sezione lavoro; sentenza 20 luglio 1996, n. 6524; Pres. Sciarelli, Est. Mercurio, P.M. Nardi(concl. conf.); Soc. Cembre (Avv. Schwarzenberg, Scirè) c. Lupi (Avv. Ventura). Conferma Trib.Brescia 7 agosto 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 1 (GENNAIO 1997), pp. 187/188-197/198Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191307 .
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PARTE PRIMA
la in esame. Ma consente anche, al medesimo tempo, di sgom brare agevolmente il campo dall'equivoco che si annida nel se
condo dei due profili di doglianza prospettati dalla curatela ri
corrente.
L'esigenza che, quando il credito garantito eccede le lire 5.000, il pegno risulti da scrittura di data certa, nella quale siano indi
cati con sufficiente precisione tanto il credito quanto la cosa
data in pegno (art. 2787, 3° comma, c.c.) si riferisce, com'è
evidente, al titolo negoziale da cui deriva la costituzione del
pegno, e non all'atto materiale della consegna della res con la
quale il pegno si costituisce. Qualora, perciò, come nel caso
esaminato, la costituzione del pegno avvenga non in modo con
testuale alla formazione del titolo (risultante da una scrittura
di cui non è in contestazione la data), ma solo a seguito del
completamento della descritta fattispecie a formazione progres
siva, non ha fondamento alcuno la pretesa che debbano esser
consacrati per iscritto anche gli atti in cui si realizza la fase
conclusiva di tale procedimento (nella specie, gli atti di accredi
tamento in conto corrente delle somme così assoggettate al vin
colo pignoratizio). Né potrebbe trovare in questa sede ingresso un'eccezione volta a denunciare — a prescindere dal requisito della forma scritta — la non anteriorità degli accennati atti di
accreditamento all'apertura del fallimento della debitrice Arre
dopelli, non riusultando esser stata sollevata in questi termini
una simile questione nel precedente giudizio d'appello. 4. - L'ultima delle ragioni di censura dedotte dalla curatela
ricorrente chiama in causa nuovamente il disposto del citato
art. 2787, 3° comma: ma questa volta sotto il profilo della in
sufficiente specificazione del credito garantito nell'atto costitu
tivo del pegno.
L'eccezione, già sollevata in appello, muove dal rilievo che
in tale atto la costituzione del pegno era stata prevista non solo
a garanzia del credito di regresso spettante alla cassa di rispar mio in conseguenza della fideiussione prestata per consentire
alla Arredopelli di fruire del mutuo erogatole dall'Istituto mo
biliare italiano, ma anche con generico riferimento ad «ogni altro eventuale impegno presente o futuro, diretto o indiretto», della Arredopelli verso la medesima cassa di risparmio. Il che, secondo la difesa della curatela, non avrebbe consentito d'invi
duare con precisione il credito (anzi, i crediti) garantiti, e si
sarebbe risolto, perciò, in una causa d'inopponibilità del pegno, ai sensi della norma dianzi citata.
La corte territoriale ha disatteso tale eccezione con una dupli ce motivazione: in primo luogo perché si sarebbe trattato di
un'eccezione tardivamente formulata solo in comparsa conclu
sionale; in secondo luogo perché, ove anche nel merito fondata, essa avrebbe potuto aver riguardo solo agli altri «impegni» de
bitori genericamente indicati nell'atto, ma non sarebbe di certo
valsa ad inficiare la garanzia pignoratizia da cui era corredato
il credito di regresso specificamente individuato, che è l'unico di cui si discute in causa.
Ora, la curatela investe, con il proprio ricorso, entrambe le
suaccennate proposizioni: anzitutto sostenendo non esser vero
che l'eccezione in esame era stata sollevata solo in comparsa conclusionale, e quindi lamentando che la corte territoriale non
avrebbe dato adeguato conto delle ragioni che l'hanno indotta
a ritenere la garanzia pignoratizia comunque opponibile al fal
limento.
Senonché, mentre la prima di tali proposizioni ha qualche fondamento (in quanto sin dalla comparsa di costituzione in
appello la difesa della curatela aveva espressamente precisato di non voler eccepire «l'inopponibilità al terzi della scrittura
privata contenente l'atto costitutivo di pegno per mancanza di
data certa, bensì l'inoperatività della prelazione per mancanza
delle condizioni previste dall'art. 2787, 3° comma, c.c.»), al
trettanto non può dirsi per la seconda. E, infatti, la valutazione
formulata al riguardo dalla corte territoriale — laddove ha rite
nuto che l'eventuale genericità di altri crediti dedotti nel rap
porto di garanzia non valesse a compromettere l'efficacia della
prelazione pignoratizia riferita al singolo credito specificamente indicato nell'atto — è espressione di un giudizio di merito, sce
vro da vizi logici e giuridici, la cui motivazione è intuitivamente
da ricercare nel principio di conservazione degli effetti che il
contratto è in grado di produrre, e si sottrae, pertanto, ad ogni censura in questa sede.
5. - Il ricorso, quindi, dev'essere rigettato.
Il Foro Italiano — 1997.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 20 luglio
1996, n. 6524; Pres. Sciarelli, Est. Mercurio, P.M. Nardi
(conci, conf.); Soc. Cembre (Avv. Schwarzenberg, Scirè) c. Lupi (Avv. Ventura). Conferma Trib. Brescia 7 agosto 1992.
Sindacati, libertà e attività sindacale — Permessi sindacali —
Rappresentanza aziendale costituita da unico componente —
Legittimità (Cost., art. 39; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme
sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà
sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme
sul collocamento, art. 19, 23).
In difetto di qualsiasi previsione legale in ordine alla struttura
ed alla composizione della rappresentanza sindacale aziendale
di cui all'art. 19 l. 20 maggio 1970 n. 300, quest'ultima può essere costituita — purché sussistano i requisiti di legge dell'i
niziativa di una pluralità di dipendenti dell'unità produttiva e dell'operatività nel prescritto ambito sindacale —- da un unico
lavoratore, che, in qualità di responsabile dell'organismo di
rappresentanza, diviene titolare del diritto ai permessi re
tribuiti. (1)
II
TRIBUNALE DI PADOVA; sentenza 2 dicembre 1995; Pres.
Gionfrida, Est. Giacomelli; Soc. f.lli Tosetto (Avv. Castel
lini) c. Fisascat-Cisl (Avv. Miazzi).
Sindacati, libertà e attività sindacale — Condotta antisindacale — Rappresentanza sindacale aziendale — Iniziativa dei lavo
ratori — Requisiti — Fattispecie (Cost., art. 39; 1. 20 maggio 1970 n. 300, art. 14, 19, 20, 28).
