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sezione lavoro; sentenza 22 gennaio 1999, n. 612; Pres. Sommella, Est. Cataldi, P.M. Dettori (concl....

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sezione lavoro; sentenza 22 gennaio 1999, n. 612; Pres. Sommella, Est. Cataldi, P.M. Dettori (concl. conf.); Cassa nazionale del notariato (Avv. Pinnarò) c. Bonvicini (Avv. Cappellaro). Conferma Trib. Vicenza 9 maggio 1995 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 2 (FEBBRAIO 1999), pp. 469/470-475/476 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192821 . Accessed: 25/06/2014 00:55 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.51 on Wed, 25 Jun 2014 00:55:13 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 22 gennaio 1999, n. 612; Pres. Sommella, Est. Cataldi, P.M. Dettori(concl. conf.); Cassa nazionale del notariato (Avv. Pinnarò) c. Bonvicini (Avv. Cappellaro).Conferma Trib. Vicenza 9 maggio 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 2 (FEBBRAIO 1999), pp. 469/470-475/476Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192821 .

Accessed: 25/06/2014 00:55

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

l'autorizzazione stessa da dichiarare, senza alcun margine di di

screzionalità, dall'Isvap con provvedimento da pubblicarsi nella

Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, con la conseguenza che le domande dirette ad accertare l'avvenuto esercizio di tale

diritto, l'obbligo della dichiarazione di decadenza e le conse guenze derivanti da tale mancata dichiarazione sono devolute

alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria e con l'ulte riore conseguenza che sono devolute allo stesso giudice le do

mande con le quali si chiede la declaratoria di inesistenza del

decreto ministeriale di revoca dell'autorizzazione e di sottoposi zione dell'impresa alla liquidazione coatta amministrativa di cui

agli art. 67 ss. dello stesso decreto, pronunciato successivamen

te all'intervenuta rinuncia all'esercizio, nonché l'accoglimento di domande risarcitone dei danni subiti a seguito di tale decre

to, trattandosi di provvedimento adottato in assoluta carenza

di potere, non sussistendo il potere di revoca una volta manife

stata la volontà di rinunciare all'autorizzazione.

5. - Con la memoria, i ricorrenti hanno chiesto la condanna

dei controricorrenti per responsabilità aggravata ai sensi del

l'art. 96 c.p.c., nonché la cancellazione delle espressioni sconve

nienti ed offensive contenute nel controricorso e specificamente richiamate.

La domanda ex art. 96 c.p.c. va respinta non ravvisandosi, nella resistenza della difesa erariale, alcuna mala fede o colpa

grave, attesa la novità delle questioni prospettate. Va parimenti rigettata la domanda ex art. 89 c.p.c. non sussi

stendo nelle espressioni riportate dai ricorrenti gli estremi della

sconvenienza e della offensività, ma, al massimo, della loro estra

neità ai fini della decisione della questione sottoposta a questa corte.

6. - Va, pertanto, dichiarata la giurisdizione dell'autorità giu diziaria ordinaria e vanno rigettate le domande formulate dai

ricorrenti ai sensi degli art. 96 e 89 c.p.c.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 22 gen naio 1999, n. 612; Pres. Sommella, Est. Cataldi, P.M. Det

tori (conci, conf.); Cassa nazionale del notariato (Aw. Pin

narò) c. Bonvicini (Aw. Cappellaio). Conferma Trìb. Vi

cenza 9 maggio 1995.

Professioni intellettuali — Indennità di maternità — Astensione

iniziata prima dell'entrata in vigore della 1. 379/90 — Decor

renza (L. 11 dicembre 1990 n. 379, indennità di maternità

per le libere professioniste, art. 1). Professioni intellettuali — Indennità di maternità — Astensione

dal lavoro — Necessità — Esclusione (L. 11 dicembre 1990

n. 379, art. 1). Professioni intellettuali — Indennità di maternità — Partecipa

zione in associazione professionale — Determinazione (L. 11

dicembre 1990 n. 379, art. 1). Previdenza e assistenza sociale — Crediti previdenziali — Tar

divo pagamento — Interessi legali e rivalutazione — Cumulo — Limiti (L. 30 dicembre 1991 n. 412, disposizioni in materia di finanza pubblica, art. 16).

In caso di astensione iniziata prima dell'entrata in vigore della

l. 11 dicembre 1990 n. 379, l'indennità di maternità spetta alla libera professionista (nella specie, notaio) solo per la fra zione del periodo di maternità successivo all'entrata in vigore

(31 dicembre 1990) della legge che l'ha istituita. (1)

(1-4) I. - Sulla prima massima, cfr. Pret. Bologna 2 maggio 1995, Foro it., Rep. 1997, voce Avvocato, n. 222. Per la prassi amministrati

va, circ. ministero lav. prot. 10/93/50413. In dottrina, L. Carbone, La tutela previdenziale dei liberi professionisti, Torino, 1998, 279 ss.

