Sezione lavoro; sentenza 21 ottobre 1980, n. 5673; Pres. Cutrupia, Est. Frisina, P. M. Nicita(concl. conf.); Min. interno (Avv. dello Stato Ferri) c. Fantini (Avv. U. Novelli). Conferma Trib.Bologna 30 marzo 1978Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 4 (APRILE 1981), pp. 1139/1140-1141/1142Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172861 .
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1139 PARTE PRIMA 1140
nisti, con la sola differenza che il sanitario è tenuto a prestarla a
chi la richieda: gratuitamente a favore dei non abbienti, a
speciali tariffe per gli altri. L'obbligo (che si innesta nel rapporto
d'impiego) verso il comune di prestarla, alle or viste condizioni, a
chi la richieda, non ne snatura l'essenza professionale, basata
sulla facoltatività di richiesta da parte del privato richiedente, e
dall'instaurarsi con questo di un vero e proprio rapporto di
clientela, anche se, ripetesi, a condizioni, quanto al compenso, diverse da quelle previste dalla tariffa degli onorari professionali.
Che le funzioni di polizia veterinaria, previste dal relativo
regolamento, e di vigilanza e profilassi svolta dai veterinari con
dotti comunali siano proprie del rapporto d'impiego o ad esso
connesse è altresì affermato proprio dalla sentenza di questa corte
(2 marzo 1976, n. 684, Foro it., 1976, I, 2967) che il ricorrente in
memoria richiama a sostegno della propria tesi circa il carattere
professionale delle attività elencate nella tariffa di discussione, e
che, invece, espressamente conferma l'inerenza di esse al rapporto
d'impiego, avendo essa, proprio muovendo da tale presupposto, escluso che rientrino fra le funzioni di istituto di veterinario
condotto e di quelle, ad esse collegate, di ufficiale governativo,
previste dall'art. 3 d. pres. n. 264/61, le differenti operazioni di
bonifica, previste da apposita normativa (legge 9 giugno 1964 n.
615) tant'è vero che, secondo la citata decisione, al veterinario
comunale è consentito sottrarvisi se i suoi compiti di istituto gli
impediscono di assicurare la continuità e tempestività del proprio intervento.
Non v'è dubbio che tutte le attività, cui si riferiscono i
compensi che formano oggetto della presente controversia, indica
te dai nn. da 5 a 28 della tariffa approvata il 3 gennaio 1972 del
veterinario provinciale di Napoli, debbano inquadrarsi nella prima
categoria di funzioni, in quanto attinenti ad attività di vigilanza
igienico sanitaria sugli animali, sulle carni, sul latte, espressamente
previste dai richiamati regolamenti (le cui specifiche disposizioni
sono infatti puntualmente citate in corrispondenza della maggior
parte delle voci di detta tariffa); regolamenti, questi, la cui
coessenziale funzione, quale inequivocabilmente si ricava, oltreché
dal loro titolo, dallo specifico contenuto delle singole disposizioni e dal loro insieme, è esclusivamente quella di disciplinare la
vigilanza e profilassi igienico-sanitaria sugli animali, sulle carni e
sul latte.
Tanto basta ad escludere che tali attività e prestazioni del
veterinario condotto possano essere ricondotte, come fermamente
sostiene l'istante sia nel ricorso che nella memoria, alla funzione
di assistenza di cui all'art. 4, 3° comma, e che possa quindi il
relativo compenso ritenersi di carattere professionale (sia pure a
tariffa speciale).
Tant'è che si è di recente ritenuto (Cass. 13 giugno 1979, n.
3335, id., Rep. 1979, voce Sanità pubblica, n. 104) che, proprio
perché trattasi di doverosa attività d'ufficio, inerente alla istitu
zionale funzione che il veterinario condotto è chiamato a svolge re, quale pubblico ufficiale sulla base di un rapporto di pubblico
impiego, in relazione ad essa non possa imporsi al privato interessato (essendo in realtà l'attività del veterinario e la relativa attestazione predisposta non nell'interesse del privato, bensì per la
tutela igienica e sanitaria della popolazione) il pagamento di
corrispettivo alcuno.
