sezione lavoro; sentenza 22 marzo 2005, n. 6126; Pres. Ciciretti, Est. De Luca, P.M. Pivetti(concl. conf.); Min. lavoro e politiche sociali e altra (Avv. dello Stato) c. Comune di Lauro (Avv.Rispoli). Cassa Trib. Avellino 12 aprile 2002Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 9 (SETTEMBRE 2005), pp. 2363/2364-2365/2366Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200846 .
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2363 PARTE PRIMA 2364
del tutore, riconoscendogli invece il potere di chiedere la nomi
na di un curatore speciale ai fini della proposizione della do
manda di divorzio, v. sent. n. 9582 del 2000, id., Rep. 2000, vo ce Matrimonio, n. 143).
E la conferma dell'inesistenza, in capo al tutore, di una rap
presentanza generale degli interessi dell'interdetto con riguardo a siffatto genere di atti si rinviene, nella, previsione codicistica
della necessaria nomina, da parte del giudice tutelare, non appe na avuta notizia del fatto da cui deriva l'apertura della tutela, oltre che del tutore, anche del protutore (art. 346 c.c.), nonché
nelle ulteriori previsioni che «il protutore rappresenta il minore
nei casi in cui l'interesse di questo è in opposizione con l'inte
resse del tutore».
«Se anche il protutore si trova in opposizione di interessi con
il minore, il giudice tutelare nomina un curatore speciale» (art. 360 c.c.).
E ben vero che le menzionate norme sono inserite nella «tu
tela dei minori»; ma tale tutela è richiamata nella sua interezza
per l'interdizione, alla quale pertanto è applicabile: l'art. 424
c.c., infatti, sancisce che «le disposizioni sulla tutela dei minori
... si applicano ... alla tutela degli interdetti...».
Le conclusioni raggiunte non contrastano né possono ritenersi
derogate dalla convenzione sui diritti dell'uomo e la biomedici
na, fatta ad Oviedo il 24 aprile 1997 — della quale la 1. 28 mar
zo 2001 n. 145 ha autorizzato la ratifica — dal momento che
tale convenzione prevede che il rappresentante legale (o co
munque un'apposita autorità od altro soggetto) possa esprimere il consenso che l'incapace non è in condizione di dare (art. 6), ma non preclude ai singoli Stati di fissare condizioni specifiche — che essa convenzione non ha previsto
— per la validità della
prestazione del consenso (sostitutivo). L'affermata sussistenza di altro soggetto quale necessario
contraddittore nel giudizio costituisce ragione sufficiente per la
dichiarazione d'inammissibilità del ricorso. Rimane pertanto as
sorbita la questione, proposta nella memoria, relativa alla neces
sità o no della notifica del ricorso al procuratore generale a quo. La ravvisata inammissibilità del ricorso esclude l'esame del
merito, e, quindi, anche della questione di legittimità costituzio
nale sollevata dal ricorrente.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 22 mar
zo 2005, n. 6126; Pres. Ciciretti, Est. De Luca, P.M. Pivetti
(conci, conf.); Min. lavoro e politiche sociali e altra (Avv. dello Stato) c. Comune di Lauro (Avv. Rispoli). Cassa Trib.
Avellino 12 aprile 2002.
Sanzioni amministrative e depenalizzazione — Ordinanza
ingiunzione — Opposizione — Ministero sovraordinato al
l'autorità che ha emesso l'ordinanza — Ricorso per cas
sazione — Inammissibilità (L. 24 novembre 1981 n. 689, modifiche al sistema penale, art. 23).
Previdenza e assistenza sociale — Agricoltura — Sezione
matricola e paga del registro di impresa — Invio tardivo
— Effetti (Cod. proc. civ., art. 155; 1. 29 aprile 1949 n. 264, provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assi stenza dei lavoratori involontariamente disoccupati, art. 19; d.l. 1° ottobre 1996 n. 510, disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e
nel settore previdenziale, art. 9 quater\ 1. 28 novembre 1996 n. 608, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1°
ottobre 1996 n. 510, art. unico).
