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sezione lavoro; sentenza 20 ottobre 1984, n. 5321; Pres. Franceschelli, Est. Ponzetta, P. M. Morozzo...

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sezione lavoro; sentenza 20 ottobre 1984, n. 5321; Pres. Franceschelli, Est. Ponzetta, P. M. Morozzo della Rocca (concl. conf.); I.n.a.d.e.l. (Avv. Capobianco) c. Mazzotto e altri (Avv. Bernardini, Mallia). Cassa Trib. Lecce 15 dicembre 1980 Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 2 (FEBBRAIO 1985), pp. 493/494-501/502 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177713 . Accessed: 28/06/2014 08:19 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.103.2 on Sat, 28 Jun 2014 08:19:02 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 20 ottobre 1984, n. 5321; Pres. Franceschelli, Est. Ponzetta, P. M.Morozzo della Rocca (concl. conf.); I.n.a.d.e.l. (Avv. Capobianco) c. Mazzotto e altri (Avv.Bernardini, Mallia). Cassa Trib. Lecce 15 dicembre 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 2 (FEBBRAIO 1985), pp. 493/494-501/502Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177713 .

Accessed: 28/06/2014 08:19

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

chiaramente l'intento di ribadire, da un lato la competenza delle

sezioni specializzate su tutte le controversie relative alla disciplina

dell'affitto, eliminando ogni residuo dubbio espresso al riguardo,

dall'altro di stabilire una generale applicabilità del rito del lavoro

ad ogni altra controversia agraria, conclusione questa cui era già

giunta la giurisprudenza di questa corte.

Viene meno di conseguenza ogni possibilità di dubbio sulla

riserva espressa dall'art. 409, n. 2, c.p.c. il quale, interpretato

nell'ambito del quadro normativo descritto, deve ritenersi faccia

salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie nei soli

casi previsti da norme contenenti una disciplina particolare dero

gativa. Concludendo, l'esegesi storico-comparativa della norma prova

che la ripartizione delle competenze fra sezioni specializzate e

giudice del lavoro non è stata modificata dalla nuova normativa

sui contratti agrari, dovendosi tuttora attribuire alle une la

competenza sulle controversie concernenti l'affitto dei fondi rusti

ci, la proroga legale dei contratti associativi, nonché la risoluzio

ne dei rapporti agrari e il conseguente rilascio dei fondi.

Pertanto, in accoglimento della istanza di regolamento, va

dichiarato che la sezione specializzata agraria del Tribunale di

Catania è competente a decidere sulla controversia (Omissis)

II

Svolgimento del processo. — Con citazione del 12 novembre

1977 Starace Maria, assumendo di aver concesso nel 1972 in

comodato gratuito e momentaneo a Falcone Matteo un piccolo

appezzamento di terreno sito alla contrada « Mozzillo » dell'agro di Manfredonia ed asserendo che successivamente lo stesso Fal

cone aveva occupato abusivamente l'intero fondo di sua proprie

tà, conveniva in giudizio davanti a questo tribunale in sede

ordinaria il summenzionato Falcone per sentir dichiarare risolto il

contratto di comodato e per sentirlo condannare al rilascio del

fondo ed al risarcimento dei danni.

Costituitosi, il Falcone contestava la domanda, negando che il

contratto avesse natura di comodato e sostenendo che, in realtà, nel 1971, era intervenuto un rapporto associativo per la coltiva

zione del piccolo appezzamento di terreno e l'esercizio delle

attività connesse, al fine di dividerne i prodotti e gli utili.

Con sentenza del 24 marzo 1980 il tribunale, rilevato che il

convenuto aveva prospettato l'esistenza di un rapporto agrario astrattamente inquadrabile nella disciplina relativa al contratto di

mezzadria e, nell'opporsi al rilascio del fondo, aveva invocato in

sostanza — sia pure implicitamente — la proroga legale del detto

rapporto, dichiarava la propria incompetenza per materia, rimet

tendo le parti davanti a questa sezione specializzata agraria. La causa veniva riassunta dalla Starace con ricorso del 17

aprile 1980. (Omissis)

Motivi della decisione. — Come è stato già rilevato con la

sentenza n. 196/80 del tribunale in sede ordinaria, il convenuto ha contestato l'esistenza del comodato, opponendo che le parti si sarebbero associate per la coltivazione del fondo e per l'esercizio delle attività connesse, onde dividerne i prodotti e gli utili.

A seguito di tale eccezione, il tribunale, sul presupposto che il

convenuto avesse dedotto l'esistenza di un contratto agrario

inquadrabile nella disciplina relativa il contratto di mezzadria e

avesse implicitamente invocato la proroga legale di detto rappor to, ha giustamente rimesso le parti davanti a questa sezione

specializzata agraria, competente per materia.

Sta di fatto, però, che, nelle more del giudizio è intervenuta la

nuova legge sui contratti agrari 3 maggio 1982 n. 203, che, all'art.

40, ha espressamente abrogato le disposizioni di legge che preve dono la proroga dei contratti agrari o che disciplinano le ecce

zioni alla proroga stessa, e ciò anche con riferimento alle

controversie ed ai rapporti in corso (art. 53). Con l'abrogazione dell'istituto della proroga legale, la controversia in esame non

attiene più alla esistenza di un contratto agrario sottoposto a

proroga, ma riguarda esclusivamente la sussistenza o meno di un

rapporto di mezzadria o di compartecipazione agraria, che in

quanto tale è devoluta alla competenza esclusiva del pretore in

funzione di giudice del lavoro ex art. 409 c.p.c. nel nuovo testo

formulato dalla 1. 11 agosto 1973 n. 533.

Prima della abrogazione della proroga legale la competenza della sezione specializzata agraria si determinava per il solo fatto

che fosse invocato il diritto alla continuazione del rapporto per la

proroga legale dei contratti agrari, a prescindere dal fatto che si

trattassero di veri e propri contratti di affitto o di rapporti di

tipo associativo, quali la mezzadria o la colonia. Ora che l'istituto

Il Foro Italiano — 1985.

della proroga legale è stato abolito, la competenza delle sezioni

specializzate agrarie è da ritenersi ristretta alle sole controversie

in materia di affitto in virtù dell'art. 26 1. n. 533/73, mentre per l'art. 409, n. 1, c.p.c. spetta al pretore in funzione di giudice del

lavoro la competenza a decidere le controversie relative a rappor ti di mezzadria, di colonia parziaria e di compartecipazione agra

ria, in ordine ai quali nessuna norma più fa salva la competen za delle sezioni specializzate agrarie, atteso che, come si è detto, l'istituto della proroga è stato abrogato.

