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sezione lavoro; sentenza 2 ottobre 1997, n. 9618; Pres. Mattone, Est. Coletti, P.M. Dettori (concl....

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sezione lavoro; sentenza 2 ottobre 1997, n. 9618; Pres. Mattone, Est. Coletti, P.M. Dettori (concl. conf.); Bodini (Avv. Romoli, Del Giudice) c. Inps (Avv. Bartoli, Lironcurti). Conferma Trib. Verona 15 marzo 1995 Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 1 (GENNAIO 1998), pp. 103/104-107/108 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192208 . Accessed: 28/06/2014 13:08 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.51 on Sat, 28 Jun 2014 13:08:43 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 2 ottobre 1997, n. 9618; Pres. Mattone, Est. Coletti, P.M. Dettori(concl. conf.); Bodini (Avv. Romoli, Del Giudice) c. Inps (Avv. Bartoli, Lironcurti). ConfermaTrib. Verona 15 marzo 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 1 (GENNAIO 1998), pp. 103/104-107/108Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192208 .

Accessed: 28/06/2014 13:08

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PARTE PRIMA

lavori, in assenza di cautele a tutela dei singoli condomini.

Apparendo così carente di motivazione l'affermata esclusione

di sussistenza di nesso causale fra mantenimento del ponteggio, in assenza di cautele e di idonea custodia, la sentenza deve esse

re cassata e rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della

Corte di appello di Roma, così assorbito il terzo motivo in pun to spese.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 2 ottobre

1997, n. 9618; Pres. Mattone, Est. Coletti, P.M. Dettori

(conci, conf.); Bodini (Aw. Romoli, Dei Giudice) c. Inps

(Aw. Bartoli, Lironcurti). Conferma Trìb. Verona 15 marzo

1995.

Previdenza e assistenza sociale — Riposi per allattamento —

Contribuzione figurativa — Esclusione (R.d.l. 4 ottobre 1935

n. 1827, perfezionamento e coordinamento legislativo della

previdenza sociale, art. 56; 1. 6 aprile 1936 n. 1155, conver

sione in legge, con modificazioni, del r.d.l. 4 ottobre 1935

n. 1827; 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, nuove norme a tutela

delle lavoratrici madri, art. 10; 1. 9 dicembre 1977 n. 903,

parità di trattamento fra uomini e donne in materia di lavo

ro, art. 7, 8).

I riposi (cosiddetti per allattamento) per l'assistenza del bambi

no nel suo primo anno di vita non attribuiscono il diritto

ad una contribuzione figurativa ai fini previdenziali. (1)

Svolgimento del processo. — Bodini Monica conveniva di

nanzi al Pretore del lavoro di Verona la datrice di lavoro Brag

gio Miriam e l'Inps, chiedendo che fosse accertato il suo diritto

all'accredito di contributi figurativi per le ore, di assenza di

lavoro, di cui aveva usufruito come permessi per l'allattamento

di un figlio, nel periodo dal 27 luglio 1991 al 24 aprile 1992. La ricorrente sottolineava che, ove fosse stato riconosciuto

il diritto al beneficio della contribuzione figurativa, essa avreb

be ottenuto un incremento della propria posizione contributiva, carente degli importi corrispondenti alle quote di retribuzione

non percepite a fronte delle assenze dal lavoro.

Non mancava, inoltre, di rilevare, quanto ai presumibili ef

fetti che potevano derivare dall'accoglimento della domanda, che tale riconoscimento l'avrebbe esentata dal pagamento delle

quote di sua spettanza dei contributi obbligatori che l'Inps ave

va preteso dalla Braggio sulle differenze di somme necessarie

per integrare i cosiddetti minimali giornalieri di retribuzione im

(1) Non constano precedenti. Per il nuovo quadro normativo in ma teria di contribuzione figurativa, e di copertura assicurativa per periodi non coperti da contribuzione, si veda il d.leg. 16 settembre 1996 n. 564 (Le leggi, 1996,1, 4006) emanato in attuazione della delega conferi ta dall'art. 1, comma 39, 1. 8 agosto 1995 n. 335 (in particolare l'art. 2 per la copertura figurativa dei periodi di maternità).

