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sezione lavoro; sentenza 24 gennaio 2002, n. 809; Pres. Genghini, Est. La Terza, P.M. Matera (concl....

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sezione lavoro; sentenza 24 gennaio 2002, n. 809; Pres. Genghini, Est. La Terza, P.M. Matera (concl. parz. diff.); Soc. Sercon (Avv. Vesci, Pugliese) c. Bruzzone (Avv. De Martini). Cassa Trib. Genova 22 gennaio 1999 Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 3 (MARZO 2002), pp. 691/692-693/694 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196898 . Accessed: 28/06/2014 12:03 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.150 on Sat, 28 Jun 2014 12:03:37 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 24 gennaio 2002, n. 809; Pres. Genghini, Est. La Terza, P.M. Matera(concl. parz. diff.); Soc. Sercon (Avv. Vesci, Pugliese) c. Bruzzone (Avv. De Martini). Cassa Trib.Genova 22 gennaio 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 3 (MARZO 2002), pp. 691/692-693/694Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196898 .

Accessed: 28/06/2014 12:03

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PARTE PRIMA 692

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 24 gen naio 2002, n. 809; Pres. Genghini, Est. La Terza, P.M. Ma

tera (conci, parz. diff.); Soc. Sercon (Avv. Vesci, Pugliese) c. Bruzzone (Avv. De Martini). Cassa Trib. Genova 22 gen naio 1999.

Lavoro (rapporto di) — Licenziamento collettivo per ridu

zione di personale — Criteri di scelta — Ambito della se

lezione — Estensione all'intero complesso aziendale (L. 23

luglio 1991 n. 223, norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive

della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre dispo sizioni in materia di mercato del lavoro, art. 5).

La comparazione dei lavoratori da avviare alla mobilità va

compiuta nell 'ambito dell 'intero complesso aziendale, al fine d'individuare i lavoratori più forti sul mercato del lavoro e di

evitare discriminazioni in danno del singolo lavoratore. ( 1 )

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore del lavo

ro di Genova Bruzzone Maria Luisa esponeva di essere stata as

sunta dalla Confesercenti nel luglio 1980 e addetta all'ufficio li

cenze, poi dal marzo 1985 come addetta all'ufficio cassa e dal

1986 nuovamente all'ufficio licenze; che dal gennaio 1990 ave

va ripreso a lavorare presso l'ufficio cassa ed il 17 giugno 1993

era stata trasferita alla Sercon, società costituita dalla Confeser

centi per espletare i servizi contabili ed amministrativi; che dal

luglio 1994 era stata assegnata all'ufficio amministrazione e

contabilità speciale, ed abolito questo aveva ripreso la sua atti

vità presso l'ufficio licenze della sede centrale; il 30 novembre

dello stesso anno la Sercon aveva avviato la procedura di ridu

zione del personale, che aveva condotto ad un accordo con le

organizzazioni sindacali sulla esistenza della crisi e sull'entità

degli esuberi, nonché al suo licenziamento intimato il 2 gennaio 1995; la ricorrente, per quanto ancora interessa in questa sede, deduceva l'illegittimità del licenziamento collettivo per viola

zione degli art. 4 e 5 1. 223/91 perché nella comunicazione di

apertura della procedura non vi era riferimento ai motivi tecnici

e produttivi che rendevano impossibile l'adozione di misure

idonee ad evitare la messa in mobilità, e per errata applicazione dei criteri di scelta, non essendosi tenuto conto dei carichi di

famiglia e dell'anzianità (la Bruzzone era coniugata con due fi

gli). Si costituiva la Sercon la quale, illustrate le cause che aveva

no reso necessaria la messa in mobilità, assumeva non essere

necessario procedere ad alcuna covalutazione della ricorrente

perché era stato risolto il rapporto di tutte le imputatici di dati.

Il pretore, con sentenza n. 1776 del 1997, accoglieva la do

manda perché i lavoratori da licenziare erano stati individuati in

via preventiva e non in base all'applicazione di criteri oggettivi e astratti.