E inammissibile, per difetto di legittimazione attiva, il ricorso
per cassazione proposto, avverso la sentenza che abbia deci
li Foro Italiano — 2005.
so sull'opposizione ad ordinanza-ingiunzione, dal ministero
gerarchicamente soyraordinato all'autorità che ha emesso
l'ordinanza stessa. ( 1 ) La violazione per l'omesso invio all'Inps e alla sezione circo
scrizionale per l'impiego e il collocamento in agricoltura, entro cinque giorni dall'assunzione, di un esemplare della se
zione matricola e paga del registro di impresa, sussiste anche
nel caso di semplice ritardo. (2)
Svolgimento del processo. — Con la sentenza ora denunciata,
il Tribunale di Avellino accoglieva l'opposizione proposta, dal
comune di Lauro, all'ordinanza-ingiunzione della direzione
provinciale del lavoro di Avellino — che gli aveva inflitto san
zione amministrativa, per aver omesso (in violazione dell'art. 9
quater, 4° comma, d.l. 1° ottobre 1996 n. 510, convertito, con
modificazioni, dalla 1. 28 novembre 1996 n. 608) di inviare al l'Inps ed alla sezione circoscrizionale per l'impiego e per il
collocamento in agricoltura, entro cinque giorni dalla data di as
sunzione, un esemplare della sezione matricola e paga del regi stro d'impresa, relativa ad alcuni lavoratori — essenzialmente
in base ai rilievi che «le suddette comunicazioni sono avvenute
in ritardo rispetto ai termini stabiliti per legge» e che — risul
tando la sanzione comminata (18° comma dello stesso art. 9
quater d.l. 1° ottobre 1996 n. 510, convertito, con modificazio
ni, dalla 1. 28 novembre 1996 n. 608, cit.) per la «violazione de
gli obblighi di comunicazione» — si deve ritenere, «in base al
l'applicazione del principio di legalità», che non sia prevista al
cuna sanzione «in caso di semplice ritardo», e, pertanto, l'acco
glimento del motivo di opposizione — in tal senso proposto dal
comune di Lauro — comporta il «conseguente assorbimento de
gli altri motivi addotti» dallo stesso comune.
Avverso la sentenza, il ministero del lavoro e delle politiche sociali e la direzione provinciale del lavoro di Avellino propon
gono ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
L'intimato comune di Lauro resiste con controricorso e pro
pone, contestualmente, ricorso incidentale condizionato, ecce
pendo, tra l'altro, l'inammissibilità del ricorso principale, «per la carenza di legittimazione attiva del ricorrente ministero del
lavoro».
Motivi della decisione. — 1. - Preliminarmente, va disposta la
riunione del ricorso incidentale a quello principale, in quanto
proposti separatamente contro la stessa sentenza (art. 335
c.p.c.). 2. - In via pregiudiziale e nel rito, ritiene la corte che l'ecce
zione di inammissibilità del ricorso principale del ministero del lavoro e delle politiche sociali — sollevata dal comune resi
stente — sia fondata e, perciò, debba essere accolta.
Invero, nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione,
spetta soltanto all'autorità che l'ha emessa (quale, nella specie, la direzione provinciale del lavoro di Avellino) — in base ai
principi speciali (di cui all'art. 23 1. 24 novembre 1981 n. 689, modifiche al sistema penale), che derogano i principi generali in
materia di rappresentanza dello Stato (v. Cass. 968/89, Foro it.,
Rep. 1989, voce Sanzioni amministrative e depenalizzazione, n.
83) — non solo la legittimazione passiva a resistere all'opposi zione, ma anche la legittimazione attiva a proporre ricorso per cassazione (e, in genere, impugnazione) contro la sentenza di
accoglimento della stessa opposizione, con la conseguenza che — secondo la giurisprudenza di questa corte (vedine le sentenze
(1-2) La prima massima è conforme al consolidato orientamento della Suprema corte: v., con specifico riferimento alla materia delle sanzioni amministrative correlate alle violazioni dei datori di lavoro, Cass. 5 dicembre 2003, n. 18595, Foro it.. Rep. 2003, voce Sanzioni amministrative e depenalizzazione, n. 173; nonché la puntualizzazione, non esplicitata nella massima ufficiale, di Cass. 2 agosto 2002, n. 11614, id., Rep. 2002, voce Lavoro (rapporto), n. 653; nello stesso sen so, v. Cass. 26 giugno 1998, n. 6353, id.. Rep. 1998, voce Sanzioni amministrative e depenalizzazione, n. 135, entrambe citate in motiva zione; 7 agosto 1991, n. 8616, id., Rep. 1991, voce cit., n. 121.
In senso conforme alla seconda massima, v. Cass. 16 settembre 2004, n. 18714, id.. Mass., 1898; 9 agosto 2003, n. 12031, id., Rep. 2003, vo ce Lavoro (collocamento), n. 58.