È antisindacale il disconoscimento della rappresentanza sinda
cale aziendale di cui all'art. 19 l. 20 maggio 1970 n. 300 costi
tuita a seguito dell'iniziativa dell'unico lavoratore ad essa ade
rente, poiché, in difetto di una specifica previsione legale cir
ca le modalità di costituzione della rappresentanza, non è
richiesto il requisito dell'adesione di una pluralità di lavora
tori, la cui iniziativa può anche consistere in una non equivo ca accettazione della nomina di provenienza sindacale. (2)
(1-2) I. - Sebbene pronunciate in fattispecie anteriori alla parziale abrogazione dell'art. 19 1. 300/70, le questioni affrontate dalle sentenze in epigrafe conservano attualità, dal momento che la riforma referen daria ha investito unicamente il requisito della rappresentatività del sin dacato (sul punto, e per la legittimità costituzionale del nuovo criterio selettivo, cfr. Corte cost. 12 luglio 1996, n. 244, Foro it., 1996, I, 2968, con nota di richiami), senza sciogliere i nodi relativi alla costituzione ed alla struttura degli organismi di rappresentanza nei luoghi di lavoro nonché alla natura del rapporto con i sindacati esterni. In ordine a tali profili, resta di massima valida l'elaborazione formatasi sotto il vecchio testo dell'art. 19 (sulla quale cfr. Gottardi, Organizzazione sindacale e rappresentanza dei lavoratori in azienda, Padova, 1989, 145
ss.). II. - Circa la prima questione controversa, relativa al carattere, pluri
soggettivo o meno, della rappresentanza, manca una significativa espe rienza giurisprudenziale: nel senso che, in attuazione del principio di libertà di organizzazione sindacale, la r.s.a. non dev'essere necessaria mente plurisoggettiva, oltre a Trib. Brescia 7 agosto 1992, Foro it., Rep. 1992, voce Sindacati, n. 78 (confermata dalla Cassazione con la sentenza in epigrafe), cfr. Trib. Savona 23 dicembre 1971, id., Rep. 1972, voce cit., n. 102, e Riv. giur. lav., 1972, II, 66. Opposta afferma zione, nel senso che la r.s.a. deve constare di un raggruppamento di
lavoratori, anche se un solo componente può agire in nome e per conto di essa, in Pret. Alessandria 23 aprile 1982, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 68, e Giust. civ., 1982, I, 2210, con nota di Mammone, Rappre sentanza sindacale aziendale e lavoratori dell'azienda: un collegamento ancora difficile; Pret. Roma 19 aprile 1980, Foro it., 1981, I, 1774, con nota di richiami, che quantifica la soglia minima in tre iscritti al sindacato.
Una recente, ma incidentale, affermazione della struttura plurisog gettiva della r.s.a. è in Cass. 23 novembre 1985, n. 5842, id., 1986, I, 453, con nota di richiami, pronunciata tuttavia in una fattispecie di organismo plurisoggettivo del quale erano controverse le modalità di funzionamento (la sentenza ha concluso per la necessaria collegialità dell'organismo, escludendo la legittimazione del singolo componente in ordine all'esercizio del diritto di affissione), il che toglierebbe ad essa valore di precedente ove si consideri la problematica dei requisiti di
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Brescia, con sen
tenza del 7 agosto 1992, ha respinto l'appello proposto dalla
s.p.a. Cembre, con sede di Brescia, avverso la sentenza con la
quale il locale pretore aveva rigettato la domanda che la stessa
società aveva svolto (con ricorso del 7 febbraio 1990) nei con
fronti del dipendente Vito Lupi, rappresentante sindacale azien
dale della Fiom-Cgil, perché venisse dichiarato che egli non aveva
diritto ad usufruire di permessi sindacali retribuiti, riconosciuti
dall'art. 23 1. 20 maggio 1970 n. 300 ai dirigenti delle rappre sentanze sindacali aziendali di cui all'art. 19 della stessa legge, in quanto nel caso di specie la rappresentanza sindacale azien
dale era costituita esclusivamente dal medesimo Lupi — sicché
quest'ultimo non poteva, ad avviso della società, essere dirigen te di se stesso —, e perché il predetto fosse condannato a resti
costituzione. Relativa alla organizzazione, collegiale o meno, di una strut tura plurisoggettiva è anche Cass. 4 maggio 1994, n. 4295, id., Rep. 1994, voce Lavoro (contratto), n. 16, e Mass. giur. lav., 1994, 320, sulla regola dell'unanimità, anziché della maggioranza, per l'adozione delle decisioni del consiglio di fabbrica comportanti disposizione di di ritti dei lavoratori; nonché Cass. 4 dicembre 1995, n. 12467, Foro it., Rep. 1995, voce Sindacati, n. 78, e Mass. giur. lav., 1996, 10, che ha
negato la legittimazione ad agire in giudizio di alcuni lavoratori cui la r.s.a. aveva delegato la rappresentanza processuale, e non la rappre sentanza sostanziale spettante invece al collegio, ritenendo inapplicabile in via analogica la regola della rappresentanza disgiuntiva dettata per la società semplice dall'art. 2266, 1° comma, c.c., sul presupposto che la r.s.a. sia organo del sindacato e non autonoma associazione; sulla r.s.a. come organo periferico dell'associazione sindacale esterna, cfr. anche Pret. Milano 28 marzo 1994, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n.
78, e Orient, giur. lav., 1994, 218. In dottrina, per l'ammissibilità di una r.s.a. composta da un unico
lavoratore, cfr. Mancini, Statuto dei diritti dei lavoratori, in Commen tario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1972, 341, sub art. 19; Giugni, Curzio, Lo statuto dei lavoratori. Commentario diretto da Giugni, Mi
lano, 1979, 322; Ai.aimo, De Luca Tamajo, Rappresentanza sindacale
aziendale, voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1987, XXXVIII, 620; da ultimo, Pera, Diritto del lavoro, 5a ed., Padova, 1996, 173; Ichino, Le rappresentanze sindacali in azienda dopo il referendum. Pro
blemi di applicazione della nuova norma e dibattito sulla riforma, in
Riv. it. dir. lav., 1996, I, 113 ss., e la dottrina ivi citata, che, sulla base della premessa che la r.s.a. sia articolazione periferica del sindaca
to, si pronuncia a favore anche della seconda questione controversa
(ossia nel senso della legittimità della designazione esterna dell'unico lavoratore aderente). Diversamente, Perone, L'organizzazione e l'azio ne del lavoro nell'impresa, Padova, 1981, 112-113, e Organismi sinda
cali aziendali, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1990, XXII, 19, per il quale attraverso tale conclusione si giunge indebita mente a rafforzare il sindacato esterno, recidendo ogni legame con i lavoratori dell'unità produttiva.
III. - Quanto al problema delle modalità di costituzione, esso non è rigidamente separabile da quello della struttura della rappresentanza
(pur occupandosi, a rigore, solo del primo aspetto, la Cassazione si
pronuncia in motivazione nel senso che l'iniziativa deve provenire da
una pluralità di lavoratori, sebbene non iscritti all'associazione sindaca
le e non coincidenti con tutti gli occupati, ancorché nel caso di specie la costituzione della rappresentanza sembrerebbe aver avuto luogo me diante la comunicazione sindacale, al datore di lavoro, del nominativo
dell'unico dirigente beneficiario del permesso). La discussione sul signi ficato dell'iniziativa dei lavoratori e del suo rapporto con l'approvazio ne sindacale si prospetta nei termini di una contrapposizione tra due tesi assai diverse tra loro, a seconda che si assegni portata preminente alla tutela, in qualche misura oggettiva, dell'interesse dei lavoratori alla
presenza del sindacato nell'unità produttiva (Ichino, op. loc. cit.), op
pure ai valori della partecipazione attiva e democratica della base che, sul terreno giuridico, portano ad interpretare l'espressione normativa
in una accezione più sensibile al consenso dei lavoratori (Perone, L'or
ganizzazione e l'azione del lavoro nell'impresa, cit., Ili, Magnani, Le
rappresentanze sindacali aziendali ven'anni dopo, in AA.VV., La rap
presentatività del sindacato, in Quaderni dir. lav. relazioni ind., 1989, 51 ss.), nel contesto di un rinnovamento degli obiettivi della presenza sindacale in azienda, che ha tra l'altro trovato riconoscimento negli accordi istitutivi delle rappresentanze sindacali unitarie.
La giurisprudenza di legittimità ha costantemente assunto il requisito dell'iniziativa in senso non formale, e tale da comprendere qualsiasi meccanismo di collegamento, pure implicito, tra la rappresentanza e
i lavoratori. In particolare si è manifestata — in tema di costituzione
della r.s.a. — una tendenza contraria alla designazione esterna da parte del sindacato, ma ciò nel senso di richiedere al sindacato la prova delle
circostanze dalle quali possa desumersi l'esistenza, in concreto, della
iniziativa dei lavoratori (non essendo all'uopo sufficiente la comunica
li Foro Italiano — 1997.
tuire quanto da lui percepito per un permesso sindacale retri
buito, fruito il 29 gennaio 1990.
