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Sezione lavoro; sentenza 23 febbraio 1981, n. 1104; Pres. Dondona, Est. O. Fanelli, P. M. Grimaldi...

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Sezione lavoro; sentenza 23 febbraio 1981, n. 1104; Pres. Dondona, Est. O. Fanelli, P. M. Grimaldi (concl. conf.); Soc. Alfa Romeo (Avv. Barberio Corsetti, Toffoletti) c. Del Pero (Avv. Leon). Conferma Trib. Milano 10 maggio 1975 Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 9 (SETTEMBRE 1981), pp. 2219/2220-2223/2224 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23173032 . Accessed: 28/06/2014 17:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.97.126 on Sat, 28 Jun 2014 17:21:21 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione lavoro; sentenza 23 febbraio 1981, n. 1104; Pres. Dondona, Est. O. Fanelli, P. M.Grimaldi (concl. conf.); Soc. Alfa Romeo (Avv. Barberio Corsetti, Toffoletti) c. Del Pero (Avv.Leon). Conferma Trib. Milano 10 maggio 1975Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 9 (SETTEMBRE 1981), pp. 2219/2220-2223/2224Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23173032 .

Accessed: 28/06/2014 17:21

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2219 PARTE PRIMA 2220

Avverso la sentenza lo Zhara Buda ha proposto ricorso affi

dato ad unico motivo. L'amministrazione non ha presentato di fese.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso, de nunziando la violazione degli art. 2913 ss. cod. civ. e 17 r. d.

30 dicembre 1923 n. 3269, il ricorrente sostiene che erronea

mente la corte d'appello ha ritenuto tassabile con la normale

imposta di registro la vendita, da parte del debitore, di un be ne pignorato, laddove i negozi dispositivi di tali beni sarebbero

sottoposti alla condicio iuris dell'estinzione del vincolo e perciò andrebbero inquadrati, agli effetti del tributo, tra gli atti con

dizionati, per i quali l'imposta proporzionale è dovuta solo nel

caso che si verifichi l'evento condizionante.

La censura è infondata. Questa corte ha da tempo chiarito

che il vincolo di destinazione all'azione esecutiva, costituito

con il pignoramento, comporta — oltre alla privazione del li

bero godimento del bene staggito — una compressione dei

poteri di disposizione del medesimo, essendo inibito al debi

tore esecutato il compimento di atti dispositivi o modificativi del diritto pignorato, ma questa limitazione opera senza inci

dere sulla consistenza di tale diritto o sulla legittimazione del

titolare, giacché, come risulta dal disposto dell'art. 2913 cod.

civ.) e indirettamente da altre norme, ad es. art. 1482 cod.

civ.), non determina l'invalidità o l'inefficacia erga omnes de

gli atti compiuti in contrasto con quel divieto, bensì soltanto

la loro inopponibilità al creditore pignorante e agli altri in

tervenuti nell'esecuzione, con la conseguenza che, rispetto a

costoro, i beni rimangono soggetti all'esecuzione nella stessa

situazione giuridica in cui furono appresi (cfr., fra altre, sent,

n. 3893 del 1977, Foro it., 1978, I, 439; n. 1163 del 1971, id.,

Rep. 1971, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecunia rie, n. 11; n. 2412 del 1969, id., Rep. 1969, voce cit., n. 13).

Tale disciplina esclude che l'alienazione del bene pignorato

configuri un negozio ad efficacia sospesa, sottoposto alla condi

cio iuris del venir meno del vincolo di indisponibilità; se cosi

fosse, l'inefficacia non dovrebbe riguardare solo i creditori, ma

anche le parti e gli altri terzi non protetti dall'inopponibilità, nei cui confronti, invece, l'atto consegue ugualmente l'effetto

che gli è proprio di trasferire la proprietà del bene all'acqui rente; e per la stessa ragione la vicenda non può essere assi

milata, come propone il ricorrente, alla vendita di cose gene riche, di cose future o di cose altrui, nelle quali l'efficacia rea

le del negozio è sospesa in attesa dell'individuazione della cosa, della sua esistenza o del suo acquisto da parte del disponente