Non è questa la sede, esulando, anche sotto il profilo soggetti vo, dalla materia del contendere, e a maggior ragione dall'ambito
del giudizio di regolamento della giurisdizione, per stabilire se i
compensi di cui si discute siano o non imponibili a carico del
privato interessato; basta qui essere giunti alla conclusione che
l'attività cui questi ineriscono è quella svolta dal veterinario
condotto quale ufficiale governativo, e non quale professionista, e
che quindi non può condividersi il presupposto da cui muove il
ricorrente, che, cioè, in quanto svolti a remunerare prestazioni
professionali, quei compensi siano totalmente ed esclusivamente
propri del sanitario, e non possono, anche se si risolvano o si
concludano con la formazione di una certificazione o di una
attestazione, essere sottoposti alla trattenuta e alla ripartizione di
cui agli art. 61 e 62 t. u.
Orbene, una volta escluso, per quanto si è detto, che l'attività
in relazione alla quale i compensi in discussione vengono corri
sposti possa essere qualificata come professionale, ed inerendo
invece essa all'attività di vigilanza e profilassi propria del veteri nario comunale quale ufficiale governativo, e quindi agli specifici
obblighi ad esso facenti capo quale pubblico funzionario e pub blico impiegato, espressamente posti a suo carico in via generale dal 2° comma dell'art. 3, e poi specificati dalle disposizioni dei
regolamenti che disciplinano appunto la funzione di vigilanza,
puntualmente richiamate nella maggior parte delle voci della
tariffa, se proprie del rapporto di pubblico impiego devono
ritenersi le specifiche prestazioni del veterinario condotto, pari
menti ad esso attinenti devono ritenersi i relativi compensi,
aggiuntivi rispetto allo stipendio, tant'è che si discute se il loro
coacervo vada o meno contenuto entro il limite del 50% dello
stipendio posto dall'art. 62, 2° comma, t. u. delle leggi sanitarie:
il che comporta, almeno in astratto, la stretta correlazione, anche
sotto l'aspetto retributivo, al rapporto di pubblico impiego. Se poi, in effetti, i compensi in questione debbano essere o
meno riscossi dal comune, e se questo possa operare su di essi la
trattenuta di cui all'art. 61 t. u. (e, eventualmente, indi ridurne
l'ammontare complessivo a norma dell'art. 62) attiene al merito
della questióne, la cui cognizione spetta, per quanto si è detto, al
giudice amministrativo. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 21 ottobre
1980, n. 5673; Pres. Cutrupia, Est. Frisina, P. M. Nicita
(conci, conf.); Min. interno (Avv. dello Stato Ferri) c. Fantini
(Avv. U. Novelli). Conferma Trib. Bologna 30 marzo 1978.
Invalidi di guerra e del lavoro o per servizio — Invalidi civili —
Pensione — Minorati psichici — Spettanza (Cost., art. 38; legge 30 marzo 1971 n. 118, conversione in legge del d. l. 30 gen naio 1971 n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed in
validi civili, art. 2).
Hanno diritto alla pensione per gli invalidi civili anche coloro la
cui invalidità derivi da infermità esclusivamente psichica.(1)
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con sentenza 3
ottobre 1977 il Pretore di Modena, in funzione di giudice del
lavoro, dichiarava il diritto di Fantini Vincenzo, in quanto total
mente inabile al lavoro per sindrome schizoide, a conseguire (dal ministero dell'interno) la pensione prevista a favore dei mutilati ed invalidi civili, ex art. 12 legge 30 marzo 1971 n. 118.
Il ministero proponeva appello insistendo essenzialmente nelle eccezioni di base, di carattere processuale e sostanziale, disattese dal primo giudice.
La controversia non doveva essere trattata con il rito del
lavoro, essendo estranea a quelle contemplate dall'art. 442 cod.
proc. civ., e secondo le regole ordinarie non rientrava nelle
competenze per valore pretorile. La domanda era comunque infondata nel merito e doveva
essere respinta. Il Fantini, infatti, era affetto da malattia psichica non ricollega
bile a deficienze funzionali; la quale, nonostante comportasse totale inabilità al lavoro, non costituiva titolo, ai sensi della
invocata legge n. 118 del 1971 ed avendosi riguardo, in particola re, del dosposto di cui all'art. 2, per la concessione della richiesta
pensione.
