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sezione lavoro; sentenza 22 maggio 1997, n. 4548; Pres. Mercurio, Est. Vidiri, P.M. Giacalone...

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sezione lavoro; sentenza 22 maggio 1997, n. 4548; Pres. Mercurio, Est. Vidiri, P.M. Giacalone (concl. conf.); Min. lavoro e altro c. Valbusa e altra (Avv. Prosperetti, Dalla Bernardina). Conferma Pret. Verona 9 giugno 1994 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 10 (OTTOBRE 1997), pp. 2949/2950-2953/2954 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192530 . Accessed: 25/06/2014 00:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 00:09:30 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 22 maggio 1997, n. 4548; Pres. Mercurio, Est. Vidiri, P.M. Giacalone(concl. conf.); Min. lavoro e altro c. Valbusa e altra (Avv. Prosperetti, Dalla Bernardina).Conferma Pret. Verona 9 giugno 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 10 (OTTOBRE 1997), pp. 2949/2950-2953/2954Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192530 .

Accessed: 25/06/2014 00:09

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 22 mag

gio 1997, n. 4548; Pres. Mercurio, Est. Vidiri, P.M. Giaca

lone (conci, conf.); Min. lavoro e altro c. Valbusa e altra

(Aw. Prosperetti, Dalla Bernardina). Conferma Pret. Ve

rona 9 giugno 1994.

Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Lavo

ratori extracomunitari — Assunzione diretta — Ammissibili

tà — Limiti (L. 29 aprile 1949 n. 264, provvedimenti in mate ria di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori invo

lontariamente disoccupati, art. 11; 1. 30 dicembre 1986 n. 943, norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavo

ratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clan

destine. Disposizioni in materia di asilo politico, art. 5, 6; d.l. 30 dicembre 1989 n. 416, norme urgenti in materia di

asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomu

nitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed

apolidi già presenti nel territorio dello Stato, art. 9; 1. 28 feb

braio 1990 n. 39, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 dicembre 1989 n. 416, art. unico).

Il lavoratore extracomunitario può essere assunto con chiamata

diretta nelle ipotesi consentite dall'art. 11 l. 29 aprile 1949

n. 264, salva quella concernente i lavoratori domestici (la cui

assunzione, se extracomunitari, deve avvenire con richiesta

nominativa ex art. 6, 2° comma, I. 30 dicembre 1986 n. 943), e salva la riserva costituzionale per l'accesso ai profili profes sionali del pubblico impiego che attengono all'esercizio dei

c.d. diritti funzionali, nonché per gli speciali servizi di durata non superiore ad un giorno nei settori del turismo e dei pub blici esercizi di cui all'art. 23, 3

° comma, I. 28 febbraio 1987

n. 56. (1)

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso il

ministero e l'ispettorato del lavoro deducono violazione e falsa

applicazione della 1. 29 aprile 1949 n. 264, della 1. 30 dicembre

1986 n. 943 e della 1. 28 febbraio 1990 n. 39. In particolare deducono che la sentenza pretorile nasconde una errata inter

pretazione delle fonti normative in materia di avviamento al

lavoro del cittadino extra-comunitario, dovendosi negare che nella

legislazione italiana sussista un principio di equiparazione auto

matica tra lavoratore nazionale e lavoratore extra-comunitario

in applicazione del quale quest'ultimo sia destinatario, sempre e comunque, di tutte le norme dettate in materia di avviamento

al lavoro, nei confronti del lavoratore italiano. In particolare la 1. n. 39 del 1990, emanata per regolare i flussi immigratori,

apprestando ai lavoratori extra-comunitari già presenti nel terri

torio statale una tutela che li ponga al riparo da forme di spe

culazione, nel riconoscere in relazione alla stipula dei contratti

di lavoro la stessa posizione al cittadino italiano ed a quello

extra-comunitario, una volta che quest'ultimo sia iscritto nelle

liste di collocamento, conferma l'insussistenza di una automati

ca equiparazione tra cittadino italiano ed extra-comunitario per

quanto riguarda l'avviamento al lavoro.

