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sezione lavoro; sentenza 20 aprile 1985, n. 2626; Pres. Brancaccio, Est. Panzarani, P. M. Cantagalli...

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sezione lavoro; sentenza 20 aprile 1985, n. 2626; Pres. Brancaccio, Est. Panzarani, P. M. Cantagalli (concl. conf.); Oriani (Avv. Pirani, Crugnola) c. Soc. I.p.o. (Avv. Girometti, Titobello, Lepore). Conferma Trib. Milano 30 aprile 1981 Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 9 (SETTEMBRE 1985), pp. 2259/2260-2263/2264 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177989 . Accessed: 28/06/2014 12:34 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.45 on Sat, 28 Jun 2014 12:34:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 20 aprile 1985, n. 2626; Pres. Brancaccio, Est. Panzarani, P. M.Cantagalli (concl. conf.); Oriani (Avv. Pirani, Crugnola) c. Soc. I.p.o. (Avv. Girometti, Titobello,Lepore). Conferma Trib. Milano 30 aprile 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 9 (SETTEMBRE 1985), pp. 2259/2260-2263/2264Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177989 .

Accessed: 28/06/2014 12:34

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2259 PARTE PRIMA 2260

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 20 aprile 1985, n. 2626; Pres. Brancaccio, Est. Panzarani, P. M. Canta galli (conci, conf.); Orfani (Avv. Pirani, Crugnola) e. Soc. I.p.o. (Avv. Girometti, Titobello, Lepore). Conferma Trib. Milano 30 aprile 1981.

Lavoro (rapporto) — Metalmeccanici — Differenza tra integra zione salariale e retribuzione — Disciplina (D.l. 30 gennaio 1976 n. 9, interventi urgenti in favore dei lavoratori di aziende in particolari condizioni, art. 1; 1. 29 marzo 1976 n. 62, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 gennaio 1976 n. 9, art. unico).

Ai lavoratori assunti da società costituite dalla G.e.p.i., a seguito di provvedimento del C.i.p.e. di individuazione delle imprese in

particolari condizioni, ex art. 1 d.l. 9/76, convertito con

modificazioni nella l. 62/76, non spetta il trattamento ulteriore

rispetto all'integrazione salariale previsto dall'art. 5, disc, spec., part. Ill del c.c.n.l. 1973 e 1976 del settore metalmeccanico

privato. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Milano

depositato il 5 ottobre 1977 il rag. Renzo Oriani — premesso che era stato dipendente della s.p.a. Leyland Innocenti quale impiega gato del 5° livello, che era stato licenziato con decorrenza dal 31

gennaio 1976, che era stato assunto dal 1° febbraio 1976 dalla soc. Iniziativa promozione occupazione (I.p.o.) con esonero dalla

prestazione lavorativa, essendosi nel frattempo ottenuto per quasi

(1) Con la sentenza qui riportata giunge a compimento una vicenda giudiziale, legata al noto caso Leyland Innocenti, che ha visto pronunziarsi in materia contrastante il giudice di primo grado (Pret. Milano 17 aprile 1980, Foro it., Rep. 1981, voce Lavoro (rapporto), n. 1346) e quello d'appello (Trib. Milano 30 aprile 1981, ibid., n. 1323). Continua, cosi, l'interpretazione giurisprudenziale di legittimità della legislazione del lavoro dell'emergenza e, in particolare, di quella delle aziende in crisi (su cui, da ultimo, riguardo al trasferimento del personale delle imprese assicuratrici in liquidazione coatta amministra tiva, Cass., sez. un., 17 ottobre 1984, n. 5233, id., 1985, I, 1414, con nota di richiami, e 17 ottobre 1984, n. 5230, ibid., e in Giust. civ., 1985, I, 769, con nota di A. Vallebona, Trasferimento di aziende in crisi e rapporti di lavoro: problemi in caso di cessione del portafoglio di imprese assicurative in liquidazione coatta amministrativa, la prima richiamata, assieme alle altre, di pari data, nn. 5234 e 5235, Foro it., Rep. 1984, voce Liquidazione coatta amministrativa, nn. 48, 49, nella decisione in epigrafe).