Sul tema affrontato dalla riportata sentenza (prima massima), occor

II Foro Italiano — 1999.

L'indennità di maternità prevista dall'art. 11. 11 dicembre 1990

n. 379 spetta alla libera professionista (nella specie, notaio)

indipendentemente dalla effettiva astensione dal lavoro. (2) In caso di partecipazione ad un'associazione professionale, la

misura dell'indennità di maternità spettante alla libera pro

fessionista, è rapportata al reddito percepito e denunciato ai

fini fiscali dalla libera professionista nel secondo anno prece dente a quello della domanda. (3)

In caso di tardivo adempimento di crediti previdenziali maturati

anteriormente al 1° gennaio 1992, gli interessi legali si cumu

lano con la rivalutazione monetaria. (4)

re evidenziare come a decorrere dal 1° gennaio 1991 (art. 1 1. 375/90) i soggetti beneficiari dell'indennità di maternità sono le professioniste iscritte ad una delle casse di previdenza categoriali (agli effetti della

corresponsione dell'indennità di maternità si intendono iscritti alla cas sa categoriale le professioniste che abbiano fatto pervenire alla cassa medesima regolare domanda di iscrizione, alla condizione che la do manda sia accolta). L'indennità di maternità spetta anche nel caso di

presentazione di domanda di iscrizione alla cassa posteriore al momen to del parto, ma con effetto retroattivo (si deve avere riguardo al mo mento di efficacia dell'iscrizione e non al momento di presentazione della domanda: Pret. Vicenza 4 ottobre 1995, Foro it., Rep. 1997, voce

cit., n. 221). Il diritto all'indennità di maternità decorre dal 1° gennaio 1991, sem

preché la professionista sia iscritta alla cassa categoriale; perché in caso di ritardata iscrizione alla cassa, l'indennità di maternità può essere riconosciuta solo per la frazione di periodo posteriore alla data di iscri zione. Ne consegue che in caso di evento tutelabile verificatosi «a caval lo» dell'entrata in vigore della 1. 379/90 (com'è per la fattispecie esami nata dalla riportata sentenza), l'indennità di maternità spetta solo per la frazione del periodo di maternità tutelabile successivo all'entrata in

vigore della legge che l'ha istituita. II. - Con riferimento alla seconda massima, cfr. Pret. Piacenza 27

febbraio 1997, ibid., voce Notaio, n. 80. La Cassazione, con tre senten ze (oltre a quella in epigrafe, Cass. 21 novembre 1998, n. 11818, id., Mass., 1243, e 21 novembre 1998, n. 11817, ibid., 1242) emesse a breve distanza (e con identico collegio e relatore) ribadisce quanto affermato da Corte cost. 29 gennaio 1998, n. 3, id., 1998, I, 664, con nota di richiami (e Giust. civ., 1998, I, 1203, con nota critica di M. Cinelli, Indennità di maternità e lavoro libero professionale, il quale prospetta ulteriori «dubbi» di legittimità costituzionale della norma, in riferimen to all'art. 38 Cost.) in ordine al diritto, per le libere professioniste, all'indennità di maternità, anche in ipotesi di svolgimento di attività

professionale durante i due mesi precedenti la data presunta del parto ed i tre mesi successivi alla data effettiva del parto.

La riportata sentenza (e le altre due citate) si evidenzia perché fa

espresso riferimento — ai fini della erogazione dell'indennità di mater nità — a tutte le libere professioniste, affermando che la normativa

riguarda non solo le notaie, ma tutte le libere professioniste iscritte alle casse di previdenza e assistenza (le casse e gli enti di previdenza per gli avvocati, i farmacisti, i veterinari, i medici, i geometri, gli spor tivi, i dottori commercialisti, gli ingegneri, gli architetti, i ragionieri, i periti commerciali, i consulenti del lavoro) per le quali non può che valere un'unica interpretazione della legge.

In dottrina, sul tema affrontato nella seconda massima, L. Carbone, La tutela previdenziale dei liberi professionisti, cit., 282; G. Pera, In dennità di maternità senza danno?, in Riv. it. dir. lav., 1998, II, 231; M. Miscione, La maternità per le donne professioniste, in Lavoro giur., 1998, 465; V. Lipari, Una questione nuova in tema di indennità di maternità: libera professionista iscrittasi alla cassa di previdenza duran te il periodo tutelato, in Informazione prev., 1994, 591.

III. - Sulla terza massima non constano precedenti specifici. In ordi ne ai criteri di determinazione dell'indennità di maternità per le lavora trici autonome in generale, v. Cass. 7 ottobre 1997, n. 9733, Foro it.. Rep. 1997, voce Previdenza sociale, n. 667. In dottrina, L. Carbone, La tutela, cit., 281 ss.

