sezione lavoro; sentenza 22 giugno 1985, n. 3774; Pres. Frisina, Est. Buccarelli, P. M. Zema(concl. conf.); Soc. Comin (Avv. Belli, Luongo) c. Di Franco; Di Franco (Avv. Iaccarino, DiMartino) c. Soc. Comin. Cassa Trib. Napoli 23 settembre 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 10 (OTTOBRE 1985), pp. 2595/2596-2597/2598Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178205 .
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2595 PARTE PRIMA 2596
anche nell'ambito di tale ultimo rapporto continua ad applicarsi la
disciplina urbanistica previgente ove la costruzione sia stata
realizzata col rispetto delle condizioni previste dai detti art. 10, 11° comma, e 17, T comma, 1. 765/67.
Orbene, quesito Supremo ooMiegliio ritiene che non di' sii possa discostare da tale ultimo, ormai costante, indirizzo.
Via, lilnivaro, .ritardato che, in base ali principio generale sul
l'efficacia della legge nel tempo di cui all'art. 11 disp. prel. c.c.,
in caso di successione di norme edilizie nel tempo, le nuove
disposizioni sono di immediata applicazione per cui, se dopo la
Oomoesslfcxne {tela licenza edtìlizfia scpnawfene una nuova negofomenr tazione sulle distanze fra edifici, le nuove costruzioni devono
adeguarsi! affila dtiisiciilpMnia vigente ail momento deffila loro realiizzaziiio
ne, a nulla rilevando la legittimità dell'autorizzazione a costruire
precedentemente concessa, mentre, qualora l'esercizio dello ius
aedificandi abbia già avuto Iiinlitzio e concreta attuazione al mo
mento dell'entrata in vigore della nuova normativa, ha rilievo
l'epoca dell'inizio dell'opera e quindi la norma edilizia, che
stabilisce distanze maggiori, sopraggiunta nel corso della costruzio
ne anteriormente iniziata, è inapplicabile, non potendo avere
efficacia retroattiva ed incidere su situazioni pregresse, neppure nel caso in cui l'esecuzione dei lavori si sia protratta oltre il
termine previsto dalla licenza edilizia (v., da ufo., sent. 30 marzo
1983, n. 2331, id., Rep. 1983, voce Cit., n. 289).
Orbene, chiaramente il legislatore del 1967 con le norme di cui
agli art. 10, 11° comma, e 17, 7° comma, 2° alinea, ha inteso
incidere appunto sulla comune disciplina di diritto 'transitorio, stabilendo che a legittimare la costruzione non occorre la concreta
attuazione dell'opera all'atto dell'entrata in vigore della nuova
disdiiplliinia dii cui alla legge stosisia, ma è sufficiente che l'opera sia
iniziata e completata nei termini previsti dalla legge stessa: ciò è
chiaramente conclamato dalla lettera dell'art. 10, 1° comma, in
cui si parla appunto dell'entrata in vigore di nuove previsioni urbanistiche nonché dalla formulazione dell'art. 17, 7° comma, in
due proposizioni strettamente collegate, in cui alla prima, che
riinvia l'applicabilità dei nuovi limiti derivanti dai precedenti comma alla cessazione del periodo di moratoria, succede immedia
tamente la precisazione contenuta nella seconda, che prevede il
ìtiascfo, nel corso dii tale periodo, dii licenze conformi al vecchi
strumenti urbanistici e la legittimità d'elle costruzioni realizzate in
base ad esse, purché il loro completamento avvenga nel termine
previsto dal detto alinea.
D'altra parte, anche la ratio delle due norme di diritto
transitorio corrisponde in pieno a tale esegesi, in quanto il
legislatore, che con l'art. 17 ha posto notevoli restrizioni alle
aMyStà edificatorie, ha chiaramente inteso graduare nel tempo la
piena applicazione di tali restrizioni, attribuendo efficacia deroga toria alle licenze rilasciate 'anteriormente alla data di applicazione di tali restrizioni.
