sezione lavoro; sentenza 21 ottobre 1997, n. 10352; Pres. Pontrandolfi, Est. Ianniruberto, P.M.Fedeli (concl. conf.); Cassa nazionale previdenza ed assistenza forense (Avv. De Stefano) c. LaPaglia (Avv. Grande). Conferma Trib. Caltanissetta 15 settembre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 1957/1958-1961/1962Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192663 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tratto di locazione. Inoltre, si chiedeva disporsi la restituzione
in suo favore dell'immobile in relazione all'avvenuta esecuzione
dei lavori di riparazione o ricostruzione.
Con sentenza 24 maggio 1990 il pretore, ritenuto che il con
tratto di locazione era scaduto, quale vecchio contratto, nel 1985,
accoglieva la domanda e condannava i convenuti al rilascio.
La pronuncia veniva gravata dai soccombenti, che lamenta
vano che il primo giudice li aveva equiparati a degli occupanti abusivi ed invocavano, in ultima analisi, la norma di cui all'art.
4 ter d.l. 776/80, conv. nella 1. 874/80, in forza della quale essi avevano il diritto al rientro nell'immobile ristrutturato alla
fine delle relative opere. Resistevano i Farese, i quali rilevavano l'inammissibilità del
l'appello per mancanza di interesse, in quanto i Mangiusti ave
vano trasferito altrove la rivendita di tabacchi che esercitavano
nel locale in oggetto, e l'infondatezza nel merito del gravame, dato che il contratto era venuto a scadenza durante il tempo in cui i conduttori avevano continuato ad occupare l'immobile
senza pagare alcun canone dal novembre 1980. Osservavano, tra l'altro, che l'invocata norma dell'art. 4 ter, cit., si riferiva
ai soli alloggi destinati ad abitazione. Il Tribunale di Avellino con sentenza del 15 gennaio 1994
accoglieva l'appello e per l'effetto rigettava la domanda propo sta dagli attori con citazione del 7 luglio 1987.
Riteneva il giudice d'appello: a) che sussisteva l'interesse de
gli appellanti ad impugnare la sentenza, al fine di una più profi cua o meno costosa gestione della loro attività; b) che la quie scenza dei contratti di locazione nel periodo di inagibilità degli immobili — in base all'interpretazione complessiva degli art.
4 ter d.l. 776/80 e 5 quater 1. 456/81 — non è riferita soltanto
alle abitazioni, ma anche ai locali adibiti alle attività produtti ve; c) che gli appellanti Mangiusti avevano conseguentemente diritto di conservare il rapporto locativo per il periodo di dura
ta legale, detratto il periodo di sospensione dovuto alla rico
struzione (e cioè per altri anni cinque, mesi sette e giorni otto). Per la cassazione di tale decisione Farese Pasquale, in pro
prio e nella qualità, e gli altri hanno proposto ricorso. Hanno
resistito con controricorso i Mangiusti, che hanno altresì propo sto ricorso incidentale condizionato, cui hanno replicato i ricor
renti principali. Questi ultimi hanno pure depositato memoria.
Motivi della decisione. — Previamente i due ricorsi, principa le e incidentale, vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c., invol
gendo la medesima sentenza.
Quanto al ricorso principale, esso è impostato su due motivi.
Con il primo motivo, denunziando violazione e falsa applica zione dell'art. 100 e violazione dell'art. 112 c.p.c., i ricorrenti
deducono l'erroneità ed ultrapetizione della decisione del tribu
nale in ordine al ritenuto interesse dei Mangiusti ad impugnare la sentenza di primo grado.
Il motivo va disatteso. Al di là invero della motivazione ad
dotta nella specie dal giudice di appello, deve essere riconosciu
to l'interesse ad impugnare ogniqualvolta la sentenza abbia con
cretamente determinato per una parte una condizione di sfavore
a vantaggio della controparte. Sta di fatto, nel caso che occupa, che, a seguito dell'impu
gnazione dagli stessi proposta, il risultato della decisione di pri mo grado fu ribaltato in favore degli appellanti, che videro così
riconosciuto il diritto a continuare, per la durata legale, nella
locazione.