La 1. n. 264 del 1949, che esclude poi l'obbligo di assunzione

del lavoratore mediante ricorso alle liste di collocamento in ipo tesi tassative, deve interpretarsi tenendosi conto che essa è stata

emanata in un periodo storico che non conosceva la questione del lavoratore non nazionale, sicché l'operatività del disposto dell'art. 11, 3° comma, n. 6, deve essere limitata dal presuppo sto che il lavoratore da assumere sia cittadino italiano (o comu

nitario). Ciò trova conferma nella formulazione dell'art. 9 della

stessa 1. n. 264 del 1949, quale risulta dall'inserimento dell'ulti

(1) A distanza di pochi mesi la presente sentenza si pronuncia consa

pevolmente in senso opposto rispetto a Cass. 11 febbraio 1997, n. 1239, Foro it., Mass., 117 (il p.m. aveva chiesto, in principalità, la rimessione

della causa al primo presidente per l'eventuale assegnazione alle sezioni

unite). Sui problemi dell'accesso al lavoro degli extracomunitari, cfr., tra

gli altri, M. Napoli, La disciplina dell'immigrazione in Italia, in Que stioni di diritto del lavoro (1992-1996), Giappichelli, Torino, 1996, 128

ss.; P. Lambertucci, I lavoratori extracomunitari immigrati: la disci

plina del rapporto di lavoro e la garanzia dei diritti, in Argomenti dir.

lav., 1995, fase. 2, 116 ss.; L. Isenburg, Il rapporto di lavoro dei citta

dini extracomunitari dopo la legge Martelli, in Riv. giur. lav., 1992,

I, 429 ss., spec. 434 ss.; A. Viscomi, Immigrati extracomunitari e lavo

ro subordinato, Esi, Napoli, 1991, 175 ss.

Il Foro Italiano — 1997.

mo comma (relativo, appunto, ai «lavoratori stranieri») opera to dall'art. 3 1. 10 febbraio 1961 n. 5.

La 1. 30 dicembre 1986 n. 943 era l'unica, infine, diretta a

regolare ex professo la materia del collocamento e del tratta

mento dei lavoratori extra-comunitari immigrati. Orbene, l'art.

6, 1 ° e 2° comma, disciplina l'ipotesi della chiamata nominati

va, in particolare il 2° comma prevede che avvenga con richie sta nominativa l'assunzione dei lavoratori extra-comunitari da

adibirsi ai servizi domestici, ipotesi questa rientrante al n. 5

dell'art. 11, 3° comma, 1. 264/49. È pertanto evidente che il

legislatore del 1986 — non corretto sul punto dalla legge Mar

telli — ha, tra le ipotesi previste dalla 1. 264/49 per ciò che

concerne i lavoratori extra-comunitari, regolato unicamente i

c.d. servizi domestici, per sottoporli alla chiamata nominativa, ed è ovvio — concludono i ricorrenti — che se il legislatore avesse inteso sottrarre alle procedure del collocamento anche

la fattispecie di cui al n. 6 dello stesso art. 11 1. 264/91, avrebbe

formulato una norma ad hoc.

La censura è infondata e pertanto va rigettata. Va premesso che questa corte con una recente decisione ha ritenuto che la

1. n. 943 del 1986 (dal titolo: norme in materia di collocamento

e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e con

tro le immigrazioni clandestine. Disposizioni in materia di asilo

politico) ha, per quanto riguarda i lavoratori extracomunitari,

impedito qualsiasi ipotesi di chiamata diretta. Dopo avere pre messo che il titolo II della suddetta legge disciplina la program mazione dell'occupazione dei lavoratori subordinati ed extraco

munitari in Italia, prevedendo la fissazione con decreti del mi

nistero del lavoro e della previdenza sociale delle procedure per l'avviamento al lavoro degli extracomunitari (art. 5) e l'esten

sione della disciplina vigente per i lavoratori italiani per l'avvia

mento al lavoro con chiamata nominativa e per il passaggio diretto (art. 6), evidenzia poi che la 1. n. 39 del 1990 (c.d. legge