Né è stata richiesta dalle parti la conversione del rapporto mezzadrile in rapporto di affitto, in modo da poter, sotto tale

profilo, radicare la competenza di questa sezione specializzata.

È appena il caso di rilevare, infine, che, secondo la costante

giurisprudenza della Suprema corte, le leggi modificatrici della

competenza, per la loro natura pubblicistica, sono di immediata

applicazione in qualunque stato e grado del processo e operano, perciò, in tutte le controversie pendenti all'epoca della loro entrata in vigore, quando diversamente non provvedano con

apposite disposizioni transitorie. All'attuazione di tale criterio d'ordine generale non osta il principio della perpetuatio iuris dictionis sancito dall'art. 5 c.p.c., perché questo, come è noto, riguarda il mutamento dello stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, ma non anche della situazione di diritto a seguito delle norme sopravvenute (cfr. Cass. 30 marzo

1967, n. 705, Foro it., Rep. 1967, voce Competenza civile, n. 142). Stando cosi le cose non rimane, dunque, che rimettere le parti

davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro, competente per materia. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 20 ottobre

1984, n. 5321; Pres. Franceschelli, Est. Ponzetta, P. M. Mo rozzo della Rocca (conci, conf.); l.n.a.d.e.1. (Avv. Capobianco) c. Mazzotto e altri (Avv. Bernardini, Mallia). Cassa Trib. Lecce 15 dicembre 1980.

Impiegato degli enti locali — Dipendenti della soppressa 0.n.mJ. trasferiti ad enti locali — Trattamento di fine servizio —

Esigibilità — Limiti (L. 23 dicembre 1975 n. 698, scioglimento e trasferimento delle funzioni dell'Opera nazionale per la

protezione della maternità e dell'infanzia, art. 9; 1. 1° agosto 1977 n. 563, modifiche ed integrazioni della 1. 23 dicembre 1975 n. 698, art. 5).

Impiegato degli enti locali i— Dipendenti della soppressa 0.n.m.i. trasleriti ad enti locali — Indennità di buonuscita — Disciplina (L. 23 dicembre 1975 n. 698, art. 9; 1. 1° agosto 1977 n. 563, art. 5).

I dipendenti della soppressa O.n.m.i. trasjeriti ad enti locali

possono esigere il trattamento di fine servizio, maturato alle

dipendenze dell'ente soppresso, soltanto all'atto della cessazione del rapporto d'impiego con l'amministrazione ricevente. (1)

II personale della soppressa O.n.m.i. trasferito ad enti locali ha

diritto, per il periodo di servizio prestato alle dipendenze dell'ente soppresso, all'indennità di buonuscita, che è disciplina ta esclusivamente dal regolamento per il trattamento di quie scenza per il personale dell'ente medesimo. (2)

(1, 4) In senso conforme, vedi Cass. 29 ottobre 1983, n. 6468, Foro it., 1984, I, 1941, con nota di richiami; 25 ottobre 1983, n. 6312, id., Rep. 1983, voce Impiegato dello Stato, n. 820.

Corte cost. 12 dicembre 1984, n. 280, in questo fascicolo, I, 359, con nota di richiami, ha ritenuto legittimo l'art. 9 1. n. 698/75 e suc cessive integrazioni e modifiche, interpretato nel senso proposto dalle sentenze in epigrafe e dai precedenti conformi.

In dottrina, oltre i riferimenti di cui alle note citate, cfr. U. M. e E. M. Colombo, Maternità e infanzia (assistenza alle), voce del Novis simo digesto, appendice, 1983, IV, 1179 ss.

(2) In senso conforme, vedi Cass. 25 ottobre 1983, n. 6310, Foro it., Rep. 1983, voce Impiegato dello Stato, n. 965.

Sulla natura di norme interne — la cui violazione non è deducibile come motivo di ricorso per cassazione (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) — delle disposizioni del regolamento per il trattamento di

quiescenza del personale dell'0.n.m.i. (approvato con d.m. 5 agosto 1969) vedi, in senso conforme alla sentenza in epigrafe, Cass. 25 ottobre 1983, nn. 6309, 6310, 6311, ibid., nn. 1224-1226.

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PARTE PRIMA

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 luglio

1984, n. 4436; Pres. Moscone, Est. Afeltra, P. M. Fabi (conci,

conf.); I.n.a.d.e.1. -(Avv. Capobianco) c. Vercesi e altri. Cassa Trib.

Piacenza 22 ottobre 1981.

Impiegato degli enti locali — Dipendenti della soppressa 0.n.m.i.

trasferiti ad enti locali — Indennità premio di servizio —

Controversie — Giurisdizione ordinaria — Indennità di anzia

nità — Controversie — Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (L. 23 dicembre 1975 n. 698, art. 9; 1. 1° agosto 1977 n. 563, art. 5).

Impiegato degli enti locali — Dipendenti della soppressa O.n.m.i.

trasferiti ad enti locali — Indennità premio di servizio —

Esigibilità — Limiti (L. 23 dicembre 1975 n. 698, art. 9; 1. 1°

agosto 1977 n. 563, art. 5).

Le controversie relative alla indennità premio di servizio ed alla

indennità di anzianità, erogate dall'I.n.a.d.e.l. ai dipendenti della

soppressa O.n.m.i. trasferiti ad enti locali, rientrano nella giu risdizione del giudice ordinario e, rispettivamente, nella giuri sdizione esclusiva del giudice amministrativo. (3)

I dipendenti della soppressa O.n.m.i. trasferiti ad enti locali

possono esigere l'indennità premio di servizio, maturata alle

dipendenze dell'ente soppresso, soltanto all'atto della cessazione

del rapporto d'impiego con l'amministrazione ricevente. (4)

III

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 10 marzo

1984, n. 1669; Pres. Pennacchia, Est. Beneforti, P. M. Marti

nelli (conci, conf.); I.n.a.d.e.1. (Avv. Capobianco) c. Boni e altri

(Avv. Cevolotto, Ferrari). Conferma Trib. Parma 16 aprile 1981.

Impiegato degli enti locali — Benefici combattentistici t— Inden

nità premio di servizio — Anzianità convenzionale — Computo

(D.p.r. 5 giugno 1965 n. 759, nuove norme sui trattamenti

previdenziali dei dipendenti statali e sul sistema finanziario di

gestione dei relativi fondi, in applicazione della 1. 5 dicembre

1964 n. 1268, art. 1; 1. 8 marzo 1968 n. 152, nuove norme in

materia previdenziale per il personale degli enti locali, art. 4; 1.