Esisteva, perciò, un'utilità giuridica che dall'eventuale acco
glimento del gravame poteva derivare agli appellanti, tale da
far ritenere sussistente il loro interesse ad impugnare la sentenza.
Con il secondo motivo, poi, i ricorrenti denunciano errata
interpretazione, violazione e falsa applicazione dell'art. 4 ter d.l.
776/80, conv. in 1. 874/80, e dell'art. 5 quater d.l. 333/81, conv. in 1. 456/81, nonché dell'ordinanza del commissario straordina
rio del governo 466/81.
Deducono che il contratto di specie si concluse irrimediabil mente il 30 marzo 1987; che impropriamente è richiamata dal
tribunale la norma dell'art. 5 quater d.l. 331/81; che la norma
dell'art. 4 ter d.l. 776/80 — che prevedeva la conservazione del
rapporto solo per il caso di urgenti lavori di riattazione, com
portanti un temporaneo allontanamento del conduttore dall'al
loggio, e non per i casi in cui, come quello in esame, la gravità
dei danni impone la demolizione dell'immobile, in vista di una
sua ricostruzione — riguarda le sole locazioni di immobili desti
nati ad abitazione.
Il Foro Italiano — 1998.
Il motivo, in tale sua finale assorbente prospettazione, è
fondato.
La norma dell'art. 4 ter d.l. 776/80, che consente la conser
vazione del rapporto locativo per il tempo necessario all'esecu
zione di opere di urgente riattazione, conseguenti a calamità
naturale (terremoto) riguarda, invero, le sole locazioni di im
mobili destinati ad abitazione, come si desume dalla lettura del
la norma stessa.
Dispone questa, infatti, che «il locatario di immobili dichia rati inagibili, per i quali occorrono opere urgenti di riattazione, ha diritto a conservare il rapporto locatizio anche se è costretto
ad allontanarsi temporaneamente dall'alloggio». Attesa dunque la correlazione del termine «immobili» con il
termine «alloggio», nonché la ratio della norma, non corrispon de ad una esatta interpretazione logico-sistematica della stessa
ipotizzare e ritenere che il legislatore, usando il termine «immo
bili» abbia voluto genericamente riferirsi a tutti gli immobili, ovvero anche a quelli destinati ad uso diverso da quello abitati
vo, essendo viceversa evidente che la conservazione del rappor to è stata prevista solo per gli immobili destinati ad abitazione, com'è dimostrato dall'uso successivo, esplicativo, rispetto al ter
mine iniziale di «immobili», del termine «alloggio». In pratica, nella sua concreta finalità, la normativa de qua
è volta a conservare il rapporto di locazione allo scopo di assi
curare le esigenze abitative temporaneamente e forzosamente in
terrotte per l'esecuzione di urgenti lavori in conseguenza della
detta calamità naturale.
Il secondo motivo va, pertanto, come sopra accolto.
Passando al ricorso incidentale, lo stesso si basa su un unico
motivo, con il quale si denunzia violazione dell'art. 112 c.p.c.,
per essere stata pronunciata la cessazione del rapporto di loca
zione, mentre con la domanda introduttiva del giudizio si dedu
ceva la detenzione senza titolo dell'immobile. Si assume, quin
di, che il rigetto della domanda per inammissibilità ed infonda tezza avrebbe inibito al tribunale ogni esame e decisione sulla
durata del contratto di locazione.
Il motivo è infondato, giacché, spettando la qualificazione della domanda al giudice, è da ritenere che, sulla base degli elementi a sua disposizione, il pretore reputò trattarsi, in con
creto, di domanda di cessazione di locazione.
Conclusivamente, va accolto il secondo motivo del ricorso
principale e rigettato il primo, nonché il ricorso incidentale. Con
seguentemente la sentenza va cassata in relazione al motivo ac
colto e la causa rinviata, per nuovo esame, alla stregua delle
esposte considerazioni, ad altra sezione del Tribunale di Avellino.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 21 otto
bre 1997, n. 10352; Pres. Pontrandolfi, Est. Ianniruberto, P.M. Fedeli (conci, conf.); Cassa nazionale previdenza ed
assistenza forense (Aw. De Stefano) c. La Paglia (Aw. Gran
de). Conferma Trib. Caltanissetta 15 settembre 1994.
