sezione lavoro; sentenza 22 maggio 1997, n. 4548; Pres. Mercurio, Est. Vidiri, P.M. Giacalone(concl. conf.); Min. lavoro e altro c. Valbusa e altra (Avv. Prosperetti, Dalla Bernardina).Conferma Pret. Verona 9 giugno 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 10 (OTTOBRE 1997), pp. 2949/2950-2953/2954Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192530 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 22 mag
gio 1997, n. 4548; Pres. Mercurio, Est. Vidiri, P.M. Giaca
lone (conci, conf.); Min. lavoro e altro c. Valbusa e altra
(Aw. Prosperetti, Dalla Bernardina). Conferma Pret. Ve
rona 9 giugno 1994.
Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Lavo
ratori extracomunitari — Assunzione diretta — Ammissibili
tà — Limiti (L. 29 aprile 1949 n. 264, provvedimenti in mate ria di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori invo
lontariamente disoccupati, art. 11; 1. 30 dicembre 1986 n. 943, norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavo
ratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clan
destine. Disposizioni in materia di asilo politico, art. 5, 6; d.l. 30 dicembre 1989 n. 416, norme urgenti in materia di
asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomu
nitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed
apolidi già presenti nel territorio dello Stato, art. 9; 1. 28 feb
braio 1990 n. 39, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 dicembre 1989 n. 416, art. unico).
Il lavoratore extracomunitario può essere assunto con chiamata
diretta nelle ipotesi consentite dall'art. 11 l. 29 aprile 1949
n. 264, salva quella concernente i lavoratori domestici (la cui
assunzione, se extracomunitari, deve avvenire con richiesta
nominativa ex art. 6, 2° comma, I. 30 dicembre 1986 n. 943), e salva la riserva costituzionale per l'accesso ai profili profes sionali del pubblico impiego che attengono all'esercizio dei
c.d. diritti funzionali, nonché per gli speciali servizi di durata non superiore ad un giorno nei settori del turismo e dei pub blici esercizi di cui all'art. 23, 3
° comma, I. 28 febbraio 1987
n. 56. (1)
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso il
ministero e l'ispettorato del lavoro deducono violazione e falsa
applicazione della 1. 29 aprile 1949 n. 264, della 1. 30 dicembre
1986 n. 943 e della 1. 28 febbraio 1990 n. 39. In particolare deducono che la sentenza pretorile nasconde una errata inter
pretazione delle fonti normative in materia di avviamento al
lavoro del cittadino extra-comunitario, dovendosi negare che nella
legislazione italiana sussista un principio di equiparazione auto
matica tra lavoratore nazionale e lavoratore extra-comunitario
in applicazione del quale quest'ultimo sia destinatario, sempre e comunque, di tutte le norme dettate in materia di avviamento
al lavoro, nei confronti del lavoratore italiano. In particolare la 1. n. 39 del 1990, emanata per regolare i flussi immigratori,
apprestando ai lavoratori extra-comunitari già presenti nel terri
torio statale una tutela che li ponga al riparo da forme di spe
culazione, nel riconoscere in relazione alla stipula dei contratti
di lavoro la stessa posizione al cittadino italiano ed a quello
extra-comunitario, una volta che quest'ultimo sia iscritto nelle
liste di collocamento, conferma l'insussistenza di una automati
ca equiparazione tra cittadino italiano ed extra-comunitario per
quanto riguarda l'avviamento al lavoro.
La 1. n. 264 del 1949, che esclude poi l'obbligo di assunzione
del lavoratore mediante ricorso alle liste di collocamento in ipo tesi tassative, deve interpretarsi tenendosi conto che essa è stata
emanata in un periodo storico che non conosceva la questione del lavoratore non nazionale, sicché l'operatività del disposto dell'art. 11, 3° comma, n. 6, deve essere limitata dal presuppo sto che il lavoratore da assumere sia cittadino italiano (o comu
nitario). Ciò trova conferma nella formulazione dell'art. 9 della
stessa 1. n. 264 del 1949, quale risulta dall'inserimento dell'ulti
(1) A distanza di pochi mesi la presente sentenza si pronuncia consa
pevolmente in senso opposto rispetto a Cass. 11 febbraio 1997, n. 1239, Foro it., Mass., 117 (il p.m. aveva chiesto, in principalità, la rimessione
della causa al primo presidente per l'eventuale assegnazione alle sezioni
unite). Sui problemi dell'accesso al lavoro degli extracomunitari, cfr., tra
gli altri, M. Napoli, La disciplina dell'immigrazione in Italia, in Que stioni di diritto del lavoro (1992-1996), Giappichelli, Torino, 1996, 128
ss.; P. Lambertucci, I lavoratori extracomunitari immigrati: la disci
plina del rapporto di lavoro e la garanzia dei diritti, in Argomenti dir.