24 maggio 1970 n. 336, norme a favore dei dipendenti civili

dello Stato ed enti pubblici ex combattenti, art. 3; 1. 9 ottobre

1971 n. 824, norme di attuazione, modificazione ed integrazione della 1. 24 maggio 1970 n. 336, art. 4).

Impiegato dello stato e pubblico — Ex combattenti — Benefici —

Estinzione dei giudizi pendenti — Limiti (L. 24 maggio 1970 n.

336, art. 1, 2, 3, 4; -1. 9 ottobre 1971 n. 824, art. 6; d.l. 28

febbraio 1983 n. 55, provvedimenti urgenti per il settore della

finanza locale per l'anno 1983, art. 30 ter-, 1. 26 aprile 1983 n. 131,

conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 28 febbraio

1983 n. 55).

La indennità premio di servizio, erogata dall'I.n.a.d.e.l. ai dipen denti di enti locali ex combattenti o assimilati, va commisurata

ad un dodicesimo dell'80 % della retribuzione per ogni anno di

anzianità convenzionale (concessa ai sensi dell'art. 3 l. 24

maggio 1970 n. 336), senza tuttavia computare le mensilità

aggiuntive e l'indennità integrativa speciale nella base di calcolo, secondo quanto prescrive l'art. 1 d.p.r. 5 giugno 1965 n. 759

(richiamato, nella soggetta materia, dall'art. 4 l. 9 ottobre 1971

n. 824), e non già ad un quindicesimo della retribuzione

contributiva, come previsto dall'art. 6 l. 8 marzo 1968 n. 152, con riferimento al periodo di anzianità effettiva del dipenden te. (5)

L'estinzione (prevista dall'art. 30 ter d.l. 28 febbraio 1983 n. 55,

convertito, con modificazioni, nella l. 26 aprile 1983 n. 131)

investe esclusivamente i giudizi pendenti, in cui si controverta

(3) In senso contrario, vedi Pret. Venezia 27 giugno 1981 (Foro it., 1982, I, 305, con nota di richiami), secondo cui rientrano nella

giurisdizione dell'a.g.o. le controversie relative tanto alla indennità di anzianità quanto alla indennità premio di servizio, che concorrono a formare il trattamento di fine servizio, erogato dall'I.n.a.d.e.l. ai

dipendenti della soppressa O.n.m.i. trasferiti ad enti locali.

(5) In senso conforme, oltre i precedenti citati dalla sentenza in

epigrafe, vedi Cass. 29 ottobre 1983, n. 6468, Foro it., 1984, I, 1941, con nota di richiami; 10 gennaio 1983, n. 148, 27 aprile 1983, nn. 2899 e 2900, 24 novembre 1983, n. 7063, 25 giugno 1983, n. 4369, 11

luglio 1983, n. 4862, 10 gennaio 1983, n. 155, id., Rep. 1983, voce

Impiegato dello Stato, nn. 951-958.

Il Foro Italiano — 1985.

sull'obbligo del pagamento o della ripetizione dei valori capitali

corrispettivi a benefici combattentistici, in dipendenza del

mancato stanziamento dei fondi di copertura necessari, re

standone quindi esclusi i giudizi nei quali detto obbligo non sia

in contestazione e si discuta soltanto in merito ai criteri

applicativi dei benefici. (6)

I

Motivi della decisione. — Con l'unico mezzo, al quale si affida

il ricorso dell'I.n.a.d.e.l., vengono denunciate « violazione e falsa

applicazione dell'art. 9 1. 23 dicembre 1975 n. 698 modificato

dall'art. 5 1. 1° agosto 1977 n. 563 e del regolamento per il

trattamento di quiescenza del personale degli uffici e servizi

centrali e periferici dell'O.n.m.i. nonché della 1. n. 152 dell'8

marzo 1968 ».

Ad illustrazione del motivo il ricorrente si richiama al testo

dell'art. 9 1. 23 dicembre 1975 n. 698, che per la modifica

apportata dall'art. 5 1. 1° agosto 1977 n. 563 cosi risulta: « Ai fini

dell'assistenza malattia e del trattamento di fine servizio, il

personale trasferito è iscritto agli istituti ed enti previsti per il

personale delle amministrazioni riceventi ».

« Il trattamento di fine servizio sarà liquidato agli interessati da

parte dei predetti enti, per i periodi di servizio prestati presso le

amministrazioni riceventi nella misura prevista per il relativo

personale e per il periodo di servizio prestato presso l'O.n.m.i.

nella misura prevista dal regolamento per il trattamento di

quiescenza del personale del predetto ente. L'ufficio liquidatore verserà agli istituti o enti interessati per conto dell'O.n.m.i.

l'importo delle indennità di anzianità maturate all'atto del trasfe

rimento, sulla base del citato regolamento, da ciascun dipendente trasferito rispettivamente alle regioni ed allo Stato ».

Deduce, il ricorrente stesso, che l'interpretazione letterale della

norma su riferita pone chiaramente in luce come l'I.n.a.d.e.l.

debba liquidare agli ex dipendenti dell'O.n.m.i. iscritti alla gestio ne previdenza, in base alla legge della quale trattasi, il trattamen

to di fine servizio e, in particolare, l'indennità di buonuscita

soltanto all'atto della cessazione del servizio. Svolte quindi con

nesse argomentazioni nell'ordine di questa tesi e sottolineata

l'unicità del rapporto di natura pubblica, nel quale è mutato

soltanto un termine soggettivo, talché è da escludere una nova zione oggettiva del rapporto medesimo, il ricorrente spiega la

distinzione del computo delle componenti del trattamento di fine

servizio, quali indicate dalla legge, con il rilievo che, se il

legislatore non avesse operato la suddetta distinzione, rLn.a.d.e.I.

avrebbe liquidato l'indennità di buonuscita con i criteri dell'in

dennità «premio di servizio» e cioè sulla base di 1/15 dell'80 %

dell'ultima retribuzione annua per l'intera durata del servizio,

compreso quello prestato alle dipendenze dell'O.n.m.i. Accoglien do la tesi delle odierne resistenti — prosegue l'I.n.a.d.e.l. — le

stesse parti subirebbero un grave danno perché si vedrebbero

liquidare oggi una somma calcolata sulla base dello stipendio del

lontano 1975, anziché quella ben maggiore che andrebbero a

percepire all'atto della cessazione definitiva del servizio.