Una volta, quindi, che il legislatore si è preoccupato di
risolvere specificamente il problema di diritto intertemporale deri
vante dalla dilazione dell'entrata in vigore dei nuovi limiti da
esso imposti, è ovvio che la disciplina di diritto transitorio
prevista dalllla 1. 765/67 esplica ài suoi eff. Mi nel modo più ampiio,
quindi non solò nel rapporto pubblicistico tra privato e p.a. ma an
che nel rapporto privatistico di vicinato tra i proprietari di immo
bili contigui. Se, invero, in base al 1° alinea del 7° comma dell'art.
17 il proprietario interessato ha diritto al rispetto da parte del
vicino delle prescrizioni previste da tale articolo a partire dal 1°
settembre 1968, è anche vero che tale diritto sorge con le stesse
limitazioni con cui, corrispondentemente, è previsto l'obbligo, da
parte del vicino, di rispettare tali prescrizioni e quindi con le
eccezioni che sono connaturate a tale obbligo.
Ciò vuol dire che il paradigma normativo alla stregua del quale deve essere determinato nel singolo caso concreto il contenuto del
rapporto reale di vicinato è unico, per cui il diritto al rispetto delle nuove limitazioni nasce nei sensi e nei limiti in cui nasce il
corrispondente obbligo del vicino; il rapporto reale di Vicinato, da cui nascono i diritti ed obblighi dei proprietari di immobili
contigui, è infatti unico ed inscindible, per cui in tanto sorge un
diritto al rispetto di date limitazioni in quanto tali limitazioni Vi
gano effettivamente a carico del vicino e tale rapporto non può
quindi essere frantumato mercé il riconoscimento al costruttore di
un diritto di edificare con certe modalità ed al vicino di pre tendere il rispetto non già di quelle modalità sibbene di modalità
più restrittive.
Né 'dalla soluzione accolta resta affatto intaccato il principio che il rilascio della licenza avviene sempre con sdvaguardia del
diritto dei terzi: infatti in situazioni del genere tale rilascio, in
occasione del quale il sindaco è tenuto (art. 32 e 33 legge urbanistica del 1942) a controllare che vengano rispettati i
regolamenti edilizi locali, che ira l'altro prevedono (vedi art. 33, in. 5) appunto i distacchi da osservarsi nella realizzazione di
fabbricati, avviene col pieno rispetto del diritto del terzo, dato >che questi può pretendere che le prescrizioni urbanistiche soprav Venuite siamo rispettate solo nei limiti in cui tali prescrizioni siano effettivamente vincolanti per il costruttore.
Pertanto, se, to virtù di una norma di' diritto transitorio, l'insorgenza per il costruttore dell'obbligo di rispettare determinati distacchi è subordinata alla mancata verificazione di alcune situazioni di fatto previste dalla legge, corrispondentemente il diritto del vicino all'osservanza delle relative prescrizioni nasce solo ove siano mancate le situazioni che fanno scattare l'applica 'zione di tali prescrizioni.
Devesi quindi concludere per la legittimità, anche nell'ambito dei rapporti privatistici di vicinato, delle costruzioni realizzate pur dopo la data di applicabilità delle limitazioni stabilite dall'art. 17 1. 765/67, purché siano stati rispettati i termini temporali di inizio «ed ultimazione dei lavori previsti dagli art. 10 e 17 di tale legge in relazione alle distinte ipotesi di licenze rilasciate anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa o nel periodo di moratoria
previsto dal 2° alinea dei 7° comma dell'art. 17 di essa. Poiché la corte di merito si è attenuta appunto a tale principio,
■il ricorso va rigettato. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 22 giugno 1985, n. 3774; Pres. Frisina, Est. Buccarelli, P. M. Zema (conci, conf.); Soc. Comin (Avv. Belli, Luongo) c. Di Franco; Di Franco (Aw. Iaccarino, Di Mutino) c. Soc. Comin. Cassa Trib. Napoli 23 settembre 1982.
Lavoro (collocamento della mano d'opera) — Avviamento obbliga torio — Costituzione del rapporto — Fattispecie (Cod. civ., art. 1326, 2932; 1. 2 aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle as sunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private).