lav., 1995, fase. 2, 116 ss.; L. Isenburg, Il rapporto di lavoro dei citta
dini extracomunitari dopo la legge Martelli, in Riv. giur. lav., 1992,
I, 429 ss., spec. 434 ss.; A. Viscomi, Immigrati extracomunitari e lavo
ro subordinato, Esi, Napoli, 1991, 175 ss.
Il Foro Italiano — 1997.
mo comma (relativo, appunto, ai «lavoratori stranieri») opera to dall'art. 3 1. 10 febbraio 1961 n. 5.
La 1. 30 dicembre 1986 n. 943 era l'unica, infine, diretta a
regolare ex professo la materia del collocamento e del tratta
mento dei lavoratori extra-comunitari immigrati. Orbene, l'art.
6, 1 ° e 2° comma, disciplina l'ipotesi della chiamata nominati
va, in particolare il 2° comma prevede che avvenga con richie sta nominativa l'assunzione dei lavoratori extra-comunitari da
adibirsi ai servizi domestici, ipotesi questa rientrante al n. 5
dell'art. 11, 3° comma, 1. 264/49. È pertanto evidente che il
legislatore del 1986 — non corretto sul punto dalla legge Mar
telli — ha, tra le ipotesi previste dalla 1. 264/49 per ciò che
concerne i lavoratori extra-comunitari, regolato unicamente i
c.d. servizi domestici, per sottoporli alla chiamata nominativa, ed è ovvio — concludono i ricorrenti — che se il legislatore avesse inteso sottrarre alle procedure del collocamento anche
la fattispecie di cui al n. 6 dello stesso art. 11 1. 264/91, avrebbe
formulato una norma ad hoc.
La censura è infondata e pertanto va rigettata. Va premesso che questa corte con una recente decisione ha ritenuto che la
1. n. 943 del 1986 (dal titolo: norme in materia di collocamento
e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e con
tro le immigrazioni clandestine. Disposizioni in materia di asilo
politico) ha, per quanto riguarda i lavoratori extracomunitari,
impedito qualsiasi ipotesi di chiamata diretta. Dopo avere pre messo che il titolo II della suddetta legge disciplina la program mazione dell'occupazione dei lavoratori subordinati ed extraco
munitari in Italia, prevedendo la fissazione con decreti del mi
nistero del lavoro e della previdenza sociale delle procedure per l'avviamento al lavoro degli extracomunitari (art. 5) e l'esten
sione della disciplina vigente per i lavoratori italiani per l'avvia
mento al lavoro con chiamata nominativa e per il passaggio diretto (art. 6), evidenzia poi che la 1. n. 39 del 1990 (c.d. legge
Martelli) di conversione con modificazioni del d.l. n. 416 del
1989 (dal titolo «misure urgenti in materia di asilo politico, di
ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolariz zazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel
territorio dello Stato») prevede che il permesso di soggiorno
per motivi di lavoro dà facoltà di iscrizione nelle liste di collo
camento predisposte per i lavoratori italiani a livello circoscri
zionale, anche nelle more del rilascio del libretto di lavoro, con
facoltà di stipulare qualsiasi tipo di contratto di lavoro, ivi com
preso quello di formazione e lavoro, secondo le norme in vigore
per i lavoratori nazionali, escluso soltanto il pubblico impiego
(art. 9, 3° comma).