Il ricorso è fondato. La formulazione letterale della norma in

esame non lascia adito a dubbi circa il senso attribuito alla

medesima, quale reso palese dal significato proprio delle parole usate secondo la connessione di esse; talché a fronte di una

dizione chiara ed inequivocabile vano sarebbe il ricercare una

diversa intenzione del legislatore. Laddove parlasi, nel 2° comma dell'art. 9 1. 23 dicembre 1975

n. 698 (secondo il testo modificato dall'art. 5 1. 1° agosto 1977 n.

563 e sopra trascritto), di « trattamento di fine servizio » liquida bile « da parte dei predetti enti » (quelli istituiti per la previdenza ed assistenza del personale delle amministrazioni riceventi —

(6) Sull'intervento legislativo (art. 30 bis e ter d.l. n. 55/83, come modificato dalla legge di conversione n. 131/83), che prevedendo la

copertura finanziaria degli oneri derivanti ad enti pubblici dall'applica zione della disciplina sui benefici combattentistici ne ha rimosso i

motivi della incostituzionalità (dichiarata da Corte cost. 8 giugno 1981, n. 92, Foro it., 1981, I, 1735), vedi la nota di richiami a Corte cost., ord. 28 novembre 1983, n. 335, id., 1984, I, 1754.

Con riferimento alla analoga previsione (art. 6, 2° comma, 1. 20 marzo 1980 n. 75) della estinzione dei giudizi pendenti, relativi alla

riliquidazione dell'indennità di buonuscita (erogata dall'E-n.p.a.s. ai

dipendenti statali) con l'inclusione della tredicesima mensilità, Cass., ord. 2 dicembre 1983, n. 899, id., .1984, I, 901, con nota di richiami, ha ritenuto che la relativa declaratoria vada adottata dalla Cassazione con ordinanza e non già con sentenza; in argomento cfr. anche Virgi

lio, ibid., 1492, spec. 1494 sub par. II.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

vedi, 1° comma), per poi distinguere, ai fini del computo (delle

componenti) del previsto globale trattamento, « i periodi di servi

zio prestati presso le amministrazioni riceventi » e, rispettivamen

te, « il periodo di servizio prestato presso l'O.n.mi. », si rende

palese, accedendo appunto al significato proprio delle parole usate

anche secondo la loro connessione, che il servizio è considerato

unico, sebbene composto di due « periodi », peraltro senza solu

zione di continuità, nel qual senso induce anche la disamina dei

precedenti articoli della citata legge (cfr., a tale riguardo ed in

genere su tutta la questione oggetto della presente controversia,

Cass. 25 ottobre 1983, n. 6312, Foro it., Rep. 1983, voce Impiega

to dello Stato, nn. 820, 966, 1226); che per certo « il trattamento

di fine servizio » è quello da corrispondersi — interamente ed

infrazionatamente — al tempo della cessazione effettiva del rap

porto come risulta dalla automatica congiunzione ex lege dei due

periodi susseguitisi senza soluzione di continuità e caratterizzati

dalla cessazione di un ente e dall'immediato succedere di altro al

primo nelle funzioni e nel rapporto di lavoro, rimanendo invece

immutato, in una con il substrato oggettivo del rapporto (cfr.,

ampius, la citata sentenza n. 6312/83 di questa corte), l'elemento

soggettivo costituito ex altera parte (rispetto agli enti succedutisi)

dai lavoratori che ininterrottamente hanno prestato e continuano

a prestare l'attività consistente nell'esercizio di pubbliche funzioni

o di pubblico servizio; che, parallelamente a questo tracciato,

l'intima distinzione in due misure del trattamento di fine servizio

si traduce, per quanto regolato dall'art. 9 della legge, solo in

distinzione di beni e parametri concorrenti al computo del

trattamento globale. In funzione di quanto previsto a questo riguardo (come ora

esplicato) la norma dispone anche che l'ufficio liquidatore (del

l'ente soppresso) versi agli istituti e enti interessati (s'intendono

ancora quelli del 1° comma, dove concettualmente si colloca

l'I.n.a.d.e.l., menzionato in modo specifico nell'originaria formula

zione) « l'importo delle indennità di anzianità maturate all'atto del

trasferimento sulla base del citato regolamento da ciascun dipen dente trasferito... ».

Dalla legge in esame e, tra gli altri, dall'art. 9 più in particolare

(specialmente per quanto attiene, da un lato, alla natura composi ta del trattamento di fine servizio e, dall'altro, al previsto versamento dell'ufficio liquidatore « delle indennità di anzianità

maturate sulla base del citato regolamento » da ciascun dipenden

te...) si può trarre: 1) che non si configura un credito esigibile

per il personale ex O.n.m.i., trasferito agli enti locali, fintantoché

non sia cessato il servizio circa le somme versate a questo ente

dall'ufficio liquidatore dell'O.n.m.i. e circa le corrispondenti in

dennità; 2) che l'I.n.a.d.e.l., d'altronde, non sarebbe passivamente

legittimata rispetto a pretese dei lavoratori ex O.n.m.i. le quali si

rivelassero estranee, cioè non connesse, a quanto si collega

all'oggetto dei versamenti operati dal predetto ufficio liquidatore

per il titolo indicato nella citata norma, dove l'espressione usata

(« delle indennità di anzianità ... ») sembra assumere un significa

to pregnante; ipotesi tuttavia non configurabile in concreto per

una fattispecie dove l'I.n.a.d.e.l. sostiene che la richiesta « inden

nità di buonuscita » deve essere corrisposta dall'ente stesso alla

cessazione del rapporto (ben inteso nel coacervo del trattamento

di fine servizio); 3) che il legislatore con la 1. 23 dicembre 1975 n.

698 ha inteso regolare completamente il rapporto con il personale

dipendente dalla soppressa O.n.m.i. anche per l'aspetto economico

retributivo e previdenziale, specialmente per quanto attiene al

trattamento di fine servizio, con un meccanismo in parte analogo a quello previsto, per i rapporti di lavoro in campo privatistico, dall'art. 2112 c.c. e dagli art. 2120 e 2121 stesso codice (cfr. la

citata sentenza n. 6312/83), in parte diverso (come reso necessario

dalla natura pubblica del rapporto in entrambi i periodi conside

rati e dal fatto dell'essersi operato un trasferimento del personale ex lege nonché in correlazione con l'essere stato soppresso l'ente

da cui dipendevano i lavoratori); meccanismo comunque ispirato al mantenimento in parte qua, del principio del trasferimento

contemporaneo di crediti e debiti afferenti il rapporto di lavoro

con particolare riguardo, circa i crediti, a quelli per i quali

l'esigibilità, da parte dei definitivi destinatari delle indennità di

fine servizio, sarebbe andata a verificarsi in un momento diverso

e successivo rispetto a quello del mutamento soggettivo, ex una

parte, del rapporto.

