sezione lavoro; sentenza 23 luglio 1994, n. 6839; Pres. Pontrandolfi, Est. Giannantonio, P.M.Arena (concl. conf.); Scistri e altri (Avv. Ventura, Pucillo, Arena) c. Soc. Enichem agricoltura(Avv. Veneto), Soc. Somit (Avv. Petrucci, De Giorgis) e Soc. 3M-Metal meccanica meridionale;Soc. 3M-Metal meccanica meridionale (Avv. Buglietti, Cordella) c. Scistri e altri. ConfermaTrib. Foggia 31 dicembre 1990Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 4 (APRILE 1995), pp. 1257/1258-1259/1260Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188745 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 23 luglio
1994, n. 6839; Pres. Pontrandolfi, Est. Giannantonio, P.M.
Arena (conci, conf.); Scistri e altri (Aw. Ventura, Pucil
lo, Arena) c. Soc. Enichem agricoltura (Avv. Veneto), Soc.
Somit (Avv. Petrucci, De Giorgis) e Soc. 3M-Metal mecca
nica meridionale; Soc. 3M-Metal meccanica meridionale (Aw.
Buglietti, Cordella) c. Scistri e altri. Conferma Trib. Fog
gia 31 dicembre 1990.
Lavoro (rapporto di) — Appalto di lavori di facchinaggio, puli
zia, manutenzione ordinaria introaziendale — Pluralità con
temporanea di appalti — Personale occupato a gruppi stabili
presso diverse aziende senza avvicendamento — Unica auto
rizzazione dell'ispettorato del lavoro — Fattispecie (L. 23 ot
tobre 1960 n. 1369, divieto di intermediazione ed interposi zione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impie
go di mano d'opera negli appalti di opere e servizi, art. 1, 3, 5).
Qualora l'impresa appaltatrice di lavori di facchinaggio, pulizia e manutenzione ordinaria non abbia un solo appalto, ma pre sti i medesimi servizi nello stesso tempo in favore di più azien
de, anche se un gruppo di dipendenti sia utilizzato in modo
stabile presso una determinata azienda, mentre un altro grup
po o altri gruppi siano impiegati stabilmente presso un'altra
o altre aziende, non opera, in presenza di autorizzazione pre ventiva dell'ispettorato del lavoro ali'appaltatrice con riferi mento ad un appalto, la solidarietà di cui all'art. 3 l. 23 otto
bre 1960 n. 1369, senza che vi sia necessità di avvicendamen
to delle forze lavorative presso i vari appaltanti, e senza che
debba essere ripetuta l'autorizzazione dell'ispettorato del la
voro in relazione a ciascun appalto. (1)
II
PRETURA DI MILANO; sentenza 13 dicembre 1994; Giud.
de Angelis; Ragonesi e altri (Avv. CrviTEixi, Giammarco) c. Soc. Fiat auto (Avv. Trifirò, Favalli).
Lavoro (rapporto di) — Appalto di lavori di pulizia introazien
dale — Personale occupato presso più aziende contempora neamente — Autorizzazione dell'ispettorato del lavoro — Ef
ficacia — Fattispecie (L. 23 ottobre 1960 n. 1369, art. 3, 5).
L'autorizzazione dell'ispettorato del lavoro competente di cui
all'art. 5, lett. g), l. 23 ottobre 1960 n. 1369, la quale esclude
la solidarietà prevista dall'art. 3, può valere, una volta data
(1-2) I. - Cass. 6839/94 in epigrafe conferma il costante, se pur non
recente, indirizzo di legittimità in essa richiamato: cfr., Cass. 12 marzo
1986, n. 1684, Foro it., 1987, I, 896, con nota di richiami, cui si rifà, in parte qua, anche Pret. Milano sopra riportata.
Contra, Trib. Milano 13 febbraio 1993, id., 1993, I, 3169, con nota
di richiami, citata da Pret. Milano in epigrafe, per la quale l'impresa
appaltante del servizio di pulizia al suo interno è solidalmente responsa bile, per la corresponsione di quanto previsto dall'art. 3 1. 1369/60, con l'impresa appaltatrice pur operante contemporaneamente presso più aziende, laddove l'impresa appaltante non abbia richiesto e ottenuto
l'autorizzazione prevista dall'art. 5, lett. g), 1. cit. rilasciata da ispetto rato provinciale competente per territorio con riferimento al luogo di
esecuzione dell'appalto, non avendo valore una volta per tutte e sull'in
tero territorio nazionale l'autorizzazione richiesta ed ottenuta ad ispet torato del lavoro di altra provincia.
