sezione lavoro; sentenza 21 maggio 1998, n. 5104; Pres. Buccarelli, Est. Celentano, P.M. Martone(concl. diff.); Soc. Gsi Igiene di ambiente (Avv. Carsana) c. Bini e altri; Bini e altra (Avv.Muggia, Durante) c. Soc. Interesidence (Avv. Vitucci, Borghi) e Soc. Gsi Igiene di ambiente.Conferma Trib. Milano 16 dicembre 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1998), pp. 2107/2108-2109/2110Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193110 .
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2107 PARTE PRIMA 2108
Né le precedenti conclusioni sono superate dal fatto che si
è in presenza di un rapporto di pubblico impiego, in relazione
al quale sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice ammini
strativo.
È infatti da rilevare — in considerazione anche, ma non solo, delle modalità di irrogazione della sanzione (con decreto da parte della stessa autorità che ha emanato l'ordinanza: art. 9, 4° com
ma) che proviene da autorità diversa dal datore di lavoro —
che la stessa non si pone come sanzione disciplinare per viola
zione di doveri di comportamento nell'ambito dello svolgimen to del rapporto di pubblico impiego, ma come sanzione per un
comportamento — astrattamente lecito, come manifestazione
di un diritto costituzionalmente garantito, come quello del dirit
to di sciopero, riconosciuto a tutti i cittadini — divenuto illecito per l'intervento di provvedimenti autoritativi limitativi o esclu
sivi di tale diritto. Né in contrario al precedente rilievo valgono le osservazioni
circa la spettanza alla funzione pubblica della disciplina del rap
porto d'impiego statale fin dal 1983 e l'unitarietà della persona
giuridica Stato, con la conseguente impossibilità di considerare
i singoli ministeri «come soggetti di diritto l'un dall'altro diversi». Pur non contestandosi, in linea di principio, tali osservazioni
è da rilevare che la previsione, proprio nella legge in esame,
di un potere delle amministrazioni — e quindi anche del mini
stero della pubblica istruzione, datore di lavoro della parte op
ponente — di promuovere ricorso contro l'ordinanza prevista dall'art. 8, 2° comma, avanti al Tar competente (art. 10, 1°
comma), dimostra sia la differenziazione dei diversi ministeri, pur nell'ambito dell'unitarietà dello Stato — sia l'estraneità del
la sanzione amministrativa pecuniaria al rapporto di pubblico
impiego. La circostanza che la sanzione sia inflitta ad un pubblico di
pendente non è sufficiente per ritenere che la stessa attenga allo
svolgimento del rapporto di pubblico impiego, con la conse
guenza che la controversia insorta fra le parti per contestare
la legittimità della sanzione stessa non può che appartenere alla
giurisdizione dell'a.g.o., giudice dei diritti soggettivi, non tro vando applicazione la disposizione, eccezionale, circa la giuris dizione esclusiva del giudice amministrativo in tema di rapporto di pubblico impiego e con l'ulteriore conseguenza che — con
trariamente a quanto sostenuto dalla difesa della parte ricorren
te anche nel corso dell'odierna discussione orale — norma di
cui all'art. 9, 4° comma, 1. n. 146 del 1990, che ammette l'im
pugnazione ai sensi degli art. 22 ss. 1. 24 novembre 1981 n.
689 avverso l'ingiunzione irrogativa della sanzione amministra
tiva pecuniaria, è attributiva di giurisdizione e non anche di sola competenza nell'ambito delle controversie devolute al giu dice ordinario, proprio perché non si ravvisa, in materia, alcu
na giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr., per
analoga affermazione, circa il riconoscimento di norma attribu
tiva della giurisdizione all'art. 218 codice della strada, in tema di competenza del pretore a conoscere della controversia sulla
sospensione della validità della patente, Cass. 8 luglio 1996, n.
6231, Foro it., Rep. 1996, voce Circolazione stradate, n. 138).
Concludendo, si deve ritenere che, in tema di esercizio del
diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, di cui alla 1.
12 giugno 1990 n. 146, la sanzione pecuniaria amministrativa
comminata per la violazione del divieto di esercizio del diritto
di sciopero, disposto con provvedimento amministrativo di ca
rattere generale, non attiene — anche quando riguarda pubblici
impiegati — alla disciplina del rapporto di pubblico impiego, con la conseguenza che l'opposizione avverso tale sanzione è
devoluta, ai sensi dell'art. 9, 4° comma, della citata legge, alla
giurisdizione del giudice ordinario, senza che siffatta giurisdi zione venga meno per essere stata dedotta, quale mezzo a fine
per l'accoglimento dell'impugnazione, l'illegittimità del provve dimento amministrativo con il quale il divieto è stato disposto, dal momento che i limiti entro i quali il giudice adito può cono scere di tale illegittimità anche in conseguenza dei termini estre
mamente ridotti entro i quali la stessa può essere fatta valere
innanzi al giudice amministrativo, attiene alle modalità di eser
cizio della funzione giurisdizionale e, quindi, alla fondatezza, nel merito, dell'opposizione proposta e non anche ai limiti esterni
di tale giurisdizione. Va, pertanto, rigettato il primo motivo di ricorso e va affer
mata la giurisdizione dell'a.g.o. La causa va rimessa, per l'esame degli altri motivi di censura,
attinenti al merito, alla I sezione civile.
li Foro Italiano — 1998.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 21 mag
gio 1998, n. 5104; Pres. Buccarelli, Est. Celentano, P.M.