In ordine ai criteri per la determinazione dell'indennità di maternità, occorre evidenziare che la misura dell'indennità di maternità di cui alla 1. 379/90, è pari all'ottanta per cento di cinque dodicesimi del reddito

percepito e denunciato ai fini fiscali dalla libera professionista nel se condo anno precedente quello della domanda (art. 1, 2° comma, 1.

379/90). In ogni caso l'indennità non può essere inferiore a cinque men silità di retribuzione calcolata nella misura pari all'ottanta per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall'art. 1 1. 537/81, e successi ve modificazioni, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato, dalla tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al 2° comma del medesimo articolo (art. 1, 3° comma, 1. 379/90): trattasi, in pratica, della retribuzione minima imponibile ai fini contributivi dell'impiegato degli studi professionali.

Nel caso di contemporanea iscrizione a due enti di previdenza per liberi professionisti, è da ritenersi che qualora non sia possibile indivi duare il reddito derivante da ogni singola attività, l'importo complessi

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Vi

cenza la notaia Francesca Bonvicini chiedeva la condanna della

Cassa nazionale del notariato al pagamento dell'indennità di

maternità ex art. 1 1. 11 dicembre 1990 n. 379.

La cassa del notariato, nel costituirsi in giudizio, rilevava che

la ricorrente aveva partorito il 4 dicembre 1990, prima dell'en

trata in vigore della 1. 379/90, e che la stessa, nel periodo per

il quale era prevista la richiesta indennità (due mesi precedenti

la data presunta del parto e tre mesi successivi all'evento), non

si era astenuta dallo svolgimento dell'attività professionale; con

testava inoltre il quantum della pretesa osservando che la ricor

rente faceva parte di un'associazione professionale.

Il pretore, con sentenza depositata il 9 novembre 1993, acco

glieva parzialmente la domanda riconoscendo il diritto della ri

corrente a percepire l'indennità solo per il periodo successivo

al 1° gennaio 1991, con interessi e rivalutazione dal centovente

simo giorno successivo alla data di presentazione della domanda.

Avverso la decisione di primo grado la cassa del notariato

proponeva appello al Tribunale di Vicenza che lo rigettava rile

vando che sussistevano i presupposti temporali richiesti dalla

norma per riconoscere, seppur parzialmente, il beneficio dalla

data di decorrenza prevista dalla 1. 379/90 (1° gennaio 1991)

sino al compimento dei tre mesi successivi al parto e che l'a

stensione dal lavoro non costituiva un presupposto per il rico

noscimento della richiesta indennità; in merito al quantum della

richiesta osservava che il reddito della professionista era pro

prio quello ricavato dall'attività notarile esercitata in forma as

sociata e denunciato ai fini fiscali.

Per la cassazione della sentenza del tribunale la Cassa nazio

nale del notariato propone ricorso fondandolo su sei motivi.

La Bonvicini resiste con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato successiva memoria.

Motivi della decisione. — Col primo motivo di ricorso, de

nunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 1 1. 379/90

in relazione al n. 3 dell'art. 360 c.p.c., la cassa ricorrente censu

ra la sentenza impugnata per avere il tribunale ritenuto che a

partire dal 1° gennaio 1991 debba essere riconosciuto il diritto

all'indennità purché per il periodo successivo a tale data sussi

stano, anche parzialmente, i presupposti temporali richiesti dal

la norma; sostiene viceversa la ricorrente che la legge deve ap

plicarsi solo a quelle fattispecie per le quali, successivamente

al 1° gennaio 1991, sia intervenuto il parto, che è l'unico ele

mento che la legge prende in considerazione.

Il motivo è infondato.

L'evento tutelato dalla 1. 379/91 non è l'evento fisico «par

to», bensì la maternità, che «non si fonda solo sulla condizione

di donna che ha partorito, ma anche sulla funzione che essa

esercita nei confronti del bambino» (Corte cost. n. 1 del 1987,

Foro it., 1987, I, 313): sicché la norma tutela sia il diritto alla

salute della donna, gestante e puerpera, del nascituro e del bam

bino, sia il profondo collegamento esistente tra la protezione della maternità ed il ruolo fondamentale che la madre esercita

nel periodo cruciale della nascita del figlio, tanto che allo stesso

modo viene tutelato l'ingresso in famiglia del bambino in affi

damento provvisorio o in adozione. Pertanto, nel caso in esame

in cui la professionista si trovava, al 1° gennaio 1991, data di

decorrenza della 1. 379/90, nella situazione di puerperio protet to da tale legge in quanto compreso nell'evento maternità, non

v'è ragione di ritenere che non abbia diritto all'indennità (rico

nosciuta dal pretore in misura commisurata al periodo decor

rente dal 1° gennaio 1991 sino al termine dei tre mesi successivi

al parto). Del tutto inconsistente appare poi l'osservazione della ricor

rente secondo la quale l'interpretazione data dal tribunale pri verebbe di logico ed apprezzabile significato la previsione della

vo dell'indennità di maternità debba essere percepito dall'interessata una

sola volta, in quanto la prestazione è diretta a tutelare un unico evento

(l'importo è a carico, nella misura del cinquanta per cento, delle due casse cui la professionista è iscritta ed alle quali versa i relativi contri

buti: circ. min. lav. 29 novembre 1991, direz. generale della previdenza e assistenza sociale, div. X).

