali ed assistenziali ed ai trattamenti previdenziali attinenti al rischio cosi detto generico (vecchiaia, disoccupazione, malattia, ecc.) e quindi non alle assi curazioni da rischio specifico, qual è quella contro gli infortuni sul lavoro. Tale legge contempla negli organismi da essa istituiti la presenza dei rappresentanti dei massimi istituti di previdenza ed assistenza e non già dei rappresentanti dell'I.n.a.i.l.; si inse risce, per quanto attiene all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nella legislazione relativa alla determinazione ed alla riscossione dei contributi unificati in agricoltura e non attiene al

presupposto assicurativo in questione, come invece accade per l'assicurazione contro il rischio generico riguardo al quale la

compilazione ovvero l'elenco nominativo dei lavoratori agricoli costituisce il rapporto assicurativo per l'I.n.p.s. (cfr. Cass., sez.

In precedenza, come ricordato in motivazione, la Corte di cassazio ne aveva ricompreso l'I.n.p.s. fra gli «enti previdenziali interessati», ed in particolare aveva affermato la legittimazione dell'I.n.p.s. sia ad impugnare in via amministrativa il provvedimento di iscrizione negli elenchi, sia a ricorrere all'autorità giudiziaria ordinaria: v. in tal senso Cass. 3 dicembre 1981, n. 6400, Foro it., Rep. 1981, voce Previdenza sociale, n. 132; 27 giugno 1981, n. 4169, ibid., n. 134. Sulla legittimazione passiva dello S.c.a.u. nella controversia relativa alla legittimità del provvedimento di cancellazione dagli elenchi dei lavoratori agricoli, v., da ultimo, Trib. Lagonegro 1° aprile 1982, id., 1982, I, 2943, con nota di richiami.

Sui rapporti fra S.c.a.u. ed I.n.a.i.l. v., richiamata in motivazione, Cass. 14 marzo 1975, n. 1000, id.. 1975, I, 2003.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

un., 4 gennaio 1973, n. 3, Foro it., Rep. 1973, voce Previdenza

sociale, nn. 516, 573). Quest'ultimo rapporto per quanto attiene all'assicurazione de

qua discende ex lege dall'art. 205 t.u. approvato con d. p. r. 30

giugno 1965 n. 1124, secondo il quale: «in virtù delle disposi zioni del presente titolo (assicurazione infortuni e malattie pro fessionali in agricoltura) si intendono assicurati contro gli infor tuni sul lavoro in agricoltura, ecc.». Tale articolo è espressa mente richiamato dall'art. 3, 1° comma, 1. 27 dicembre 1973 n. 852 — contenente proroga della 1. 5 marzo 1963 n. 322 e

recante norme per l'accertamento dei lavoratori agricoli aventi diritto alle prestazioni previdenziali ed assistenziali — il quale testualmente dispone: « A decorrere dal 1° gennaio 1974, i

datori di lavoro dell'agricoltura... sono tenuti al pagamento dei

contributi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e

contro le malattie professionali in agricoltura nella misura del 3

per cento delle retribuzioni imponibili dei lavoratori dipendenti di cui all'art. 205 t.u. approvato con d. p. r. 30 giugno 1965 n.

1124»; ed il successivo (art. 4): «I contributi previsti dall'art.

3... sono riscossi secondo i criteri e le modalità vigenti per la

riscossione dei contributi dovuti per l'invalidità, vecchiaia e su

perstiti ». Sicché come esattamente osserva la difesa del ri

corrente — la 1. 27 dicembre 1973 n. 852, se ha implicitamente

abrogato tutte le disposizioni contenute nel capo V e nel capo VI del titolo II del t.u. 1965 n. 1124, incompatibili con la

nuova disciplina, nessuna modifica ha, per contro, apportato al

campo di applicazione dell'assicurazione agricola che rimane re

golata dalle norme del capo I del menzionato titolo II del t.u.

1965 n. 1124. Conseguentemente lo S.c.a.u. (servizio per i con

tributi agricoli unificati) — completamente autonomo ed estraneo

all'I.n.a.i.l. fino all'entrata in vigore della 1. 1973 n. 852 — si

pone ora, rispetto all'I.n.a.i.l. medesimo, come semplice esatto

re, tenuto al rispetto della normativa propria che disciplina l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro in agricoltura qua le è, appunto, stabilito nel titolo II del più volte cit. t.u. 1965

n. 1124 (cfr. Cass. 14 marzo 1975, n. 1000, id., 1975, I, 2003).