A parte il decisum, appaiono particolarmente significativi alcuni passaggi dell'iter argomentativo della sentenza in epigrafe. In specie, l'accentuazione della necessità, nell'interpretazione logica della legisla zione dell'emergenza, di attuare un bilanciamento dei sacrifici e vantaggi delle categorie investite dalle situazioni di crisi, in conformità alla ratio della normativa di salvaguardare il mantenimento dell'occu pazione limitando gli oneri delle imprese e alcune garanzie dei lavoratori e così derogando, a quest'ultimo riguardo, a « consolidati e fondamentali principi del diritto del lavoro ». Da ciò la conseguenza che i criteri ermeneutici vanno ricercati all'interno della disciplina speciale (v., in proposito, N. Irti, in Nuove leggi civ., 1978, n. 4, 6) pur nella « coerenza tra le parti di cui si compone l'ordinamento giuridico » (circa il canone di coerenza, cfr. Corte cost. 30 novembre 1982, n. 204, Foro it., 1982, I, 2981, con nota di G. Silvestri; in dottrina, G. Tarello, L'interpretazione della legge, Milano, 1980, 360). È proprio alla luce di questa premessa che i rapport' di lavoro con le società costituite dalla G.e.p.i. in vista del futuro reimpiego delle stesse

maestranze, sono stati considerati sostanzialmente uno strumento tecni co per consentire tale manovra, assicurando l'unitarietà della compagi ne da rioccupare e (con) il sostegno dell'integrazione salariale. È così che l'espressione « stesse condizioni » di cui all'art. 1, 4° comma, d.l.

9/76, poi convertito, è stata interpretata restrittivamente come « stesso trattamento retributivo globale» su cui solo parametrare l'80/100 costituito dall'integrazione.

Sulla funzione di « parcheggio » dei lavoratori attuata dalla 1. 62/76, v. G. Minervini, Riflessioni in tema di composizione della crisi

delle imprese industriali, in Democrazia e diritto, 1980, 762; G. Ferra

ro, Il diritto del lavoro nell'emergenza (La legislazione degli anni 1977-78), a cura di R. De Luca Tamajo e L. Ventura, Napoli,

1979, 39; Io., Cassa integrazione guadagni e crisi aziendale nelle leggi sulla riconversione industriale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1979, 1008, che sottolinea la funzionalizzazione della legge alla precostituzione artifi

ciale di condizioni tecnico-giuridiche idonee a consentire il ricorso alla

cassa integrazione. Per spunti vari sulla 1. b2, v. M. Cinelli, La tutela del lavoratore

contro la disoccupazione, Milano, 1982, 176, nota 17; A. Vallebona, Il trasferimento dell'azienda in crisi: agevolazioni per l'acquirente e

tutela dei posti di lavoro, in Giornale dir. lav. relazioni ind., 1980,

269; G. Arrigo-A. Pandolfo, Bilancio di una legislatura-, priorità per un futuro intervento legislativo, in AA.VV., Per una politica del

lavoro, Roma, 1979, 19; M. Miscione, Cassa integrazione e tutela

della disoccupazione, Napoli, 1978, 94.

Il Foro Italiano — 1985.

tutti i dipendenti l'intervento della c.i.g. a zero ore, che era stato

quindi liquidato dalla predetta società ed assunto dalla s.p.a.

Nuova Innocenti con decorrenza dal 15 giugno 1976, che non era

stato tuttavia correttamente retribuito dalla I.p.o. nel suindicato

periodo dal 1° febbraio 1976 al 14 giugno successivo non

essendogli stata invero corrisposta rispetto al trattamento della

cassa integrazione la differenza economica prevista dalla contratta

zione collettiva (art. 5, parte III della disciplina speciale del

c.c.n.l. del 1973 e del 1976 per l'industria metalmeccanica privata)

chiedeva che la soc. I.p.o. nonché in via solidale la soc.

Nuova Innocenti fossero condannate al pagamento di quanto

dovuto al suddetto titolo per l'importo di lire 677.954. Costituitesi

le convenute che resistevano alla domanda, l'adito pretore con

sentenza del 23 febbraio -17 aprile 1980 accoglieva la domanda

stessa nei confronti della sola soc. I.p.o. Questa ultima proponeva

gravame avanti al Tribunale di Milano che con sentenza dell'I 1

marzo-30 aprile 1981, in riforma della prima decisione, disatten

deva in toto la pretesa attorca.

Il tribunale, esaminando la disciplina introdotta ai di. 30

gennaio 1976 n. 9 convertito in legge con modificazioni con la 1.