Ogni riferimento del tribunale nell'impugnata sentenza a nor

mative diverse, quali la 1. 9 marzo 1968 n. 152 e la 1. 22 giugno 1954 n. 523 nonché il d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1092, non è

conferente in alcun modo per l'interpretazione della fattispecie, che

ha una disciplina sua propria ed univoca, quale è stata illustrata, e che piuttosto può attingere elementi di conforto, circa la

Il Foro Italiano — 1985.

latitudine della espressione «... delle indennità di anzianità matu

rate all'atto del trasferimento, sulla base del citato regolamento, da ciascun dipendente trasferito... », dal combinato disposto

degli art. 13 e 14 1. 20 marzo 1975 n. 70, in special modo dalla

previsione (2° comma dell'art. 14) che « i fondi integrativi di

previdenza previsti dai regolamenti di taluni enti sono conservati limitatamente al personale in servizio o già cessato dal servizio alla data di entrata in vigore della presente legge ».

Agli argomenti dell'I .n.a.d.e.l. le controricorrenti obiettano che l'istituto stesso confonde o addirittura tende a produrre confusio ne tra indennità di anzianità ed indennità di buonuscita, la seconda delle quali si sarebbe esaurita nella sua entità e nei suoi effetti alla data del 31 dicembre 1975 (soppressione dell'O.n.m.i.), non essendo più possibile per il lavoratore, stante la diversa normativa vigente nel nuovo settore (s'intende, di prestazioni assistenziali e previdenziali nonché di enti tenuti all'erogazione del trattamento di fine servizio), continuare quella contribuzione costituente già fondamento della « indennità di buonuscita » (e del relativo incremento) e che i lavoratori, sino a quando furono alle dipendenze dell'O.n.m.i., avevano diritto a due indennità di fine rapporto, cioè all'indennità di anzianità ed all'indennità di

buonuscita, mentre, passati alle dipendenze degli enti locali, potranno godere a fine rapporto solo della « indennità di anziani tà » (sic), talché sarebbe assurda la trattenuta da parte I.n.a.d.e.l. delle somme pertinenti alla buonuscita.

Peraltro contro tali obiezioni questa Corte suprema nessun'altra osservazione ha da aggiungere, se non che la natura composita del trattamento erogabile a fine servizio implica, per quanto si riferisce alla normativa regolamentare deH'O.n.m.i., cui fa richia mo la norma dell'art. 9 1. cit. (n. 698/75 con la modificazione apportata dall'art. 5 1. 1° agosto 1977 n. 563), quella previdenza integrativa derivante dalle contribuzioni dei dipendenti ex O.n.m.i. della quale si è trattato con il nome di « buonuscita » e circa la quale non ha equivocato, né .creato confusione

l'I.n.a.d.e.l.; che il problema della rivalutabilità (in rapporto alla trattenuta dei fondi integrativi da parte dell'istituto fino alla cessazione dal servizio degli interessati), oppure non, esula dai limiti segnati per questo giudizio di legittimità.

Il ricorso dell'istituto deve pertanto essere accolto; correlativa

mente l'impugnata sentenza del Tribunale di Milano deve essere

cassata e la causa è da rinviarsi per nuovo esame ad altro giudice di stesso grado, che si indica nel Tribunale di Brindisi e che si atterrà (art. 384 c.p.c.) ai seguenti principi:

« Il dipendente deH'O.n.m.i. trasferito ad un ente locale ai sensi della 1. 23 dicembre 1975 n. 698 (scioglimento e trasferimento

delle funzioni dell'Opera nazionale per la protezione della mater nità e dell'infanzia) non ha diritto, finché non sia cessato il

rapporto di impiego presso l'ente locale, al trattamento di fine

servizio per il periodo di lavoro prestato presso l'ente disciolto,

giacché la disciplina dettata da tale legge esclude la configurabili tà di una soluzione di continuità fra i due periodi di servizio e la

configurabilità di due rapporti distinti, la quale, oltretutto, avreb be richiesto le espresse previsioni dei tempi e delle modalità di

liquidazione del trattamento di fine servizio in relazione a ciascun

periodo, e comporta un fenomeno di successione fra enti che non

fa venir meno l'unicità del rapporto di lavoro del dipendente trasferito.

« Ai sensi dell'art. 9 1. 23 dicembre 1975 n. 698 l'indennità di

buonuscita spettante, per il periodo di servizio prestato presso l'O.n.m.i., al personale trasferito e disciplinata esclusivamente dal

regolamento per il trattamento di quiescenza del personale del

detto ente; né il diritto a tale indennità può ritenersi escluso per il fatto che l'art. 13 1. 20 marzo 1975 n. 75 (disposizioni sul

riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del

personale dipendente) preveda, all'atto della cessazione dal servi zio la sola indennità di anzianità, dovendosi in contrario osserva re sia il disposto del citato art. 9 1. n. 698/75, che è posteriore ed ha carattere di specialità, sia la previsione del 2° comma dell'art. 14 1. n. 70/75, che fa salva la legittimità dei fondi integrativi di

previdenza previsti dai regolamenti degli enti ». (Omissis)

II

Motivi della decisione. — Col primo motivo l'I.n.a.d.e.l. lamen ta la violazione e falsa applicazione delle norme sulla giurisdizio ne e rileva che — all'infuori dell'indennità premio per la quale potrebbe esservi la competenza dell'a.g.o. — la presente contro versia riguarda l'indennità di anzianità e che, riferendosi tale indennità ad un rapporto di pubblico impiego, la giurisdizione è del giudice amministrativo.

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PARTE PRIMA

La censura può essere accolta solo parzialmente. Infatti, in base

alla normativa vigente e alla costante giurisprudenza di questo

Supremo collegio la giurisdizione esclusiva del giudice ammini

strativo sulle controversie relative a rapporti di impiego con enti

pubblici non economici riguarda qualsiasi controversia in cui il

rapporto medesimo costituisca il titolo immediato e diretto della

pretesa fatta valere e, quindi, anche quelle vertenti su diritti,

quale l'indennità di anzianità, che, collegati alla cessazione del

rapporto, trovano pur sempre in esso il loro fondamento. Nel

caso in esame le resistenti erano dipendenti di un ente pubblico non economico (l'O.n.m.i.) e tale è anche l'I.n.a.d.e.1. per cui il

principio innanzi enunciato trova piena applicazione. Né può

opporsi che l'indennità di anzianità non è dovuta dall'ente

datore di lavoro, poiché ciò discende dalle leggi sopravvenute relative allo scioglimento dell'O.n.m.i. (1. 698/75 e successive), atteso che, dovendo le funzioni originarie dell'opera continuare ad

essere svolte sia dallo Stato sia dagli enti locali, la volontà

legislativa di considerare sostanzialmente unico il rapporto di

servizio di tali dipendenti si evince inequivocabilmente dalla

richiamata 1. 698/75, che prevede la liquidazione del trattamento

di quiescenza sulla base del ricongiungimento di tutti i servizi sul

presupposto dell'inalterata continuità oggettiva dei rapporti mede

simi. Consegue da ciò che la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia non può essere

negata in base alla sola considerazione che, per esigenze di ordine

politico, la prestazione predetta è stata posta a carico di altro

ente pubblico — pur sempre non economico — che amministra i

fondi stanziati a tale scopo.