Martelli) di conversione con modificazioni del d.l. n. 416 del

1989 (dal titolo «misure urgenti in materia di asilo politico, di

ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolariz zazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel

territorio dello Stato») prevede che il permesso di soggiorno

per motivi di lavoro dà facoltà di iscrizione nelle liste di collo

camento predisposte per i lavoratori italiani a livello circoscri

zionale, anche nelle more del rilascio del libretto di lavoro, con

facoltà di stipulare qualsiasi tipo di contratto di lavoro, ivi com

preso quello di formazione e lavoro, secondo le norme in vigore

per i lavoratori nazionali, escluso soltanto il pubblico impiego

(art. 9, 3° comma).

Orbene, a parere della corte, nella suddetta decisione la 1.

n. 39 del 1990, per le sue specifiche finalità, non ha modificato

in alcun modo il sistema dell'avviamento a lavoro degli extraco

munitari regolato specificamente dell'art. 6 1. n. 943 del 1986, che «pacificamente esclude gli stessi lavoratori extracomunitari

dall'assunzione diretta», istituto che «costituisce vera e propria eccezione nell'ambito delle procedure di avviamento al lavoro, e come tale soffre di limitazioni e condizionamenti ben precisi, che mal si conciliano con una superficiale e immotivata esten

sione non specificamente prevista da specifica disposizione legi slativa» (cfr. in tali sensi Cass. 11 febbraio 1997, n. 1239, Foro

it., Mass., 117). Per di più, evidenziano i giudici di legittimità, il sistema normativo risponde nel suo complesso a «motivazioni

valide e interessanti, quali quelle di una maggiore tutela, attra

verso accertamenti preventivi, di un corretto inserimento dei ci

tati lavoratori, certamente a rischio di sfrutamento, nel mondo

del lavoro» (cfr. ancora Cass. 11 febbraio 1997, n. 1239, cit.).

Questo collegio non ritiene di poter condividere le argomen tazioni poste a base della ricordata decisione. Ai fini di un ordi

nato iter motivazionale appaiono utili alcune premesse sull'isti

tuto della chiamata diretta e sul disposto dell'art. 11 1. 29 aprile 1949 n. 264 (provvedimenti in materia di avviamento al lavoro

e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati) che

prevede specifiche ipotesi di chiamata diretta, nonché qualche cenno sull'assunzione dei lavoratori attraverso gli uffici del col

locamento.

In concreto, le modalità dell'accesso al lavoro si concretizza

no: nell'assunzione diretta, cioè nell'assunzione del tutto libera

del lavoratore senza necessità di passare attraverso l'ufficio del

collocamento; nella richiesta numerica, cioè nella richiesta del

datore di lavoro rivolta unicamente all'avviamento di un nume

ro di lavoratori di una determinta qualifica, che l'ufficio del

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2951 PARTE PRIMA 2952

collocamento provvede poi ad avviare in base a specifici criteri

(disoccupati di lunga durata, carico di famiglia); nella richiesta

nominativa, prevista inizialmente per i lavoratori di alta specia lizzazione e per una serie specifica di ipotesi minuziosamente

elencate.

Siffatti iniziali criteri di assunzione al lavoro hanno subito

con il tempo delle radicali modifiche. Così la 1. 23 luglio 1991 n. 223 ha ormai reso generale la richiesta nominativa (cfr. art.

25 ss.), rendendo in pratica sostanzialmente facoltativa la ri

chiesta numerica.