L'appellante sosteneva, cioè, che dette norme, nel considerare in
genere mutilati ed invalidi civili, ai fini del determinato beneficio
assistenziale, i cittadini affetti da minorazioni congenite anche a carattere progressivo, in questo espressamente comprendeva gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere organico e dismeta
bolico, per deficienze mentali derivanti da déficit sensoriali o
funzionali, e perciò implicitamente escludeva i c. d. infermi psi chiatrici puri, quali i caretteriali, gli schizofrenici e tutti coloro la cui minorazione non fosse basata su un déficit organico.
Ma il Tribunale di Bologna, sez. lavoro, con sentenza del 30 marzo 1978 respingeva il gravame nei motivi che riproponevano le anzidette due eccezioni e confermava l'obbligo della pubblica amministrazione di corrispondere al Fantini la pensione di invali
dità civile.
(1) In senso conforme, v. Pret. Brescia 3 luglio 1975, Foro it., Rep. 1976, voce Invalidi, n. 6; Cass. 10 luglio 1978, n. 3464, id., Rep. 1978, voce Previdenza sociale, n. 438.
Trib. Venezia 23 marzo 1979, id., Rep. 1979, voce Invalidi, n. 3, afferma la necessità di interpretare estensivamente le norme concernenti gli inabili al lavoro per effetto dell'art. 3(j Cost., richiamato dalla sentenza che si riporta per evidenziare che risulterebbe viziata da incostituzionalità un'interpretazione che escludesse dall'assistenza i cit tadini affetti da una malattia psichica pura.
Nel senso che la schizofrenia costituisce fonte di invalidità pensiona bile, v. Pret. Roma 9 settembre 1978, ibid., n. 5; Trib. Firenze 10 settembre 1976, id., Rep. 1978, voce cit., n. 2; Pret. Bergamo 12 agosto 1976, ibid., voce Previdenza sociale, n. 469; ed in senso contrario: Cons. Stato, Sez. II, 29 ottobre 1974, n. 2077/73, ibid., n. 3.
Per l'affermazione della competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro sulle controversie relative al riconoscimento della pensione agli invalidi civili, contenuta nella motivazione della sentenza che si riporta, v. Cass. 15 luglio 1980, n. 4565, id., 1980, I, 3022, con nota di richiami.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Contro questa sentenza ricorre per cassazione il ministero
dell'interno, deducendo due mezzi di annullamento. Resiste il Fantini con controricorso e presenta anche memoria.
Motivi della decisione. — Con il primo mezzo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 442 cod. proc. civ. modif. dalla legge 11 agosto 1973 n. 533 in relazione agli art.
12, 13, 22 legge n. 118/1971 (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.). Sostiene che il citato art. 442 con la formula « ogni altra forma
di previdenza e di assistenza obbligatoria » si riferisce ai rapporti previdenziali che si riallacciano a rapporti di lavoro esauriti o in atto e che sono costituiti in previsione del possibile verificarsi di
eventi pregiudizievoli per il beneficiario, con l'intervento di tre
soggetti (assicuratore-assicurato-assicurante) e conclude che questi estremi non si ravvisano per la concessione della pensione ai
mutilati ed invalidi civili che non presuppone né un rapporto di lavoro né un rapporto assicurativo.
Il motivo è infondato. Invero, questa Suprema corte in caso
analogo ha già affermato che rientra senz'altro nella competenza per materia del pretore, in funzione di giudice del lavoro, la do
manda proposta nei confronti del ministero dell'interno, per il ri
conoscimento della pensione di invalidità, prevista appunto dall'art.