I principi sin qui esposti non valgono ovviamente per quanto attiene all'indennità premio di fine servizio stante la natura

previdenziale di tale indennità, per cui esattamente è stata nei

gradi di merito riconosciuta in proposito la sussistenza della

giurisdizione ordinaria.

Merita, perciò, accoglimento — una volta esclusa la giurisdizio ne dell'a.g.o. in ordine all'indennità di anzianità — e soltanto per quanto attiene alla predetta indennità premio di servizio

I.n.a.d.e.l., il secondo mezzo, col quale si prospetta violazione e falsa applicazione dell'art. 9 1. 698/75 e 5 1. 563/77 con riferimen to anche al regolamento per il trattamento di quiescenza del

personale degli uffici e servizi centrali e periferici dell'O.n.m.i.

approvato con decreto interministeriale n. 3009/822 del 1969 nonché degli art. 2 e 16 1. 152/68, per avere i giudici di merito

proceduto ad un calcolo dell'indennità premio di servizio valevole tutt'al piò solo per l'ipotesi di una maturazione all'atto del

collocamento a riposo dei requisiti richiesti dalla 1. 152/68, dato

che in mancanza di essi l'indennità in parola non spetterebbe, salvo a competere, ove ne ricorrano gli estremi, l'assegno vitalizio.

Va osservato che da tutto il sistema di trasferimento disciplina to dalla 1. 698/75 (nonché da tutte le altre norme successive sopra

richiamate) il rapporto di pubblico impiego presso l'O.n.m.i. si

ricongiunge a quello presso le province ed i comuni senza che il

passaggio del pubblico dipendente da un ente ad un altro dia

luogo ad alcuna soluzione di continuità, per cui, oltre a quanto

già detto prima a proposito della continuità oggettiva del rappor

to, vertendosi in una chiara ipotesi di successione tra enti, deve

rilevarsi che non sussistono motivi per ravvisare in tale vicenda

una novazione oggettiva che non trova riscontro né nella volontà

delle parti (art. 1230 c.c.) né nella stessa legge attuativa della

successione. D'altra parte, che la liquidazione dell'indennità di

fine servizio debba avvenire in unica soluzione ed al termine del

rapporto è comprovato dal fatto che, se diversa fosse stata

l'intenzione del legislatore, sarebbe stato necessario prevedere due

tempi e due modalità di liquidazione, mentre è stato espressamen

te previsto non il pagamento diretto della indennità ai dipendenti

ma soltanto il trasferimento dei fondi relativi dall'ufficio liquida

zione dell'O.n.m.i. all'I.n.a.d.e.l.

Pertanto, non essendo ancora cessato al momento della doman

da o nel corso del giudizio il rapporto di impiego delle resistenti,

giustamente l'I.n.a.d.e.1. lamenta che i giudici di merito abbiano

proceduto ad un accertamento parziale non consentito dalle leggi

in vigore, dovendo i presupposti per l'attribuzione del riven

dicato premio essere verificati al momento dell'effettiva cessazione

dell'unitario servizio, comprendente sia il periodo alle dipendenze

delFO.n.m.i. che quello alle dipendenze degli enti locali.

L'accertamento della predetta cessazione del servizio nelle more

del giudizio per tutte o per qualcuna delle resistenti è compito

demandato al giudice di rinvio designato come in dispositivo, il

quale dovrà anche dare atto della mancanza dell'attualità dell'in

teresse da parte delle resistenti tuttora in servizio.

Il Foro Italiano — 1985.

Nel mezzo testé esaminato resta assorbito il terzo motivo

concernente le spese processuali dei precedenti gradi di merito,

essendo la soluzione di esso subordinata a quella che sarà data

alla domanda relativa al premio di fine servizio. (Omissis)

III

Motivi della decisione. — Il ricorrente I.n.a.d.e.l. denunciando, come già accennato, violazione e falsa applicazione di norme di

legge ripropone ancora una volta la tesi già disattesa dai giudici di

merito, che la norma dell'art. 4 1. 9 ottobre 1971 n. 824 non ha

modificato il regime di liquidazione dell'indennità di premio di

servizio quale è stabilito dall'art. 4 1. 8 marzo 1968 n. 152 che, a

tale fine, prevede l'aliquota di un quindicesimo dell'80 % della

retribuzione percepita negli ultimi dodici mesi del rapporto dal

dipendente dell'ente pubblico che ha cessato il servizio per effetto

della 1. 24 maggio 1970 n. 336. Secondo lo stesso ricorrente, tale

norma disponendo che « per il personale dipendente degli enti

indicati dall'art. 4 1. 24 maggio 1970 n. 336, i benefici derivanti

dall'aumento di servizio prestato dal 2° comma dell'art. 3 della

stessa legge... operano nei limiti previsti dall'art. 1 d.p.r. 5

giugno 1965 n. 759 sul trattamento previdenziale degli impiegati dello Stato, sta soltanto a significare che nella liquidazione dell'indennità per il servizio convenzionale e riconosciuto agli ex-combattenti dalla citata 1. n. 336/70 non si potrà superare il

limite (1/12 dell'80 % dell'ultima retribuzione annua) stabilito

dall'art. 1 d.p.r. n. 759/65. Cosi la previsione di tale limite

massimo, ispirata da evidenti fini perequativi, mentre, da un lato, varrebbe a contenere nella misura di 1/12 l'aliquota e nella

misura dell'80 % la base di calcolo dell'indennità di fine servizio

riconosciuta ai propri dipendenti da taluni enti pubblici, dall'altro

lato non sarebbe d'ostacolo a che possano applicarsi aliquote e basi di calcolo inferiori a tale limite se ed in quanto previste dai vari ordinamenti, ed in particolare l'aliquota di 1/15 stabilita

dal citato art. 4 1. n. 152/68 sul trattamento previdenziale dei

dipendenti degli enti locali. La esigenza di un rigoroso livellamen

to del trattamento relativo alla indennità convenzionale ricono

sciuta agli ex-combattenti sarebbe, d'altra parte, estranea alla ratio

della norma che, pur stabilendo il suddetto limite, ha fatto salva

la diversa composizione della retribuzione base come prevista dai

vari ordinamenti, con particolare riguardo alla indennità integrati

va speciale, computabile secondo l'ordinamento dell'I.n.a.d.e.l. ed

esclusa invece dall'ordinamento E.n.p.a.s.