Sull'appello della Sercon la statuizione di primo grado veniva

confermata, con diversa motivazione, dal locale tribunale con

sentenza del 22 gennaio 1999.

(1) I. - Cass. 809/02 ribadisce il principio già affermato da Cass. 10

giugno 1999, n. 5718, citata in motivazione, Foro it., 1999, I, 2519, con nota di richiami; da ultimo, cfr. Cass. 10 luglio 2000, n. 9169, id., Rep. 2000, voce Lavoro (rapporto), n. 1916, nonché, per la giurisprudenza di merito, Trib. Nocera Inferiore 28 aprile 2000, ibid., n. 1961; Trib. Mi lano 3 settembre 1999, ibid., n. 1981; 20 gennaio 1999, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1990; 16 settembre 1998, ibid., n. 1992; Pret. Bergamo 9

aprile 1997, ibid., n. 2030. La pronuncia in epigrafe argomenta che l'estensione all'intero com

plesso aziendale della procedura concorsuale prevista dall'art. 5 ri

sponde: a) all'esigenza di espungere dall'azienda i lavoratori più forti sul mercato del lavoro e b) a finalità di garanzia contro il pericolo di di scriminazioni a danno del singolo lavoratore, in cui tanto più facil mente si può incorrere quanto più si restringa l'ambito della selezione.

Può ritenersi consentita una delimitazione dell'ambito di applicazio ne dei criteri di scelta dei lavoratori da avviare alla mobilità soltanto

quando essa sia diretta conseguenza delle ragioni produttive ed orga nizzative indicate dal datore di lavoro nella comunicazione prevista dal 3° comma dell'art. 4 1. 223/91: in termini, v. Cass. 26 settembre 2000, n. 12711, citata in motivazione, id., Rep. 2000, voce cit., n. 1903.

II. - Sull'onere della prova concernente l'osservanza dei criteri di scelta adottati, v. Cass. 15 febbraio 2001, n. 2188, id., 2001,1, 1566.

Per altri aspetti della disciplina sul licenziamento collettivo, v. Cass. 2 agosto 2001, n. 10576, e 25 luglio 2001, n. 10171, ibid., 2774.

Il Foro Italiano — 2002.

Il tribunale, dichiarata preliminarmente inammissibile, perché non sollevata in primo grado, l'eccezione della lavoratrice rela

tiva alla violazione dell'art. 4, 9° comma, 1. 223/91, escludeva

che con il riferimento fatto dalla Sercon alla collocazione azien

dale ed ai profili professionali fossero stati illecitamente indivi

duati in via preventiva i lavoratori da estromettere, sul rilievo

che dette indicazioni sono invece imposte dal 3° comma del

l'art. 4 1. 223/91; rilevavano però i giudici di merito che all'in

terno di ciascuna categoria vi è una pluralità di profili profes sionali, i quali hanno valore meramente esemplificativo delle

professionalità corrispondenti alla categoria, con possibilità

quindi di spostamento del lavoratore in quell'ambito nell'espli cazione dello ius variarteli riservato all'imprenditore, per cui

una corretta applicazione dei criteri di scelta impone il con

fronto tra pari professionalità e non solo tra uguali profili, valu

tando la professionalità sulla base dell'intera gamma delle man

sioni espletabili dal lavoratore appartenente alla categoria. Ciò sarebbe confermato dall'obbligo del datore di comunicare

oltre ai profili professionali anche la collocazione aziendale

delle eccedenze, per cui se detti criteri valessero a circoscrivere

l'area di scelta dei licenziandi non avrebbe ragion d'essere

l'ampio dibattito di dottrina e giurisprudenza proprio sulla de

limitazione dell'ambito entro cui deve essere operata la scelta,

perché questa sarebbe individuata a priori nella comunicazione

iniziale del datore.

Nella specie, la Bruzzone aveva svolto fino a qualche mese

prima dell'inizio della procedura di mobilità mansioni diverse

ed ulteriori rispetto a quelle di imputazione dati, ditalché si do

veva presumere, salvo prova contraria a carico della società, che

la medesima avesse la capacità professionale per svolgere com

piti compresi nei profili professionali che non erano stati og

getto del licenziamento collettivo.