12 legge n. 118/1971 a favore dei mutilati ed invalidi civili (v. sen
tenza n. 319 del 16 gennaio 1979, Foro it., 1979, I, 643). E non ha
ragione il collegio di discostarsi dal principio affermato, dovendo
ribadire che l'art. 442, nuovo testo, che assoggetta alla disciplina del
rito del lavoro le controversie in materia di assistenza e previdenza
obbligatoria, con l'inciso « ogni altra forma di previdenza e di assi
stenza obbligatoria » ha chiaramente inteso estendere la sfera di ap
plicazione della norma a tutte indistintamente le controversie in
materia di previdenza ed assistenza obbligatoria, anche se non
riconducibili, come quelle in materia di pensione relative a
mutilati ed invalidi civili, ad un rapporto di lavoro, pregresso o
in atto, ed alla conseguente instaurazione di un rapporto assicura
tivo.
Con il secondo mezzo del ricorso si denuncia la violazione e
falsa applicazione degli art. 2, 12, 13 legge 30 marzo 1971 n. 118,
nonché difetto di motivazione sui punti decisivi della contro
versia.
Posto che l'art. 2 legge 118/1971 cit. prevede la titolarità del
diritto alla pensione a favore dei cittadini affetti da minorazioni
congenite od acquisite anche a carattere progressivo; compresi gli
irregolari psichici, per oligofrenia di carattere organico e dismeta
bolico, insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e fun
zionali, il ricorrente censura l'impugnata sentenza per aver ritenu
to che il suddetto diritto spettasse anche a chi, come il Fantini,
fosse inabile al lavoro per infermità di natura esclusivamente
psichica, osservando, in contrario, che la espressa indicazione
di alcune forme patologiche mentali assolve nel contesto della
norma in vigore alla stessa funzione logica che avevano nella
precedente legislazione le formule « non di natura psichica » (art. 5 legge n. 625 del 1966) e « non di natura esclusivamente
psichica » (art. unico legge n. 74 del 1970 a mod. art. 1 legge 743
del 1969), le quali seguivano parimenti ad una definizione di
carattere generale, e cioè di circoscrivere l'ambito di operatività della norma medesima. Sicché sarebbe stata una precisa scelta del
legislatore quella di deliminare il campo delle minorazioni ai
determinati effetti assistenziali, escludendo gli invalidi per infer
mità esclusivamente psichica, ancorché si trattasse di cittadini
minorati totalmente inabili al lavoro.
Neanche questo motivo è fondato. Osserva il collegio che la
tesi interpretativa prospettata dall'amministrazione, pur limitando
l'esame della norma in oggetto sulla base della sua dizione
letterale, non regge, e tanto meno regge sul piano logico, sistema
tico e teleologico, nonché su quello storico evolutivo della legge. Il testo della norma (l'art. 2 legge n. 118/1971) è il seguente:
« agli effetti della presente legge, si considerano mutilati ed
invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni congenite o acqui
site, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici
per oligofrenia di carattere organico o dismetabolico, insufficienze
mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali che abbiano
subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non
inferiore ad un terzo, se minore di anni 18, che abbiano difficoltà
persistenti a svolgere il compito e le funzioni proprie della loro
età. Sono esclusi gli invalidi per cause di guerra, di lavoro, di
servizio, nonché i ciechi ed i sordomuti per i quali provvedono altre leggi ».
Orbene, se si attribuisce al contenuto delle norme il senso fatto
palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione
di esse, si deve convenire con il tribunale bolognese che i malati
psichici, i quali certamente appartengono all'ampia categoria degli « affetti da minorazioni congenite o acquisite », non sono men
zionati nell'ultimo comma tra gli esclusi. Ed esclusi sono soltanto
gli invalidi per cause di guerra, di lavoro, di servizio, nonché i ciechi ed i sordomuti, in quanto per questi minorati provvedono altre leggi.
La norma richiama, per comprenderli espressamente, taluni minorati psichici e mentali (gli irregolari psichici per oligofrenia di carattere organico o dismetabolico) che forse considera meno
gravi od addirittura non altrimenti annoverabili di per sé tra i minorati come generalmente definiti nell'ampia categoria. Ma il richiamo con la parola « compresi » può essere pleonastico e semmai estensivo, in nessun caso limitativo.