Mabtone (conci, diff.); Soc. Gsi Igiene di ambiente (Aw. Carsana) c. Bini e altri; Bini e altra (Aw. Muggia, Duran te) c. Soc. Interesidence (Aw. Vitucci, Borghi) e Soc. Gsi
Igiene di ambiente. Conferma Trib. Milano 16 dicembre 1995.
Lavoro (rapporto di) — Licenziamento collettivo per riduzione
di personale — Impresa di pulizia — Cessazione d'appalto — Procedimento «ex lege» 223/91 — Applicabilità (L. 15 luglio 1966 n. 604, norme sui licenziamenti individuali, art. 3; 1. 23 luglio 1991 n. 223, norme in materia di cassa integra
zione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di
direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed
altre disposizioni in materia di mercato del lavoro, art. 4, 24).
La procedura ex lege 23 maggio 1991 n. 223 si applica anche
alle imprese di pulizia nel caso di cessazione dell'appalto presso un committente. (1)
Svolgimento del processo. — Bini Damiana e Silvestri Anto
nio convenivano davanti al Pretore di Milano, in funzione di
giudice del lavoro, la Gsi Igiene di ambiente s.r.l. e, premesso di essere stati licenziati dalla società, insieme ad altri 14 dipen
denti, a seguito della cessazione dell'appalto del servizio di puli zie che la Gsi aveva presso l'Hotel Residence Ripamonti di Pie
ve Emanuele, denunciavano la illegittimità del licenziamento per il mancato espletamento delle procedure obbligatorie di cui al
l'art. 24 1. 223/91 e chiedevano la reintegrazione nel posto di
lavoro. In subordine, osservavano che non era stata dimostrata
l'impossibilità del loro reinserimento in altri appalti. La società Gsi, costituitasi, resisteva osservando che la s.p.a.
Interesidence — che aveva detto di effettuare le pulizie in eco
nomia presso il proprio Hotel Ripamonti — si era obbligata ad assumere i lavoratori licenziati e che la domanda doveva
essere formulata nei suoi confronti, essendosi, determinata una
fattispecie analoga al trasferimento d'azienda. Deduce inoltre
che l'art. 24 1. 223/91 non poteva trovare applicazione per non
essere stata ammessa, essa società, alia cassa integrazione, con
dizione ritenuta necessaria per un programma di mobilità.
Veniva chiamata in causa la soc. Interesidence, contro la quale i ricorrenti formulavano domanda diretta ad accertare la prose cuzione del rapporto di lavoro con essa. Rispetto a tale doman
da, formulata in udienza, la società Interesidence si opponeva, ritenendola nuova (e dunque inammissibile) rispetto a quella for
mulata contro la società Gsi; eccepiva che il procuratore dei
ricorrenti non aveva il potere di avanzare domande diverse ri
spetto a quella del ricorso; che non si poteva parlare di trasferi
mento di azienda e che nel caso di cessazione dell'appalto di
servizi di pulizia non si poteva parlare di licenziamento colletti
vo. Quanto all'accordo con la società Gsi per l'assunzione del
personale licenziato, eccepiva che lo stesso era stato sottoscritto
da persona non munita di poteri, che l'accordo era nullo per indeterminatezza dell'oggetto e che era decaduto perché i bene
ficiari non avevano dato ad esso attuazione.
Con sentenza 22 settembre 1994, n. 2998 il pretore respingeva la domanda. Esclusa la natura collettiva del licenziamento per la considerazione che i licenziati erano stati solo due, e ricon
dotto il licenziamento a quello per giustificato motivo oggetti
vo, il primo giudice affermava che gli stessi licenziati avevano
(1) Trib. Milano 16 dicembre 1995, confermata da Cass. 5104/98 in epigrafe, è riportata in Foro it., Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 1260, riprodotta con data 6 dicembre 1995, anche in Riv. critica dir. lav., 1996, 641; conf., Pret. Milano 27 dicembre 1995, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 1270; ord. 8 ottobre 1993, id., Rep. 1994, voce
cit., n. 1277; contra, Pret. Milano 28 luglio 1997, Orient, giur. lav.,
1997, I, 808; 22 agosto 1996, Riv. critica dir. lav., 1996, 945; Trib. Milano 18 maggio 1994, Foro it., Rep. 19%, voce cit., n. 1268.