29 marzo 1976 n. 62, osservava che — dato che in via di

principio l'intervento della ei.g. presupponeva un rapporto di

lavoro tuttora esistente — con il suddetto provvedimento legislati vo era stata fatta salva itale esigenza per cui la stipulazione di un

contratto di lavoro (intervenuto, nella specie, per l'appunto, con la

I.p.o., società costituita dalla G.e.p.i.) rappresentava la condizione

giuridico-formaie per l'inserimento del lavoratore in siffatto siste

ma assistenziale. Il riferimento alle « condizioni di lavoro » del

dipendente al momento del suo licenziamento integrava pertanto — ad avviso del tribunale — una fictio iuris onde realizzare il

presupposto necessario ai fini dell'inserimento nel sistema della

cassa integrazione, laddove la norma legislativa parlava soltanto di

assunzione (formale). Considerati quindi l'assenza nella soc. I.p.o. di una struttura .imprenditoriale e lo scopo di essa di favorire il

reknpiego degli assunti nell'ambito di un reale rapporto di lavoro, 11 giudice d'appello — svolti richiami ai lavori parlamentari —

prendeva in esame la lettera d'assunzione dell'Orioni da parte della I.p.o. osservando che la frase secondo cui il trattamento

normativo e la qualifica sarebbero stati eguali a quelli da lui

goduti al momento del licenziamento non poteva affatto significare che ii rapporto di lavoro sarebbe stato uniformato al contratto

collettivo già applicato al momento del licenziamento, e invero la

suddetta lettera aveva fatto diretto richiamo al provvedimento

legislativo 30 gennaio 1976 n. 9 e sostanzialmente ripeteva da

esso ii proprio fondamento sostanziale, talché le parole del

documento dovevano essere intese nel senso imposto dalla disposi zione normativa (4° comma dell'art. 1) in relazione a una

funzione di rapporto definito nei suoi elementi essenziali attraver

so una qualifica e un contratto, nel mentre allorquando la I.p.o. aveva voluto e dovuto accollarsi l'obbligo di corresponsione di un

concreto trattamento economico aveva utilizzato una formulazione

completa degli elementi necessari per l'individuazione della relati

va misura.

Contro tale decisione 1'Oriand ha proposto ricorso a questa

Suprema corte formulato in due motivi al quale la soc. I.p.o. ha

resistito con controricorso. Il ricorrente altresì ha presentato memoria.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente

denunzia, in base all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. violazione dell'art.

12 disp. sulla legge in generale nonché omessa, insufficiente e

contraddittoria motivazione circa punto decisivo della controver sia. \

Deduce al riguardo — svolgendo vari richiami ai lavori

parlamentari — che il definitivo testo del di. 30 gennaio 1976 n.

9 quale risulta dalla 1. di conversione 29 marzo 1976 n. 62 deve

interpretarsi, alla stregua del suddetto art. 12 disp. sulla legge in

generale, nel senso che le società ivi previste (di fatto, soltanto la

I.p.o.) erano tenute a corrispondere ai lavoratori da loro assunti

l'intero trattamento economico da essi goduto all'atto del licen

ziamento. Prendendo quindi 'in particolare esame il 4° comma

dell'art. 1 del provvedimento legislativo, ii ricorrente ribadisce che

esso prevede l'assunzione, da parte delle società autorizzate, del

personale licenziato alile stesse condizioni fruite al momento del

licenziamento, nel mentre il trattamento di' integrazione salariale

ha carattere ulteriore e si aggiunge ai primo. Criticando quindi le argomentazioni del tribunale oirca la

funzione della soc. I.p.o. identificata nello scopo di consentire il

trattamento d'integrazione salariale e non già in quello di assicu

rare al lavoratore l'intera retribuzione, il ricorrente osserva che, al

contrario, proprio iin relazione a tale fine deve ritenersi che è

stata prevista la spesa di 10 miliardi di lire e ciò secondo quanto

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

disposto dal 1° comma dell'art. 1 in cui l'uso del plorale « scopi »

conferma che siffatto esborso non poteva considerarsi limitato alla

sola anticipazione del trattamento d'integrazione salariale il quale di per sé non lo giustificherebbe. Svolte poi ulteriori considerazio