Osserva il tribunale, nel confermare la decisione pretorile, che
nessuna norma impone che la rappresentanza sindacale azien
dale sia costituita da più lavoratori, considerato che, del resto, la mancata prescrizione di una forma plurisoggettiva di tale rap
presentanza risponde al principio della libertà sindacale sancito
dall'art. 39 Cost., e sussistendo in concreto la possibilità, per
ragioni legate alla singola unità produttiva, che le rappresentan ze sindacali aziendali siano anche monosoggettive. Dal che la
evidente e necessaria conseguenza che, non essendo ipotizzabile una rappresentanza sindacale aziendale senza qualcuno che la
diriga, l'unico componente della stessa debba esserne anche il
dirigente. Avverso tale sentenza la società Cembre ricorre per cassazio
ne con un unico motivo. L'intimato resiste con controricorso.
zione al datore di lavoro della nomina di un dipendente dell'azienda a dirigente della propria r.s.a.): Cass. 28 aprile 1992, n. 5092, Foro
it., Rep. 1992, voce cit., n. 70, e Riv. giur. lav., 1992, II, 857, con nota di Bellomo, Sulla costituzione delle r.s.a. e l'iniziativa dei lavora
tori; 17 ottobre 1988, n. 5652, Foro it., 1989, I, 1545; 26 gennaio 1984, n. 626, id., Rep. 1984, voce cit., n. 63, e Mass. giur. lav., 1984, 279, con nota di Meucci, Costituzione e natura delle rappresentanze sinda cali aziendali; nella giurisprudenza di merito, Trib. Milano 8 ottobre
1994, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 62, e Orient, giur. lav., 1994, 493.
Questo rilievo, se da un lato vale ad escludere una rigida e predeter minata successione cronologica tra due fasi del procedimento costituti vo (nel senso che l'iniziativa dei lavoratori deve precedere la decisione del sindacato in ordine alla costituzione della rappresentanza), e a ren dere del tutto equivalente ad essa il comportamento concludente dei lavoratori che ratifichino la designazione sindacale (soprattutto Gran
di, L'attività sindacale nell'impresa, Milano, 1975, 75 ss., per il quale la decisione del sindacato è anche la decisione dei lavoratori organizza ti), costringe ad inserire il discorso in un ordine di valutazioni più com
plesso, che riconducono ai profili problematici in precedenza accennati, quando l'appropriazione della decisione esterna provenga dall'unico la voratore iscritto al sindacato nell'unità produttiva.
Reputa sufficiente l'iniziativa di un unico lavoratore, Pret. Desio 29 febbraio 1984, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 70, e Lavoro 80, 1984, 712; sulla necessità che il potere di iniziativa sia esercitato da un gruppo di lavoratori, cfr. invecè Pret. Milano 10 giugno 1995, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 75, e Orient, giur. lav., 1995, 284, che ha ritenuto non integrato il requisito costitutivo della rappresentanza dall'iniziativa di due soli soggetti ed ha indicato la necessità di un numero consistente di lavoratori, da valutare in relazione al numero dei dipendenti e degli aderenti alle diverse associazioni sindacali. Del tutto incidentale, perché funzionale all'accertamento della rappresentatività del sindacato ester
no, è invece la richiesta dell'iniziativa di una pluralità di lavoratori in Cass. 18 febbraio 1985, n. 1418, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 48, e Mass. giur. lav., 1985, 135.
Diverso è il caso in cui il numero minimo di iscritti venga richiesto da apposita pattuizione collettiva, com'è avvenuto nel settore del credi to: per la legittimità di tale normativa, v. Cass., sez. un., 8 settembre
1981, n. 5057, Foro it., 1982, I, 737, con nota di richiami. Parallela è la discussione sul punto se la diminuzione del numero minimo di la voratori previsto dalla disciplina collettiva per la regolare costituzione della rappresentanza ne condizioni altresì la permanenza: cfr. Cass. 19
luglio 1991, n. 8052, id., Rep. 1991, voce cit., n. 57, e Notiziario giuri sprudenza lav., 1991, 545, che imposta il problema in termini di con trollo concreto, anche alla stregua di un parametro di funzionalità, del la vicenda; nel senso che il requisito numerico condiziona l'esistenza della rappresentanza, Pret. Molfetta 29 settembre 1993, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 65, e Notiziario giurisprudenza lav., 1994, 143; Pret. S. Agata Militello 23 aprile 1993 e Trib. Milano 3 febbraio 1993, Foro
it., Rep. 1993, voce cit., nn. 70, 71, entrambe anche in Notiziario giuris prudenza lav., 1993, 313; diversamente, Pret. Roma 8 maggio 1992, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 77, e Riv. critica dir. lav., 1992, 896, che ha affermato che il numero minimo vale solo per la legittima costi
tuzione e non anche per la permanenza della r.s.a.
Infine, un ulteriore ambito di verifica, altrettanto problematico, del
rapporto tra decisione sindacale e iniziativa dei lavoratori è dato dalla
questione della decadenza anticipata della rappresentanza a seguito del
disconoscimento sindacale: al riguardo, per la soluzione affermativa, cfr. Trib. Milano 10 febbraio 1995, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n.
74; 29 ottobre 1994, id., Rep. 1994, voce cit., n. 60; 22 dicembre 1993,
id., 1994, I, 1592, con nota di richiami. IV. - Sulla nozione di dirigente della r.s.a. ai fini del diritto ai per
messi retribuiti, cfr., nel senso che è tale colui che è stato nominato
secondo le regole statutarie dell'associazione, Giugni, Diritto sindacale,
Bari, 1996, 112; ulteriori riferimenti in Grandi, Pera, Commentario
breve alle leggi sul lavoro, Padova, 1996, 556.
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PARTE PRIMA
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione. — 1. - La società ricorrente, denun
ziando violazione e falsa applicazione degli art. 19 e 23 1. 20
maggio 1970 n. 300 nonché omessa e contraddittoria motivazio
ne, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che la rap
presentanza sindacale aziendale di cui al detto art. 19 possa iden
tificarsi con un solo lavoratore nominato rappresentante sinda
cale, e non debba quindi essere necessariamente plurisoggettiva. Lamenta la mancata valutazione e considerazione, da parte del
tribunale, di decisione di questa Suprema corte (Cass. n. 5842
del 1985, Foro it., 1986, I, 453) che aveva invece enunciato
una diversa interpretazione della norma, ritenendo la parola «rap
presentanza» come di per sé espressiva di un concetto pluralisti
co, e che, in base a tale rilievo e ad altre argomentazioni —
prendendo in considerazione la distinzione operata dalla legge tra le rappresentanze e i loro dirigenti, e valutando la mancata
approvazione parlamentare di emendamento che avrebbe fatto
intendere la r.s.a. quale organo monocratico —, aveva afferma
to la necessaria collegialità delle rappresentanze sindacali d'a
zienda.
Osserva, inoltre, che la struttura plurisoggettiva della r.s.a.
è imposta anche dalla considerazione che a voler ritenere diver
samente, nell'ipotesi (ricorrente appunto nella specie) di per messo sindacale autoconcesso da un unico rappresentante sin
dacale, verrebbe ad essere istituzionalizzata una figura contra
ria a quella richiesta dalla norma, vale a dire quella di un
«controllore di se stesso».