Per l'illegittimità dell'operato del datore di lavoro che abbia calcola to l'imponibile contributivo decurtandolo dell'indennità relativa ai per messi di allattamento e determinandolo in misura inferiore ai c.d. mini mali contributivi previsti dall'art. 1 d.l. 338/89, Pret. Verona 20 aprile 1994, Foro it., Rep. 1994, voce Previdenza sociale, n. 516.

Per l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 1. 903/77 nella parte in cui riconosce al padre lavoratore il diritto alla astensione facoltativa dal lavoro per sei mesi nel primo anno di vita del bambino soltanto nell'ipotesi in cui anche la madre sia lavora trice subordinata, e non anche nel caso in cui questa sia lavoratrice

autonoma, Corte cost. 21 aprile 1994, n. 150, id., 1994, I, 1651. Per l'illegittimità dell'art. 7 1. 903/77, nella parte in cui non estende,

in via generale ed in ogni ipotesi, al padre lavoratore, in alternativa alla madre lavoratrice consenziente, il diritto ai riposi giornalieri previ sti dall'art. 10 1. 1204/71, Corte cost. 21 aprile 1993, n. 179, id., 1993, I, 1333; 19 gennaio 1987, n. 1, id., 1987, I, 313. Conf., Cass. 21 mag gio 1994, n. 5011, id., Rep. 1994, voce Lavoro (rapporto), n. 1118.

Il Foro Italiano — 1998.

ponibile, fissati per legge (art. 1 d.l. 9 ottobre 1989 n. 338 conv.

in 1. 7 dicembre 1989 n. 389). Il pretore rigettava la domanda.

La Bodini proponeva appello e, con sentenza 15 marzo 1995, il Tribunale di Verona respingeva il gravame osservando che

la datrice di lavoro, in altro giudizio vertente tra la stessa e

l'Inps, era stata condannata (con sentenza passata in giudicato) al pagamento di contributi che il giudice d'appello riteneva coin

cidenti con quelli dei quali la Bodini pretendeva l'accredito fi

gurativo; tale condanna — secondo il tribunale — rendeva pri va di interesse l'iniziativa processuale della lavoratrice mentre

l'accertamento giudiziale del debito della datrice di lavoro im

pediva che di quegli stessi contributi potesse affermarsi la de

benza figurativa. Avverso questa sentenza la Bodini ha proposto ricorso per

cassazione fondato su due motivi di annullamento. L'Inps ha

depositato la procura speciale. La Braggio non si è costituita.

Motivi della decisione. — In linea preliminare rileva il colle

gio che il ricorso non è stato notificato alla datrice di lavoro, che è stata anch'essa parte nel giudizio di appello.

Al riguardo si osserva che la Bodini ha giudizialmente prete so l'accertamento del proprio diritto all'accredito di contribu

zione figurativa per i permessi di allattamento fruiti durante

l'orario di lavoro nel periodo dal 27 luglio 1991 al 24 aprile 1992.

Coerentemente a tale pretesa, la lavoratrice ha sottolineato

la diversità della contribuzione (adeguata al minimale di legge) versata dalla Braggio durante il detto periodo di allattamento

come effetto della sentenza di condanna — passata in giudicato — resa in altra controversia tra la datrice di lavoro e l'Inps,

rispetto alla contribuzione figurativa da essa domandata per quel lo stesso periodo.

La presente controversia, dunque, se pur trova occasione in

un rapporto assicurativo obbligatorio, investe l'accertamento di

un obbligo proprio dell'Inps nei confronti della (sola) assicura

ta ad un computo di contributi non legati ad una base imponi bile retributiva effettivamente erogata e gravanti esclusivamente

sull'istituto di previdenza. Di conseguenza, l'omissione di notifica del ricorso alla Brag

gio (che non sarebbe neppure «giusta» parte dell'attuale giudi

zio) non impone alcun provvedimento orientato a concretizzare

la denuntiatio litis, posto che sono ampiamente decorsi, nei con

fronti della datrice di lavoro, i termini per la impugnazione del

la sentenza previsti dagli art. 325 e 327 c.p.c. (art. 332, 1° com

ma, c.p.c.). Può dunque procedersi all'esame del ricorso, col primo moti

vo del quale la Bodini deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 100 c.p.c.