IV. - Sulla quarta massima, nel senso dell'esclusione del divieto di

cumulo di rivalutazione ed interessi legali per le fattispecie di ritardo

verificatesi anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 16, 6° comma, 1. 412/91, giurisprudenza ormai consolidata: v. Corte cost. 24 ottobre

1996, n. 361, Foro it., 1996, I, 3266, con nota di richiami; Cass., sez.

un., 26 giugno 1996, n. 5895, ibid., 3027.

Il Foro Italiano — 1999.

«data presunta» del parto, indicativa della volontà del legislato

re di non apprestare tutela anche in favore di quelle situazioni

per le quali l'evento parto si era già determinato. Il riferimento

alla «data presunta» ha l'unico scopo di definire il periodo pre

cedente al parto nell'impossibilità di prevedere la data sicura

dello stesso e non riguarda affatto il periodo del puerperio in

cui l'evento parto si è già verificato.

Riguardo infine alla censura relativa alla copertura degli one

ri economici e finanziari, prevista solo a decorrere dal 1° gen

naio 1991, è sufficiente osservare che proprio a tale data fa

riferimento la sentenza impugnata per la decorrenza del beneficio.

Con il secondo motivo la cassa ricorrente denuncia violazione

e falsa applicazione degli art. 1 e 2 1. 11 dicembre 1990 n. 379

e dell'art. 12, 1° comma, disp. sulla legge in generale, in rela

zione all'art. 360, n. 3, c.p.c., e censura la sentenza impugnata

per aver ritenuto sufficiente constatare che il testo della legge

non menzionava l'astensione dal lavoro e che tale omissione

non poteva essere considerata una «svista» del legislatore, per

concludere che l'obbligo di astensione non costituiva un presup

posto per il riconoscimento dell'indennità, senza una verifica

sufficiente della compatibilità sistematica di tale interpretazione

letterale e della legittimità costituzionale della stessa. Sostiene

la ricorrente che la normativa fondamentale in materia è la 1.

30 dicembre 1971 n. 1204 che, pur riguardando il settore del

lavoro subordinato, contiene principi generali, quale quello del

l'astensione dal lavoro nei perìodi pre e post partum, che rap

presenta il presupposto necessario per la tutela della madre e

del bambino, e costituisce la giustificazione ed il titolo che sor

regge l'indennità.

Con il terzo motivo la cassa denuncia omessa, insufficiente

e contraddittoria motivazione circa un punto della controversia

prospettato dalla ricorrente, in relazione al n. 5 dell'art. 360

c.p.c., nonché l'illegittimità costituzionale degli art. 1 e 2 1.

379/90, ove interpretati nel senso voluto dal tribunale, per vio

lazione degli art. 3, 29, 30, 31, 37 e 38 Cost, e rileva che il

tribunale ha trascurato di valutare che il legislatore, facendo

riferimento ai due mesi precedenti la data presunta del parto

ed ai tre mesi successivi all'evento, ha evidentemente ritenuto

che il lavoro svolto nel periodo immediatamente anteriore al

parto rappresenti una situazione di obiettivo pericolo per la sa

lute della donna e del figlio e che nel periodo successivo debba

essere facilitato il rapporto madre-bambino: sicché una norma

tiva che sganci il «beneficio economico» dal mancato esercizio

dell'attività lavorativa, sarebbe irragionevole ponendosi in pale se contrasto con la protezione degli interessi tutelati che sono

quelli della maternità e dell'infanzia. La cassa ricorrente richia

ma quindi Corte cost. n. 341 del 1991 (id., 1991, I, 2297) che

fa riferimento al rapporto che, nel periodo successivo al parto,

si svolge tra madre e figlio, e la successiva n. 179 del 1993 (id.,

1993, I, 1333) che precisa che le leggi in materia di maternità

sono finalizzate alla tutela dei valori dell'infanzia e della mater

nità, concetto ribadito, anche a proposito del lavoro autonomo,

nella sentenza n. 181 del 1993 (id., Rep. 1993, voce Previdenza

sociale, n. 513) in cui viene sottolineato il dovere del legislatore di apprestare norme e risorse necessarie ad evitare tutto ciò che

possa compromettere la salute della gestante e lo sviluppo della

vita del bambino, valori la cui tutela non sarebbe garantita se

fosse lasciata alla discrezionalità della professionista la decisio

ne di astenersi o meno dal lavoro.

I tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente in

considerazione della loro stretta connessione, sono infondati.