ni in ordine alla previsione del 'trattamento d'integrazione anche a

favore dei dirigenti nella misura di lire 300.000 (tate che non è

pensabile un simile appiattimento della loro remunerazione) non

ché dei lavoratori che avevano esperito azione giudiziaria contro

il licenziamento (dei quali pertanto non veniva a promuoversi il

reknpiego presso la I.p.o. per cui deve ritenersi che l'assunzione

presso tale società costituisce, nel testo della legge, una previsione non necessaria e deve avere pertanto un diverso significato), il

ricorrente confuta le argomentazioni del tribunale circa il carattere

di fictio iuris che avrebbero le assunzioni presso la soc. I.p.o. rilevando — con ulteriori richiami ai lavori parlamentari — che

tali assunzioni consentivano all'occorrenza di dare pienamente corso al sinallagma contrattuale laddove esse, nel contesto del

provvedimento legislativo, non erano affatto necessarie per realiz

zare il trattamento d'integrazione salariale straodinario « iin deroga alla vigente normativa ».

Con il secondo motivo il ricorrente denunzia, in base all'art. 360, on. 3 e 5, c.p.c., violazione degli art. 1322 c.c. e 12 disp. sulla

legge in generale nonché dell'art. 1362 dello stesso codice e

inoltre omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa

punti decisivi della controversia.

Richiamati i principi dell'autonomia contrattuale e del favor verso il lavoratore, il ricorrente medesimo contesta il criterio

d'interpretazione seguito dai tribunale in relazione alla sua assun

zione presso la soc. I.p.o., interpretazione svolta secondo il

significato dallo stesso tribunale attribuito all'art. 1, 4° comma,

di. ti. 9/76 e che in realtà è privo di fondamento. Argomenta poi che in ogni caso, anche a ritenere in mera ipotesi che da tale

testo legislativo non possa direttamente desumersi l'obbligo per la

suddetta società di mantenere a favore di esso ricorrente l'integra le livello retributivo, il 5° comma della lettera d'assunzione —

ove esattamente interpretato secondo i canoni dell'ermeneutica

contrattuale — non poteva, nel suo esplicito riferimento a quanto

già percepito dalla Leyland Innocenti al momento del licenzia

mento, che essere inteso nel senso dell'applicazione di tutto il

complesso degli istituti del contratto collettivo di categoria, il che

è confermato dalle risultanze istruttorie circa la commisurazione

del trattamento d'integrazione salariale all'indennità di mensa e

circa la corresponsione di altre indennità (come quella di trasfer

ta) nonché dai prospetti retributivi.

Ricordato quindi il principio dell'applicazione del contratto

collettivo di diritto comune 'anche ai non iscritti alle associazioni

sindacali e ciò per effetto dell'avvenuta adozione del sistema

retributivo da essi previsto, il ricorrente aggiunge che la sentenza

impugnata ha omesso di valutare il contenuto dell'art. 5 disp.

spec. sez. Ili del c.c.n.l. 19 aprile 1973 (autenticamente interpreta ta dall'art. 3 disp. spec, parte 11) in base al quale va riconosciu

to il diritto dell'impiegato a un trattamento che, in aggiunta a

quello praticato dalla ci.g., serva a ricostruire l'intera retribuzione

del lavoratore.

Tutto ciò richiamato, dev'essere rilevata, per le ragioni che

seguono, l'infondatezza di entrambi i motivi del ricorso.

I. - Con riferimento al primo di essi si osserva come il di. 30

gennaio 1976 n. 9 convertito con modificazioni nella 1. 29 marzo

1976 n. 62, pur occasionato dalle specifiche vicende di alcune

imprese, s'inserisca nel più ampio quadro di quella politica economico-sociale sollecitata da una 'generalizzata situazione di

crisi riguardante ampie aree produttive, politica che ha avuto

peraltro espressioni significative ira quel complesso di interventi

definiti « dell'emergenza » fra cui si segnalano, in particolare, le 1.

29 maggio 1975 ti, 164 (sulla garanzia del salario) e 12 agosto 1977 n. 675 (sul coordinamento della politica industriale, la

ristrutturazione, la riconversione e lo sviluppo del settore) oltreché

alcuni altri provvedimenti concernenti determinati settori e pecu liari forme di provvidenza pubbliche.