(art. 1378, 1472 e 1478 cod. civ.), producendosi frattanto sol

tanto effetti obbligatori. In realtà, l'inopponibilità (o inefficacia relativa) è istituto af

fatto diverso dall'inefficacia (assoluta) dipendente dal difetto di

un requisito di efficacia del negozio, in quanto presuppone una

fattispecie negoziale completa, produttiva degli effetti suoi ti

pici, e incide non sull'esistenza di questi, ma sulla fase della lo

ro attuazione nei confronti dei terzi, cioè, in pratica, sull'ef

ficacia riflessa o indiretta dell'atto, che è conseguenza normale della produzione dell'effetto tipico.

Essa consiste, infatti, nell'irrilevanza del regolamento negoziale nei confronti di determinate categorie di soggetti titolari di una

situazione giuridica, relativa al medesimo bene, che la norma

considera poziore rispetto all'interesse interno al negozio e che

è incompatibile con il detto regolamento o può da esso essere

pregiudicata; e ciò si risolve in una limitazione del contenuto

dell'effetto negoziale, giacché la situazione soggettiva nascente

dall'atto non può essere fatta valere, esercitata o realizzata a

scapito del concorrente diritto poziore del terzo, la cui attua

zione, anzi, può rendere definitivamente irrealizzabile l'effetto

medesimo (che, all'opposto, riacquista l'originaria efficacia ove

venga a cessare la ragione della tutela del terzo). In particolare, nell'alienazione del bene pignorato, l'inoppo

nibilità ai creditori comprime l'effetto traslativo nel senso che, lasciando fermo il vincolo, non sottrae il bene all'azione ese

cutiva contro l'alienante, con la conseguenza che l'attribuzione

potrà risultare in tutto o in parte concretamente inattuabile nel

caso si perverrà alla vendita giudiziale del bene pignorato; e

che non si riscontra, quindi, un negozio ad efficacia sospesa, ma, come si evince dall'art. 1482 cod. civ., un'inesattezza giuridica della prestazione traslativa, che legittima l'acquirente, che ab bia acquistato ignorando l'esistenza del pignoramento, ad avva lersi dei normali rimedi contro l'inadempimento.

Ciò posto, la circostanza che il bene oggetto del negozio di

spositivo sia sottoposto a pignoramento risulta del tutto irrile

vante agli effetti dell'imposta di registro, nella nuova come nella

precedente disciplina del tributo.

Lo stesso ricorrente conosce che, non essendo in giuoco la

validità dell'atto, è esclusa in radice la possibilità di far riferi

mento alla disciplina stabilita per gli atti nulli (art. 11 e 14 legge di registro abrogata; ex art. 36 d. pres. n. 634 del 1972).

Ma del pari è inapplicabile il regime fiscale delineato per gli

atti condizionati, giacché, se è esatto che le relative disposizioni

(art. 17 legge abrogata, art. 26 della nuova) non riguardano sol

tanto gli atti sottoposti a condizione sospensiva, ma tutti i ne

gozi ad efficacia sospesa, tale non può considerarsi, come si è

visto, il contratto in questione, che pertanto deve scontare, come

ha correttamente ritenuto la corte d'appello, l'ordinaria imposta

proporzionale. A diversa conclusione occorre pervenire, ovviamente, quando

la caducazione del pignoramento sia stata espressamente dedotta

come condizione sospensiva; ma nella specie ciò è stato escluso

dalla sentenza impugnata, la cui statuizione sul punto non è

censurata.

In definitiva, il ricorso deve essere respinto. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

I

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 23 febbraio

1981, n. 1104; Pres. Dondona, Est. O. Fanelli, P.M. Grimaldi

(conci, conf.); Soc. Alfa Romeo (Avv. Barberio Corsetti,

Toffoletti) c. Del Pero (Avv. Leon). Conferma Trib. Milano

10 maggio 1975.

Lavoro (rapporto) — Codice disciplinare — Mera recezione

della normativa collettiva — Onere di pubblicità — Sussi

stenza — Inosservanza — Nullità delle sanzioni (Legge 20

maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 7).