Avvocato — Previdenza forense — Retrodatazione dell'iscrizio
ne alla cassa — Pensione di vecchiaia — Decorrenza (L. 20
settembre 1980 n. 576, riforma del sistema previdenziale fo
rense, art. 1, 29; 1. 11 febbraio 1992 n. 141, modifiche ed
iptegrazioni alla 1. 20 settembre 1980 n. 576, in materia di previdenza forense e di iscrizione alla Cassa nazionale di pre videnza ed assistenza per gli avvocati e procuratori, art. 12).
Nel caso di domanda di iscrizione retroattiva o di retrodatazio
ne degli effetti della iscrizione alla Cassa nazionale di previ denza forense, quando in conseguenza di tale domanda l'i
scritto raggiunga i trenta anni di iscrizione e contribuzione,
il diritto alla pensione di vecchiaia si matura alla data del
compimento del sessantacinquesimo anno di età e non già
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1959 PARTE PRIMA 1960
dalla domanda, che sia posteriore a tale evento, proposta ai
sensi dell'art. 29 l. 576/80. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore del lavo
ro di Caltanissetta l'avv. Calogero La Paglia esponeva di aver
chiesto, in data 26 maggio 1992 alla Cassa nazionale di previ denza ed assistenza a favore degli avvocati e procuratori (ora denominata Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense) la retrodatazione, in forza dell'art. 12 1. 141/92, degli effetti
della sua iscrizione per gli anni 1961, 1962 e 1963, versando
a tal fine la somma di lire 5.530.000 e che, avendo poi richiesto
il trattamento pensionistico, lo stesso gli era stato concesso non
dal primo mese successivo al raggiungimento del sessantacin
quesimo anno di età, ma dalla successiva data di presentazione della domanda di retrodatazione.
Sulla base di tali premesse, chiedeva la condanna della cassa
al pagamento dei ratei di pensione non corrisposti dal maggio 1991.
Il pretore, con sentenza 29 marzo 1994, accoglieva la domanda.
A seguito di appello della cassa, il Tribunale di Caltanissetta, con sentenza 8 luglio-15 settembre 1994, rigettava il gravame,
ponendo a carico della parte soccombente le spese del giudizio. Osservava il tribunale che l'art. 12 1. 141/92 aveva riaperto
i termini, di cui all'art. 29 d.p.r. 576/80 per consentire la retro
datazione delle iscrizioni alla cassa, senza porre alcuna distin
zione tra chi avesse o meno raggiunto il sessantacinquesimo an
no di età, così che il diritto alla pensione sorgeva con il rag
giungimento di quella età, non emergendo dal complesso della
normativa un intento di spostare la decorrenza di quel tratta
mento per coloro che, a quella età, non potevano far valere
trenta anni di iscrizione alla cassa; che con la richiesta di retro
datazione e con il pagamento del contributo previsto si realizza
va attraverso una specie di fictio iuris la iscrizione trentennale
richiesta.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre la cassa con un uni
co articolato motivo. L'avv. La Paglia resiste con controricor
so. Le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico motivo di ricorso — denunziando erronea interpretazione dell'art. 12 1. 141/92
e/o violazione dell'art. 1, 2° comma, e dell'art. 2, 1° comma
1. 576/80, nonché contraddittorietà di motivazione — la ricor
rente (dopo aver rilevato che l'avv Paglia, alla data del raggiun
gimento del sessantacinquesimo anno di età, non aveva matura
to il diritto alla pensione per la mancata effettiva iscrizione e
contribuzione trentennale alla cassa, né si era avvalso della fa
coltà già prevista dall'art. 29 1. 576/80) sostiene che il tribunale
(1) Non constano precedenti specifici alla previdenza dei liberi pro fessionisti.
Il problema relativo alla efficacia e decorrenza della contribuzione versata a seguito di domanda di retrodatazione di iscrizione alla cassa (ed affrontato dalla riportata sentenza) è comune anche alle altre forme di riscatto consentite nella previdenza forense (es., servizio militare, laurea, praticantato).