Orbene, a parere della corte, nella suddetta decisione la 1.
n. 39 del 1990, per le sue specifiche finalità, non ha modificato
in alcun modo il sistema dell'avviamento a lavoro degli extraco
munitari regolato specificamente dell'art. 6 1. n. 943 del 1986, che «pacificamente esclude gli stessi lavoratori extracomunitari
dall'assunzione diretta», istituto che «costituisce vera e propria eccezione nell'ambito delle procedure di avviamento al lavoro, e come tale soffre di limitazioni e condizionamenti ben precisi, che mal si conciliano con una superficiale e immotivata esten
sione non specificamente prevista da specifica disposizione legi slativa» (cfr. in tali sensi Cass. 11 febbraio 1997, n. 1239, Foro
it., Mass., 117). Per di più, evidenziano i giudici di legittimità, il sistema normativo risponde nel suo complesso a «motivazioni
valide e interessanti, quali quelle di una maggiore tutela, attra
verso accertamenti preventivi, di un corretto inserimento dei ci
tati lavoratori, certamente a rischio di sfrutamento, nel mondo
del lavoro» (cfr. ancora Cass. 11 febbraio 1997, n. 1239, cit.).
Questo collegio non ritiene di poter condividere le argomen tazioni poste a base della ricordata decisione. Ai fini di un ordi
nato iter motivazionale appaiono utili alcune premesse sull'isti
tuto della chiamata diretta e sul disposto dell'art. 11 1. 29 aprile 1949 n. 264 (provvedimenti in materia di avviamento al lavoro
e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati) che
prevede specifiche ipotesi di chiamata diretta, nonché qualche cenno sull'assunzione dei lavoratori attraverso gli uffici del col
locamento.
In concreto, le modalità dell'accesso al lavoro si concretizza
no: nell'assunzione diretta, cioè nell'assunzione del tutto libera
del lavoratore senza necessità di passare attraverso l'ufficio del
collocamento; nella richiesta numerica, cioè nella richiesta del
datore di lavoro rivolta unicamente all'avviamento di un nume
ro di lavoratori di una determinta qualifica, che l'ufficio del
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2951 PARTE PRIMA 2952
collocamento provvede poi ad avviare in base a specifici criteri
(disoccupati di lunga durata, carico di famiglia); nella richiesta
nominativa, prevista inizialmente per i lavoratori di alta specia lizzazione e per una serie specifica di ipotesi minuziosamente
elencate.
Siffatti iniziali criteri di assunzione al lavoro hanno subito
con il tempo delle radicali modifiche. Così la 1. 23 luglio 1991 n. 223 ha ormai reso generale la richiesta nominativa (cfr. art.
25 ss.), rendendo in pratica sostanzialmente facoltativa la ri
chiesta numerica.
D'altra parte, l'assunzione diretta ha visto ampliato il suo
iniziale ambito applicativo. Il già ricordato art. 11 1. n. 264 del 1949 ammette l'assunzio
ne diretta: del coniuge, dei parenti affini non oltre il terzo gra do del datore di lavoro (3° comma, n. 1); del personale con
funzioni direttive e dei lavoratori di concetto o specializzati as
sunti mediante concorso pubblico (3° comma, nn. 2 e 3); dei
lavoratori esclusivamente a compartecipazione (compresi i mez
zadri ed i coloni parziali), dei domestici, dei portieri, degli ad detti agli studi professionali e di tutti coloro che sono addetti
a servizi familiari (3° comma, nn. 4 e 5); ed infine dei lavorato
ri destinati ad aziende con non più di tre dipendenti (sei per le zone mistilingue e montane) (3° comma, n. 6). In tutte queste
ipotesi viene imposto l'obbligo di comunicazione dei nominativi
dei lavoratori assunti alla sezione di collocamento competente
(7° comma). La stessa 1. 264/49 prevede poi l'assunzione diret
ta nei casi di urgente necessità al fine di evitare danni alle per sone ed agli impianti, salvo la necessità di un apposito controllo
successivo, con la conseguente convalida da parte dell'ufficio
competente (cfr. art. 19). A siffatte ipotesi di assunzione diretta di manodopera, senza
il tramite dell'ufficio di collocamento, si affianca poi l'ipotesi di assunzione diretta di manodopera per l'esecuzione di presta zioni di durata non superiore ad un giorno nei settori del turi
smo e dei pubblici esercizi, in conformità della contrattazione
collettiva e, sempre con l'obbligo di dare comunicazione del
l'avvenuta assunzione all'ufficio competente entro il primo giorno non festivo successivo (art. 23, 3° comma, 1. 28 febbraio 1987
n. 56). È evidente, sulla base del dato normativo, che le ragioni che