Sostiene che erroneamente il tribunale avrebbe considerato

venuto meno il suo interesse all'iniziativa processuale per essere

stata la datrice di lavoro condannata, in altro giudizio, a pagare

gli stessi contributi dei quali aveva domandato l'accredito figu rativo.

Con ciò il giudice d'appello non avrebbe colto la differenza

tra contributi pretesi dall'Inps e onere della datrice di lavoro

(e pro quota della lavoratrice) sulle retribuzioni effettivamente

erogate (peraltro, integrate al livello minimo di retribuzione im

ponibile) e contributi figurativi pretesi dalla stessa lavoratrice

nel presente giudizio per i periodi — non retribuiti — di allat

tamento.

Con il secondo motivo e con denuncia di violazione e falsa

applicazione dell'art. 56, 1° comma lett. a), n. 2, r.d.l. 4 otto

bre 1935 n. 1827 (in materia di contribuzione figurativa Inps), dell'art. 9, 2° comma, 1. 29 marzo 1985 n. 113 (in materia di

determinazione dell'ammontare della pensione), dell'art. 10 1.

30 dicembre 1971 n. 1204 (in materia di permessi per l'allatta mento conseguenti a maternità), dell'art. 1 d.l. 9 ottobre 1989

n. 338, convertito nella 1. 7 dicembre 1989 n. 389 (in materia

di rispetto dei c.d. minimali retributivi), dell'art. 8 1. 9 dicem bre 1977 n. 903 (in materia di indennità di allattamento), non ché del vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motiva zione su punto decisivo della controversia, la ricorrente censura

l'accertamento di merito relativo alla debenza dei contributi pre videnziali sostenendo che la situazione della lavoratrice che usu

fruisce dei riposi giornalieri per l'allattamento sarebbe assimila bile alle situazioni di impossibilità di prestazione del lavoro (per malattia, maternità, donazione di sangue) e, come queste, meri

tevole di tutela attraverso il riconoscimento del diritto alla con

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tribuzione figurativa. Le norme che disciplinano questo istituto,

sostituendo l'onere dell'istituto gestore di previdenza alla con

tribuzione posta a carico dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro (come, appunto, l'art. 56 r.d.l. n. 1827 del 1935), non sono eccezionali e potrebbero, quindi, essere applicate per

analogia, come sottolineato dalla Corte costituzionale (sent. n.

52 del 1992, Foro it., 1992, I, 1036) a proposito delle donazioni

di sangue effettuate prima dell'entrata in vigore della 1. n. 107

del 1990 (che ha previsto per esse la contribuzione figurativa).

Difatti, al pari della donazione del sangue, l'allattamento com

porta nella madre quell'«indebolimento psico-fisico equiparabi le allo stato di malattia» nel quale il giudice delle leggi ha indi

viduato la ragione della equiparabilità delle tutele.

In fatto poi, riconoscere alla lavoratrice il diritto alla contri

buzione figurativa per i periodi di allattamento, significherebbe

negare l'obbligazione contributiva del datore di lavoro e della

lavoratrice per il caso in cui la retribuzione mensile, a causa

delle assenze dal lavoro, fosse inferiore al minimale di retribu

zione imponibile fissato dalla legge: ove non si interpretasse co

me comprensiva (anche) dei permessi per l'allattamento, la nor

ma dell'art. 56, 1° comma, r.d.l. n. 1827 del 1935 sarebbe co

stituzionalmente illegittima, per contrasto con l'art. 3 Cost.,

venendosi a creare un'irragionevole disparità di trattamento con

lavoratori che si trovano in situazioni analoghe (assenza dal la

voro per donazione di sangue, malattia ecc.) a quelle della lavo

ratrice madre.