Sulla 1. n. 1369 del 1960 v. la recente rassegna Intermediazione di
manodopera. Comando e distacco, in Orient, giur. lav., 1994, fase.
1, 3 ss.; in dottrina, sempre di recente, S. Mantovani, L'interposizione illecita nei rapporti di lavoro, Padova, 1993; M. Esposito, Problemi
ricostruttivi e prospettive in tema di interposizione nel rapporto di lavo
ro, in Lavoro e dir., 1993, 361 ss.
II. - Sull'attualissima tematica del c.d. lavoro interinale, strettamente
connessa alla 1. n. 1369 del 1960, cfr. Trib. Milano, ord. 31 marzo
1994, Foro it., 1994, I, 2886, con nota di G. Meliadò, Monopolio
pubblico del collocamento e lavoro interinale in Italia: la parola alla
Corte di giustizia, che ha pregiudizialmente rimesso alla Corte di giusti zia la questione circa la conformità della legislazione statale sul colloca
mento e il lavoro interinale alle norme comunitarie, e in caso negativo, sulla possibilità di ritenere queste ultime di immediata applicazione.
Il Foro Italiano — 1995.
per un appalto da svolgersi da impresa di pulizie operante
presso più aziende, come provvedimento riguardante l'intera
attività dell'impianto. (2)
I
Motivi della decisione. — (Omissis). Con il secondo motivo
il ricorrente denunzia la violazione degli art. 3 e 5 1. 23 ottobre
1960 n. 1369, nonché il vizio di omesso esame di fatti decisivi
e di insufficienza di motivazione. Lamenta che il tribunale ab
bia omesso di esaminare completamente la domanda subordina
ta. Inoltre il tribunale: a) non avrebbe tenuto presente che la
presenza costante di un gruppo di lavoratori addetti alla manu
tenzione all'interno di uno stabilimento comporta il diritto di
tali lavoratori all'applicazione dell'art. 3 della legge del 1960,
anche se altri dipendenti dello stesso appaltatore lavorino pres
so altre imprese appaltanti; b) avrebbe accertato il rilascio del
l'autorizzazione dell'ispettorato del lavoro prevista dall'art. 5, lett. g), nei confronti della sola società 3 M e non anche nei
confronti della Somit e dalla Samir; c) avrebbe erroneamente
ritenuto che il trattamento economico riconosciuto ai ricorrenti
dalle ditte appaltatrici non era inferiore a quello del quale gode
vano i dipendenti dell'Anic.
Il motivo è infondato. Come è noto, l'art. 3, 1° comma, 1.
23 ottobre 1960 n. 1369 dispone che gli imprenditori che appal
tano opere o servizi, compresi i lavori di facchinaggio, di puli
zia e di manutenzione ordinaria degli impianti da eseguirsi nel
l'interno delle aziende con organizzazione e gestione propria del
l'appaltatore, sono tenuti, in solido con quest'ultimo, a
corrispondere ai lavoratori da esso dipendenti un trattamento
minimo inderogabile retributivo e ad assicurare un trattamento
normativo non inferiori a quelli spettanti ai lavoratori da loro
dipendenti.
Le disposizioni dell'art. 3 non si applicano agli appalti per
l'esecuzione dei lavori di facchinaggio, di pulizia e di manuten
zione ordinaria degli impianti conclusi con imprese che impie
gano il personale dipendente presso più aziende contempora
neamente. Per tali appalti la esclusione della disciplina di cui
all'art. 3, salva la disposizione dell'art. 1676 c.c., dovrà essere
autorizzata preventivamente dall'ispettorato del lavoro compe
tente del luogo dove i lavori devono eseguirsi (art. 5, lett. g,
della stessa legge). Nel caso in esame il tribunale ha accertato nei confronti della
3 M che sussisteva sia il requisito della contemporanea utilizza
zione del personale presso più imprese, sia l'autorizzazione pre
ventiva dell'ispettorato del lavoro; e che pertanto non era appli
Sempre sul lavoro interinale, cfr., in dottrina, R. De Luca Tamajo,
relazione, inedita allo stato, al convegno II lavoro interinale: spazi at
tuali e prospettive, organizzato dalla sezione milanese del Centro nazio
nale studi di diritto del lavoro «Domenico Napoletano» (Milano, 23
marzo 1995); P. Ichino, Memoria illustrativa allegata al ricorso per
l'omologazione dell'atto costitutivo della società cooperativa a respon sabilità limitata «Job Centre», in Riv. it. dir. lav., 1994, III, 114 ss.; M. Ballistreri, Il lavoro interinale e il suo governo, in Dir. e pratica
lav., 1994, 909 ss.; E. Massi, Il lavoro interinale: problemi e prospetti
ve, ibid., 141 ss.; S. Chiusolo, Il lavoro interinale, ovvero precario, in Riv. critica, dir. lav., 1993, 235 ss.; C. De Marchis, L'appalto di
manodopera, il distacco e il lavoro interinale, in Riv. giur. lav., 1993,
II, 257; S. Grasselli, Quali prospettive per il lavoro interinale, in Dir.