2. - Il ricorso è infondato. L'art. 19 1. n. 300 del 1970 —
nel testo originario (antecedente cioè il referendum abrogativo dell'11 giugno 1995) in vigore all'epoca dei fatti per cui è causa — stabilisce, al 1° comma, che «rappresentanze sindacali azien
dali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori di ogni unità produttiva, nell'ambito: a) delle associazioni aderenti alle
confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazio
nale; b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette
confederazioni, che siano firmatarie di contratti collettivi nazio
nali o provinciali di lavoro applicati nell'unità produttiva». Le norme contenute nei successivi articoli del titolo terzo del
la medesima legge (dall'art. 20 all'art. 27) attribuiscono alle r.s.a.
così definite, o ai loro dirigenti, determinati diritti e garanzie. Nel porre una tale previsione delle suddette rappresentanze,
il legislatore (dello statuto dei lavoratori) si è attenuto al rigoro so rispetto del principio di libertà d'associazione e di libertà
sindacale: principio stabilito in termini generali nell'art. 14 del
la stessa legge (300/70), norma collocata nel titolo riguardante la «libertà sindacale» (e secondo la quale «il diritto di costituire
associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindaca
le, è garantito a tutti i lavoratori all'interno dei luoghi di lavo
ro»), ed altresì enunciato, come principio d'ordine costituziona
le, nell'art. 39 Cost., ove si afferma che «l'organizzazione sin
dacale è libera» (1° comma), e si precisa inoltre (nel 2° comma) — rimarcando così l'assoluta ampiezza dell'affermata libertà — che «ai sindacati non può essere imposto altro obbligo» se non quello, peraltro finora rimasto inattuato, della loro regi strazione secondo norme di legge.
Ed in sede di discussione al senato — può pure marginalmen te osservarsi —, durante i lavori parlamentari che condussero
all'approvazione dell'art. 19 anzidetto, fu significativamente ri badito che l'art. 39 Cost, afferma che «l'associazione sindacale è libera, senza possibilità quindi, da parte dello Stato e delle
leggi, di interferire minimamente nel suo costituirsi, nel suo modo di organizzarsi, di articolarsi e di agire, ai vari livelli e nei di versi momenti» (seduta dell'11 dicembre 1969).
Proprio in attuazione di tale principio di libertà d'organizza zione sindacale — di valore, dunque, e rilevanza costituzionali — la riportata previsione dell'art. 19 (1. 300/70) è volutamente
ampia e indeterminata, prescrivendo, quale obbligo legale per la costituzione delle r.s.a., l'osservanza di due sole condizioni:
che, cioè, da un lato, vi sia l'iniziativa dei lavoratori dell'unità
produttiva cui attiene la rappresentanza, e che, dall'altro, que sta venga costituita nell'ambito di associazioni confederate do tate del requisito di maggiore rappresentatività nazionale (re quisito, questo, venuto meno a seguito del sopra ricordato refe rendum abrogativo, ed ai sensi dei d.p.r. 28 luglio 1995 nn. 312 e 313) ovvero nell'ambito di associazioni sindacali firmata rie di contratti collettivi (dopo l'abrogazione referendaria, an che non nazionali o provinciali) applicati nell'unità produttiva.
Il Foro Italiano — 1997.
Questa corte ha già ripetutamente posto in rilievo come volu
tamente lato e indeterminato sia il requisito legale dell'«ambi
to» (sindacale) entro il quale deve avvenire la costituzione delle
r.s.a.: avendo il legislatore così adottato una locuzione atecnica
e generica proprio al fine di consentire, nel concreto realizzarsi
dell'organizzazione sindacale, la più ampia ricomprensione di
qualsiasi forma di relazione fra le rappresentanze e le associa
zioni sindacali indicate. E come parimenti debba attribuirsi un
significato non rigoroso né formale all'ulteriore requisito della
«iniziativa» dei lavoratori: termine anch'esso da intendersi in
senso tale da ricomprendervi qualsiasi forma di collegamento,
pur implicito, fra le r.s.a. e la base costituita dai lavoratori
dell'unità produttiva, di guisa che un siffatto collegamento pos sa consistere, per dar vita alla r.s.a. ex art. 19 cit., non solo
in un formale ed autonomo atto propulsivo proveniente dai sud
detti lavoratori (siano essi anche solo una parte — ma pur sem
pre una pluralità — di quelli occupati nell'unità produttiva, e
siano iscritti, oppur no, ad un'associazione sindacale), ma an
che, ad esempio, in una richiesta o delega da essi indirizzata
alle organizzazioni esterne, od anche in una inequivoca condivi
sione di una struttura promossa da queste organizzazioni (così, Cass. 17 ottobre 1988, n. 5652, id., Rep. 1988, voce Sindacati, n. 50; 9 novembre 1988, n. 6047, ibid., n. 51; 19 luglio 1991, n. 8052, id., Rep. 1991, voce cit., n. 57).
In relazione a tanto, questa corte ha pure precisato che «se
il legislatore avesse predeterminato le modalità di costituzione, di organizzazione e di attività di detti organismi con norme più
specifiche, avrebbe potuto ipotizzarsi questione di legittimità co
stituzionale sotto il profilo della violazione del principio costi
tuzionale di libertà sindacale», e che, «pertanto, l'esigenza di
non porsi in contrasto con detto principio, se ha ispirato il legis
latore, non può non guidare anche l'interprete» (v., in partico lare, Cass. 8052/91, cit.).
Alla stregua delle ora svolte considerazioni, rilevato che la
norma di legge in esame non enuncia dunque un modello legale di r.s.a., deve ritenersi che anche la struttura e la composizione, unitamente alle modalità di formazione, di dette rappresentanze siano state volutamente lasciate indefinite dal legislatore, ap
punto in ottemperanza al richiamato principio costituzionale di
libertà di organizzazione sindacale.
Anche sotto altro profilo appare chiara la volontà della legge di lasciare indeterminati, sul piano legale, gli ora menzionati
aspetti delle rappresentanze sindacali previste dal citato art. 19
dello statuto dei lavoratori, per essere la materia riservata —
come ripetutamente detto — all'autonomia organizzativa sinda
cale: intenzione del legislatore (art. 12 preleggi) che si evince
agevolmente dal raffronto della suddetta norma di legge con la specifica, particolarmente analitica e dettagliata regolamenta zione collettiva — già vigente al momento dell'entrata in vigore della 1. n. 300 del 1970 e certamente tenuta presente dal legisla tore — posta dall'accordo interconfederale 18 aprile 1966 sulla costituzione e il funzionamento, nel settore industria, delle com missioni interne, con allegato regolamento per le relative elezioni.
La vigenza, infatti, di una tale regolamentazione contrattuale
collettiva, specifica e particolareggiata, di istituzioni rappresen tative dei lavoratori, la quale prevedeva un delegato d'impresa ovvero una commissione interna a seconda del numero dei di
pendenti occupati, stabilendo di detta commissione anche il nu mero dei componenti rapportato a quello dei lavoratori di cia scuna unità aziendale, deve indubitabilmente far ritenere la cer ta intenzione del legislatore del 1970, che ha preso in
considerazione pur se in via sussidiaria le medesime commissio ni interne ai fini dell'attribuzione di determinate garanzie (cfr. art. 4, 6 e 22 1. 300/70; e Cass. 27 luglio 1990, n. 7603, id., Rep. 1991, voce Lavoro (rapporto), n. 1585), di lasciare voluta mente indeterminate sotto il profilo legale struttura e composi zione della nuova istituzione introdotta dal citato art. 19, che
rispondeva pur sempre, analogamente al delegato d'impresa o alla commissione interna, ad una funzione rappresentativa dei lavoratori nei riguardi della parte datoriale.