D'altra parte, l'assunzione diretta ha visto ampliato il suo

iniziale ambito applicativo. Il già ricordato art. 11 1. n. 264 del 1949 ammette l'assunzio

ne diretta: del coniuge, dei parenti affini non oltre il terzo gra do del datore di lavoro (3° comma, n. 1); del personale con

funzioni direttive e dei lavoratori di concetto o specializzati as

sunti mediante concorso pubblico (3° comma, nn. 2 e 3); dei

lavoratori esclusivamente a compartecipazione (compresi i mez

zadri ed i coloni parziali), dei domestici, dei portieri, degli ad detti agli studi professionali e di tutti coloro che sono addetti

a servizi familiari (3° comma, nn. 4 e 5); ed infine dei lavorato

ri destinati ad aziende con non più di tre dipendenti (sei per le zone mistilingue e montane) (3° comma, n. 6). In tutte queste

ipotesi viene imposto l'obbligo di comunicazione dei nominativi

dei lavoratori assunti alla sezione di collocamento competente

(7° comma). La stessa 1. 264/49 prevede poi l'assunzione diret

ta nei casi di urgente necessità al fine di evitare danni alle per sone ed agli impianti, salvo la necessità di un apposito controllo

successivo, con la conseguente convalida da parte dell'ufficio

competente (cfr. art. 19). A siffatte ipotesi di assunzione diretta di manodopera, senza

il tramite dell'ufficio di collocamento, si affianca poi l'ipotesi di assunzione diretta di manodopera per l'esecuzione di presta zioni di durata non superiore ad un giorno nei settori del turi

smo e dei pubblici esercizi, in conformità della contrattazione

collettiva e, sempre con l'obbligo di dare comunicazione del

l'avvenuta assunzione all'ufficio competente entro il primo giorno non festivo successivo (art. 23, 3° comma, 1. 28 febbraio 1987

n. 56). È evidente, sulla base del dato normativo, che le ragioni che

hanno indotto il legislatore al riconoscimento dell'assunzione diretta non sono riconducibili ad unica ragione ma rispondono a diverse e non sempre coincidenti ottiche (motivi di fiducia

caratterizzanti determinati rapporti lavorativi; opportunità di non

costringere a procedure che richiedono tempi minimi irriducibili

rapporti lavorativi destinati ad esaurirsi in brevissimo tempo;

opportunità di lasciare libertà alle imprese nelle ipotesi di salva

guardia di interessi ritenuti preminenti su quelli, pur meritevoli

di speciale considerazione, di una rigida regolamentazione delle

domande ed offerte di lavoro, ecc.). Ciò premesso, il problema che questa corte è chiamata a ri

solvere è quello di stabilire se la 1. 30 dicembre 1986 n. 943 abbia reso inapplicabile, totalmente o parzialmente, il sistema della chiamata diretta prevista dalla 1. n. 264 del 1949 ai lavora tori extracomunitari, introducendo così una diversità di tratta mento in detta materia tra lavoratori italiani e comunitari da una parte e lavoratori extracomunitari dall'altra, anche quando costoro, come nel caso di specie, siano già in possesso di un

regolare permessso di soggiorno nel nostro paese. Al fine della risoluzione della problematica in oggetto, a pa

rere di questa corte, assume valore decisivo, nell'assetto norma tivo innanzi delineato, l'art. 6 1. n. 943 del 1986, che dopo ave re statuito che «per l'avviamento con chiamata nominativa e

per il passaggio diretto si applica la disciplina vigente per i lavo ratori italiani» (1° comma), aggiunge poi che «L'assunzione di

lavoratori extracomunitari da adibirsi ai lavori domestici avvie ne con richiesta nominativa» (2° comma). L'indicata disposi zione, come emerge dal suo dato testuale, si limita a regolare per quanto riguarda i lavoratori extra-comunitari una sola delle

ipotesi di chiamata diretta, quella dei lavoratori domestici, di sciplinata unitamente ad altre distinte categorie di lavoratori (por tieri, addetti a studi professionali), dal n. 5 dell'art. 11 1. n. 264 del 1949. Nessuna specifica regolamentazione dettano inve ce il suddetto art. 6 e l'intera normativa della 1. n. 943 del 1986, per le restanti ipotesi di chiamata diretta, di cui all'art. 11 della

generale legge di avviamento sul lavoro. Ne consegue che per gli extracomunitari, nell'assoluto silenzio della nuova normati