Anche se con riferimento all'assicurazione generale obbligatoria, il problema dell'efficacia retroattiva o meno della contribuzione riscattata è stato risolto (Cass., sez. un., 28 marzo 1995, n. 3667, Foro it., Rep. 1995, voce Previdenza sociale, n. 880) nel senso che il riscatto ha effet to non già dal momento della presentazione della relativa domanda, ma da quello di decorrenza della pensione, considerato che i contributi dovuti per il riscatto partecipano della stessa natura dei contributi ob bligatori, volontari e figurativi ai fini dell'anzianità assicurativa e con tributiva.
Sulla decorrenza della pensione di vecchiaia nella previdenza forense, Cass. 9 marzo 1996, n. 1904, id., 1997, I, 908, e Giusi, civ., 1997, I, 205, con nota di Scarlatelli, Brevi note in tema di pensione di vecchiaia nel sistema previdenziale forense.
In ordine agli effetti della domanda amministrativa sulla decorrenza (ed insorgenza) del diritto a pensione, Cass. 3 giugno 1987, n. 4854, Foro it., 1987, I, 2017; 11 dicembre 1991, n. 13354, id., Rep. 1991, voce Professioni intellettuali, n. 157.
Per la manifesta infondatezza della questione di legittimità costitu zionale delle norme che prevedono l'onerosità dei riscatti (e delle ricon giunzioni dei diversi periodi assicurativi), Cass. 17 maggio 1997, n. 4409, id., 1997, I, 1742, con nota di L. Carbone, I riscatti nella previdenza dei liberi professionisti.
Sulla previdenza dei liberi professionisti in generale, L. Carbone, La tutela previdenziale dei liberi professionisti, Utet, Torino, 1998, e, specificamente in tema di retrodatazione, 296.
Il Foro Italiano — 1998.
ha erroneamente interpretato il sistema complessivo di questa stessa legge, non avendo ricercato quando si era verificato «l'e
vento» della «effettività» della retrodatazione della iscrizione
e contribuzione di trenta anni, dopo di che sarebbe sorto il di
ritto alla pensione. Orbene, in questo contesto, la presentazione della domanda di retrodatazione è una condicio facti caratteriz
zata dall'incertezza dell'evento futuro (valutazione di opportu nità da parte dell'interessato, stante l'onerosità della domanda
stessa in rapporto ai benefici conseguenti), mentre il pagamento della contribuzione costituisce la condicio iuris della domanda
di retrodatazione, con la conseguenza che solo dopo l'avvenuto
pagamento sorge il diritto alla pensione: di fronte a tutto que
sto, la cassa ha sempre considerato il pagamento alla stregua di una condizione sospensiva della domanda di retrodatazione, ritenendone sospesa l'efficacia fino al verificarsi della condizio
ne suddetta, facendo così decorrere il trattamento del primo
giorno del mese successivo alla presentazione della domanda.
Con la memoria del 14 maggio 1997 ha posto l'accento sul
fatto che, se non fosse intervenuta la 1. n. 141, l'aw. Paglia non avrebbe potuto chiedere la pensione e che ha dovuto atten
dere la riapertura dei termini ad opera di quella legge, senza
della quale al compimento del sessantacinquesimo anno era già decaduto dalla facoltà di avvalersi del riscatto, di cui all'art.
29 d.p.r. n. 576; che lo stesso professionista non si era nemme
no avvalso della riapertura dei termini disposta con l'art. 3 1.
2 maggio 1983 n. 175, per cui, in ipotesi di mancata continua
zione dell'attività forense, se non fosse intevenuta la 1. n. 141, avrebbe potuto solo chiedere la restituzione dei contributi ver
sati: sulla base di tali considerazioni, la parte ricorrente riaffer
ma che, nel sistema vigente, il diritto alla pensione non può
sorgere al compimento dell'età richiesta, quando non ricorra
il requisito della iscrizione e contribuzione per trenta anni.