L'esigenza di assicurare alla madre ed al bambino una specia le adeguata protezione consacrata negli art. 31 e 37 Cost, ha

determinato un progressivo ampliamento delle fattispecie tute

late, al culmine del quale può essere collocata la 1. n. 379 del

1990, la quale sancisce il diritto delle libere professioniste ad

una indennità in caso di maternità, di adozione, di affidamento

preadottivo e di aborto. I passaggi legislativi fondamentali di

questo processo sono stati: la 1. 30 dicembre 1971 n. 1204 (tute la della lavoratrice madre), la 1. 29 dicembre 1987 n. 548 (in dennità di maternità delle lavoratrici autonome) e infine la 1.

11 dicembre 1990 n. 379 (indennità di maternità per le libere

professioniste). Con la 1. 1204/71 è prevista, tra l'altro, l'astensione dal lavo

ro della lavoratrice dipendente nei due mesi antecedenti la data

presunta del parto e nei tre mesi successivi la nascita del bambi

no, quale diretta conseguenza del divieto imposto dalla norma

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tiva al datore di lavoro di adibire la stessa al lavoro nel periodo

indicato; durante l'astensione obbligatoria la lavoratrice ha di

ritto ad una indennità pari all'ottanta per cento della retribuzione.

Le successive 1. 548/87 e 379/90 prevedono entrambe, rispet tivamente per le lavoratrici autonome e per le libere professio

niste, una indennità per il periodo di maternità (comprendente i due mesi precedenti la data presunta del parto ed i tre mesi

successivi alla nascita del bambino) o in caso di adozione, affi

damento preadottivo, di aborto spontaneo o terapeutico; en

trambe le leggi indicate non contengono alcun riferimento ad

un obbligo in base al quale, durante i periodi precedente e suc

cessivo al parto considerati, le lavoratrici autonome e le libere

professioniste si debbano astenere da ogni attività a tutela della

propria salute e di quella del bambino, limitandosi a prevedere

un'indennità «per i periodi di gravidanza e puerperio».

Neppure nei lavori parlamentari preparatori della 1. 379/90

vi è alcun accenno, né da parte dei relatori né in sede di discus

sione, ad una astensione dal lavoro delle libere professioniste

nei periodi di gravidanza e puerperio in cui è prevista l'indenni

tà di maternità.

La ricorrente ritiene di poter superare l'indiscutibile dato te

stuale sostenendo che la normativa fondamentale a tutela della

maternità e dell'infanzia è quella del 1971 e che anche nelle

leggi del 1987 e del 1990 l'astensione dal lavoro costituisce il

presupposto necessario per la relativa liquidazione in quanto

l'indennità di maternità è funzionalmente collegata alla manca

ta attività.

Si osserva in proposito che se è vero che tutte le menzionate

leggi sono dirette a fornire non solo un aiuto economico alle

gestanti, ma essenzialmente a dare una efficace tutela a quel

valore — la maternità — che è molto considerato dalla Carta

fondamentale della repubblica, con il conseguente dovere di sal

vaguardia della salute della madre e del bambino (Corte cost,

n. 181 del 1993, cit., e n. 150 del 1994, id., 1994, I, 1651) è 10 stesso giudice delle leggi a mettere in evidenza la diversità

tra lavoro autonomo e lavoro subordinato riflessa nelle leggi

a tutela della maternità, diversità posta a fondamento delle ci

tate sentenze n. 181 del 1993 e n. 150 del 1994. Nella sentenza

n. 181 del 1993, cit., la corte ha affermato che «non mancano

certo delle differenze tra le lavoratrici subordinate e quelle au

tonome, non trovandosi queste ultime sotto la pressione (con

effetti anche psicologici) di direttive, di programmi, di orari, di attività obbligatorie e fisse, ma potendo distribuire più elasti

camente tempo e modalità di lavoro, e sopperendo così in qual

che misura alle difficoltà derivanti dalla temporanea incapacità

fisica a prestare la normale attività lavorativa». Tale differenza

tra lavoro svolto autonomamente e lavoro subordinato riflet

tentesi nelle citate leggi a tutela della maternità è stata recente

mente ribadita dalla corte nella sentenza 29 gennaio 1998, n.

3, id., 1998, I, 664, riguardante il giudizio di legittimità costitu zionale dell'art. 1 1. 11 dicembre 1990 n. 379 (indennità di ma

ternità per le libere professioniste). Osserva la corte che, mentre

per le lavoratrici dipendenti, soggette ad etero-direzione della

loro attività, la legge ha dovuto imporre ai datori di lavoro

di non impegnare le gestanti negli ultimi due mesi di gravidanza e nei tre mesi successivi al parto, il diverso sistema di autoge stione dell'attività consente alle donne professioniste di sceglie

re liberamente modalità di lavoro tali da conciliare le esigenze

professionali con il prevalente interesse per il figlio. D'altra parte,

proprio in considerazione dei diversi ritmi delle libere professio

ni, sarebbe complesso esigere e verificare l'osservanza di una

norma che prevedesse anche per tale categoria di lavoratrici l'ob

bligo di astensione dal lavoro nel periodo immediatamente pre

cedente e successivo al parto. Rileva inoltre la corte che il sostegno economico che la legge

fornisce alla lavoratrice gestante e poi madre ha un duplice obiet

tivo: tutelare la salute della donna e del nascituro, soprattutto

attraverso lo strumento dell'astensione dal lavoro, ed evitare

nel contempo che alla maternità si colleghi uno stato di biso

gno, o più semplicemente una diminuzione del tenore di vita.