II Foro Italiano — 1997.

va, non può non valere il carattere generale del disposto del

più volte citato art. 11 1. 264/64, che legittima in ben specifiche

ipotesi (tra le quali quella, appunto, di cui si controverte nel

caso di specie, di impresa con meno di tre dipendenti) il datore

di lavoro di assumere direttamente i lavoratori, senza porre al

cuna distinzione tra gli stessi a seconda che siano lavoratori

italiani o stranieri. E che le disposizioni dell'intera legge siano

suscettibili, in assenza di specifiche disposizioni contrarie, a va

lere anche per le fattispecie interessanti i lavoratori stranieri si

ricava dalla 1. 10 febbraio 1961 n. 5, che proprio sul presuppo sto dall'applicazione generalizzata della 1. n. 264 del 1949 ha

apportato modifiche all'art. 9 della legge stessa statuendo che

«i lavoratori stranieri che chiedono di iscriversi nelle liste di

collocamento devono essere muniti di permesso di soggiorno

per motivi di lavoro o di documento equipollente previsto dagli accordi nazionali».

Di contro il riconoscere alla 1. n. 943 del 1986 la capacità di determinare il superamento, per gli extracomunitari, del si

stema della chiamata diretta imponendo in ogni caso l'assunzio

ne al lavoro tramite gli uffici di collocamento, oltre a non tro

vare alcun conforto — come è opportuno ribadire — nel dato

normativo, finirebbe, in ultima istanza, per addebitare al legis latore la colpa di avere voluto lasciare all'interprete, in una ma

teria che per la sua rilevanza e per gli interessi coinvolti ha

bisogno di certezza, il compito non certo agevole di stabilire

se le altre ipotesi di chiamata diretta di cui agli art. 11 e 19

1. n. 264 del 1949 devono essere assoggettate, allorquando ven

gano assunti lavoratori extracomunitari, alla chiamata nomina

tiva (tesi questa seguita dalla circolare ministeriale n. 31/90 agli

atti) o invece alla chiamata numerica (rispetto alla quale, all'e

poca dell'emanazione della 1. n. 943 del 1986, la richiesta nomi

nativa assumeva una portata circoscritta a ben individuate

ipotesi). Le considerazioni sinora svolte trovano ulteriore conforto an

che in altre considerazioni.

Come è stato osservato in dottrina, una discriminazione per

quanto riguarda la disciplina giuridica applicabile alle vicende

del rapporto non trova legittimazione alcuna né sul piano costi

tuzionale né su quello della legislazione ordinaria dal momento

che l'extracomunitario legalmente residente in Italia gode di «pie na uguaglianza di diritti e parità di trattamento» con il lavora

tore italiano (art. 1 1. n. 943 del 1986). Ed ulteriore conferma

di una siffatta equiparazione viene fornita dal 3° comma 1. n.