Per le or dette ragioni, struttura e composizione delle r.s.a. devono intendersi dal legislatore rimesse all'autonomia organiz zativa sindacale e quindi alle regole, siano esplicite o soltanto
implicite, che i soggetti sindacali autonomamente possono porsi nell'esercizio di una libertà ad essi, anche costituzionalmente, garantita: anche la determinazione del numero dei componenti di tali rappresentanze, pertanto, nel silenzio della legge in pro
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
posito, è da ritenersi demandata alla regolamentazione colletti
va (cfr. Cass. 8052/91, cit.).
Consegue, quale logico corollario, che la normativa legale nep
pure esclude la possibilità che le medesime rappresentanze sin
dacali, formate pur sempre nel rispetto dei prescritti requisiti di legge (l'iniziativa dei lavoratori dell'unità produttiva, e l'ope ratività nel precisato ambito sindacale), siano costituite anche
da un unico esponente. 3. - Non vale a far ritenere diversamente l'argomento addot
to dalla ricorrente, desunto da decisione di questa corte (Cass. 23 novembre 1985, n. 5842, cit., non avente peraltro, quale og
getto diretto, la questione qui in esame, perché riguardante fat
tispecie in cui si controverteva, in relazione ad una r.s.a. costi
tuita da più lavoratori, sulla facoltà di uno solo dei più compo nenti la segreteria della stessa di affiggere manifesti all'insaputa
degli altri) — dalla quale il collegio, sul punto, dissente —,
secondo cui la parola «rappresentanza» esprimerebbe di per sé,
nell'accezione comune del termine, un concetto pluralistico.
Questo dato testuale non è, invero, sufficientemente univoco
né esplicito per rivestire un tale esclusivo significato, né quindi
per costituire elemento interpretativo d'ordine letterale idoneo
a far ritenere in tal modo imposta per legge, e peraltro in netto
contrasto con la ratio sopra commentata, la pluralità dei com
ponenti le rappresentanze in questione (dei quali resterebbe, co
munque, imprecisato il numero minimo).
La parola «rappresentanza», invece, sta ad indicare — in via
generale e quindi anche nel caso in esame —, attraverso la spe
cificazione della sua attribuzione essenziale, l'entità o l'organo
cui è conferita la funzione di rappresentare altri soggetti: non
può ritenersi implicita in tale denominazione, né automatica
mente compresa nel significato del termine (indipendentemente
da modi di dire correnti ed imprecisi), anche l'indicazione della
composizione di organi od entità così funzionalmente caratte
rizzati, e che pertanto, siano essi costituiti da una pluralità di
individui, ovvero da uno solo, restano in entrambi i casi corret
tamente qualificabili come «rappresentanze».
Neppure vale a sostenere la tesi di parte ricorrente l'ulteriore
argomento, pur desunto dalla citata Cass. 5842/85 — e che il
collegio del pari non condivide —, facente riferimento alla man
cata approvazione in senato, nel corso dei lavori parlamentari,
di un articolo aggiuntivo del disegno di legge (l'art. 11 bis),
ov'era previsto il diritto dei lavoratori di eleggere, in tutte le
aziende con almeno dieci dipendenti ed in quelle commerciali
e agricole con almeno cinque, la commissione interna o il dele
gato d'azienda, e secondo cui tale mancata approvazione con
fermerebbe la volontà del legislatore di non considerare come
organo monocratico la r.s.a. introdotta dall'art. 19 in esame.
Premesso che, in ogni caso, l'utile ricorso ai lavori prepara
tori, ai quali può riconoscersi valore meramente sussidiario, trova
un limite nel rilievo che la volontà da essi risultante non può
comunque sovrapporsi alla volontà della legge quale evincibile
dal significato letterale del testo e dalla intenzione del legislato
re, intesa come volontà oggettiva della norma e non già come
volontà dei singoli partecipanti al processo formativo di essa
(Cass. 21 maggio 1988, n. 3550, id., Rep. 1988, voce Legge, n. 39), dalla mancata approvazione del ricordato articolo del
disegno di legge può evincersi, semmai, l'intenzione del legisla
tore (non certo nel senso preteso dalla ricorrente, ma nel senso)
di non interferire con lo strumento legislativo in un settore già
oggetto di regolamentazione sindacale (stante il citato accordo
interconfederale del 18 aprile 1966, non disdettato dopo il pri
mo triennio di vigenza), e di non dare quindi alcuna veste legis
lativa alla relativa disciplina, lasciando così ben distinte e diffe
renziate le due istituzioni rappresentantive: l'una, dunque, di
origine contrattuale (costituita, nelle unità aziendali di minori
dimensioni, dal delegato d'impresa, organo monosoggettivo, ed
in quelle con oltre quaranta dipendenti dalla commissione inter
na, organo plurisoggettivo), e l'altra, alla quale si intendeva
dar vita, costituita dalle rappresentanze sindacali aziendali di
cui all'art. 19 1. n. 300 del 1970. Dal che l'ulteriore deduzione che il legislatore ha voluto pre
vedere e considerare tali r.s.a. in parallelo, pur se in posizione
assolutamente prioritaria (per i diritti specificamente attribuiti
per legge soltanto ad esse: v. art. 20, 21, 23, 24, 25 e 27 1.
300/70), rispetto ai preesistenti organismi rappresentativi: co
sicché, alla precedente istituzione di origine contrattuale, consi
stente in organismi sia monosoggettivi che plurisoggettivi e non
Il Foro Italiano — 1997 — Parte 7-4.
necessariamente collegata al sindacato, facesse riscontro e si af
fiancasse (in imprese od unità produttive di una certa entità
occupazionale: v. art. 35 1. 300/70) l'istituzione di origine legale
(ex citato art. 19) invece necessariamente collegata al sindacato — e destinata nella prassi a superare e sostituire la prima, per ché di questa ben più valorizzata e potenziata in virtù dell'inter
vento legislativo —, la cui struttura e composizione, non fissata
per legge, fosse peraltro suscettibile di essere regolamentata in
sede sindacale in maniera analoga e corrispondente: e con la
possibilità legale, pertanto, di r.s.a. formate da più componenti od anche, in ipotesi, da uno solo, ad opera e secondo la deter
minazione delle menzionate associazioni sindacali nel libero eser
cizio, da parte di queste, della loro autonomia organizzativa. 4. - Sulla base di quanto sin qui detto, attesa dunque la man
canza di una previsione legale in ordine alla struttura e la com
posizione della r.s.a. ex art. 19, cit.), e stante quindi la mancata
prescrizione per legge del carattere plurisoggettivo della stessa
(e, conseguentemente, anche di un minimo funzionale di suoi
componenti, o della suddivisione di essi secondo criteri gerar
chici), ne consegue, in piena evidenza, che la locuzione «diri
gente della rappresentanza sindacale aziendale», riferita al tito
lare del diritto ai permessi retribuiti ai sensi dell'art. 23 1. 300/70,
deve essere intesa, conformemente a quanto del resto già affer
mato da questa corte — e indipendentemente da eventuali qua lificazioni nominalistiche della relativa posizione all'interno del
l'organismo sindacale —, nel senso di responsabile della rappre sentanza stessa, avente cioè il compito di dirigerne e condurne
l'attività (cfr. Cass. 4 luglio 1991, n. 7386, id., 1992, I, 2189; 26 gennaio 1989, n. 480, id., Rep. 1989, voce Lavoro (rappor
to), nn. 1005, 1013; 17 marzo 1986, n. 1821, id., Rep. 1986,
voce cit., nn. 1062, 1082). Dal che la naturale conseguenza che,
ove la r.s.a. sia costituita, nel rispetto dei menzionati requisiti di cui all'art. 19 cit., da un solo componente, titolare del diritto
ai permessi retribuiti non possa che essere tale unico rappresen tante sindacale, sul quale soltanto grava l'onere della conduzio
ne e della direzione dell'attività della rappresentanza. 5. - In punto di fatto risulta accertata dal giudice del merito
l'avvenuta costituzione, presso l'unità produttiva della società
Cembre, della r.s.a. della Fiom-Cgil nella persona dell'attuale
resistente, con l'adempimento della formalità (ritenuta implici
tamente prevista dall'art. 19 I. 300/70) della comunicazione, da
parte del suddetto sindacato all'imprenditore, di tale costituzio
ne o del nominativo del dirigente Vito Lupi. Ribadito conclusivamente che nella specie si verte unicamente
sull'applicazione diretta della normativa di legge riguardante le
r.s.a. — e non già sull'applicazione di normative contrattuali
collettive concernenti dette rappresentanze (essendo, oltretutto,
la presente fattispecie collocata in contesto temporale preceden
te l'accordo interconfederale del 20 dicembre 1993, che, sulla
base di protocollo d'intesa intervenuto tra governo e parti so
ciali nel luglio 1993, ha disciplinato le modalità di costituzione
delle r.s.a. nonché i criteri di elezione o designazione dei loro
componenti, previsti in numero variabile a seconda delle dimen
sioni dell'unità produttiva) —, la decisione del tribunale appare
conforme ai principi di diritto quali sopra enunciati nell'inter
pretazione degli art. 19 e 23 1. n. 300 del 1970, e pertanto,
siccome anche sorretta da adeguata motivazione, esente dai de
nunciati vizi.