Va sottolineato l'inciso, presente nella sentenza in epigrafe, per il
quale è l'avere espresso l'intenzione di procedere al licenziamento di almeno cinque dipendenti nell'arco di centoventi giorni a rendere appli cabile la procedura, senza che rilevi che alla fine i licenziati siano me no: in proposito, cfr., in senso conforme, tra le più recenti, Pret. Mila no 16 gennaio 1996, Riv. it. dir. lav., 1997, II, 197, con nota di G.
Conte, Sulla rilevanza dell'intenzione iniziale del datore di lavoro ai
fini dell'identificazione del licenziamento collettivo; contra, Pret. Mila no 15 luglio 1994, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 1265.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
avuto la possibilità di essere assunti presso altri e avevano rifiu
tato, e che non avevano dimostrato la presenza di posti di lavo
ro disponibili. Quanto alla posizione Interesidence, escludeva
che si potesse parlare di cessione di azienda o di applicazione dell'art. 4 del contratto collettivo.
La sentenza di primo grado veniva appellata dai due lavora
tori; le due società, costituitesi, resistevano.
Con sentenza del 24 novembre-16 dicembre 1995 il Tribunale
di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado dichiarava illegittimi i licenziamenti e ordinava alla Gsi di rein tegrare i lavoratori nel posto di lavoro, condannandola al paga mento delle retribuzioni dal giorno del licenziamento alla rein
tegrazione e alle spese del doppio grado di giudizio. Ritenuto che il licenziamento operato dalla società andava
qualificato come un licenziamento collettivo o per riduzione di
personale e, come tale, sottoposto alle regole dell'art. 24 1.
223/91, i giudici di secondo grado rilevavano la inosservanza
delle prescrizioni dettate da tale norma, con le conseguenze di
cui all'art. 5, 3° comma, della stessa legge. Avverso la sentenza del tribunale propone ricorso per cassa
zione, affidato a due motivi, la Gsi. Gli intimati hanno deposi tato controricorso con contestuale ricorso incidentale condizio
nato cui, per la parte che la riguarda, resiste con controricorso
la Interesidence s.p.a. Sono state poi depositate memorie sia
da parte della Gsi che da parte dei lavoratori, che hanno anche
depositato, in udienza, rassegna di giurisprudenza. Motivi della decisione. — Con il primo motivo la Gsi denun
cia violazione e falsa applicazione degli art. 4 e 24 1. 223/91
in relazione all'art. 3 1. 604/66 (art. 360, n. 3, c.p.c.). Sostiene la società che la 1. 23 luglio 1991 n. 223 non è appli
cabile alle imprese di pulizia nel caso di cessazione dell'appalto dei lavori di pulizia presso una committente, con o senza suben
tro di altra impresa nell'espletamento di quei lavori. Deduce
che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle imprese che effet
tuano le pulizie in appalto, se anche non sono definiti rapporti a tempo determinato, ne hanno tuttavia, il contenuto sostanziale.
Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia viola
zione e falsa applicazione dell'art. 2112 c.c. e dell'art. 47 1.
428/90 in relazione alla direttiva Cee n. 187/77 e all'art. 3 1.
604/66. Sostiene la società che i licenziamenti in oggetto, qualora non
si voglia applicare la normativa del licenziamento per giustifica to motivo oggettivo, possono trovare una tutela sindacale solo
nell'ambito dell'art. 2112 c.c. e della 1. 428/90, che costituisce
l'applicazione della direttiva Cee n. 187/77 sui trasferimenti d'a
zienda.
Con il ricorso incidentale condizionato i lavoratori sostengo
no, nel caso di accoglimento del ricorso principale, la fondatez
za delle domande subordinate ritenute assorbite dal giudice di
appello: 1) illegittimità dei licenziamenti perché privi di giusta causa o giustificato motivo; 2) applicabilità dell'art. 2112 c.c., con prosecuzione del rapporto di lavoro con la Interesidence
s.p.a.; 3) in via ulteriormente subordinata, obbligo della Intere
sidence di assumerli in virtù della scrittura 27 agosto 1993; 4) nel caso che si dovesse ritenere la necessità di una procura ap posita per la proposizione delle domande nei confronti del terzo
chiamato in causa, declaratoria di nullità delle domande propo ste dai lavoratori nei confronti della Interesidence all'udienza
del 20 maggio 1994.
Ricorso principale e ricorso incidentale condizionato vanno
preliminarmente riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c. I due motivi del ricorso principale — che vanno trattati con
giuntamente per la evidente connessione logica — sono infondati.