Il ricorso va pertanto accolto perché fondato e la sentenza

impugnata va di conseguenza cassata e rimessa ad altro giudice di pari grado per riesame della causa alla stregua dei principi

giuridici innanzi enunciati. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 18

ottobre 1982, n. 5396; Pres. Mirabelli, Est. Panzarani, P.M.

Corasaniti (conci, parz. diff.); Barba (Avv. Maniscalco Ba

sile) c. Federazione italiana dei consorzi agrari (Aw. Mat

tarella). Cassa Trib. Palermo 30 dicembre 1977.

Lavoro (rapporto) — Licenziamento per riduzione di personale — Onere di impugnazione nel termine — Insussistenza (L. 15

luglio 1966 n. 604, norme sui licenziamenti individuali, art.

6,11). Se il datore di lavoro comunica a un dipendente il licenziamento

come dovuto a riduzione di personale, e perciò sottratto alla

disciplina sui licenziamenti individuali dettata dalla l. 15 luglio 1966 n. 604, ai sensi dell'art. 11 della stessa legge il dipendente resta esonerato dall'onere di impugnazione del licenziamento

nel termine di sessanta giorni previsto nell'interesse del datore

di lavoro dall'art. 6 della legge citata, e, pertanto, l'eventuale

successivo accertamento della carenza degli estremi del licen

ziamento collettivo abilita il lavoratore a contestare la risolu

zione del rapporto e a far valere i propri diritti nei termini pre scrizionali inerenti ai diritti vantati. (1)

(1) Non constano precedenti sulla specifica questione. L'affermazione riassunta in massima è valutata, peraltro, nella

stessa prospettiva fatta propria dalla Cassazione, quale mero corol

lario dei principi già da tempo acquisiti in materia di licenziamento

collettivo ed in particolare del principio-stipite della strutturale « al

terità » del licenziamento collettivo a fronte di quello individuale.

V., infatti, per l'affermazione dell'autonomia della fattispecie del

licenziamento collettivo, con l'esclusione dell'applicabilità della disci

plina di cui alla 1. n. 604/66, fatta salva l'ipotesi di assenza dei

presupposti per l'esercizio del potere di riduzione del personale che

farebbe riemergere — a seguito della declaratoria di illegittimità del

licenziamento « collettivo » — l'applicabilità della disciplina relativa al licenziamento individuale (fra le più recenti): Cass. 19 ottobre

1982, n. 5443 e 18 agosto 1982, n. 4637, Giust. civ., 1983, I, 466, con nota di Del Punta; 13 febbraio 1982 n. 922, Riv. giur. lav.,

1982, II, 64; 16 giugno 1981, n. 3911, Foro it., Rep. 1981, voce

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 23

dicembre 1975 Rodolfo Barba — premesso che con lettera del 25 gennaio 1967 era stato licenziato dalla Federazione italiana dei consorzi agrari (Federconsorzi), di cui era dipendente, nel

l'ambito di quello che la datrice di lavoro aveva definito un

licenziamento collettivo e che, da lui contestati i motivi di tale atto con lettera 31 gennaio 1967 trasmessa tramite la pro pria organizzazione sindacale ed esercitata quindi azione giu

Lavoro (rapporto), n. 499; 17 marzo 1981, n. 1571, id., 1981, I, 981 (in motivazione); 13 novembre 1980, n. 6095, ibid., 372, con nota di richiami.

In argomento cfr. altresì in generale: Corte giust. CE 8 giugno 1982, in causa 91/81, id., 1982, IV, 353, con nota di O. Mazzotta, L'Italia, la CEE e i licenziamenti collettivi (la sentenza è ora an notata anche da A. Caracciolo, Licenziamenti collettivi - La condanna della Corte di giustizia della C.E.E. contro l'Italia, in Lavoro e pre videnza, 1983, 456 e da R. Foglia, Obblighi comunitari e licenzia menti collettivi, in Dir. lav., 1982, II, 383).

In dottrina v. per un recente riepilogo: F. Mazziotti, Il licenzia mento illegittimo, Napoli, 1982, 163 ss.

* ♦ *

La sentenza che si riporta aggiunge un ulteriore « tassello » applica tivo alla tormentata questione della collocazione della « materia » dei licenziamenti collettivi nell'ordinamento, giungendo ad una conclusione — non condivisibile per le ragioni di cui subito si dirà — che è il segno più eloquente della necessità di una revisione dell'intera pro blematica.