La ratio di siffatti interventi è stata quella di realizzare un

ponderato contemperamento dei contrapposti interessi delle catego rie investite dalle situazioni di crisi, il che si è attuato attraverso

un « bilanciamento » di sacrifici e di vantaggi nel precipuo intento

di salvaguardare il più possibile il mantenimento dell'occupazione lavorativa pur 'addossando determinati oneri alle imprese e pur determinando la perdita per i lavoratori di certe garanzie valutate

però non essenziali rispetto ai beni primari, costituiti, per l'appun

to, dal posto di lavoro e dalla sicurezza, di una retribuzione:

tematica che le sezioni unite di questa Suprema corte hanno

avuto recentissima occasione di trattare nelle sentenze 17 ottobre

1984, nn. 5233, 5234 e 5235 (Foro it., Rep. 1984, voce Liquida

li.. Foro Italiano — 1985.

zions coatta amministrativa, no. 47-49) in riferimento all'applica zione di altra disciplina « di emergenza » contenuta nell'art. 5 d.l.

26 settembre 1978 n. 576 in tema di trasferimento del personale delle imprese idi assicurazione poste iti liquidazione coatta ammi

nistrativa.

Tali provvedimenti, per la tipica finalità cui sono ispirati,

possono pertanto comportare — secondo quanto si è osservato

nelle sopra richiamate sentenze a proposito dalle disposizioni in

esse esaminate — anche la deroga a consolidati fondamentali

principi del diritto del -lavoro, e pertanto l'interprete deve spe cificamente considerare quel « bilanciamento » d'interessi che, co

me si è detto, il legislatore ha dovuto perseguire. Quando perciò nella fattispecie il ricorrente fa richiamo alllart. 12 disp. sulla

legge in generale, deve osservarsi che proprio tale norma impone, in relazione ai provvedimenti « dell'emergenza », di tener conto in

via primaria della suddetta finalità la quale ne sostanzi la

specifica ratio al di là di possibili limiti o ambiguità lessicali

spiegabili anche in relazione alle modalità necessariamente solleci te in cui sovente deve svolgersi il processo di produzione di

normative molte volte iniziato con il sistema della decretazione

d'urgeniza. Considerato poi che la mera lettura del testo di ima

disposizione non può rivelarsi di per sé appagante ai fini di

coglierne la vera portata, dovendosi invero in ogni caso ricercare

il fondamento e lo scopo di esso (cfr. la sentenza Cass. 12

novembre 1977, n. 4909, id., 1978, I, 2273), va ancora ricordato

che, per quanto concerne le leggi1 speciali, i criteri ermeneutici

debbono essere ricercati all'interno della relativa disciplina pur dovendo l'interprete nel contempo adeguarsi a un canone di

coerenza fra le parti di cui si compone l'ordinamento giuridico. È quindi, evidente, rispetto alle esigenze che scaturiscono da

tali fondamentali principi, come le risultanze dei lavori preparato ri abbiano un valore meramente orientativo e sussidiario per la

ricerca della ratio della legge la cui volontà oggettiva si sovrap

pone radicalmente agli intenti e alle opinioni dei singoli membri

del parlamento (sulla tematica in generale, cfr., ad es., Cass. 12

marzo 1973, n. 677, id., 1973, I, 2107, e 19 maggio 1975, n. 1955,

id., 1975, I, 2244). II. - Con riferimento pertanto alla disciplina del d.l. 30 gennaio

1976 n. 9 convertito con modificazioni nella 1. 29 marzo 1976 n.

62 (interventi urgenti -in favore dei lavoratori di aziende in

particolari condizioni), è di tutta evidenza come essa si situi

nell'ambito di quei provvedimenti «dell'emergenza» di cui si è

detto e come suo scopo essenziale sia stato quello di consentire ai

dipendenti delle imprese industriali versanti in situazioni di crisi

così grave da non consentirne qualsiasi ripresa (poste, cioè, in

liquidazione o comunque cessate dall'attività produttiva e indivi duaite dal C.i.p.e.) di ottenere, dopo il licenziamento da quelle, il

reimpiego presso altre imprese che fossero state in grado di

subentrare nella titolarità delle relative aziende (art. 1, 2°, 3" e

6° comma). Si sono dovuti perciò superare i limiti delle possibili tà operative della c.i.g. anche in sede d'intervento straordinario (1. 5 novembre 1968 n. 1115 e successive modificazioni e integrazio