L'essenziale, quindi, è che la donna possa vivere questo delica

to e fondamentale momento in piena serenità, di modo che non

vengano a frapporsi né ostacoli, né remore, alla gravidanza e

alla cura del bambino nel periodo di puerperio.

Se questi sono i corretti presupposti dai quali prendere le mos

se, la corte osserva che, per assolvere in modo adeguato alla

funzione materna, la libera professionista non deve essere tur

11 Foro Italiano — 1999.

bata da alcun pregiudizio alla sua attività professionale. Ciò

può avvenire lasciando che la lavoratrice svolga la sua funzione

familiare conciliandola con la contemporanea cura degli inte

ressi professionali non confliggenti col felice avvio della nuova

vita umana. La probabile diminuzione del reddito a motivo del

la sospensione o riduzione dell'attività lavorativa non incide,

comunque, sulla predetta necessaria serenità se compensata dal

sostegno economico proveniente dalla solidarietà della catego ria cui la donna appartiene.

I riportati principi e considerazioni contenuti nelle richiamate

sentenze della Corte costituzionale sono sufficienti a travolgere

completamente le censure della cassa ricorrente alla sentenza

impugnata sia sotto il profilo della compatibilità sistematica della

interpretazione letterale della norma in esame, che non fa men

zione di astensione dal lavoro, sia sotto il profilo della costitu

zionalità della stessa.

Riguardo ad alcune considerazioni della cassa relative alle nor

me della legge notarile tendenti ad assicurare il servizio del no

tariato, che prevedono la nomina di un coadiutore in tutte le

ipotesi d'impedimento del notaio a svolgere la sua attività, i

rilievi non appaiono decisivi al fine di una diversa interpretazio ne della 1. 379/90, sia perché ben può la responsabile autodeter

minazione dell'interessata, in grado di gestire in modo autono

mo le proprie forze nel tempo e adattare le caratteristiche della

struttura attraverso la quale svolge la sua libera professione alle

proprie esigenze, scegliere nel modo migliore come e quando

svolgere attività lavorativa in modo da assicurare il servizio del

notariato, eventualmente realizzandolo nei minimi legali, anche

senza il ricorso ad un coadiutore; sia perché la normativa ri

guarda non solo le notaie ma tutte le libere professioniste iscrit

te alle casse di previdenza e assistenza indicate nell'ali. A alla

legge stessa (comprendente le casse e gli enti di previdenza per

gli avvocati, i farmacisti, i veterinari, i medici, i geometri gli

sportivi, i dottori commercialisti, gli ingegneri, gli architetti, i

ragionieri, i periti commerciali e i consulenti del lavoro), per

le quali non può che valere un'unica interpretazione della legge

comune sulla quale non può influire la peculiare normativa del

la professione notarile in materia di nomina del coadiutore, det

tata in vista del perseguimento di diversi obiettivi.

In conclusione il legislatore, considerata la possibilità da par

te della libera professionista di autodeterminare le modalità di

svolgimento del suo lavoro, adeguandolo responsabilmente alle

proprie forze ed alle esigenze del bambino, ha ritenuto di ap

prestare una tutela adeguata ai valori della maternità anche sen

za imporre l'astensione dal lavoro, ma offrendo alla libera pro fessionista di poter affrontare il periodo di gravidanza e puer

perio senza il turbamento di pregiudizio per la sua professione dovuto alla imposta inattività, attraverso un sostegno economi

co che possa consentirle di diminuire il proprio ritmo lavorativo

e di fronteggiare la probabile riduzione del reddito a motivo

della riduzione o sospensione dell'attività lavorativa.

Col quarto motivo, denunziando violazione e falsa applica

zione dell'art. 1 1. 379/90 in relazione al n. 3 dell'art. 360 c.p.c.,

la cassa ricorrente censura la sentenza impugnata per aver rite

nuto che la misura dell'indennità fosse riferibile al reddito, co

me previsto dall'art. 2 1. 379/90, criterio non applicabile in caso

di associazione professionale dove il reddito complessivo è ri

partito tra gli associati con quote convenzionali; nel caso in

esame, a parere della cassa, trovava invece applicazione il 3°

comma dell'art. 1 della citata legge. II motivo è infondato.