Non ha diritto all'assunzione l'invalido avviato che non si presen ti al datore di lavoro nel termine indicato nel foglio di avviamento o in quello ragionevolmente necessario, anche per il periodo successivo alla notifica del ricorso con cui abbia poi fatto valere giudizialmente il diritto stesso. (1)
Motivi della decisione. — Devono essere preliminarmente riuni ti i due liticatisi, in quanto propositi conitao te stessa sentenza (art 335 c.px.).
Con il pi-imo motivo del ricorso (principale) la società ricorren te, denunziata la « contraddittorietà » della motivazione, si duole della sentenza impugnata, per avere il tribunale da un lato, ritenuto che il lavoratore - avviato fosse venuto meno all'onere di porsi in contatto con il suo futuro datore di lavoro (facendo in tal modo cadere l'obbligo dell'imprenditore di assumere il lavoratore - avviato), e per avere, dall'altro, costituito egualmen te il rapporto di lavoro, a far data dalla notifica del ricorso
(1) La sentenza si colloca in quel filone giurisprudenziale per il quale dall'atto di avviamento al lavoro di invalido e dalla sua presentazione al datore non deriva né la costituzione automatica del rapporto, né la possibilità, in caso di mancata assunzione, di agire in giudizio ex art. 2932 c.c., ma solo il diritto al risarcimento del danno (da ultimo, cfr. Cass. 24 gennaio 1985, n. 337, Foro it., 1985, I, 1319, con nota di richiami, cui acide, Cass. 29 gennaio 1985, n. 525, id., Mass., 115).
La particolarità della pronuncia, per la quale non si rinvengono precedenti in termini, riguarda, invece, l'affermazione dell'onere di presentazione al datore del lavoratore nel termine indicato nel foglio di avviamento o, in mancanza, in altro « ordinariamente ragio nevolmente necessario »; onere dal cui mancato assolvimento può desumersi, come è pure detto in sentenza, « una implicita volontà di rinuncia all'assunzione, anche secondo i principi generali in tema di formazione del contratto ». Appare inoltre peculiare il rilievo, anch'es so contenuto nella decisione in epigrafe, secondo il quale allo spirare del termine predetto non può concorrere ad integrare la fattispecie del diritto all'assunzione la proposizione dell'azione giudiziale, da cui per un verso non può ricavarsi l'esistenza della volontà dell'invalido di concludere il contratto di lavoro, per un altro non può comportare l'inversione dell'onere di presentazione a suo carico; e ciò tanto più se si considera che l'atto di avviamento non ha una illimitata efficacia nel tempo e che non appare prevista la revoca della rinuncia all'as sunzione.
Il Foro Italiano — 1985.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
introduttivo del gliudilznlo dli primo guado, senza considerare però che neppure la notìfica del ricorso poteva costfiltuiaie mezzo idòneo di manifestazione dli una preoiisia volontà eotìtraittuafe, dato che il
comportamento negativo del lavoratore (che fra l'altro non aveva mai comunicato -neppure il suo domicilio) aveva impedito di fatto la conclusione del contratto di lavoro.
Con il secondo motivo di annullamento, denunziata la falsa
applicazione dell'art. 2932 c.c. (determinata dalla errata interpre tazione della 1. 482/68) e la violazione dell'art. 1326 c.c., si duole ulteriormente la ricorrente della sentenza impugnata, per non avere il tribunale considerato che — alla data della notifica del ricorso —
« Non esisteva » più il diritto del lavoratore ad essere assunto, né, diali'aiterò lato, l'obbligo del datore dì lavoro all^asisunziane, in
quanto il diritto si era « estinto » avendo il lavoratore richiesto di
essere assunto (anche a volere equiparare la notifica del ricorso
ad una precisa richiesta dli assunzione) ben olitine ! tempo strettamente necessario », ragionevolmente previsto a tale
scopo e da valutarsi in corrdazione con la efficacia limitata nel
tempo dell'atto di avviamento disposto, che trova il suo limite nel
2° comma dell'art. 1326 c.c.