hanno indotto il legislatore al riconoscimento dell'assunzione diretta non sono riconducibili ad unica ragione ma rispondono a diverse e non sempre coincidenti ottiche (motivi di fiducia
caratterizzanti determinati rapporti lavorativi; opportunità di non
costringere a procedure che richiedono tempi minimi irriducibili
rapporti lavorativi destinati ad esaurirsi in brevissimo tempo;
opportunità di lasciare libertà alle imprese nelle ipotesi di salva
guardia di interessi ritenuti preminenti su quelli, pur meritevoli
di speciale considerazione, di una rigida regolamentazione delle
domande ed offerte di lavoro, ecc.). Ciò premesso, il problema che questa corte è chiamata a ri
solvere è quello di stabilire se la 1. 30 dicembre 1986 n. 943 abbia reso inapplicabile, totalmente o parzialmente, il sistema della chiamata diretta prevista dalla 1. n. 264 del 1949 ai lavora tori extracomunitari, introducendo così una diversità di tratta mento in detta materia tra lavoratori italiani e comunitari da una parte e lavoratori extracomunitari dall'altra, anche quando costoro, come nel caso di specie, siano già in possesso di un
regolare permessso di soggiorno nel nostro paese. Al fine della risoluzione della problematica in oggetto, a pa
rere di questa corte, assume valore decisivo, nell'assetto norma tivo innanzi delineato, l'art. 6 1. n. 943 del 1986, che dopo ave re statuito che «per l'avviamento con chiamata nominativa e
per il passaggio diretto si applica la disciplina vigente per i lavo ratori italiani» (1° comma), aggiunge poi che «L'assunzione di
lavoratori extracomunitari da adibirsi ai lavori domestici avvie ne con richiesta nominativa» (2° comma). L'indicata disposi zione, come emerge dal suo dato testuale, si limita a regolare per quanto riguarda i lavoratori extra-comunitari una sola delle
ipotesi di chiamata diretta, quella dei lavoratori domestici, di sciplinata unitamente ad altre distinte categorie di lavoratori (por tieri, addetti a studi professionali), dal n. 5 dell'art. 11 1. n. 264 del 1949. Nessuna specifica regolamentazione dettano inve ce il suddetto art. 6 e l'intera normativa della 1. n. 943 del 1986, per le restanti ipotesi di chiamata diretta, di cui all'art. 11 della
generale legge di avviamento sul lavoro. Ne consegue che per gli extracomunitari, nell'assoluto silenzio della nuova normati
II Foro Italiano — 1997.
va, non può non valere il carattere generale del disposto del
più volte citato art. 11 1. 264/64, che legittima in ben specifiche
ipotesi (tra le quali quella, appunto, di cui si controverte nel
caso di specie, di impresa con meno di tre dipendenti) il datore
di lavoro di assumere direttamente i lavoratori, senza porre al
cuna distinzione tra gli stessi a seconda che siano lavoratori
italiani o stranieri. E che le disposizioni dell'intera legge siano
suscettibili, in assenza di specifiche disposizioni contrarie, a va
lere anche per le fattispecie interessanti i lavoratori stranieri si
ricava dalla 1. 10 febbraio 1961 n. 5, che proprio sul presuppo sto dall'applicazione generalizzata della 1. n. 264 del 1949 ha
apportato modifiche all'art. 9 della legge stessa statuendo che
«i lavoratori stranieri che chiedono di iscriversi nelle liste di
collocamento devono essere muniti di permesso di soggiorno
per motivi di lavoro o di documento equipollente previsto dagli accordi nazionali».
Di contro il riconoscere alla 1. n. 943 del 1986 la capacità di determinare il superamento, per gli extracomunitari, del si
stema della chiamata diretta imponendo in ogni caso l'assunzio
ne al lavoro tramite gli uffici di collocamento, oltre a non tro
vare alcun conforto — come è opportuno ribadire — nel dato
normativo, finirebbe, in ultima istanza, per addebitare al legis latore la colpa di avere voluto lasciare all'interprete, in una ma
teria che per la sua rilevanza e per gli interessi coinvolti ha
bisogno di certezza, il compito non certo agevole di stabilire
se le altre ipotesi di chiamata diretta di cui agli art. 11 e 19
1. n. 264 del 1949 devono essere assoggettate, allorquando ven
gano assunti lavoratori extracomunitari, alla chiamata nomina
tiva (tesi questa seguita dalla circolare ministeriale n. 31/90 agli
atti) o invece alla chiamata numerica (rispetto alla quale, all'e
poca dell'emanazione della 1. n. 943 del 1986, la richiesta nomi
nativa assumeva una portata circoscritta a ben individuate
ipotesi). Le considerazioni sinora svolte trovano ulteriore conforto an
che in altre considerazioni.