Sono nulle le sanzioni disciplinari irrogate al lavoratore, qualora il datore di lavoro non abbia adempiuto all'onere, previsto dall'art. 7, 1° comma, legge n. 300/1970, di pubblicizzare il c. d. codice disciplinare, anche se esso consista in un puro e

semplice rinvio alla normativa collettiva in materia disciplina re. (1)

II

PRETURA DI PARMA; sentenza 23 gennaio 1981; Giud. M. De

Luca; Ceci (Avv. L. Petronio) c. Soc. S.e.g.e.a. (Avv. Artoni).

Lavoro (rapporto) — Codice disciplinare — Mera recezione

della contrattazione collettiva — Pubblicità — Affissione sui

luoghi di lavoro — Inottemperanza — Sanzioni disciplinari —

Provvedimento di irrogazione — Nullità — Distribuzione del c.c.n.l. a tutti i dipendenti — Irrilevanza (Legge 20 maggio 1970 n. 300, art. 7).

Sono nulle le sanzioni disciplinari irrogate al lavoratore, qualora il datore di lavoro non abbia adempiuto all'onere, previsto dall'art. 7, 1" comma, legge n. 300/1970, di pubblicizzare, mediante affissione — quantomeno all'atto dell'irrogazione — in

luogo accessibile a tutti, il c. d. codice disciplinare, a nulla rilevando che il c.c.n.l. che lo conteneva integralmente sia stato distribuito a tutti i dipendenti. (2)

(1-2) In senso conforme Cass. 9 luglio 1979, n. 3937, in motivazione, Foro it., 1979, I, 2871, e Cass. 11 aprile 1978, n. 1717, id., 1978, I, 2811, con nota di richiami.

Né secondo Cass. n. 1104/1981 ai fini della decisione può conside rarsi contrastante con tale orientamento Cass. 20 ottobre 1978, n. 4754

(id., 1979, I, 2922, con ampia ed esauriente nota di richiami) che —

tra l'altro — ha ritenuto equipollente alla affissione la concreta conoscenza che il lavoratore abbia avuto della normativa disciplinare (questione che non si pone nel presente caso), ma, implicitamente, pur sempre inefficace la sanzione non preceduta dall'una o dall'altra forma di pubblicità.

Rimangono pertanto le perplessità sull'inversione di tendenza della

4754/1978 ricordate nella nota di richiami ult. cit. (e evidenziate anche da Pret. Parma qui riportata) alla quale adde Pret. Roma 11 maggio 1978, id., Rep. 1979, voce Lavoro (rapporto), n. 616, nel senso che la consegna ai lavoratori di copia del c.c.n.l. da parte del datore di lavoro integri un sistema permanente di pubblicità che sostituisce a tutti gli effetti l'affissione in luogo accessibile a tutti di cui al 1° comma dell'art. 7 legge 300/1970; Pret. Milano 13 giugno 1979, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1295, secondo cui l'omessa affissione del codice disciplinare o del c.c.n.1. determina la nullità della sanzione inflitta; Pret. Forlì 20 ottobre 1979, ibid., n. 696, che si uniforma a Cass. n. 4754/1978 in un caso in cui l'effettiva conoscenza doveva presumersi

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con citazione

del 23 dicembre 1971 Guido Del Pero conveniva in giudizio davanti al Pretore di Milano la s.p.a. Alfa Romeo per ottenere la

declaratoria di illegittimità della sanzione disciplinare di tre giorni di sospensione applicatagli dalla società con provvedimento 15

dicembre 1971, in quanto, fra l'altro, era mancata l'esposizione del codice disciplinare, condizionante l'esercizio del potere disci

plinare. Il pretore respingeva la domanda con sent. 29 marzo 1974 che

veniva riformata dal Tribunale di Milano con sentenza 10 maggio 1975.

Premesso che la norma che dispone l'obbligo della pubblicità del codice disciplinare è compresa nello stesso articolo che regola e disciplina l'esercizio del potere disciplinare con un collegamento funzionale con gli altri obblighi dell'imprenditore ivi prescritti, osservava il tribunale che l'obbligo dell'affissione del codice di

sciplinare non avrebbe senso se fosse previsto come un mero

obbligo a se stante, senza alcuna influenza sul successivo proce dimento di contestazione e di applicazione della sanzione stessa,

restando la norma svuotata di ogni contenuto in mancanza di una

sanzione che renda effettiva e garantisca praticamente la sua

attuazione.