39 del 1990 che stabilisce tra l'altro che «nel caso in cui il sog giorno è richiesto per motivi di lavoro, il rilascio del relativo

permesso dà facoltà di iscrizione nelle liste di collocamento pre

disposte per i lavoratori italiani a livello circoscrizionale, anche

nelle more del rilascio del libretto di lavoro». Come è stato

osservato, le liste speciali di collocamento per gli extracomuni

tari, mai realizzate e pur non abrogate espressamente, sembra

no ora avere esaurito la loro funzione in seguito alla promulga zione della 1. n. 39 del 1990 che, come ora detto, ha sancito la generale iscrizione dei lavoratori extracomunitari regolarizza ti nelle medesime liste di collocamento previste a livello circo scrizionale per i lavoratori italiani. Da qui il diritto del lavora tore extracomunitario di accedere, in condizione di generale pa rità con il cittadino italiano, alla fruizione di tutte le opportunità occupazionali previste dall'ordinamento, obbligandolo però, nello stesso tempo, a seguire le stesse modalità e procedure previste dalla disciplina generale. A fronte, quindi di specifiche eccezio ni a tale regola generale, quali quelle della richiesta nominativa

per i lavoratori domestici ed alla riserva costituzionale in favore dei cittadini per l'accesso ai profili professionali del pubblico impiego che attengono all'esercizio dei c.d. «diritti funzionali», il lavoratore extracomunitario può essere assunto con chiamata diretta in tutte le restanti ipotesi di cui all'art. 11 1. n. 264 del 1949 nonché per tutte le assunzioni non superiori ad un giorno di cui all'art. 23, 3° comma, 1. n 56 del 1987.

Né per andare in contrario avviso possono addursi l'esigenza di «monitorare» costantemente i flussi occupazionali di mano

dopera straniera, meglio garantito dalla richiesta nominativa, sia l'ulteriore esigenza di tutelare fasce deboli della forza lavo

ro, spesso oggetto di odiose forme di sfruttamento. Contro tali obiezioni — che se fondate denunzierebbero uni

camente degli inconvenienti della legge e non varrebbero certo ad invalidare soluzioni ermeneutiche fondate su decisivi dati te stuali — è agevole però obiettare come la possibilità di forme

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di monitoraggio o di controlli indispensabili per un'ordinata col

locazione della manodopera sono sempre possibili attraverso lo

strumento della comunicazione successiva prevista nelle diverse

ipotesi di assunzione diretta, e dalla considerazione ulteriore che

comunque i controlli a tale fine devono esser effettuati in sede di ingresso nel territorio nazionale degli extracomunitari e, non

allorquando l'extracomunitario, per essere già in possesso del

permesso di soggiorno per motivi di lavoro e per essere legal mente residente in Italia gode — come si è visto — di una situa

zione di piena eguaglianza di diritti è parità di trattamento «con il lavoratore italiano». Quanto poi all'esigenza di tutela della

parte debole l'argomentazione, nella misura in cui la si solleva — come si è fatto — in relazione a tutte le ipotesi di chiamata

diretta, è destinata a provare troppo ed a perdere pertanto di

valore, non spiegando, ad esempio, i casi di chiamata diretta

del personale direttivo o le ipotesi i cui l'elemento fiduciario

del rapporto è stato, esso solo, determinante per consentire l'as

sunzione diretta del lavoratore.

Per tutte le ragioni indicate il ricorso va rigettato.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 14 mag

gio 1997, n. 4249; Pres. Borruso, Est. Senofonte, P.M. Mac

carone (conci, conf.); Bruccoleri (Aw. Carbone, Savini) c.

Comune di Ravanusa (Avv. Gambino). Conferma App. Pa

lermo 14 febbraio 1994.

Opere pubbliche — Appalto — Revisione prezzi — Diritto al

compenso revisionale dell'appaltatore — Decorrenza (D.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063, approvazione del capitolato generale

d'appalto per le opere di competenza del ministero dei lavori

pubblici, art. 35; 1. 11 febbraio 1994 n. 109, legge quadro in materia di lavori pubblici, art. 26).