La misura dell'indennità di maternità spettante alle libere pro

fessioniste è stabilita dal 2° e 3° comma dell'art. 1 1. 379/90.

La prima delle norme citate dispone che tale indennità viene

corrisposta in misura pari all'ottanta per cento di cinque dodi

cesimi del reddito percepito e denunziato ai fini fiscali dalla

libera professionista nel secondo anno precedente a quello della

domanda, mentre il comma successivo stabilisce che in ogni ca

so l'indennità non può essere inferiore a cinque mensilità di

retribuzione calcolata nella misura pari all'ottanta per cento del

salario minimo giornaliero stabilito dall'art. 1 d.l. 29 luglio 1981

n. 402, convertito dalla 1. 26 settembre 1981 n. 537 e successive

modificazioni, nella misura risultante, per la qualifica di impie

gato, dalla tabella A) e dai successivi decreti ministeriali di cui

al 2° comma dello stesso articolo.

Ritiene il collegio che l'espressione «in ogni caso» (diversa

da «in ogni altro caso»), contenuta nel 3° comma, indichi chia

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PARTE PRIMA

ramente il valore residuale e di salvaguardia della norma stabili

to in funzione della liquidazione minima del beneficio e non

sia riferibile a situazioni diverse da quelle indicate nel 2° com ma: tale significato trova conferma nella lettura dei lavori par lamentari relativi all'approvazione della 1. 379/90, da cui risulta

che i relatori, in entrambi i rami del parlamento, ebbero a chia

rire che la norma si era resa necessaria in quanto all'indennità

di maternità erano interessate anche professioniste all'inizio della

carriera per le quali il reddito del secondo anno precedente al

parto poteva essere molto basso o addirittura inesistente.

Del resto la stessa formulazione adottata dal 2° comma, in

cui si parla di reddito percepito e denunciato ai fini fiscali dalla libera professionista, senza ulteriori qualificazioni, tende a va

lorizzare il dato obiettivo costituito da un reddito connesso allo

svolgimento, in qualsiasi forma, dell'attività professionale: il red

dito, anche se configurato come partecipazione ad un'associa

zione professionale, è tratto proprio dallo svolgimento della pro fessione e non può certo mettersi in dubbio che l'attività notari

le, sia pure esercitata in forma associata, sia una libera

professione. Con il quinto motivo la cassa ricorrente denuncia violazione

e falsa applicazione dell'art. 7 1. 533/73 e dell'art. 2 1. 379/90 in relazione al n. 3 dell'art. 360 c.p.c. sostenendo che il termine dal quale decorrono interessi e rivalutazione è il centoventunesi

mo giorno dalla ricezione di tutti i documenti previsti dalla leg

ge e comunque necessari affinché l'ente sia messo nella condi

zione di provvedere (e non dalla domanda, come stabilito dal

tribunale) e che la notaia Bonvicini aveva inviato copia della

dichiarazione dei redditi relativa all'anno 1989, che costituiva

documento necessario ai fini del riconoscimento e della liquida zione dell'indennità, soltanto il 15 luglio 1991, data da cui do veva decorrere il termine di centoventi giorni.

Anche tale motivo è infondato.

L'art. 7 1. 11 agosto 1973 n. 533 stabilisce che in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, la richiesta all'istituto assicuratore si intende respinta, a tutti gli effetti di legge, quan do siano trascorsi centoventi giorni dalla data della presentazio ne, senza che l'istituto si sia pronunciato: da tale termine decor rono le condizioni di legale responsabilità dell'ente previdenzia le che non ha delibato la domanda — che deve essere presentata in modo rituale, accompagnata dalla documentazione richiesta dalla legge — nel tempo concessogli dalla norma.

Nel caso in esame il tribunale ha accertato che la richiesta di indennità di maternità da parte della notaia Bonvicini è stata ritualmente presentata il 23 gennaio 1991, corredata dal certifi cato medico e dalla dichiarazione concernente l'inesistenza del diritto all'indennità di maternità ai sensi delle altre leggi in ma

teria, che sono gli unici documenti che, in base all'art. 2 1.

379/90, debbono accompagnare la domanda. Non c'è dubbio

pertanto, che dalla presentazione della domanda, accompagna ta dalla documentazione specificatamente indicata dalla norma ai fini della ritualità della presentazione dell'istanza, decorre, come esattamente ha osservato il tribunale, il termine desumibi le dal citato art. 7 1. n. 533 del 1973, entro il quale la cassa avrebbe dovuto provvedere al riconoscimento del diritto (diver so dalla liquidazione dell'indennità) o al rigetto della domanda se riteneva che non sussistessero i presupposti del diritto all'in

dennità, come ha sostenuto in questo giudizio. Con il sesto motivo, denunciando violazione e falsa applica

zione dell'art. 16, 6° comma, 1. 30 dicembre 1991 n. 412, e

degli art. 1224, 2° comma, c.c., e 429, 3° comma, c.p.c. in relazione al n. 3 dell'art. 360 c.p.c. la cassa ricorrente censura la sentenza impugnata per avere il tribunale ritenuto che la 1. 412/91 non si applichi retroattivamente, condannando la ricor rente al pagamento cumulativo di interessi e rivalutazione sulle somme ritenute dovute.