Come è stato osservato in dottrina, una discriminazione per
quanto riguarda la disciplina giuridica applicabile alle vicende
del rapporto non trova legittimazione alcuna né sul piano costi
tuzionale né su quello della legislazione ordinaria dal momento
che l'extracomunitario legalmente residente in Italia gode di «pie na uguaglianza di diritti e parità di trattamento» con il lavora
tore italiano (art. 1 1. n. 943 del 1986). Ed ulteriore conferma
di una siffatta equiparazione viene fornita dal 3° comma 1. n.
39 del 1990 che stabilisce tra l'altro che «nel caso in cui il sog giorno è richiesto per motivi di lavoro, il rilascio del relativo
permesso dà facoltà di iscrizione nelle liste di collocamento pre
disposte per i lavoratori italiani a livello circoscrizionale, anche
nelle more del rilascio del libretto di lavoro». Come è stato
osservato, le liste speciali di collocamento per gli extracomuni
tari, mai realizzate e pur non abrogate espressamente, sembra
no ora avere esaurito la loro funzione in seguito alla promulga zione della 1. n. 39 del 1990 che, come ora detto, ha sancito la generale iscrizione dei lavoratori extracomunitari regolarizza ti nelle medesime liste di collocamento previste a livello circo scrizionale per i lavoratori italiani. Da qui il diritto del lavora tore extracomunitario di accedere, in condizione di generale pa rità con il cittadino italiano, alla fruizione di tutte le opportunità occupazionali previste dall'ordinamento, obbligandolo però, nello stesso tempo, a seguire le stesse modalità e procedure previste dalla disciplina generale. A fronte, quindi di specifiche eccezio ni a tale regola generale, quali quelle della richiesta nominativa
per i lavoratori domestici ed alla riserva costituzionale in favore dei cittadini per l'accesso ai profili professionali del pubblico impiego che attengono all'esercizio dei c.d. «diritti funzionali», il lavoratore extracomunitario può essere assunto con chiamata diretta in tutte le restanti ipotesi di cui all'art. 11 1. n. 264 del 1949 nonché per tutte le assunzioni non superiori ad un giorno di cui all'art. 23, 3° comma, 1. n 56 del 1987.
Né per andare in contrario avviso possono addursi l'esigenza di «monitorare» costantemente i flussi occupazionali di mano
dopera straniera, meglio garantito dalla richiesta nominativa, sia l'ulteriore esigenza di tutelare fasce deboli della forza lavo
ro, spesso oggetto di odiose forme di sfruttamento. Contro tali obiezioni — che se fondate denunzierebbero uni
camente degli inconvenienti della legge e non varrebbero certo ad invalidare soluzioni ermeneutiche fondate su decisivi dati te stuali — è agevole però obiettare come la possibilità di forme
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
di monitoraggio o di controlli indispensabili per un'ordinata col
locazione della manodopera sono sempre possibili attraverso lo
strumento della comunicazione successiva prevista nelle diverse
ipotesi di assunzione diretta, e dalla considerazione ulteriore che
comunque i controlli a tale fine devono esser effettuati in sede di ingresso nel territorio nazionale degli extracomunitari e, non
allorquando l'extracomunitario, per essere già in possesso del
permesso di soggiorno per motivi di lavoro e per essere legal mente residente in Italia gode — come si è visto — di una situa
zione di piena eguaglianza di diritti è parità di trattamento «con il lavoratore italiano». Quanto poi all'esigenza di tutela della
parte debole l'argomentazione, nella misura in cui la si solleva — come si è fatto — in relazione a tutte le ipotesi di chiamata
diretta, è destinata a provare troppo ed a perdere pertanto di
valore, non spiegando, ad esempio, i casi di chiamata diretta
del personale direttivo o le ipotesi i cui l'elemento fiduciario
del rapporto è stato, esso solo, determinante per consentire l'as
sunzione diretta del lavoratore.
Per tutte le ragioni indicate il ricorso va rigettato.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 14 mag
gio 1997, n. 4249; Pres. Borruso, Est. Senofonte, P.M. Mac
carone (conci, conf.); Bruccoleri (Aw. Carbone, Savini) c.