Con il terzo ed ultimo motivo del ricorso, denunziando il vizio
di « illogicità » diala sentenza e dli omessa motivazione su dli un
punto decisivo della controversia, si duole la società ricoprente
che il tribunale non abbia considerato, per di più senza alcuna
motivazione, che, nel caso di specie, non era stato possibile concludere il contratto, non avendo il lavoratore mai comunicato
il proprio domicilio; tanto ohe la società medesima si era trovata
nella assoluta impossibilità di porsi essa stessa in contatto con il
lavoratore-avviato, e di stipulare quindi il contratto di lavoro
subordinato.
Esaminando in primo luogo le censure di cui al primo mezzo
di annullamento (per il loro carattere pregiudiziale, decisivo ed
assorbente) rileva la corte che esse sono fondate e vanno,
pertanto, accolte, rimanendo Ile altre evidenltemanite assorbite
dalla decisione adottata.
Infatti, ili tribumalle ha, da un feto, corrottamente ritenuto, dopo aver valutato le prove acquisite, che il lavoratore - avviato non
avesse manifestato una esplicita ed inequivoca volontà diretta ad
ottenere l'assunzione alle dipendenze della soc. Comin, essendo
venuto meno (per sua inerzia) all'onere (contrattuale) di mettersi
in contatto con l'imprenditore, a questi presentandosi.
Dall'altro però lo stesso tribunale, incorrendo chiaramente nel
vizio di legittimità denunziata (contraddittorietà della motivazio
ne) ha ritenuto tuttavia che il lavoratore avesse efficacemente —
ed in modo idoneo — esternato successivamente tale volontà, attraverso la notificazione al datore di lavoro del ricorso introdut
tivo diei jpudilzio di primo grado (avvenuta fra l'altro qualche mese
dopo l'atto di avviamento) dichiarando « costituito » il rapporto di lavoro alla data della notificazione (8 ottobre 1981) ex art.
2932 c.c., essendo risultato, secondo 11 giudice di merito, che da
tale data la soc. Comin si era sottratta all'obbligo di procedere alla costituzione del rapporto.
Non può essere seguito il giudizio dal tribunale, chiaramente
inficiato da vizi logici e di diritto.
Da disattendere, innanzitutto, l'infondata teoria della costitu
zione automatica ed autoritativa del rapporto di lavoro sulla
base soltanto dell'atto di avviamento, dato che come è noto, e
per costante giurisprudenza di questa corte, il rapporto in tema di avviamento « obbligatorio » trova la sua origine e derivazione
solo ed esclusivamente nel contratto di lavoro individuale che le
pari», inalila loro autonomia negoziale (anche se lirrtiltata all'esterno, nei riguardi del datore di lavoro, dall'obbligo « legale » all'assun
zione), devono comunque stipulare dopo l'avviamento disposto dall'ufficio.
Da respingere, poi, .anche l'ulteriore teoria dalla possibile appli cazione della disposizione di cui all'art. 2032 c.c. in tema di
pronuncia (costitutiva) che produca gli effetti del contratto non
concluso, dato che la norma, diretta a rendere « esecutiva » una
preesistente volontà contrattuale, completa in tutti i suoi elementi
e d suoi dettagli negoziali, non può evidentemente trovare appli cazione in materia di assunzioni obbligatorie in cui mancano
chiaramente i presupposti per l'adempimento in forma specifica di
un precedente accordo, in realtà inesistente, e quindi, dall'ob
bligo idi conoludtere il contratto.
Le parti, infatti, dopo l'avviamento, devono, nella loro autono
mia negoziale, stipulare il contratto di lavoro, determinando esse
stesse i molteplici elementi contrattuali del rapporto (qualifica, livello conitrattuaie, retribuziiionie, mansioni', ecc.).
Orbene, incombe chiaramente al lavoratore avviato l'onere di
presentarsi al datore di lavoro, presso la cui azienda è stato
assegnato obbligatoriamente, entro La data indicata nel «foglio »
di avviamento (o nel termine « ordinariamente » e ragionevolmen te necessario) per consentire la stipulazione del contratto di
lavoro, senza ulteriori comunicazioni ed inViti né da parte del
l'ufficio del lavoro né da parte dell'impresa.