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
II
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato in data
17 giugno 1992, la f.lli Tosetto di Walter Tosetto & C. s.a.s.,
in persona di Walter Tosetto, proponeva opposizione avverso
il decreto emesso in data 5 giugno 1992, su istanza della Fisa
scat Cisl, dal Pretore di Padova in funzione di giudice del lavo
ro, ai sensi dell'art. 28 1. 20 maggio 1970 n. 300, decreto con
cui era stata dichiarata l'antisindacalità del comportamento te
nuto dalla società opponente, consistito nell'aver negato rico
noscimento alla rappresentanza sindacale aziendale costituita dalla
Fisascat Cisl nell'unità produttiva di Campo San Martino, non
ché nell'essersi opposta allo svolgimento delle assemblee sinda
cali del 21 febbraio 1992, 6 marzo 1992 e 8 maggio 1992.
A fondamento dell'opposizione, deduceva che il giorno 7 feb
braio 1992 uno dei soci della società aveva fermato, nel cortile
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PARTE PRIMA
dell'azienda, due persone, qualificatesi come operatori sindaca
li, che distribuivano volantini recanti l'invito a partecipare al
l'assemblea sindacale indetta per lo stesso giorno alle ore 19.00;
che con fax pervenuto il 7 febbraio 1992 alle ore 18,40, la Fisa
scat Cisl aveva comunicato all'azienda la costituzione di una
rappresentanza sindacale aziendale nella persona del lavoratore
Antonio Maritan, e che la comunicazione era stata confermata
con lettera pervenuta il 10 febbraio 1992; che con lettera del
10 febbraio 1992, il sindacato aveva chiesto la predisposizione di appositi spazi per l'affissione di comunicati; che con fax del
18 febbraio 1992 a firma del Maritan, il sindacato aveva chiesto
un'assemblea retribuita da tenersi il 21 febbraio 1992 dalle ore
14.00 alle 15.00; che con lettera del 20 febbraio 1992 la società
opponente aveva replicato che non constava la costituzione di
r.s.a., contestando il diritto di assemblea; che il sindacato ave
va replicato, con lettera del 25 febbraio 1992 a firma del Mari
tan, richiedendo un'assemblea per il 6 marzo 1992, cui la socie
tà aveva replicato con lettera del 3 marzo 1992 ribadendo le
contestazioni già avanzate con la precedente missiva.
L'opponente deduceva che la Fisascat Cisl aveva presentato in data 23 marzo 1992 il ricorso ex art. 28 1. 20 maggio 1970
n. 300, e, pendente tale procedimento, con lettera del 5 maggio
1992, il sindacato aveva chiesto un'assemblea per il giorno 8
maggio 1992, cui la società aveva replicato nel senso di non
ritenere costituita la r.s.a., e rifiutando l'uso dei locali; che il
20 maggio 1995 il sindacato aveva quindi presentato un nuovo
ricorso ex art. 28, chiedendo la declaratoria di antisindacalità
del rifiuto di assemblea da parte della società.
Riuniti i due procedimenti, questi venivano decisi con decreto
del 5 giugno 1992, oggetto dell'opposizione. La società opponente ribadiva l'illegittimità del decreto op
posto, poiché, a norma dell'art. 19 1. 20 maggio 1970 n. 300, la costituzione della r.s.a. poteva avvenire esclusivamente per iniziativa dei lavoratori, e comunque in collegamento con la
base dei lavoratori, mentre, nel caso in esame, dal tenore delle
comunicazioni del sindacato risultava che l'iniziativa proveniva dalla stessa organizzazione sindacale, senza alcun coinvolgimento dei lavoratori; rilevava inoltre la necessità che l'iniziativa diret
ta alla costituzione di r.s.a. fosse presa da più lavoratori, essen
do insufficiente, anche in base al testo della disposizione, l'ini
ziativa di un solo lavoratore.
Tutto ciò premesso, la società opponente chiedeva al Pretore
di Padova, in funzione di giudice del lavoro, la revoca del de
creto opposto. (Omissis) Motivi della decisione. — La società appellante lamenta l'er
roneità dell'interpretazione dell'art. 19 1. 20 maggio 1970 n. 300
prospettata dal pretore nella sentenza impugnata. Richiamando i principi affermati nella sentenza n. 5092 del
28 aprile 1992 della Suprema corte di cassazione (Foro it., Rep. 1992, voce Sindacati, n. 70), l'appellante ha infatti dedotto che
la costituzione della r.s.a. non può avvenire per atto autoritati
vo del sindacato, ma solo per iniziativa dei lavoratori, la quale iniziativa, in caso di contestazione, deve essere dimostrata me diante la deduzione specifica di circostanze idonee a compro varne l'esistenza, restando escluso che tale idoneità rivesta la sola richiesta in ordine all'esercizio dei diritti previsti dalla 1. 20 maggio 1970 n. 300, rivolta al datore di lavoro dal lavorato re designato dal sindacato quale rappresentante aziendale. L'ap pellante ha dedotto, in particolare, che la costituzione della r.s.a.
presuppone necessariamente l'iniziativa di più lavoratori, i qua li hanno il diritto di eleggere liberamente i propri rappresentanti sindacali aziendali.
Conseguentemente, l'appellante si duole che il pretore abbia ritenuto sufficiente — per la costituzione della r.s.a. — la no mina da parte dell'organizzazione sindacale con l'adesione di uno solo dei lavoratori operanti all'interno dell'unità produttiva.
La censura è infondata. L'art. 19 1. 20 maggio 1970 n. 300, nel prevedere che «rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità pro duttiva», non specifica le modalità di costituzione delle r.s.a., né le forme che tale costituzione deve rivestire ed il numero minimo di lavoratori richiesto per legittimare la costituzione e la permanenza della r.s.a.
Va rilevato, innanzitutto, che la lettera dell'art. 19 non con sente di escludere la legittimità della costituzione delle r.s.a. nel
l'ipotesi dell'iniziativa di un solo lavoratore, in quanto l'espres sione usata dal legislatore — così come in ogni altro caso in cui la legge si riferisce ad una categoria di soggetti, ciascuno dei quali viene riconosciuto titolare di situazioni giuridiche sog
li. Foro Italiano — 1997.
gettive — è volta ad indicare in modo indeterminato che le «rap
presentanze sindacali aziendali» (e, quindi, anche una singola
rappresentanza) possono essere costituite ad iniziativa «dei la
voratori» (e, quindi, di uno o più lavoratori). Una diversa interpretazione dell'art. 19 verrebbe a scontrarsi,
del resto, con la ratio della disposizione in esame.