L'obbligo di pubblicità costituisce il presupposto dell'esercizio

del potere disciplinare, con onere posto a carico dell'imprenditore, la cui inosservanza rende impossibile sul piano giuridico l'esplica zione del potere disciplinare.

Avverso tale decisione ricorre per un sol motivo la società

Alfa Romeo; resiste con controricorso il Del Pero.

Motivi della decisione. — Con l'unica censura sostiene la

ricorrente società che nessuna conseguenza è prevista per l'inos

servanza dell'art. 7, 1° comma, legge 300/1970, cosicché, se

l'affissione del « codicino » è diretta a porre a conoscenza dei

lavoratori il contenuto delle direttive che intende seguire il datore

di lavoro o di quelle poste dalla contrattazione collettiva, essa

non incide affatto sulla efficacia della sanzione disciplinare.

La censura è infondata. La pubblicazione del c.d. « codice

disciplinare », prescritta dall'art. 7 dello statuto dei lavoratori

« mediante affissione in luogo accessibile a tutti », costituisce una

forma di pubblicità, vale a dire un mezzo per rendere cognito o

conoscibile un certo fatto giuridico in una determinata collettività

organizzata: essa, più che alla pubblicità propria di negozi e atti

giuridici, è assimilabile a quella prevista per gli atti normativi,

riannodandosi tanto la confezione del codice quanto la sua

estensione al generalissimo principio nullum crimen, nulla poena sine lege, il quale comporta che non possa infliggersi una sanzio

ne non predeterminata rispetto all'accadimento cui è correlata, e

non conoscibile per il destinatario.

Stante la particolarità della fonte specificativa del potere discipli

nare, che generalmente è un contratto collettivo di lavoro, il

quale peraltro vincola soltanto coloro che appartengono alle

associazioni sindacali stipulanti, ma non potendo detto potere non

esplicarsi nei confronti di tutti i lavoratori inseriti nella organiz

zazione aziendale, pur se, in ipotesi, non vincolati al contratto

collettivo che regola detto potere, il legislatore ha inteso rendere

opponibile indiscriminatamente a tutti i lavoratori la normativa

disciplinare di origine collettiva, ed anche per ciò ha addossato al

datore di lavoro il detto onere di pubblicità, in mancanza di che i

lavoratori, sebbene, in quanto destinatari di contratto ad essi

applicabile, obbligati, positivamente o negativamente, alla condot

ta che forma oggetto delle previsioni disciplinari, non possono

essere, in caso di inadempimento, assoggettati a sanzioni, non

essendo loro comunque opponibile la disposizione disciplinare non

pubblicizzata.

in un luogo di lavoro nel quale ad ogni lavoratore era stata consegnata

copia del c.c.n.l. da restituire poi al datore di lavoro « in segno di

accettazione e concordanza »; Pret. Viterbo 19 febbraio - 4 marzo

1980, ibid., n. 694, e per esteso anche in Giur. merito, 1980, I, 1040,

con nota parzialmente critica di C. Mizzoni, che, dopo aver ritenuto

nulla la sanzione disciplinare in quanto irrogata in base a c.c.n.l.

contenente un codice disciplinare senza i requisiti di cui all'art. 7 legge

300/1970, ha — ad abundantiam — rilevato che in ogni caso la

sanzione non poteva non essere nulla in quanto il c.c.n.l., pur se

consegnato ad ogni dipendente, non era stato affisso in luogo accessibi

le a tutti e, senza molta chiarezza di argomentazione, ha sostenuto che

la sent. n. 4754/1978 non contrasta con l'orientamento prevalente della

Cassazione; in dottrina cfr., da ultimo, De Fiore (commento a Cass.

4754/1978), in Dir. lav., 1980, II, 327; Marzorati, in Informatore

Pirola, 1979, 229; Zampini, in Notiziario giuridico lav., 1979, 303.