Avverso detta sentenza la Sercon propone un primo ricorso

notificato il 18 febbraio 1999 affidato a tre motivi, ed un ulte

riore ricorso di identico tenore notificato il 25 marzo 1999, mentre la Bruzzone ha depositato due distinti controricorsi con

ricorso incidentale condizionato nonché memoria illustrativa.

Motivi della decisione. — (Omissis). Merita invece accogli

mento il ricorso principale, i cui motivi, stante la connessione, vanno trattati congiuntamente.

Si tratta della delicata questione relativa alla delimitazione

dell'ambito entro il quale devono essere applicati i criteri di

scelta enunciati dall'art. 5 1. 223/91 per il personale da licenzia

re.

La legge citata, com'è noto, delinea una complessa procedu ra, che ha origine con la comunicazione di inizio della procedu ra di mobilità prescritta dal 3° comma dell'art. 4, con la quale

vengono enunciate dal datore le esigenze dell'impresa; in essa

vanno infatti indicati, oltre ai motivi che hanno dato luogo al

l'esubero, «il numero, la collocazione aziendale, i profili pro fessionali del personale eccedente».

Ne discende che nella comunicazione del datore il numero e

la collocazione aziendale del personale da porre in mobilità de

vono essere in essenziale connessione con gli altri elementi che

pure vanno indicati, ossia con le ragioni che hanno determinato

l'esubero e con le ragioni che rendono inevitabile l'espulsione. Nel contempo la comunicazione deve fare integrale astrazione da ogni elemento che valga ad individuare direttamente le «per sone» da espungere.

Non è casuale il riferimento che il datore deve fare ai «profili professionali», perché questi, in maniera più precisa rispetto

agli inquadramenti nelle varie categorie contrattuali, sono in

grado di dare contezza delle mansioni svolte nell'ambito delle varie articolazioni produttive, permettendo così la verifica della loro connessione con l'indicato processo di crisi, ovvero di ri

strutturazione.

Ed infatti il riferimento ai profili ed alla collocazione azien dale del personale in esubero, offre pregnanti elementi di ri

scontro sulla genuinità dell'operazione alle organizzazioni sin

dacali, cui è devoluto ex ante il controllo dell'iniziativa impren ditoriale di riduzione del personale (cfr. Cass. 12 ottobre 1999, n. 11455, Foro it., Rep. 2000, voce Lavoro (rapporto), n. 1907).

Chiusa la prima fase (nella specie, con l'accordo sindacale

sull'esistenza e sul numero degli esuberi), si passa alla seconda

fase, nella quale, dai dati astratti enunciati dal datore occorre

poi passare all'individuazione in concreto delle persone da col locare in mobilità.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

A tal fine l'art. 5 della medesima legge prospetta una sorta di

«procedura concorsuale» tra i lavoratori, da seguire o con i cri

teri dettati dai contratti collettivi, ovvero con i criteri di legge e

cioè carichi di famiglia, anzianità ed esigenze tecnico produtti ve, ed è noto che i primi due criteri tendono a far cadere la

scelta sul lavoratore più forte sul mercato del lavoro, affinché i

licenziamenti abbiano il minore costo sociale possibile, e ciò sa

rà tanto più conseguibile quanto più si amplia la platea dei sog

getti a cui applicare i criteri stessi.

Ma prima ancora di passare alla fase del concorso va verifi

cata la legittimità di un'applicazione dei criteri circoscritta ad

un ambito più limitato rispetto al complesso aziendale a cui la

norma fa riferimento, perché questa è operazione estremamente

delicata, essendo indubbio che un'indebita restrizione della se

lezione varrebbe ad alterare profondamente il corretto meccani

smo di operatività dei criteri medesimi. Inoltre in questa fase

non è previsto il controllo preventivo da parte delle organizza zioni sindacali, residuando solo il controllo giudiziale ex post nel conflitto intercorrente direttamente tra datore di lavoro e la

voratore.