Il ricorso, i cui motivi si esaminano congiuntamente data la

loro connessione logico-giuridica, deve essere rigettato, limitan

dosi la corte a correggere la motivazione dell'impugnata senten

za, a norma dell'art. 384, 2° comma, c.p.c. L'interesse della Bodini all'accertamento del diritto all'accre

dito di contributi figurativi per i periodi di assenza dal lavoro determinati dai riposi fruiti a norma dell'art. 10 1. 30 dicembre

1971 n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici madri, non è venuto

meno per effetto della pronuncia resa in un giudizio — al quale

essa è rimasta estranea — che ha definitivamente accertato l'ob

bligo della datrice di lavoro di provvedere al versamento dei

contributi previdenziali obbligatori sulla differenza di somma necessaria a rispettare il minimale giornaliero di retribuzione

imponibile, per aver corrisposto alla lavoratrice, in quegli stessi

periodi, retribuzioni per un ammontare inferiore al detto mi

nimale.

Invero, il riconoscimento del beneficio della contribuzione fi

gurativa le procurerebbe il vantaggio dell'importo dei contributi

corrispondenti ai periodi di allattamento: contributi dei quali

il tribunale ha conclusivamente accertato la non debenza.

Tale accertamento di merito e, con esso, il giudizio di infon

datezza della pretesa della Bodini, va condiviso, anche se per

ragioni diverse da quelle che hanno giustificato, nella sentenza

d'appello, il rigetto della domanda (fatto conseguire all'accerta

mento di merito reso nel rapporto tra la datrice di lavoro e

l'Inps). E invero, diversamente da quanto sostiene la ricorrente, la

sua pretesa non trova fondamento in alcuna delle disposizioni che assume violate.

In particolare, i canoni formali di interpretazione (art. 12 pre

leggi), applicati all'art. 56, 1° comma, lett. a), r.d.l. 4 ottobre

1935 n. 1827, non consentono di dare di questa disposizione

una lettura che ricomprenda i periodi di riposo previsti dall'art.

10 1. 30 dicembre 1971 n. 1204 (e dei quali ha beneficiato la

Bodini) tra gli eventi sospensivi o impediviti della prestazione

del lavoro che la legge considera meritevoli di tutela agli effetti

previdenziali, considerandoli come periodi di contribuzione uti

le agli effetti del diritto alla pensione e della determinazione

della misura di questa. Non lo consentono l'interpretazione letterale e logica (art. 12,

1° comma) posto che oggetto di specifica previsione sono (sol

tanto) i periodi di servizio militare effettivo, i periodi di malat tia tempestivamente accertata, i periodi di interruzione obbliga

toria e facoltativa del lavoro durante lo stato di gravidanza e

di puerperio: periodi, questi ultimi, che non coincidono con quelli di riposo dei quali la lavoratrice madre ha facoltà di (ulterior mente) fruire durante il primo anno di vita del bambino.

Ma non lo consente neppure il procedimento interpretativo

dell'analogia (art. 12, 2° comma), non potendo i riposi anzidet

ti ritenersi razionalmente ricompresi tra gli eventi che la legge

11 Foro Italiano — 1998.

espressamente considera o ad essi assimilabili nella prospettiva di un'identica tutela.

Tutti questi eventi sono caratterizzati dalla mancanza totale

della prestazione lavorativa e, dunque, della retribuzione, le cui

conseguenze, negativamente incidenti sul livello di vita attuale

del lavoratore e pregiudizievoli del futuro godimento delle pre stazioni previdenziali il legislatore ha inteso evitare (e comun

que limitare), assicurando al soggetto protetto un minimum eco

nomico (che può essere posto in tutto o in parte a carico del

datore di lavoro) e considerando i giorni di assenza come perio di utili ai fini del mantenimento dei diritti collegati al versamen

to dei contributi.

Nella fattispecie, al contrario, si è in presenza di un soggetto che è in grado di assolvere normalmente alla propria obbliga zione lavorativa, dalla prestazione giornaliera della quale viene

parzialmente esonerato dalla legge per un tempo esiguo (se rap

portato all'intero orario di lavoro) e che continua a percepire la retribuzione per tutte le ore residue, su quella retribuzione

ricevendo dal datore di lavoro (tranne che per la quota a pro

prio carico) i contributi assicurativi (adeguati se necessario con

raffronto al minimale di retribuzione giornaliera stabilito per

legge). I riposi considerati dall'art. 10 1. n. 1204 del 1971 hanno,

infatti, la durata di un'ora e sono consentiti nel numero massi

mo di due al giorno su una prestazione lavorativa di otto ore

(il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero e inferiore a

sei ore): a norma dell'art. 7 1. 9 dicembre 1977 n. 903, sulla

parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro,

sono (anche) compensati con un'idennità erogata dall'Inps e pari all'intero ammontare della retribuzione relativa alla loro durata.