ni) e, al fine di evitare lo status giuridico di disoccupazione dei

lavoratori licenziati dalle imprese in crisi, si è dovuto provvedere alla « creazione » di un datore di lavoro-non imprenditore che

assumesse tali lavoratori alle proprie dipendenze, sia pur senza

l'effettuazione di prestazioni, e ciò durante il solo periodo inter

medio necessario per l'instaurazione di nuovi rapporti di lavoro

con le imprese subentranti. Per realizzare tale rimarchevole inter

vento pubblico a favore dell'occupazione, il relativo compito è

stato pertanto affidato alla « Società gestioni e partecipazioni industriali s.p.a. » (G.e.p.i.) e cioè all'ente finanziario previsto

proprio per concorrere al mantenimento e all'accrescimento dei

livelli di occupazione anche attraverso la costituzione di società

per la gestione o .il rilievo di aziende industriali in criisi (art. 5 1.

22 marzo 1971 n. 184). Con il d.l. n. 9/76 è stata peraltro

prevista (oltre l'utilizzazione di società già esistenti) la costituzio

ne, da parte del suddetto ente finanziario, di nuove società con

compiti non di diretta gestione o di rilievo di aziende industriali

(art. 5, r comma, n. 2, 1. n. 184/71, cit.), ma di mera interinale

amministrazione dei rapporti di lavoro nell'attesa, per l'appunto delle nuove assunzioni presso terzi (e ciò fino al 30 settembre

1976, secondo la modificazione apportata dalla legge di conversione

al 4° comma dell'airt. 1). Tale complessa manovra di salvataggio dell'occupazione iti una

prospettiva non semplicemente assistenziale, ma di effettiva ripresa economica di determinate aziende in crisi evidenzia pertanto quel « bilanciamento » di opposti interessi di cui si è in precedenza detto e cioè: 1) l'alleggerimento dei costi per le imprese suben

tranti nella titolarità delle aziende (non tenute cioè a succedere

altresì nei precedenti rapporti di lavoro con il relativo onere delle

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2263 PARTE PRIMA 2264

anzianità maturate); 2) l'ammissione dei lavoratori al trattamento

di ci.g. nonostante il licenziamento e sulla base del trattamento

economico in precedenza goduto; 3) la promozione di' nuove

assunzioni presso le imprese subentranti. Contenimento del costo

del lavoro, garanzia per i lavoratori di un adeguato ininterrotto

trattamento economico e ripresa dell'effettiva stabile occupazione essendo dunque gli scopi del provvedimento in esame, si osserva

come fa costituzione di rapporti1 di lavoro, senza le relative

prestazioni presso la società di gestione (nella fattispecie, la I.p.o.) abbia svolto, non soltanto una funzione di « cerniera » fra i

rapporti già 'esistenti con le precedenti imprese e quelli istituendi con le imprese subentranti, ma abbia adempiuto altresì fa funzio ne di mantenimento della compagine unitaria del personale di

ciascuna azienda in liquidazione favorendone perciò il reimpiego nelle stesse precedenti! posizioni.

L'avvenuto frazionamento dei rapporti di' lavoro — che rappre senta uno dei sacrifici ricadenti sui lavoratori, in vista però di

favoritine il reimpiego — impone pertanto un'interpretazione ne cessariamente .restrittiva della disposizione concernente l'assunzione dei lavoratori medesimi da parte delle società costituite dalla

G.e.pi. « alle .stesse condizioni fruite al momento del licenziamen to » (4° comma del di. n. 9 del 1976), espressione che dev'essere invero — secondo i criteri interpretativi in precedenza richiamati — inquadrata nella specifica finalità di consentire anzitutto a favore del personale l'intervento della ci.g. nonostante il suo licenziamento dalle imprese poste in liquidazione o cessate dal

l'attività, intervento che non avrebbe potuto non essere necessaria

mente commisurato al precedente parametro retributivo (per la

corresponsione dell'80 % di esso: art. 2 1. n. 164/75; art. 1, 4°

comma, 1. 8 agosto 1972 n. 464). Dati peraltro i (Imitati compiti di tali società e fa loro

estraneità ai precedenti rapporti di lavoro e alla relativa discipli na, non si vede come e perché dovessero far carico alle stesse le

obbligazioni scaturenti da una contrattazione collettiva stipulata dai rappresentanti di altre categorie datoriali in relazione al

concreto espletamento di specifiche prestazioni e in quella recipro cità di diritti e obblighi costituente un insieme organico fa cui

determinazione era stata pattuita in riferimento alla effettiva .realtà

delle situazioni lavorative e produttive (art. 2070 e 2071 c.c.).