La prima parte dell'art. 5 dispone che «l'individuazione dei

lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire in relazione

alle esigenze tecnico produttive ed organizzative del complesso aziendale».

Dunque in via preliminare la delimitazione del personale «a

rischio» si opera in relazione a quelle esigenze tecnico produtti ve ed organizzative che sono state enunciate dal datore con la

comunicazione di cui al 3° comma dell'art. 4; è ovvio infatti

che, essendo la riduzione di personale conseguente alla scelta

del datore sulla dimensione quantitativamente e qualitativa mente ottimale dell'impresa per addivenire al suo risanamento, dalla medesima scelta non si può prescindere quando si voglia determinare la platea del personale da selezionare.

Ma va attribuito il debito rilievo anche alla previsione te

stuale della norma per cui le medesime esigenze tecnico produt tive devono essere riferite al «complesso aziendale»; ciò in for

za di una duplice ragione: una è quella, già ricordata, per cui

l'intendimento di espungere dall'azienda i lavoratori più forti è

meglio conseguibile ampliando al massimo l'area in cui operare la scelta; l'altra è quella di approntare una ulteriore garanzia contro il pericolo di discriminazioni a danno del singolo lavo

ratore, in cui tanto più facilmente si può incorrere quanto più si

restringe l'ambito della selezione.

D'altra parte sarebbe incongruo che quest'ambito venisse già

predeterminato dalla legge, perché ciò varrebbe indebitamente a

presupporre un'assoluta e generalizzata incomunicabilità tra

parti o settori dell'impresa. Se tale è il contesto, si arguisce facilmente che non vi è spa

zio per una restrizione all'ambito di applicazione dei criteri di

scelta che sia frutto dell'iniziativa datoriale pura e semplice,

perché, come già detto, ciò finirebbe nella sostanza con l'altera

re la corretta applicazione dei criteri stessi, che l'art. 5 1. 223/91

intende espressamente sottrarre al datore, imponendo che questa

venga effettuata o sulla base dei criteri concordati con le asso

ciazioni sindacali, ovvero, in mancanza, secondo i criteri legali. È dunque arbitraria e quindi illegittima ogni decisione unila

terale del datore diretta a limitare l'ambito di selezione ad un

singolo settore o ad un reparto, se ciò non sia strettamente giu stificato dalle ragioni che hanno condotto alla scelta di riduzio

ne del personale. La delimitazione dell'ambito di applicazione dei criteri dei

lavoratori da porre in mobilità è dunque consentita solo quando

dipenda dalle ragioni produttive ed organizzative, che si traggo no dalle indicazioni contenute nella comunicazione di cui al 3°

comma dell'art. 4, quando cioè gli esposti motivi dell'esubero, le ragioni per cui lo stesso non può essere assorbito, conducono

coerentemente a limitare la platea dei lavoratori oggetto della

scelta (cfr., nello stesso senso, Cass. 26 settembre 2000, n.

12711, ibid., n. 1902; 18 novembre 1997, n. 11465, id., Rep. 1998, voce cit., n. 1801; 10 giugno 1999, n. 5718, id., 1999, I, 2519).

Per converso non sembra invece potersi riconoscere, in tutti i

casi, una necessaria corrispondenza tra il dato relativo alla

«collocazione del personale» indicato dal datore nella comuni

cazione di cui all'art. 4 e la precostituzione dell'area di scelta.

Il datore infatti segnala la collocazione del personale da

espungere (reparto, settore produttivo, ecc.), ma ciò non com

II Foro Italiano — 2002.

porta automaticamente che l'applicazione dei criteri di scelta

coincida sempre con il medesimo ambito e che i lavoratori inte

ressati siano sempre esclusi dalla covalutazione con tutti gli al

tri, giacché ogni delimitazione dell'area di scelta è soggetta alla

verifica giudiziale sulla ricorrenza delle esigenze tecnico pro duttive ed organizzative che la giustificano.