2. - Il ricorso è infondato. L'art. 29 d.p.r. 20 settembre 1980
n. 576 ha concesso la facoltà agli avvocati, ai procuratori ed
ai praticanti abilitati al patrocinio, che abbiano esercitato con carattere di continuità la professione o il praticantato a norma
dell'art. 2 1. 22 luglio 1975 n. 319, di chiedere «l'iscrizione con
effetto retroattivo o la retrodatazione degli effetti dell'iscrizio
ne, se già iscritti, risalendo al massimo all'iscrizione agli albi
e ai registri dei praticanti e comunque non oltre il 1952». Il
termine per presentare la relativa istanza, inizialmente fissato entro un anno dall'entrata in vigore della legge stessa, è stato
riaperto (dopo che questo era avvenuto con l'art. 3 1. 2 maggio 1983 n. 175) con l'art. 12 1. 11 febbraio 1992 n. 141 e portato ad un anno dall'entrata in vigore di questa nuova legge.
Orbene, l'interrogativo posto dal ricorso circa la decorrenza del trattamento di pensione, quando il professionista iscritto al la cassa si avvalga della facoltà di chiedere la retrodatazione, ad avviso della corte ha trovato una corretta risposta nella sen tenza impugnata.
L'art. 1, 2° comma, del richiamato d.p.r. n. 576 espressa mente fa decorrere il diritto alla pensione di vecchiaia «dal pri mo giorno del mese successivo al verificarsi dell'evento, da cui nasce il diritto», evento che, come emerge dall'art. 2, 1° com
ma, è costituito dal compimento del sessantacinquesimo anno di età (cfr. Cass. 9 marzo 1996, n. 1904, Foro it., 1997, I, 908). Vero è che la norma testé citata aggiunge anche «dopo almeno trenta anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla cassa», ma in relazione a questo requisito l'art. 29 dispone che l'iscritto
possa — entro il termine di un anno dell'entrata in vigore dello stesso d.p.r., termine che è stato riaperto con la 1. 141/92 —
chiedere «l'iscrizione con effetto retroattivo o la retrodatazione
degli effetti dell'iscrizione», espressioni queste che devono esse re necessariamente intese nel senso che, osservati gli adempi menti previsti dallo stesso art. 29, l'iscrizione si colloca nel tem
po in un periodo che non è già quello in cui la domanda è stata presentata e tanto meno in quello in cui l'interessato abbia
provveduto al pagamento del contributo dovuto: se così non
fosse, non si comprende quale senso avrebbe l'esplicita menzio ne dell'effetto retroattivo. Collegando allora l'art. 1 — che fa
sorgere il diritto alla pensione al verificarsi dell'evento — e l'art. 2 — che fissa questo evento nel raggiungimento del sessantacin
quesimo anno di età — con l'art. 29 — che fa retroagire l'iscri zione e gli effetti in questa in favore di coloro che, pur avendo esercitato la professione o il praticantato forense, non siano stati iscritti alla cassa negli anni tra il 1952 ed il 1980 — non
può che trarsi la conclusione, alla quale è pervenuto il giudice
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
del merito. In altre parole, pur se l'art. 2 richiede il concorso
di due elementi, nel momento che la stessa legge consente di
ottenere la retrodatazione dell'iscrizione e fa sorgere il diritto
alla pensione per il solo fatto che sia stata raggiunta l'età previ sta (e senza che sia nemmeno richiesta la domanda dell'interes
sato, così come emerge dalla lettera dell'art. 1), non si vede
come si possa ritenere che il diritto in questione possa venire
ad esistenza da un evento (domanda di retrodatazione), che dal
sistema descritto il legislatore non ha preso in considerazione, avendo al contrario chiaramente previsto gli effetti della retro
datazione dell'iscrizione.
Questa soluzione, lungi dal costituire un'anomalia, è l'espres sione di una linea di tendenza del vigente sistema previdenziale, nel quale comincia a delinearsi un generale principio di retroda
tazione degli effetti degli atti di recupero di periodi suscettibili
di tardiva copertura assicurativa, ovvero di coincidenza tra col
locazione temporale dei contributi e decorrenza dei relativi effetti.