Comune di Ravanusa (Avv. Gambino). Conferma App. Pa
lermo 14 febbraio 1994.
Opere pubbliche — Appalto — Revisione prezzi — Diritto al
compenso revisionale dell'appaltatore — Decorrenza (D.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063, approvazione del capitolato generale
d'appalto per le opere di competenza del ministero dei lavori
pubblici, art. 35; 1. 11 febbraio 1994 n. 109, legge quadro in materia di lavori pubblici, art. 26).
In tema di appalti di opere pubbliche (e nel vigore della discipli na speciale anteriore a quella introdotta dalla legge quadro n. 109 del 1994) il diritto dell'appaltatore al compenso revi
sionale sorge solo se riconosciuto dall'amministrazione com
mittente, con la conseguenza che il diritto a ricevere acconti
non si configura — né gli interessi per il ritardato pagamento
possono decorrere prima di tale momento — se il riconosci
mento si verifica successivamente alla data di ultimazione dei
lavori. (1)
(1-3) Le sentenze costituiscono due tra le ultime pronunce relative
agli istituti della revisione dei prezzi e del prezzo chiuso così come rego lamentati dalla previgente normativa in tema di lavori pubblici: oggi, infatti, l'art. 26 1. 11 febbraio 1994 n. 109, modificata dalla 1. 2 giugno 1995 n. 216, oltre ad escludere l'applicabilità alla materia dei lavori
pubblici del 1° comma dell'art. 1664 c.c., ha abrogato l'art. 33 1. n. 41 del 1986 che prevedeva i due istituti ed ha generalizzato, modifican done la disciplina, il sistema del «prezzo chiuso».
Siffatto meccanismo consiste nell'aumento di una percentuale fissata
con decreto del ministro dei lavori pubblici da applicarsi, nel caso in
cui la differenza tra il tasso di inflazione reale e quello programmato nell'anno precedente sia superiore al due per cento, all'importo dei la
vori ancora da eseguire per ogni anno intero previsto per l'ultimazione
dei lavori stessi. Deve notarsi che in un periodo di relativa stabilità
del tasso di inflazione residua scarso spazio per l'applicazione della nuova
norma che si basa sulle variazioni di tale tasso. In precedenza, l'art.
3, 1° comma, d.l. 11 giugno 1992 n. 333, convertito nella 1. 8 agosto 1992 n. 359, aveva già soppresso l'istituto della revisione dei prezzi —
il quale aveva determinato numerosi riflessi negativi sulle casse pubbli che provocando incrementi spesso assai rilevanti dei costi delle opere
pubbliche — previsto dall'art. 33, 2° comma, 1. n. 41 del 1986, conser
vando il sistema del prezzo chiuso, a sua volta eliminato dall'art. 15
1. n. 498 del 1992 (Corte cost. 9 luglio 1993, n. 308, Foro it., 1995,
Il Foro Italiano — 1997.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 13 mag
gio 1997, n. 4181; Pres. Borruso, Est. Milani, P.M. Mac
caroni (conci, diff.); Soc. Telespazio (Avv. D'Ercole, Di
Brina) c. Pres. cons, ministri e Min. coordinamento per la
protezione civile (Avv. dello Stato Cosentino). Cassa App. Roma 17 maggio 1993.
Opere pubbliche — Prezzo chiuso e revisione prezzi — Distin
zione (L. 28 febbraio 1986 n. 41, disposizioni per la forma zione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, art. 33).
Opere pubbliche — Prezzo chiuso — Maggiorazione del cinque
per cento per ogni anno previsto per l'esecuzione dei lavori — Trattativa privata — Decorrenza (L. 28 febbraio 1986 n.
41, art. 33).