Il caso da delibare si presentava alla corte con connotati di asciutta essenzialità: si trattava di chiedersi se il licenziamento, co municato come « collettivo », necessitasse o no da parte del lavorato re dell'impugnativa {entro sessanta giorni) ex art. 6 1. n. 604 del 1966, una volta che ne fosse stata acclarata in giudizio la natura « individuale »; il che vai quanto domandarsi se un licenziamento, apparentemente definito dal datore come addebitabile ad una riduzio ne di personale, ma che sia intrinsecamente individuale, necessiti ugualmente dell'osservanza dell'onere di impugnativa.

La Cassazione imposta la questione in termini di estensione al licenziamento, apparentemente collettivo ma intrinsecamente individua le, della disciplina contenuta nella 1. 604/66, chiamando a raccolta, allo scopo, gran parte dei principi elaborati in materia. E qui si imbatte subito con un ostacolo, che consiste nella già acquisita estensione della legge limitativa dei licenziamenti individuali al licen ziamento collettivo « apparente » (v. infatti nel senso che l'illegittimi tà del licenziamento intimato come collettivo, o per non essere state osservate le regole procedurali previste dagli accordi collettivi o per essere decorso il termine previsto oppure per la mancanza della prova dell'effettivo ridimensionamento, determini l'applicabilità, in riferimento ai singoli licenziamenti, della disciplina di cui alla 1. n. 604/66: Cass. 12 agosto 1982, n. 4859, Foro it., Mass., 950; 13 novembre 1980, n. 6095, id., 1981, I, 372; 12 novembre 1980, n. 6066, id., Rep. 1980, voce Lavoro (rapporto), n. 1413; 9 luglio 1980, n. 4359, ibid., n. 1420; 4 marzo 1980, n. 1459, ibid., n. 1242; 27 febbraio 1979, n. 1270, id., 1979, I, 605; 28 novembre 1978, n. 5579, id., Rep. 1979, voce cit., n. 1390; 25 settembre 1978, n. 4307, ibid., nn. 1394, 1395; 27 maggio 1978, n. 2671, ibid., n. 1184; 6 luglio 1977, n. 2999, id., Rep. 1978, voce cit., n. 1400; 22 aprile 1977, n. 1523, id., 1978, I, 2876, con nota di richiami).

La barriera posta dai propri stessi precedenti fa procedere « in salita » il discorso successivo, giacché l'adesione alla prospettiva del ricorrente comporta l'apertura di una breccia nella monolitica esten sione della 1. 604/66, nella sua interezza, al licenziamento, solo

apparentemente, collettivo, ma sostanzialmente individuale. La corte si rende conto che affermare che il lavoratore, in tali casi, è esonerato dall'impugnazione del recesso datoriale significa introdurre una « de roga » alla estensibilità della disciplina della 1. del 1966.

La parte successiva della motivazione è comunque anticipata nella

esposizione dei propri precedenti da un passaggio, che se non è radicalmente « innovativo » rispetto al quadro giurisprudenziale pre cedente, suppone un uso più esplicito e consapevole di talune sche matizzazioni astratte. Le sezioni unite, infatti, non solo riconfermano il carattere « ontologicamente » autonomo del licenziamento collettivo, secondo valutazioni già invalse, ma si spingono fino a riconoscere in esso un « tipo » autonomo (a fronte del licenziamento individuale), assumendo che la mancanza dei requisiti formali e sostanziali, che devono fare da sfondo al licenziamento per riduzione di personale, fa venir meno « la stessa causa giuridica e cioè la funzione economi co-sociale che giustifica il riconoscimento dell'istituto da parte dell'or dinamento giuridico (art. 1322 c. c.) ».

La corte in tal modo, ricollegando alla (già da tempo acquisita) prospettiva del carattere ontologicamente autonomo del licenziamento collettivo l'ulteriore corollario della identificabilità di un « tipo »

diverso, predispone il terreno sul quale impostare il discorso successi vo, diretto alla soluzione del problema di specie.

Facendo immediato tesoro di tale nuovo tassello ricostruttivo la corte segnala che l'illegittimità del comportamento datoriale sta — in casi come quello in discussione — nell'avviare « la sequenza articola ta di quel complesso di atti, di termini e di oneri previsti dagli art. 2 e 6 1. n. 604 del 1966, che soddisfano l'esigenza di chiarezza e di

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