Per quanto la lettera della legge non possa da sola fornire un criterio decisivo per l'identificazione dell'esatta portata di una norma giuridica, essa, tuttavia, è un fattore naturale, anzi primario del procedimento interpretativo, in quanto l'interpretazione lette rale o grammaticale deve bensì' essere sorretta, integrata e con fermata dall'indagine sull'intenzione del legislatore, ma non può essere pretermessa prescindendosi da quel « significato proprio delle parole secondo la connessione di esse » che l'art. 12 preleggi indica quale momento base del procedimento suddetto.
Ed in verità la tesi che si respinge è essa stessa fondata proprio su argomenti di natura strettamente letterale, salvo che essi
vengono tratti da un raffronto della disposizione di legge in
vigore con quelle della precedente legislazione sulla stessa mate
ria, raffronto peraltro del tutto parziale, perché non tiene conto dell'evoluzione estensiva e non restrittiva della disciplina partico lare.
Sul piano logico non sembra davvero che possa pervenirsi a diverso risultato.
Sostiene il ricorrente che, essendo il campo delle malattie
psichiche estremamente delicato ed incerto nei suoi confini, evi dentemente il legislatore ha voluto fissare un limite al riconosci
mento dell'invalidità da cause psichiche ed avrebbe cosi scelto di non considerare invalidi proprio i minorati psichici più gravi, tra i quali i soggetti affetti da schizofrenia, malattia mentale notoria mente tra le piti gravi che porta ad una profonda disgregazione della personalità.
È una presunzione di assoluta inattendibilità. L'art. 38 Cost,
prescrive che ogni cittadino inabile al lavoro ha diritto al mante
nimento ed all'assistenza sociale e qualora da tale diritto fossero
esclusi i cittadini affetti da una malattia psichica c. d. pura il
precetto costituzionale rimarrebbe disatteso.
Dunque è attendibile che il legislatore del 1971 abbia voluto attuare in pieno il precetto costituzionale estendendo l'assistenza dello Stato a tutti i cittadini affetti da minorazioni congenite od
acquisite, compresi e non esclusi i minorati psichici. Del resto il
complesso della legge n. 118 è volto ad allargare ed a migliorare la protezione degli invalidi, non a restringerla. Ed ancora esatto è il rilievo del Tribunale di Bologna che completa l'indagine sulla ratio legis: un criterio interpretativo storico evolutivo porterebbe il passaggio dalla esclusione delle infermità di natura psichica (art. 5 legge n. 25 del 1966) all'astensione alle infermità di natura non esclusivamente psichica (art. un. legge n. 74 del 1970) all'inclusione delle infermità psichiche (art. 2 legge n. 118 del
1971). Pertanto il ricorso va respinto. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 7 ottobre
1980, n. 5378; Pres. Sandulli, Est. Sensale, P. M. Antoci
(conci, conf.); Casillo (Avv. Vignola, Patano) c. Getreide
Import Gesellschaft mbH (Avv. Bettoni, Broggini). Conferma App. Bari 28 novembre 1977.
Delibazione — Sentenza arbitrale tedesca — Convenzione di New York 10 giugno 1958 — Applicabilità (Cod. proc. civ., art. 2, 807; legge 19 gennaio 1968 n. 62, adesione alla conven zione per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze ar bitrali straniere, adottata a New York il 10 giugno 1958 e sua esecuzione: convenzione, art. I, VII; legge 14 gennaio 1937 n. 106, approvazione della convenzione stipulata in Roma fra l'Italia e la Germania il 9 marzo 1936 per il riconoscimento e l'esecutorietà delle decisioni giudiziarie in materia civile e commerciale: convenzione, art. 8).
Arbitrato — Condizioni di validità del patto compromissorio per arbitrato estero — Forma scritta — Requisiti (Legge 19 gen naio 1968 n. 62: convenzione, art. II, V; cod. civ., art. 1341, 1342).
Il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze arbitrali pronuncia te tra cittadini italiani e cittadini tedeschi trova la sua discipli na nella convenzione di New York del 10 giugno 1958, ancor
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