Va sottolineato che il 4° comma dell'art. 9 quater d.l. n. 510 del
1996, convertito dalla 1. n. 608 del 1996, è stato abrogato dall'art. 85, 1° comma, lett. e), d.leg. 10 settembre 2003 n. 276, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto, ossia dal 24 ottobre 2003.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
6353/98, id., Rep. 1998, voce cit., n. 135; 11614/02, id., Rep. 2002, voce Lavoro (rapporto), n. 653, nonché la sentenza
968/89, cit., con riferimento alla legittimazione del prefetto) —
non è ammissibile, per difetto della legittimazione appunto, il
ricorso per cassazione — contro la sentenza di accoglimento
dell'opposizione ad ordinanza-ingiunzione — che sia proposto, come nella specie, dal ministero gerarchicamente sovraordinato
all'autorità che ha emesso l'ordinanza-ingiunzione opposta
(quale, appunto, il ministero del lavoro e delle politiche sociali). Pertanto va dichiarato inammissibile il ricorso principale pro
posto dal ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Ammissibile risulta, invece, il ricorso principale proposto dalla direzione provinciale del lavoro di Avellino.
3.1. - Con l'unico motivo del ricorso principale — denun
ciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa ap
plicazione di norme di diritto (art. 9 quater, 4° comma, d.l. 1°
ottobre 1996 n. 510, convertito, con modificazioni, dalla 1. 28
novembre 1996 n. 608, e 19 1. 29 aprile 1949 n. 264) — la dire zione provinciale del lavoro di Avellino (oltre che, inammissi
bilmente, il ministero del lavoro e delle politiche sociali) censu
ra la sentenza impugnata per aver ritenuto che non fosse sanzio
nato il ritardo delle prescritte comunicazioni.
Il ricorso principale, proposto dalla direzione provinciale del
lavoro di Avellino, è fondato.
3.2. - Invero la disposizione (art. 9 quater, 4° comma, d.l. 1°
ottobre 1996 n. 510, convertito in 1. 28 novembre 1996 n. 608) — la cui violazione integra l'illecito amministrativo, che forma
oggetto dell'ordinanza-ingiunzione opposta nel presente giudi zio — sancisce testualmente: «La sezione matricola e paga è
composta di fogli a lettura ottica. Ciascun foglio è riprodotto in
cinque esemplari (...). Il primo esemplare va inviato all'Inps entro cinque giorni dalla data di assunzione, il secondo alla se
zione circoscrizionale per l'impiego e per il collocamento in
agricoltura entro cinque giorni dalla data di assunzione (...). 1
termini della comunicazione all'Inps e alla sezione circoscrizio
nale per l'impiego si computano escludendo i giorni festivi».
Per la violazione prospettata, poi, la disposizione, (18° comma
dello stesso art. 9 quater d.l. 1° ottobre 1996 n. 510, convertito
in 1. 28 novembre 1996 n. 608, cit.) — che ne commina la san
zione — così recita: «La violazione degli obblighi di comunica
zione di cui al 4° comma e l'infedele compilazione del registro di impresa sono puniti con la sanzione amministrativa da lire
cinquecentomila a lire tre milioni per ciascun lavoratore interes
sato (...)». Evidente ne risulta lo scopo (ratio legis) di dare informazioni
adeguate e tempestive —
per consentire, ai destinatari delle
stesse informazioni (quali, nella specie, la sezione circoscrizio
nale per l'impiego e per il collocamento in agricoltura e l'Inps), accertamenti ispettivi immediati — circa i dati contenuti nella
sezione matricola e paga del registro d'impresa (concernenti, ai
sensi del 3° comma dello stesso art. 9 quater, l'iscrizione di
«tutti gli operai, nell'ordine cronologico della loro assunzione,
con l'indicazione dei dati anagrafici, codice fiscale, luogo di
svolgimento della prestazione, mansioni, contratto collettivo
applicato e livello d'inquadramento ovvero retribuzione lorda
giornaliera convenuta, data di assunzione» e, per i lavoratori as
sunti a tempo determinato, anche l'indicazione di «tipologia della lavorazione, giornate di lavoro previste ed il relativo pe riodo di svolgimento»).
In funzione della ratio prospettata, infatti, non solo risulta
univocamente stabilito il termine («entro cinque giorni dalla
data di assunzione») — per ottemperare all'obbligo, conte
stualmente imposto al datore di lavoro, di inviare un esemplare della sezione matricola e paga a ciascuno dei destinatari — ma
viene precisato, altresì, che — in deroga al principio generale
(di cui all'art. 155, 3° comma, c.p.c.) — «i termini della comu nicazione all'Inps e alla sezione circoscrizionale per l'impiego si computano escludendo i giorni festivi».