A giustificare la diversità dell'aliquota base secondo il ricorren

te concorre anche la diversità dell'onere contributivo (8,10 per i

dipendenti dello Stato e 6,10 per quelli degli enti locali).

Nei termini sopra esposti secondo il ricorrente si è espresso il

Consiglio di Stato con decisione in data 21 marzo 1977, n. 777/73 restando cosi confermata la legittimità della liquidazione effettuata

da esso istituto sulla base dell'aliquota 1/15 dell'ultima retribu

zione annua contributiva.

I resistenti riproducono, dal canto loro, argomentazioni adesive

all'impugnata sentenza, opponendo fra l'altro che la giurispruden za del Consiglio di Stato si è viceversa consolidata nel senso della

applicabilità dell'aliquota di 1/15, conformemente al costante

indirizzo interpretativo di questa Suprema corte.

La questione sottoposta all'esame di questa corte e già decisa

sfavorevolmente all'I.n.a d.e.l., consiste, dunque, nello stabilire se

con la norma dell'art. 4, ult. comma, 1. 9 ottobre 1971 n. 824

secondo cui i benefici dell'aumento figurativo dell'anzianità di

servizio riconosciuto agli ex-combattenti ed assimilati dipendenti

degli enti indicati nell'art. 4 1. 24 maggio 1970 n. 336 « operano, ai fini della liquidazione dell'indennità di buonuscita o di previ denza o dell'indennità d'anzianità comunque denominata, nei

limiti previsti dall'art. 1 d.p.r. 5 giugno 1965 n. 759 sia inteso

estendere al personale di tali enti i criteri stabiliti per la

liquidazione dell'indennità di buonuscita del personale dello Stato,

fra cui l'aliquota di 1/12 dell'ultima retribuzione contributiva

annua (come ritenuto dal giudice d'appello) o al contrario, con il

riferimento ai « limiti previsti dall'art. 1 d.p.r. cit. si sia voluto

semplicemente stabilire, il limite massimo insuperabile di equipa

razione, a questi effetti, fra le due categorie di dipendenti, facendo salvi i criteri di liquidazione dell'indennità di fine

servizio stabiliti dai singoli ordinamenti di previdenza per il

personale di tali enti, se ed in quanto non eccedenti i limiti

previsti per la liquidazione secondo l'ordinamento dell'E.n.p.a.s. e

con ciò facendo salva, inoltre, l'applicazione della minore aliquota di 1/15 prevista per la liquidazione dell'indennità di premio servizio.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Com'è giurisprudenza costante di questa Suprema corte, il

rinvio all'art. 1 del citato d.p.r. 5 giugno 1965 n. 759 sul

trattamento di previdenza degli impiegati dello Stato, qual è l'ope rato della norma in esame, deve essere inteso nel senso che la

richiamata norma vale non soltanto per fissare l'aliquota di

computo ad 1/12 dell'ultima retribuzione contributiva annua ma

anche per determinare la base di calcolo della retribuzione stessa,

come ammontare delle somme corrisposte mensilmente per dodici

mesi, secondo la regolamentazione dei vari ordinamenti di previ

denza, con esclusione della tredicesima mensilità e delle altre

mensilità aggiuntive (cfr., da ultimo, sez. lavoro 27 aprile 1983, n.

2898 e 23 aprile 1983, n. 2803, Foro it., Rep. 1983, voce Impiegato dello Stato, nn. 952, 814).

La precisa espressione testuale della norma e la chiara intentio, cui essa s'ispira, di unificare il trattamento in esame per tutte le

categorie dei dipendenti che ne hanno diritto, con salvezza

peraltro della nozione di stipendio propria dell'ordinamento del

l'ente di appartenenza, inducono, invero, a disattendere le argo mentazioni in contrario addotte dal ricorrente, secondo cui la

norma, pur ponendo il suddetto limite, avrebbe inteso fare salva

la diversa composizione della retribuzione base come prevista dai

vari ordinamenti previdenziali con particolare riguardo alla in

dennità integrativa speciale (computabile secondo l'ordinamento

dell'I.n.a.d.e.l. ed esclusa, invece, per l'ordinamento E.n.p.a.s.) e

secondo cui, inoltre, la diversità delle aliquote sarebbe giustifica ta anche dalla diversità dell'onere contributivo (8,10 per i dipen denti statali e 6,10 per quelli degli enti locali). Sia con l'esclusio

ne del computo della 13* mensilità e delle altre mensilità aggiun tive sia con l'unificazione dell'aliquota di calcolo in 1/12 si

realizza infatti la massima parità possibile di trattamento fra i va

ri ordinamenti previdenziali, in relazione ad un beneficio che è

eccezionale e la cui ratio ha esclusivo riguardo ad una qualità

(quella di ex-combattente ed assimilato) che la legge, a questi effetti, considera rilevante in pari misura per tutti coloro che ne

siano in possesso. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Con ciò questa Suprema corte ritiene non applicabile, ratione

materiae, nella presente causa lo ius superveniens portato dall'art.

30 ter d.l. 28 febbraio 1983 n. 55 convertito con modificazioni

nella 1. 26 aprile 1983 n. 131, secondo cui: « i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del

presente decreto ed aventi ad oggetto il pagamento dei valori

capitali corrispettivi ai benefici attribuiti al personale di cui

all'art. 4 1. 24 maggio 1970 n. 336, in applicazione della legge

stessa, ovvero la ripetizione delle somme già pagate allo stesso

titolo sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle

spese fra le parti. I provvedimenti giudiziari non ancora passati

in giudicato restano privi di effetti». Tale disposizione, con il

precedente art. 30 bis ove si provvede alla copertura finanziaria

degli oneri derivanti agli enti ed istituti interessati dall'applicazio

ne dei benefici ai propri dipendenti costituisce l'epilogo legislativo

della nota vicenda originata dall'essersi, con l'art. 6 1. 9 ottobre

1971 n. 824, posto a carico dell'ente, istituto o azienda datore di

lavoro l'onere derivante dall'applicazione dei benefici in esame,

senza la previsione dei mezzi finanziari occorrenti, il che ha dato

luogo a numerose controversie fra gli ex-dipendenti beneficiari e

gli enti ed istituti di previdenza, obbligati ex art. 6 1. 9 ottobre

1971 n. 824 ad erogare per conto degli enti datori di lavoro i

benefici derivanti dall'applicazione della 1. 20 maggio 1970 n. 336,

contenzioso, questo, estesosi ai rapporti fra gli stessi datori di

lavoro e gli enti ed istituti di previdenza, dopo la sentenza in

data 8 giugno 1981, n. 92 (id., 1981, I, 1835) della Corte

costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del

l'art. 6 1. 9 ottobre 1971 n. 824 in relazione all'art. 81, 4° comma,

Cost., nella parte in cui non stabilisce con quali mezzi di

copertura gli enti datori di lavoro dovranno far fronte agli oneri

finanziari derivanti a loro carico dall'applicazione della 1. 24

maggio 1970 n. 336.