In tema di appalti di opere pubbliche (e nel vigore della discipli na speciale anteriore a quella introdotta dalla legge quadro n. 109 del 1994) il diritto dell'appaltatore al compenso revi

sionale sorge solo se riconosciuto dall'amministrazione com

mittente, con la conseguenza che il diritto a ricevere acconti

non si configura — né gli interessi per il ritardato pagamento

possono decorrere prima di tale momento — se il riconosci

mento si verifica successivamente alla data di ultimazione dei

lavori. (1)

(1-3) Le sentenze costituiscono due tra le ultime pronunce relative

agli istituti della revisione dei prezzi e del prezzo chiuso così come rego lamentati dalla previgente normativa in tema di lavori pubblici: oggi, infatti, l'art. 26 1. 11 febbraio 1994 n. 109, modificata dalla 1. 2 giugno 1995 n. 216, oltre ad escludere l'applicabilità alla materia dei lavori

pubblici del 1° comma dell'art. 1664 c.c., ha abrogato l'art. 33 1. n. 41 del 1986 che prevedeva i due istituti ed ha generalizzato, modifican done la disciplina, il sistema del «prezzo chiuso».

Siffatto meccanismo consiste nell'aumento di una percentuale fissata

con decreto del ministro dei lavori pubblici da applicarsi, nel caso in

cui la differenza tra il tasso di inflazione reale e quello programmato nell'anno precedente sia superiore al due per cento, all'importo dei la

vori ancora da eseguire per ogni anno intero previsto per l'ultimazione

dei lavori stessi. Deve notarsi che in un periodo di relativa stabilità

del tasso di inflazione residua scarso spazio per l'applicazione della nuova

norma che si basa sulle variazioni di tale tasso. In precedenza, l'art.

3, 1° comma, d.l. 11 giugno 1992 n. 333, convertito nella 1. 8 agosto 1992 n. 359, aveva già soppresso l'istituto della revisione dei prezzi —

il quale aveva determinato numerosi riflessi negativi sulle casse pubbli che provocando incrementi spesso assai rilevanti dei costi delle opere

pubbliche — previsto dall'art. 33, 2° comma, 1. n. 41 del 1986, conser

vando il sistema del prezzo chiuso, a sua volta eliminato dall'art. 15

1. n. 498 del 1992 (Corte cost. 9 luglio 1993, n. 308, Foro it., 1995,

Il Foro Italiano — 1997.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 13 mag

gio 1997, n. 4181; Pres. Borruso, Est. Milani, P.M. Mac

caroni (conci, diff.); Soc. Telespazio (Avv. D'Ercole, Di

Brina) c. Pres. cons, ministri e Min. coordinamento per la

protezione civile (Avv. dello Stato Cosentino). Cassa App. Roma 17 maggio 1993.

Opere pubbliche — Prezzo chiuso e revisione prezzi — Distin

zione (L. 28 febbraio 1986 n. 41, disposizioni per la forma zione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, art. 33).

Opere pubbliche — Prezzo chiuso — Maggiorazione del cinque

per cento per ogni anno previsto per l'esecuzione dei lavori — Trattativa privata — Decorrenza (L. 28 febbraio 1986 n.

41, art. 33).

Gli istituti della revisione prezzi e del prezzo chiuso rispondono a finalità ed esigenze diverse: di conseguenza, le disposizioni in tema di contratto a prezzo chiuso debbono essere interpre tate senza riferimento alla diversa disciplina regolante il siste

ma revisionale dei prezzi. (2) Nel vigore della l. n. 41 del 1986, la maggiorazione del cinque

per cento per ogni anno previsto per l'ultimazione dei lavori

del prezzo dell'opera al netto del ribasso d'asta va applicata includendo nel calcolo l'intera durata contrattualmente previ sta per l'esecuzione dei lavori, ivi compreso il primo anno

e, nel caso in cui il rapporto si sia svolto con le modalità

della trattativa privata, con decorrenza dalla stipulazione del

contratto, anche in caso di apertura anticipata del cantiere. (3)

I, 428, con nota di richiami, aveva dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale di tale articolo, nella parte in cui elimina la scelta facoltativa del sistema del prezzo chiuso anche in relazione

agli appalti delle regioni e degli enti da esse dipendenti, in riferimento

agli art. 117, 118 e 119 Cost.); per quanto attiene ai contratti ad esecu zione periodica o continuativa, la revisione prezzi era inoltre stata sosti tuita (ex art. 44 1. 23 dicembre 1994 n. 724) dal meccanismo che impo neva la presenza di una clausola di revisione periodica dei prezzi.