Sulla vincolatività del contratto collettivo di diritto comune cfr., da

ultimo, l'ampia nota di richiami ad App. Napoli 15 settembre 1980,

Foro it., 1981, I, 528.

Vale a dire che il potere disciplinare in astratto spettante al

datore di lavoro non può essere concretamente esercitato, ossia resta sospeso, fino a che esso imprenditore non provvede ad attuare la pubblicità voluta dalla legge.

Con la conseguenza che la sanzione inflitta malgrado la non avvenuta affissione manca di un suo essenziale elemento, il potere sanzionatorio, ed è perciò invalida.

Inopponibilità (o inefficacia relativa) della disposizione sanzio natoria e conseguente invalidità della sanzione ciononostante ap plicata si riconnettono al carattere imperativo della norma di

legge che nel porre l'onere di pubblicazione implicitamente ma

inequivocabilmente vieta l'applicabilità, in difetto, della sanzione. Onde tale atto, se tuttavia posto in essere, è nullo (art. 1418 in relazione all'art. 1324 cod. civ.) per contrasto con detta norma, che pone un requisito essenziale per il legittimo esercizio, in

concreto, del potere disciplinare, e quindi per la validità dell'atto che ne costituisce espressione.

Alla stessa conclusione del resto, questa corte è già pervenuta con la sent. 11 aprile 1978, n. 1717 (Foro it., 1978, I, 2811), e l'ha ribadita nella motivazione della sentenza 9 luglio 1979, n. 3937

(id., 1979, I, 2871). Né con essa contrasta la sentenza 20 ottobre 1978, n. 4754 (id., 1979, I, 2922), che ha ritenuto equipollente alla affissione la concreta conoscenza che il lavoratore abbia avuto della normativa disciplinare (questione che non si pone nel

presente caso), ma, implicitamente, pur sempre inefficace la san zione non preceduta dall'una o dall'altra forma di pubblicità.

11 ricorso va dunque respinto. (Omissis). Per questi motivi, ecc.

II

Il Pretore, ecc. — (Omissis). — Nel merito, ritiene il pretore che vada dichiarata la nullità delle impugnate sanzioni disciplinari (dal rimprovero verbale e dalla sospensione dal lavoro e dalla

retribuzione), inflitte all'attore dalla convenuta datrice di lavoro, e

che, per l'effetto, la convenuta vada condannata a corrispondere all'attore le retribuzioni relative alle giornate di sospensione (oltre rivalutazione ed interessi). Invero non è controverso che, all'atto

della irrogazione delle sanzioni impugnate, non era più affisso, nel

luogo di lavoro, il « codice disciplinare », che, tuttavia, era stato

in precedenza affisso e poi « asportato da ignoti », e che, peral tro, era integralmente contenuto nel contratto collettivo di catego ria, distribuito dalla convenuta a tutti i suoi dipendenti (compreso l'attuale attore).

Ora l'art. 7, 1" comma, dello statuto dei lavoratori testualmente sancisce: «... Le norme disciplinari... devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti...». E, ad avviso del pretore (autorevolmente confortato dalla citata Cass. 11 aprile 1978, n. 1717, Foro it., 1978, I, 2811; cfr., nello stesso senso, Pret. Parma 13 dicembre 1975, id., 1976, I

1111), tale disposizione prescrive una forma tipica di pubblicità (e, cioè, l'« affissione in luogo accessibile a tutti ») per il « codi

ce disciplinare », indipendentemente dalla fonte di produzione, e,

perciò, senza la limitazione, prevista nelle prime stesure (cfr. relazione Brodolini al d. d. c. n. 778, su Le leggi, 1970, 674) e

significativamente omessa nel testo definitivo dello statuto dei

lavoratori, alla sola norma del regolamento predisposto dal datore

di lavoro.

La tipicità di tale forma di pubblicità, che è prescritta quale condizione essenziale per l'esercizio del potere disciplinare (cfr. la

citata Cass. n. 1717/1978), induce ad escludere che possa ritenersi

ad essa equipollente (cfr., in senso contrario, Cass. 20 ottobre

1978, n. 4754, Foro it., 1979, I, 2922) la conoscenza (e, tantome

no, la conoscibilità) del « codice disciplinare », che il lavoratore,

colpito da sanzione, abbia potuto acquisire aliunde (come, nel

caso di specie, mediante distribuzione a tutti i lavoratori del

contratto collettivo di categoria, recante la normativa disciplinare).