Significativo è al riguardo l'art. 13 1. 12 agosto 1962 n. 1338
che al 3° comma dispone che, costituita la rendita nel caso di
omissione contributiva, la stessa «integra con effetto immediato
la pensione già in essere». Allo stesso risultato si perviene, ai
sensi degli art. 50 e 51 1. 30 aprile 1969 n. 153, quanto agli effetti del riscatto dei periodi di lavoro all'estero (Cass., sez.
un., 28 maggio 1995, n. 3667, id., Rep. 1995, voce Previdenza
sociale, n. 880); nel caso di ricongiunzione dei periodi assicura
tivi ai sensi degli art. 1 1. 7 febbraio 1979 n. 29 e 16 1. 23 aprile 1981 n. 155; nella riliquidazione della pensione Inps, ai
sensi dell'art. 5 d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488 (ove sia richiesto
il riconoscimento di contributi figurativi per periodi anteriori
alla data di decorrenza della pensione): in tutte queste ipotesi
gli effetti si verificano non dalla data della domanda di ricon
giunzione o di riliquidazione, bensì dai periodi ai quali le posi zioni assicurative si riferiscono.
In definitiva, ritiene la corte di poter affermare il seguente
principio di diritto: «nel caso di domanda di iscrizione retroat
tiva o di retrodatazione degli effetti dell'iscrizione alla Cassa
nazionale di previdenza forense, quando in conseguenza di tale
domanda l'iscritto raggiunga i trent'anni di iscrizione e contri
buzione, il diritto alla pensione di vecchiaia si matura al compi mento del sessantacinquesimo anno di età e non già dalla do
manda, che sia posteriore a tale evento, proposta ai sensi del
l'art. 29 d.p.r. 20 settembre 1980 n. 576 e dell'art. 12 1. 11
febbraio 1992 n. 141».
3. - Il ricorso deve essere quindi rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 6 otto
bre 1997, n. 9701; Pres. Iannotta, Est. Perconte Licatese, P.M. Cafiero (conci, conf.); Capelli (Avv. Ciaffi, Capozzo
ii) c. Soc. Teodora (Aw. F. Zucconi Galli Fonseca). Con
ferma Trib. Bologna 23 febbraio 1995.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso abitati
vo — Disdetta — Termine a ritroso — Computo (Cod. civ., art. 2963; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni
di immobili urbani," art. 3).
Nelle locazioni di immobili urbani ad uso abitativo, la comuni
cazione della disdetta prevista dall'art. 3 l. 392/78 è tempesti va ove pervenga al conduttore nel giorno del mese di scaden
za corrispondente a quello del mese iniziale. (1)
(1) Con la odierna sentenza la Suprema corte applica all'ipotesi della
disdetta del contratto di locazione il principio generale in tema di com
puto del tempo dettato dall'art. 2963, 4° comma, c.c., secondo il quale i termini mensili o annuali scadono, indipendentemente dall'effettivo
numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del gior no del mese di scadenza corrispondente a quello del mese iniziale; in
Il Foro Italiano — 1998.
Svolgimento del processo. — La s.a.s. Teodora intimava a
Capelli Mirco, conduttore di un suo appartamento, lo sfratto
per finita locazione alla data del 1° gennaio 1992, a norma del
l'art. 58, lett. e), 1. 27 luglio 1978 n. 392, giusta disdetta del
28 giugno 1991, convenendolo innanzi al Pretore di Bologna
per la convalida.
L'intimato eccepiva che la disdetta, pervenutagli il 1° luglio
1991, era tardiva, onde la tacita rinnovazione del contratto, che, in subordine, sarebbe scaduto il 24 settembre 1993 ai sensi del
l'art. 65 1. cit.
Il pretore dichiarava il contratto scaduto il 1° gennaio 1992
e fissava per l'esecuzione del rilascio la data del 31 maggio 1994.
Appellava il Capelli, assumendo che il primo giudice aveva
erroneamente prorogato di diritto, in quanto festivo, il termine
finale della disdetta di cui all'art. 59 della legge, perché tratta
vasi nella specie di un «termine processuale libero c.d. a ritro
so». L'appellata resisteva al gravame che il tribunale, con la
sentenza ora impugnata, emessa il 21-23 febbraio 1995, rigettava. Ricorre il Capelli con due motivi, cui resiste con controricor
so l'intimata.