A seguito di tale pronuncia questa Suprema corte ha ripetuta

mente statuito ed ora conferma che gli effetti ablativi della stessa

dichiarazione di incostituzionalità non investono l'esistenza del

diritto ai benefici concessi con l'art. 4 1. 24 maggio 1970 n. 336,

riguardando essa soltanto i rapporti fra lo Stato, e gli enti e

istituti debitori e gli enti ed istituti delegati ex lege all'erogazione

degli stessi benefici ed aventi diritto al rimborso dei valori

capitali corrispettivi. Lo stretto collegamento fra la dichiarazione d'incostituzionalità

dell'art. 6 nella parte in cui non provvede allo stanziamento dei

mezzi di copertura e la norma dell'art. 30 bis d.l. 28 febbraio

1983 n. 55 convertito con modificazioni nella 1. 26 aprile 1983 n.

Il Foro Italiano — 1985.

131 con cui si colma il vuoto finanziario in ottemperanza al

precetto dell'art. 136 Cost, (riconoscendosi con ciò la sussistenza

del diritto ai benefici in parola anche dopo tale pronuncia) porta,

invece, a ritenere che l'estinzione prevista dal successivo art.

30 ter investa esclusivamente i giudizi in cui si controverte in

merito all'obbligo del pagamento o della ripetizione dei valori

capitali corrispettivi ai benefici de quibus in dipendenza del

mancato stanziamento dei necessari fondi di copertura, restandone

esclusi i giudizi in cui come nella specie detto obbligo non sia

in contestazione e si discuta soltanto in merito ai criteri applicati vi di tali benefici.

Soltanto in tale caso, cessando la materia del contendere

(vertente sull'obbligo di erogare i benefici ed effettuare il rimbor

so in assenza del prescritto stanziamento) la prevista estinzione

ex lege con compensazione delle spese processuali può dirsi

infatti razionalmente giustificata ed esente dal sospetto d'incostitu

zionalità (art. 24 Carta costituzionale) non diversamente da

quanto è consentito ritenere circa l'ipotesi dì estinzione del

processo con compensazione delle spese che la norma dell'art. 6

1. 20 marzo 1980 n. 75 prevede e regola, in piena coerenza con il

riconoscimento, operato nel precedente art. 2, del diritto contro

verso (cioè l'indennità di buonuscita E.n.p.a.s. calcolata sulla base

dell'ultima retribuzione comprensiva de! rateo della tredicesima

mensilità). Si deve pertanto affermare che nonostante il generico riferimen

to testuale ai « giudizi... aventi ad oggetto il pagamento di valori

capitali corrispettivi ai benefici attribuiti al personale di cui all'art. 4 1. 24 maggio 1970 n. 336, dm applicazione della legge stessa ovvero la ripetizione delle somme già pagate allo stesso titolo », quale è contenuto nella citata norma dell'art. 30 ter, esuli da questa la volontà di estendere la prevista estinzione a quei processi in cui non si discuta della permanenza ed azionabilità, mancando i necessari stanziamenti, dei diritti riconosciuti agli ex combattenti ed assimilati. Se cosi non fosse, l'estinzione dei

processi in cui si controverte su questioni diverse da quelle strettamente connesse alla mancanza dei fondi di copertura, operando su presupposti e per finalità diverse da quelli previsti

dagli art. 306 ss. c.p.c. dovrebbe comportare la non riproponibilità dell'azione (nonostante il mancato riconoscimento legislativo del

diritto controverso) oppure si risolverebbe in una tanto illogica

quanto inutile, anzi dannosa, compressione transitoria del diritto alla tutela giurisdizionale. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 7 settem bre 1984, n. 4781; Pres. Scanzano, Est. Borruso, P. M. Pan dolfelli (conci, diff.); E.n.el. (Avv. Sartorelli, Aricò, Pardi) c. Fall. soc. Cardella (Avv. Pianelli, Cardi). Conferma App. Fi renze 24 giugno 1982.

Privilegio — Credito di rivalsa i.v.a. — Privilegio generale —

Esclusione (Cod. civ., art. 2758; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione dell'imposta sul valore aggiunto, art. 18; d.p.r. 23

dicembre 1974 n. 687, norme integrative e correttive del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 1).

Privilegio i— Credito di rivalsa i.v.a. — Questione manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 53; cod. civ., art.

2758).

A seguito della l. 426/75, che ha abrogato l'art. 18 d.p.r. 633/72 (nel testo modificato dall'art. 1 d.p.r. 687/74), il credito di rivalsa

dell'i.v.a., spettante al cedente dei beni o al prestatore dei

servizi, è assistito dal solo privilegio speciale previsto dall'art.

2758, 2° comma, c.c. sui beni che hanno formato oggetto della cessione od ai quali si riferisce il servizio. (1)

È manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2758 c.c., nella

parte in cui non prevede il privilegio generale a tutela del credito di rivalsa i.v.a. del cedente di beni consumabili. (2)

(1-2) La sentenza conferma un indirizzo giurisprudenziale che può dirsi ormai prevalente, riaffermando il principio secondo cui il credito di rivalsa dell'i.v.a., relativo alla cessione di beni mobili o di servizi, è assistito da un privilegio speciale sui beni che hanno formato oggetto della cessione o ai quali il servizio si riferisce: per una panoramica della giurisprudenza e della dottrina, v. Tucci, Problemi di legittimità costituzionale del privilegio speciale per crediti di rivalsa i.v.a. (nota a Corte cost. 15 febbraio 1984, n. 25), in Foro it., 1984, I, 1803, cui adde Cass. 30 luglio 1982, n. 4361, id., Rep. 1982, voce Privilegio, n. 23;

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