Quanto alla possibilità di sussumere i riposi in questione nel

la categoria «malattia», di cui all'art. 56, 1° comma, cit., è

sufficiente osservare che la malattia, ai fini che interessano, è

uno stato di alterazione psico-fisica, acuta o cronica, che impe disce la prestazione del lavoro per uno o più giorni, determi

nando un'ipotesi di sospensione legale del rapporto. Non risulta nota al nostro ordinamento una figura di malat

tia a ore, secondo cadenze giornaliere predeterminate e funzio

nali alla tutela di determinati interessi realizzata da una legisla zione protettiva (come quella del lavoro femminile e della pari

tà uomo donna) attraverso la (sola) contrazione del tempo ordinario della prestazione senza alcun riflesso sulla continuità

e attualità della stessa.

E, d'altro canto, le finalità dell'istituto dei riposi giornalieri non sono soltanto quelle dell'allattamento del neonato (per il

quale, e nel solo caso di allattamento naturale, all'esito di ade

guata indagine medico-legale e psicologica, si potrebbe forse se

parare, nella ricchezza totale di quella esperienza, un indeboli

mento psico-fisico della madre comparabile con lo stato di ma

lattia), quanto piuttosto — e principalmente — quelle

dell'assistenza e della cura del bambino in tutte le sue esigenze,

comprese quelle di carattere relazionale ed affettivo collegate,

rispettivamente, allo sviluppo della personalità del bambino e

al compimento di quella del genitore. Non a caso la sentenza della Corte costituzionale n. 179 del

1993 (id., 1993, I, 1333) ha dichiarato illegittimo l'art. 7 1. n.

903 del 1977 — nella parte in cui non estende, in via generale e in ogni ipotesi, al padre lavoratore, in alternativa alla madre

lavoratrice consenziente, il diritto ai riposi giornalieri previsti dall'art. 10 1. n. 1204 del 1971 — riaffermando, nell'occasione,

il diritto-dovere di entrambi i genitori di assistere il figlio, pur

se in tenere età, per un equilibrato sviluppo della personalità

del bambino che esige, preferibilmente, l'assistenza di entrambe

le figure genitoriali. Esclusa la possibilità di equipararli allo stato di malattia, i

riposi giornalieri di cui si discute neppure possono essere assi

milati a quelli di cui beneficiano i donatori di sangue (consi stenti nell'astensione dal lavoro per l'intera giornata in cui ef

fettuano la donazione) e per i quali la Corte costituzionale, con

la sentenza n. 52 del 1992, cit., ha riconosciuto il diritto all'ac

credito figurativo dei contributi in relazione anche al periodo

precedente la 1. 4 maggio 1990 n. 107 (che ha espressamente

previsto la contribuzione figurativa), in ragione della riconduci

bilità all'evento della malattia dell'operazione di donazione del

sangue, per lo stato di indebolimento psico-fisico che questa,

al pari della prima, comporta. Né la mancata previsione di un obbligo dell'ente assicuratore

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PARTE PRIMA

di accreditare contribuzione figurativa alle lavoratrici madri (o ai padri lavoratori) sulle ore di assenza dal lavoro usufruite co

me riposi giornalieri pone problemi di legittimità costituzionale, in rapporto all'art. 3 Cost., dell'art. 56, 1° comma, r.d.l. n.

1827 del 1935, più volte citato.

La non ricorrenza di uno stato di bisogno rapportabile a ma

lattia o a condizione equiparabile (come quella dei donatori di

sangue) — dal momento che i lavoratori che usufruiscono dei

riposi giornalieri continuano a prestare la loro opera sia pure

per un orario ridotto (ma in misura esigua rispetto alla durata

giornaliera della prestazione) e a ricevere quasi per intero la

retribuzione e i contributi, mentre, nelle ipotesi regolamentate con l'accreditamento figurativo, l'attività lavorativa è sospesa

per intere giornate determinando la cessazione dell'obbligo re

tributivo e la perdita della contribuzione per assicurazione ob

bligatoria — rappresenta una situazione concreta obiettivamen

te diversa che rende non arbitraria e irragionevole la diversità

di disciplina normativa e la diversa tutela da essa accordata.