e pratica lav., 1993, 2477 ss.; A. Maresca, Il lavoro interinale e l'op
portunità della sua istituzione in Italia, in Riv. giur. lav., 1993, I, 141
ss.; Massi, Gli interventi per l'occupazione, in Dir. e pratica lav., 1993,
475, spec. 478; O. Mazzotta, «Requiem» per un decreto: su una ipote si di regolazione del lavoro temporaneo, in Riv. it. dir. lav., 1993, I,
210 ss.; A.M. Minervini, Lavoro interinale: disciplina e problemi, in
Dir. e pratica lav., 1993, 550 ss.; F. Proietti, Lavoro interinale: la
reazione delle parti sociali, ibid., 547 ss.; M. Roccella, Il lavoro interi
nale in Italia: una proposta (e una discussione) poco convincenti, in
Riv. giur. lav., 1993, I, 133 ss.; cfr., inoltre, i vari contributi in Dir.
relazioni ind., 1992, fase. 1, ei progetti in Riv. it. dir. lav., 1994, III, 3 ss.
Da ultimo, cfr. i provvedimenti sul lavoro interinale discussi nella
riunione del consiglio dei ministri del 12 aprile (cfr., fra gli altri, Sole
24 Ore del 13 aprile 1995, pag. 19).
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1259 PARTE PRIMA 1260
cabile l'art. 3 1. 23 ottobre 1960 n. 1369 in base al disposto dell'art. 5 della legge stessa.
La decisione del tribunale appare del tutto corretta e non pos sono essere accolte le censure formulate dai ricorrenti.
In particolare, non può essere accolta la tesi dei ricorrenti
secondo cui «la presenza costante di un gruppo di lavoratori
addetti alla manutenzione all'interno di uno stabilimento com
porta il diritto di tali lavoratori all'applicazione dell'art. 3 della
legge del 1960 anche se altri dipendenti dello stesso appaltatore lavorano presso altre imprese appaltanti». Difatti, come ha già affermato questa corte, l'art. 5 1. 23 ottobre 1960 n. 1369, nel
l'escludere la solidarietà tra l'appaltante e l'appaltatore di servi
zi per il pagamento delle retribuzioni dei lavoratori in casi di
facchinaggio, di pulizia e di manutenzione ordinaria costituenti
oggetto dell'appalto concesso ad una impresa che impieghi il
proprio personale contemporaneamente in più aziende, esige sol
tanto l'impiego simultaneo di tale personale presso distinte
aziende.
Tale condizione deve ritenersi realizzata ogni qualvolta l'im
presa appaltatrice non abbia un solo appalto, ma presti i mede
simi servizi nello stesso tempo in favore di più aziende, anche
se un gruppo di dipendenti sia utilizzato, in modo stabile, pres so una determinata azienda, mentre un altro gruppo, o altri
gruppi, siano impiegati stabilmente presso un'altra o altre azien
de, senza che vi sia necessità di avvicendamento delle forze la
vorative presso i vari appaltanti e senza che debba essere ripetu ta l'autorizzazione dell'ispettorato del lavoro in relazione a cia
scun appalto (Cass. 4 febbraio 1983, n. 932, Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 696; 17 giugno 1974, n. 1799, id.,
Rep. 1974, voce cit., n. 451; 8 agosto 1975, n. 2997, id., Rep. 1976, voce cit., n. 342; 25 ottobre 1975, n. 3567, id., Rep. 1975, voce cit., n. 201; 27 ottobre 1975, n. 3579, ibid., n. 200; 8
gennaio 1976, n. 34, id., Rep. 1976, voce cit., n. 340; 4 giugno 1977, n. 2303, id., Rep. 1977, voce cit., n. 455; 12 marzo 1986, n. 1684, id., 1987, I, 896; 5 febbraio 1983, n. 990, id., 1984, I, 1025). (Omissis)
II
Motivi della decisione. — L'art. 5, lett. g), 1. n. 1369 del
1960, esclude l'applicabilità delle disposizioni del precedente art.