L'espressione « stesse condizioni » dev'essere pertanto intesa, ai

fini di che trattasi, nel limitato senso di' « stesso trattamento

retributivo globale » con fa necessaria conseguenza, data l'ammis

sione alla c.i.g., della sua corresponsione nella sola misura

dell'80 %, non esistendo invero a carico di qualsivoglia .datore di

lavoro, a meno che non siano operativi specifici patti contrattuali

per lui vincolanti, l'obbligo di pagamento della differenza (cfr. le

sentenze Cass. 25 febbraio 1984, n. 1353 e 23 maggio 1984, n.

3153, id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), nn. 1683, 1652).

La circostanza, inoltre, ohe la G.e.pi. fosse stata dotata della

somma di lire 10 miliardi per gli scopi di cui al decreto-legge in

esame (art. 1, 1° comma) non può costituire pertinente argomento in .contrario, trattandosi invero di tuia .previsione fatta in ordine

alfa possibile costituzione di più società di gestione per l'anticipa

zione del trattamento d'iintegraziòne salariale nei riguardi dei

dipendenti di imprese .anche di rilevainti dimensioni, con la

necessità peraltro di affrontare le spese relative a tale loro

costituzione, al pagamento del personale necessario e agli altri

costi occorrenti dovendosi peraltro considerare che a dette società

era affidato l'ulteriore compito di promuovere concretamente le

iniziative imprenditoriali per il reimpiego presso terzi dei lavora

tori licenziati dalle imprese poste in liquidazione o cessate (art. 1,

2° comma), il che ovviamente non poteva non comportare oneri

finanziari anche notevoli.

Quanto poi alla disposizione aggiunta dalla legge di conversione

al 4° .comma .dell'art. 1 di. circa l'ammissione ai trattamento di

ci.g. anche dei dirigenti con l'applicazione però del limite di cui

all'art. 15 1. 20 maggio 1975 n. 164 — e cioè quelle di lire

300.000 (mensili), secondo le modificazióni apportate dall'art. 1,

4° comma, 1. n. 464/72 sull'estensione del trattamento agli

impiegati — si osserva che il suddetto importo, certamente non

elevato anche rispetto ai livelli retributivi dell'epoca, si spiega sulla base di un necessario criterio di economicità .di per sé

tollerabile — in relazione a un ridotto periodo di tempo (come già

detto, fino al 30 settembre 1976 ) — da parte di una categoria

che, anche .per la maggiore professionalità ha normalmente miglio ri occasioni di ottenere un nuovo impiego e comunque presumi bilmente dispone in una situazione economica che, in determinate

circostanze, rende ragione, in sede di disciplina « dell'emergenza »,

di un intervento garantistico più attenuato (cfr. Ite citate sentenze

delle sezioni unite n. 5233, 5234 e 5235 del 1984 a proposito della ritenuta esclusione dei dirigenti dalla previsione del diretto

Il Foro Italiano — 1985.

obbligo di riassunzione da parte delle imprese di assicurazione

cessionarie del « portafoglio » e del personale già dipendente da

quelle poste in liquidazione coatta amministrativa, a norma dell'art.

5 di. 26 settembre 1978 ti. 576). Circa poi la previsione del trattamento di integrazione salariale

anche a favore dei lavoratori che avevano impugnato i loro

licenziamenti (e ciò in base al comma aggiunto in sede di

conversione in legge dopo 1 4° comma dell'art. 1 di. n. 9/76), essa trae ragione dalla sostanziale identità della situazione di tali

lavoratori rispetto agli altri dipendenti, dato invero che i licen

ziamenti loro inématì erano in ogni caso immediatamente efficaci

e ciò fino all'eventuale diversa decisione del giudice adito.

Non si può perciò trarre dagli argomenti esposti dal ricorrente

aìlcuin elemento di idonea confutazione della tesi interpretativa

seguita dal Tribunale di Milano.