Neppure sarebbe ipotizzabile una questione di legittimità co

stituzionale della norma in rapporto all'art. 38 Cost, poiché la

tutela previdenziale è rimessa alla discrezionalità del legislatore ordinario il quale ha il compito di determinare, con una razio

nale considerazione delle esigenze di vita dei lavoratori e delle

effettive disponibilità finanziarie, l'ammontare delle prestazioni o le modifiche della loro misura, nonché la scelta dei tempi e dei modi in cui attuare la completa parificazione dei tratta

menti e delle discipline delle situazioni meritevoli di tutela che, fino a quel momento, erano state trattate in modo differente.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 29 set

tembre 1997, n. 9525; Pres. Cantillo, Est. Rovelli, P.M. Di Renzo (conci, conf.); Min. finanze (Aw. dello Stato Bel

lini) c. Soc. Edilnord (Aw. Belloni, Busetti ), e altri. Cassa

App. Trento 11 aprile 1995 e decide nel merito.

Esecuzione forzata in genere — Pignoramento — Atti di impe rio successivamente trascritti — Inefficacia — Opposizione di terzo all'esecuzione — Omessa intavolazione del diritto an teriore al pignoramento —

Conseguenze (Cod. civ., art. 1376, 2643, 2644, 2913, 2914, 2919; cod. proc. civ., art. 92, 384, 615, 619; 1. 28 marzo 1929 n. 499, disposizioni relative ai libri fondiari delle nuove province, art. 2, 3).

Poiché sono inefficaci nei confronti del creditore pignorante gli atti costitutivi o traslativi di diritti sui beni pignorati che non siano intavolati prima della trascrizione del pignoramento an che ove essi siano effetto di atti di imperio (nella specie, ven dita giudiziale), è carente di legittimazione attiva il terzo che

proponga opposizione all'esecuzione su detti beni se non ab bia proceduto alla intavolazione del proprio acquisto in data anteriore al pignoramento. (1)

Svolgimento del processo. — In forza di ingiunzioni fiscali l'amministrazione delle finanze, con atti notificati il 29 febbraio ed il 10 marzo 1990, procedeva al pignoramento della p.f. 1323/1 c.c. Levico, di intavolata proprietà di Tonini Riccardo e Valen tinotti Luciana, con la quota di 1/2 indiviso ciascuno.

Gli atti di pignoramento venivano annotati nel libro fondiaro

(g.n. 650/90 e 651/90 in p.t. 4788 c.c. Levico) e le due procedu re esecutive, rubricate sub nn. 37/90 e 38/90, venivano riunite.

(1) La sentenza, ora cassata, App. Trento 11 aprile 1995, può leggersi in Foro it., 1995, I, 3571, con nota critica di C. Arcangeli.

In tema di intavolazione, cfr., da ultimo, Pret. Trieste 20 dicembre 1996, id., 1997, I, 627.

In dottrina, cfr., da ultimo, D. Maltese, Sul concetto di «pubblica fede» del libro fondiario, ibid., V, 39.

Il Foro Italiano — 1998.

Con ricorso al giudice dell'esecuzione del 14 marzo 1991 la s.a.s.

Edilnord di Castelluzzo Renzo & C. proponeva opposizione de

ducendo di aver acquistato, con contratto di compravendita del

2 ottobre 1988, la proprietà dell'immobile pignorato: da Vitaio

li Mattioli Alfio, il quale a sua volta ne aveva acquistato la

proprietà in forza di decreto di trasferimento del 19 agosto 1987

pronunciato, in esito a vendita con incanto, dal giudice delega to al fallimento della s.n.c. Edilferro di Tonini Riccardo & C.

e dei soci illimitatamente responsabili Tonini Riccardo e Valen

tinotti Luciana, fallimento dichiarato nel 1986 e chiuso del 1988.

Deduceva altresì che, nonostante la vendita forzata a favore

del Vitaioli Mattioli, l'immobile continuò ad apparire di intavo lata proprietà di Tonini Riccardo e Valentinotti Luciana per omessa intavolazione del decreto di trasferimento.