3 per i casi di appalti per l'esecuzione dei lavori di facchinag
gio, di pulizia e di manutenzione ordinaria degli impianti (salvi quelli di cui all'art. 3, 2° comma) conclusi con imprese che im
piegano il personale dipendente presso più imprese contempora neamente. Prevede però che l'esclusione debba essere «autoriz
zata preventivamente dall'ispettorato del lavoro competente del
luogo dove i lavori devono eseguirsi». La norma è stata interpretata, da consolidata giurisprudenza
di legittimità, nel senso che la prevista autorizzazione dell'ispet torato del lavoro, può valere, una volta data per un appalto da svolgersi da impresa di pulizia operante presso più aziende, come provvedimento riguardante l'intera attività dell'impresa: cfr., tra le molte, Cass. 12 marzo 1986, n. 1684, Foro it., 1987, I, 896.
Si tratta di un indirizzo da condividere in quanto appaiono corretti i passaggi logici che lo precedono. E cioè, per un verso l'essere prevista, l'autorizzazione, non per rimuovere un limite all'esercizio d'attività — che è liberamente esercitabile — ma
quale atto vincolato successivo ad accertamento dichiarativo del
l'esistenza delle condizioni previste dalla legge. Per un altro verso, dover essere adottata, l'autorizzazione stessa, di volta in volta
quando l'esenzione deriva dall'accertamento di determinate mo dalità della prestazione dedotte nel singolo contratto, ed una sola volta (v. la differenza testuale tra la seconda parte dell'art.
5, lett. g, con la seconda parte della precedente lett. /, in cui
appunto è specificato «di volta in volta») laddove, come nella
specie, l'esenzione sia connessa non al contenuto del rapporto ma ad elementi esterni. È infatti «evidente in tal caso che l'av venuta coesistenza di più rapporti di appalto rende a maggior ragione meritevole di esenzione ogni successivo appalto, che sia destinato a svolgersi contemporaneamente a quelli in corso» (cosi Cass. 1684/86, cit.).
In tale logica il riferimento testuale all'autorizzazione preven tiva dell'ispettorato competente del luogo dove i lavori devono
eseguirsi ben si giustifica considerandosi che l'ipotesi tenuta pre sente dal legislatore è stata quella del primo contratto di appal to o, se sorto contestualmente ad altro, di uno di essi.
Il Foro Italiano — 1995.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 1° luglio
1994, n. 6242; Pres. Sammartino, Est. Vella, P.M. Marti
nelli (conci, diff.); Soc. Paren (Aw. Lais, Tedeschi) c. Schia
vetta (Avv. Cerati). Conferma Trib. Parma 30 marzo 1990.
Proprietà — Immissioni acustiche — Determinazione delia nor
male tollerabilità — Regolamento comunale — Irrilevanza
(Cod. civ., art. 844).
Va confermata la sentenza di merito che, nel valutare la liceità
di immissioni acustiche, abbia tenuto conto dei risultati della
consulenza tecnica, ma omesso l'esame del regolamento d'i
giene comunale del luogo soggetto ad immissioni, concernen
te i limiti massimi di rumore di origine industriale e artigiana le ovvero prodotto da locali di spettacolo pubblico. (1)
(1) Tra i contributi più recenti in materia, segnaliamo: G. Lener, Immissioni 'intollerabili' e azione inibitoria ex art. 844 c.c.: natura, legittimazione attiva e rapporti con l'«actio negatoria». La tutela del
promissario acquirente nel preliminare c.d. ad 'effetti anticipati', in Fo ro it., 1994, I, 206; Lotito, Immissioni eccedenti la normale tollerabili tà: azione reale ed azione personale, configurability condizioni, in Nuovo
dir., 1990, 589; Simone, Immissioni, salute, ambiente: il tramonto della
logica dominicale, in Foro it., 1990, I, 3304; Benini, Strumenti civilisti ci di tutela della salute: inibitoria o risarcimento in forma specifica?, in Giur. merito, 1990, 85; con particolare riferimento all'accostamento tentato dalla sentenza odierna fra l'art. 844 e l'art. 1170 c.c., Salvi, Le immissioni industriali, Milano, 1979, 235; Lener, cit., 213.