A mero titolo esemplificativo si può rilevare che ove il dato

re, nella comunicazione di cui all'art. 4, indicasse che tutto il

personale in esubero è collocato all'interno di un unico reparto, essendo solo questo oggetto di soppressione o di ristrutturazio

ne, non sarebbe giustificato limitare l'ambito di applicazione dei criteri di scelta a quegli stessi lavoratori nel caso in cui

svolgessero mansioni assolutamente identiche a quelle ordina

riamente svolte anche in altri reparti, salva la dimostrazione di

ulteriori ragioni tecnico produttive ed organizzative comportanti la limitazione della selezione.

Ed ancora, quando la riduzione del personale fosse necessi

tata dall'esistenza di una crisi che induca di ridurre generica mente i costi, non vi sarebbe, quanto meno in via teorica, alcun

motivo di limitare la scelta ad uno dei settori dell'impresa, e

quindi la selezione andrebbe operata in relazione al complesso aziendale.

Con il che si può spiegare, nell'art. 5 cit., la duplicità — al

trimenti scarsamente comprensibile — del richiamo alle «esi

genze tecnico produttive ed organizzative», perché nella prima

parte, come hanno rilevato alcuni interpreti, esse si riferiscono

all'ambito di selezione mentre nella seconda parte le medesime

concorrono poi nel momento successivo, con gli altri criteri del

l'età e del carico di famiglia, all'individuazione del singolo la

voratore.

Alla luce di questi principi non appare dunque corretta la so

luzione data dal tribunale, che ha avuto riguardo alla categoria di inquadramento, ritenendo illegittima la selezione alla stregua del solo profilo professionale, sul rilievo che ciascuna categoria consta di più profili, per cui la professionalità dovrebbe essere

valutata alla stregua dell'intera gamma delle mansioni espleta bili.

Invero la categoria di inquadramento non è menzionata tra i

dati che devono indicarsi nella comunicazione di cui all'art. 4, 3° comma (ma solo tra i dati da comunicare agli organi pubblici ed alle organizzazioni sindacali una volta che tutta la procedura si è esaurita ed i recessi sono stati comunicati; cfr. art. 4, 9°

comma) proprio perché, constando di più profili professionali, è

scarsamente significativa della reale organizzazione del lavoro

in azienda e di come debba essere modificata per far fronte alle

esigenze dì crisi o di ristrutturazione.

Inoltre, così facendo, i giudici di merito hanno erroneamente

concentrato la valutazione sulla categoria di inquadramento del

lavoratore il quale, peraltro, non ha alcun diritto al cambio di

profilo, che è invece una facoltà riservata all'imprenditore nel

l'ambito appunto dello ius variarteli, mentre avrebbe dovuto

concentrarla sull'impresa, decidendo se le circostanze dedotte

dal datore, ossia la soppressione dell'intero settore di supporto, esonerasse il datore dal procedere alla covalutazione della lavo

ratrice alla luce dei criteri dettati dall'art. 5 1. n. 223 in concorso

con tutti i lavoratori del complesso aziendale.

Va quindi rigettato il ricorso incidentale ed in accoglimento di quello principale proposto per primo dalla società la sentenza

impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese, ad altro

giudice che si designa nella Corte d'appello di Genova, che de

ciderà la controversia attenendosi al principio per cui in caso di

licenziamento collettivo l'applicazione dei criteri di scelta dei

lavoratori da collocare in mobilità può essere ristretta in ambito

più limitato rispetto al «complesso aziendale» a cui fa riferi

mento l'art. 5 1. n. 223 del 1991, non in forza di una determina

zione unilaterale del datore di lavoro, ma solo ove la predeter minazione del campo di selezione (reparto, stabilimento, ecc., e/o singole lavorazioni o settori produttivi) sia giustificata dalle

esigenze tecnico produttive ed organizzative che hanno dato

luogo alla riduzione di personale. Va infine dichiarato inammissibile il secondo ricorso propo

sto dalla Sercon s.r.l.

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