Gli istituti della revisione prezzi e del prezzo chiuso rispondono a finalità ed esigenze diverse: di conseguenza, le disposizioni in tema di contratto a prezzo chiuso debbono essere interpre tate senza riferimento alla diversa disciplina regolante il siste
ma revisionale dei prezzi. (2) Nel vigore della l. n. 41 del 1986, la maggiorazione del cinque
per cento per ogni anno previsto per l'ultimazione dei lavori
del prezzo dell'opera al netto del ribasso d'asta va applicata includendo nel calcolo l'intera durata contrattualmente previ sta per l'esecuzione dei lavori, ivi compreso il primo anno
e, nel caso in cui il rapporto si sia svolto con le modalità
della trattativa privata, con decorrenza dalla stipulazione del
contratto, anche in caso di apertura anticipata del cantiere. (3)
I, 428, con nota di richiami, aveva dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale di tale articolo, nella parte in cui elimina la scelta facoltativa del sistema del prezzo chiuso anche in relazione
agli appalti delle regioni e degli enti da esse dipendenti, in riferimento
agli art. 117, 118 e 119 Cost.); per quanto attiene ai contratti ad esecu zione periodica o continuativa, la revisione prezzi era inoltre stata sosti tuita (ex art. 44 1. 23 dicembre 1994 n. 724) dal meccanismo che impo neva la presenza di una clausola di revisione periodica dei prezzi.
La prima pronuncia sposa l'avviso secondo cui il diritto dell'appalta tore sorge soltanto a seguito del riconoscimento, operato dall'ammini
strazione, del diritto alla revisione. Da ciò consegue che la controversia che insorga sulla liquidazione del compenso rientra nella giurisdizione del giudice ordinario: in tal senso, v. Cass., sez. un., 23 aprile 1997, n. 3568, Urbanìstica e appalti, 1997, 777; Cons, giust. amm. sic. 25 ottobre 1996, n. 380, Foro it., Rep. 1996, voce Opere pubbliche, n.
472; Cass., sez. un., 3 ottobre 1996, n. 8649, ibid., n. 471; Trib. Latina 27 febbraio 1996, ibid., voce Contratti della p.a., n. 290; Cass., sez.
un., 27 ottobre 1995, n. 11180, ibid., voce Opere pubbliche, n. 470; 20 ottobre 1995, n. 10929, id., 1995, I, 3448, con nota di richiami (la questione riguardava la richiesta dell'appaltatore di somme maggiori rispetto a quelle liquidate, non già in considerazione di lavori ulteriori
rispetto a quelli concordati, ma in applicazione di criteri di quantifica zione diversi da quelli adottati dall'amministrazione), e 19 ottobre 1993, n. 10344, id., 1993, I, 3251, con nota di richiami di A. Barone. Con riferimento alle controversie in materia di revisione prezzi negli appalti di pubblici servizi, la giurisprudenza afferma la giurisdizione del giudi ce ordinario in quanto la revisione è regolata dalle disposizioni di cui all'art. 1664 c.c.: così Cons. Stato, sez. IV, 5 ottobre 1995, n. 787, id., Rep. 1996, voce Contratti della p.a., n. 288; 13 settembre 1995, n. 691, ibid., n. 289.
La seconda sentenza si occupa della distinzione tra l'istituto della revisione prezzi e quello del prezzo chiuso, precisando che il primo ten de a ristabilire il rapporto sinallagmatico tra prestazione dell'appaltato re e controprestazione dell'amministrazione, laddove il secondo rispon de al criterio di un'alea convenzionale e forfetizzata. Da ciò deriva che le disposizioni sul prezzo chiuso debbono essere interpretate in modo
autonomo, senza far riferimento alla diversa disciplina regolante il si
stema revisionale e, in particolare, alla norma che esclude dal computo della maggiorazione il primo anno. Nel senso che gli istituti della revi
sione prezzi e del c.d. prezzo chiuso trovano applicazione disgiunta in
fasi negoziali autonome, v. Cons. Stato, sez. IV, 20 giugno 1996, n.
801, ibid., n. 283. Per l'affermazione secondo cui non è applicabile all'istituto del prezzo chiuso il principio della «sterilizzazione» dell'an no iniziale, previsto dalla legislazione per la sola revisione dei prezzi, v. altresì Coli. arb. 5 marzo 1991, id., Rep. 1993, voce Opere pubbli che, n. 506. Nel senso invece che le disposizioni sul prezzo chiuso di
cui all'art. 33 1. n. 41 del 1986 vanno coordinate col meccanismo della
revisione prezzi e, come esso, operano solo nei contratti pluriennali e con decorrenza dal secondo anno di esecuzione, v. Cons. Stato, comm.
spec., 12 maggio 1987, n. 540, id., Rep. 1988, voce Contratti della
p.a., n. 176. Pur ribadendo l'alternatività tra prezzo chiuso e revisione
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