La prima pronuncia sposa l'avviso secondo cui il diritto dell'appalta tore sorge soltanto a seguito del riconoscimento, operato dall'ammini

strazione, del diritto alla revisione. Da ciò consegue che la controversia che insorga sulla liquidazione del compenso rientra nella giurisdizione del giudice ordinario: in tal senso, v. Cass., sez. un., 23 aprile 1997, n. 3568, Urbanìstica e appalti, 1997, 777; Cons, giust. amm. sic. 25 ottobre 1996, n. 380, Foro it., Rep. 1996, voce Opere pubbliche, n.

472; Cass., sez. un., 3 ottobre 1996, n. 8649, ibid., n. 471; Trib. Latina 27 febbraio 1996, ibid., voce Contratti della p.a., n. 290; Cass., sez.

un., 27 ottobre 1995, n. 11180, ibid., voce Opere pubbliche, n. 470; 20 ottobre 1995, n. 10929, id., 1995, I, 3448, con nota di richiami (la questione riguardava la richiesta dell'appaltatore di somme maggiori rispetto a quelle liquidate, non già in considerazione di lavori ulteriori

rispetto a quelli concordati, ma in applicazione di criteri di quantifica zione diversi da quelli adottati dall'amministrazione), e 19 ottobre 1993, n. 10344, id., 1993, I, 3251, con nota di richiami di A. Barone. Con riferimento alle controversie in materia di revisione prezzi negli appalti di pubblici servizi, la giurisprudenza afferma la giurisdizione del giudi ce ordinario in quanto la revisione è regolata dalle disposizioni di cui all'art. 1664 c.c.: così Cons. Stato, sez. IV, 5 ottobre 1995, n. 787, id., Rep. 1996, voce Contratti della p.a., n. 288; 13 settembre 1995, n. 691, ibid., n. 289.

La seconda sentenza si occupa della distinzione tra l'istituto della revisione prezzi e quello del prezzo chiuso, precisando che il primo ten de a ristabilire il rapporto sinallagmatico tra prestazione dell'appaltato re e controprestazione dell'amministrazione, laddove il secondo rispon de al criterio di un'alea convenzionale e forfetizzata. Da ciò deriva che le disposizioni sul prezzo chiuso debbono essere interpretate in modo

autonomo, senza far riferimento alla diversa disciplina regolante il si

stema revisionale e, in particolare, alla norma che esclude dal computo della maggiorazione il primo anno. Nel senso che gli istituti della revi

sione prezzi e del c.d. prezzo chiuso trovano applicazione disgiunta in

fasi negoziali autonome, v. Cons. Stato, sez. IV, 20 giugno 1996, n.

801, ibid., n. 283. Per l'affermazione secondo cui non è applicabile all'istituto del prezzo chiuso il principio della «sterilizzazione» dell'an no iniziale, previsto dalla legislazione per la sola revisione dei prezzi, v. altresì Coli. arb. 5 marzo 1991, id., Rep. 1993, voce Opere pubbli che, n. 506. Nel senso invece che le disposizioni sul prezzo chiuso di

cui all'art. 33 1. n. 41 del 1986 vanno coordinate col meccanismo della

revisione prezzi e, come esso, operano solo nei contratti pluriennali e con decorrenza dal secondo anno di esecuzione, v. Cons. Stato, comm.

spec., 12 maggio 1987, n. 540, id., Rep. 1988, voce Contratti della

p.a., n. 176. Pur ribadendo l'alternatività tra prezzo chiuso e revisione

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