L'univoco tenore letterale e la ratio del precetto prospettato
consentono, quindi, di concludere che l'elemento oggettivo del
l'illecito amministrativo della «violazione degli obblighi di co municazione di cui al 4° comma» —
per il quale è comminata la
sanzione (di cui al 18° comma dell'art. 9 quater d.l. 1° ottobre
1996 n. 510, convertito in 1. 28 novembre 1996 n. 608, cit.) — è
integrato non solo dalla omessa, ma — come questa corte ha già avuto occasione di ritenere in casi analoghi (vedine, per tutte, le
sentenze 12031/03, id., Rep. 2003, voce Lavoro (collocamento),
Il Foro Italiano — 2005.
n. 58; 18714/04, id., Mass., 1898) — anche dalla tardiva comu
nicazione.
Infatti, ne risulta violato il termine imposto, dalla legge, per
l'adempimento di quell'obbligo —
significativamente stabilen
done i criteri speciali di computo — e, nel contempo, frustrato
lo scopo (ratio) di consentire (eventuali) accertamenti ispettivi immediati.
In altri termini, il mancato rispetto del termine — fissato per
l'adempimento degli «obblighi di comunicazione di cui al 4° comma», significativamente stabilendone i criteri speciali di
computo, appunto — costituisce mancato adempimento («viola
zione») — entro il termine essenziale, parimenti imposto dalla
legge (v. Cass. 12031/03, cit.) — di quegli obblighi e, peraltro, risulta incompatibile
— per quanto-si è detto — con la ratio le
gis ta sentenza impugnata si discosta dal principio di diritto
enunciato, laddove nega che la «violazione degli obblighi di
comunicazione» — della quale si discute — possa ritenersi in
tegrata «in caso di semplice ritardo».
Tanto basta per accogliere il ricorso principale della direzione
provinciale del lavoro di Avellino.
Inammissibile risulta, invece, il ricorso incidentale condizio
nato, proposto dal comune di Lauro. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 15 mar
zo 2005, n. 5582; Pres. Saggio, Est. Panebianco, P.M. Sor
rentino (conci, diff.); Fall. soc. Arti grafiche editoriali (Avv. Adriano) c. Porcheddu (Avv. Monacchia, Passino). Cassa
App. Cagliari-Sassari 21 dicembre 2001.
Fallimento — Ammissione al passivo — Credito di impresa — Prova — Scritture contabili — Insufficienza (Cod. civ., art. 2709; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 93, 95).
Nel procedimento di accertamento del passivo, il creditore per ottenere l'ammissione al passivo, del proprio credilo non può limitarsi a produrre le scritture contabili del fallito, in quanto la norma dell'art. 2709 c.c. si applica al debitore-imprendi tore e non al curatore il quale assume una posizione di ter
zietà, potendo tali scritture costituire un indizio cui devono
accompagnarsi altri elementi di giudizio. (1)
( 1 ) Il principio affermato trova ascendenti, a proposito del contiguo art. 2710 c.c., in Cass. 19 novembre 2003, n. 17543, Foro it.. Rep. 2003, voce Fallimento, n. 304; 9 maggio 2001, n. 6465, id., 2001, I, 3542, con nota di richiami.
Non trova smentita in Cass. 8 settembre 2004, n. 18059, id.. Rep. 2004, voce cit., n. 318; 18 aprile 2003, n. 6306, id.. Rep. 2003, voce Libri e scritture contabili, n. 2 (e Fallimento, 2004, 655, con nota entu siastica di F. Signorelli, Novità in tema di efficacia probatoria delle
scritture contabili dell'imprenditore); 13 aprile 2001, n. 5529, Foro it..
Rep. 2001, voce cit., n. 4, decisioni emesse in occasione di controversie
aventi ad oggetto la riscossione di un credito del fallito, ovverosia giu dizi nei quali il curatore non si trovava in posizione di terzietà, quanto invece di successore del fallito.
La differenza fra il regime dell'art. 2709 c.c. e quello di cui all'art.
2710 c.c. si ritrova nel fatto che solo per il secondo è — espressamente — previsto il libero apprezzamento del magistrato; da qui la considera
zione con la quale il giudice di legittimità si è rifugiato nella qualifica zione del risultato della prova documentale come mero indizio, da cor
roborare con altri elementi di giudizio. Sull'art. 2709 c.c. e sulla ratio
della norma che viene ravvisata nella regola d'esperienza in base alla
quale, normalmente, nessuno predispone in una documentazione, dati a
proprio carico ma non corrispondenti al vero, nonché sul valore di pre
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