Peraltro, in difetto di qualsiasi previsione in tal senso, l'« affis

sione » non può ritenersi imposta soltanto per un periodo di

tempo limitato, sufficiente ad assicurare la conoscibilità del « co

dice disciplinare ».

Viceversa, ancorché possa non essere continua e ininterrotta

(cfr. Pret. Milano 8 marzo 1978, Orient, giur. lav., 1978, 43),

l'« affissione », in quanto condiziona l'esercizio del potere disci

plinare, deve tuttavia sussistere, quantomeno, all'atto della irroga zione della sanzione disciplinare (salva la prova che non solo la

« definizione », ma anche la omissione di una successiva affissio

ne, del « codice disciplinare » dipendono da « causa non impu tabile » al datore di lavoro, ai sensi e per gli effetti di cui all'art.

1218 cod. civile).

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2223 PARTE PRIMA 2224

Applicando i suesposti principi al caso di specie, ritiene il

pretore che il difetto di « affissione » del « codice disciplinare », all'atto dell'applicazione delle sanzioni impugnate, ne determina la

nullità insanabile (ai sensi dell'art. 1418 cod. civ.) per contrasto

con l'emanata norma imperativa dell'art. 7, 1° comma, dello

statuto dei lavoratori. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

I

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 17 feb

braio 1981, n. 940; Pres. G. Rossi, Est. Vela, P.M. Caristo

(conci, conf.); Sperlì (Avv. Aragona) c. Soc. S.e.a. (Aw. Paz

zaglia, Casella). Conferma Trib. Milano 5 febbraio 1976.

Lavoro (rapporto) — Sospensione cautelare — Natura di sanzione

disciplinare — Esclusione — Procedura di irrogazione delle san

zioni disciplinari — Inapplicabilità (Legge 20 maggio 1970 n.

300, nonne sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di la

voro e norme sul collocamento, art. 7).

La sospensione cautelare non costituisce sanzione disciplinare e

ad essa non è applicabile la procedura stabilita dall'art. 7 legge n. 300/1970 per l'irrogazione dei provvedimenti disciplinari, ma soltanto la disciplina speciale eventualmente dettata dalla

contrattazione collettiva dalla quale la sospensione in via cau

telativa è prevista (nella specie, art. 31 c.c.n.l. 2 dicembre

1972 per i dipendenti di imprese aeroportuali). (1)

II

PRETURA DI ROMA; ordinanza 21 luglio 1981; Giud. G. Bat

timelli; Selva e Colombo c. R.a.i.-TV.

Intervento in causa — Procedimento di urgenza sulla sospensione di direttori radiotelevisivi — Intervento di associazione di utenti

radiotelevisivi — Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 105). Provvedimenti d'urgenza — Sospensione cautelare dal lavoro —

Ricorso — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 700). Lavoro (rapporto) — Sospensione cautelare — Applicabilità anche

in mancanza di disciplina collettiva — Presupposti — Fattispe cie (Cod. civ., art. 1206).

È inammissibile l'intervento di associazioni di utenti radiotele

visivi nel procedimento di urgenza promosso dai direttori di

un giornale-radio e di un telegiornale contro il provvedimento di sospensione cautelare adottato dalla R.a.i. (2)

Integra gli estremi del pregiudizio irreparabile, richiesto per l'am

missibilità del procedimento di urgenza, la sospensione caute

lare disposta dalla R.a.i. nei confronti di direttori di giornali radiotelevisivi. (3)