Il motivo è infondato.

Questa corte con giurisprudenza ormai costante (v., tra le tante sentenze, Cass. 6 novembre 1995, n. 11534, id., Rep. 1995, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 209; sez. un. 26

giugno 1996, n. 5895, id., 1996, I, 3027), che questo collegio condivide, ha ritenuto che l'art. 16, 6° comma, 1. 30 dicembre 1991 n. 412, che ha modificato la disciplina dettata dall'art. 442 c.p.c. stabilendo che la rivalutazione monetaria è dovuta soltanto se il relativo importo supera quello degli interessi lega li, escludendo quindi il cumulo di rivalutazione ed interessi, non trova applicazione per le fattispecie di ritardo verificatesi ante

Ix Foro Italiano — 1999.

riormente alla sua entrata in vigore, i cui effetti continuano ad essere disciplinati, fino all'estinzione della relativa obbliga zione, dall'art. 442 (nel testo risultante da Corte cost. 156/91, id., 1991, I, 1321, che prevede il cumulo di interessi e rivalu

tazione). Del suddetto principio si deve fare applicazione nel caso di

specie in cui il credito della notaia è maturato prima dell'entra

ta in vigore della 1. 30 dicembre 1991 n. 412, con conseguente cumulo di interessi e rivalutazione sulla somma dovuta, così

come disposto nella sentenza impugnata. In conclusione, il ricorso va rigettato.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 12 gen naio 1999, n. 265; Pres. De Tommaso, Est. Lupi, P.M. Fraz zini (conci, diff.); Soc. Iritecna (Aw. De Luca Tamajo, Bo

sio) c. Aiello e altri (Aw, Patrizi, Biolé); Boccuni e altri

(Avv. Contestabile, Vercelli) c. Soc. Iritecna. Conferma Trib. Genova 18 aprile 1996.

Lavoro (rapporto di) — Licenziamento collettivo — Procedura — Violazione — Accordo sindacale — Conseguenze (L. 23

luglio 1991 n. 223, norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di diretti ve della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre di

sposizioni in materia di mercato del lavoro, art. 4, 5). Lavoro (rapporto di) — Elenco dei lavoratori collocati in mobi

lità — Comunicazione — Omissione — Conseguenze — Inef

ficacia dei licenziamenti (L. 23 luglio 1991 n. 223, art. 4, 5).

Va escluso che l'accordo tra datore di lavoro ed organizzazioni sindacali faccia perdere rilevanza alla inosservanza della pro cedura di mobilità. (1)

L'omissione della comunicazione prevista dall'art. 4, 9° com

ma, l. 223/91 determina l'inefficacia dei licenziamenti irroga ti in esito al raggiungimento dell'accordo tra datore di lavoro e sindacati. (2)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 novem bre 1998, n. 11480; Pres. De Tommaso, Est. Amoroso, P.M. Martone (conci, diff.); Soc. Calcobit calcestruzzi conglome rati bituminosi (Avv. Rizzo) c. Laudiero e altri. Conferma Trib. Napoli 7 ottobre 1995.

(1) Cass. 265/99 rileva, anzitutto, che l'art. 5 1. 223/91 sanziona l'i nosservanza della procedura di mobilità senza distinguere se essa sia sfociata, o no, in un accordo. Inoltre, prosegue, il raggiungimento del l'accordo non esclude che il controllo dei singoli lavoratori possa esten dersi, oltre che agli aspetti formali della procedura, anche al merito delle scelte sancite con l'accordo stesso. In conseguenza, l'inosservanza della procedura di mobilità comporta l'inefficacia dei recessi intimati, nonostante il raggiungimento dell'accordo. Va segnalato, peraltro, che la corte non esplicita la sorte dell'accordo comunque concluso nono stante la violazione della procedura.

Sulla procedura di mobilità, v., da ultimo, Cass. 30 ottobre 1997, n. 10716, e 11 marzo 1997, n. 2165, Foro it., 1998, I, 1535, con nota di richiami.

Sulle conseguenze della violazione della procedura prevista in tema di cassa integrazione guadagni straordinaria, in ipotesi di raggiungimento di un accordo sindacale, v. Pret. Nola-Pomigliano d'Arco 20 luglio 1998, ibid., 3400, con nota di richiami, che perviene a conclusioni op poste rispetto a quelle della pronuncia in epigrafe.

(2-3) Entrambe le pronunce riprendono gli argomenti già addotti da Cass. 22 aprile 1998, n. 4121, Foro it., 1998, I, 2125, a sostegno della

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