In limine la sentenza in epigrafe conferma un consolidato orienta mento della Cassazione, che si è pronunciata più volte riservando al
giudice di merito non solo l'accertamento del limite di tollerabilità delle immissioni e del contemperamento con le esigenze della produzione, (v. Cass. 10 dicembre 1984, n. 6476, Foro it., Rep. 1985, voce Proprie tà, nn. 32, 35; 13 gennaio 1975, n. Ill, id., 1975, I, 2222), ma anche
ogni decisione sul criterio di liquidazione dell'indennizzo dovuto al pro prietario del fondo sottoposto ad imissioni (v. Cass. 15 gennaio 1986, n. 184, id., 1987, I, 1257), o sull'adozione di accorgimenti idonei a ricondurre tali immissioni nell'ambito della normale tollerabilità (Cass. 27 luglio 1983, n. 5157, id., Rep. 1983, voce cit., n. 37; 23 febbraio
1982, n. 1115, id., 1983, I, 1066). Non stupisce nemmeno la grande attenzione riservata dalla dottrina
al filone 'acustico' delle immissioni (v. Verrando, Limiti massimi di
esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno, innanzi al giudice ordinario, in Resp. civ., 1992, 271; Catalano, Giu diziario ed esecutivo a confronto sui limiti alle immissioni acustiche, id., 1991, 910; Gallini, Il limite di tollerabilità delle immissioni sonore, in Arch, civ., 1990, 1151; Scalisi, Immissioni e tutela della salute, in Riv. dir. civ., 1982, I, 127; Corradi, Suono delle campane e responsa bilità civile, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1981, 1315), se si considera la vasta produzione giurisprudenziale in subiecta materia, che non ha tralasciato di specificare finanche il concetto di 'rumore', definendolo come qualunque stimolo sonoro non gradito all'orecchio umano che
per intensità e durata può diventare patogeno per l'individuo (v. Trib.
Napoli 17 novembre 1990, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 21). Più ardua si è rivelata, invece, l'individuazione di un criterio oggetti
vo per la determinazione del tetto di tollerabilità delle immissioni acu
stiche; la scelta del c.d. «metodo comparativo», che consiste nel con frontare il livello medio dei rumori di fondo costituiti dalla somma
degli effetti acustici esistenti in una determinata zona, con quello del rumore rilevato sul luogo che subisce le immissioni, per ritenere intolle rabili le immissioni che superano di 3 db il livello sonoro di fondo
(v. Cass. 1° febbraio 1993, n. 1226, id., 1993, I, 1452; 23 febbraio
1982, n. 1115, id., 1983, I, 1066; App. Milano 9 maggio 1986, id., 1986, I, 2870; nonché Catalano, cit., 912; Acerbis, Le immissioni, con particolare riferimento alla tutela della salute e dell'ambiente, in
Quadrimestre, 1988, 733), è confermata anche dalla sentenza in rasse
gna, che non sembra considerare i dubbi sollevati dalla introduzione del d.p.c.m. 1° marzo 1991, che stabilisce i limiti massimi di esposizio ne al rumore negli ambienti abitativi ed in quelli esterni e adotta il differente criterio del «rumore equivalente».
Il conseguente problema di compatibilità fra fonti normative secon darie aventi efficacia erga omnes e disciplina codicistica in tema di im missioni ha tuttavia causato qualche incertezza della giurisprudenza di
merito, che se da una parte ha ritenuto utilizzabile il criterio del rumore equivalente anche nel giudizio ex art. 844 c.c. (v. Pret. Pescara 15 mar zo 1992, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 23), specificando che deve essere almeno «tenuto presente» per accertare il superamento della so
glia di tollerabilità (v. App. Milano 17 luglio 1992, id., Rep. 1993, voce cit., n. 39), dall'altra ha sostenuto invece che la disciplina codicistica non subisce deroghe ad opera del d.p.c.m. 1° marzo 1991 (v. Trib. Milano 10 dicembre 1992, ibid., n. 40; ma anche Trib. Savona 31 gen naio 1990, id., Rep. 1990, voce cit., n. 33, con osservazioni di Ioffredi in Giur. it., 1991, I, 2, 606; App. Milano 9 maggio 1986, Foro it.,
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