La sospensione cautelare non ha natura di sanzione disciplinare e, quale espressione del potere direttivo dell'imprenditore, può essere adottata dal datore di lavoro anche in mancanza di una

specifica previsione della contrattazione collettiva, qualora ri corra una situazione in cui, pur difettando la prova della respon sabilità del dipendente, la prosecuzione del rapporto di lavoro

per il tempo occorrente all'accertamento dei fatti risulti pro duttiva di danno rilevante a carico dell'azienda (nella specie, il pretore ha riconosciuto la legittimità della sospensione caute

lare adottata dalla R.à.i. nei confronti dei direttori di due te

state radiotelevisive, i cui nomi erano compresi negli elenchi

della loggia P2, ritenendo che, indipendentemente dalla prova della loro appartenenza a tale associazione segreta, l'esigenza di assicurare una corretta ed obiettiva informazione agli utenti

del servizio pubblico radiotelevisivo giustificasse la sospensione dei ricorrenti dall'esercizio delle loro funzioni per il tempo ne

cessario all'accertamento dei fatti). (4)

(1,4) Le due decisioni, concordando nell'escludere che la sospen sione cautelare abbia natura di sanzione disciplinare e che per la sua applicazione sia richiesta l'osservanza della procedura garantista di cui all'art. 7 legge n. 300/1970, rafforzano un indirizzo che ne gli ultimi anni ha trovato consenso nella prevalente giurisprudenza. Nel medesimo senso v. Cass. 11 marzo 1980, n. 1632, Foro it., Rep. 1980, voce Lavoro (rapporto), n. 1277, che ha qualificato la sospen sione in via cautelativa come « una misura non intrinsecamente disci plinare (di natura conservativa o afflittiva), bensì' correlata e preordi nata all'eventuale applicazione di un'altra e più grave sanzione qual'è il licenziamento disciplinare»; Trib. Livorno 13 aprile 1979, id.,

I

La Corte, ecc. — Rilevato in fatto. — Vincenzo Sperlì, ope

raio della Società esercizi aeroportuali (S.e.a.) e da questa pri

ma sospeso « cautelativamente » dal lavoro con lettera del 2

maggio 1974, poi, licenziato, con lettera del 24 giugno successi

vo, con l'addebito di essersi appropriato, il 1° maggio di quel

l'anno, di merce immagazzinata nell'aeroporto di Linate, ricorse

al Pretore di Milano per ottenere l'immediata reintegrazione nel

Rep. 1979, voce cit., n. 607; Trib. Pisa 30 novembre 1977, ibid., n 795 (annotata da Castro, in Dir. lav., 1978, II, 308); App. Torino

24 gennaio 1974, Foro it., Rep. 1974, voce cit., n. 587; Pret. Salerno

11 gennaio 1974, id., Rep. 1975, voce cit., n. 972 (per esteso in

Riv. dir. lav., 1974, II, 634, con nota di Cazzara); Pret. Asti 12 lu

glio 1973, Foro it., 1973, I, 3228, e 11 novembre 1972, id., 1973, I,

580, ed ivi ulteriori richiami di giurisprudenza. Per l'opinione con

traria, che ha trovato favore soprattutto nel periodo immediatamente

successivo all'entrata in vigore dello statuto dei lavoratori, cfr. Pret. Li

vorno 9 gennaio 1978, id., Rep. 1979, voce cit., n. 639 (annotata da

Castro, in Dir. lav., 1978, II, 307); App. Firenze 2 maggio 1974, Foro it., 1974, I, 3512; Pret. Vercelli 1° febbraio 1973, id., Rep. 1973, voce cit., n. 462 (riportata per esteso in Giur. it., 1974, I, 2, 38, con

nota di Montuschi); Pret. Taranto 30 settembre 1971, Foro it., Rep.

1972, voce Sindacati, n. 438. Il rispetto del procedimento ex art. 7 statuto lavoratori è stato, poi, considerato necessario con riferimento a

particolari fattispecie nelle quali si è ritenuto che la sospensione cau telare coprisse un provvedimento di contenuto sostanzialmente puni tivo: Pret. Roma 24 novembre 1978, id., 1979, I, 549, e 18 marzo

1976, id., Rep. 1976, voce Ferrovie, n. 65.