Motivi della decisione. — Col primo motivo, denunciando
la falsa applicazione dell'art. 59, 1° comma, 1. 27 luglio 1978
n. 392, in relazione agli art. 155 c.p.c. e 2963 c.c., il ricorrente
sostiene che, escludendo dal computo a ritroso, secondo i prin
cipi generali, il dies a quo (1° gennaio 1992) e includendo nel
semestre, in quanto dies ad quem, il 1° luglio 1991, il termine
per la comunicazione della disdetta sarebbe scaduto il 30 giu
gno 1991, che però era domenica, di guisa che la scadenza, a
norma dell'art. 155, ultimo comma, c.p.c., dovrebbe anticiparsi al giorno che precede il dì festivo, ossia, in definitiva, al 29
giugno 1991.
Col secondo motivo, denunciando il vizio di omessa o insuf
ficiente motivazione, il ricorrente deduce che la corte di appello ha negato la natura «a ritroso» del termine de quo, affermata
costantemente dalla giurisprudenza di merito e di legittimità,
tal senso, sebbene riguardo ad ipotesi diverse da quella decisa nella
pronunzia di cui sopra, v. Cass. 9 agosto 1996, n. 7386, Foro it.. Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 512; 25 giugno 1987, n. 5607, id., Rep. 1987, voce Termini processuali civili, n. 4; 27 gennaio 1987, n.
757, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 2916; 8 febbraio 1985, n. 1029, id., Rep. 1985, voce cit., n. 890; 1° giugno 1983, n. 3758, id., Rep. 1983, voce Impugnazioni civili, n. 56; 27 novembre 1979, n. 6215, id., Rep. 1979, voce Termini processuali civili, n. 2; 5 luglio 1979, n. 3832, id., 1980, I, 2228, in motivazione. Nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Ferrara 20 giugno 1991, id., Rep. 1992, voce Impugnazioni civili, n. 26; Pret. Palermo 5 maggio 1990, id., Rep. 1990, voce Termini pro cessuali civili, n. 4; Pret. Milano 24 novembre 1988, id., Rep. 1989, voce Locazione, n. 210.
Sullo specifico tema di cui alla pronunzia qui applicata, v. invece, nella giurisprudenza di merito, implicitamente in senso conforme, Pret. Milano 16 luglio 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n. 208, e Arch, loca
zioni, 1988, 188, nonché Pret. Monza 23 ottobre 1986, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 249, e Arch, locazioni, 1986, 693. Contra, App. Bari 28 novembre 1988, Foro it., 1990, I, 1588, con nota di A. Cappa
bianca, che ritiene applicabile al termine de quo la regola dies a quo non computatur, dies ad quem computatur in termine, con la conse
guenza che il giorno — corrispondente al giorno del mese iniziale —
del sesto mese precedente, a norma dell'art. 2963, 4° comma, c.c., è considerato non più utile ai fini dell'osservanza del termine in questione.
Nonostante la ritenuta inapplicabilità alla fattispecie del detto princi pio, comunque, la motivazione della sentenza in epigrafe provvede a
puntualizzare come, nell'ipotesi che ci occupa, si sia in presenza di un termine c.d. «a ritroso», ossia di un termine nel quale quello che si suole indicare come il dies ad quem diviene il dies a quo, a cominciare dal quale il termine si fa decorrere all'indietro. In relazione a ciò, si afferma anche che se, in tal caso, il termine scade in giorno festivo, esso è anticipato di diritto al primo giorno precedente non festivo, in
ossequio al principio di cui agli art. 2963 , 3° comma, c.c. e 155, 4°
comma, c.p.c., applicabile anche ai termini quali quelli dei quali si di scute. In tal senso, v. Cass. 29 novembre 1977, n. 5187, id., 1978, I, 2011; in senso contrario, v., invece, Pret. Milano 16 luglio 1987, cit., secondo la quale, in forza della prima di dette disposizioni, il ter
mine dovrebbe essere prorogato al primo giorno seguente non festivo. Sul tema della mancanza, nel mese di scadenza, del giorno corrispon
dente a quello del mese iniziale, v. Pret. Monza 23 ottobre 1986, cit., dove si precisa che, nell'ipotesi in cui il giorno corrispondente a quello del mese iniziale esista in quello di scadenza, la regola di cui all'art.
2963, ultimo comma, non è in nessun caso destinata a trovare appli cazione.
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