L'art. 24 1. 23 luglio 1991 n. 223 si applica a tutte le imprese che occupino più di quindici dipendenti e che, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, inten dano effettuare almeno cinque licenziamenti, nell'arco di cento
venti giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità pro duttive nell'ambito del territorio di una stessa provincia.
Per l'espresso disposto del 4° comma, le disposizioni dell'art.
24 non si applicano nei casi di scadenza dei rapporti di lavoro a termine, di fine lavoro nelle costruzioni edili e nei casi di attività stagionali o saltuarie.
Le imprese che gestiscono servizi di pulizia in appalto e che
occupano più di quindici dipendenti sono pertanto soggette alla
disciplina di cui all'art. 24 1. 223/91, non rientrando nelle ecce
zioni previste dal 4° comma dello stesso articolo; e a nulla rile
II Foro Italiano — 1998.
va che la riduzione di lavoro derivi dalla cessazione di un appal
to, con o senza subentro di altra impresa di pulizia nei lavori
prima eseguiti dalla prima. La tesi propugnata dalla ricorrente con il primo motivo del
ricorso — che la 1. 223/91 non trova applicazione nel caso di
successione di imprese in un appalto di lavori di pulizia o co
munque di cessazione di tale appalto — non trova alcun riscon
tro normativo.
Non lo trova nel citato 4° comma dell'art. 24 — atteso che
l'attività di gestione di lavori di pulizia in appalto non è certa
mente una attività stagionale o saltuaria — né in altre norme
(che la ricorrente società neppure cita).
Quanto alla considerazione che per una azienda di grandi di
mensioni, con appalti dislocati in tutta Italia, di cui alcuni che
cessano ed altri che iniziano nell'ambito di centoventi giorni,
l'applicazione della legge comporterebbe un permanente con
fronto sindacale, trattasi di argomentazione irrilevante e comun
que infondata.
È logico e corretto — e rientra nei fini della legge — che
una impresa che veda cessare un determinato appalto di pulizie in una certa zona e riesca ad ottenere un nuovo appalto in un'al
tra zona, verifichi in sede sindacale la possibilità di occupare i primi lavoratori nel secondo appalto; invece di procedere sem
plicemente al licenziamento dei lavoratori occupati nel primo
appalto ed alla assunzione di nuovi lavoratori per il secondo
appalto. Dall'accertamento della soggezione delle imprese che gesti
scono servizi di pulizia in appalto, e che occupano più di quin dici dipendenti, alle regole di cui all'art. 24 1. 223/91 deriva la infondatezza della tesi sostenuta dalla Gsi con il secondo mo
tivo di ricorso: applicabilità alla fattispecie non della 1. 223/91 ma dell'art. 2112 c.c. e dell'art. 47 1. n. 428 del 29 dicembre 1990.
Per tutto quanto esposto la sentenza del Tribunale di Milano
non merita le censure mosse dalla Gsi. Rilevato che la Gsi occu
pa più di quindici dipendenti; che aveva espresso l'intenzione, a seguito della cessazione dell'appalto con la società Interesi
dence, di licenziare i sedici lavoratori occupati in quel lavoro
(a nulla rilevando che alla fine i licenziati fossero stati solo due); che non era stata esperita la procedura prevista per la riduzione
di personale dagli art. 4 e 5 1. 223/91; correttamente il tribunale
ne ha fatto discendere l'applicazione del 3° comma del citato
art. 5: illegittimità dei licenziamenti con applicazione dell'art. 18 1. 20 maggio 1970 n. 300 e succ. modificazioni.
Il rigetto del ricorso principale esime dall'esame del ricorso
incidentale condizionato proposto dai lavoratori.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 mag
gio 1998, n. 4883; Pres. Rocchi, Est. Vicolo, P.M. Nardi
(conci, conf.); Soc. Electrolux Zanussi elettrodomestici (Aw.
SiviERi) c. Inps (Aw. Bartoli, Lironcurti). Cassa Trib. Por
denone 18 aprile 1995.
Previdenza e assistenza sociale — Ripetizione di contributi in
debitamente versati — Interessi — Decorrenza (Cod. civ., art.
2033).
Gli interessi e la rivalutazione sulle somme ricevute in buona
fede da ente previdenziale a titolo di oneri sociali, somme che lo stesso ente sia tenuto a restituire in quanto non dovu
te, decorrono dalla domanda proposta in sede amministrativa
per il pagamento del capitale e non dalla distinta domanda
successivamente proposta, dopo l'avvenuta corresponsione della
sorte capitale, per il pagamento degli accessori del credito. (1)
(1) In seguito a Cass., sez. un., 5 agosto 1994, n. 7269, Foro it.,
1994, I, 2661, la sezione lavoro consolida ulteriormente l'indirizzo giu
risprudenziale inteso a fissare la decorrenza di interessi e rivalutazione
dalla domanda proposta in sede amministrativa, che della domanda giù
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