Nella questione che il Pretore di Roma era chiamato a decidere oc

cupava un ruolo centrale il problema dell'ammissibilità della sospen sione cautelare in mancanza di una specifica fonte legale o contrat tuale attributiva di un simile potere al datore di lavoro. La soluzione affermativa accolta nella decisione riportata risulta seguita da Pret. Salerno 11 gennaio 1974, cit., che ha considerato la sospensione cau telare quale mezzo di autotutela attuato nell'esercizio del potere di rettivo di cui il datore di lavoro è investito in quanto titolare del l'organizzazione d'impresa, nonché da Trib. Torino 18 ottobre 1978, citata in motivazione e, per quanto consta, inedita. L'argomento è stato

toccato, in obiter, in talune recenti decisioni della Cassazione ver tenti sul noto punto della compatibilità o meno della disciplina conte nuta nell'art. 7 legge n. 300/1970 con il licenziamento in tronco per motivi disciplinari; sembrano orientate per il riconoscimento di una generale ammissibilità del potere di sospensione cautelare sent. 9 no vembre 1978, n. 5145, id., 1979, I, 2871, e 15 luglio 1977, n. 3198, id., 1978, I, 95 (entrambe con osservazioni di M. Converso), le quali hanno ritenuto che « è sempre possibile al datore di lavoro adottare medio tempore, in casi eccezionalmente gravi, un provvedimento di rinuncia alla prestazione lavorativa, ferma restando la continuità del rapporto »; su posizioni nettamente contrarie è, invece, sent. 28 marzo 1981, n. 1781, id., 1981, I, 1283, con osservazioni di M. Converso, che ha qualificato la sospensione cautelare come eccezionale misura di autotutela, non riconducibile né ai rimedi apprestati dal codice ci vile al creditore contro l'inadempimento del debitore (art. 1206 e 1460) né alle sanzioni disciplinari, il cui titolo può risiedere esclusivamente nella espressa previsione di una legge o di una convenzione (in tal senso cfr. altresì Cass. n. 1632/1980, cit., secondo cui la delicata ma teria della sospensione cautelare non può trovare appropriata regola mentazione se non nella contrattazione collettiva). In merito al fonda mento giustificativo del potere di sospensione cautelare, considerato soprattutto come idoneo strumento di raccordo tra le garanzie pro cedurali previste dall'art. 7 legge n. 300/1970 e la normativa di cui all'art. 2119 cod. civ. sul licenziamento in tronco (in proposito, però, Cass. 940/1981 si è preoccupata di ribadire che quest'ultimo «sog giace a regole tutt'affatto particolari, non influenzate dall'entrata in vigore della legge n. 300/1970 »), cons, in dottrina Montuschi, Statuto dei diritti dei lavoratori, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, 1979, 122 ss.; Bortone, Lo statuto dei lavoratori, in Com mentario diretto da Giugni, 1979, 81 ss.; Tosi, Commento al con tratto dei metalmeccanici, 1978, 110; Spagnuolo Vigorita-Ferraro, Commentario dello statuto dei lavoratori, diretto da U. Prosperetti, 1975, 219 ss.; Miscione, Il licenziamento come sanzione disciplinare, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1974, 704 ss.; Assanti-Pera, Commento allo statuto dei diritti dei lavoratori, 1972, 102. La tesi decisamente con traria all'ammissibilità di un generale potere di sospensione in via cautelativa è seguita da Filadoro-Miranda, L'arbitrato e le sanzioni disciplinari in materia di lavoro, 1979, 52 ss., secondo cui il provviso rio allontanamento del lavoratore è legittimo soltanto quando sia autorizzato dalla contrattazione collettiva con riferimento a compor tamenti predeterminati e con la finalità di evitare pericoli di interfe renze e di inquinamento delle prove o danni alla sicurezza dei lavo ratori e degli impianti.

Coerentemente alla premessa della configurazione della sospensione come espressione del potere direttivo dell'imprenditore e come appli cazione del diritto comune delle obbligazioni (art. 1206 cod. civ.), l'ordinanza pretorile ha assegnato alla misura cautelare un più esteso campo di operatività, non circoscritto alle mancanze suscettibili di determinare la risoluzione in tronco del rapporto di lavoro, in ciò discostandosi da Cass. n. 940/1981, che ha, invece, esaminato la sospen sione unicamente come provvedimento strumentale rispetto alla massi

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