III. - Dall'esattezza di tale interpretazione deriva quindi che

non possano essere condivise neppure le considerazioni svolte dal

ricorrente nel secondo motitvo, avendo invero il giudice d'appello riconosciuto nel rapporto di lavoro instauratosi fra il ricorrente

medesimo e la soc. I.p.o. un contenuto pienamente conforme al

dettato legislativo. Una volta poi esclusa l'applicabilità alle parti del contatto

collettivo per gli addetti all'industria metalmeccanica privata, vano si rivela ogni argomento basato sulla portata da attribuire alle

relative clausole e sull'interpretazione adottata al riguardò dalle

parti sociali, laddove l'avvenuta considerazione nel rapporto con la

I.p.o. dei vari elementi retributivi previsti da tale disciplina si

spiega appunto con il riferimento fatto dal 4° comma dell'art. 1 di. n. 9/76 al trattamento economico (globale) fruito dal persona le nel precedente rapporto su cui andava calcolata la quota dell'80 %, in tal senso dovendosi intendere, per quanto detto,

l'espressione « stesse condizioni fruite ». (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 15 aprile 1985, n. 2486; Pres. Santosuosso, Est. Zappulli, P. M. Be nanti (conci, conf.); Soc. I.l.s.s.a. Viola (Avv. Alfieri, Ot

tolenghi). c. Soc. Cane Profilati (Avv. Califano, Viparelli). Cassa Trib Verbania 25 febbraio 1982.

Amministrazione controllata — Durata — Decreto di proroga —

Illegittimità (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del falli

mento, art. 187; I. 24 luglio 1978 n. 391, modifica dell'art. 187 1. fall, relativo alla domanda di amministrazione controllata, art. 1).

Il decreto di proroga dell'amministrazione controllata, contro il

quale è ammesso ricorso per cassazione, deve considerarsi

illegittimo, anche se con il prolungamento della procedura non

venga superato il termine di durata massima di due anni. (1)

(1) Sull'ammissibilità del ricorso per cassazione avverso il decreto di ammissione alla procedura di amministrazione controllata, cfr. Cass. 28 marzo 1983, n. 2215, Foro it., Rep. 1983, voce Amministrazione controllata, n. 33; 20 dicembre 1982, n. 7050, id., Rep. 1982, voce cit., n. 23; 17 dicembre 1981, n. 6677, ibid., n. 24, riportata per esteso in Giur. comm., 1982, II, 606, con nota di Cavazzuti. In particolare, sulla specifica questione della ricorribilità del provvedimento di proro ga della procedura, v. Cass. 23 aprile 1980, n. 2651, Foro it., 1981, I, 2816, con ulteriori riferimenti, secondo cui il termine per ricorrere decorre dalla data dell'affissione e, in difetto di questa, è applicabile il termine annuale ex art. 327 c.p.c. dalla data del deposito in cancelleria (per l'inapplicabilità del termine annuale di decadenza, cfr., però, Cass. 18 gennaio 1980, n. 429, id., Rep. 1980, voce cit., n. 21).

La sentenza riportata ribadisce l'orientamento più volte espresso dalla Cassazione prima dell'entrata in vigore della 1. 24 luglio 1978 n. 391, il cui art. 1 ha portato da uno a due anni la durata massima della

procedura, stabilendo che alla scadenza del termine originariamente fissato, anche se inferiore al biennio, il tribunale non ha altre

possibilità che quelle, indicate nell'art. 193 1. fall., di dichiarare il fallimento o di esaminare la domanda di concordato preventivo eventualmente presentata dal debitore. Sulla non prorogabilità della

procedura v. Cass. 19 giugno 1975, n. 2466, id., Rep. 1975, voce cit., n. 3; 26 aprile 1974, n. 1197, id., Rep. 1974, voce cit., n. 29; 28 maggio 1973, n. 1577, id., 1973, I, 1749. La giurisprudenza di merito, formatasi successivamente all'entrata in vigore della 1. n. 391/78, sembra, invece, decisamente a favore della tesi della prorogabilità del

termine, nell'ambito dei limiti di durata massima: v. Trib. Milano 18 novembre 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 40; Trib. Savona 4 luglio 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 17; Trib. Perugia 2 aprile 1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 26; Trib. Torino 27 febbraio 1980, ibid., nn.

25, 28; Trib. Napoli 6 giugno 1979, ibid., nn. 27, 29 (da segnalare

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