Ciò premesso, l'opponente contestava il diritto dell'ammini

strazione finanziaria di procedere ad esecuzione forzata e la stessa

pignorabilità del bene, asserendo che la sentenza dichiarativa

del fallimento, ancorché non annotata era opponibile erga omnes

dalla sua data, considerate le sue forme di pubblicità ex art.

17 1. fall., cosicché la procedente non avrebbe potuto invocare

il principio dell'apparenza tavolare. Osservava altresì che l'art.

120 1. fall, consentiva di iniziare o proseguire azioni esecutive

nei confronti del debitore in bonis su beni sfuggiti alla liquida zione fallimentare o di futura acquisizione, ma non certo di

«riespropriare» i beni che già avevano formato oggetto della

liquidazione fallimentare. Instaurato il contraddittorio, il Tonini e la Valentinotti rima

nevano contumaci, mentre l'amministrazione delle finanze, co

stituitasi in giudzio, resisteva all'opposizione, invocando il prin cipio dell'affidamento fondato sulle risultanze del libro fondia

rio e richiamando il principio dell'effetto costitutivo dall'intavolazione, in forza del quale i debitori Tonini e Valen tinotti dovevano considerarsi proprietari del bene pignorato.

Il giudice dell'esecuzione, su istanza dell'opponente, sospen deva l'esecuzione e, ritenuta la competenza del Tribunale di Tren

to, provvedeva alla trattazione della causa.

Rigettata l'istanza dell'opponente di chiamata in giudizio del

l'ex curatore del fallimento di Tonini e Valentinotti, la causa

veniva rimessa al collegio. Il tribunale perveniva a sentenza 24 giugno-23 settembre 1993,

n. 956, con la quale, ritenuto che l'efficacia costitutiva delle

iscrizioni tavolari è limitata agli «atti tra vivi» e non si estende ai trasferimenti avvenuti per autorità di giudice (art. 2 legge sui libri fondiari); ritenuto che, nel pignoramento immobiliare, la funzione propria della trascrizione, di rendere inefficaci le successive eventuali «alienazioni» del bene pignorato, si esplica solo rispetto agli atti negoziali e non anche rispetto agli atti di imperio amministrativi o giudiziari (art. 2913 c.c.); che la nozione di «alienazioni» di cui a questo articolo è identica a

quella di cui al successivo art. 2914, n. 1, c.c.; che il decreto di trasferimento del giudice delegato non è un atto negoziale; dichiarava l'inesistenza del diritto dell'amministrazione finan ziaria di eseguire i pignoramenti de quibus.

Avverso la predetta decisione proponeva appello la intestata

amministrazione deducendo che l'effetto previsto dall'art. 2914, n. 1, c.c. (secondo cui non hanno effetto in pregiudizio del cre ditore pignorante gli atti di alienazione trascritti successivamen te al pignoramento) si esplica in relazione a tutti gli atti di natu ra traslativa indipendentemente cioè se il titolo adquirendi ab bia natura negoziale o sia costituito da sentenza. Deduceva altresì che la mancata intavolazione del proprio diritto di proprietà da parte della soc. Edilnord aveva comunque indotto in errore

l'amministrazione per cui doveva di tale inerzia tenersi conto anche ai fini del regolamento delle spese.

La Corte d'appello di Trento, con sentenza depositata in da ta 11 aprile 1995, rigettava il gravame. In particolare, ribadito che i trasferimenti per atto del giudice non sono compresi fra

gli «atti tra vivi» rispetto ai quali le intavolazioni hanno effetto

costitutivo, la corte ha rilevato che, anche in caso di conflitto tra decreto di trasferimento e pignoramento posteriore, la fun zione propria della trascrizione del pignoramento immobiliare, di rendere inefficaci, nei confronti del creditore pignorante (e

dell'aggiudicatario) atti traslativi di diritti sui beni pignorati, successivi alla trascrizione medesima, si esplica solo rispetto agli atti negoziali compiuti dal debitore esecutato, non quando il trasferimento anteriore è effetto di atti di imperio, come è il decreto di trasferimento del giudice dell'esecuzione.

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