Come ha osservato il primo giudice, infatti, lo scopo perse
guito dal legislatore, nel riconoscere le più diverse forme di co
stituzione delle r.s.a., è quello di tutelare l'esigenza dei lavora
tori all'effettiva presenza del sindacato nell'unità produttiva e
di garantire il collegamento tra la r.s.a. e la base dei lavoratori.
A tal fine, «la determinazione del numero minimo di compo nenti e del modo di funzionamento delle rappresentanze sinda
cali aziendali, nel silenzio della legge, è rimessa all'autonomia
sindacale, in relazione al principio di libertà di associazione e
attività sindacale, che il legislatore dello statuto dei lavoratori, nel prevedere dette rappresentanze, ha inteso rigorosamente ri
spettare» (v. Cass. 19 luglio 1991, n. 8052, id., Rep. 1991, voce
cit., n. 57). Di conseguenza, soltanto ove una pattuizione col
lettiva preveda il requisito dell'adesione di un numero minimo
di lavoratori per la costituzione della rappresentanza sindacale
aziendale è ammissibile il controllo giudiziale sulla sussistenza
dei presupposti per il sorgere ed il perdurante funzionamento
della rappresentanza stessa, controllo che tuttavia «non può fon
darsi sul mero fatto della successiva diminuzione dei suoi com
ponenti sotto tale limite — di per sé non rilevante ai fini di
un eventuale quorum funzionale, per il quale manca qualsiasi
parametro normativo — dovendo accertarsi se, alla stregua dei
principi ricavabili dall'ordinamento sindacale nel suo comples
so, ivi compreso quello generalissimo di razionalità, possa rite
nersi, pur in mancanza di apposita previsione, che un numero
minimo funzionale sia comunque richiesto o debba in qualche modo individuarsi» (cfr. Cass. 19 luglio 1991, n. 8052, cit.).
È quindi evidente che nessun limite può individuarsi, nel si
stema normativo vigente, alla costituzione della r.s.a. per ini
ziativa di un solo lavoratore, sia questo l'unico effettivamente
aderente al sindacato nell'ambito dell'unità produttiva — e co
stituente, come tale, l'intera base sindacale — o sia invece l'uni
co che, pur tra più iscritti al sindacato nell'azienda, abbia preso l'iniziativa della costituzione della rappresentanza sindacale.
A questo proposito, è stato osservato che «il requisito della
iniziativa dei lavoratori facenti parte dell'unità produttiva deve
essere inteso — in coerenza con il principio di libertà sindacale
(art. 39 Cost, e 14 della stessa legge) — in senso non rigoroso ma elastico e indeterminato, essendo sufficiente una qualsiasi forma di collegamento fra la r.s.a. e la base dei lavoratori, on
de tale iniziativa può consistere non solo in un formale ed auto
nomo atto propulsivo proveniente dai lavoratori ma anche in
una richiesta o delega degli stessi diretta alle organizzazioni ester
ne, e persino in una non equivoca appropriazione di attività
costitutiva proveniente da un sindacato, non valendo di per sé
ad escludere il detto collegamento il mancato ricorso al sistema elettorale e la designazione dei rappresentanti sindacali azienda li da parte delle organizzazioni sindacali» (v. Cass. 23 maggio 1991 n. 5801, ibid., n. 63; 10 settembre 1990 n. 9306, ibid., n. 66; Trib. Milano 8 ottobre 1994, id., Rep. 1994, voce cit., n. 62).
Ora, nell'ipotesi in cui la base sindacale, nell'ambito dell'uni tà produttiva, sia costituita da un solo lavoratore — come è avvenuto nel caso in esame, ove non risulta che, quantomeno al momento della costituzione della r.s.a., vi fossero altri lavo ratori aderenti al sindacato Fisascat-Cisl, oltre ad Antonio Ma ritan — appare evidente che l'iniziativa del lavoratore non vie
ne necessariamente a manifestarsi con un'attività esterna e for
malizzata, ben potendo il singolo lavoratore (a seguito delle intese informalmente intervenute con il sindacato, volte alla costitu zione della r.s.a. nell'unità produttiva) limitarsi ad aderire all'i niziativa sindacale, mediante l'accettazione della nomina a rap presentante aziendale proveniente dal sindacato medesimo.
Pertanto, la nomina del rappresentante sindacale aziendale ad opera del sindacato, cui abbia fatto seguito l'accettazione da parte del lavoratore nominato — comprovata, ad esempio, dalla sottoscrizione, in qualità di rappresentante sindacale azien
dale, di richieste rivolte al datore di lavoro, al fine dell'esercizio dei diritti riconosciuti dalla 1. 20 maggio 1970 n. 300 — è ido nea a dimostrare l'intervenuta costituzione della r.s.a., quando risulti — come nel caso in esame — che l'attività del sindacato ha incontrato l'adesione da parte (dell'unico lavoratore o) dei lavoratori costituenti la base del sindacato nell'azienda, e co
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
munque non ricorrano elementi che, in concreto, possano in
durre a ritenere che siano stati adottati, da parte del sindacato, mezzi diretti a contrastare la libera formazione della volontà
della base sindacale.
Quando la base sindacale è costituita da un solo lavoratore, la nomina del rappresentante da parte del sindacato, e la conse
guente accettazione, sono quindi sufficienti a dar luogo alla co
stituzione della r.s.a., in quanto non sorge concretamente il pro blema della forma dell'iniziativa dei lavoratori e della volontà
di questi nella scelta del rappresentante sindacale aziendale.
Sul presupposto che la costituzione delle r.s.a. sia volta a
garantire, nell'unità produttiva, il collegamento della base con
il sindacato — collegamento che può essere verificato anche nel
l'avallo e nella ratifica dell'operato delle organizzazioni sinda
cali, o nell'inequivoca condivisione dell'iniziativa e dell'azione
sindacale, estrinsecata, in ipotesi, con la nomina del rappresen tante sindacale aziendale — lo stesso legislatore ha inteso rife
rirsi, in tema di diritto di assemblea (v. art. 20, 3° comma,
1. 20 maggio 1970 n. 300), al sindacato «che ha costituito la
rappresentanza sindacale aziendale» (cfr. Trib. Milano 29 otto
bre 1994, ibid., n. 60, secondo cui «il meccanismo di nomina
delle r.s.a. ex art. 19 1. 20 maggio 1970 n. 300 configura una
fattispecie complessa, coerente con i principi di libertà e plurali smo sindacale, che dura in quanto e fino a quando permangono concretamente gli elementi che l'hanno costituita: pertanto, è
da escludere che una r.s.a., che può agire come tale solo se
la sua designazione è fatta propria da un sindacato, continui
ad operare come tale quando il sindacato, che ha fatto propria la designazione, la disconosca»; cfr. Trib. Milano 8 ottobre 1994,
cit. : «affinché gli organismi promossi dalla base dei lavoratori
possano rivestire i tratti delle r.s.a. ex art. 19 1. 20 maggio 1970
n. 300, debbono essere accettati dai sindacati e ricondotti nel
loro ambito — entro schemi organizzativo-strutturali, di linea
operativa, ecc. — altrimenti non hanno alcuna possibilità di
venire ad esistenza» (cfr. altresì Pret. Milano 19 gennaio 1992,
id., Rep. 1992, voce cit., n. 71, e Trib. Milano 23 maggio 1993,
id., Rep. 1993, voce cit., n. 67). L'art. 19 va quindi interpretato nel senso di ritenere suffi
ciente l'effettiva adesione all'iniziativa sindacale anche da parte
di uno solo dei lavoratori presenti all'interno dell'unità produt
tiva, in conformità con gli scopi di tutela e di promozione del
l'attività del sindacato nei luoghi di lavoro, mentre — come
ha osservato il pretore nella sentenza impugnata — il pericolo di un'eccessiva proliferazione di rappresentanze sindacali all'in
terno delle aziende viene superato dal legislatore non con la
fissazione del numero minimo di aderenti alle singole r.s.a., ma
attraverso il collegamento necessario tra rappresentanze azien
dali ed associazioni sindacali maggiormente rappresentative sul
piano nazionale, o firmatarie di contratti collettivi applicati nel
l'unità produttiva (art. 19, lett. a, e lett. b, 1. 20 maggio 1970
n. 300). Nel caso in esame, l'adesione del Maritan alla sua nomina
a rappresentante sindacale aziendale da parte della Fisascat-Cisl
è comprovata, come già si è osservato, dalla reiterata sottoscri
zione, in qualità di rappresentante sindacale aziendale, di ri
chieste rivolte alla s.a.s. f.Ili Tosetto, al fine dell'esercizio dei
diritti riconosciuti dalla 1. 20 maggio 1970 n. 300, e come tale
deve ritenersi idonea a dimostrare l'intervenuta costituzione della
rappresentanza sindacale aziendale, non sussistendo in concreto
elementi (la cui allegazione e la cui prova spettavano, peraltro,
all'opponente) che inducano a ritenere che fossero stati adotta
ti, da parte del sindacato, mezzi diretti a contrastare la libera
formazione della volontà della base sindacale nella scelta del
rappresentante o che comunque vi fossero altri lavoratori aventi
una diversa volontà (al contrario, si vedano le lettere del 5 mag
gio 1992 e 7 maggio 1992 della Fisascat-Cisl — non contestate,
sul punto, dall'appellante — che fanno riferimento all'interesse
anche di altri lavoratori alla presenza del rappresentante sinda
cale nell'unità produttiva).