In difetto, la mancata instaurazione del rapporto deve essere
ascritta alla colpevole inerzia del lavoratore, dal cui comporta mento può correttamente desumersi una implicita volontà di
rinuncia alla assunzione, anche secondo i principi generali in
tema di formazione deli contratto.
Il tribunate, nellatóvamen/te al primo periodo si è attenuto a tali
corretti principi (tratti dalla rigorosa interpretazione del comples so sistema del collocamento obbligatorio, come disciplinato dalla
normativa generale di cui alla 1. 482/68) avendo accertato, in
punto di fatto, dopo aver esaminato te risultanze istruttorie
acquisite, che il Lavoratore non si era attivato, in modo serio ed
univoco e con mezzi idonei, al fine di ottenere quella assunzione,
per la quale era stato avviato presso l'azienda della soc. Comin.
Ma il tribunale avrebbe dovuto formulare analoga conclusione
anche per il periodo successivo. Non si può infatti giuridicamente attribuire al ricorso, introduttivo del giudizio di merito, un
significato diverso da quello che istituzionalmente il sistema
processuale ad esso conferisce, né tanto meno desumere una
volontà del lavoratore diretta alla conclusione del rapporto di
lavoro estienniaita fra Mtno ateuni miesi dopo l'awfiamenito.
Né s'i può invertire l'onere contrattuale che fa carico al
lavoratore (« presentazione » alla azienda presso cui lo stesso è
stato obbligatoriamente avviato). Si perverrebbe altrimenti (come ha fatto il tribunale) alla illogica ed inaccettabile conclusione (in
violazione fra l'altro dei principi generali che presiedono alla
formazione del contratto), d'i ritenere inadempiente (dalla notifica
del -ricorso) il datore di lavoro per non avere questi stipulato il
contratto, e, in definitiva, per non avere cercato ed assunto il
lavoratore-avviato, nonostante la accertata colpevole inerzia di
quest'ultimo.
Né si può certamente riconoscere all'atto di avviamento una
illimitata efficacia nel tempo, dovendo il lavoratore interessato
attivatisi per la stipulazione del contratto, entro un termine
ordinariamente e ragionevolmente necessario: né si può giuridi
camente prospettarle, indipendentemente dalla assoluta obiettiva
inidoneità delio strumento usato (ricorso), una eventuale, peraltro
inammissibile (perché non prevista) revoca della rinunzia all'as
sunzione oramai definitivamente formulata e, quindi, divenuta
irrevocabile. Va conclusivamente accolto il primo mezzo di annullamento,
rimanendo assorbite le censure di cui ai successivi secondo e
terzo motivo.
Dalle argomentazioni svolte, e dai principi enunciati deriva
anche il rigetto del ricorso incidentale proposto dal lavoratore -
avviato che, denunziando il vizio di insufficiente motivazione su
di un punto decisivo della controversia, si duole della sentenza
impugnata, per avere il tribunale, non compiutamente valutando
le prove acquisite, e attribuendo, senza adeguata e logica motiva
zione, rilevanza probatoria a talune di esse trascurando le altre,
« spostato », in parziale riforma della appellata sentenza, la data
di costituzione del rapporto, avendo ritenuto in punto di fatto
che per il periodo precedente (e sino alla data della notifica del
ricorso), il lavoratore non avesse — univocamente ed in modo
idoneo — manifestato la volontà diretta all'assunzione.
Già si è rilevato che il tribunale si è pronunciato al riguardo con un apprezzamento di merito che può ritenersi insindacabile
in questa sede d'i legittimità. II giudice di merito, infatti, dopo aver compiutamente valutato
le risultanze istruttorie acquisite, utilizzando quelle ritenute di
screzionalmente più attendibili e serie, e trascurando implicita
mente le altre, ha formulato un giudizio logico, non viziato da
errori di diritto, sorretto da esauriente ed adeguata motivazione,
non censurabile in Cassazione.
Il giudice d'i rinvio (che si designa nel Tribunale di Avellino)
dovrà riesaminare la materia controversa in relazione alle
censure accolte, uniformandosi ai principi di diritto enunciati.
(Omissis)
Il Foro Italiano — 1985.
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