L'interpretazione dell'art. 19 1. 20 maggio 1970 n. 300 data
dal pretore — che ha ritenuto legittimamente costituita la r.s.a.
ed ha conseguentemente rigettato l'opposizione proposta dalla
s.a.s. f.lli Tosetto — va quindi condivisa.
L'appello deve pertanto essere rigettato, con integrale confer
ma della sentenza impugnata.
Il Foro Italiano — 1997.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 18 lu
glio 1996, n. 6491; Pres. La Torre, Est. Genghtnt, P.M.
Amirante (conci, conf.); Inps (Aw. Li Marzi, Giordano) c. Marabitti e altri (Aw. Assennato). Conferma Trib. Velie
tri 31 dicembre 1992.
Previdenza e assistenza sociale — Indennità di disoccupazione ordinaria — Riliquidazione — Azione giudiziaria — Termine di decadenza sostanziale — Inapplicabilità — Prescrizione de
cennale (Cod. civ., art. 2946; d.p.r. 30 aprile 1970 n. 639, attuazione delle deleghe conferite al governo con gli art. 27
e 29 1. 30 aprile 1969 n. 153, concernente revisione degli ordi
namenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale, art. 47; d.l. 29 marzo 1991 n. 103, disposizioni urgenti in
materia previdenziale, art. 6; 1. 1° giugno 1991 n. 166, con
versione in legge, con modificazioni, del d.l. 29 marzo 1991
n. 103; d.l. 19 settembre 1992 n. 384, misure urgenti in mate
ria di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché
disposizioni fiscali, art. 4; 1. 14 novembre 1992 n. 438, con
versione in legge, con modificazioni, del d.l. 19 settembre 1992
n. 384).
Il termine di decadenza sostanziale fissato dall'art. 47, 3 ° com
ma, d.p.r. 639/70 (come interpretato dall'art. 6 d.l. 103/91, convertito in I. 166/91) non si applica all'azione giudiziaria
finalizzata ad ottenere la riliquidazione dell'indennità di di soccupazione ordinaria alla stregua della sentenza della Corte
costituzionale n. 497 del 1988, sicché tale diritto soggiace sol
tanto all'ordinaria prescrizione decennale. (1)
(1) Identica (per tema e statuizione nonché per la composizione del
collegio e la medesimezza del presidente e dell'estensore) è Cass. 6912/96
(Foro it., Mass., 629), anch'essa resa a sezioni unite e deliberata il 23
maggio 1996, ma depositata in data 30 luglio 1996. Non regge l'acco stamento di quest'ultima pronuncia (si veda la prima pagina del quoti diano Il Sole 24 Ore del 30 ottobre 1996) a Cass. 1° agosto 1996, n. 6924 (Foro it., Mass., 631, in tema di integrazione al minimo delle
pensioni di reversibilità), che, in realtà, appartiene al filone interpretati vo immediatamente precedente (incentrato sulla individuazione del mo mento iniziale del termine di decadenza) rispetto alla svolta odierna
(basata sul principio dell'inapplicabilità di cui alla massima). La segna lata comunanza sussiste, invece, sotto il profilo del concorso nello sfon damento del «tetto di 17.500 miliardi previsto dal d.l. 499/96 soltanto
per gli arretrati» (secondo il menzionato organo di stampa). Per espresso avviso nella motivazione, l'intervento ex art. 374 c.p.c.
ha inteso comporre il dissidio manifestatosi tra Cass. 12 luglio 1994, n. 6543 (id., Rep. 1994, voce Previdenza sociale, n. 842), e 24,novem bre 1994, n. 9965 (id., 1995, I, 1513), che, peraltro, avevano tentato di razionalizzare la questione della tempestività dell'azione giudiziale senza negarne l'attinenza alla materia sostanziale dedotta in lite. Mag gior affinità con l'odierna statuizione presentano, piuttosto, Cass. 12
agosto 1994, n. 7395 (id., Rep. 1994, voce cit., n. 442), e 17 dicembre
1993, n. 12472 (id., Rep. 1993, voce cit., n. 422). Si veda anche Cass. 11 ottobre 1995, n. 10611 (id., Rep. 1995, voce
Cassazione civile, n. 172), sugli elementi di fatto necessari ad inquadra re e valutare l'eccezione di decadenza in sede di giudizio di legittimità.
In dottrina, cfr., da ultimo, F. Buffa, Ambito temporale di applica zione dei termini di decadenza per l'esercizio dell'azione giudiziaria a tutela dei crediti previdenziali, in Nuovo dir., 1995, 471; S. Monaci, Problemi attuali di contenzioso previdenziale, in Informazione prev., 1994, 1077.
* * *
I. - Non mi pare che le sezioni unite abbiano trovato il bandolo smar rito della matassa. Avevo avvertito che il compito era arduo, al limite
dell'esigibile (S. L. Gentiie, C'è ancora una logica nella disciplina del
la decadenza previdenziale?, in Foro it., 1995, I, 1514), sicché si aspet tava una indicazione interpretativa di sintesi, che, operata l'ineludibile
scelta tra i valori in conflitto (da un lato, il contenimento e la certezza — entro una misura accettabile — della spesa previdenziale, dall'altro, la congruità — per quanto possibile — delle prestazioni), si sforzasse
di mettere in ordine gli argomenti più validi della tesi preferita. Invece, l'odierna pronuncia opta di elidere la questione in radice e pone un
principio di diritto che declassa il rompicapo della decadenza previden ziale a falso problema, almeno nei casi di domanda di riliquidazione della prestazione già corrisposta dall'ente in minor misura.
Sennonché altre ipotesi applicative di effettiva rilevanza non vi sono, in quanto gli assistibili, versando nella poco invidiabile condizione di
aver bisogno del parsimonioso apporto dell'Inps, normalmente, non at
tendono molto tempo prima di far valere dinanzi al giudice la loro
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